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Gli effetti del fallimento sui contratti preesistenti: il caso del "leasing" e il caso del "factoring".

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Desidero ringraziare il Prof. Claudio Cecchella, relatore di questa tesi per la disponibilità e l’aiuto che mi ha dato durante la

stesura.

Un sentito ringraziamento ai miei genitori e parenti che con il loro sostegno economico e morale mi hanno permesso di

raggiungere questo traguardo.

Vorrei inoltre ringraziare Dario per avermi sempre incoraggiato e sostenuto nelle mie scelte.

Infine colgo l’occasione per ringraziare le mie compagne di studio ed amiche, che mi hanno dato la forza di superare i momenti difficili ed hanno condiviso con me i bei momenti

passati in questi anni.

Grazie a tutti per essermi stati vicini.

(3)

3 INDICE

Capitolo 1

Gli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti

1. Dal codice del commercio alla legge fallimentare. 8

2. La disciplina della sezione IV nel 1942 “Gli effetti

del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti”. 10

3. Art 72 nel regio decreto del 1942 “Vendita non

ancora eseguita da entrambi i contraenti”. 14

Capitolo 2

L'art 72 della legge fallimentare

1. Le ragioni di una disciplina speciale. 18

2. La nozione di contratto preesistente. 19

3. L'individuazione di una regola generale. 24

4. La legge 14 maggio 2005 n. 80 “La generalizzazione

(4)

4

5. Il nuovo art 72 della legge fallimentare. 30 5.1. Testo storico dell' art 72 “Vendita non ancora

eseguita da entrambi i contraenti”. 30 5.2. Art 72 dopo le modifiche apportate dal D.lgs. 9

gennaio n. 5 “Rapporti Pendenti”. 31 5.3. Art 72 dopo le modifiche apportate dal D.lgs. 12

settembre 2007 n. 169, in vigore dal 1 gennaio

2008. 32

5.4 Le eccezioni alla regola della scelta del curatore fra prosecuzione e scioglimento dei contratti

pendenti. 38

5.5 I limiti della norma generale. 41

Capitolo 3

Il Leasing

1. La natura del contratto di leasing. 45

1.1. L'atipicità. 45

2. La disciplina della locazione finanziaria ante riforma. 47

3. Il leasing e il suo rapporto con il fallimento. 49

3.1. Il nuovo art 72-quater. 51

3.2. Le problematiche riscontrate con l'introduzione

del nuovo art 72-quater. 52

(5)

5

4.1. la ricollocazione del bene da parte del

concedente. 69

5. Il fallimento del concedente. 71

6. Similitudini e differenze con gli altri istituti giuridici. 72 6.1. Il contratto preliminare art 72, 8° comma. 73 6.2. La compravendita di immobili da costruire,

art 72 bis. 75

6.3. La vendita con riserva di proprietà, art 73. 78

6.3.1. Testo storico art 73 “Vendita a termine o a rate”. 79

6.3.2. D.lgs. 12 settembre 2007 n. 169,“Vendita con

riserva di proprietà”. 79

Capitolo 4

Il Factoring.

1. Il contratto di factoring. 83

1.1. La natura giuridica. 83

1.2. La speciale disciplina del factoring. 86

2. La disciplina in ambito fallimentare. 87

3. La legge 21 febbraio 1991 n. 52 “La cessione dei

crediti d' impresa”. 92

3.1 La disciplina prima dell'emanazione della legge

(6)

6

3.2 La legge 21.2.91 n. 52. 94

3.3 Conclusioni. 101

4. Il fallimento del factor. 101

4.1 La sorte delle cessioni, già pattuite, alla data

della sentenza di dichiarazione del fallimento. 103

5. Il fallimento del cedente. 105

5.1 Il recesso del curatore e la natura del credito

della società di factoring. 106

5.2 L'opponibilità delle cessioni al fallimento del

cedente. 108

5.3 La sorte del contratto di factoring. 110 5.3.1 La sorte delle cessioni in caso di fallimento

del cedente, prima dell'emanazione della

legge 21.2.91. 111

n. 52.

5.3.2 La sorte delle cessioni in caso di fallimento

del cedente ai sensi della legge 21.2.91 n. 52. 112

6. Il fallimento del debitore ceduto. 118

6.1 Il rapporto factor/debitore ceduto. 119

6.2 Le conseguenze del fallimento del debitore

ceduto. 120

6.3 La cessione pro solvendo. 120

6.4 Le anticipazioni del credito. 121

(7)

7

Conclusioni. 125

Bibliografia. 131

(8)

8

CAPITOLO 1

Gli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti

Sommario: 1. Dal codice del commercio alla legge fallimentare. 2. La disciplina della sezione IV nel 1942 “Gli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti”. 3. Art. 72 nel regio decreto del 1942 “Vendita non ancora eseguita da entrambi i contraenti”.

1. Dal codice del commercio alla legge fallimentare.

La legislazione previgente regolava i contratti pendenti attraverso norme collocate nel codice civile del 1865, come l'art. 1729 n. 4, che disciplinava lo scioglimento della società civile per il fallimento di alcuno dei soci e l'art. 1757 che prevedeva il fallimento del mandante e del mandatario. Le altre norme erano collocate nel codice del commercio del 1882, come l' art. 191 che considerava come causa di scioglimento della società il fallimento di alcuno dei soci illimitatamente responsabile e l' art. 348 n.3 che prevedeva come causa di scioglimento del contratto di conto corrente, il fallimento di alcuno dei soci illimitatamente responsabile.

L'art. 433, invece, regolamentava il contratto di assicurazione e stabiliva che in caso di fallimento dell'assicurato, all'assicuratore veniva attribuita la facoltà di chiedere cauzione per il pagamento del premio o lo scioglimento del contratto.

Se non consideriamo quest'ultima norma del contratto di assicurazione, le altre hanno una caratteristica in comune, ovvero

(9)

9

quella di far discendere dal fallimento l'automatico scioglimento di determinati contratti.

Il codice del commercio del 1882 sostituiva quello del 1865 ed era il primo codice commerciale dell'Italia unita che stabiliva la prevalenza delle norme commerciali su quelle civili.

Per quanto riguarda i contratti, in corso di esecuzione, le uniche norme erano contenute nel libro III del codice del commercio del 1882 precisamente negli artt. 804-806. Sull'interpretazione di tali norme la dottrina ha costruito il sistema dei rapporti pendenti nel fallimento, andando a sottolineare come la facoltà del venditore di ritenere le merci vendute o di rivendicarle ove non ancora ricevute a disposizione del compratore, fosse riconducibile al principio “inadimplenti non est adimplendum”. Tradotto in italiano: “all' inadempiente non è dovuto l' adempimento”.

Questo principio lo ritroviamo nell' ordinamento italiano all'art. 1460 del codice civile ed è vigente, anche, nel diritto internazionale e sta a significare che ciascuna delle parti di un contratto, con prestazioni corrispettive, può non adempiere alla propria obbligazione ove l'altra si rifiuti di adempiere alla propria.

«In conclusione potremmo dire che la disciplina dei contratti pendenti alla data del fallimento, veniva recepita come la disciplina dei contratti bilaterali ineseguiti da entrambi i contraenti e che la materia in esame veniva disciplinata con una forza di effettività non minore di un complesso normativo».1

1

G. RAGUSA MAGGIORE E C. COSTA, I grandi temi, le procedure concorsuali, il fallimento, Torino, 1997, pag 270.

(10)

10

2. La disciplina della sezione IV nel 1942 “Gli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti”.

Il Regio Decreto del 1942 ha regolato la materia delle procedure concorsuali per quasi sessantaquattro anni ed ha raggruppato le norme in precedenza sparse, riuscendo a disciplinare gli effetti del fallimento sui rapporti contrattuali che sono impropriamente chiamati effetti sui rapporti giuridici preesistenti.

A tal proposito è stata richiamata una elaborazione dottrinale del Bonelli2 che disciplinava la materia contenuta nel codice del commercio del 1882.

Secondo l'opinione comune3 la disciplina del 1942 era frammentaria ed insufficiente in quanto svariati contratti tipici molto frequenti nell’ attività delle imprese commerciali non erano menzionati; come il contratto di agenzia, i contratti bancari la locazione di mobili, il contratto di deposito, etc. . La disciplina di altri rapporti era ed è tutt'ora prevista nel codice civile o nelle leggi speciali.

Per il fallimento di determinati contratti addirittura, tale disciplina non faceva riferimento all'oggetto o alle peculiarità stesse del contratto, ma semplicemente al tipo; prevedeva in alcuni casi la facoltà del curatore di scegliere fra subentro e scioglimento, in altri l' esclusione della facoltà di scioglimento, in altri ancora lo scioglimento automatico.

Ma il vero problema riguardava quei contratti che non erano

2

L. GUGLIELMUCCI, I contratti in corso di esecuzione nelle procedure concorsuali, Padova, 2006, pag 4.

3

S. BONFATTI, P. F. CENSORI, Lineamenti di diritto fallimentare, Padova, 2013 cap IX, pag 135.

(11)

11

espressamente regolati, o per i quali non era possibile utilizzare una interpretazione analogia e si doveva ricorrere all' individuazione della norma di chiusura del sistema.

Altra considerazione da fare è che l'avvento del fallimento pone non solo i beni, ma anche i rapporti contrattuali in una prospettiva liquidatoria che non consente l’adempimento delle prestazioni contrattuali nelle stesse condizioni in cui sarebbe avvenuta senza il sopraggiungere del fallimento.

La sezione IV, sezione del capo III del titolo II, dedicata agli “effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti” della legge fallimentare del 1942, riguardava la valutazione della sorte dei rapporti contrattuali in corso alla data del fallimento e definiva pendenti tutti quei rapporti contrattuali che sono sorti prima del fallimento, ma non sono stati ancora eseguiti oppure sono stati eseguiti solo in parte.

La disciplina della sezione IV, prima della riforma, è considerata enfatica4 perché sembrava promettere una disciplina organica, dei rapporti giuridici preesistenti, che in realtà non esisteva. Si limitava a raggruppare norme frammentarie e lacunose che disciplinavano distintamente alcuni specifici rapporti, trascurando altri di considerevole importanza; questo perché il legislatore del 1942 stabiliva discipline specifiche per singoli tipi di contratti e si asteneva dal dettare regole generali.

Dal D.lgs., n. 5 del 9 gennaio 2006 si nota, infatti, come questi difetti e queste lacune hanno portato a degli inconvenienti, come prevedere solo regole per ciascuno dei contratti disciplinati dal codice civile, non offrire una disciplina generale, lasciare priva di

4

DIMUNDO A., sez. IV Gli effetti del fallimento sui rapporti giuridici

preesistenti , in Il diritto fallimentare riformato, a cura di SCHIANO DI PEPE G., Padova, 2007, pag 213.

(12)

12

regolamentazione una parte di essi e una parte dei contratti nominati ma sopratutto quelli innominati; determinando così una assoluta incertezza per la sorte dei nuovi contratti, venuti ad esistenza in tempi recenti.

L'insufficienza della disciplina contenuta nella legge fallimentare e nelle altre fonti normative ha portato la dottrina e la giurisprudenza, attraverso il coordinato esame di quelle norme che disciplinavano singoli contratti e in particolar modo della compravendita, oltre ad elaborare il concetto di rapporto giuridico preesistente, a ricavare la disciplina generale applicabile non solo per gli specifici rapporti nascenti dai contratti espressamente disciplinati dalle norme previste nella legge fallimentare, ma anche a quelli cui tale disciplina fosse applicabile per analogia, colmando le lacune create dalla legge.

Si aveva così un triplice sistema di regole, per effetto del quale la dichiarazione di fallimento determinava o lo scioglimento automatico, o non esercitava su di esso alcuna influenza lasciando che i rapporti continuassero ope legis, col curatore fuori dal concorso ed a carico della massa, o ne produceva la temporanea sospensione attribuendo al curatore la scelta tra il subentro o lo scioglimento .

A tal proposito si era raggiunta una generale condivisione5 sull'applicabilità di un principio generale, infatti la dottrina affermava il principio della sospensione del contratto e di conseguenza prevedeva il potere illimitato del curatore di poter scegliere fra il mantenimento e la cessazione del contratto stesso.6

5

L. GUGLIELMUCCI, I contratti in corso di esecuzione nelle procedure

concorsuali, Padova, 2006 pag 4 ss.

6

(13)

13

La giurisprudenza specificava che l'art. 72, pur essendo dettato per la compravendita, è espressione di un principio generale circa gli effetti del fallimento sui rapporti giuridici pendenti; a tal fine trova applicazione generale e soprattutto non obbliga il curatore che si trova di fronte ad un rapporto pendente, al perfezionamento del contratto, ma può decidere di sciogliersi da rapporto pendente senza alcun diritto della controparte a risarcimento danni.7

Dunque, salva una diversa e specifica disciplina contenuta negli artt. successivi della stessa sezione della legge per i contratti ivi contemplati, trova applicazione generale per tutti gli altri contratti pendenti.

In sintesi il fallimento di uno dei contraenti sospendeva l'esecuzione del contratto che rimaneva sospeso fino a quando il curatore, preventivamente autorizzato, non decideva di subentrare nel contratto o di sciogliersi dallo stesso; da notare che a seconda della scelta gli effetti erano diversi.8

La ratio delle norme, che con specifiche discipline derogavano a questa regola e che prevedevano lo scioglimento automatico di alcuni contratti, è stata individuata di volta in volta o per esigenze del procedimento fallimentare, o per il carattere determinante delle qualità personali del contraente fallito, o addirittura per una esigenza di tutela del fallito o del terzo contraente in bonis. Le norme, invece, che prevedevano il subentro ex lege del curatore in certi rapporti, erano coerenti con il sistema della sostituzione fallimentare perché riguardavano contratti dai quali

7

Cass. 5.2.80, n. 799, Fa, 1980, 501.

8

(14)

14

derivavano a favore del contraente in bonis diritti che l'amministrazione fallimentare avrebbe dovuto rispettare, oppure prestazioni che attribuivano al fallito il diritto ad una controprestazione valutata ex lege utile per i creditori.

Il numero dei contratti che si scioglievano ope legis era mediocre, perché la maggior parte di essi erano compatibili con il fallimento e potevano continuare con il curatore fallimentare.

Questa sistemazione della materia era insoddisfacente, per la mancanza di un appiglio testuale e per la sua inidoneità a colmare le lacune di un testo troppo disorganico.9

3. Art. 72 nel regio decreto del 1942 “Vendita non ancora eseguita da entrambi i contraenti”.

«Se un contratto di vendita è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti quando il compratore è dichiarato fallito, il venditore ha diritto a compiere la sua prestazione, facendo valere nel passivo del fallimento il suo credito per il prezzo.

Se egli non intende valersi di tale diritto, l'esecuzione del contratto rimane sospesa fino a quando il curatore, con l’autorizzazione del Giudice Delegato, dichiari di subentrare in luogo del fallito nel contratto, assumendone tutti gli obblighi relativi, ovvero di sciogliersi dal medesimo.

Il venditore può mettere in mora il curatore, facendogli assegnare dal Giudice Delegato un termine non superiore ad otto giorni,

9

DIMUNDO A., sez. IV Gli effetti del fallimento sui rapporti giuridici

preesistenti , in Il diritto fallimentare riformato, a cura di SCHIANO DI PEPE G., Padova, 2007, pag 214.

(15)

15

decorso il quale il contratto s'intende sciolto.

In caso di fallimento del venditore, se la cosa venduta è già passata in proprietà del compratore, il contratto non si scioglie. Se la cosa venduta non è passata in proprietà del compratore, il curatore ha la scelta fra l'esecuzione e lo scioglimento del contratto. In caso di scioglimento del contratto il compratore ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo senza che gli sia dovuto risarcimento del danno.

Qualora l'immobile sia stato oggetto di preliminare di vendita trascritto ai sensi dell'articolo 2645-bis del Codice Civile e il curatore, ai sensi del precedente comma, scelga lo scioglimento del contratto, l'acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio di cui all'articolo 2775-bis del Codice Civile a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento».

Nel 1942, dal momento che si voleva applicare al fallimento le regole del sinallagma contrattuale e le soluzioni adattabili in base al diritto comune, ci si limitò a disciplinare la compravendita e solo alcune fattispecie considerate particolarmente conflittuali. Non era prevista una regola generale, ma la previsione di effetti diversificati per i singoli contratti, in quanto l'art. 72 e seguenti della legge fallimentare prevedevano a seconda dei casi:

1. la sospensione del rapporto pendente,

(16)

16

automatica, per volontà del curatore fallimentare o per volontà del contraente in bonis;

3. lo scioglimento, automatico, per volontà del curatore o per iniziativa del contraente in bonis.

Pertanto, dottrina e giurisprudenza si sono domandate quale di queste tre soluzioni costituiva la regola e quali le eccezioni. In questo scenario, la vendita venne presa come il modello tipico di scambio. La dottrina maggioritaria e la giurisprudenza prevalente, nonostante le difficoltà interpretative, prendevano le mosse per definire la fattispecie di contratto pendente il quale doveva essere regolato dal principio enunciato dall'art. 72, commi 2, 3 e 4, che prevedeva la sospensione del rapporto, fino a quando il curatore fallimentare non decideva di optare per il subentro in esso, assumendosi tutti gli obblighi del contraente fallito, oppure decideva di optare per lo scioglimento dal medesimo, senza rispondere di eventuali danni arrecati dallo scioglimento al contraente pronto ad adempiere.

Non mancavano autorevoli opinioni contrarie10 che sostenevano, invece, di dover applicare di volta in volta la norma degli artt. 72-83, che risultava la più adatta per disciplinare la fattispecie non prevista. Tali articoli imponevano una indagine indirizzata all'accertamento dei presupposti per la loro applicazione, in via analogica, alle fattispecie non previste nella legge fallimentare; a differenza di quanto previsto dalla nuova novella dell'art. 7211 che

10

G. RAGUSA MAGGIORE, Istituzioni di diritto fallimentare, Padova, 1988, pag 378 ss.

11

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17

presuppone una ricerca diretta a delineare i limiti di applicabilità della norma, che esige di contenere in una serie di regole generali, tutti i principi utili a disciplinare la sorte di ogni contratto in corso non previsto.

marzo 1942, n. 267 coordinato con le modifiche apportate dalla legge 14

(18)

CAPITOLO 2

L'art. 72 della legge fallimentare

Sommario: 1. Le ragioni di una disciplina speciale. 2. La nozione di contratto preesistente. 3. L'individuazione di una regola generale. 4. La legge 14 maggio 2005, n. 80 “La generalizzazione della regola sulla sospensione”. 5. Il nuovo art. 72 della legge fallimentare. 5.1 Testo storico dell'art. 72 “Vendita non ancora eseguita da entrambi i contraenti“. 5.2 Art. 72 dopo le modifiche apportate dal D.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 “Rapporti Pendenti ”. 5.3 Art. 72 dopo le modifiche apportate dal D.lgs. 12 settembre 2007 n. 169, in vigore dal 1 gennaio 2008. 5.4 Le eccezioni alla regola della scelta del curatore fra prosecuzione e scioglimento dei contratti pendenti. 5.5 I limiti della norma generale.

1. Le ragioni di una disciplina speciale.

L'art. 137212 del codice civile individua il contratto come fonte di rapporto obbligatorio, ammettendone lo scioglimento esclusivamente per mutuo consenso; salvo i casi previsti dalla legge e tra di essi quelli contemplati nella legge fallimentare.

Nell'ambito del diritto fallimentare non possono essere applicate le regole comuni perché potrebbero essere lesive alla finalità liquidatoria e agevolare il contraente rispetto al ceto dei creditori alterando la par condicio. Questa è la prima ragione di una disciplina speciale che deroga al regime comune, in quanto il diritto fallimentare oppone alla continuità del rapporto obbligatorio un diverso effetto che si alterna tra la sospensione, in

12

C. CECCHELLA, il diritto fallimentare riformato, Milano, 2007, cap 9, pag 247.

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attesa della scelta del curatore di subentrare nel rapporto o sciogliersi da esso, oppure lo scioglimento automatico ex lege. Vi sono altre ragioni che giustificano una disciplina speciale, ovvero quelle imposte dagli obiettivi del concorso cumulate ad altre necessità della tutela dei diritti del terzo contraente.

2. La nozione di contratto preesistente.

L'art. 7213 individua quali sono in linea generale i criteri di applicabilità della disciplina e definisce la fattispecie di “rapporto pendente” come contratto ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti. Questa ampia formulazione della nozione, consente di asserire che il rapporto è in corso fino a quando perdurano situazioni giuridiche soggettive non compiutamente realizzate.

Prima della riforma si è consolidato un orientamento che ritiene eseguito il contratto per il quale sono state eseguite tutte le prestazioni pattuite ed è stato raggiunto lo scopo per il quale l'accordo era stato preordinato14; non ha nessuna rilevanza il mancato adempimento delle prestazioni accessorie.

Non sussiste il problema di definire la sorte del contratto quando una sola delle parti ha terminato l'esecuzione della propria prestazione, in quanto basta definire l'an e il quantum di ciò che il

13

F. SANTANGELI, il nuovo fallimento, Milano, 2006, commentario al R.D. 16 marzo 1942, n. 267 coordinato con le modifiche apportate dalla legge 14 maggio 2005, n. 80 e dal D.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, pag 319.

14

La formula adoperata da C.M. BIANCA (la vendita e la permuta, Torino, 1972, 1000) si ritrova in numerosi provvedimenti giurisprudenziali es: Cass. 26 giugno 1969, n. 2302, in foro.it 1969, I, 24427.

(20)

fallito dovrà dare o avere ed eventualmente si accerta se sussistono i presupposti per l'opponibilità di tale pretesa nei confronti della procedura.

Nonostante quanto illustrato, la locuzione “rapporti giuridici

preesistenti” è stata considerata imprecisa e convenzionale15 a causa del significato proprio delle parole utilizzate. Tale locuzione avrebbe dovuto ricomprendere tutti i rapporti giuridici esistenti alla data del fallimento senza nessuna distinzione, ma nella realtà non è così perché si riferisce solo ad una particolare categoria e quindi ha una portata ristretta e limitata. Possiamo allora dire che attraverso l' estrazione da un sistema normativo frammentato è stato ricavato il concetto di rapporti giuridici preesistenti, che vale ancora oggi e ne sono state individuate ed elencate le sue caratteristiche essenziali:16

1. sono preesistenti e devono essere opponibili ai creditori, se alla data del fallimento di uno dei contraenti il contratto si era già perfezionato.

2. riguardano beni compresi nel fallimento, con esclusione di quelli che hanno per oggetto i beni elencati all'art. 46 l. fall..

3. contengono una pluralità di obbligazioni reciproche collegate tra di loro da un nesso di interdipendenza, tale per cui la prestazione di una parte rappresenta la causa della prestazione dell'altra.

15

JR. FERRARA. E BORGIOLI, il fallimento, Milano 1995, pag 372.

16

G. SCHIANO DI PEPE, Il diritto fallimentare riformato,Padova, 2007, pag 211 ss.

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4. sono fonti di obbligazioni reciproche ineseguite o non ancora interamente eseguite, da entrambe, le parti contraenti alla data del fallimento.17

Si consideravano invece estranei alla fattispecie per l'assenza di uno o più di questi elementi, nonostante siano preesistenti:

1. i rapporti reali che derivano da contratti che trasferiscono la proprietà ed altri diritti reali, che siano opponibili ai creditori concorrenti e di conseguenza vincolanti per il curatore (art. 72-bis, 1° comma l. fall.).

2. i contratti unilaterali che fanno sorgere obbligazioni a carico di una sola delle parti e per la loro unilateralità, si sottraggono al regime degli artt. 72 e ss. e vengono disciplinati dagli artt. 42 ss. e 51 ss. l. fall.; con la conseguenza che in tal caso si avrà un credito del contraente in bonis da far valere secondo la legge del concorso o un credito del fallimento soggetto al regime di cui agli artt. 42 e ss. l. fall., a seconda che inadempiente sia rispettivamente il fallito o il contraente in bonis.

3. i contratti a prestazioni corrispettive dove uno dei contraenti ha eseguito interamente le prestazioni a suo carico e se adempiente è il contraente fallito, secondo le norme del diritto comune il curatore ha diritto di esigere la

17

L. GUGLIELMUCCI, effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti, in comm. Scialoja-branca, BRICOLA, GALGANO, SANTINI, Legge fallimentare, Bologna-Roma, 1979, pag 157.

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controprestazione a carico del contraente in bonis; mentre se è inadempiente il fallito, il contraente in bonis potrà far valere la sua pretesa nei confronti del fallito, ma solo come credito concorsuale e attraverso la domanda di ammissione nel passivo del fallimento.18

4. Venivano considerati estranei dall'ambito dei rapporti giuridici preesistenti anche i contratti sinallagmatici che, alla data del fallimento fossero ancora in corso di formazione ed inoltre i contratti perfezionati dai quali però poteva nascere a carico di una delle parti l'obbligazione di concludere un nuovo contratto, come il contratto preliminare, l'opzione ecc. .

La dottrina19 voleva servirsi della disciplina ricavabile in via analogica, dall'art. 72 l. fall. per regolamentare queste figure ed è stato proprio a questo orientamento dottrinale che il legislatore della riforma si è voluto ispirare; difatti attraverso il 3° comma dell'art. 72 si è esteso, anche, al contratto preliminare la regola generale dei rapporti pendenti, prevista dal 1° comma dello stesso articolo.

18

DIMUNDO E PATTI, I rapporti giuridici preesistenti nelle procedure concorsuali minori, Milano, 1999, pag 194.

19

RUISI, aggiornamento di CENSONI , in RUISI -JORIO-MAFFEI ALBERTI TEDESCHI, il fallimento in giurisprudenza, diretta da Bigiavi, Torino, II, pag 565,568.

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In conclusione un contratto per essere definito “preesistente o pendente”20 deve avere tre caratteristiche essenziali:

1. Perfezionamento anteriore:

ogni elemento costitutivo del contratto si deve perfezionare prima della dichiarazione di fallimento e secondo il principio consensualistico, art. 1326 comma 1 del codice civile, la conoscenza dell'accettazione dell'altra parte deve avvenire prima della dichiarazione del fallimento.

Questo è importante perché se l'elemento costitutivo non si è perfezionato o viene ad esistere dopo la dichiarazione di fallimento, non può essere opponibile al fallimento ed è privo di effetti giuridici; come previsto dall'ex art. 44 comma 1.

2. Opponibilità al fallimento:

l'art. 45 stabilisce che se le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi (la data certa anteriore nella vendita immobiliare o nella cessione dei crediti; la trascrizione anteriore nelle vendite immobiliari ecc.) si sono compiute dopo la data della dichiarazione di fallimento, il contratto non sarà opponibile al fallimento, in quanto per essere tale le formalità sopra elencate si devono esaurire prima della stessa dichiarazione di fallimento.

3. Efficacia permanente:

prima della dichiarazione di fallimento il contratto, per non cadere nella cause di scioglimento previste dalla legge, deve

20

Definizione di contratti preesistenti, C. CECCHELLA, il diritto fallimentare riformato, Milano, 2007, cap 9, pag 249 ss.

(24)

essere pienamente efficace ed a tal proposito la fattispecie di scioglimento sarà verificata in tutti i suoi elementi costitutivi: - la significazione della volontà di valersi di una clausola risolutiva espressa o un termine essenziale, - il decorso del termine a seguito di significazione di diffida ad adempiere, - la proposizione della domanda di risoluzione.

Per concludere, il contratto sarà definito ineseguito quando si è verificata l'esecuzione della prestazione contrattuale e quindi il rapporto obbligatorio non si è sciolto a favore di nessuna delle parti. Infatti se la prestazione è stata eseguita da un terzo, quest'ultimo sarà titolare di un diritto di credito che dovrà insinuare nel fallimento soggiacendo alla par condicio; diversamente se è il fallito ad aver dato esecuzione alla prestazione, il curatore potrà pretenderla a favore del fallimento.

3. L'individuazione di una regola generale.

Il regime speciale21 optava per una disciplina diversificata in funzione della diversa causa contrattuale e della sua compatibilità o meno con gli obiettivi del diritto concorsuale, escludendo l'adozione di un criterio di carattere generale. Venivano adottati tre diversi regimi:

1. Lo scioglimento ex lege:

quando la funzione economico-sociale del tipo contrattuale colloca, in una posizione centrale, la persona del contraente per

21

(25)

cui l'adempimento da parte di un contraente piuttosto che di un altro non è indifferente (es. contratto di appalto e di mandato).

2. La sospensione e l'eventuale subentro del curatore:

la scelta di subentrare o meno spetta all'ufficio fallimentare che deve valutare il caso concreto, in quanto un contratto, che si presenta in astratto gravoso e incompatibile con le finalità liquidatorie della procedura, potrebbe in concreto giustificare una continuità del vincolo obbligatorio per contingenti ragioni (es. la compravendita).

3. La continuità del vincolo obbligatori:

quando gli effetti del contratto sono comunque in linea con le finalità liquidatorie della procedura (es. locazione o assicurazione).

Difronte alle diverse discipline della procedura, la giurisprudenza ha sostenuto che il regime più adeguato alle esigenze della procedura fosse quello adottato per la compravendita, nel caso del fallimento del compratore; che all'art. 72, prevede la sospensione del rapporto in attesa del subentro o meno del curatore.

Il legislatore, invece, ha scelto di servirsi di una regolamentazione speciale caso per caso che si conformi con le particolarità delle diverse fattispecie.

(26)

4. La legge 14 maggio 2005 n. 80 “La generalizzazione della regola sulla sospensione”.

La legge n. 80/2005 conferiva al governo la delega per l'emanazione dei decreti legislativi relativi alla riforma delle procedure concorsuali e in riferimento ai rapporti giuridici pendenti, la stessa delega prevedeva espressamente l'ampliamento del termine entro il quale il curatore doveva comunicare la propria scelta riguardo lo scioglimento dei relativi contratti. Questa delega è stata considerata scarna22, perché oltre a prevedere l'ampliamento del termine si limitava a dettare una disciplina per i patrimoni destinati ad uno specifico affare e una disciplina per i contratti di locazione finanziaria.

Queste indicazioni furono seguite dal D.lgs. n. 5, del 9 gennaio 2006, che apportò la modifica del previgente art. 72 attuando l'estensione dell'esiguo termine di 8 giorni, introdusse l'art. 72-ter dedicato agli effetti del fallimento sui finanziamenti destinati ad uno specifico affare e introdusse l'art. 72-quater dedicato agli effetti del fallimento sui contratti di locazione finanziaria.

Con tale decreto legislativo è stata effettuata una riforma organica che ha lasciato invariata la vecchia rubrica della sezione IV “degli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti”, nonostante le notevoli critiche23 che ci sono state al riguardo. Infatti dal punto di vista del contenuto, almeno in parte ha subito

22

C. MASCARELLO, (magistrato presso il tribunale di Torino), I rapporti

giuridici pendenti nella riforma del fallimento , in riv. Il diritto fallimentare e delle società commerciali, I/2007 a cura di GIROLAMO B., pag 289.

23

DIMUNDO A., sez. IV Gli effetti del fallimento sui rapporti giuridici

preesistenti , in Il diritto fallimentare riformato, a cura di SCHIANO DI PEPE G., Padova, 2007.

(27)

variazioni ed è stato incrementato con nuove disposizioni; comunque non sussistono ragioni valide per le quali dovremmo discostarci dal metodo tradizionale visto che la regola dell'art. 72 comma 1 l. fall., elaborata in via interpretativa dalla giurisprudenza, era già attiva nel sistema. Dunque le innovazioni apportate al sistema si sono limitate a codificare nel testo legislativo le soluzioni elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza.

Nonostante quanto appena affermato, è da notare che il decreto delegato e il decreto correttivo sono andati ben oltre l'attuazione delle direttive, infatti si rinvengono definizioni generali e regole generali che la previgente normativa non enunciava e non solo è stata, anche, introdotta una disciplina degli effetti del fallimento su altri contratti che la legge delega non aveva indicato.

In conclusione24 questo intervento del decreto delegato è stato visto come un' azione positiva, per le carenze della previgente normativa che è riuscito a colmare, mentre dal punto di vista costituzionale ha fatto sorgere dei dubbi, in quanto sembrerebbero esser stati superati i limiti previsti dall'art. 7625 della costituzione

e ciò potrebbe essere considerato come un eccesso di delega, anche se nella prassi sappiamo che sono molto frequenti i casi in cui il governo va oltre i confini tracciati dalle deleghe parlamentari.

24

G. TARZIA, Gli effetti del fallimento sui rapporti pendenti dopo la riforma ed il decreto correttivo, in riv. il fallimento e le altre procedure concorsuali, 2007, pag 1385.

25

L'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.

(28)

La funzione del decreto legislativo n. 5 del 9 gennaio 2006 è quello di istituire, attraverso il riformato art. 72 l. fall., una serie di principi generali, validi e che possono essere applicati a tutti i rapporti contrattuali, diversificandosi dalla vecchia disciplina che analizzava caso per caso e dettava una disciplina specifica per ogni singolo contratto. Oggi, grazie a queste modifiche apportate alla disciplina previgente, vige la regola generale della sospensione che attribuisce al curatore la facoltà di scegliere tra lo scioglimento e la prosecuzione del rapporto contrattuale, con ampliamento del termine per la manifestazione di tale volontà. Ma non solo, perché oltre alle regole del nuovo art. 72 legge fallimentare che possono essere applicate in linea generale a tutti i contratti, la riforma ha previsto regole ex novo per alcuni rapporti giuridici che prima non erano espressamente contemplati (es. contratto preliminare, contratti relativi ad immobili di nuova costruzione, i finanziamenti destinati ad uno specifico affare, il contratto di affitto di azienda e la locazione finanziaria) ed una specifica disciplina per alcuni contratti tipici già disciplinati in precedenza (es. appalto, mandato, locazione di immobili..).

Una parte della dottrina26 ha equiparato la riforma organica della legge fallimentare italiana, attuata con D.lgs. 9 gennaio 2006 n. 5, ad una di quelle operazioni immobiliari che svuotano vecchi edifici dei quali, per motivi di pregio architettonico, se ne conserva la sola facciata e si sostituiva completamente l'interno.

Il legislatore a poco più di un anno di distanza, sollecitato dalle critiche della dottrina, è tornato sull'argomento apportando integrazioni con il decreto correttivo ed in particolare:

26

(29)

a) modifiche ed integrazioni relative alla regola generale sulla sorte dei contratti pendenti ed alle sue eccezioni contenute nell'art. 72 l. fall. (art. 4 n.6, D.lgs. 169/2007).

b) la riduzione del contenuto dell'art. 72-bis, l. fall. mediante la soppressione dei primi due commi (art. 4 n. 7, D.lgs. 169/2007).

c) l'integrazione dell'art. 72-quater, l. fall., in materia di locazione finanziaria (art. 4 n. 8, D.lgs. 169/2007).

d) la modifica dell'art. 73 l. fall. in materia di trattamento del contratto di vendita con riserva di proprietà (art. 4 n. 9, D.lgs. 169/2007).

e) la modifica dell'art. 74 l. fall. in materia di contratto di somministrazione (art. 4 n.10, D.lgs. 169/2007).

f) la ricollocazione dell'art. 79 l. fall., delle norme sull'affitto di azienda.

g) la sostituzione del vecchio contenuto dell'art. 80 l. fall., in materia di locazione di immobili con uno nuovo (art. 4 n. 12, D.lgs. 169/2007).

(30)

5. Il nuovo art. 72 della legge fallimentare.

5.1 Testo storico dell'art. 72 “Vendita non ancora eseguita da entrambi i contraenti”.

«Se un contratto di vendita è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti quando il compratore è dichiarato fallito, il venditore ha diritto a compiere la sua prestazione, facendo valere nel passivo del fallimento il suo credito per il prezzo.

Se egli non intende valersi di tale diritto, l'esecuzione del contratto rimane sospesa fino a quando il curatore, con la autorizzazione del giudice delegato, dichiari di subentrare in luogo del fallito nel contratto assumendone tutti gli obblighi relativi, ovvero di sciogliersi dal medesimo.

Il venditore può mettere in mora il curatore, facendogli assegnare dal giudice delegato un termine non superiore ad otto giorni, decorso il quale il contratto s'intende sciolto.

In caso di fallimento del venditore, se la cosa venduta è già passata in proprietà del compratore, il contratto non si scioglie. Se la cosa venduta non è passata in proprietà del compratore, il curatore ha la scelta fra l'esecuzione e lo scioglimento del contratto. In caso di scioglimento del contratto il compratore ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo senza che gli sia dovuto risarcimento del danno.

Qualora l'immobile sia stato oggetto di preliminare di vendita trascritto ai sensi dell'articolo 2645-bis del codice civile e il curatore, ai sensi del precedente comma, scelga lo scioglimento del contratto, l'acquirente ha diritto di far valere il proprio credito

(31)

nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio di cui all'articolo 2775-bis del codice civile a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento».

5.2 Art. 72 dopo le modifiche apportate dal D.lgs. 9 gennaio 2006 n. 5 “Rapporti Pendenti”.

«Se un contratto è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti quando, nei confronti di una di esse, è dichiarato il fallimento, l’esecuzione del contratto, fatte salve le diverse disposizioni della presente Sezione, rimane sospesa fino a quando il curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal medesimo.

Il contraente può mettere in mora il curatore, facendogli assegnare dal giudice delegato un termine non superiore a sessanta giorni, decorso il quale il contratto si intende sciolto.

La disposizione di cui al primo comma si applica anche al contratto preliminare salvo quanto previsto nell’articolo 72-bis. In caso di scioglimento, il contraente ha diritto di far valere nel passivo il credito conseguente al mancato adempimento.

L’azione di risoluzione del contratto promossa prima del fallimento nei confronti della parte inadempiente spiega i suoi effetti nei confronti del curatore, fatta salva, nei casi previsti, l’efficacia della trascrizione della domanda; se il contraente intende ottenere con la pronuncia di risoluzione la restituzione di

(32)

una somma o di un bene, ovvero il risarcimento del danno, deve proporre la domanda secondo le disposizioni di cui al Capo V. Sono inefficaci le clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione del contratto dal fallimento.

Qualora l’immobile sia stato oggetto di preliminare di vendita trascritto ai sensi dell’articolo 2645-bis del codice civile e il curatore, ai sensi del precedente comma, scelga lo scioglimento del contratto, l’acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio di cui all’articolo 2775-bis del codice civile, a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento».

5.3 Art. 72 dopo le modifiche apportate dal D.lgs. 12 settembre 2007 n. 169, in vigore dal 1 gennaio 2008.

«Se un contratto è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti quando, nei confronti di una di esse, è dichiarato il fallimento, l’esecuzione del contratto, fatte salve le diverse disposizioni della presente Sezione, rimane sospesa fino a quando il curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal medesimo, salvo che, nei contratti ad effetti reali, sia già avvenuto il trasferimento del diritto.27

27Comma modificato dall’art. 4 del d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, pubb. In

(33)

Il contraente può mettere in mora il curatore, facendogli assegnare dal giudice delegato un termine non superiore a sessanta giorni, decorso il quale il contratto si intende sciolto.

La disposizione di cui al primo comma si applica anche al contratto preliminare salvo quanto previsto nell’articolo 72-bis.

In caso di scioglimento, il contraente ha diritto di far valere nel passivo il credito conseguente al mancato adempimento, senza

che gli sia dovuto risarcimento del danno.28

L’azione di risoluzione del contratto promossa prima del fallimento nei confronti della parte inadempiente spiega i suoi effetti nei confronti del curatore, fatta salva, nei casi previsti, l’efficacia della trascrizione della domanda; se il contraente intende ottenere con la pronuncia di risoluzione la restituzione di una somma o di un bene, ovvero il risarcimento del danno, deve proporre la domanda secondo le disposizioni di cui al Capo V. Sono inefficaci le clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione del contratto dal fallimento.

In caso di scioglimento del contratto preliminare di vendita immobiliare trascritto ai sensi dell'articolo 2645-bis del codice civile, l'acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio di cui all'articolo 2775-bis del codice civile a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della

dichiarazione di fallimento.29

28Comma modificato dall’art. 4 del d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, pubb. In Gazz. Uff. n. 241 del 16 ottobre 2007, con effetto dal 1 gennaio 2008.

29

Comma modificato dall’art. 4 del d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, pubb. In Gazz. Uff. n. 241 del 16 ottobre 2007, con effetto dal 1 gennaio 2008.

(34)

Le disposizioni di cui al primo comma non si applicano al contratto preliminare di vendita trascritto ai sensi dell’articolo 2645-bis del codice civile avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale

dell’acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado.30

».

Il Nuovo art. 72 in riferimento ai contratti pendenti, stabilisce la regola generale della sospensione e come abbiamo già visto in precedenza, grazie alla riforma, il curatore acquista un potere di scelta tra subentro e scioglimento, esteso a tutti i contratti a prestazioni corrispettive non compiutamente eseguite; a differenza della legge fallimentare del '42, che prevedeva tale facoltà solo per il contratto di vendita.

Anche con riferimento ai contratti atipici31 sembrerebbe essere giustificata l'attuazione del criterio generale della sospensione dell'esecuzione del contratto e dell'attribuzione del potere di scelta al curatore; nella previgente disciplina era risultato maggiormente applicato per le fattispecie contrattuali atipiche.32

La ratio della legge è quella di esaltare l'iniziativa del curatore, nonostante la sua scelta sia subordinata all'autorizzazione del comitato dei creditori; infatti il contratto rimane sospeso e potremo dire in una situazione di quiescenza fino a quando il

30

Comma modificato dall’art. 4 del d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, pubb. in Gazz. Uff. n. 241 del 16 ottobre 2007, con effetto dal 1 gennaio 2008.

31

C. MASCARELLO ., I rapporti giuridici pendenti nella riforma del fallimento, in riv. Il diritto fallimentare e delle società commerciali, I/2007 a cura di B. GIROLAMO, pag 290.

32

A. JORIO., Le crisi di impresa, il fallimento, in Trattato di Diritto privato a cura di IUDICA G. E ZATTI P. Milano, 2000, pag 501; nel senso che si trattasse di una regola da applicare in ogni caso di difficile individuazione della disciplina da seguire: F. FERRARA, il fallimento, Milano, 1959, pag 262.

(35)

curatore, dietro autorizzazione del comitato dei creditori, non dichiari di subentrare nel rapporto obbligatorio; assumendosi così tutti gli obblighi derivanti dallo stesso o decide di sciogliersi dal vincolo contrattuale.

Il curatore, prima di dichiarare la propria decisione, deve effettuare una valutazione inerente la convenienza economica del subingresso da effettuare in relazione alle possibilità e disponibilità dell'amministrazione concorsuale.

Il comitato ha una funzione di controllo nei confronti del primo, in quanto ha il potere di giudicare l'adeguatezza della scelta del curatore, tale autorizzazione si è quindi sostituita a quella del giudice delegato, con lo scopo di allontanare quest’ultimo dalle scelte di gestione e affidargli un ruolo di maggiore terzietà.

Questa è una soluzione33 non del tutto adeguata, perché la decisione del subingresso in un contratto non va valutata solo dal punto di vista finanziario, ma anche attraverso un esperto del diritto, che farà una precisa valutazione dell'assetto contrattuale ed una valutazione delle contrapposte posizioni, analizzando le eventuali conseguenze giuridiche ed economiche, che possono derivarvi dal subingresso.

Difatti il curatore, quando decide di subentrare nel rapporto, deve assumersi tutti gli obblighi che derivano dal contratto, nessuno escluso, quindi evitare quelle ipotesi, nelle quali, sotto il profilo economico, il curatore non avrà nessun interesse a subentrare; come ad esempio quando maggior parte della prestazione a carico del fallito è già stata eseguita o la controprestazione da ricevere ha

33

C. MASCARELLO, magistrato presso il tribunale di Torino, pag 292I rapporti

giuridici pendenti nella riforma del fallimento , in riv. Il diritto fallimentare e delle società commerciali, I/2007 a cura di B. GIROLAMO, pag 290.

(36)

un ragionevole valore o comunque è utile per il patrimonio acquisito dal fallimento.

Secondo i principi elaborati dalla giurisprudenza34 in tema di scelta del curatore deve ritenersi che non sia necessaria per l'espressione della volontà, nessuna forma particolare; essa può essere anche implicita.

Inoltre prevale il convincimento secondo il quale l'autorizzazione è necessaria per il subentro, perché si assume come debito della massa l'obbligazione di eseguire la controprestazione; mentre non lo è per lo scioglimento, in quanto può essere deciso automaticamente dal curatore.35

In forza di, diverse disposizioni, fatte salve dal comma 1° dell'art. 72, sia il subentro che lo scioglimento possono operare anche automaticamente e lo scioglimento automatico per fallimento di uno dei contraenti può essere disposto, anche, mediante clausola contrattuale espressamente prevista dall'art. 82, comma 1 e relativa al fallimento dell'assicurato contro i danni.

Con riguardo agli effetti che si verificano in base al subentro o lo scioglimento, dobbiamo fare una distinzione tra i contratti ad esecuzione istantanea, per i quali non si riscontra nessun problema e i contratti di durata. Nella prima ipotesi, se prima del fallimento l'uno o l'altro dei contraenti ha corrisposto degli acconti, si deve soltanto il residuo e si colloca il curatore nella stessa posizione del

34

C. MASCARELLO, magistrato presso il tribunale di Torino, pag 292I rapporti

giuridici pendenti nella riforma del fallimento , in riv. Il diritto fallimentare e delle società commerciali, I/2007 a cura di B. GIROLAMO, pag 290.

35

A. JORIO, il nuovo diritto fallimentare, 2006, Sezione IV “gli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti ” di L. GUGLIELMUCCI, pag 1131.

(37)

contraente fallito.36 Non è semplice valutare gli effetti per la seconda casistica perché in essi l'interesse dell'avente diritto alle prestazioni è parzialmente ma definitivamente soddisfatto ad ogni singola prestazione, dunque il rapporto è contraddistinto dalla sua frazionabilità e la regola dovrebbe essere quella relativa all'assunzione come debiti della massa, delle controprestazioni riguardanti prestazioni effettuate dopo il fallimento e in favore dell'amministrazione fallimentare. Inoltre le controprestazioni, relative a prestazioni effettuate prima del fallimento ed a favore del fallito, sono assoggettate a regolazione concorsuale. Dunque si presume37 che nei contratti di durata la regola è quella della prededucibilità solo dei corrispettivi che riguardano le prestazioni successive al fallimento e quindi la norma dell'art. 82, comma 238, si giustifica perché il mancato pagamento dei premi comporta l'automatica sospensione della garanzia assicurativa che può essere ripristinata solo con il pagamento, anche, del pregresso; a differenza dell'art. 74, comma 239, riguardante la prededucibilità del pregresso nei contratti di somministrazione e vendita a consegne ripartite, che non può essere inserito in questo contesto.

37

Cass., 28 giugno 1963, n. 1760, in foro.it., 1963, I, 1902. In caso di inadempimento il contraente in bonis può chiedere la risoluzione del contratto (cass., 27 novembre 1990, in fall., 1951, 56).

38

Art. 82: “Il fallimento dell'assicurato non scioglie il contratto di assicurazione contro i danni, salvo patto contrario, e salva l'applicazione dell'art. 1898 del codice civile se ne deriva un aggravamento del rischio. Se il contratto continua, il credito dell'assicuratore per i premi non pagati deve essere soddisfatto integralmente, anche se la scadenza del premio è anteriore alla dichiarazione di fallimento”.

39

Art. 74: “Se il curatore subentra in un contratto ad esecuzione continuata o periodica deve pagare integralmente il prezzo anche delle consegne già avvenute o dei servizi già erogati”.

(38)

Nel caso in cui lo scioglimento sia definitivo, nei contratti ad esecuzione istantanea, esso opera retroattivamente e perdono la loro rilevanza le prestazioni parziali eseguite da uno dei contraenti; mentre in quelli di durata, non opera retroattivamente, in conformità alla normativa che regola lo scioglimento di questo tipo di contratti per recesso o risoluzione (artt. 1306 comma 2, 1373 comma 2, 1458 comma 2, 1467 c.c.).

5.4 Le eccezioni alla regola della scelta del curatore fra prosecuzione e scioglimento dei contratti pendenti.

Il nuovo art. 72 comma 1, prevede l'eccezione40 alla regola generale, della scelta del curatore fra prosecuzione e scioglimento dei contratti in corso; tale eccezione viene formulata attraverso la locuzione, “fatte salve le diverse disposizioni della presente Sezione”:

- la prima eccezione è prevista dall'ultimo comma dell'art. 72, che riguarda il contratto preliminare di vendita, trascritto, avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo, ove il legislatore ha voluto far prevalere la tutela del “diritto alla casa”.

- La seconda eccezione è disciplinata dall'art. 72-quater comma 4 che è stato introdotto dalla riforma e prevede la regola della prosecuzione del contratto di locazione, nel caso di

40

G. TARZIA , Gli effetti del fallimento sui rapporti pendenti dopo la riforma ed

il decreto correttivo, in riv Il fallimento e le altre procedure concorsuali,

(39)

fallimento del finanziatore, per attribuire a tale contratto causa di scambio e non di mero finanziamento; in caso contrario non si potrebbe dire che il fallimento di un finanziatore che ha già erogato la somma pattuita e ne attende il rimborso graduale, trovi il rapporto tuttora pendente, come prima precisato.

- La terza eccezione è regolata nell' art. 73 comma 2, che stabilisce la norma sulla prosecuzione del contratto di vendita, con riserva della proprietà nel caso di fallimento del venditore.

- La quarta eccezione è disciplinata dall' art. 80 che stabilisce la prosecuzione del contratto di locazione di immobili, nel caso di fallimento del locatore (il curatore ha la facoltà di recesso se la durata residua del contratto è superiore a 4 anni).

I casi di scioglimento ex lege previsti nella sezione degli effetti del fallimento sui rapporti pendenti, riguarda:

- i contratti di borsa a termine art. 76,

- l'associazione in partecipazione nel caso di fallimento dell'associante art. 77,

- i contratti di conto corrente bancario, i contratti di mandato e commissione art. 78,

- il contratto di appalto nel caso di fallimento dell'appaltatore la cui qualità soggettiva era stata un motivo determinante del contratto.

L'espressione utilizzata dal nuovo art. 72 comma 1, sembrerebbe

(40)

sezione, rispetto alla regola generale della scelta del curatore fra prosecuzione o scioglimento dei contratti in corso; ed è a tal fine che dobbiamo domandarci se tale locuzione vada presa alla lettera oppure no.

Sembra ragionevole dare una risposta negativa ovvero della continuità di quei casi di scioglimento ex lege già prima previsti al di fuori della Sezione dedicata agli effetti del fallimento sui rapporti pendenti; questo perché la manifesta incompatibilità della loro prosecuzione con la liquidazione fallimentare, ad oggi, non è stata ravvisata e non vi sono ragioni che ci fanno concludere che la riforma in esame, avrebbe potuto effettuare una valutazione differente.

Dunque la formulazione adoperata dall'art. 72 non va intesa come un confine rigido ed insuperabile dell'eccezione, rispetto alla fattispecie di scelta del curatore fra prosecuzione e scioglimento dei rapporti pendenti; nel nuovo regime si dovrebbe preferire l'utilizzazione delle applicazioni analogiche che si erano elaborate nel previgente sistema, per completare i “vuoti” di una normativa lacunosa e frammentaria sulla sorte dei contratti pendenti.

Proprio per queste ragioni attraverso elaborazioni interpretative, si cercava di estendere lo scioglimento ex lege a contratti affini a quei pochi contratti la cui sorte era espressamente disciplinata dalla normativa ante riforma.

In conclusione, si deve osservare che la disciplina sui contratti pendenti, nonostante sia stata integrata attraverso l'enunciazione di principi generali prima non espressi e con l'indicazione della sorte di altri contratti prima non considerati, è ancora ampiamente incompleta. Appare, quindi, opportuno preservare i risultati interpretativi e le applicazioni analogiche elaborate prima della

(41)

riforma; considerando soprattutto il 1° comma dell'art. 72 non come un rigido tracciamento dei confini dell'eccezione, ma ritenendo che vi sono ulteriori previsioni di legge sullo scioglimento dei singoli contratti, che non sono ricomprese nella sezione dedicata alla sorte dei contratti pendenti e che oggi non possono essere considerate abrogate.

5.5 I Limiti della norma generale.

Nel contratto bilaterale, ineseguito da entrambi i contraenti, la sospensione e la conseguente facoltà del curatore di scegliere tra il subentro o lo scioglimento sono fondate sulla soggezione alla regolazione concorsuale del diritto del contraente in bonis, che non consente a quest'ultimo di pretendere il soddisfacimento integrale. Inoltre per effetto del sinallagma, vi è l'esclusione di un diritto del curatore di esigere la prestazione dovuta dal contraente in bonis, se non si assicuri nel contempo l'esecuzione integrale e non in moneta fallimentare della controprestazione.

Dunque, un primo limite all'applicazione della norma generale si ha quando il diritto del contraente in bonis non è soggetto a regolazione concorsuale;41 a tal fine è possibile pretenderne il soddisfacimento integrale.

Se prima del fallimento il contraente in bonis ha acquisito la proprietà od altro diritto reale, il curatore non può acquisire beni o diritti usciti dal patrimonio del debitore attraverso lo scioglimento.

41

Sono assoggettati a regolazione concorsuale i diritti di credito e non i diritti reali acquisiti dal contraente in bonis.

(42)

Con la riforma del 2006 si è nuovamente esposta al 1° comma dell'art. 72-bis, la vecchia norma riguardante il contratto di compravendita; stabilendo che, in caso di fallimento del venditore, il contratto non si scioglie qualora la proprietà della cosa venduta fosse già stata trasferita al compratore.

Questa norma è espressione del principio della inviolabilità delle pretese reali acquisite dal compratore in bonis anteriormente al fallimento; di conseguenza il curatore non può sciogliersi dai contratti traslativi o costitutivi di diritti reali o traslativi di altri diritti, come la cessione di crediti. L'esclusione della facoltà di scioglimento non implica necessariamente il subentro del curatore nel contratto.

Il rilascio o la consegna da parte del curatore, dovrà avere ad oggetto la cosa nello stato in cui si trova e avrà interesse a ottenere il corrispettivo; a tal fine se vuole far valere i diritti che derivano dal contratto, deve subentrare nel medesimo e quindi assoggettarsi alla disciplina del rapporto contrattuale e vincolandosi alla garanzia per vizi o mancanza di qualità.42

Come ho anticipato nel capitolo43, il nuovo assetto sistematico scelto dal legislatore44 altera gli schemi elaborati dalla dottrina prima della riforma, in quanto prima gli artt.72-83 prevedevano un' indagine per accertare i presupposti per la loro applicazione, in via analogica, alle fattispecie non previste nella legge

42

CENSORI, Vizi della merce e del fallimento del venditore, in riv. trim. dir. e proc. Civ., 1978, 1978, pag 847.

43

“gli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti”.

44

(43)

fallimentare. Con la novella dell'art. 72 si presuppone, invece, una ricerca per definire i limiti di applicabilità della norma che esige di contenere, in una serie di regole generali, tutti i principi utili a regolare la sorte di ogni contratto in corso non previsto.

Si deve sottolineare, che la disposizione in esame fa sempre riferimento ad un tipico rapporto contrattuale a prestazioni corrispettive, per delineare il criterio normativo del rapporto pendente. Sono previste anche particolari discipline per quei contratti, che nonostante siano situati nella logica dello scambio, si contraddistinguono per la loro singolare durata del rapporto (artt. 73 e 74) o per la peculiarità dell'oggetto, (artt. 72- bis, 72-ter, 80 e 81) o per le modalità esecutive della prestazione,(artt. 72-quater, 75 e 76).

Questo sistema normativo è differente dal previgente, anche, per un altro aspetto, in particolare perché assume rilievo preminente non più il “contratto” in quanto tale, ma gli obblighi e i diritti che da esso traggono origine; in particolare viene riconosciuta dall'art. 72 la preferenza del criterio normativo della “sospensione” che ci consente di coordinare la scelta inerente la sorte del singolo rapporto, con le più generali “politiche” di indirizzo della procedura concorsuale.

Le altre novità che sono state introdotte, sono una serie di norme per regolare l'affitto d'azienda (art. 104-bis) e la vendita dell'azienda (art. 105), ovvero disposizioni che si affiancano a quelle previste per l'esercizio provvisorio dell'impresa (art. 104). Ed è proprio in questo scenario che il legislatore ha deciso di allungare il termine, previsto dall'art. 72, comma 2, che il giudice delegato può applicare per il curatore, affinché quest'ultimo possa deliberare una scelta tra la prosecuzione o lo scioglimento del

(44)

contratto “sospeso,” per effetto della dichiarazione di fallimento; questo termine è stato ampliato da otto a sessanta giorni.

(45)

CAPITOLO 3

Il Leasing

Sommario: 1. La natura del contratto di leasing. 1.1 L'atipicità. 2. la disciplina della locazione finanziaria ante riforma. 3. Il leasing e il suo rapporto con il fallimento. 3.1 Il nuovo art. 72-quater. 4. Il fallimento dell'utilizzatore. 4.1 La ricollocazione del bene da parte del concedente. 5. Il fallimento del concedente. 6. Similitudini e differenze con gli altri istituti giuridici. 6.1 Il contratto preliminare art. 72, 8° comma. 6.2 La compravendita di immobili da costruire, art. 72 bis. 6.3 La vendita con riserva di proprietà, art. 73. 6.3.1 Testo storico art. 73 “Vendita a termine o a rate“. 6.3.2 D.lgs. 12 settembre 2007 n. 169, “Vendita con riserva di proprietà“.

1. La natura del contratto di leasing.

1.1 L'atipicità.

Nel nostro ordinamento si affiancano ai contratti Tipici i contratti

Atipici, ovvero negozi giuridici che non sono stati espressamente

disciplinati dalla legge, ma sorgono per soddisfare le esigenze dei privati.

L'art. 1322 del c.c. disciplina l'autonomia contrattuale, prevedendo che le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge e concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare; purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico.

Dunque si parla di negozi “innominati” che trovano, comunque, una loro tutela nell'ordinamento, ma è necessario ricercare una disciplina da applicare soprattutto in materia fallimentare.

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Nell'ordinamento italiano45, la locazione finanziaria rappresenta una fattispecie atipica che non trova una disciplina sistematica, ma trae origine dall'elaborazione effettuata dalla dottrina e giurisprudenza che si sono occupate di tale contratto; nella pratica commerciale italiana sono stati accolti istituti contrattuali che derivano da ordinamenti di common law.

Inoltre il leasing, sia nell'esperienza dottrinale e giurisprudenziale italiana, che altrove, è stato sottoposto ad una indagine approfondita e superiore rispetto agli altri contratti Atipici.

E' divenuto uno strumento molto diffuso, perché ci permette di acquisire la disponibilità di beni funzionali all'attività d'impresa, senza dover ricorrere al diretto acquisto e alla conseguente immobilizzazione di rilevanti risorse da parte dell'impresa; questo attraverso criteri di maggiore efficienza finanziaria e fiscale. Secondo l'interpretazione prevalente46 la locazione finanziaria è un contratto con il quale una parte, sia produttore o acquirente, dietro corrispettivo di un canone periodico determinato in relazione al recupero del prezzo ed al conseguimento di un utile, concede il godimento di un bene all'altra con la facoltà, di quest'ultima, di restituirlo o acquistarlo alla scadenza per una specificata somma residua.

45

L.M. QUATTROCCHIO, “Gli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti, la vendita con riserva di proprietà e la locazione finanziariaˮ, in www.quattrocchio.it

46

Il fallimento e le altre procedure concorsuali, 2012, soddisfazione fuori dal concorso del concedente del bene dato in leasing e modalità di insinuazione al passivo, pag 70 e cass. civ., sez. III, sentenza 28 ottobre 1983, n. 6390, in ItalgiureWeb.

(47)

2. La disciplina della locazione finanziaria ante riforma.

Tra la dottrina e la giurisprudenza c'è stato un aspro dibattito sull' atipicità di tale contratto, al fine di individuare una disciplina da adottare alle ipotesi di scioglimento o risoluzione.47

A tal proposito, basti ricordare che alla fine degli anni 80' avevamo due filoni contrastanti:

- la giurisprudenza di merito48 che qualificava il contratto di locazione finanziaria alla vendita con riserva di proprietà e nel caso di risoluzione del contratto, prevedeva l'applicazione della regola dell'equo compenso prevista dall'art. 152649c.c.

- al contrario, la giurisprudenza di legittimità comparava il contratto di leasing ad un contratto atipico di durata avente finalità di finanziamento50, disciplinato nell'art. 1323 c.c., in riferimento alle norme generali in materia di contratto; nel caso di risoluzione per inadempimento, invece, si applicava il 1° comma dell'art. 1458 che stabilisce, per i contratti di durata, la non estendibilità degli effetti della risoluzione alla prestazioni già eseguite.

47

A. MARTINI, D. DI PAULI, Fallimento e contratto di leasing finanziario, in www.odcec.pn.it

48

App. Milano 23 settembre 1986 in il fallimento 1987, 53. e Trib. Vicenza 1,7,1988, Riv. it. Leasing 89, 187; Trib Torino 20,3,1986 in piemont. 86, 409; Trib Udine 16,3,1985, Riv. Leasing 85,539.

49

1° comma: Se la risoluzione del contratto ha luogo per l'inadempimento del compratore, il venditore deve restituire le rate riscosse, salvo il diritto a un equo compenso per l'uso della cosa, oltre al risarcimento del danno.

50

Corte di cassazione sentenze nr. 6390/83, n. 3023/86, n. 8766/87 e n. 5623/88.

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