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L’applicabilità delle regole comunitarie della concorrenza al settore portuale ed al lavoro portuale

IL REGIME GIURIDICO DEI SERVIZI PORTUALI E DEL LAVORO PORTUALE NELL’ORDINAMENTO ITALIANO

1. L’applicabilità delle regole comunitarie della concorrenza al settore portuale ed al lavoro portuale

La normativa italiana in materia portuale è stata profondamente mutata ed adeguata alle norme comunitarie con la Legge 28/01/94 n. 84 “Riordino della legislazione in materia portuale.” Infatti la Corte di Giustizia20con la sentenza Siderurgica Gabrielli Spa c. Merci Convenzionali Porto di Genova Spa ha statuito la totale applicabilità delle regole della concorrenza al settore delle operazioni e del lavoro portuale, sancendo l’incompatibilità del monopolio statuito dal codice della navigazione con il combinato disposto degli articoli 90 comma 1, 30, 40 ed 86 del TCE (adesso artt.110, 36, 46 e 106 TFUE) la Corte inoltre con la stessa sentenza ha rilevato il carattere discriminatorio degli artt. 152 e 156 del regolamento per la navigazione marittima, i quali riservavano ai soli cittadini italiani la partecipazione alle Compagnie portuali.

La questione è sorta nell’ambito di una controversia tra le suddette imprese in merito all’esecuzione di operazioni di sbarco di merci nel porto di Genova.

Infatti in Italia le operazioni di imbarco, sbarco, trasbordo, deposito e movimento in genere delle merci e di ogni altro materiale nel porto erano riservate, a norma dell’art.110 del cod. nav., a Compagnie portuali i cui lavoratori, che ne erano anche soci, dovevano possedere, ai sensi degli articoli 152 e 156 del regolamento per la navigazione marittima, la cittadinanza italiana.

L’inosservanza dei diritti esclusivi attribuiti alle compagnie portuali veniva punita con sanzioni penali previste dall’art.1172 cod. nav. Ai sensi dell’art.111 cod. nav21., l’esercizio delle operazioni portuali

20 Corte di Giustizia sentenza 10/12/1991 n. C 179/90 21

F.Manganaro “Il porto da bene demaniale ad azienda”, Mucchi Editore p.255 evidenzia la diversità di opinioni in giurisprudenza e dottrina in merito alla portata della sentenza, ritenendo alcuni che la Corte non abbia espunto dall’ordinamento la

per conto terzi era concesso a imprese portuali e per la loro esecuzione tali imprese dovevano servirsi esclusivamente delle Compagnie portuali. Le imprese in questione erano generalmente società di diritto privato.

La Siderurgica Gabrielli s.p.a., in osservanza della normativa italiana, si era rivolta alla Merci Convenzionali Porto di Genova s.p.a., titolare del diritto esclusivo di espletare nel porto di Genova le operazioni relative alle merci convenzionali, per lo sbarco di una partita d’acciaio importato dalla Repubblica Federale di Germania, anche se questo avrebbe potuto essere direttamente effettuato dal personale della nave. La Merci si rivolgeva a sua volta, per le operazioni di sbarco, alla Compagnia portuale di Genova.

Le merci venivano scaricate in ritardo a causa dello sciopero dei lavoratori della Compagnia portuale e pertanto la Siderurgica s.p.a. chiedeva il risarcimento del danno subito a causa del ritardo e la ripetizione degli importi versati e da essa ritenuti sproporzionati alle prestazioni rese. Il Tribunale di Genova, chiamato a dirimere la controversia, sospendeva il giudizio e rinviava gli atti alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art.177 del Trattato CEE. Il giudice nazionale solleva la questione per accertare se il combinato disposto dell’art.90 comma 1 e degli articoli 7, 30 e 86 del Trattato di Roma risulti ostativo di una normativa di uno Stato membro che attribuisce ad un’impresa stabilita in tale Stato il diritto esclusivo di esercizio delle operazioni portuali e le impone, per l’espletamento di dette operazioni, di servirsi di una Compagnia portuale composta esclusivamente da maestranze nazionali.

La decisione della Corte si basa sulle seguenti argomentazioni e motivazioni.

disciplina degli articoli 110 e 111 cod.nav., competendo al legislatore nazionale la verifica di ogni singola fattispecie,al fine di appurare la sussistenza o meno dell’abuso di posizione dominante; altri affermano l’assoluta incompatibilità del regime di monopolio delle Compagnie Portuali con la normativa comunitaria.

Per risolvere la questione occorre rilevare prima di tutto che un’impresa portuale che fruisce dell’esclusiva d’esercizio delle operazioni portuali per conto terzi ed una Compagnia portuale che ha l’esclusiva per l’esecuzione delle operazioni portuali devono essere considerate imprese a cui lo Stato riconosce i diritti esclusivi di cui all’art.90 comma 1 del Trattato.

La suddetta disposizione stabilisce che nei confronti di tali imprese gli Stati membri non emanano né mantengono alcuna misura contraria alle norme del Trattato, specialmente a quelle in materia di concorrenza. Per ciò che riguarda l’interpretazione dell’art.86 per giurisprudenza costante l’impresa che fruisce di un monopolio su una parte sostanziale del mercato comune può essere considerata impresa che occupa una posizione dominante ai senso dell’art.86.

Nel caso specifico il mercato è quello dell’organizzazione per conto terzi e dell’ esecuzione delle operazioni portuali relative all’ ordinario trasporto merci nel porto di Genova e, tenuto conto del volume del traffico in tale porto e della sua rilevanza rispetto al complesso delle attività di importazione ed esportazione marittime nello Stato membro, si deve ravvisare in questo mercato una parte sostanziale del mercato comune.

Il semplice fatto di creare una posizione dominante mediante la concessione di diritti esclusivi ai sensi dell’art.90 comma 1 non è di per sé incompatibile con l’art.86.

Per giurisprudenza costante è stato chiarito che uno Stato membro contravviene ai divieti posti da queste due disposizioni quando l’impresa di cui trattasi è indotta, con il mero esercizio dei diritti esclusivi che le sono attribuiti, a sfruttare abusivamente la sua posizione dominante. Ai sensi dell’art.86 comma 2 lettera A), B) e C) del Trattato, tali pratiche abusive possono consistere in particolare nell’imporre, a chi richiede servizi, prezzi d’acquisto o altre condizioni di transazione non eque, nel limitare lo sviluppo tecnico a danno dei

consumatori e nell’applicare nei rapporti commerciali con altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti.

Secondo la Corte dalla fattispecie descritta dal giudice nazionale emerge che le imprese a cui sono stati riconosciuti diritti esclusivi, secondo la normativa nazionale, sono indotte ad esigere il pagamento di servizi non richiesti o a fatturare prezzi spropositati, oppure a non servirsi della moderna tecnologia, con conseguente aumento dei costi delle operazioni o ritardi nell’esecuzione dei lavori, oppure, ancora, a concedere riduzioni di prezzo a taluni utenti compensate allo stesso tempo mediante aumenti di fatturati ad altri utenti.

Non sono inoltre ravvisabili gli elementi per asserire che l’impresa o la Compagnia portuale che si trovi in tale situazione debba essere considerata incaricata della gestione di servizi di interesse economico generale, ai sensi dell’art.90 numero 2 del Trattato.

Infatti la deroga all’applicazione del Trattato prevista dall’art.90 comma 2 è subordinata non solo al fatto che i pubblici poteri abbiano affidato all’impresa di cui trattasi la gestione di un servizio generale, ma anche al fatto che l’applicazione delle norme del Trattato osti all’adempimento della specifica missione affidatale.

Si rileva che l’interesse economico generale legato alle operazioni portuali non presenti un carattere specifico rispetto a quello di altre attività della vita economica e che, se anche così fosse, l’applicazione delle norme del Trattato, in particolare quelle relative alla concorrenza ed alla libera circolazione, non osterebbero a detta missione.

Per quanto riguarda la questione relativa al requisito della cittadinanza richiesto alle maestranze della Compagnia portuale si rileva in primo luogo che l’art.7 del Trattato sancisce il principio generale del divieto di discriminazioni fondate sulla nazionalità e che tale principio è stato attuato in concreto per i lavoratori subordinati dall’art.48 del Trattato. Proprio tale ultimo articolo osta ad una normativa di uno Stato membro che riservi ai cittadini di tale Stato il diritto di lavorare per un’impresa

di detto Stato, come nel caso specifico la Compagnia del Porto di Genova.

La Corte pertanto dichiara che il combinato disposto dell’art.90 comma 1 e degli articoli 30, 48 e 86 del Trattato CE osta alla normativa di uno Stato membro che conferisca ad un’impresa stabilita in questo Stato il diritto esclusivo d’esercizio delle operazioni portuali e le imponga di servirsi, per l’esecuzione di dette operazioni, di una Compagnia portuale composta esclusivamente di maestranze nazionali.

La Corte dichiara inoltre che l’art.90 numero 2 del Trattato deve essere interpretato nel senso che un‘impresa o Compagnia portuale che si trovi nella suddetta situazione non può essere considerata incaricata di gestione di servizi d’interesse economico generale ai sensi di detta disposizione.

A seguito di tale sentenza il Ministro della Marina Mercantile emana dapprima una circolare che recepisce tali principi ed in seguito predispone il decreto legge 19 ottobre 1992 n.409, aderendo alla giurisprudenza della Corte Costituzionale che attribuisce efficacia diretta delle sentenze della Corte di Giustizia nell’ordinamento interno dello Stato membro.

Come vedremo nel corso della trattazione, il vero provvedimento di riordino e riassetto normativo in materia portuale sarà la Legge 84/94, che rappresenta un’importante tappa normativa per la creazione di un sistema di gestione dei porti e dei traffici commerciali in un regime di libera concorrenza e di libero mercato.

2.La prassi della Commissione a conferma dell’applicazione dei principi della libera attività economica anche nel settore portuale

Anche la Decisione della Commissione del dicembre 199322 conferma l’applicazione dei principi della libera attività economica e della tutela della concorrenza nel settore portuale.

Il caso Sea Containers / Stena Stealink nasce a seguito di una denuncia presentata dalla società di trasporti marittimi Sea Containers nei confronti di Stena Sealink Ports e Stena Sealink Line per presunta violazione dell’art 86 del Trattato.

Sea Containers è una società con attività principale la vendita ed il noleggio di forme speciali di container marittimi da carico e la gestione dei porti di sua proprietà e, attraverso la sua controllata Sea Containers Ferries Limited, la Compagnia fornisce servizi di traghetto per passeggeri, auto e merci.

Stena Sealink Ports, società titolare e gestore del porto di Holyhead, e Stena Sealink Line, società con attività principale la gestione dei servizi di traghetto tra il Regno Unito, l’Irlanda e la Francia, dal 1990 fanno parte del gruppo di compagnie Stena Line AB (“Stena Group“). La denuncia è fondata sul fatto che Stena Sealink Ports avrebbe abusato della propria posizione dominante in qualità di titolare e gestore del porto di Holyhead, in violazione dell’ art 86 del trattato, per aver negato a Sea Containers l’accesso a condizioni ragionevoli ad una infrastruttura essenziale, avvalendosi dei propri diritti di esclusiva per proteggere detta posizione dominante senza motivazione oggettiva. Nella denuncia si asserisce che Stena Sink Line gode di una posizione dominante nel mercato della fornitura di servizi traghetto per passeggeri e auto sulla rotta “corridoio centrale“ tra Regno Unito e

22 Decisione Commissione del 21/12/1993 IV/34689

Irlanda, traendo quindi vantaggio da ogni protezione nei confronti di nuovi concorrenti intenzionati ad accedere al mercato.

Nella denuncia si sostiene inoltre che Sealink non ha adeguatamente separato il proprio ruolo di gestore del porto da quello di esercente di traghetti.

La Commissione in primo luogo ritiene quale unica entità economica, nonostante la separazione giuridica, la società Stena Sealink Ports e la società Stena Sealink Line, controllate dalla holding Stena Sealink. Esamina quindi la denuncia avanzata nei confronti del gruppo societario attivo nella gestione del porto e nel servizio di trasporto Stena Sealink per appurare se tale Gruppo, così come asserito dalla Società ricorrente, abbia abusato della propria posizione dominante in qualità di titolare e gestore del porto di Holyhead per aver negato alla società Sea Containers l’accesso a condizioni ragionevoli ad una infrastruttura o attrezzatura essenziale, avvalendosi dei propri diritti di esclusiva per proteggere la propria posizione dominante senza alcuna motivazione oggettiva.

La società Sea Containers intendeva infatti avviare una linea di traghetti veloci per collegare il porto di Holyhead, in Galles, con il porto di Don Laoghaire, Irlanda, e a tal fine chiedeva alla società Stena Sealink di fornire alcuni servizi, tra cui una rampa di accesso, una passerella passeggeri, un’area di attesa per le auto da caricare.

A fronte di tale richiesta la società Stena Sealink, che stava da tempo effettuando un servizio analogo, adottava una tecnica dilatoria, impedendo di fatto alla concorrente l’uso del porto.

Il mercato in questione è quello della prestazione di servizi portuali per traghetti passeggeri e auto sulla rotta del corridoio centrale e la Commissione ritiene che Stena Link, nella sua veste di autorità portuale, detenesse una posizione dominante sul mercato della fornitura di infrastrutture portuali per i servizi traghetto auto e passeggeri sulla rotta del corridoio centrale tra Regno Unito e Irlanda.

Infatti, in merito alla possibile sostituzione di Holyhead con altri porti, la Commissione rileva che l’unica alternativa sarebbe stata l’effettuazione del servizio da Liverpool, con tempi di navigazione doppi. Pertanto, a giudizio della Commissione, il porto di Liverpool non è sostituibile a quello di Holyhead per i servizi di traghetto passeggeri e auto.

Pertanto Sea Containers non potrebbe introdurre un servizio di traghetti sulla rotta del corridoio centrale se non aumentando sostanzialmente la durata della traversata o costruendo essa stessa un nuovo porto, opzione poco realistica dal punto di vista economico e materiale.

Per quanto riguarda l’abuso di posizione dominante la Commissione ritiene che costituisce abuso ai sensi dell’art. 86 del Trattato il fatto che un‘impresa in posizione dominante in relazione ad una infrastruttura essenziale utilizzi essa stessa tale infrastruttura e ne rifiuti l’accesso ad altre imprese senza ragioni oggettive o la conceda solo a condizioni meno favorevoli di quelle praticate per i propri servizi.

Costituisce abuso ai sensi art.86 Trattato il fatto che il proprietario di un‘infrastruttura essenziale si avvalga del potere detenuto su un mercato per proteggere o rafforzare la propria posizione in un mercato vicino, in particolare rifiutando o concedendo l’accesso a un concorrente a condizioni meno favorevoli di quelle praticate per i propri servizi, ed imponendogli pertanto uno svantaggio in termini di competitività.

La Commissione afferma che la denuncia riguarda l’accesso ad un porto il cui mercato geografico costituisce una parte importante del mercato comune in quanto quel porto assicura uno dei principali collegamenti tra due Stati membri, il Regno Unito e l’Irlanda.

Il rifiuto di concedere a Sea Containers l’accesso alle infrastrutture portuali di Holyhead su basi eque per consentirle di avviare un servizio di traghetti, con le conseguenze relative sulla situazione della

concorrenza esistente nel mercato dei trasporti marittimi del Mare d’Irlanda, a giudizio della Commissione è tale pertanto da esercitare un effetto diretto sugli scambi tra Stati membri.

3. Le ricadute sull’ordinamento italiano: la Legge 84/94 di