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Le problematiche riscontrate con l'introduzione del nuovo art 72-quater.

3. Il leasing e il suo rapporto con il fallimento.

3.2 Le problematiche riscontrate con l'introduzione del nuovo art 72-quater.

Il legislatore54 ha disciplinato lo scioglimento del contratto di leasing dando origine ad una questione tutt'ora irrisolta, perché sia in dottrina che in giurisprudenza vi è un dibattito circa l'applicabilità dell'art 72-quater della l.fall., alle procedure concorsuali minori e alla risoluzione contrattuale con riferimento a soggetti in bonis per inadempimento dell'utilizzatore. Inoltre l'atipicità che contraddistingue tale contratto, ha fatto sorgere fin da subito problematiche in termini di disciplina da adottare e ciò è dovuto alla mancanza di una univoca opinione sulla sua qualificazione giuridica.

La questione fu parzialmente superata, verso la fine degli anni ’80, quando la Suprema Corte individuò i due distinti tipi di leasing e precisamente il leasing di godimento e il leasing traslativo; ma tale interpretazione è stata oltrepassata dal nuovo testo dell'art. 72-

quater l.fall., che non prevede la distinzione del leasing in due

tipologie diverse e inoltre riconosce al concedente il diritto di trattenere i canoni già incassati e di ottenere la restituzione del bene per poterne realizzare il valore. La novella ha così dato origine al formarsi di ulteriori orientamenti contrastanti circa la corretta disciplina da richiamare nelle ipotesi di scioglimento del contratto di leasing.

Una parte della dottrina sostiene che tale norma disciplini il contratto di locazione finanziaria in ambito fallimentare, ma che la stessa ha effetti anche sulla regolamentazione dell'istituto in generale; dunque l'art. 72-quater può essere adottato ogni

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R. BOGONI, lo scioglimento del contratto di leasing finanziario, 2013, in www.ilfallimentarista.it

qualvolta si presenti uno scioglimento del contratto a causa dell'inadempimento dell'utilizzatore. Questo per garantire una certezza del diritto e la coerenza del sistema, che verrebbe a mancare se l'istituto fosse assoggettato a diverse disposizioni, così da creare diversificazioni tra il risarcimento dei danni che otterrebbe la società di leasing in caso di risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore, rispetto all’ipotesi di scioglimento verificatosi a seguito del fallimento del medesimo (che sarebbe maggiore). Opinioni contrastanti le possiamo riscontrare attraverso le sentenze della giurisprudenza di merito, che sino ad oggi si è espressa limitatamente ai casi di scioglimento del contratto di leasing avvenuto per risoluzione, ovvero prima della dichiarazione di fallimento.

La giurisprudenza di legittimità, invece, non si è ancora definitivamente espressa; ma in pronunce recenti, anche se riguardanti casi anteriori all’introduzione del nuovo art. 72-quater l. fall., la Suprema Corte afferma l’applicazione dell’art. 1526 c.c. alle ipotesi in esame.

Molti argomenti sono a favore della tesi, secondo la quale non si dovrebbe estendere i parametri previsti dalla nuova legge fallimentare a fattispecie che non rientrano nello scioglimento endofallimentare dei contratti di leasing. Pertanto la teoria, secondo la quale la nuova norma avrebbe delineato un quadro sistematico della regolamentazione della risoluzione del contratto di leasing è incerta; poiché per conformarsi a tale tesi, la norma produrrebbe effetti anche fuori dai ristretti ambiti fallimentari. Dunque, se quanto appena affermato fosse vero, dovremmo concludere che la normativa disciplina, in maniera uguale, i casi di scioglimento prima e dopo la dichiarazione di fallimento.

stesso diritto fallimentare, è prevista una particolare disciplina per l'ipotesi di scioglimento del contratto in ambito del concordato preventivo all'art. 169-bis l. fall., che riconosce al concedente un indennizzo equivalente al risarcimento del danno per mancato adempimento. Quindi in ambito di “procedura concordataria”, se venissero applicati, l'indennizzo ed i penalizzanti principi previsti dall' art. 72-quater l. fall., sorgerebbero situazioni di squilibrio delle prestazioni delle parti attraverso un indebito vantaggio del concedente; quindi uno squilibrio che la giurisprudenza di legittimità ha sempre sanzionato e configurato l’applicazione dell’art. 1526 c.c. .

Altra considerazione da fare è che l'art. 72-quater l. fall. si basa “sulla divisione (non riproducibile al di fuori del fallimento) tra credito regolabile fuori concorso e credito insinuabile al passivo,ˮ ed è stato proprio sulla base di questo elemento che una parte autorevole della dottrina ha rifiutato l'ipotesi di poter utilizzare tale articolo fuori dal fallimento. A tal proposito possiamo far riferimento alla pronuncia del tribunale di Milano55 secondo la quale «“la difficile applicabilità al di fuori del fallimento” della norma in esame, è dovuta sia al “chiaro riferimento che essa contiene all’insinuazione al passivo ed alla soddisfazione concorsuale delle prestazioni”, sia al “contenuto della disciplina, che prescinde del tutto dal problema della qualificazione causale delle prestazioni non eseguite e si incentra piuttosto sulla distinzione tra la porzione del credito regolabile fuori concorso e credito insinuabile”».

In ultima analisi possiamo mettere in luce che la disposizione è stata introdotta attraverso una legge speciale, quella fallimentare, nella sezione dedicata agli effetti del fallimento sui rapporti

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giuridici preesistenti; ovvero in un conteso in cui vengono regolamentati contratti che trovano altrove la propria e diversa disciplina generale. Le norme disposte in tale sezione servono per regolamentare in maniera specifica negozi giuridici qualora vi sia una situazione di dissesto dell’imprenditore e non aspirano a completare la loro definizione in ambito extracontrattuale. Quindi la specialità delle medesime, emerge dal fatto che all’interno della legge fallimentare si può già constatare l’assenza della finalità di disciplina “generale”.

Il 1° comma, di tale articolo, fa un esplicito richiamo all'art. 72, che consente di applicare, anche al leasing, l'azione di risoluzione del contratto, richiesta prima del fallimento, nei confronti della parte inadempiente e produce effetti nei confronti del curatore; fatta salva l'efficacia della trascrizione della domanda. A tal fine vi è distinzione tra la domanda promossa solo per ottenere la risoluzione del contratto e il giudizio continuerà nei confronti della curatela a seguito del fallimento del convenuto inadempiente; ed il caso in cui il contraente in bonis ha agito per ottenere la restituzione di quanto ottenuto o il risarcimento del danno. In tale circostanza il giudizio si interrompe e la domanda verrà proposta secondo le regole previste per l'ammissione al passivo dei crediti o per la restituzione dei beni di proprietà di terzi.

C'è chi ritiene56 che la norma, in questione, regoli il leasing solo dal punto di vista concorsuale, senza contemplare la qualificazione e la natura del contratto stesso; dunque rimane un contratto atipico.

In riferimento alla risoluzione del contratto di leasing, ante

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fallimento, per l' inadempimento dell'utilizzatore possiamo

richiamare la sentenza del Tribunale di Napoli 08.07.2010:57

«L'art. 72-quater l. fall. non è applicabile nel caso in cui il contratto di leasing sia stato risolto ante fallimento per inadempimento dell'utilizzatore; consegue che per stabilire se sulla sorte del contratto di leasing, il ricorrente vada o meno, ammesso al passivo fallimentare, per il credito vantato verso la società fallita a titolo di canoni insoluti ed interessi di mora, è necessario identificare la natura giuridica del contratto di leasing dedotto in giudizio per poi stabilire la disciplina che li regola, in particolare stabilire se in caso di risoluzione del rapporto trovi applicazione l'art. 145858 c.c., ovvero l'art. 152659 c.c.».

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Foro.it

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La risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti, salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, riguardo ai quali l'effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite. La risoluzione, anche se è stata espressamente pattuita non pregiudica i diritti acquistati dai terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di risoluzione.

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Se la risoluzione del contratto ha luogo per l'inadempimento del compratore, il venditore deve restituire le rate riscosse, salvo il diritto a un equo compenso per l'uso della cosa, oltre al risarcimento del danno. Qualora si sia convenuto che le rate pagate restino acquisite al venditore a titolo d'indennità, il giudice, secondo le circostanze, può ridurre l'indennità convenuta.

La stessa disposizione si applica nel caso in cui il contratto sia configurato come locazione, e sia convenuto che, al termine di esso, la proprietà della cosa sia acquisita al conduttore per effetto del pagamento dei canoni pattuiti.