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"I servizi tecnico nautici e il diritto della concorrenza dell'Unione europea"

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Academic year: 2021

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A Gregorio, la mia forza per volare più in alto e ai miei genitori…. le mie ali per farlo

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Riassunto analitico

La tesi sottopone a disamina il tema della concorrenza e della libertà di mercato dei servizi tecnico nautici nella cornice europea.

Nella trattazione viene analizzato il quadro legislativo dell’Unione Europea con particolare attenzione alla fisionomia dei servizi economici di interesse generale, ai principi ed agli istituti della tutela della libera prestazione di servizi e della libertà di concorrenza.

Viene inoltre esposta la politica europea in materia di porti fino all’entrata in vigore del Regolamento UE 2017/352 del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce un quadro normativo per la fornitura di servizi portuali e norme comuni in materia di trasparenza finanziaria dei porti. La tesi sottopone ad attenta analisi le varie problematiche in merito all’applicazione dei principi europei della libertà di mercato al settore dei servizi tecnico nautici anche attraverso l’esame delle più significative sentenze della giurisprudenza interna e della Corte di Giustizia.

L’ultimo capitolo è dedicato agli effetti che derivano dal riconoscimento dei servizi tecnico nautici come servizi di interesse generale in termini di obblighi di servizio pubblico.

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Abstract

This thesis discusses the issue of fair competition and market freedom with regard to port (technical/nautical) services within the European framework.

The European Union legislative structure is subjected to analysis, with particular emphasis on the landscape of economic services of general interest and on principles and bodies safeguarding the free provision of services and free competition. European policy on ports up to the entry into force of EU Regulation 2017/352 of the European Parliament and of the Council, which establishes a framework for the provision of port services and common rules on the financial transparency of ports, is also analysed. The thesis gives an in-depth analysis of the various difficulties inherent in the application of the European principles of free market to the port service sector and also examines the most significant rulings delivered in domestic case law and by the Court Of Justice.

The final chapter focuses on the effects deriving from the recognition of port services as being services of general interest in terms of public service obligations.

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SOMMARIO

Introduzione pag. 8

Capitolo I

La fisionomia dei servizi economici di interesse generale nel diritto dell’Unione Europea

1. La nozione di servizi di interesse generale (SIG) ed il loro rilievo per il mercato comune pag. 15 2. Le fonti di riferimento dei servizi di interesse economico

generale (SIEG) pag. 17

3. SIEG e concorrenza pag. 21

4. Il concetto di impresa nel diritto dell’Unione europea pag. 22 5. La deroga all’applicazione delle regole sulla concorrenza

pag. 23 6. La distinzione tra la compensazione degli obblighi di servizio

pubblico e gli aiuti di Stato pag. 26 7. I servizi che non rivestono natura economica (SINEG)

pag. 35 8. I servizi sociali (SSIG) pag. 37 9. L’esigenza di revisione del quadro normativo emersa dal Libro

Verde del 2003 e dal Libro Bianco del 2005 pag. 38 10. Il nuovo impegno europeo per la gestione e la modernizzazione

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Capitolo II

Il regime giuridico dei servizi portuali e del lavoro portuale nell’ordinamento italiano dopo gli interventi della Corte di Giustizia

1. L’applicabilità delle regole comunitarie della concorrenza al settore portuale ed al lavoro portuale pag. 56 2. La prassi della Commissione a conferma dell’applicazione dei

principi della libera attività economica anche nel settore

portuale pag.61

3. Le ricadute sull’ordinamento italiano: la Legge 84/94 di riordino della legislazione in materia portuale pag. 64 4. Le autorizzazioni per l’esercizio delle operazioni portuali e dei

servizi portuali pag. 66

5. I servizi di interesse generale pag. 70

6. L’impresa terminalista pag. 73

7. I servizi tecnico nautici pag. 77 8. Il servizio di pilotaggio pag. 80 9. Il servizio di ormeggio e disormeggio pag. 82

10. Il rimorchio nautico pag. 83

11. Il servizio di battellaggio pag. 85

12. Il lavoro portuale pag. 86

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Capitolo III

La politica europea in materia di porti

1. Il Libro verde sui porti europei pag. 93 2. L’esclusione dei servizi nel settore della navigazione dalla

direttiva Bolkstein pag. 98

3. Il Regolamento (UE) 2017/352 del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce un quadro normativo per la fornitura di servizi portuali e norme comuni in materia di trasparenza

finanziaria dei porti pag. 101

4. Il panorama europeo dei servizi tecnico-nautici pag. 109 5. Trans European networks-transport (TEN-T) pag. 111

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Capitolo IV

I principi comunitari della concorrenza ed i servizi tecnico nautici nella giurisprudenza interna

1. Premessa pag. 116

2. I servizi tecnico-nautici e la riforma della Legge 84/94 pag. 119 3. L’autoproduzione dei servizi tecnico-nautici pag. 124 4. Gli obblighi di servizio universale dei servizi tecnico-nautici e

l’autoproduzione dei servizi pag. 128 5. La disciplina delle tariffe pag. 130 6. L’applicazione dei principi comunitari in materia di libertà di

concorrenza al regime giuridico di monopolio dei servizi tecnico-nautici nella giurisprudenza interna pag. 132 6.1 Sentenza Tar Catania n. 480/2014 pag. 134

6.2 Sentenza Tar Sicilia sezione staccata Catania n. 495/2015 pag. 143 6.3 Sentenza Tar Sicilia sezione staccata Catania n. 947/2015

pag. 150 6.4 Cassazione SSUU n. 6488/2002 pag. 154

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CAPITOLO V

I principi comunitari della concorrenza ed i servizi tecnico-nautici nella giurisprudenza della Corte di Giustizia

1. Libertà di concorrenza e monopolio dei servizi tecnico-nautici nella

giurisprudenza comunitaria pag. 170

2. Corsica Ferries c. Corpo Piloti del Porto di Genova pag. 174 3. Corsica Ferries s.a. e Gruppo Antichi Ormeggiatori del Porto di

Genova pag. 179

4. Commissione c. Repubblica Ellenica pag. 187 5. Naftiliaki Etaireia Thasou e Amalthea I Nasftiki Etaireia c.

Ministero Marina Mercantile Ellenico pag. 194

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Capitolo VI

Gli effetti derivanti dal riconoscimento dei servizi tecnico nautici come servizi di interesse generale in termini di obblighi di servizio pubblico

1. Gli aspetti pubblicistici dei servizi tecnico nautici pag. 211 2. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e

l’applicazione dei principi europei sulla concorrenza ai servizi

tecnico nautici pag. 214

3. Gli obblighi di servizio pubblico pag. 217 4. Impiego obbligatorio dei servizi tecnico-nautici e servizio di

prontezza operativa del rimorchio pag. 218 5. Il ricorso all’autoproduzione del servizio nel rimorchio portuale pag. 221 6. La determinazione delle tariffe nei servizi tecnico nautici

pag. 224 7. Diritto comunitario e tariffe eque e trasparenti pag. 229 8. Autorità Marittima Civitavecchia: un provvedimento innovativo

per la competitività del porto pag. 231

Conclusioni pag. 237

Bibliografia pag. 244

Giurisprudenza pag. 246

Appendice: provvedimento Ordinanza n. 165 del 28 Ottobre 2015 dell’Autorità Marittima di Civitavecchia

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Introduzione

La tesi sottopone a disamina il tema della concorrenza e della libertà di mercato dei servizi tecnico-nautici nella cornice normativa europea. Nel primo capitolo viene analizzato l’attuale quadro normativo comunitario in materia di servizi economici di interesse generale, prendendo in esame le fonti di riferimento, il rapporto tra tale tipologia di servizi e le norme sulla concorrenza, gli obblighi di servizio pubblico e le problematiche relative alla differenza tra compensazione degli obblighi di servizio pubblico e gli aiuti di Stato.

Nel secondo capitolo viene esaminato il regime giuridico dei servizi portuali e del lavoro portuale nell’ordinamento italiano dopo gli interventi della Corte di Giustizia e viene esposta la disciplina normativa delle varie tipologie di servizi a seguito della Legge 84/94 di riordino della legislazione in materia portuale, normativa resasi appunto necessaria dopo gli interventi della Corte.

Nel terzo capitolo viene svolta una panoramica sulla politica europea in materia di porti, dal Libro Verde sui Porti e le Infrastrutture Marittime del 1997 sino al Regolamento UE 2017/352 del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce un quadro normativo per la fornitura di servizi portuali e norme comuni in materia di trasparenza finanziaria dei porti, che troverà applicazione dalla data dl 24 marzo 2019.

I successivi capitoli IV e V sono dedicati ad un approfondito esame dell’applicazione dei principi comunitari della concorrenza ai servizi tecnico nautici nella giurisprudenza interna e nella giurisprudenza della Corte di Giustizia. Vengono passate in rassegna ed esaminate in modo analitico le sentenze più significative in materia d concorrenza e servizi tecnico-nautici. Nell’ultimo capitolo vengono illustrati gli effetti derivanti dal riconoscimento delle suddette attività come servizi di interesse generale: obblighi di servizio pubblico e impiego obbligatorio

(11)

dei servizi tecnico-nautici, servizio di prontezza operativa e ricorso all’autoproduzione del servizio di rimorchio, procedimento di elaborazione e determinazione delle tariffe nel rispetto dei principi europei di equità e trasparenza.

Da ultimo, prima delle conclusioni, viene esaminato un recente ed innovativo provvedimento emanato dall’Autorità Marittima di Civitavecchia finalizzato al rilancio della competitività del porto e relativo al tema dell’impiego obbligatorio del servizio tecnico nautico del rimorchio.

Introduction

This thesis discusses the issue of fair competition and market freedom in relation to port services within the European framework.

The first chapter analyses the current legislative setup in terms of economic services of general interest, examining sources of reference, the relationship between these kinds of services and the regulations on competition, public service obligations and problems relating to the difference between public service compensation and State aid.

The second chapter studies the legal status of port and labour services under Italian law after the interventions by the Court of Justice and outlines the regulations and legislation governing different types of services following the Law 84/94 reorganising legislation on port matters, rendered necessary, in fact, after the Court's interventions. The third chapter gives an overview of European policy on port matters, from the Green Paper on Sea Ports and Maritime Infrastructure of 1997 to EU Regulation 2017/352 of the European parliament and of the Council, which establishes a framework for the provision of port services and common rules on the financial transparency of ports and which will be effective from 24 March 2019.

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The third and fourth chapters are devoted to an in-depth study of the application of community principles of competition to port services in both domestic and Court of Justice case law. The most significant judgments relating to competition and port services are reviewed and examined analytically. The last chapter illustrates the effects deriving from recognition of the above activities as being services of general interest in terms of public service obligations: public service obligations and compulsory use of port services, service of operational readiness and the resort to self-handling in towage services, procedures for the development and determination of tariffs in line with European principles of fairness and transparency.

Finally, before conclusions are drawn, there is an examination of a recent innovative measure introduced by the Civitavecchia Port Authority aimed at relaunching port competitiveness and dealing with the subject of the compulsory use of the technical/nautical service of towage.

(13)

I SERVIZI TECNICO NAUTICI ED IL

DIRITTO DELLA CONCORRENZA

DELL’ UNIONE EUROPEA

PORT SERVICES AND EUROPEAN UNION

LEGISLATION ON FREE COMPETITION

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CAPITOLO I

LA FISIONOMIA DEI SERVIZI ECONOMICI DI INTERESSE GENERALE NEL DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA

(16)

1.La nozione di servizi di interesse generale (SIG) ed il loro rilievo per il mercato comune

Secondo una dottrina consolidata la categoria dei servizi di interesse generale (SIG) comprende “tutte quelle attività soggette ad obblighi specifici di servizio pubblico, giacchè considerate di interesse generale dall’ordinamento giuridico.”1Gli obblighi di servizio pubblico vengono intesi come quei requisiti specifici imposti dalle autorità pubbliche al fornitore del servizio per garantire il conseguimento di alcuni obiettivi di interesse pubblico.

Il Trattato o la normativa derivata non danno una definizione della categoria dei servizi di interesse generale. L’espressione è derivata nella prassi comunitaria dalla locuzione “servizi di interesse economico generale“ che è invece contenuta nel Trattato. E’una espressione più ampia di “servizi di interesse economico generale“ e comprende i servizi che possono avere natura economica (SIEG) ed i servizi che non hanno natura economica (SINEG).

Parte della dottrina interpreta la scelta dei fondatori della Comunità europea di non penetrare in maniera troppo incisiva in tale materia non soltanto come conseguenza delle difficoltà oggettive legate alle differenti qualificazioni giuridiche vigenti negli Stati membri, ma anche come una scelta per evidenziare “una sorta di esclusiva competenza di ciascun Stato nell’individuare ed assegnare ad una impresa compiti a rilevanza collettiva, trascendenti cioè interessi puramente economici o individualistici.“2

La Comunità europea, come vedremo nel corso di questo capitolo, ha preso coscienza con il tempo dell’importanza dei servizi di interesse

1 V.Sottili- “Servizio pubblico e diritto comunitario“ in L.G. Radicati di Brozolo (a

cura di ), Torino Giappichelli 2001, 7ss

2 D.Caldirola “La dimensione comunitaria del servizio pubblico ovvero il servizio di

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generale ed ha cominciato ad analizzare in maniera più approfondita le varie problematiche ai fini di un fattivo intervento nella materia.

Dalla relazione al Consiglio europeo di Laeken del dicembre 2001 sui “servizi di interesse generale“ della Commissione europea, emerge chiaramente l’importanza che tali attività rivestono per il mercato comune, essendo considerate come “un elemento chiave del modello europeo di società,” in quanto arricchiscono la qualità della vita dei cittadini e consentono loro il godimento dei loro diritti fondamentali, stimolano la concorrenzialità europea e rafforzano la coesione sociale e territoriale dell’Unione.

I servizi di interesse generale svolgono infatti un ruolo sempre più rilevante nel contesto dell’Unione Europea in quanto sono parte dei valori condivisi da tutte le società europee e assumono un ruolo primario nella rappresentazione del modello europeo di società.

L’efficienza e la qualità dei servizi di interesse generale stimolano la competitività ed una maggiore coesione e la loro fornitura non discriminatoria costituisce una base fondamentale per il buon funzionamento del mercato unico. Infatti la solidarietà e la parità di trattamento nel contesto di un mercato aperto rappresentano obiettivi fondamentali dell’Unione. Tuttavia l’estensione e le modalità di organizzazione dei servizi di interesse generale variano da uno Stato membro all’altro a seconda delle differenti tradizioni culturali e dei diversi fattori geografici, sociali e storici.

concorrenza diritti “L.Ammannati, M.A. Cabiddu ,P.De Carli (a cura di) Milano Giuffrè 2001, 156

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2. Le fonti di riferimento dei servizi di interesse economico generale (SIEG)

Abbiamo detto che il Trattato o la normativa derivata non danno una definizione della categoria dei servizi di interesse generale ma che invece il Trattato contempla l’espressione “servizi di interesse economico generale.“Tale nozione è utilizzata negli artt. 14 e 106 paragrafo 2 del TFUE, nel Protocollo n. 26 allegato al TFUE, nell’articolo 36 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

L’articolo 14 (ex art. 16 del TCE) recita “ Fatti salvi l’art. 4 del Trattato sull’Unione Europea e gli artt. 93, 106 e 107 del presente trattato, in considerazione dell’importanza dei servizi di interesse economico generale, nell’ambito dei valori comuni dell’Unione, nonché del loro ruolo nella promozione della coesione sociale e territoriale, l’Unione e gli Stati membri, secondo le rispettive competenze e nell’ambito del campo di applicazione dei trattati, provvedono affinchè tali servizi funzionino in base a principi e condizioni, in particolare economiche e finanziarie, che consentono loro di assolvere i propri compiti. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono tali principi e fissano tali condizioni, fatta salva la competenza degli Stati membri, nel rispetto dei trattati, di fornire, e fare eseguire e finanziare, tali servizi. “

L’art. 14 considera quindi i SIEG come “ valori comuni “ dell’Unione in riferimento al loro ruolo di “ promozione della coesione sociale e territoriale“, imponendo all’Unione e ai suoi Stati membri di provvedere affinchè questi servizi “operino sulla base di principi e in condizioni che permettono loro di compiere la loro missione.“

Il Protocollo 26 al Trattato di Lisbona, pur non fornendo un‘unica e onnicomprensiva nozione di SIEG, pone tre punti fondamentali:

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a) il ruolo essenziale e l’ampio potere discrezionale delle autorità nazionali, regionali e locali di individuare, disciplinare e organizzare Sieg il più vicino possibile alle esigenze degli utilizzatori;

b) la diversità tra i vari Sieg e le differenze delle esigenze e delle preferenze degli utenti, che possono discendere da situazioni geografiche, sociali e culturali diverse e da peculiarità socio-culturali delle collettività di riferimento;

c) un alto livello di qualità, sicurezza e accessibilità economica, parità di trattamento e promozione dell’accesso universale e dei diritti dell’utente.

L’art. 36 della Carta dei diritti fondamentali “Accesso ai servizi di interesse economico generale“ sancisce che al fine di promuovere la coesione sociale e territoriale dell’Unione, questa riconosce e rispetta l’accesso ai servizi d’interesse economico generale quale previsto dalle legislazioni e prassi nazionali , conformemente ai trattati.

L’art. 106 par. 2 stabilisce che gli Stati membri non emanano né mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme dei trattati, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 18 e da 101 a 109 inclusi. Le imprese incaricate della gestione dei servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, ed in particolare alle regole della concorrenza, nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi dell’Unione.

La Commissione vigila sull’applicazione delle disposizioni del presente articolo rivolgendo, ove occorra, agli Stati membri, opportune direttive o decisioni.

Tale articolo prevede pertanto che la gestione del servizio deve in via generale essere soggetta alle regole del mercato, ma è prevista una

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deroga all’applicazione delle regole sulla concorrenza nel caso in cui il rispetto dei principi di mercato rischi di compromettere la missione affidata al gestore. Pertanto, nel caso in cui le forze del mercato non risultino in grado di garantire il servizio in maniera efficiente, le autorità pubbliche potranno imporre agli operatori obblighi di servizio pubblico ovvero concedere diritti esclusivi o speciali.

Secondo la Direttiva trasparenza 111/2006 della Commissione3 si intendono per “diritti esclusivi“ i diritti riconosciuti da uno Stato membro ad un’impresa mediante qualsiasi disposizione legislativa, regolamentare o amministrativa che riservi alla stessa, con riferimento ad una determinata area geografica, la facoltà di prestare un servizio o esercitare un‘attività e per “diritti speciali“si intendono i diritti riconosciuti da uno Stato membro ad un numero limitato di imprese mediante qualsiasi disposizione legislativa, regolamentare o amministrativa che, con riferimento ad una determinata area geografica:

- limiti a due o più, senza osservare criteri di oggettività, proporzionalità e non discriminazione, il numero delle imprese autorizzate a prestare un dato servizio o una data attività o - designi, senza osservare detti criteri, varie imprese concorrenti

come soggetti autorizzati a prestare un dato servizio o una data attività o

- conferisca a una o più imprese, senza osservare detti criteri, determinati vantaggi, previsti da leggi o regolamenti, che pregiudichino in modo sostanziale la capacità di ogni altra impresa di prestare il medesimo servizio o esercitare la medesima attività nella stessa area geografica a condizioni sostanzialmente equivalenti.

3

Direttiva CE 111 del 16/11/2006 relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche e alla trasparenza finanziaria all’interno di talune imprese

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Le autorità pubbliche degli Stati membri, a livello nazionale, regionale o locale, a seconda delle sfere di competenze stabilite dal diritto nazionale, godono di ampia discrezionalità nella definizione dei servizi da considerare di interesse generale. Gli unici limiti sono quelli imposti dall’Unione e l’errore manifesto di valutazione. Nei settori che sono stati armonizzati a livello dell’Unione la discrezionalità degli Stati non può porsi in contrasto con le norme di armonizzazione (mercato delle comunicazioni elettroniche, mercato postale, mercato dell’energia elettrica e del gas, mercato del trasporto. Il caso dell’errore manifesto viene determinato situazione per situazione da decisioni della Commissione o da sentenze della Corte: vedremo nel prossimo capitolo un caso di errore manifesto (controversia Merci convenzionali Porto di Genova spa contro Siderurgica Gabrielli).

La Corte di Giustizia ha per molto tempo contribuito ad interpretare la locuzione SIEG.

Con la sentenza Corbeau4in tema di gestione del servizio postale la Corte di Giustizia riconduce i SIEG ai servizi diretti a soddisfare un interesse essenziale per la comunità e prestati con i caratteri dell’universalità, cioè a chiunque ne faccia richiesta e ad un prezzo accessibile e ragionevole.

Dalla seconda metà degli anni 90 la Commissione Europea presta maggiore attenzione al tema dei servizi di interesse generale attraverso l’elaborazione e l’emanazione di numerosi atti, documenti e relazioni, atte a dimostrare l’acquisita consapevolezza dell’importanza strategica assunta da tali servizi nel contesto economico e sociale dell’Unione Europea (Comunicazione della Commissione5 “I servizi di interesse

4

Sentenza della Corte del 19 maggio 1993.

Procedimento penale contro Paul Corbeau. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal correctionnel di Liegi - Belgio. Concorrenza - Monopolio postale Causa C-320/91.

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generale in Europa“ del 1996, del 20016, Libro Verde7 del 2003, Libro Bianco8del 2004, Comunicazione Commissione9su “I servizi di interesse generale, compresi i servizi sociali di interesse generale: un nuovo impegno europeo“ del 2007, Comunicazione Commissione10 “Un quadro di qualità per i servizi di interesse generale” del 2011).

3. SIEG e concorrenza

Nel sistema europeo i servizi di interesse economico generale (SIEG) sono prodotti da imprese ed il loro profilo soggettivo coincide sostanzialmente con quello dell’art.43 della nostra Costituzione: “A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo stato, ad enti pubblici o comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale”.

Nel regime europeo l’impresa che gestisce il servizio pubblico economico è sottoposta alle regole della concorrenza, come qualunque altra impresa produttrice di servizi.

I servizi di interesse economico generale non sono che una specie dei servizi di cui si occupano gli articoli del Trattato per garantirne la libera prestazione all’interno della comunità (artt. 56/62 TFUE). Le imprese che erogano i servizi pubblici economici non sono che una specie delle imprese che erogano servizi. Le regole della concorrenza

6 COM 2001/C17/04 del 19/01/2001 7 COM 2003/ 270 del 21/05/2003 8

Libro bianco sui servizi di interesse generale COM (2004) 374 del 12/05/2004

9 COM (2007) 725 del 20/11/2007 10 COM (2011) 900 del 20/12/2011

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comportano che in linea di tendenza il servizio è reso da una pluralità di imprese e non da un’impresa pubblica monopolistica.

La concorrenza rappresenta un punto fondamentale nella politica comunitaria in quanto una concorrenza efficace garantisce un‘economia di mercato aperta ed in linea con gli obiettivi assunti già in sede di costituzione della Comunità Europea.

Sulla base del principio concorrenziale l’ordinamento comunitario richiede che tutte le attività economiche devono essere assoggettate alle medesime regole in modo tale da garantire la completa liberalizzazione dei mercati.

Sappiamo che la normativa europea in materia di concorrenza è particolarmente incisiva e che a livello di ordinamento europeo l’impresa non trova definizione giuridica. Per tale motivo le soluzioni raggiunte dalla Commissione e le decisioni dei giudici comunitari non sempre risultano conformi alle qualificazioni giuridiche tipiche degli ordinamenti nazionali.

4. Il concetto di impresa nel diritto dell’Unione europea

Il concetto di impresa nel diritto europeo assume una valenza essenzialmente economica.

La definizione di impresa viene interpretata in senso molto ampio e comprende tutti i soggetti che offrono semplicemente beni o servizi su un determinato mercato, anche se non ricoprono la qualifica di impresa nell’ambito degli ordinamenti nazionali. Sulla base di tale definizione sono state considerate imprese la persona fisica titolare di diritto di rilievo economico, pur non svolgendo attività organizzata, l’ente no profit, sebbene privo dello scopo di lucro, gli enti di natura pubblica, le associazioni professionali dei liberi professionisti. In particolare, ai fini

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dell’applicazione della normativa sulla concorrenza, è fondamentale che il soggetto da qualificare come impresa svolga l’attività con autonomia concreta ed operativa.

Non deve pertanto trattarsi di una autonomia meramente formale legata al possesso del requisito della personalità giuridica; può pertanto verificarsi il caso in cui un’impresa formalmente autonoma e che gode di personalità giuridica non venga considerata impresa ai sensi dell’applicazione del diritto della concorrenza in quanto una diversa impresa eserciti su di essa un grado di controllo tale da non consentirle di operare come entità economica indipendente.11

L‘attività economica si qualifica esclusivamente in ragione del suo contenuto (produzione e scambio di beni e servizi): produzione o scambio posti in essere da qualsiasi entità, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento.

Dal momento che tale nozione europea di impresa prescinde dallo status giuridico del soggetto e dalle modalità di finanziamento, secondo il diritto europeo può essere qualificato impresa anche un organismo che nell’ordinamento interno è un organo dello Stato oppure un ente. Di conseguenza anche tali soggetti sono sottoposti alle suddette regole in tema di concorrenza.

5. La deroga all’applicazione delle regole sulla concorrenza

Nonostante la rigidità della normativa in materia di concorrenza, il legislatore ha comunque tutelato un settore di importanza strategica nella vita degli Stati membri quale quello dei SIEG, e in tale ottica si inquadra la norma di cui al par. 2 art. 106 Trattato. Infatti le regole di

11 Per tutte sentenza CG 12 luglio 1984 causa 170783, Hydrotherm e Tribunale prima

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libero mercato conoscono una deroga nella rigidità della politica della concorrenza in quanto tali regole non sono applicabili quando la loro osservanza pregiudicherebbe la specifica missione che è stata affidata alle imprese che gestiscono servizi di interesse economico generale. La gestione del servizio deve in via generale essere soggetta alle regole del mercato, ma è prevista una deroga all’applicazione delle regole sulla concorrenza laddove il rispetto dei principi di mercato rischi di compromettere la missione affidata al gestore. Pertanto, se i meccanismi del mercato non sono in grado di garantire un servizio adeguato, le autorità pubbliche potranno imporre agli operatori obblighi di servizio pubblico ovvero concedere diritti esclusivi o speciali. Ciascun servizio ha infatti una missione sua propria ma vi è una missione comune a tutti i servizi, che sulla base del principio di eguaglianza nella fruizione del servizio pubblico elaborato dalla dottrina francese e penetrato nel diritto comunitario, consiste nel garantire il diritto di tutti di accedere al servizio ad un prezzo accessibile. Per quanto riguarda la “misura” del servizio da rendere accessibile a tutti, il diritto europeo ha isolato nell’ambito di ciascun servizio di interesse economico generale un nucleo più ristretto, il c.d. servizio universale, da rendere appunto accessibile a tutta l’utenza. La logica di mercato taglierebbe infatti fuori intere fasce di utenti, in ragione, ad esempio, della loro ubicazione. Per tale motivo intervengono i pubblici poteri stabilendo l’obbligo per le imprese che gestiscono il servizio di raggiungere anche quel tipo di utenza ad un prezzo per loro accessibile. Ovviamente se il servizio universale deve essere garantito a tutti ad un prezzo sostenibile ed indipendentemente dal grado di redditività economica di ciascuna singola operazione, esso verrà inevitabilmente fornito in parte sotto costo.

Il diritto europeo lascia gli Stati liberi di decidere se e in qual modo finanziare i servizi di interesse economico generale.

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La suddetta libertà degli Stati membri nella scelta delle modalità di finanziamento del servizio universale trova tuttavia un limite nel divieto di aiuti di Stato posto dall’art.87 del Trattato CE.

Nel tempo abbiamo assistito ad una forte evoluzione nell’interpretazione dell’art . 106 par. 2.

Nell’applicazione dell’art. 106 si possono infatti distinguere due fasi. Nella prima fase le Istituzioni dell’Unione europea sembrano riconoscere agli Stati membri un margine molto ampio di discrezionalità nel valutare sia l’esistenza di un interesse pubblico che giustifichi la sottrazione di determinate attività alle regole di concorrenza sia la misura di tale deroga. La Corte di Giustizia in questa fase afferma12 che l’attribuzione di diritti speciali o esclusivi non costituisce per se una misura contraria al Trattato (presunzione di legittimità).

Con l’Atto unico Europeo del 1 luglio 1987, che prevede l’instaurazione progressiva di un mercato interno, la Corte abbandona il principio della presunzione di legittimità e nella giurisprudenza comincia una crescente valorizzazione degli obiettivi economici della Comunità e della tutela delle libertà economiche. La Corte pertanto restringe la portata della deroga contenuta nell’art. 106 e viene affermato il principio per cui le deroghe non possono essere consentite in base alla sola presenza di un interesse generale ma debbono essere proporzionali al raggiungimento della missione generale. La Corte si interroga, di caso in caso, sulla effettiva necessità dell’applicazione delle deroghe previste dalla norma, verificando se i medesimi risultati ottenuti con l’attribuzione di una situazione di favore verso determinate imprese possano essere raggiunti applicando il diritto comune.

12 CG sentenza Giuseppe Sacchi del 30/04/1974 pronunzia pregiudiziale proposta

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Anche per quanto riguarda la Commissione abbiamo assistito ad una parallela evoluzione in materia.

Infatti fino agli anni 80 la Commissione non si è avvalsa dei poteri previsti dall’art. 106 3 par., mantenendo una posizione neutrale nel dibattito tra i sostenitori di un’ economia pienamente concorrenziale e i difensori del ruolo di programmazione sociale.

Con l’adozione dell‘Atto Unico la Commissione assume un ruolo più restrittivo per quanto riguarda l’applicazione dell’art. 106 ed un ruolo più attivo nella progressiva apertura dei mercati dei Sieg, emanando le prime direttive di liberalizzazione nel settore delle telecomunicazioni, del trasporto ferroviario e del trasporto aereo.

6. La distinzione tra la compensazione degli obblighi di servizio pubblico e gli aiuti di Stato

Abbiamo detto che la libertà degli Stati membri nella scelta delle modalità di finanziamento del servizio universale trova il limite nel divieto aiuti di Stato di cui all’art.107 TFUE (ex art. 87 Trattato CE) che recita “sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidono sugli scambi tra gli Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma, che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.“

Non sempre è facile distinguere la compensazione finanziaria che rappresenta la contropartita degli obblighi di servizio pubblico imposti dagli Stati e che è ammessa dal diritto europeo, dagli aiuti di Stato.

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Nella pronuncia Altmark13la Corte di Giustizia ha enucleato le quattro condizioni da osservare affinchè una compensazione non si trasformi in aiuto di Stato vietato.

In primo luogo l’impresa beneficiaria deve essere effettivamente incaricata dell’assolvimento di obblighi di servizio pubblico definiti in modo chiaro.

In secondo luogo i parametri sulla base dei quali verrà calcolata la compensazione devono essere indicati e definiti in maniera chiara e trasparente.

In terzo luogo la compensazione non può eccedere quanto necessario per coprire tutti o parte dei costi originati dall’adempimento degli obblighi di servizio pubblico, tenuto conto degli introiti relativi agli stessi nonché di un ragionevole margine di utili.

In quarto luogo l’impresa o le imprese incaricate di obblighi di servizio devono essere scelte con una gara d’ appalto pubblico. In assenza di questa il livello di compensazione deve essere determinato in rapporto ad una analisi dei costi che un’impresa media dovrebbe sopportare (tenuto di conto degli introiti e del margine di utili ragionevole).

Quando l’impresa beneficiaria della compensazione svolge anche attività che esulano dal servizio di interesse economico generale essa è obbligata a tenere una contabilità separata al fine di identificare in modo trasparente i costi imputabili al servizio di interesse economico generale e di calcolare il corretto importo della compensazione.

Le condizioni da osservare affinchè una compensazione non si trasformi in aiuto di Stato enucleate dalla Corte di Giustizia nella sentenza Altmark vengono nuovamente asserite anche nel procedimento relativo alla causa Fallimento Traghetti del Mediterraneo

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Sentenza CG 24 luglio 2003 Altmark Trans GmbH e Regierungsprasidium Magdeburg contro Nahverkehrsgesellschaft Altmark GmbH –domanda di pronuncia pregiudiziale: Bundesverwaltungsgericht-Germania – causa C 280/00

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spa contro Presidenza del Consiglio dei Ministri, oggetto di pronuncia della Corte nel 2010.14

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte infatti sulla interpretazione delle norme della UE in materia di aiuti di Stato.

Il processo principale ha ad oggetto una controversia tra il Fallimento della Traghetti del Mediterraneo spa (TDM), impresa di trasporti marittimi in liquidazione, e la Presidenza Consiglio Ministri in ordine al risarcimento del danno richiesto da detta impresa a causa di una erronea interpretazione da parte della Cassazione delle norme UE in materia di concorrenza ed aiuti di Stato nonché a motivo del rifiuto opposto da tale giudice di adire la Corte ex art. 234 comma 3 CE. Le sovvenzioni a cui si riferisce detta controversia sono state concesse alla spa Tirrenia, impresa concorrente TDM, ai sensi della L. n. 684/1974 sulla ristrutturazione dei servizi marittimi di preminente interesse nazionale, in forza della quale il Ministro marina mercantile è autorizzato a concedere sovvenzioni per l’esercizio dei predetti servizi mediante apposite convenzioni stipulate come previsto dall’art. 9 di concerto con i Ministri Tesoro e Partecipazioni Statali; dette sovvenzioni sono dirette ad assicurare nel triennio la gestione dei servizi in condizioni di equilibrio economico; in particolare, l’art. 19 prevede che fino alla data di approvazione delle predette convenzioni il Ministro MM, di intesa con il Ministro Tesoro, corrisponde in rate mensili posticipate acconti il cui ammontare complessivo non superi il 90 % dell’importo globale indicato nel precedente art. 18; l’art. 7 DPR n. 501/1979, che ha dato esecuzione alla predetta L. n. 684, prevede poi che gli acconti di cui all’art.19 L. 684 sono corrisposti alle società che forniscono servizi di preminente interesse nazionale fino alla data di registrazione, da parte della Corte dei Conti, dei provvedimenti relativi alla stipulazione delle nuove convenzioni.

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La causa principale

TDM e Tirrenia sono due imprese di trasporti marittimi che negli anni 1970 effettuavano regolari collegamenti via mare tra Italia continentale e Sardegna e Sicilia; nel 1981 la TDM ha citato in giudizio la Tirrenia innanzi a Tribunale Napoli per ottenere il risarcimento dei danni che essa avrebbe subito a causa della politica di bassi prezzi praticata dalla società concorrente negli anni 1976/1980, sostenendo che detta società aveva abusato, in violazione degli artt. 85, 86, 90 e 92 Trattato CEE (a loro volta divenuti artt. 81 CE, 82 CE, 86 CE e 87 CE) della propria posizione dominante sul mercato in questione, praticando tariffe assai inferiori al prezzo di costo grazie al conseguimento di sovvenzioni pubbliche di dubbia legittimità alla luce della normativa UE; tale domanda era stata respinta con sentenza di primo grado, poi confermata in appello, essendo altresì stato respinto anche il ricorso per Cassazione con sentenza in data 19 aprile 2000, avendo la Cassazione in particolare ritenuto di rigettare la istanza del ricorrente di sottoporre alla Corte di Giustizia le pertinenti questioni di interpretazione della normativa UE in quanto la soluzione adottata dai giudizi di merito rispettava le norme applicabili ed era conforme alla giurisprudenza del giudice comunitario.

Successivamente, nel 2002, il curatore fallimento TDM citava innanzi al Tribunale Genova lo Stato Italiano per ottenere la sua condanna al risarcimento del danno subito da TDM a causa degli errori commessi dalla Cassazione sulla interpretazione della normativa UE in materia di concorrenza ed aiuti di Stato nonché per la violazione dell’obbligo di rinvio pregiudiziale che grava sul giudice ex art. 234 comma 3 CE, consistendo il danno richiesto nella perdita della possibilità di ottenere mediante la azione intrapresa contro Tirrenia il risarcimento degli effetti dannosi conseguenza della concorrenza sleale esercitata da quest’ultima società. Il Tribunale di Genova nel 2003 ha sottoposto alla Corte domanda di pronuncia pregiudiziale a seguito della quale la

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Corte ha statuito che “il diritto comunitario osta ad una legislazione nazionale che escluda in maniera generale la responsabilità dello Stato membro per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale di ultimo grado per il motivo che la violazione controversa risulta da una interpretazione delle norme giuridiche o da una valutazione dei fatti e delle prove operate da tale organo giurisdizionale;” “il diritto comunitario osta altresì ad una legislazione nazionale che limiti la sussistenza di tale responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave del giudice, ove una tale limitazione conducesse ad escludere la sussistenza della responsabilità dello stato membro interessato in altri casi in cui sia stata commessa una violazione manifesta del diritto vigente…….“

In seguito a detta pronuncia il Tribunale Genova con sentenza del 2009 ha constatato la sussistenza dell’illecito commesso dallo Stato Giudice, ordinando nel contempo la prosecuzione del giudizio ai fini della decisione sulla domanda di risarcimento danni derivati da tale illecito, disponendo in tale fase giudiziale una nuova domanda di pronuncia pregiudiziale, che verte sulla compatibilità della L. n. 684, ed in particolare dell’art. 19, con gli artt. 86 CE e 88 CE, nella parte in cui detta normativa nazionale prevede la possibile erogazione di aiuti di Stato, anche se solo in acconto, in assenza di convenzioni e senza la previa enunciazione di criteri precisi e stringenti tali da evitare che la corresponsione dell’aiuto possa comportare effetti distorsivi sulla concorrenza e se al riguardo possa avere rilevanza il fatto che il beneficiario deve applicare tariffe imposte dalla PA.

Rileva la Corte che dalla decisione di rinvio risulta che il Tribunale di Genova ha già statuito nella causa principale sulla responsabilità dello Stato Italiano derivante dalla mancata presentazione da parte della Cassazione di una domanda di pronuncia pregiudiziale ex art. 234 comma 3 CE, avendo riconosciuto così la esistenza di una norma

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giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli, di una violazione sufficientemente qualificata di tale norma giuridica e di un nesso causale diretto tra la violazione dell’obbligo incombente sullo Stato ed il danno asserito, consistente in una perdita di chance per TDM di veder accolta la sua domanda contro Tirrenia, avendo altresì il giudice di rinvio ammesso la possibilità di riconoscere in base al proprio diritto nazionale la responsabilità extracontrattuale del beneficiario di un aiuto di Stato illegittimamente corrisposto .

Il giudice del rinvio, peraltro, prima di decidere sulla domanda di risarcimento del danno proposta da TDM, chiede alla Corte di Giustizia in merito alla compatibilità con il diritto UE della legge n. 684 ed in particolare dell’art. 19 ed inoltre, come si evince dalla motivazione del rinvio, chiede se le sovvenzioni controverse nella causa principale abbiano inciso sugli scambi tra Stati membri e causato distorsioni della concorrenza .

La Corte, quindi, inquadra la sua precisa competenza in merito al quesito proposto, assumendo che detta competenza si limita alla possibilità di fornire al giudice del rinvio tutti gli elementi di interpretazione attinenti al diritto della UE che possano consentire al giudice di pronunciarsi sulla compatibilità di una misura nazionale con tale diritto, ai fini della decisione sulla controversia portata alla sua conoscenza, ed in particolare di fornire a detto giudice gli elementi interpretativi che gli consentano di stabilire se una misura nazionale possa essere qualificata come aiuto di Stato ai sensi del diritto UE. In sostanza, la Corte intende la questione sollevata come diretta a stabilire se il diritto UE debba essere interpretato nel senso che sovvenzioni corrisposte nelle circostanze di cui alla causa principale, e cioè in forza di una normativa nazionale che prevede il versamento di acconti prima della approvazione di una convenzione, possono costituire aiuti di Stato.

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La Corte ricorda dunque le condizioni che devono ricorrere, secondo la sua costante giurisprudenza, per la qualificazione di aiuto di Stato:

1) deve trattarsi di un intervento dello Stato o comunque effettuato mediante risorse statali;

2) deve essere idoneo ad incidere sugli scambi tra Stati membri; 3) deve concedere un vantaggio al suo beneficiario;

4) deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza (la Corte cita alcune sentenze tra cui la sentenza Altmark) Nel caso in esame, non è controversa la ricorrenza del primo presupposto, atteso che le sovvenzioni sono state corrisposte in forza di legge statale ed il loro onere è stato sopportato dal bilancio statale . Quanto al vantaggio concesso al beneficiario, la Corte rileva, citando sua giurisprudenza, che sono da considerare aiuti di Stato tutti gli interventi che sotto qualsiasi forma siano atti a favorire direttamente o indirettamente determinate imprese o che devono essere considerati come un vantaggio economico che la impresa non avrebbe ottenuto in normali condizioni di mercato; per contro, un intervento statale non costituisce aiuto di Stato allorché esso integri una compensazione erogata in corrispettivo di prestazioni effettuate dalla impresa beneficiaria per assolvere obblighi di servizio pubblico, così che detta impresa non tragga in realtà alcun concreto vantaggio finanziario dall’intervento statale, che pertanto non determina l’effetto di collocare la impresa beneficiaria in una posizione concorrenziale più favorevole rispetto alle altre.

Peraltro, solo se ricorrono determinati presupposti una siffatta compensazione si sottrae alla qualifica di aiuto di Stato:

a) l’impresa beneficiaria della compensazione deve essere effettivamente incaricata di adempiere ad obblighi di servizio pubblico, definiti chiaramente;

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b) i parametri sulla base dei quali è calcolata la compensazione devono essere previamente definiti in modo obbiettivo e trasparente;

c) la compensazione non può eccedere quanto necessario per coprire interamente o in parte i costi dell’adempimento degli obblighi di servizio pubblico, tenendo conto di un margine di utile ragionevole;

d) la compensazione deve essere determinata sulla base della analisi dei costi che una impresa media, gestita efficacemente e dotata di mezzi adeguati allo svolgimento della prestazione di servizio pubblico previste, avrebbe dovuto sopportare per l’adempimento di tali prestazioni.

Nel caso di specie, rileva la Corte che senz’altro le imprese beneficiarie erano incaricate della esecuzione di obblighi di servizio pubblico: invero, ex artt. 8 e 9 L. 684/74, le sovvenzioni controverse erano destinate al soddisfacimento delle esigenze connesse al collegamento tra il continente e le isole, quindi allo scopo di garantire lo sviluppo economico e sociale delle zone interessate ed in specie del Mezzogiorno, e dovevano essere determinate sulla base di convenzioni stipulate con le imprese beneficiarie in cui si prevedevano obblighi riguardanti i collegamenti da garantire, la loro frequenza e la tipologia delle navi da utilizzare allo scopo.

L’art. 7 L. 684/74 prevede poi il criterio di determinazione di dette sovvenzioni, calcolate in modo da assicurare la gestione dei servizi in condizione di equilibrio economico, tenendo conto degli introiti netti, dell’ammortamento degli investimenti e delle spese di esercizio.

Rileva peraltro la Corte che, durante tutto il periodo in questione nella causa principale, cioè tra il 1976 ed il 1980 e fino alla approvazione delle convenzioni (stipulate nel luglio 1991), le sovvenzioni in questione sono state versate soltanto nella veste di acconti, senza che fossero chiaramente definiti gli obblighi di servizio pubblico posti a

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carico delle imprese beneficiarie, previamente stabiliti in modo obbiettivo e trasparente i parametri sulla base dei quali calcolare la compensazione di tali obblighi e senza garantire che tale compensazione non eccedesse quanto necessario per coprire i costi per l’adempimento degli obblighi .

Pertanto rileva la Corte che tali sovvenzioni, pur nella veste di acconti, non soddisfano la seconda, la terza e la quarta delle condizioni che consentono di escluderne la natura di aiuti di Stato ai sensi del diritto UE, essendo ininfluente il fatto che la PA avesse imposto delle tariffe alla impresa beneficiaria di dette sovvenzioni, atteso che tale previsione non influisce sulla esistenza del vantaggio concesso alla impresa beneficiaria una volta apprezzato il mancato soddisfacimento di tutte le condizioni sopra citate.

Per quanto riguarda il pregiudizio arrecato agli scambi tra Stati membri ed al rischio di distorsione della concorrenza, il Governo italiano sostiene che all’epoca dei fatti il mercato del cabotaggio non era liberalizzato (detta liberalizzazione sarebbe avvenuta solo a seguito della entrata in vigore del regolamento CEE n. 3577/1992 che ebbe a prevedere la applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi tra Stati membri), nessuna impresa di altro Stato membro avendo operato sulle linee interne in cui erano presenti la TDM e la Tirrenia nel corso degli anni 1976/1980.

La Corte rileva peraltro che tale fatto non esclude necessariamente che le sovvenzioni di cui trattasi fossero idonee ad incidere sugli scambi tra Stati membri ed abbiano falsato o minacciato di falsare la concorrenza, atteso che, da un lato, non può escludersi che, come sostiene la TDM che ha addotto la presenza su tali linee di una società nata dalla fusione di una società italiana con una spagnola, la Tirrenia nel periodo in questione fosse effettivamente in concorrenza con imprese di altri Stati membri, il che è questione che spetta al giudice del rinvio verificare, dall’altro, non può escludersi che la Tirrenia si trovasse in concorrenza

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con simili imprese su linee internazionali e pertanto che, mancando una contabilità separata, essa abbia potuto utilizzare dette sovvenzioni in attività svolte su linee internazionali, anche questa essendo questione che spetta al giudice del rinvio verificare.

In sostanza rileva la Corte che spetta al giudice del rinvio valutare, verificate le predette situazioni, se le sovvenzioni di cui trattasi fossero idonee ad incidere sugli scambi tra Stati membri ed abbiano falsato o minacciato di falsare la concorrenza.

In conclusione, la questione sollevata è risolta dalla Corte nel senso che ”il diritto UE deve essere interpretato nel senso che sovvenzioni corrisposte nelle circostanze proprie della causa principale, in forza di una normativa nazionale che prevede il versamento di acconti prima della approvazione di una convenzione, costituiscono aiuti di Stato qualora siano idonee ad incidere sugli scambi tra Stati membri e falsino o minaccino di falsare la concorrenza, ciò che spetta al giudice nazionale verificare.“

7. I servizi che non rivestono natura economica (SINEG)

I servizi che non rivestono natura economica (SINEG) si riferiscono ad attività connesse all‘esercizio delle prerogative dei pubblici poteri, come le attività relative all’esercito o alla polizia, il mantenimento della sicurezza della navigazione aerea, il controllo della circolazione e la sicurezza marittima. Tale categoria comprende anche alcune attività di carattere puramente sociale, come la gestione dei regimi di assicurazione obbligatoria finalizzati al perseguimento di un obiettivo esclusivamente sociale, che funzionano sulla base di un principio di solidarietà.

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I servizi di interesse generale di natura non economica non sono soggetti a norme comunitarie specifiche né alle norme del trattato sul mercato interno, la concorrenza e gli aiuti di stato. Tali servizi sono oggetto delle norme dell’ordinamento comunitario che si applicano anche alle attività non economiche e a quelle che non incidono sugli scambi intracomunitari. Per tali motivi la distinzione tra servizi di natura economica e servizi di natura non economica assume forte rilevanza in quanto le disposizioni come il principio di non discriminazione ed il principio della libera circolazione delle persone valgono per l’accesso a tutte le tipologie di servizi, le norme sugli appalti pubblici si applicano a beni, servizi o alle opere acquisite da enti pubblici nella prospettiva di fornire servizi sia di natura economica che non economica. Il diritto di stabilimento, le norme sulla concorrenza e sugli aiuti di stato, come l’art. 16 del Trattato e l’ art.36 della Carta dei diritti fondamentali, si applica soltanto ai servizi di interesse economico generale.

Le disposizioni del TFUE relative agli aiuti di Stato sono applicabili ai prestatori di servizi senza scopo di lucro in quanto sappiamo che il solo fatto che un soggetto non persegua uno scopo di lucro non significa che le attività esercitate non abbiano un carattere economico.

Pertanto un’associazione senza scopo di lucro oppure un’organizzazione caritativa che svolge attività economica costituisce “impresa“ per la parte economica dell’attività esercitata. Non si applicano le regole della concorrenza alle restanti attività da esse svolte di natura non economica.

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8. I servizi sociali (SSIG)

La nozione di servizio sociale di interesse generale non trova definizione nel TFUE e non è rinvenibile nel diritto derivato dell’Unione.

La comunicazione della Commissione del 200615“Attuazione del programma comunitario di Lisbona: i servizi sociali d’interesse generale nell’Unione Europea “ha individuato, oltre ai servizi sanitari, due gruppi principali di SSIG:

- i regimi obbligatori previsti dalla legge e i regimi complementari di protezione sociale, con vari tipi di organizzazioni (mutue o regimi professionali) che coprono i rischi fondamentali dell’esistenza, quali i rischi connessi alla salute, alla vecchiaia, agli infortuni sul lavoro, alla disoccupazione, al pensionamento, alla disabilità

- gli altri servizi essenziali prestati direttamente al cittadino e comprendono l’assistenza ai cittadini rapportati a difficoltà personali o a momenti di crisi (es: indebitamento, tossicodipendenza, disgregazione nucleo familiare), attività finalizzate al reinserimento degli interessati nella società (riqualificazione e formazione linguistica degli immigrati) e nel mercato del lavoro (formazione professionale), attività che favoriscono l’integrazione delle persone con esigenze a lungo termine (es: disabilità).

I SSIG possono avere un carattere economico o non economico a seconda dell’attività svolta in quanto il fatto che la prestazione svolta si configuri come “sociale“ non rappresenta elemento sufficiente per essere esclusa dalla qualificazione di “attività

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economica“ ai sensi della giurisprudenza della Corte. I SSIG di carattere economico sono i SIEG.

9. L’esigenza di revisione del quadro normativo emersa dal Libro Verde del 2003 e dal Libro Bianco del 2005

Tra le fonti di riferimento dei servizi di interesse generale è necessario citare anche il Libro Verde del 21 maggio 200316 ed il Libro Bianco del 12 maggio 2004.

E’noto che nell’Unione Europea il Libro Verde rappresenta un documento di riflessione su un tema politico specifico pubblicato dalla Commissione europea. Si tratta di un documento destinato a tutti coloro che partecipano al livello di consultazione e di dibattito. Con il Libro Verde del 2003 la Commissione ha sollecitato un ampio dibattito sul ruolo globale dell’Unione nel garantire la prestazione di servizi di interesse generale, nel definire gli obiettivi di interesse generale perseguiti da tali servizi e le modalità con cui essi vengono organizzati, finanziati e valutati. Il Libro Verde rappresenta il primo passo verso un percorso di sviluppo normativo verso altri documenti successivi di fondamentale importanza in materia, tra cui il Libro bianco del 2005.

Il suddetto documento, adottato a circa un anno di distanza dalla presentazione del Libro Verde, presenta le conclusioni tratte a seguito della consultazione pubblica e contiene una proposta di azione comunitaria che definisce le componenti principali della strategia comunitaria in tema di servizi di interesse generale.

Con il Libro verde del 21maggio 2003 la Commissione Europea sollecita un ampio dibattito sul ruolo dell’Unione nel garantire la

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prestazione dei servizi di interesse generale, avviando un‘ampia consultazione pubblica sul modo migliore per promuovere la fornitura di servizi di interesse generale di alta qualità ed invitando il pubblico a formulare e presentare osservazioni sul ruolo generale dell’Unione nella definizione degli obiettivi di servizio pubblico perseguiti dai servizi di interesse generale e sulle modalità di gestione, finanziamento e valutazione di tali servizi.

Il Libro è suddiviso in cinque parti principali precedute da un’introduzione e seguite da una conclusione operativa.

La prima parte illustra il contesto, la seconda è dedicata all’ambito di applicazione dell’intervento della Comunità nel settore dei servizi di interesse generale, la terza fornisce una serie di elementi utili ad elaborare un comune concetto di servizi di interesse economico generale sulla base della normativa specifica in vigore, la quarta si concentra sui temi dell’organizzazione, del finanziamento e della valutazione dei servizi di interesse generale, mentre la quinta parte offre la dimensione internazionale dei servizi di interesse generale. Il Libro Verde pone alcuni quesiti e questioni nell’ambito della consultazioni tra cui: l’ambito di eventuali azioni comunitarie che attuino il trattato nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà, i principi che potrebbero essere inclusi in un eventuale normativa quadro in materia di servizi di interesse generale, la definizione della corretta governance nel settore dell’organizzazione, della regolamentazione, del finanziamento e della valutazione dei servizi di interesse generale, l’esame di misure che possano contribuire ad aumentare la certezza giuridica e garantire un collegamento equilibrato tra l’obiettivo di mantenere alta la qualità dei servizi di interesse generale e la rigorosa applicazione delle regole della concorrenza e del mercato.

Nella parte introduttiva del documento viene ribadito il ruolo fondamentale svolto dai servizi di interesse generale nella società

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europea ed in particolare viene sottolineato l’ ampio dibattito politico in merito al tema del ruolo delle autorità pubbliche in un’economia di mercato, chiamate a garantire da un lato il buon funzionamento del mercato ed il rispetto delle regole della concorrenza e dall’altro deputate a tutelare l’interesse generale, con particolare attenzione alla soddisfazione dei bisogni essenziali dei cittadini e alla tutela dei beni pubblici in caso di fallimento del mercato.

Viene rilevato come nei primi anni di vita della Comunità l’obiettivo di integrazione economica ha richiesto l’impegno maggiore nella rimozione delle barriere al commercio fra gli Stati membri e che dall’inizio degli anni 80 sono stati liberalizzati e sono stati aperti alla concorrenza settori significativi relativi a servizi di interesse economico generale (telecomunicazioni, servizi postali, trasporti, energia).

Nel documento viene dato atto dell’impossibilità di elaborare una unica e completa definizione europea del contenuto dei servizi di interesse generale ma si afferma che tuttavia è possibile indicare una serie di elementi comuni atti all’individuazione di tale categoria.

I suddetti elementi riguardano il servizio universale, la continuità, la qualità del servizio, l’accessibilità delle tariffe, la tutela degli utenti e dei consumatori. Tali requisiti comuni, trasformati in obblighi dalle normative degli Stati membri, individuano obiettivi e valori comunitari di efficienza economica, di coesione sociale e territoriale e di sicurezza per i cittadini. Tali obblighi sono nati essenzialmente per le industrie di rete ma potrebbero applicarsi anche ai servizi sociali. Gli Stati potrebbero imporre anche obblighi più specifici .

Osserviamo la serie comune di obblighi.

1) Servizio universale- con il concetto “servizio universale“ viene assicurato il livello qualitativo del servizio ad un prezzo accessibile, a prescindere dalla ubicazione geografica degli utenti e consumatori finali di tale servizio. Il concetto di servizio universale è “dinamico”, a

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seconda degli sviluppi politici, sociali e tecnologici e “flessibile“ in quanto è compatibile con il principio di sussidiarietà. Se i principi di base di un servizio universale sono definiti a livello comunitario, l’attuazione di tali principi può essere lasciata agli Stati membri, cosi da poter loro consentire di tener conto delle loro specificità territoriali e sociali. Il concetto di servizio universale è diventato un pilastro portante della politica comunitaria sui servizi di interesse economico generale ed ha permesso di perseguire esigenze di interesse pubblico in vari ambiti, quali l’efficienza economica, il progresso tecnologico, la protezione ambientale, i diritti dei consumatori.

2) Continuità- La maggior parte dei servizi di interesse generale sono caratterizzati dal requisito della continuità, sulla base del quale il prestatore del servizio è tenuto a fornire il servizio senza interruzione. A livello nazionale il requisito della continuità deve essere compatibile con il diritto di sciopero dei lavoratori. In alcuni casi tale requisito viene imposto dalle norme comunitarie mentre in alcuni settori tale requisito può essere imposto dagli Stati membri.

3) Qualità del servizio- La definizione, il monitoraggio e l’applicazione dei requisiti di qualità da parte delle autorità pubbliche sono diventati elementi fondamentali ai fini della regolamentazione dei servizi di interesse generale. Generalmente spetta agli Stati membri definire i livelli di qualità per i servizi di interesse generale mai alcuni casi la normativa comunitaria definisce già alcuni parametri di qualità.

A livello comunitario la regolamentazione più avanzata in tema di qualità è quella dei servizi postali e dei servizi di comunicazione. Un profilo importantissimo riguarda la questione dell’accessibilità delle tariffe: tale concetto impone che un servizio di interesse economico generale venga offerto ad un prezzo abbordabile per renderlo accessibile a tutti. Con l’applicazione di tale principio si contribuisce alla coesione economica e sociale degli Stati membri.

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I criteri per la determinazione dei prezzi accessibili vengono definiti dagli Stati membri e dopo la fissazione del prezzo al livello accessibile gli Stati devono garantire che tale livello venga effettivamente offerto, mediante meccanismi di controllo dei prezzi e/o distribuendo sussidi a gruppi vulnerabili e emarginati.

Rilievo preminente assume anche il tema della tutela degli utenti e dei consumatori: ai servizi di interesse generale si applicano, come negli altri settori dell’economia, le norme orizzontali di tutela dei consumatori. La Commissione ha definito tali servizi come uno dei settori politici in cui è necessario un intervento per garantire un elevato livello di tutela dei consumatori.

La Commissione ha fissato alcuni principi utili ai fini della definizione dei requisiti per la tutela dei consumatori: buona qualità del servizio, elevati livelli di protezione sanitaria e sicurezza fisica dei servizi, trasparenza (tariffe, contratti scelta e finanziamento dei fornitori), effettiva concorrenza tra fornitori, disponibilità di meccanismi di ricorso, presenza di organismi di regolamentazione, rappresentanza e partecipazione attiva dei consumatori ed utenti alla definizione e alla valutazione dei servizi.

La terza parte del Libro è dedicata al tema di una corretta governance: organizzazione, finanziamento e valutazione dei servizi di interesse economico generale. Nel documento viene affermato che le autorità nazionali, regionali e locali di ciascun Stato membro sono in linea di principio liberi di definire ciò che considerano essere un servizio di interesse economico generale di imporre obblighi ai fornitori di tali servizi in mancanza di una normativa comunitaria specifica.

Soltanto nel caso delle grandi industrie di rete la Comunità ha armonizzato le norme sugli obblighi di servizio pubblico.

Per quanto riguarda il finanziamento dei servizi di interesse generale il Libro Verde prende atto che per garantire l’equilibrio finanziario dei fornitori di tali servizi sono necessarie specifiche disposizioni in

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quanto i meccanismi di mercato non sono in grado di garantire tale equilibrio. Gli Stati membri adottano meccanismi di finanziamento diversi per raggiungere tale risultato:

-sostegno finanziario diretto attraverso il bilancio statale (es: riduzione delle imposte)

-diritti speciali od esclusivi (es: monopolio legale)

-contributi dei partecipanti al mercato (es: un fondo per il servizio universale).

In merito al punto della valutazione dei servizi di interesse generale si rileva in primo luogo l’importanza della questione in quanto tale azione è necessaria per verificare se i mandati di interesse generale assegnati dalle pubbliche autorità ai fornitori siano effettivamente assolti. A livello comunitario la valutazione dei servizi di interesse economico generale è essenziale per assicurare il raggiungimento degli obiettivi di coesione sociale e territoriale e di protezione dell’ambiente. Negli ultimi anni la Commissione ha aumentato il proprio impegno in tale ambito sviluppando una vera e propria strategia di valutazione dei servizi di interesse generale, compito complesso che richiede un metodo di lavoro multidisciplinare e multidimensionale, che deve tener conto altresì degli aspetti politici, economici, sociali ed ambientali e delle opinioni e degli interessi di tutte le parti interessate.

L’ultima parte del Libro Verde è dedicata ai servizi di interesse generale e alla sfida di globalizzazione. Per quanto riguarda la politica commerciale la Comunità europea ha deciso di assumere impegni vincolanti in merito ad alcuni servizi di interesse generale già aperti alla concorrenza nell’ ambito del mercato interno.

In forza di tali impegni i fornitori stranieri ottengono l’accesso al mercato della Comunità europea alle medesime, e talora più restrittive condizioni previste per qualsiasi fornitore di servizi (impegni assunti nel contesto multilaterale dell’ OMC – impegni GATS).

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