I PRINCIPI COMUNITARI DELLA CONCORRENZA ED I SERVIZI TECNICO NAUTICI NELLA GIURISPRUDENZA
6. L’applicazione dei principi comunitari in materia di libertà di concorrenza al regime giuridico di monopolio dei servizi tecnico-
6.4. CASSAZIONE SSUU n 6488/
Per completezza di esposizione esaminiamo la pronuncia della Cassazione n. 6488 del 2002, citata nella precedenti sentenze.
Nel 1992 con citazione la Corsica Ferries Italia srl conveniva innanzi al Tribunale Genova il Ministero Trasporti e Gruppo Antichi Ormeggiatori del porto di Genova per l’accertamento del suo diritto soggettivo di non avvalersi dell’opera del predetto Gruppo, in assenza di una norma primaria che ne prevedesse l’obbligo e, se pur tale norma fosse stata individuata o sussistesse un atto normativa della PA, per sentir dichiarare la affermazione del suo diritto alla autoproduzione del servizio previa disapplicazione di tale norma o atto in quanto incompatibili con il Trattato CEE.
Il Tribunale rigettava la domanda.
A fronte di tale sentenza la Tourship Italia spa, subentrata a Corsica Ferries, ricorreva in appello, che veniva accolto dalla Corte di Appello di Genova che dichiarava il diritto dell’appellante alla autoproduzione nel porto di Genova del servizio di ormeggio.
In ordine alla posizione soggettiva vantata dalla appellante e quindi in ordine alla giurisdizione, la Corte di Appello, nel ritenere la giurisdizione dell’AGO, ha rilevato che: 1) non si fa questione di semplice illegittimità di atti amministrativi, che andrebbe fatta valere davanti al GA, in quanto la appellante ha affermato la carenza assoluta di potere della PA di rendere obbligatorio in via generale e permanente il servizio di ormeggio nel porto di Genova e di escludere anche il diritto di autoproduzione del servizio pur previsto dall’art. 9 L. n. 287/1990; 2) non sussiste nel nostro ordinamento un diritto di esclusiva di ormeggio perché manca nel nostro ordinamento una norma primaria che, autorizzando la imposizione di un servizio di ormeggio obbligatorio, fondi un siffatto diritto di esclusiva, non potendosi individuare una norma del genere né nelle norme del Cod.nav. che attribuiscono al comandante del porto un potere di polizia portuale (se interpretate alla luce degli artt. 23e 43 Cost.) né nell’art. 209 Reg. pol. mar. né nella L. 84/1994 in materia di riordino della legislazione portuale; 3) in quanto sussiste un diritto di autoproduzione del servizio di ormeggio, devono essere rimossi tutti i vincoli che ne rendano non possibile l’esercizio e quindi devono essere disapplicati sia le norme regolamentari del Porto di Genova sia le circolari del Ministero Marina Mercantile che prevedono un diritto di esclusiva di ormeggio.
Avverso tale sentenza il Ministero Trasporti ha proposto ricorso per Cassazione e il Gruppo Antichi Ormeggiatori ricorso incidentale, sostenendo entrambi, tra gli altri motivi, il difetto di giurisdizione dell’AGO in quanto il diritto di autoproduzione del servizio di ormeggio sarebbe soggetto ad affievolimento per motivi di sicurezza pubblica (da individuarsi nella salvaguardia ed ordinato svolgersi del traffico portuale ) previsti dall’art. 9 comma 2 L. 287/1990 ( norme per la tutela della concorrenza e del mercato).
Secondo i ricorrenti tale affievolimento sarebbe dovuto alla disciplina legislativa prevista per il servizio pubblico di ormeggio dagli artt.
208/2014 Reg. pol. mar., dagli artt. 113,116, 118 e 119 Cod. nav. ed ai poteri di polizia del comandante del porto (artt. 62 e 81): la società attrice anche se ha apparentemente vantato il diritto alla autoproduzione del servizio, ha in realtà lamentato il fatto che esso sia stato degradato da atti illegittimi della PA, deducendo pertanto in giudizio la lesione di un interesse legittimo. Secondo SSUU tale motivo di ricorso è fondato.
Invero, alla luce del criterio seguito dalla Cassazione per distinguere l’ambito delle due giurisdizioni, e cioè il criterio del c.d. “petitum sostanziale“ secondo cui non deve darsi rilievo alle richieste e deduzioni delle parti quanto alla vera natura della controversia con riferimento alla concreta posizione soggettiva delle parti in relazione alla disciplina legale della materia, non è sufficiente al fine di ritenere sussistente la giurisdizione dell’AGO l’argomento espresso dalla Corte di Appello fondato sul fatto che l’attore ha affermato “la carenza assoluta di potere della PA di rendere obbligatorio in via generale e permanente, escludendo anche il diritto all’autoproduzione, il servizio di ormeggio nel porto di Genova,“occorrendo anche accertare se tale potere amministrativo sia astrattamente configurabile nel nostro ordinamento, atteso che, in caso positivo, il privato ne può contestare soltanto il corretto esercizio nel caso concreto, essendo pertanto portatore di una posizione da qualificarsi come interesse legittimo. Secondo la sentenza impugnata, il diritto soggettivo della società attrice sarebbe quello alla autoproduzione del servizio di ormeggio ed esso sarebbe fondato in primis sull’art. 9 L. n. 287/1990 che al comma 1 prevede che “la riserva per legge allo Stato o ad un ente pubblico del monopolio su un mercato nonché la riserva per legge ad una impresa incaricata della gestione di attività di prestazione al pubblico di beni o servizi contro corrispettivo, non comporta per i terzi il divieto di produzione di tali beni o servizi per uso proprio, della società controllante e delle società controllate“: tale norma prevede quindi un
vero e proprio diritto soggettivo alla autoproduzione di beni o servizi che, sussistendo anche in caso di monopolio o di riserva legale di una determinata attività, può ritenersi non soggetto ad affievolimento da parte della PA. Osserva peraltro la CASS SSUU che il diritto alla autoproduzione non sussiste nei casi previsti dal comma 2 che prevede che “la autoproduzione non è consentita nei casi in cui in base alle disposizioni che prevedono la riserva risulta che la stessa è stabilita per motivi di ordine pubblico, sicurezza pubblica e difesa nazionale nonché, salvo concessione, per quanto concerne il settore delle telecomunicazioni.“
Ebbene, secondo CASS SSUU il diritto di autoproduzione non sussiste nel caso del servizio di ormeggio, atteso che la predetta normativa in materia di navigazione marittima che prevede la possibilità di istituire la riserva di ormeggio nei porti trova il suo fondamento in “motivi di sicurezza pubblica,“da individuarsi nella sicurezza della navigazione nei porti. Tale giustificazione della riserva di ormeggio è stata ritenuta dalla Corte di Giustizia (causa C- 266/96 18 giugno 1998) non in contrasto con l’ordinamento comunitario ed in specie con la normativa comunitaria in materia di concorrenza, in quanto “il servizio di ormeggio è un servizio tecnico nautico essenziale per il mantenimento della sicurezza nelle acque portuali, che presenta le caratteristiche di un servizio pubblico” (la universalità, la continuità, il soddisfacimento di esigenze di interesse pubblico, la regolamentazione e la sorveglianza da parte della PA).
Rileva la Cassazione SSUU che tale orientamento della Corte di Giustizia assume particolare importanza in ordine alla applicazione dell’art. 9 L. n. 287/1990 in quanto, ai sensi dell’art. 1 comma 4 della stessa legge, “la interpretazione delle norme contenute nel presente titolo è effettuata in base ai principi dell’ordinamento delle Comunità europee in materia di disciplina della concorrenza,“ragione per cui la interpretazione della nozione di sicurezza pubblica prevista dall’art.9
comma 2 non può prescindere dalla interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia. Evidenzia la CASS.SSUU la infondatezza dell’argomento addotto dal giudice nella sentenza impugnata laddove, senza escludere la sussistenza di motivi di sicurezza pubblica a fondamento del servizio obbligatorio di ormeggio nel porto di Genova, si è ritenuto che non risultano sancite per legge, come prescritto, le condizioni di esclusione della autoproduzione di cui all’art. 9 comma 2 L. 287/1990, ravvisando pertanto la sussistenza di una riserva assoluta di legge per la esclusione della autoproduzione ed in generale per la istituzione di tale servizio obbligatorio, atteso che esso non potrebbe essere disposto su base regolamentare essendo invece necessaria una norma primaria, che nel nostro ordinamento manca. Invero, secondo Cass SSUU, va esclusa nel nostro ordinamento la esistenza di una riserva assoluta di legge in materia di disciplina nei porti del servizio di ormeggio, non potendosi fondare nel disposto di cui all’art. 9, atteso che tale norma ha la sola finalità di attribuire e delimitare l’ambito di applicazione del diritto di autoproduzione di beni e servizi ma non di disciplinare i poteri pubblici introducendo una riserva assoluta di legge peraltro non prevista dalla Costituzione. In particolare, laddove tale norma al comma 1 fa riferimento alla “riserva per legge“ intende affermare che la autoproduzione è consentita anche nei casi in cui un monopolio di mercato o una esclusiva di attività economica ad una impresa siano previsti da legge, così da modificare le stesse leggi in maniera implicita e generalizzata; il comma 2 poi esclude la autoproduzione facendo generico riferimento alle “disposizioni che prevedono la riserva“ di attività per determinati motivi, ma dette disposizioni possono anche non avere natura legislativa, come è agevolmente desumibile che il legislatore non ha usato la espressione “disposizioni di legge“ (che è utilizzata nel precedente art. 8 com. 2 della stessa legge) né ha ripetuto il termine “legge“ impiegato nell’art. 9 com.1.
Né la riserva assoluta di legge può trarsi dagli artt. 23 Cost. (che prevede una riserva, relativa e non assoluta, che può riguardare la imposizione della prestazione patrimoniale derivante dalla istituzione del servizio obbligatorio di ormeggio, irrilevante nel giudizio) e 43 Cost. (non pertinente in quanto non si riferisce all’uso dei beni pubblici, come i porti, bensì ai beni dei privati impiegati nell’esercizio di una impresa).
La PA dispone pertanto del potere discrezionale di istituire il servizio obbligatorio di ormeggio, derivante dalla disciplina prevista dal cod.nav. e dalla ulteriore legislazione in materia portuale (L. 84/1994, come modificata dalla L. 647/1996). In particolare, l’art. 62 cod.nav. attribuisce al comandante del porto il potere di regolare e vigilare sul movimento delle navi nel porto e specificamente sul loro ormeggio; l’art. 81 cod.nav. gli attribuisce il potere di provvedere in generale in ordine alla sicurezza del porto; l’art. 209 reg. nav. mar. prevede poi che il comandante del porto disciplina il servizio degli ormeggiatori in modo da assicurare la regolarità del servizio secondo le esigenze del porto, con la possibilità, nei porti ove se ne ravvisi la necessità, di costituire gli ormeggiatori in gruppi.
Per quanto riguarda poi la L. n. 84/1994, come modificata dalla L. 647/1996, l’art.14 commi 1 bis e ter confermano il potere della autorità marittima (di intesa con la autorità portuale, nei porti in cui essa abbia sede), oltre che di stabilire i criteri di formazione delle tariffe, di determinare “la disciplina e la organizzazione dei servizi,“e cioè pilotaggio, battellaggio, ormeggio e rimorchio, chiarendosi così in astratto la piena legittimità di un tipo di organizzazione del servizio che lo renda obbligatorio, con le caratteristiche indicate dalla Corte di Giustizia (vedi sopra). D’altra parte, la stessa L. n. 84/1994 ha abrogato gli artt. 110 e 111 cod.nav. che prevedevano la esclusiva delle operazioni portuali comprendenti “il carico, lo scarico, il trasbordo, il deposito, il movimento in genere delle merci e di ogni altro materiale
svolti in ambito portuale “e cioè le c.d. attività terrestri nel porto, che pertanto attualmente risultano liberalizzate.
Ne consegue che, per quanto riguarda i servizi nautici ancillari, ivi compreso l’ormeggio (da tenersi ben distinti dalle attività terrestri), il legislatore ha confermato il potere di regolamentazione attribuito alla autorità marittima, a cui sola spetta eventualmente liberalizzare tali servizi o prevedere, come avviene attualmente, l’esclusiva.
Pertanto non sussiste alcun diritto soggettivo del privato allo svolgimento dell’ attività di ormeggio, ma solo un interesse legittimo in ordine al corretto esercizio dei detti poteri amministrativi di regolamentazione, nel cui ambito, come detto, rientra la previsione di una più o meno ampia liberalizzazione del servizio.
Concludono le SSUU che le norme sull’ordinamento portuale contemperano le esigenze di disciplinare il porto sia come bene del demanio marittimo, al cui uso si riconducono anche i profili di sicurezza pubblica, sia come bene in cui si esplicano importanti attività economiche: relativamente ai servizi a terra prevalgono nettamente le esigenze di impresa, in attuazione dei principi fissati per le attività economiche dalla Comunità Europea, mentre, per quanto concerne i servizi in mare prevalgono tuttora le ragioni pubblicistiche, ed in particolare quelle inerenti la sicurezza pubblica, spettando al potere amministrativo contemperare le esigenze collettive, salvaguardata specificamente dall’art. 9 L. 287/1990, con la tutela della concorrenza e del mercato.
Osservano infine le SSUU che la modifica introdotta dalla L. n. 186/2000 -sopravvenuta rispetto alla pronuncia della sentenza impugnata, che ha modificato l’art. 14 L. 84/1994 prevedendo che “i servizi tecnico nautici di pilotaggio, rimorchio, ormeggio e battellaggio sono servizi di interesse generale atti a garantire nei porti ove essi siano istituiti la sicurezza della navigazione e dell’approdo; per il pilotaggio la obbligatorietà è stabilita con decreto del Ministero
trasporti e navigazione, per gli altri servizi l’Autorità Marittima può renderne obbligatorio l’impiego tenuto conto della localizzazione e delle strutture impiegate“ –ha confermato la sussistenza del potere discrezionale della Autorità Marittima di rendere obbligatorio il servizio di ormeggio, delimitando più precisamente l’ambito di tale discrezionalità e precisandone i parametri.
Trattasi pertanto di norma non del tutto innovativa, che, secondo la CASS SSUU, non sposta i termini della questione ai fini della decisione.
6.5 CASSAZIONE, n. 17082/2011
Concludiamo la rassegna di giurisprudenza interna con la sentenza Cassazione n. 17082 del 08.08.2011, con la quale si afferma la natura di servizio pubblico essenziale del servizio di rimorchio.
Il procedimento viene originato dal provvedimento emesso dalla Commissione di Garanzia per attuazione della legge sullo sciopero nei servizi essenziali, con cui è comminata una sanzione nei confronti RSU CGIL dei rimorchiatori di Livorno per proclamazione di due scioperi in violazione dell’obbligo di preavviso.
Avverso tale provvedimento la RSU propone ricorso al Tribunale Roma (convenuta costituita la Commissione, con intervento della Fratelli Neri spa, concessionaria del servizio di rimorchio nel Porto di Livorno) che annulla il provvedimento, con sentenza confermata in appello.
Quindi la Commissione ricorre per Cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza di appello per 3 motivi:
1) La sentenza viola gli artt. 1 e 2 L. 146/1990, in quanto l’obbligo di dare il preavviso minimo di 10 gg. per gli operatori del
settore del rimorchio deriva direttamente dalle predette norme di legge e le organizzazioni sindacali che proclamano lo sciopero non possono omettere di dare il preavviso escludendo dalla astensione i servizi da loro discrezionalmente ritenuti essenziali;
2) La sentenza viola le norme predette nonché l’art. 12 L. 146/1990, in quanto nella motivazione si richiama il giudizio della Prefettura, ma tale organo non è competente a valutare la idoneità delle misure dirette ad assicurare il contemperamento dell’esercizio del diritto di sciopero con il godimento dei diritti costituzionalmente garantiti della persona;
3) La sentenza viola gli artt. 1, 12 e 13 L. 146/1990, in quanto la individuazione nell’ambito di un servizio pubblico essenziale di settori o attività esclusi dalla disciplina della L. 146 non può essere autonomamente operata dalle organizzazioni sindacali che proclamano lo sciopero ma è riservata dalla legge a codici di autoregolamentazione o accordi sottoposti al controllo della Commissione.
Tra i motivi di ricorso della Fratelli Neri vi è poi quello secondo cui il servizio di rimorchio non è frazionabile, essendo nel suo complesso un servizio pubblico essenziale, come ha previsto il legislatore nella apposita disciplina del settore dei servizi tecnico nautici (art. 14 comma 1 bis L. 84/1994, come modificato dalla L. 186/2000), definiti espressamente “servizi di interesse generale atti a garantire nei porti ove sono istituiti la sicurezza della navigazione e dell’approdo.“
In data 1 aprile 2003 la RSA predetta proclamò uno sciopero per gli addetti al servizio di rimorchio del porto di Livorno dalle 11 alle 11 del giorno dopo nonché un secondo sciopero dalle 11 del 2 aprile alle 11 del 3 aprile, in ambo i casi senza dare il preavviso di 10 gg. previsto da L. n. 146/1990, giustificando tale scelta adducendo che lo sciopero riguardava solo “le operazioni commerciali“ e che venivano garantite
una serie di attività (es. navi e traghetti passeggeri da e per le isole) volte a salvaguardare quanto previsto dalla legge predetta; la Commissione di garanzia sanziona la RSA per violazione del dovere di preavviso.
La Corte di Appello Roma, nel confermare la sentenza di primo grado, pur affermando che il servizio di rimorchio è un servizio pubblico essenziale, ha affermato peraltro che trattasi di servizio frazionabile e consenta al suo interno di escludere l’obbligo di preavviso per talune attività.
Disciplina prevista dal n. 146/1990
Lo sciopero nei servizi essenziali non è vietato ma è soggetto a taluni limiti previsti da detta legge:
obbligo di dare preavviso di almeno 10 gg.; obbligo di comunicare per iscritto motivazione, durata e modalità esecutive; obbligo di rispettare le misure dirette a consentire le prestazioni indispensabili per garantire le finalità previste dall’art. 1 comma 2.
I primi due obblighi discendono direttamente dalla legge mentre il terzo implica che le prestazioni indispensabili siano individuate ad opera dei contratti collettivi giudicati idonei dalla Commissione di Garanzia.
In particolare, per quanto riguarda l’obbligo di preavviso, l’art. 2 comma 1 prevede che esso è collegato al semplice fatto che lo sciopero si svolga “nell’ambito dei servizi pubblici essenziali indicati dall’art.1”; l’art. 1 comma 5 indica le 3 finalità del preavviso: consentire alla impresa o amministrazione erogatrice del servizio di predisporre le misure dirette a garantire le prestazioni indispensabili, tentativo di composizione del conflitto, consentire alla utenza di organizzarsi con servizi alternativi; il minimo di preavviso, ex art. 2 comma 5, è 10 giorni, salvo maggior termine previsto nei contratti collettivi o nei codici di autoregolamentazione; il comma 7 prevede infine che l’obbligo di preavviso non sussiste solo in caso di astensione
in difesa di ordine costituzionale o protesta per gravi eventi lesivi della incolumità e sicurezza dei lavoratori.
Pertanto, per stabilire se sussiste nel caso in esame l’obbligo di
preavviso, è necessario verificare se lo sciopero nel settore in esame rientra “nell’ambito dei servizi pubblici essenziali indicati dall’art. 1.“Tale norma al comma 1 fornisce una definizione generale del servizio pubblico essenziale, mentre il comma 2 ne fornisce una elencazione, non tassativa in quanto prima dell’elenco il legislatore usa l’inciso “in particolare.“
La definizione generale è “sono considerati servizi pubblici essenziali, indipendentemente dalla natura giuridica del rapporto di lavoro, anche se svolti in regime di concessione o mediante convenzione, quelli volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, alla assistenza e previdenza sociale, alla istruzione e libertà di comunicazione.“
E’ necessario chiedersi se il servizio reso dai lavoratori addetti ai rimorchiatori in porto sia servizio pubblico essenziale.
Tale servizio non è ricompreso nell’elenco del comma 2 ma non è dubbio secondo SSUU che esso sia servizio pubblico essenziale in quanto:
1) nella parte in cui è finalizzato al collegamento con le isole, rientra nell’elenco di cui all’art. 1 comma 2 che prevede i trasporti marittimi limitatamente al collegamento con le isole;
2) è diretto a garantire diritti della persona di rilievo costituzionale, quali la vita e sicurezza delle persone in mare, come deriva dall’art. 1 L. 186/2000 che prevede che i servizi tecnico nautici di pilotaggio, rimorchio, battellaggio e ormeggio sono servizi di interesse generale, atti a
garantire nei porti ove essi sono istituiti la sicurezza della navigazione e dell’approdo.
Quindi, per SSUU, per lo sciopero nel settore del rimorchio il preavviso è dovuto in quanto tale sciopero si svolge “nell’ambito di un servizio pubblico essenziale.“
Secondo SSUU non è poi conforme alla disciplina legislativa la argomentazione della Corte di Appello secondo cui, pur riconoscendosi che trattasi di servizio pubblico essenziale, il preavviso nel caso in esame non sarebbe dovuto in quanto lo sciopero venne limitato alle operazioni commerciali e la RSU proclamante escluse talune prestazioni ritenendole indispensabili.
Invero, ex art. 2 L. 146/1990, se lo sciopero si svolge “nell’ambito“ di un servizio essenziale, il preavviso è dovuto, anche se lo sciopero è limitato solo ad alcune delle attività che compongono il servizio, salvo che il servizio non sia articolato in parti nettamente distinte ed autonome sul piano strutturale e funzionale e la qualifica di servizio pubblico essenziale riguardi solo una di tali parti.
Peraltro, secondo SSUU, è da escludere che il servizio di rimorchio