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La cultura organizzativa come variabile strategica per la gestione dell'impresa

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Academic year: 2021

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INDICE

INTRODUZIONE...3

CAP. 1 LA CULTURA ORGANIZZATIVA ...6

1.1 Definizione ed origine della cultura organizzativa ...6

1.2 I livelli della cultura: gli artefatti, i valori, gli assunti di base ... 11

1.3 Funzione ed obiettivi della cultura organizzativa nel sistema impresa ... 16

CAP. 2 CULTURA ORGANIZZATIVA E COMUNICAZIONE INTERNA... 18

2.1 Il ruolo della leadership ... 18

2.1.1 Il leader nelle fasi evolutive della storia dell’organizzazione ... 20

2.1.2 Il leader e il cambiamento della cultura ... 22

2.1.3 Le qualità ricercate nel leader ... 23

2.1.4 La motivazione dei membri dell’organizzazione ... 25

2.2 Meccanismi di apprendimento e di trasmissione della cultura ... 29

2.2.1 Meccanismi primari e secondari di trasmissione della cultura ... 30

2.3 Modelli di culture organizzative... 35

2.4 Il tessuto simbolico come veicolo di espressione della cultura ... 40

2.4.1 Il simbolo ... 41 2.4.2. Il linguaggio ... 41 2.4.3 L’ideologia ... 42 2.4.4 Il rituale ... 42 2.4.5 La saga ... 43 2.4.6 La storia ... 43 2.4.7 La metafora ... 43 2.4.8 Il mito ... 44

2.5 I valori organizzativi: etica aziendale e la Carta dei valori ... 44

2.5.1 La genesi dei valori ... 45

2.5.2 L’etica nelle organizzazioni ... 46

2.5.3 La Carta dei Valori... 50

CAP. 3 COMUNICAZIONE ESTERNA E VANTAGGIO COMPETITIVO ... 52

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3.2 La corporate identity ... 54

3.2.1 Il processo di identificazione dei membri dell’organizzazione ... 57

3.2.2 Le cross-culture ... 61

3.2.3 Le cinque identità organizzative ... 63

3.3 La corporate image ... 66

3.4 Il rapporto tra la cultura e la performance economica. ... 73

3.5 I fattori critici di successo ... 75

CAP. 4 METODI DI RILEVAZIONE E DI VALUTAZIONE DELLA CULTURA AZIENDALE ... 78 4.1 Le ricerche di mercato ... 83 4.2 Il campionamento ... 84 4.3 L’analisi qualitativa ... 86 4.3.1 Il focus group ... 87 4.3.2 L’osservazione partecipante ... 89 4.3.3 Il colloquio-intervista ... 90

4.3.4 L’analisi dei documenti ... 94

4.4 L’analisi quantitativa ... 95

4.4.1 L’inchiesta campionaria ... 95

4.4.2 Le interviste telefoniche e face to face ... 96

4.4.3 Il questionario ... 96

CONCLUSIONI ... 99

BIBLIOGRAFIA ... 102

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INTRODUZIONE

Nel corso degli anni la società è stata attraversata da profondi cambiamenti economici e sociali, a seguito dei quali si è assistito a significativi mutamenti sulla vita quotidiana, sui processi di consumo e sul rapporto tra prodotti, imprese e clienti, con rilevanti conseguenze sulle organizzazioni, ritrovatesi di fronte all’esigenza di analizzare e comprendere quali siano le modalità più efficaci per gestire il dinamismo e la complessità dell’ambiente in cui operano. Cresce la consapevolezza della necessità di conoscere ed intervenire sulle basi culturali e valoriali che sostengono ed orientano le scelte e l’agire del management e dell’intero sistema organizzativo, al fine di assicurare sopravvivenza e sviluppo.

Al cambiamento sociale è, quindi, corrisposto un cambiamento organizzativo, che ha portato le imprese a lavorare con maggiore flessibilità e capacità di adattamento.

Alcuni degli aspetti relativi ai processi di cambiamento che coinvolgono le organizzazioni sono osservabili con maggiore immediatezza, quali, ad esempio, l’ingresso dell’impresa in un mercato competitivo, l’obiettivo di raggiungere maggiore efficienza nella gestione delle attività, l’innovazione tecnologica, nonché la riprogettazione dell’organizzazione stessa. Si tratta di variabili “hard” dell’impresa, ossia tangibili, le quali rappresentano certamente risorse strutturali e strategiche che necessitano di essere amministrate in modo adeguato, poiché da esse può dipendere la sussistenza stessa dell’impresa. Le variabili “hard” sono supportate da una base di variabili “soft”, intangibili, le quali pur essendo meno evidenti, sono da considerarsi altrettanto indispensabili. Rientrano in questa categoria le risorse umane, le relazioni che intercorrono tra le persone, lo stile della leadership, la filosofia dell’organizzazione, i valori condivisi.

Ogni impresa costruisce, sviluppa e diffonde al proprio interno un particolare clima e una specifica cultura organizzativa. Diviene fondamentale il modo in cui ciascun componente dell’organizzazione vive la propria “appartenenza”

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4 all’organizzazione stessa. Per le imprese, cultura, identità ed immagine sono elementi estremamente importanti.

Le imprese possono avvalersi della cultura come strumento per rafforzare il livello di cooperazione e di integrazione interna, nonché di identità collettiva, ed anche come risorsa che permette di trasmettere un tipo di comunicazione verso l’esterno che possa essere percepita come unica e differente rispetto a quella delle altre imprese presenti sul mercato.

Per poter raggiungere questo obiettivo è indispensabile esaminare e comprendere il concetto di “cultura organizzativa”, il ruolo cruciale che può svolgere per l’impresa, il modo in cui si compone, le modalità con cui si può propagare tra i membri dell’organizzazione e il suo impiego strategico da parte del management per gestire ed orientare la vita all’interno dell’impresa. Analizzare l’impresa dal punto di vista culturale significa occuparsi di un tema che in teoria si mostra decisamente astratto e quasi privo di contenuti significativi, ma che in pratica risulta essere un fattore organizzativo di dimensioni vastissime, spesso non facilmente osservabile né governabile, e presente nell’intera organizzazione in tutti i suoi settori.

Una volta raggiunto un certo livello di consapevolezza relativo alle caratteristiche culturali aziendali, sarà possibile tracciare e definire quella che è la personalità dell’impresa e la sua conseguente identità; attraverso quest’ultima si potranno pianificare gli obiettivi comunicazionali che si vorranno raggiungere al momento di rivolgersi verso l’esterno, nonché il modo più opportuno e coerente attraverso cui comunicarli. Il risultato di questo lungo processo porterà alla creazione dell’immagine aziendale e di un preciso corporate brand, che porti ad una corrispondenza tra i valori che l’azienda intende trasmettere e quelli che i soggetti esterni percepiscono. Nel primo capitolo di questa tesi, si cerca di definire il concetto di cultura organizzativa. Viene quindi illustrata l’analisi condotta da Schein, considerato uno dei massimi studiosi dell’argomento, circa l’identificazione di quelli che egli stabilisce essere i tre livelli della cultura, ed, infine, le funzioni e gli obiettivi di una cultura efficace.

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5 Nel secondo capitolo si vanno a di considerare gli aspetti dinamici della cultura organizzativa, dalla sua nascita fino al suo cambiamento, soffermandosi sugli strumenti e le tecniche adoperate per la diffusione e la permeazione della cultura, in modo particolare la presenza di una leadership efficace, capace di motivare le risorse umane.

Vengono quindi illustrate alcune tipologie di modelli di configurazioni culturali, per concludere poi il capitolo soffermandosi a riflettere sull’etica, intesa sia come punto di riferimento per i membri operanti nell’impresa, sia come strumento di comunicazione e rendicontazione verso l’esterno.

Nel terzo capitolo, viene preso in esame il grado di identificazione dei componenti dell’impresa, nonchè gli aspetti e le problematiche relative alla gestione della cultura nel momento in cui sono presenti delle sottoculture all’interno dell’organizzazione.

Vengono poi descritte le varie identità organizzative che si possono sviluppare e la loro gestione, ed anche l’immagine dell’impresa al suo interno e nell’ambiente in cui sceglie di operare.

Vengono, infine, analizzati gli effetti, in termini di performance economica, di una cultura efficace.

Nel quarto ed ultimo capitolo, si cerca di descrivere alcuni metodi di indagine e di valutazione della cultura.

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CAP. 1 LA CULTURA ORGANIZZATIVA

1.1 Definizione ed origine della cultura organizzativa

Definire in modo preciso ed assoluto il concetto di cultura organizzativa non è semplice: sono numerose le sfaccettature, le prospettive da cui può essere considerata, e ciascuna di esse fornisce altrettante interpretazioni, tali da rendere difficile la costruzione di un periodo che le riassuma tutte in modo esaustivo.

L’espressione “cultura organizzativa” si rifà all’espediente linguistico della giustapposizione, consistente nell’accostamento di due termini allo scopo di creare un’idea che nessuno dei due sarebbe in grado di esprimere senza l’ausilio dell’altro. I concetti di cultura e di organizzazione sono infatti legati da un filo ben saldo, poiché la cultura costituisce un’importante variabile nello studio delle organizzazioni.1

Col termine “cultura” ci si riferisce al patrimonio di conoscenze acquisite e maturate da ciascun individuo, alla sua formazione, nonché all’insieme di conoscenze, di credenze, di convinzioni e di comportamenti maturati e trasmessi tra gli uomini di generazione in generazione. La cultura viene definita quindi come quell’insieme complesso di sapere che include non solo la conoscenza e le credenze, ma anche l’arte, il diritto, la morale, i costumi e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo in quanto membro di una società.

Quando ci si riferisce ad un’organizzazione, col termine “cultura” si intende l’insieme di norme, valori, credenze che fanno parte integrante dell’organizzazione medesima.

Le organizzazioni sono entità sociali complesse costruite al fine di raggiungere determinati obiettivi. Un’organizzazione nasce ogni volta che due o più persone si accordano per mettere insieme risorse, lavoro, conoscenze per

1 Van Maanen J., Barley S.R., L’organizzazione culturale: frammenti di una teoria, in Gagliardi P., Le imprese come culture. Nuove prospettive di analisi organizzativa, ISEDI, Torino, 1995, p. 46

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7 ottenere qualcosa che difficilmente si potrebbe ottenere individualmente. In seguito alla costituzione di tale gruppo di persone, esse si ritroveranno ad affrontare gli stessi problemi e a cercare di elaborare delle soluzioni efficaci ed efficienti: ci si trova nel contesto base per la formazione della sua cultura. Come la definisce Pettigrew “la cultura è appunto il sistema di significati pubblicamente e collettivamente accettati, operante per un gruppo determinato in un momento determinato”.2

Solitamente la cultura organizzativa nasce dalle idee, dalle credenze della persona che fonda l’organizzazione, e che vengono trasmesse nel corso degli anni al suo interno.

Schein afferma che “La cultura viene creata in prima istanza dall’operato del leader e dai leader viene trasmessa e rafforzata”.3

La cultura organizzativa è l’insieme di temi fondamentali, concetti, valori, ideologie, conoscenze e modi di pensare che sono interiorizzati e condivisi dai membri di un’impresa; racconta il modo in cui l’individuo può orientare il proprio agire all’interno dell’organizzazione, stabilendo così quali comportamenti possono essere considerati appropriati. È un processo dinamico attraverso cui i significati vengono costruiti, distrutti (ove dovesse essercene bisogno) e ricostruiti, mediante azioni e decisioni individuali e collettive definite sulla base di un confronto e di un continuo scambio intersoggettivo tra gli attori.

Oggi il termine cultura riferito all’organizzazione è utilizzato con molteplici accezioni: per indicare i valori dominanti di un’impresa, le norme che si affermano e si sviluppano nei gruppi di lavoro e nell’interazione tra i membri componenti; i modelli di comportamento utilizzati con regolarità e frequenza come, ad esempio, il linguaggio e i rituali comportamentali; le linee guida per orientarsi e crescere all’interno dell’organizzazione che i nuovi assunti devono

2 Pettigrew, A. M., On studying organizational cultures, Administrative Science Quarterly, 1979, Traduz. it. Cultura organizzativa: una famiglia di concetti, in Gagliardi, P., op.cit., p. 58.

3 Schein E. H., Cultura d'azienda e leadership, Edizioni Angelo Guerini e Associati, Milano, 1990, p.301

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8 apprendere per essere accettati come membri; l’atmosfera, il clima che l’impresa comunica attraverso la forma e le modalità di interazione tra i membri e i soggetti esterni.

Come precedentemente accennato, la vastità del tema e gli svariati possibili punti di vista con cui osservare la cultura organizzativa hanno fatto sì che diversi autori, negli anni, ne formulassero numerose definizioni. Di seguito alcuni esempi:

“è fatta di simbologie, credenze e modelli di azione appresi, prodotti e ricreati dalla gente che dedica energia e lavoro alla vita dell’organizzazione. È espressa nella progettazione dell’organizzazione e delle attività lavorative”4

“specifico "modello di comportamento", improntato da specifici modi di essere e relazionarsi con gli altri (capi, colleghi, subordinati, esterni, ecc.). […] le culture organizzative si riferiscono alla tipizzazione dei processi di comunicazione tra le persone che lavorano, alle modalità di funzionamento effettivo dell’organizzazione, agli stili di gestione, al "clima””5

Avallone e Farnese, per identificare la cultura organizzativa, hanno cercato di individuare un sistema di significati comuni (variabili) che caratterizzano un’impresa e che ne consentono la distinzione da un’altra.

I fattori presi in considerazione si riferiscono principalmente: 6

 l’ambito ed i limiti dell’autonomia individuale riconosciuta ai singoli operatori;

 i comportamenti usati regolarmente nell’interazione tra le persone, il linguaggio, i rituali comportamentali;

 le modalità della presa di decisione;

4 Alvesson M., Berg P. O., L'organizzazione e i suoi simboli, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1993, p.11

5 Bellotto M., Trentini G., Culture organizzative e formazione, FrancoAngeli, Milano, 1990, p.64 6 Avallone F., Farnese M.L., Culture organizzative, Guerini Studio, Milano, 2005, p.21

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9  le norme, i valori dominanti, la filosofia e le politiche aziendali;

 il sistema di premi e punizioni;

 le regole del gioco, i trucchi del mestiere che un nuovo membro deve apprendere per essere accettato all’interno di un’organizzazione;

 la tolleranza del conflitto, delle diversità e dell’innovazione;  i criteri e gli stili di gestione e di controllo;

 la sensazione o atmosfera che l’organizzazione comunica tramite l’aspetto e le modalità di interazione tra i membri dell’organizzazione ed i clienti o altri esterni.

Queste definizioni, e moltissime altre ancora, tentano di tracciare un profilo della cultura aziendale, ma nessuna rispecchia ciò che può essere definito come l’"essenza" della cultura stessa. Essa va a toccare il livello più profondo, quello degli assunti di base e delle convinzioni condivise, che costituiscono, per i membri del gruppo, le risposte assimilate, interiorizzate e ormai radicate poiché ritenute fondamentali per sopravvivere nell’ambiente esterno e per superare i problemi di coesione e integrazione interna.

Secondo una definizione ormai classica formulata da Schein, la cultura organizzativa è:

“un insieme di assunti di base – inventati, scoperti o sviluppati da un determinato gruppo quando impara ad affrontare i propri problemi di adattamento con il mondo esterno e di integrazione al suo interno – che si è rilevato così funzionale da essere considerato valido e, quindi, da essere indicato a quanti entrano nell’organizzazione come il modo corretto di percepire, pensare e sentire in relazione a quei problemi.”7

Assunti di base, valori e significati condivisi dai membri dell’organizzazione sono il risultato dell’esperienza di un gruppo, ovvero le risposte apprese dai

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10 membri per perdurare sia ai cambiamenti dell’ambiente esterno, sia al processo di integrazione interna.

Il riferimento è, dunque, al complesso unitario di credenze, di regole esplicite ed implicite, di modelli di comportamento, appropriati per la sopravvivenza, per il miglior inserimento e per l’affermazione dell’organizzazione nell’ambiente.

La cultura in un’organizzazione è quindi una sorta di ossatura, le fondamenta sulle quali costruire e sviluppare punti di vista, scelte organizzative da intraprendere; riguarda il livello più profondo dell’agire individuale o di gruppo, rappresenta un filo conduttore che rende evidenti fenomeni che ad una prima analisi possono sembrare irrazionali o ingiustificabili; essa funge da spiegazione generante.

Alla luce di queste considerazioni, oggi è unanime il riconoscimento dell’importanza della cultura organizzativa per il successo di un’impresa. La sua rilevanza è molto cresciuta negli anni, in uno scenario globale in cui è indispensabile per l’impresa possedere requisiti di coesione ai fini dell’efficienza interna ed anche dell’apparire e dell’inserirsi nell’ambiente esterno.

La cultura aziendale apporta sostegno alle persone nel processo di interiorizzazione delle modalità di lavoro necessarie ad affrontare le svariate e nuove responsabilità, incoraggia ad agire con interesse e coinvolgimento, e a far proprio un atteggiamento manageriale sempre più indirizzato ad operare in una logica progettuale e orientato al raggiungimento di obiettivi ed al perseguimento di risultati. E’ un potente strumento di gestione, un raccordo fondamentale tra l’interrelazione tra le risorse umane interne all’azienda ed i soggetti esterni con cui essa si rapporta.

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1.2 I livelli della cultura: gli artefatti, i valori, gli assunti di base

Come già precedentemente affermato, la cultura all’interno di un’organizzazione è rappresentata dall’insieme di valori, opinioni, conoscenze e modi di pensare che sono condivisi dai vari membri dell’impresa e che vengono tramandati ai nuovi membri come esemplari. Essa rappresenta la parte non scritta dell’organizzazione.

Quando bisogna realizzare nuove strategie o programmi la cultura mostra la sua influenza sull’organizzazione.

La cultura comprende elementi visibili ed invisibili: ciò che risulta visibile è una porzione minima rispetto a ciò che non è visibile ma che ne rappresenta la componente principale, in quanto nucleo generatore degli elementi visibili. Questi ultimi sono espressione di valori più profondi, radicati nei pensieri dei membri dell’organizzazione sotto forma di assunti, opinioni, processi mentali, sentimenti, credenze.8

Figura 1 – I livelli della cultura aziendale (Fonte: Daft R.L., Organizzazione aziendale, Apogeo, Milano, 2001, p.330)

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12 Risulta utile a questo punto il lavoro di Schein, relativo ai cosidetti tre livelli che compongono la cultura d’impresa:

 Artefatti  Valori

 Assunti di base

Gli artefatti costituiscono il livello più tangibile e superficiale della cultura organizzativa: tra questi Schein include l’ambiente fisico e sociale dell’organizzazione, la tecnologia, le creazioni e le espressioni artistiche, i comportamenti manifesti dei membri dell’organizzazione, il linguaggio scritto e parlato.

Volendo analizzare alcuni degli artefatti più comuni e significativi bisogna indubbiamente citare i riti e le cerimonie: rappresentano attività collettive, elaborate e pianificate che costituiscono un evento speciale, ad elevato coinvolgimento emotivo, e sono spesso svolte a beneficio di un pubblico, aventi come fine ultimo l’attuazione di valori ritenuti fondamentali e quindi da condividere. Esempi pratici di tali tipologie rituali possono essere i riti di passaggio, come le cerimonie di presentazione di nuovi dipendenti; i riti di esaltazione, come le premiazioni del migliore venditore del mese; i riti di integrazione, come le cene di Natale.

Forme tipiche di artefatti sono inoltre le storie: aneddoti basati su eventi reali che circolano con frequenza tra i dipendenti dell’impresa e che sono tramandate ai nuovi membri per fornire loro informazioni sui modelli valoriali e comportamentali dell’organizzazione. Spesso risultano essere combinazione di finzione e verità: maggiore è la verità e più si tratta di storie, se invece prevale la finzione, si parla di “mito”.

Gli artefatti non sono di difficile individuazione, tuttavia può risultare complicato decifrare il loro significato, il modo in cui si collegano tra loro, quali modelli più profondi riflettono. Consentono di descrivere il fenomeno culturale, ma non aiutano alla comprensione delle motivazioni profonde che determinano i comportamenti organizzativi.

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13 Attraverso essi possiamo quindi descrivere “come” un gruppo costruisce il suo background e a “quali” modelli di comportamento fa riferimento, senza però spiegare il “perché” di tali azioni.

Un altro strumento per interpretare la cultura è rappresentato dai simboli, ovvero tutti quegli oggetti, comportamenti, rapporti o strutture linguistiche in grado di esprimere ed evocare una molteplicità di significati, di suscitare emozioni e di condurre i membri di un gruppo ad assumere certi atteggiamenti e modi di agire. Ne sono esempi il modo di salutare, di parlare, di relazionarsi con gli altri.

Il linguaggio (verbale e non) influisce sul processo di comunicazione, sulle modalità di percezione, di pensiero e di identificazione.

Il simbolo è qualcosa che ne rappresenta un’altra. In un certo senso anche i riti, le cerimonie e le storie lo sono, ma ne esistono anche di fisici, quali la forma degli edifici, l’arredamento e la disposizioni dei locali, le divise dei membri dell’impresa. (Per esempio, sempre più spesso negli uffici vengono eliminati muri e stanze individuali, sostituiti da ampi spazi aperti e vetrate, così da simboleggiare l’impegno dell’azienda nei confronti dei valori di apertura, uguaglianza e trasparenza).

Bisogna in ogni caso prestare attenzione all’interpretazione di questi artefatti, spesso influenzata da impatti emotivi. Non basta, insomma, andare in giro e osservare per comprendere gli aspetti culturali di un’organizzazione, bensì bisogna essere in grado di parlare con chi vi lavora e porre domande su quanto si osserva e si percepisce.

Ciò conduce al successivo livello di cultura: i valori.

I valori sono identificabili come convinzioni durature sui modi di agire e sulle loro conseguenze: convinzioni scaturite dall’attribuire importanza a determinate scelte originarie, effettuate per esempio dai fondatori dell’organizzazione. Scelte che in passato hanno ridotto il grado di incertezza e l’ansia del fallimento.9 Si tratta di esperienze che attraverso processi di trasformazione cognitiva e di consenso sociale, diventano convinzioni, idee alle quali si fa riferimento in modo automatico, codici morali o etici utilizzati

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14 più o meno inconsciamente per stabilire ciò che è giusto o sbagliato. Col passar del tempo i valori si radicano e diffondono tra i membri dell’impresa al punto tale che acquisiscono un requisito di collettività che indebolisce il ricordo dell’origine individuale, estendendo gli stessi valori in modo capillare ed eterogeneo, integrato nell’organizzazione.

Essi vengono usati, quindi, per esprimere ciò che i membri dichiarano essere gli ideali che stanno alla base delle ragioni del proprio comportamento. Anche in questo caso, però, le spiegazioni più profonde di tale comportamento restano nascoste o inconsce, non consapevoli.

Spesso i membri del gruppo attribuiscono ai valori una funzione normativa, utilizzandoli come una sorta di modello di comportamento desiderato, mentre altre volte li chiamano in causa per dare spiegazioni socialmente condivisibili e accettabili riguardo a determinati comportamenti, essendo essi elementi espressamente approvati dalla cultura organizzativa di riferimento.

Un esempio di valore potrebbe essere quello del dare la priorità alle esigenze del cliente, prima di qualsiasi altro fattore o problema. O ancora, esempi come la responsabilità, la lealtà, il rispetto per le differenze, la creatività, il teamwork.

I valori sono difficili da osservare direttamente, e spesso è necessario dedurli intervistando i membri chiave dell’organizzazione, o analizzando il contenuto di documenti o statuti.

Quando un gruppo affronta una nuova incombenza, la prima soluzione proposta può solo avere lo status di valore, poiché non si è ancora costituita una base comune per porsi di fronte alla realtà effettiva. Nel momento in cui i valori si dimostrano efficaci per la soluzione dei problemi aziendali e sono quindi utilizzabili ripetutamente con successo, essi entrano a fare parte degli assunti di base, ovvero subiranno una “trasformazione cognitiva”: svaniranno dalla sfera della consapevolezza e si trasformeranno in una convinzione implicita, ossia un assunto di base dato per scontato, valido nel tempo e per il quale i membri troveranno non accettabile, in quanto non coerente, qualsiasi azione basata su presupposti differenti.

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15 Gli assunti di base non sono in alcun modo opinabili, poiché godono di tale considerazione all’interno di un gruppo che, per i membri del gruppo stesso, sarebbe inconcepibile agire in base ad altri presupposti. Gli assunti non si prestano al paragone, né alla discussione. Essi sono considerati la vera essenza della cultura e sono dati talmente per scontati da non risultare più riconoscibili consapevolmente (artefatti e valori sono ritenuti invece loro manifestazioni).

Essi rappresentano il nucleo profondo e centrale della cultura. Un insieme di convinzioni scontate, invisibili, inconsapevoli che orientano il comportamento e danno indicazioni su come percepire, pensare, sentire e intervenire nella realtà, su come cioè affrontare le questioni fondamentali per la sopravvivenza.

Tipici assunti di base di un organizzazione, o meglio argomenti riguardo ai quali si sviluppano assunti di base, sono:

 I rapporti del genere umano con la natura: il ruolo dell’organizzazione rispetto all’ambiente fisico e socioculturale (dominante, sottomesso, ecc.).  La natura della realtà e della verità: i criteri ed i processi di costruzione del

reale e di determinazione di ciò che si considera vero, fondato.

 Le concezioni sulla natura dell’uomo: assunzioni su cosa significa essere “umani” e quali attributi sono considerati impliciti o determinati (cattiveria, bontà, ecc.).

 Il valore ed il significato dell’attività lavorativa: valutazione dell’apporto umano al contesto lavorativo, investimento in personale, rilevanza della soggettività lavorativa, attività, passività, autonomia, partecipazione.

 La concezione degli stili di convivenza interumana e dei rapporti personali: cooperazione, competizione, individualismo, carisma, consenso ed autorità ne rappresentano esempi ricorrenti.

Altri esempi di assunti possono essere l’anticonformismo e l’informalità o, viceversa, un forte rispetto dell’autorità formale.

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16 Non tutti gli assunti di base di un gruppo possono essere tra loro compatibili: omogeneità e coerenza sono qualità presenti nelle organizzazioni che hanno una cultura forte, che possiede uno schema di assunti tra loro articolati in modo armonico e privo di contraddizioni. Al contrario, culture non ancora completamente formate o conflittuali al proprio interno, saranno caratterizzate dal disordine o dall’assenza di propri assunti di base.

Il punto debole degli assunti di base è il fatto che, talvolta, questi possono essere talmente radicati da ostacolare l’organizzazione nei casi di necessità di cambiamento. Comportano infatti una sorta di resistenza alla trasformazione, spesso addirittura negando il bisogno palese di apportare strategie di cambiamento e nuovo adattamento all’evoluzione degli scenari e dell’ambiente in cui l’impresa è inserita.

1.3 Funzione ed obiettivi della cultura organizzativa nel sistema

impresa

Come già visto, le funzioni della cultura sono molteplici: essa permette di diffondere norme, valori ed etica, indispensabili per l’organizzazione.

Le convinzioni e i valori denotano il sistema delle interpretazioni adottate dai membri dell’organizzazione rispetto ai fenomeni interni ed esterni ad essa. In particolare, le credenze consentono all’individuo di orientarsi nell’interpretare ciò che è vero e ciò che è falso. I valori etici sono giudizi legati alla sfera morale, che indicano all’individuo o al gruppo cosa è giusto e cosa è sbagliato.

Ogni cultura organizzativa porta alla creazione di modelli cognitivi unici e riconoscibili, che consentono la formazione di significato e l’interpretazione degli eventi, nonché di modelli di risposta emotiva, che influenzano il grado di appartenenza e coinvolgimento nell’organizzazione.

La cultura organizzativa, congiuntamente, ad esempio, ai sistemi informativi e di controllo, e alle tecnologie produttive, è dunque uno degli elementi tramite i quali possono essere realizzate le strategie organizzative. Inoltre,

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17 come visto, permette una coesione mentale ed emotiva tra le persone che fanno parte dell’organizzazione, basata sulla condivisione dell’importanza di determinati valori. Questa è una funzione molto importante, tanto che spesso la cultura organizzativa viene definita come il collante delle organizzazioni. Una cultura d’impresa forte può avere un grande impatto sulle performance di un’organizzazione. Ciò spiega perché è molto importante che la cultura sia consolidata, e che coinvolga i membri dell’organizzazione al punto tale che questi siano orgogliosi di appartenervi.

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CAP. 2 CULTURA ORGANIZZATIVA E

COMUNICAZIONE INTERNA

2.1 Il ruolo della leadership

Come detto nel precedente capitolo, le organizzazioni non nascono casualmente, bensì attraverso la formazione di un piccolo gruppo costituito a seguito della convinzione, di uno o più individui, che un’azione coordinata e concentrata di un certo numero di persone possa far pervenire a qualcosa a cui non porterebbe l’azione di un singolo. Quando questo gruppo affronta simultaneamente il medesimo problema, dovendone elaborare al tempo stesso una soluzione, ci si trova nel contesto base per la formazione della sua cultura.

La cultura può essere dunque definita come il risultato dell’apprendimento del gruppo. Questo procedimento di base richiede una definizione condivisa del problema e, in seguito, un riconoscimento anch’esso condiviso del fatto che ciò che è stato studiato, progettato e sviluppato al fine di ovviare a tale problema, ha successo e (salvo cambiamenti esterni) continuerà ad averlo.

I fondatori dell’organizzazione generalmente esercitano un’elevata influenza sulla composizione e, soprattutto, sulla foggiatura del gruppo. Il loro background culturale e la loro personalità avranno certamente un ascendente tale da condizionare il modo di affrontare i problemi di adattamento esterno e di integrazione interna, l’elaborazione delle soluzioni e, naturalmente, i risultati.

“I fondatori non solo hanno una grande fiducia in loro stessi e una grande determinazione, ma hanno anche, solitamente, degli assunti forti sulla natura del mondo, sul ruolo che le organizzazioni svolgono al suo interno, sulla natura della natura

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19 umana e dei rapporti umani, sul modo in cui si perviene alla realtà

e sul modo di gestire il tempo e lo spazio”10

I fondatori, pertanto, sono gli artefici degli aspetti più tangibili e razionali dell’impresa (strutture, tecnologie etc.), nonché i diretti responsabili di simboli, ideologie, linguaggi, convinzioni, miti e rituali, ovvero degli aspetti immateriali sui quali si fondano le componenti culturali ed espressive della vita organizzativa.

Non si tratta però di manipolare e uniformare in maniera rigida e rigorosa gli atteggiamenti e il comportamento del personale dell’impresa, controllandone idee e valori, costringendoli verso un’unica possibile via, e costruendo così un’organizzazione dittatoriale e totalizzante. Lo scopo è invece quello di fornire un orientamento guida, dei criteri generali per l’azione, cercando di spiegare, tramandare e far interiorizzare quella che è la filosofia dell’impresa. Si cercano di trasmettere le strategie e le modalità più adeguate per il raggiungimento degli obiettivi prefissati, a patto che siano sempre in sintonia con l’anima dell’organizzazione, e fornendo così a tutti la visione complessiva della realtà aziendale.

Solo il coinvolgimento di tutti i membri dell’impresa, e il loro conseguente impegno, potrà portare al successo.

Questa sensibilizzazione e partecipazione non è spontanea e dovrà essere sollecitata e ottenuta da manager e imprenditori. Come sostiene Schein: “la cultura viene creata in prima istanza dall’operato del leader e dai leader viene trasmessa e rafforzata”11.

Il leader ha il compito fondamentale di “educare” i dipendenti alla cultura, definendo gli obiettivi dell’organizzazione e la sua mission, e sforzandosi di raggiungerli attraverso la trasmissione di valori e metodologie adeguate.

10 Schein E. H., Op. Cit., p.208 11 Ivi, p.301

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20 Si può affermare quindi che “la leadership e la cultura aziendale, se esaminate attentamente, sono le due facce di una stessa medaglia”12.

Il management non dovrà tentare di imporre rigidi ordini e singole disposizioni, bensì si impegnerà per dare criteri di orientamento e linee-guida di comportamento. Ciò sarà possibile solamente se il leader possiederà una forte capacità comunicativa.

2.1.1 Il leader nelle fasi evolutive della storia dell’organizzazione

Schein (1990) delinea le principali funzioni dei leader nei diversi momenti della storia dell‘organizzazione:

1. La leadership nella creazione della cultura

Nella fase della genesi dell’organizzazione, la leadership formula e trasmette i propri assunti, definisce la mission e gli obiettivi. “Il leader ha bisogno di lungimiranza e abilità per presentare chiaramente la cultura e per rafforzarla”.13

Col contributo derivante dalle esperienze culturali precedenti dei nuovi membri dell’organizzazione, si delineano assunti comuni che si sviluppano maggiormente ogni qual volta che il gruppo affronta e supera dei problemi.

Altra funzione del leader è quella di assorbire e contenere lo stress e gli stati d’ansia nel momento in cui ci si trova ad affrontare delle criticità. Le pressioni e le incertezze in questa fase possono essere talmente frequenti e forti che, se il leader non assolve il compito di attutire l’ansia legata ai rischi, il gruppo potrebbe essere scoraggiato e demotivato al punto di andare incontro ad un possibile fallimento. 2. La leadership nella fase di transizione

12 Ivi, p.29

(21)

21 Ci si trova in una fase più matura, in cui la cultura influenza le strategie, la struttura, i processi ed i comportamenti dei membri dell’impresa.

In questo stadio, emergono nelle organizzazioni sostanzialmente due tipi di modelli:

a) In alcune si sviluppa una cultura piuttosto omogenea, nonostante la crescita a volte consistente dell’impresa;

b) In altre tende a prevalere una differenziazione della cultura, con la nascita di subculture all’interno dell’impresa.

Le subculture possono essere definite come l’aspetto particolare che una cultura assume presso un gruppo di persone, all’interno dell’organizzazione, sufficientemente omogeneo e definito da distinguersi. Nascono quando un gruppo di persone comincia a condividere determinati valori ed assunti che possono rivelarsi diversi da quelli che hanno portato alla nascita della cultura dominante. 14

Il modo in cui i leader gestiscono la cultura in questo stadio dipende dal modo in cui essi interpretano la situazione esistente e dalle scelte che decidono di effettuare per il futuro dell’azienda. La leadership deve soprattutto guidare l’organizzazione a crescere, a evolversi ed a divenire più efficace in futuro, favorendo, in alcuni casi, la diversità culturale, imponendo, in altri, nuovi assunti comuni.

Ad ogni modo, il leader deve “capire come la cultura possa aiutare od ostacolare l’attuazione della missione centrale dell’organizzazione e saper intervenire per realizzare il cambiamento desiderato”.15

3. La leadership in organizzazioni mature

Nell’organizzazione in cui si è sviluppata ed integrata una solida cultura, è la cultura stessa ad indicare quali atteggiamenti siano da ammonire e quali da premiare, nonchè il modo più proficuo per gestire l’autorità ed il potere. Il compito della leadership a questo punto

14 Bodega D., Le forme della leadership, Etas, Milano, 2002, p. 70 15 Schein E.H., Op.cit., p.304

(22)

22 dipende dalla misura in cui la cultura ha aiutato il gruppo ad adattarsi all’ambiente. Se essa ha ostacolato l’adattamento, l’organizzazione dovrà cambiare i propri assunti per sopravvivere. E per farlo dovrà necessariamente essere guidata da qualcuno capace di “infrangere la tirannia della vecchia cultura”.16

Di fronte al bisogno di agire con questo mutamento, si può valutare se far intervenire un leader interno all’organizzazione, nel caso in cui egli sia sufficientemente obiettivo ed acuto nel capire gli elementi della cultura che necessitano di cambiamenti o innovazioni, oppure un leader proveniente dall’esterno. In quest’ultimo caso, egli deve analizzare e comprendere prontamente a che stadio si trova la cultura, gestire abilmente il cambiamento, ridefinirla e indicare i nuovi assunti.

2.1.2 Il leader e il cambiamento della cultura

Come sostiene Gagliardi (1986), il ruolo del leader riguarda sia la formazione che il cambiamento della cultura. L’autore individua tre tipi di cambiamento, in ognuno dei quali il leader ha ruoli differenti:

1. Cambiamento apparente della cultura: in questo caso il cambiamento è superficiale perché l’organizzazione dispone già delle soluzioni da adottare (da ricercare tra gli assunti e i valori di base) e si richiede solo di mettere in atto comportamenti compatibili col sistema valoriale fondante. In questo caso,il leader riesamina e rivisita gli artefatti superficiali, e guida il processo indirizzando le energie verso i nuovi comportamenti.

2. Cambiamento incrementale della cultura: il cambiamento è “intermedio”. Si ha quando si necessita di valori nuovi, ma non antagonisti rispetto a quelli utilizzati sino a quel momento. Si tratta di allargare il ventaglio delle possibilità di azione. Il leader in questo caso deve intervenire sugli assunti di base e creare le condizioni per un’esperienza di successo per integrare e confermare in nuovi valori proposti. Si tratta di una trasformazione, non

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23 di una vera e propria rivoluzione, poiché i nuovi valori coesistono coi vecchi, arricchendo l’organizzazione.

3. Rivoluzione culturale: il cambiamento è profondo. Avviene quando le risorse culturali esistenti non consentono più di affrontare con successo i problemi, per cui divengono necessari nuovi valori da diffondere, antagonisti rispetto a quelli del passato. Occorre quindi un cambiamento radicale dell’identità dell’organizzazione. In questo caso è preferibile affidare il processo ad un leader poco coinvolto nel contesto su cui si deve intervenire, proveniente quindi dall’esterno o appartenente ad una sottocultura finora non prevalente.

2.1.3 Le qualità ricercate nel leader

Schein (1990), sostiene che un leader debba possedere alcune qualità per superare i cambiamenti che l’organizzazione possa superare con successo i cambiamenti che è necessario affrontare:

a) La percezione e la sensibilità. Il leader deve essere in grado di capire il problema, conoscere la cultura e le sue incongruenze. Si tratta di un processo complesso poiché implica la capacità di riconoscere i primi limiti e i propri errori.

b) La motivazione e la capacità. Il leader deve dimostrarsi motivato a risolvere le problematiche legate alla cultura della propria organizzazione e deve avere un’ottima capacità di problem solving. Egli deve avere l’umiltà e il coraggio di comunicare i problemi esistenti avvalendosi, se necessario, dell’aiuto di esterni per assicurare all’impresa un’analisi obiettiva.

c) La forza emotiva. L’affronto del cambiamento richiede una certa sicurezza e stabilità psicologica del leader, il quale deve fungere da catalizzatore dell’ansia che il mutamento comporta e, al contempo, deve incoraggiare e motivare i membri ad affrontare sinergicamente il cambiamento. In questa fase il leader deve dimostrare tutta la propria dedizione ed il proprio impegno, così da manifestare il suo interesse

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24 per il benessere dell’intera organizzazione, pur dovendone, talvolta, compromettere alcune parti.

d) La capacità di cambiare gli assunti culturali. Spetta alla leadership sostituire o ridefinire un assunto ormai obsoleto o inefficace. “I leader devono essere in grado di indurre la ‘ridefinizione cognitiva’, esplicitando e ‘vendendo’ nuove concezioni e nuovi concetti. Devono essere in grado di rivedere e cambiare alcuni degli assunti di base del gruppo”.17

e) La creazione di coinvolgimento e di partecipazione. Il leader deve essere in grado di guidare, orientare i membri, ascoltarli, di coinvolgerli e di mantenere un approccio imperniato sulla partecipazione nei confronti del mutamento.

f) La profondità di visione. Per profondità di visione si intende “la capacità di percepire i fattori culturali sia interni sia esterni, in modo tale che lo sforzo del leader vada alla fine nella direzione giusta, sulla base di una percezione accurata di quello che sta succedendo”.18

Il leader deve possedere una spiccata profondità di visione, riuscendo ad intuire sentimenti che, essendo dati per scontati, non emergono chiaramente. Questo gli consentirà di agire sul livello più profondo degli elementi culturali del gruppo.

A partire dai valori e le credenze che sono stati stabiliti e consolidati, si tracciano quelli che saranno considerati i comportamenti più adeguati da approvare e perpetuare, nonché il modo in cui l’organizzazione deve impostare la propria comunicazione interna al fine di diffondere questi modelli e valori culturali. Giunti a questo punto, dovrebbe essere relativamente semplice capire chi farà parte di questa complessa realtà e della “squadra”, e chi invece, a causa dei suoi comportamenti antagonisti rispetto a quelli collettivamente accettati, dovrà esserne allontanato per non compromettere la stabilità e la forza dell’organizzazione.

17 Ivi, p.307

(25)

25 Il semplice cambiamento di comportamento non è però sufficiente per creare una reale e profonda cultura organizzativa, perché se il comportamento viene solo imposto e non giustificato, nel momento in cui il dipendente si ferma a riflettere e a ragionare circa la sua vera validità e legittimità, può rendersi conto di non condividerlo o di non comprenderlo, ragion per cui potrà decidere di agire diversamente da quanto richiesto. Se, invece, la persona possiede dei punti di riferimento chiari, concreti e inoppugnabili, seguirà le disposizioni proprio perché derivanti da basi convincenti.

Capita, comunque, che i dipendenti si comportino in un determinato modo esclusivamente perché sentono di doversi adeguare agli altri, di non avere alternative, e non perché fondamentalmente ci credono.

In questi casi, utile strumento di orientamento e controllo possono essere i miti e le saghe, adatti, proprio per il loro risvolto morale, a spiegare il “perché” bisogna adottare certi comportamenti e le origini che essi hanno. La loro funzione può essere di grande supporto poiché la morale della storia di cui narrano non è palesemente manifesta, e quindi imposta, bensì è frutto delle conclusioni che ciascuno trae personalmente, secondo il proprio punto di vista, e che pertanto considera proprie.

L’unico problema a riguardo potrebbe sorgere dal fatto che, proprio perché si tratta di deduzioni individuali, le interpretazioni e le morali tratte dalle storie potrebbero essere non convergenti tra di loro. Questo però, avviene raramente perché le storie più importanti e significative che vengono tramandate, contenenti le credenze e i valori ritenuti fondamentali, hanno un significato fortemente univoco e poco si prestano ad errate interpretazioni.

2.1.4 La motivazione dei membri dell’organizzazione

Per influenzare i processi organizzativi e metodologici della propria azienda, il leader utilizza dei meccanismi ben definiti e di forte impatto persuasivo su coloro che vi sono coinvolti (anche se spesso i risultati si possono apprezzare solo sul medio-lungo periodo).

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26 Il sistema migliore per riuscire ad ottenere dalle persone un forte impegno nello svolgere il proprio lavoro, è la motivazione: infatti la principale sfida per ogni leader è quella di riuscire a far sì che le persone svolgano il proprio lavoro con coinvolgimento, giudizio, dinamicità, passione e determinazione. È necessario, quindi, motivare le persone, comprendendo quali processi psicologico/emotivi le portano ad assumere precisi atteggiamenti, ed a perpetuare azioni volontarie, seppur “indotte”, che convergano verso il raggiungimento di obiettivi organizzativi.

La motivazione risulta essere anche il modo più immediato per accogliere e includere un nuovo membro nell’ambiente organizzativo, per fargli conoscere la cultura aziendale e per sensibilizzarlo relativamente ad essa, facendo sì che ne adotti e ne condivida i valori portanti. Focalizzarsi sulla motivazione corrisponde ad interessarsi delle variabili capaci di descrivere la qualità delle relazioni tra gli individui e l’organizzazione e, di conseguenza, i risultati a cui si può auspicare.

Bisogna poi tener presente che non è sufficiente limitarsi a motivare una persona al fine di risolvere i problemi, occorre anche monitorare il suo operato, fare con lui, con una certa frequenza, un resoconto circa il suo andamento e comunicargli oggettivamente la sua performance. Attraverso questi continui feedback, il leader stabilisce anche quali siano le ricompense, materiali o di altro genere, adeguate per supportare il dipendente.19

Al fine di creare un buon clima di lavoro, oltre ai “mezzi” di cui si è parlato precedentemente, il leader deve instaurare con i dipendenti un rapporto diretto, attraverso, per esempio, strumenti interattivi ai quali i dipendenti possono accedere per esporre le proprie impressioni e per ricevere informazioni circa la politica che l’azienda intende seguire per affrontare una data situazione, o riguardo i compiti che devono svolgere. In questo modo, il management può comprendere qual sia la situazione esistente e, eventualmente, quali tipi di modifiche sia necessario adottare, verificandone direttamente (sempre attraverso il feedback) i risultati. Tramite questo contatto diretto, i dipendenti vengono inoltre spronati ed incentivati a

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27 proporre nuove idee da sottoporre alla visione dei dirigenti, i quali premieranno e renderanno effettive quelle che più rispecchiano i valori aziendali e che possono apportare un contributo utile al raggiungimento degli obiettivi.

I leader devono inoltre instaurare un rapporto face to face con i propri collaboratori, parlando con loro, identificandone le lacune riguardo determinate competenze e impegnandosi ad ovviarle con corsi di formazione o di aggiornamento, oppure riconoscendone l’impegno e la buona volontà, che può essere così ulteriormente motivata. Infine, lavorando a stretto contatto, la diffusione della visione del management e della cultura organizzativa che vi sta alla base, verrà sviluppata ed interiorizzata in modo più rapido ed efficace.

Il “controllo” che la cultura consente di esercitare all’interno di un’organizzazione, ha come obiettivo finale la nascita di un profondo modo di pensare e di sentirsi nei confronti dell’azienda stessa.

Schein (1990) afferma che la leadership altro non è che l’abilità di leggere, interpretare e rendere operativa la cultura organizzativa, portando l’impresa verso la consapevolezza della propria identità e conducendo quindi i membri che ne fanno parte a conoscere e possedere tale “forza”.

Il manager deve quindi essere in grado di sviluppare in coloro che fanno parte dell’organizzazione, attraverso la propria personalità e gli strumenti persuasivi di comunicazione interna che ha a disposizione, pareri, sentimenti, atteggiamenti mentali e un certo coinvolgimento, finalizzati all’attuazione di un agire collettivo ordinato e compatto rispetto agli obiettivi e alla cultura dell’azienda.

Il leader, pertanto, deve possedere un evidente orientamento alle persone, una spiccata competenza relazionale e una forte “intelligenza emotiva”, che gli permettano di gestire in maniera adeguata le proprie emozioni, perseguire un obiettivo nonostante le pressioni e le frustrazioni, controllare gli impulsi, modulare gli stati d’animo, gestire il personale valorizzandone le potenzialità e correggendone gli errori.

Le qualità richieste ad un leader possono essere numerosissime: la capacità d’analisi e di sviluppare strategie, la creatività, il carisma, l’entusiasmo, il

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28 risolvere problemi in modo intuitivo, la propensione ad immedesimarsi negli altri e in altre culture, il rispetto, l’ascolto, la fiducia, la passione, l’abilità di gestire le relazioni interpersonali, il diffondere la cultura organizzativa, l’elaborare informazioni. Inoltre, ovviamente, un buon leader deve possedere un’ottima conoscenza degli elementi distintivi dell’impresa, dei suoi punti di forza e di debolezza, e degli obiettivi strategici del vertice, nonché dei vari processi e delle attività che si sviluppano all’interno ed all’esterno dell’organizzazione.

Esiste una sottile differenza tra leadership e management: i leader gestiscono ed i manager guidano. Le due figure non sono necessariamente equivalenti. Certamente spesso tendono a coincidere, ma i manager si occupano più specificatamente delle funzioni legate all’analisi, alla pianificazione, all’organizzazione ed al controllo, mentre i leader gestiscono gli aspetti interpersonali: essi rappresentano la guida, sono fonte di ispirazione per gli altri, incoraggiano e cercano di spronare i collaboratori a muoversi verso un traguardo comune. I leader hanno un ruolo chiave nella formazione della cultura e del piano strategico dell’impresa20.

Il leader mostra il percorso da seguire, dà vita a visioni innovative che possono essere arricchite ed applicate col contributo di ciascun componente dell’organizzazione, riuscendo così a trasmetterle a tutti livelli, e a far emergere il potenziale di ogni membro dell’impresa.

Concludendo, la nascita della cultura, il suo consolidamento, la sua evoluzione ed infine il suo sgretolamento sono fortemente legati alla leadership. Infatti, il leader plasma, trasmette e rafforza la cultura. Quando alcuni assunti culturali non si dimostrano più funzionali o coerenti, è compito della leadership spingere il gruppo a modificarli o ad adottarne dei nuovi. Questo mutamento implica la distruzione consapevole e voluta di alcuni elementi culturali, e questo è uno degli aspetti che rende il ruolo del leader tanto importante quanto difficile.

20 Ivi, p. 298

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29 Il modo in cui i leader gestiscono la cultura dipende dal modo di percepire la situazione esistente e dalle decisioni prese per il futuro dell’azienda; devono soprattutto guidare l’organizzazione a evolversi ed a divenire più efficace in futuro, favorendo, in alcuni casi, la diversità culturale, imponendo, in altri, nuovi assunti comuni. Devono capire come la cultura possa aiutare od ostacolare l’attuazione della missione centrale dell’organizzazione e saper intervenire per realizzare il cambiamento desiderato. Il leader deve fare in modo di rendere il successo un’esperienza visibile e di razionalizzare gli eventi positivi accaduti.

2.2 Meccanismi di apprendimento e di trasmissione della cultura

Schein sostiene l’esistenza di due meccanismi di apprendimento della cultura organizzativa che interagiscono reciprocamente: 21

1. La ricompensa positiva ed il rafforzamento: il modello del successo 2. La riduzione dell’ansia e dell’inquietudine: il modello del trauma sociale Nel primo caso il gruppo prova a mettere in atto varie soluzioni, sino a quando effettivamente si raggiunge la risposta che si cercava, e tenderà, a quel punto, ad applicare quella stessa soluzione finché questa non cesserà di avere successo.

Nel secondo caso, invece, accade che una soluzione che si è dimostrata idonea alla riduzione dell’ansia, venga ripetuta in modo illimitato e automatico, senza verificare se il problema esista ancora o meno.22

È questo il modo in cui nascono i rituali: nascono dal bisogno di evitare una situazione complessa o molto stressante, e poi finiscono per essere mantenuti

21 Schein E.H., (1984a), Verso una nuova consapevolezza della cultura organizzativa, in Gagliardi P., op. cit., p.25

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30 anche quando le cause, per far fronte alle quali sono nati, vengono meno. Evitare l’ansia è infatti, di per se stesso, positivamente rinforzante. 23

Se si intende cambiare un elemento culturale, è importante comprendere a quale delle due tipologie esso appartenga.

Secondo Schein (1984a), gli elementi finalizzati ad evitare una situazione stressante, rispetto a quelli destinati a risolvere i problemi, sono più stabili per la natura stessa del meccanismo di riduzione dell’ansia e per il fatto che i sistemi umani hanno bisogno di un certo livello di stabilità per evitare l’ansia sociale e cognitiva.

In effetti, come già precedentemente illustrato, una delle funzioni cruciali del leader è proprio quella di guidare il gruppo quando il modo tradizionale di agire non è più adeguato per il raggiungimento degli obiettivi dell’impresa ed è necessario apportare un cambiamento culturale. In queste occasioni il leader non deve solo trovare soluzioni innovative o più adatte, bensì deve anche offrire al gruppo il senso di sicurezza che lo aiuterà a tollerare l’ansia derivante dall’abbandono di risposte già note, mentre le nuove sono ancora in fase di sperimentazione e di integrazione.

2.2.1 Meccanismi primari e secondari di trasmissione della cultura

Secondo la tesi di Schein, inoltre, esistono due tipi di meccanismi di comunicazione e persuasione per trasmettere e rafforzare la cultura: uno viene definito primario (o di radicamento) e l’altro secondario (o di rafforzamento).24

o I meccanismi di primaria importanza sono quelli grazie ai quali i leader riescono ad infondere i loro assunti tra i membri dell’impresa, per esempio, attribuendo premi ai collaboratori, plasmando i ruoli, stabilendo i criteri per selezionare il personale, promuovendo e licenziando i dipendenti: essi comunicano sia in modo esplicito che in

23 Schein E.H., Op. cit.,p. 74 24 Ivi, p.78

(31)

31 modo implicito i propri assunti di base. Se non mantengono una posizione ben precisa e chiara, anche i conflitti e le contraddizioni vengono trasmessi e divengono così parte integrante della cultura. o I meccanismi secondari, invece, devono essere necessariamente

coerenti con i meccanismi primari (diversamente, verranno ignorati o costituiranno una fonte di conflitto interno), e si possono individuare nella struttura dell’azienda, nelle dichiarazioni formali della filosofia aziendale, nelle procedure, nel modo in cui si decide di strutturare gli spazi interni ed esterni. Attraverso essi, viene formalizzato quel che viene trasmesso in maniera informale sin dal principio. Sono definiti secondari perché ritenuti più ambigui e soggetti ad un minor controllo, ma possono contribuire a rafforzare notevolmente i messaggi primari, se i leader sono in grado di utilizzarli in modo adeguato.

È importante sottolineare che tutti questi meccanismi trasmettono un modello culturale ai nuovi assunti.

Schein indica alcuni esempi di meccanismi primari: 25

a) gli elementi a cui i leader prestano attenzione, che valutano e controllano regolarmente

b) il modo in cui i leader reagiscono ad incidenti critici ed alle crisi aziendali

c) il modo di designare, insegnare e formare un ruolo d) criteri di assegnazione di premi e status

e) criteri di reclutamento, selezione, promozione, pensionamento e licenziamento del personale

Gli elementi a cui i leader prestano attenzione, che valutano e controllano regolarmente: si tratta di uno dei meccanismi più importanti, poiché è indispensabile che i leader controllino e facciano sistematicamente attenzione a ciò che accade all’interno e all’esterno dell’impresa e che ricerchino comportamenti coerenti e in linea con la cultura dell’organizzazione. È indispensabile che i leader

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32 operino con altrettanta coerenza, pena il disorientamento dei dipendenti e la messa in discussione dell’intera organizzazione.

Il modo in cui i leader reagiscono ad incidenti critici ed alle crisi aziendali:

nel momento in cui un’impresa si trova a dover affrontare una crisi, il modo in cui reagiscono il leader e tutti gli altri membri dell’organizzazione porta alla nascita di nuove norme e procedure da cui emergono assunti di fondo importanti. Questo avviene perché il maggior coinvolgimento emotivo generato dal problema a cui si va incontro, aumenta l’intensità dell’apprendimento. Il modo in cui l’azienda gestisce una crisi, inoltre, fa sì che si palesino alcuni dei suoi assunti circa il valore attribuito al persona ledi cui è composta. È possibile citare “numerosi esempi di aziende statunitensi che, di fronte al bisogno di licenziare delle persone, hanno deciso invece di ridurre il numero dei giorni lavorativi o di effettuare autoriduzioni dello stipendio dei dipendenti e dei manager per riuscire a contenere i costi senza ricorrere ai licenziamenti”. 26

Il modo di designare, insegnare e formare un ruolo:

i leader delle organizzazioni devono essere consapevoli del fatto che il loro comportamento è uno strumento molto importante per comunicare assunti e valori ai vari membri e ai nuovi arrivati.

I criteri di assegnazione di premi e status:

i membri dell’organizzazione imparano con l’esperienza che tanto il comportamento premiato quanto quello condannato, congiuntamente al tipo di premio e penalizzazione, racchiudono un messaggio. Attribuendo sistematicamente gratifiche e “punizioni” in relazione ai comportamenti, il leader dell’impresa riescono a comunicare facilmente gli assunti culturali. Mentre all’inizio il messaggio viene trasmesso attraverso il comportamento quotidiano dei leader, a lungo termine esso potrà venire giudicato solo verificando che le gratificazioni importanti siano state assegnate con

26 Schein E. H., Cultura d'azienda e leadership, Edizioni Angelo Guerini e Associati, Milano, 1990, p.225

(33)

33 coerenza. In caso contrario, la cultura organizzativa risulterà estremamente conflittuale e disorientante.

Criteri di reclutamento, selezione, promozione, pensionamento e licenziamento del personale:

la selezione dei nuovi membri imprime e perpetua profondamente la cultura dell’impresa. Inoltre, nel caso in cui si necessiti di un’evoluzione della cultura stessa, è possibile accelerare tale mutamento reclutando e assumendo nuovi membri aventi un profilo in linea coi nuovi assunti culturali ricercati. Questa strategia comporterà un periodo di disordine iniziale, al quale dovrebbe seguirne uno di assestamento.

Esempi di meccanismi secondari possono essere: 27 a) la progettazione e la struttura dell’azienda b) i suoi sistemi e le sue procedure

c) il modo in cui vengono strutturati i suoi spazi interni, le facciate e gli edifici stessi

d) le storie, le leggende, i miti e le parabole sui fatti e le persone di rilievo e) le dichiarazioni formali della “filosofia” aziendale, dei credo e degli

atti costitutivi.

La progettazione e la struttura dell’azienda:

alcuni leader strutturano la propria azienda consapevolmente, scegliendo un’impronta ben precisa, mentre altri tendono a razionalizzare senza sapere esattamente quali sono gli assunti che li hanno guidati.

I sistemi e le procedure:

la routine e le procedure da eseguire rispettando precise scadenze costituiscono la parte più visibile della vita di ogni organizzazione. La loro esistenza dà “tangibilità”, programmabilità e strutturazione all’impresa, aiutando il leader a fare previsioni, riducendo così l’ambiguità e l’ansia,

(34)

34 nonché a rafforzare i propri assunti costruendo, intorno ad essi, consuetudini e routine.

Il modo in cui vengono strutturati gli spazi interni, le facciate e gli edifici:

attraverso l’impatto visivo che i nuovi assunti, i clienti, i venditori ed i vari attori hanno dell’ambiente fisico dell’azienda, è possibile comunicare e rafforzare la cultura organizzativa e i messaggi del leader, a patto che gli spazi siano strutturati e gestiti a questo fine (diversamente possono riflettere, per esempio, gli assunti degli architetti).

Le storie, le leggende, i miti e le parabole sui fatti e le persone di rilievo:

con l’evoluzione del gruppo di lavoro, alcuni eventi riguardanti la leadership o l’organizzazione entrano a far parte della mitologia aziendale.

Le storie possono essere un valido strumento per rafforzare gli assunti ed trasmetterli ai nuovi dipendenti.

Le dichiarazioni formali della “filosofia” aziendale, dei credo e degli atti costitutivi: i tentativi dei fondatori e dei leader di esprimere i valori ed assunti propri della cultura dell’organizzazione, danno rilievo solamente ad una parte dell’insieme degli assunti presenti attivamente all’interno dell’impresa. Per questa ragione, le dichiarazioni formali non possono essere ritenute un metodo assoluto per definire la cultura dell’organizzazione. Possono, tuttavia, rappresentare un segmento della cultura che secondo i leader è importante rendere noto quale ideologia propria dell’organizzazione.

Il processo dinamico di definizione e sviluppo della cultura è un’espressione creativa, originale e peculiare del gruppo sociale che l’ha strutturata più o meno consapevolmente, e che continua a mantenerla e farla evolvere in quanto comunità organizzata che condivide un sistema di significati. È un processo in continua crescita e trasformazione, supportata costantemente dalle azioni di problem-defining e problem-solving dei leader: l’esperienza vissuta può richiedere un processo di ridefinizione dell’ordine compromesso dai cambiamenti a cui l’impresa è soggetta, ridefinizione che verrà comunque

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35 implementata coi modelli cognitivi fondanti e radicati nell’impresa: questo continuo processo di costruzione culturale è alla base dell’azione organizzativa. 28

I fondatori ed i leader coprono un ruolo fondamentale non solo nel creare un modello culturale, ma anche nel conservarlo, svilupparlo e trasmetterlo: il loro comportamento dovrà essere coerente con i valori e gli assunti, orientando azioni e modi di leggere la realtà fedeli alla filosofia dell’impresa.

2.3 Modelli di culture organizzative

Analizzando la cultura organizzativa, si incontrano diversi modelli che tentano di tracciare i profili delle culture possibili e di definire gli elementi comuni.

Una prima suddivisione individua nelle regole condivise la variabile che permette di classificare le culture: queste regole rappresentano idee e convinzioni sul comportamento atteso da parte dei membri dell’impresa e sulle modalità di gestione da parte dei leader. 29

Servendosi di tali parametri, è possibile rintracciare tre modelli di cultura organizzativa: costruttiva, passivo-difensiva ed aggressivo-difensiva.

1. Nella cultura costruttiva si cerca di promuovere ed incoraggiare l’interazione tra ciascun dipendente: sono fondamentali l’interazione e la collaborazione sulle attività e sui progetti, secondo modalità che possano aiutare ognuno a raggiungere anche i propri obiettivi individuali di crescita e sviluppo. Tipici esempi di valori ed assunti caratterizzanti questo modello sono la socializzazione, la partecipazione, l’importanza dei rapporti interpersonali, l’autorealizzazione.

28 Bodega D., Op. cit., pp. 64-65

(36)

36 2. Nel caso in cui i tratti caratterizzanti un’organizzazione siano la

subordinazione, la convenzionalità, la burocrazia tradizionale , si parla di una cultura passivo-difensiva: ne sono tipico esempio le culture che impongono ai dipendenti un resoconto continuo delle attività verso i propri superiori.

3. Quando nell’organizzazione vige il potere gerarchico, l’arrivismo, la forte competizione tra i vari membri, si parla di una cultura aggressivo-difensiva.30

Un altro modello di cultura è basato su due variabili dalla cui combinazione risultano quattro forme di cultura.

o La prima variabile è rappresentata dall’ambiente esterno, ossia dalle condizioni di flessibilità o stabilità che caratterizzano il settore in cui opera l’organizzazione.

o La seconda variabile è data dal focus strategico, esterno e interno, ossia dalle leve su cui agisce l’impresa per valorizzare i propri punti di forza e ottenere vantaggi competitivi, siano essi da ricercare internamente o nell’ambiente in cui essa è inserita.

Dalla combinazione di queste variabili, si possono individuare le seguenti forme di cultura organizzativa: 31

1. Cultura adattiva/imprenditoriale: essa è caratterizzata dalla creatività, dall’innovazione, da una forte attenzione per l’ambiente esterno, il quale richiede flessibilità e adattabilità al fine di soddisfare il continuo evolversi dei bisogni e delle aspettative dei clienti. I rischi sono visti come delle sfide, dei potenziali di crescita.

2. Cultura della missione: si manifesta in quelle situazioni in cui i clienti e l’ambiente esterno sono tendenzialmente statici e i cambiamenti avvengono sul lungo periodo. L’impresa ha una visione chiara dell’ambiente e può concentrarsi su obiettivi quali la crescita del fatturato e della quota di mercato.

30 Ivi, p.79

(37)

37 3. Cultura di clan: in essa, l’attenzione è concentrata sul coinvolgimento e

la partecipazione dei membri, finalizzata a coltivare il senso di appartenenza e di responsabilità.

4. Cultura burocratica: si sviluppa in un ambiente esterno molto statico, con gerarchie marcate, approcci metodici, elevati livelli di formalizzazione, basso coinvolgimento emotivo da parte dei dipendenti e alta efficienza favorita dalla stabilità.

Figura 2 – Relazioni tra cultura aziendale, ambiente e strategia (fonte Daft R.L.,

Organizzazione aziendale, Apogeo, Milano, 2001, p. 335)

Osservando le organizzazioni da una prospettiva esterna ed ampia, vi è un altro modello possibile, proposto da Bellotto e Trentini (1988).

Si tratta di un modello di matrice psico-sociale che delinea quattro tipi diversi di cultura organizzativa.

È costruito da quattro quadranti, relativi a diversi comportamenti organizzativi, ciascuno con il proprio ventaglio di valori, credenze, atteggiamenti e comportamenti.

Figura

Figura 1 – I livelli della cultura aziendale (Fonte: Daft R.L., Organizzazione aziendale,  Apogeo, Milano, 2001, p.330)
Figura  2  –  Relazioni  tra  cultura  aziendale,  ambiente  e  strategia  (fonte  Daft  R.L.,  Organizzazione aziendale, Apogeo, Milano, 2001, p
Figura 3: Il modello di Bellotto e Trentini (Fonte: Bellotto e Trentini 1988, p. 66)
Figura  4.  Le  cinque  identità  organizzative.  (Fonte:  Balmer,  J.  M.  T.,  Greyser,  S

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