• Non ci sono risultati.

Valutazioni citologiche nel paziente epatopatico

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Valutazioni citologiche nel paziente epatopatico"

Copied!
107
0
0

Testo completo

(1)

ANATOMIA E FISIOLOGIA DEL SISTEMA EPATOBILIARE

Il fegato rappresenta la più voluminosa ghiandola dell’apparato gastro enterico ed esplica la propria funzione nell’ambito della maggior parte delle attività biologiche dell’organismo. Nel fegato pertanto si attuano numerosi processi metabolici di ossidazione e riduzione, di degradazione e sintesi , di accumulo e disintossicazione. intervenendo nell’ambito del metabolismo di lipidi, glucidi, dei protidi dei composti azotati non proteici, degli acidi biliari, dei pigmenti biliari e di numerose vitamine, il fegato rappresenta uno degli organi vitali dell’organismo animale. Le suddette numerose funzioni epatiche sono legate da uno stretto rapporto di interdipendenza, da cui si evince che una singola alterazione epatica può comportare l’alterazione di più attività.

CENNI DI ANATOMIA

Il fegato è un organo parenchimale annesso al duodeno, disposto a destra del piano mediano sulla faccia addominale del diaframma, occupa l’epicondrio destro, l'epigastrio e parzialmente l’epicondrio sinistro.

Nel cane è diviso in sei lobi e presenta sulla faccia ventrale l’ilo da cui entrano ed escono vena porta, arteria epatica dotto biliare maggiore e i vasi linfatici.

Il fegato è ricoperto da una sierosa peritoneale e da una tonaca propria di origine connettivale, la quale si approfondisce a livello dell’ilo nell’interno dell’organo a delimitare i lobuli epatici. La porzione intraepatica della tonaca propria costituisce la capsula di Glisson. Il parenchima epatico ha un aspetto macroscopico uniforme , tuttavia in esso è possibile riscontrare unità strutturali rappresentata dal lobulo epatico. Esso rappresenta un area di forma esagonale in cui istologicamente si riconoscono file di epatociti disposti a formare lamine monostratificate distribuite radialmente intorno alla vena centrale. In corrispondenza degli angoli dei lobuli si trovano inclusi in strutture connettivale un ramo della vena porta, un ramo dell’arteria epatica e un piccolo dotto biliare. Tale complesso viene definito triade portale o spazio portale. Negli spazi delimitati dalle filiere di epatociti decorrono i capillari di

(2)

tipo sinusoidale, derivanti da fini ramificazioni terminali della vena porta e da quelle dell’arteria epatica presenti negli spazi portale. I capillari della periferia del lobulo si portano , anastomizzandosi, verso il centro per aprirsi nella vena centro lobulare che percorre assialmente il lobulo e si getta in una vena sottolobulare. L’afflusso di sangue alle lamine fenestrate degli epatociti fluisce in senso centripeto nel sistema sinusoidale.

Le vie biliari destinate a convogliare la bile nel duodeno predono origini da numerosi condottini biliari (colangioli) rivestiti da epitelio cubico posti alla periferia dei lobuli nei quali sboccano i capillari biliari; quest’ultimi non possiedono parete propria ma sono delimitati dalle cellule epatiche. I colangioli ampiamente anastomizzati tra loro, decorrono nel connettivo insieme ai vasi sanguigni e si dirigono verso gli spazi portali dove sboccano nei dotti interlobulari. Questi provvisti di epitelio cilindrico semplice decorrono nella guaina connettivale forata dalla glissoniana fino a confluire tra loro dando origine a doti di maggior calibro, i dotti lobari che convergendo a loro volta vanno a formare il dotto epatico.

Se i lobuli epatici rappresentano le unità strutturai del fegato, da un punto di vista funzionale la ghiandola epatica può essere suddivisa nei cosi detti acini epatici. Un acino epatico è una sezione di forma ovalare di parenchima, il cui asse maggiore congiunge due vene centrolobulari e il minore approssimativamente un lato dell'esagono costituito dal lobulo epatico.

Ciascun acino è divisibile da un punto di vista funzionale in tre zone. La zona 1, definita periportale, è quella più vicina alla ramificazione della vena porta e dei rami terminali dei vasi afferenti, il suo asse maggiore congiunge le due ramificazioni portali, il minore si approfonda di poco nel parenchima del lobulo. La zona 2, intermedia, è un'area triangolare che comprende esclusivamente il parenchima del lobulo nella sua porzione media, la zona 3, centrolobulare, è prossima alla vena centrolobulare e ne comprende il margine. L'acino assume così una forma ovalare o romboidale.

In relazione alle variazioni zonali dell’apporto sanguigno ( la tensione di ossigeno del sangue sinusoidale decresce progressivamente dalla zona 1 alla zona 3 ) e anche probabilmente all’età degli epatociti ( quelli della zona più giovani di quelli della zona 3) gli epatociti mostrano un diverso grado di eterogeneità ultrastrutturale e e biochimico-funzionale nelle tre diverse zone.

(3)

Tale eterogeneità condiziona una diversa predisposizione a risentire degli effetti dannosi dell’ipossia, delle carenze dei fattori trofici, e nei confronti delle sostanze tossiche.

In particolare gli epatociti della zona 1 risultano essere metabolicamente più attivi, essendo predisposti principalmente alla sintesi dell’albumina, del colesterolo, alla formazione di urea e alla gluconeogenesi. Questi epatociti risultano più sensibili ai danni ipossici. Gli epatociti della zona 3, invece esprimono una forte attività delle citocromo p-450 monossigenasi e sembrano essere maggiormente coinvolti nell’attività di detossificazione e biotrasformazione dei farmaci; questa zona rista pertanto particolarmente sensibile ai danni di tipo tossico. Per quanto riguarda la zona 2, si tratta di epatociti a caratteristiche intermedie con metabolismo e sensibilità agli insulti patogeni che si inseriscono a metà tra quelle della zona 1 e quelle della zona 3. (fowcett 1996)

Gli epatociti

Gli epatociti sono le cellule caratteristiche del fegato, al punto da costituire l'80% del volume epatico ed il 60% di tutte le cellule dell'organo. Oltre a comporre la massa principale del fegato, gli epatociti rappresentano anche la parte maggiormente attiva e funzionale dell'organo, come testimoniato dalle loro caratteristiche istologiche che conformano l’enorme attività biosintetiche e degradative compiute dell’organo.

Strutturalmente n epatocito si presenta di forma poliedrica, con 5-12 superfici e 20-30 µm di diametro; il nucleo è di forma sferica, eucromatico e spesso multiplo (due o più nuclei).molto evidente l’ abbondante reticolo endoplasmatico sia liscio che rugoso e i numerosi mitocondri e ribosomi.

Le facce degli epatociti sono a stretto contatto fra loro e su di un versante delimitano i capillari biliari, dall'altro prospettano verso le pareti sinusoidali; la membrana plasmatica rivolta verso i sinusoidi epatici presenta numerosi microvilli di forma irregolare, che amplificano le possibilità di scambi metabolici tra sangue ed epatociti. A livello dei canalicoli biliari si accumulano numerose vescicole di esocitosi, contenenti per l'appunto bile da secernere nei canalicoli stessi.

Gli epatociti hanno una normale vita media di 200 giorni dopodiché vanno incontro ad apoptosi ( morte cellulare programmata).

(4)

Cellule di Kupffer

Le cellule di Kupffer sono cellule macrofagiche derivanti dai monociti circolanti che si localizzano a livello della superficie delle cellule endoteliali epatiche. Tipicamente la morfologia di queste cellule è estremamente variabile, il citoplasma può contenere vacuolizzazioni e fagosomi. Fisiologicamente svolgono un ruolo importante nell’emocatresi dove riconoscono e fagocitano gli eritrociti danneggiati o invecchiati. Inoltre si riconosce un attività nel processo di risposta immunitaria cellulo-mediata in quanto cellule presentati l’antigene e modulanti l’attività dei linfociti T ( Center 1995).

Cellule di Ito

Le cellule di Ito, anche conosciute come cellule stellate, hanno un origine mesenchimale e presentano molteplici funzioni tra cui quella di secernere le principali sostanze costituenti della matrice ( collagene di tipo III e reticolina). Tale attività si rende fondamentale nei processi di riparazione e rigenerazione epatica, sia fisiologica che successiva ad un insulto patogeno. Le cellule di Ito sono il principale sito di stoccaggio della Vitamina A, ed hanno la capacità di regolare il flusso ematico sinusoidale.

Morfologicamente possiedono una forma irregolare, stellata, data da dei prolungamenti a contatto con le cellule endoteliali ed Il citoplasma contiene numerosi vacuoli lipidici (fawcett 1996).

CENNI DI FISIOLOGIA EPATICA

Il fegato rappresenta uno degli organi più poliedrici presenti nell’organismo e si trovo coinvolto nelle principali vie metaboliche glicidiche, lipidiche, proteiche ed ormonali.

Metabolismo glucidico

Il fegato ha un ruolo preponderante riguardo il controllo e il mantenimento del normale tasso glicemico, sia come organo di deposito, stimolando deposito di glicogeno (azione di glicogenosintesi), sia stimolando, in maniera inversa, mobilizzazione di glucosio dal glicogeno, con

(5)

gluconeogenesi, consistente in sintesi di glucidi partendo da sostanze non glucidiche (in questo caso aminoacidi). Quest’azione, di solito limitata, si esalta in condizioni di scarsa presenza glucidica.

Metabolismo lipidico

Rispetto a quanto avviene in altri tessuti, il fegato interviene in misura predominante sul metabolismo lipidico determinando mobilizzazione, trasporto ed utilizzazione lipidica.

La sua funzione peculiare è la biosintesi ed il rilascio di lipoproteine plasmatiche, che attraverso il sangue, arrivano ai vari tessuti.

In particolare, il fegato è responsabile della trasformazione degli acidi grassi non esterificati (NEFA), derivanti dalla dissociazione dei chilomicroni o dalla lipolisi adipocitaria, che gli giungono con il plasma. Nell’epatocita essi possono andare incontro a B-ossidazione ( solo una piccola parte), esterificazione e trasformazione in corpi chetonici quali acetoacetato, acetone, b-idrossibutirrato. Quest’ultima riveste particolare importanza durante gli stati di digiuno prolungato e nel cane il fegato rappresenta il maggior produttore di acetoacetato ( D’angelo 2001).

L’esterificazione che riguarda l’80-90% dei NEFA porta, attraverso il colesterolo, il glicerofosfato ed il glicerolo a steroidi, fosfolipidi e soprattutto a trigliceridi.

La sintesi dei fosfolipidi condizione la reimmissione in circolo dei lipidi da parte dl fegato , infatti quando per insufficienza di fattori lipotropi quali la colina ( anch’essa prodotta dal fegato) il fegato non è in grado di operare la sintesi dei fosfolipidi andando incontro ad accumulo intracitoplasmatico di grassi( d’angelo 2001)

I fosfolipidi, i trigliceridi e il colesterolo a loro volta possono essere legati a proteini andando a costituire le lipoproteine, oppure essere depositati nel fegato.

Si ritiene che l’epatocita sia il principale responsabile della biosintesi di colesterolo a partire da due molecole di acetil CoA. La sintesi è limitata dall’enzima idrossimetil-glutaril-CoA reduttasi che risente dell’influenza ormonale, infatti alti livelli di insulina determinano un incremento della forma attiva dell’enzima, mentre il glucagone lo inattiva (Agguggini 2001).

(6)

Il catabolismo del colesterolo porta alla formazione degli acidi biliari ( l’80% del colesterolo viene convertito in essi) , degli ormoni steroidei e degli esteri del colesterolo. Tra gli acidi biliari di maggior importanza troviamo l’acido colico e l’acido desossicolico che vengono escreti con la bile dopo essere stati coniugati n acido glicocolico e taurocolico.

Metabolismo proteico

Nel fegato avviene la sintesi di numerose proteine plasmatiche quali l’albumina, parte delle alfa e beta globuline ed il fibrinogeno. L’albumina, interamente prodotta dal fegato, rappresenta il 40% circa delle proteine plasmatiche e svolge un importante ruolo nel mantenimento della pressione oncotica e nel trasporto di numerose sostanze. Le alfa e beta globuline epatiche svolgono un ruolo di trasporto dei lipidi costituendo le lipoproteine.

In questo quadro assume importanza anche la sintesi delle proteine coinvolte nel processo di coagulazione, quali ad esempio fibrinogeno, protrombina, eparina, fattori VII, IX e X. La vitamina K è un fattore importante nella processo di sintesi di queste proteine.

Il fegato è oltresì tappa essenziale del catabolismo proteico; infatti è l’unico organo in cui avvengono la deamminazione aminoacidica e la sintesi dell’urea. L’ureogenesi consente all’organismo di trasformare una sostanza con elevata tossicità quale l’ammoniaca. L’urea che si forma a livello epatico passa nel sangue e viene eliminata con l’urina, nella quale costituisce l’80 – 90% dell’azoto escreto. Anche le basi azotate vengono degradate dal fegato in acido urico e successivamente in allantoina.

Funzione protettiva

l fegato, anche in virtù della sua interposizione fra circolo portale e circolo generale, provvede, con processi di ossidazione e coniugazione, a trasformare, rendere innocue ed eliminare numerose sostanze assorbite dall’intestino che, altrimenti, qualora passassero immodificate nel circolo generale, potrebbero esplicare azione tossica. I processi di coniugazione avvengono soprattutto nei riguardi di sostanze aromatiche (di origine fenolica, benzoica, fenilacetica), che si formano nel catabolismo proteico. Per esempio, scatolo e indolo sono coniugati con acido solforico a formare solfati eterei.

(7)

Funzione endocrina

A livello epatico avvengono molte attività di inattivazione e sintesi ormonali, a questo proposito ricordiamo che molti ormoni, quali ad esempio i corticosteroidi, gli estrogeni, gli androgeni e gli ormoni tiroidei, vengono inattivati dal fegato mediante un processo di coniugazione. Nella ghiandola epatocitaria viene poi sintetizzato l’angiotensinogeno che verrà successivamente trasformato in angiotensina 1 dalla renina, contribuendo al mantenimento dell’omeostasi circolatorio e pressoria dell’organismo.

Funzione endocrina

La formazione di bile all’interno del fegato e la sua successiva escrezione nel lume intestinale rappresenta una fase fondamentale del processo digestivo e detossificante dell’organismo. La bile è composta da acqua, Sali inorganici e Sali degli acidi biliari, pigmenti biliari, lecitina, colesterolo e proteine.

Le funzioni esplicate dagli acidi biliari riguardano essenzialmente digestione ed assorbimento dei lipidi, in particolare svolgono :

1. Azione emulsionante, abbassando la tensione superficiale dell’interfaccia olio-acqua.

2. In concentrazione elevata, tendono a costituire aggregati molecolari con fosfolipidi (lecitine) e monogliceridi, in forma di micelle miste, incorporando lipidi insolubili (colesterolo, acidi grassi) e vitamine liposolubili.

3. Attivano le lipasi intestinali.

4. Stimolano la riesterificazione degli acidi grassi.

5. Controllano sintesi e secrezione di fosfolipidi nella bile. 6. Svolgono azione coleretica.

La secrezione della bile E’ regolata da fattori biochimici, nervosi ed endocrini. I 3 principali ormoni gastrointestinali (secretina, pancreozimina, gastrina) hanno azione coleretica. Tuttavia pancreozimina e gastrina esplicano azione inferiore, ma coadiuvano l’azione della secretina, favorendo la secrezione di bile ricca di acqua e HCO3-. La gastrina, stimolando produzione di HCl,

(8)

acidifica il duodeno, inducendo liberazione di secretina e potenziandone l’effetto coleretico. Con meccanismo analogo alla gastrina agisce l’istamina.

Il controllo nervoso si può attivare attraverso il parasimpatico (vago) e, in misura minor, attraverso l’ortosimpatico (nervo splancnico). La stimolazione vagale ha effetto coleretico; all’opposto la vagotomia annulla la secrezione postprandiaiale della bile.

(9)

CLASSIFICAZIONE MORFOLOGICA DELLE PATOLOGIE

EPATOBILIARI

Classificazione delle alterazioni parenchimali

Secondo quanto descritto nel recente documento WSVA le alterazioni epatiche parenchiamli si possono classificare in:

1) Disordini epatocellulari reversibili ( rigonfiamento cellulare, epatopatia vacuolare, steatosi) 2) Amiloidosi epatica

3) Morte cellulare 4) Epatiti e cirrosi

5) Ascessi epatici e granulomi

6) Epatopatie da accumulo metabolico 7) Miscellanea

DISORDINI EPATOCELLULARI REVERSIBILI

Le degenerazioni epatiche intese come metamorfosi strutturali degenerative, vengono definite come danni cellulari reversibili per la loro compatibilità, almeno per n determinato periodo, con la sopravvivenza della cellula. Esse tuttavia possono progredire instaurando un processo di cronicizzazione e sfociando in alterazioni irreversibili o nella morte cellulare.

Alla base del processo degenerativo troviamo l’alterazione del metabolismo e delle componenti strutturali delle cellule in seguito ad un insulto patogeno esogeno o endogeno.

(10)

Rigonfiamento cellulare torbido e degenerazione idropica

Il rigonfiamento cellulare è la forma più precoce e più lieve di sofferenza cellulare istologicamente rilevabile ( Fonnesu 1977).

Si manifesta morfologicamente con un aumento delle dimensioni della cellula quale risultato di un sovraccarico di acqua determinato da una ridotta capacità cellulare nel mantenere la normale omeostasi idrica. Questo danno è associato e una modificazione e alterazione degli organuli cellulari con conseguente danno alla membrana cellulare, insufficiente produzione di energia e danni enzimatici che regolano i canali ionici di membrana. In particolare, dal punto di vista biochimico, gli organuli cellulari principalmente colpiti sono il mitocondri ( Bassi 1961), i quali si presentano aumentati di volume, di forma globosa e la loro matrice granulare perde densità. questo processo oltre un certo limite produce un alterazione strutturale definitiva dei mitocondri, tale da compromettere le loro funzioni. Infatti la tumefazione mitocondriale si associa all’incapacità di sintetizare ATP, per cui la pompa sodio-potassio della membrana cellulare, essendo ATP dipendente, perde di efficacia e ciò determina un aumento del contenuto idrico cellulare.

Microscopicamente le cellule appaiono aumentate di volume, rigonfie con citoplasma finemente granulare e di aspetto torbido, dilatazione del reticolo endoplasmatico, con distacco e disaggragazione dei ribosomi e alterazioni nucleari. Talvolta alterazioni lievi e moderate possono risultare difficilmente identificabili al microscopio ottico.

La degenerazione schiumosa/piumosa

La degenerazione schiumosa/piumosa è una particolare forma di rigonfiamento idropico dovuta ad una alterata omeostasi dei liquidi cellulari e indotta dall’effetto citotossico di alcuni acidi biliari in corso di stasi biliare. Gli epatociti appaiono rigonfi con citoplasma chiaro e finemente reticolato talvolta con la presenza di pigmenti bruno-verdastri intracitoplasmatici. Il meccanismo patogenetico di tale alterazione risiede nell’attività degli acidi biliari di solubilizzare i lipidi con lo scopo fisiologico di favorire la digestione e l’assorbimento dei grassi nell’intestino. Tuttavia quando il contatto tra acidi biliari e membrane cellulari si prolunga oltre i limiti fisiologici essi esercitano la loro attività solubilizzanti nei confronti delle membrane stesse. Gli epatociti sono

(11)

secernerli attraverso dei canalicoli di membrana. Il danno si instaura nel momento in cui gli acidi biliari non vengono efficientemente eliminati . Gli acidi biliari maggiormente coinvolti sono quelli con maggior attività idrofobica di cui l’acido chenodessossicolico e l’acido desosicolico. Un solo acido biliare, l’acido ursodesossicolico non coniugato, è privo di effetto citotossico e al contrario favorisce un aumento dell’escrezione biliare.I danno iniziale dovuto alla stasi biliare colpisce mitocondri, reticolo endoplasmatico e apparto di Golgi.

EPATOPATIA VACUOLARE ( epatopatia steroide-indotta)

L’epatopatia vacuolare è un’ alterazione caratterizzata da un eccessivo accumulo intracitoplasmatico di glicogeno.

Una quantità variabile di glicogeno risulta normalmente depositata all’interni degli epatociti, una quantità eccessiva è invece presente in animali nei quali il metabolismo del glucosio e del glicogeno è modificato. Ciò avviene tipicamente in condizioni di iperadrenocorticismo, endogeno o esogeno, dove gli steroidi portano ad un massivo deposito di glicogeno. Tale condizione non è legato solamente a corticosteroidi bensì sono riportati casi di degenerazione vacuolare epatica da progestinici e aldosterone,nonché da alcuni farmaci come le penicillamine. ( Cullen, Van den Ingh 2006)

Microscopicamente il quantitativo di glicogeno negli epatociti può essere correlato alla concentrazione originale presente nella cellula e al tempo intercorso tra la morte e la fissazione del tessuto durante il quale il glicogeno continua ad essere metabolizzato e al tipo di fissativo utilizzato .

Al microscopio ottico gli epatociti appaiono aumentati di volume con citoplasma chiaro e rarefatto con filamenti eosinofilici. Il glicogeno appare sotto forma di vacuoli chiari intracitoplasmatici irregolari a margini indistinti ( in contrapposizione ai vacuoli lipidici che risultano rotondeggianti e ben delimitati). Il nucleo può apparire centrale o spostato alla periferia, talvolta possono essere presenti da due tre nucleoli evidenti. Le lesioni possono essere diffuse, zonali o interessare piccoli gruppi cellulari. In associazione alla epatopatia vacuolare si possono notare neutrofili marginati nei piccoli vasi ematici e foci di emopoiesi extramidollare. Istologicamente il glicogeno viene dimostrato con la colorazione specifica PAS.

(12)

STEATOSI

La steatosi rappresenta l’accumulo patologico di trigliceridi all’interno della cellula epatica, causati da un dismetabolismo lipidico.

Gran parte del metabolismo lipidico avviene all’interno del fegato dove si ha la formazione finale di lipoproteine sieriche. La sequenza biochimica che porta alla loro sintesi, inizia con la produzione di trigliceridi a partire dagli acini grassi non esterificati (NEFA), che circolano nel sangue veicolati dalle albumine e che provengono dalla dieta e dalla mobilitazione dei grassi di deposito. Negli epatociti i trigliceridi, assieme a varie quantità di fosfolipidi, colesterolo e colestridi, vengono coniugati con una proteina sintetizzata in gran parte dal fegato stesso, l’apolipoproteina, costituendo le lipoproteine. L’esterificazione degli acidi grassi a trigliceridi, la sintesi proteica, e la sintesi lipoproteica avvengono nel reticolo endoplasmatico della cellula epatica con l’intervento di enzimi situati nei ribosomi del reticolo stesso.

Figura marcato metabolismo lipidico

Le cause biochimico-metaboliche alla base della steatosi possono assere ricondotte a :

1) Eccessivo apparto di acidi grassi con la dieta o eccessiva lipomobilitazione dai siti di deposito (diabete mellito , digiuno prolungato)

2) Alterazione della funzionalità epatocitaria per scarsa energia con ridotta capacità di ossidativa degli acidi grassi ( ipossia) , o per danneggiamento mitocondriale ( tossici)

3) Aumentata esterificazione degli acidi grassi in risposta all’aumento di glucosio e insulina (iperadrenocorticismo)

4) Ridotta sintesi di apolipoproteine ( carenze proteiche, dani tossici) 5) Difetti secretori delle lipoproteine ( tossine e farmaci)

Microscopicamente gli epatociti sono caratterizzati dalla presenza intracitoplasmatica di vacuoli di diverse dimensioni e in numero diverso. I vacuoli sono perfettamente rotondeggianti e ben definiti e con le normali colorazioni citologiche appaiono otticamente vuoti. Per identificare con sicurezza la presenza di lipidi all’interno vacuoli si usano delle colorazioni specifiche quali Sudan III, Scharlach R e Oil-Red-O. I campioni destinati alla ricerca di lipidi devono subire un trattamento

(13)

sostanze lipidiche. A tale scopo vengono comunemente utilizzati sezioni di tessuto congelate e fissate successivamente con tetrossidi di osmio.

I seguito alle dimensioni dei vacuoli la steatosi epatica viene distinta in microvescicolare e macrovescicolare; il pattern caratteristico della microvescicolare è dato da multipli piccoli vacuoli di dimensione uniforme, che non decentrano il nucleo. Nella steatosi macrovescicolare si trovano vacuoli di dimensioni maggiori o uguali al nucleo che possono dislocare quest'ultimo alla periferia conferendo all’epatocita il caratteristico aspetto ad “anello con castone”.

frequentemente la steatosi macrovescicolare si riscontra in cani con diabete mellito in cui l’accumulo lipidico è nell’area centro lobulare e nell’ipoglicemia giovanile con accumulo che può essere diffuso o centro lobulare.

Un grave processo steatosico può compromettere la funzionalità epatica.

AMILOIDOSI

È una manifestazione degenerativa, a sede interstiziale, con accumulo di un materiale patologico, caratteristico e ben differenziabile, la sostanza amiloide. Tale nome, introdotto da Virchow nel 1858, deriva dall’aspetto di questa sostanza dopo reazione iodosolforica, simile all’amido.

L’amiloide è chimicamente composta da proteine fibrillari e di mucopolisaccaridi neutri ed acidi che si dispongono con una configurazione Beta- antiparallela ripiegata a lenzuolo. Da questa struttura molecolare dipendono la congofilia con tipica birifrangenza verde, la resistenza alla proteolisi e all’autolisi.

Le amiloidosi si possono classificare in localizzate o generalizzate e a loro volta suddivise in primarie e secondarie.

L’amiloidosi localizzata è una forma più rara rispetto a quella generalizzata e si presenta sotto forma di noduli amilodi nei quali è possibile trovare associati fenomeni di tipo infiammatorio. Una particolare forma di amiloidosi localizzata è l’amiloidosi pancreatica del gatto che può manifestarsi indipendentemente da quella generalizzata e da cui può essere differenziata mediante il metodo del permanganato di potassio-rosso Congo (Yano et al. 1981)

L’amiloidosi generalizzata i distinguono in primarie e secondarie, dove la primaria o idiopatica si manifesta in assenza di una patologia apparente, nell’uomo si riconosce una causa ereditaria,

(14)

mentre nei topini LLC (Low Leococyte count) si sviluppa frequentemente, una grave amiloidosi generalizzata. (Chai, 1978)

Le forme secondarie di amiloidosi si manifestano in associazione a gravi processi infettivi ad andamento cronico e depauperante. Solitamente la sostanza patogena si deposita a contatto con le fibre reticolari all’esterno dell’endotelio dei sinusoidi e dei piccoli vasi. Nel cane l’amiloidosi secondaria è stata spesso osservata in corso di plasmocitomi e nella leishmaniosi, e costantemente nella “Gray Collie Syndrome”. (P.S. Marcato 2000)

MORTE CELLULARE: apoptosi e necrosi

Necrosi e apoptosi sono due termini che indicano un processo di morte cellulare, in particolare con apoptosi si intende il processo attivo, programmato, caspasi dipendente con cui la cellula termina il proprio ciclo vitale. Tale processo si caratterizza per un iniziale diminuzione della grandezza cellulare senza perdita dell’integrità della membrana cellulare seguita da frammentazione e fagocitosi da parte delle cellule macrofagiche, in assenza di risposta infiammatoria. L’apoptosi oltre ad essere n meccanismo di autodistruzione fisiologico, può presentarsi come fenomeno patologico innescato da cellule immunocompetenti (Marcato 2008). Microscopicamente si rendono evidenti epatociti piccoli, intensamente eosinofilici, con nuclei condensati; successivamente si evidenzieranno degenerazioni nucleari e citoframmentazione associata ad inclusioni intracitoplasmatiche all’interno delle cellule di Kupffer.

La necrosi è un processo di morte cellulare, caspasi- indipendente, che si instaura in seguito ad un insulto patogeno. Le cause patogenetiche di necrosi epatocellulare si possono classificare in: 1. Ischemia tessutale, ipossia

2. Danno da colestasi

3. Danno da esotossine o endotossine 4. Agenti microbiologici

5. Danno ossidativo da radicali liberi 6. Cause immunomediate

(15)

In base ad una classificazione anatomo-patologica, si distingue la necrosi coagulativa e colliquativa.

La necrosi coagulativa è caratterizzata dal mantenimento del profilo delle cellule, il citoplasma appare omogeneo ed osinofilico; il nucleo appare picnotico, carioretico, cariolitico o assente. Presumibilmente, il danno ed il conseguente stato di acidosi che si instaura nella cellula, denatura non solo le proteine strutturali ma anche gli enzimi, impedendo la proteolisi della cellula. In seguito a tale processo si instaura una proliferazione delle cellule del Kupffer e infiltrazione di fagociti mononucleati e polimorfonucleati con conseguente lisi e riassorbimento delle cellule necrotiche ( Van de ingh, Van Winkle 2006).

Frequentemente la necrosi coagulativa si osserva in seguito ad un danno ischemico o nello shock. ( Donald Mc Gavin 2007).

La necrosi colliquativa è contraddistinta dal rigonfiamento osmotico degli epatociti con disgregazione della membrana cellulare e conseguente perdita della trama strutturale reticolare che può essere sostituita da eritrociti ed accompagnata dalla presenza di macrofagi contenenti sostanza ceroide intracitoplasmatica ( Van de ingh, Van Winkle 2006).

La localizzazione topografica della necrosi epatocitaria porta ud una suddivisione istologica tra ncrosi microfocale, zonale, confluente o “a ponte”.

1. Necrosi microfocale : il processo interessa un piccolo numero di cellule con distribuzione casuale, visibili solo microscopicamente e generalmente associata ad patologie infettive o gastroenteriche con liberazione di tossine ( Marcato 2008).

2. Necrosi zonale: si tratta di un processo diffuso che a seconda della distribuzione all’interno del lobulo epatico si distingue in centrolobulare ( colpiti prevalentemente gli epatocito della zona 3), medoi-lobulare ( compromessi gli epatociti della zona 2), periportale (interessa le cellule della zona 1)(Marcato 2008).

3. Necrosi confluente o “a ponte” : quando il processo patologico si estende tanto da collegare due strutture vascolari. Si parla quindi di ponti centro-centrali quando sono connesse le vene centro lobulari, ponti centro-portali se collegano vena centrolobulare allo spazio portale ed infine ponti porto-portali se congiungono due spazi portali.

4. Necrosi massiva: è la forma patologica più grave con con interessamento diffuso pan- lobulare e multifocale. Questa forma può portare ad un pericoloso disfacimento della struttura

(16)

epatica e alla perdita di parenchima con successiva rigenerazione e sostituzione da parte di tessuto connettivo intracitoplasmatica ( Van de ingh, Van Winkle 2006).

EPATITI

Con il termine epatite si indica un processo patologico in cui si fondono infiammazione, apoptosi e necrosi , in cui la succesione patogenetica di questi elementi può diversificarsi ed essere l’una la causa dell’altra e viceversa.

Eziologicamente l’epatite è una patologia aspecifica che può essere scaturita da numerosi insulti patogeni sia esogeni che endogeni. Con questa considerazione prende importanza fondamentale non tanto la diagnosi di epatite ma piuttosto l’interpretazione della lesione, riguardo il tipo, l’estensione, il pattern della necrosi e dell’infiammazione, la presenza o meno di fibrosi o rigenerazione.

Epatite acuta

Nonostante alcune controversie rispetto alla nomenclatura di questa patologia e soprattutto riguardo alle necrosi epatica acuta non infettiva, si può definire epatite acuta un processo necrotico, infettivo o non infetivo, con o senza infiammazione ( Van de ingh, Van Winkle 2006). Essa si caratterizza morfologicamente per una combinazione di infiammazione, necrosi e apoptosi talvolta con fenomeni di rigenerazione. La proporzione e la localizzazione di questi elementi varia notevolmente a seconda della causa, della risposta dell’ospite, e dal tempo di insorgenza.

Per quanto riguarda l’iter diagnostico, nella maggior parte dei casi, la fase decisiva nell’identificazione certa della patologia è l’esame istologico tramite biopsia epatica, tuttavia rimane spesso difficile raggiungere una diagnosi eziologica certa.

Cause specifiche di epatite acuta: Adenovirus canino di tipo I ( CAV-1)

Si tratta di una malattia multisistemica che coinvolge fegato, reni, encefalo ed altri organi. A livello epatico causa una grave necrosi centrolobulare e confluente con o senza infiammazione. Negli epatociti, e talvolta nelle cellule epiteliali dei dotti biliari, si possono trovare dei corpi inclusi

(17)

Leptospirosi

Patologia multisistemica che colpisce in particolare rene, fegato ed altri organi, caratterizzata dalla massiva presenza di microrganismo nello spazio di Disse mentre la componente necrosi è minima. In corso di leptospirosi è frequente la dissociazione delle filiere di epatociti e la presenza di cellule epatiche multinucleate ed numerose mitosi ( Van de ingh, Van Winkle 2006).

Clostridiosi ( Clostridium piliformis) o malattia di Tyzzer

Colpisce soprattutto il fegato dove causa necrosi diffusa spesso confluente e dove è possibili osservare grandi bacilli allungati negli epatociti adiacenti ai focolai necrotici.

Altri agenti infettivi

Molti altri patogeni come Escherichia coli, Streptococcus, Pasteurella, Salmonella e Brucella sono responsabili di forme di epatiti nel cane più o meno diffuse. L’esame batteriologico e la PCR possono essere indagini valide per l’identificazione certa del microrganismo coinvolto. In corso si toxoplasmosi la necrosi epatica può essere importante con distribuzione pan-lobulare e frequentemente accompagnata da infiammazione netrofilica- macrofagica ( Van de ingh, Van Winkle 2006).

Un caso di epatite da helicobatter canis è stato descritto con lesioni necrotiche multifocali epatiche (Fox JG, Drolet R, Higgins R, et al. 1996)

Agenti tossici

Alcune epatiti necrotiche associate a forte infiammazione possono essere causata da diversi agenti come l’Amanitum spp e Cyanophyceae. Anche alcuni farmaci possono rendersi responsabili di reazioni idiosinrasiche con successiva necrosi epatica( benzodiazepine, paracetamolo, carprofen, trimethoprim, sulfonamide) ( Van de ingh, Van Winkle 2006).

Epatiti croniche

Le epatiti croniche sono caratterizzate, oltra che da necrosi , apoptosi ed infiammazione, da processi di tipo rigenerativo/riparativo. Le proporzioni e la distribuzione di queste lesioni sono molto variabili, si rende pertanto necessaria, durante la refertazione istologica, l’accurata descrizione delle suddette alterazioni. La prognosi e lo stadio della malattia viene valutata in base all’estensione, al pattern delle lesioni e della fibrosi; particolare attenzione alle possibili

(18)

disarchitetture parenchimali e vascolari che possono rendere la prognosi peggiore e cambiare il successivo piano terapeutico.

La fibrosi istologicamente può essere suddivisa in porto-portale, porto-centrale, centro-centrale e spesso si associa alla presenza di noduli rigenerativi con proliferazione dei dotti biliari periferici. Le cause di epatiti croniche spesso sono indeterminate, tuttavia vengono frequentemente associate a patologie virali, somministrazioni farmacologiche prolungate nel tempo ( anticonvulsivanti) o aflatossicosi . ( Van de ingh, Van Winkle 2006).

Delle forme particolari di epatite cronica si ritrovano durante patologie d’accumulo di metalli pesanti, in particolare sono ormai evidenti i danni epatici da ritenzione di rame con necrosi a partenza centrolubulare e infiammazione macrofagica fino ad arrivare alla cirrosi. Analogamente anche l’accumulo di piombo, come dimostrato in n recente studio, tramite un danno ossidativo di membrana porta ad importati alterazioni strutturali e funzionali di molti organi compreso l’epatite cronica (Lyn Patrick 2006)

CIRROSI

La cirrosi è un processo di sclerosi epatica irreversibile caratterizzato da alterazioni strutturali e vascolari, in particolare si evidenzia

1. Capillarizzazione dei sinusoidi

2. Formazione di setti connettivo-vascolari all’interno dei lobuli 3. Iperplasia nodulare del parenchima epatico

4. Disachittettura del parenchima epatico

Queste modificazioni portano ad interferenze negli scambi metabolici, formazione di anastomosi vascolari con riduzione della perfusione del parenchima e alterata circolazione intraepatica. Gli stessi noduli rigenerativi, costituiti da epatociti anomali , non risultano funzionali ma bensì provocano lesioni di tipo compressivo del tessuto adiacente, andando ad aggravare il quadro patologico.

(19)

L’incapacità di compensazione da parte degli epatociti, associata alle turbe vascolari e alla progressiva sclerosi del parenchima porta l’organo ad un livello di insufficienza funzionale, spesso incompatibile con la vita ( Marcato 2000).

La cirrosi viene distinta in micronodulare e macronodulare, la micronodulare si presenta con noduli regolarmente diffusi di grandezza non superiore ai 3mm; la cirrosi macronodulare, spesso secondaria a grandi aree di necrosi, è caratterizzata da noduli di dimensioni maggiori di 3mm e ed irregolarmente distribuiti. ( Van de ingh, Van Winkle 2006)

ASCESSI EPATICI E GRANULOMI

Gli ascesi del parenchima epatico seno spesso fenomeni secondari ad infezioni batteriche. I microrganismi possono raggiungere l’organo per via ematica durante le fase setticemica dell’infezione, per via ascendente dall’intestino attraverso le vie biliari, o per contiguità con organi adiacenti. Nei cuccioli le epatotopatie ascessuali epatiche spesso sono il risultato di infezioni ombelicali. Le lesioni sono dovute ad un importante infiltrazione di granulociti neutrofili che provocano infiammazione, rilascio di enzimi e successiva lisi.

I granulomi epatici possono essere lesioni primarie del fegato, ma più spesso si ritrovano in corso di patologie sistemiche. Esempio classico di malattia granulomatosa è la tubercolosi, tuttavia nel cane patologie granulomatose epatiche posso essere dovuta anche a micosi sistemiche (Blastomyces dermatitidis, Cryptococcus neoformans, Histoplasmacapsulatum, Coccidioides immitis) infezioni funginee opportuniste, larve migranti viscerali e Schistosomiasi. In corso di leishmaniosi sono riportati casi di epatopaia granulomatosa diffusa con presenza di numerosi macrofagi e cellule di Kupffer contenenti numerosi amastigoti (Van Winkle, J. M. Cullen 2006) I granulomi consistono in aggregati multifocali di macrofagi attivati con un aspetto epitelioide, linfociti, plasmacellule, fibroblasti e possono essere circondati o meno da fibre collagene. Le cellule epitelioidi possono avere nucleo eccentrico ( cellule tipo Langhans) oppure disposti casualmente ( cellule giganti da corpo estraneo).

EPATOPATIE DA ACCUMULO METABOLICO

Le patologie da accumulo metabolico frequentemente sono di origine ereditaria dovute, spesso, alla deficienza di alcuni enzimi, ciò nonostante si possono riscontrare alcuni casi di tipo acquisito.

(20)

Morfologicamente si ritrovano numerose forme eterogenee riferibili a questa categoria di alterazioni epatiche e spesso all’esame istologico di routine è necessario associare alcuni test specifici, come particolari colorazioni, o esami genetici che possono identificare il contenuto accumulato o l’enzima deficitario.

Il riscontro più comune è la presenza di vacuoli chiari, o con granuli di colore ialino, spesso si ritrovano cellule macrofagiche, epatocito o cellule de Kupffer contenenti pigmenti o. Un aspetto particolare degli epatociti si rileva in caso di glicogenosi di tipo I e II, dove assumono l’aspetto cosiddetto “a cellula vegetale” , infatti le cellule appaiono marcatamente rigonfie, con citoplasma chiaro e limiti netti e ben definiti.

Le epatopatie da accumulo nei casi più gravi possono essere accompagnate da necrosi ed infiammazione, fino all’instaurarsi dell’epatite cronica e della cirrosi. (Van Winkle, John M. Cullen)

MISCELLANEA Epatociti

A livello epatocitario possiamo ritrovare alterazioni citoplasmatiche ed alterazioni nucleari. A livello citoplasmatico si possono rilevati delle gocce proteiche, eosinofiliche, di dimensioni variabili, spesso associate a shock,ischemia o ad epatopatie acute. In alcuni casi di cirrosi o epatite cronica si è osservata la presenza di fibrinogeno e proteine della fase acuta all’interno del reticolo endoplasmatico . (Van Winkle, John M. Cullen).

Corpi inclusi eosinofilici possono essere il risultato della fagocitasi di alcuni corpi apoptotici da parte degli epatociti stessi.

Un aspetto particolare, a vetro smerigliato, lo assumono gli epatociti in caso di alterazioni causate da somministrazione di sostanza capaci di indurre il sistema enzimatico citocromo p450, come il fenobarbitale. Le cellule appaiono rigonfie con citoplasma finemente granulare ialino dovuto all’aumentata attività del reticolo endoplasmatico liscio.

All’interno del citoplasma epatocitario possono trovarsi diversi tipi di pigmenti tra cui uno dei più frequenti è la lipofuscina. Si tratta di un pigmento scuro giallo-bruno contenuto all’interno di lisosomi. La lipofuscinosi è un alterazione caratteristica dei soggetti anziani e si distribuisce

(21)

Il rame è uno dei metalli pesanti ritrovabile sotto forma di accumulo intracitoplasmatico nelle cellule epatiche, imputabile spesso ad un deficit del metabolismo del rame (Bedlington terriers) anche se possibile l’origine secondaria da colestasi. Si ritrova sotto forma di granuli il cui color può variare a secondo delle procedure di preparazione del campione ma che può essere identificato attraverso colorazioni istochimiche specifiche come l’acido rubeanico o la rodanina. (Van Winkle, John M. Cullen)

Un altro metallo che può accumularsi all’interno degli epatociti sotto forma di granuli scuri è il ferro, spesso associato ad aumentato turnover eritrocitario, ad anemie croniche o dopo somministrazione di ferro.

Le alterazioni nucleari più frequentemente ritrovabili comprendono:

 corpi inclusi “ a mattone” , inclusioni eosinofiliche rettangolari o romboidi di significato ancora sconosciuto

 invaginazioni citoplasmatiche, si tratta di protrusioni del citoplasma all’interno del nucleo

 inclusioni di glicogeno, spesso associato a diabete mellito o ad un processo neoplastico epatocitario, rappresentano tuttavia un reperto aspecifico

 inclusioni virali, si possono ritrovare in corso di numerose patologie ad eziologia virale

(Van Winkle, John M. Cullen)

Cellule stellate

Un alterazione aspecifica a carico delle cellule stellate del fegato si presenta spesso in cani anziani dove queste cellule, normalmente contenenti numerosi vacuoli lipidici, aumentano di numero e sono caratterizzate dalla presenza di un solo grande vacuolo otticamente vuoto che sospinge il nucleo alla periferia della cellula. Il significato di questo ritrovamento non è ancora certo, tuttavia si è riscontrato in gatti in corso di intossicazione da ipervitaminosi A, così come fibrosi sinusoidale con o senza steatosi. (Van Winkle, John M. Cullen)

(22)

Cellule del Kupffer

Queste cellule per la loro attività fagocitaria possono presentare inclusioni citoplasmatiche di diversa origine tra cui corpi apoptotici epatocitari. In caso di aumentato turnover eritrocitario si possono ritrovare pigmenti emosiderinici ed eritrofagocitosi, che possono essere associate ad anemie emolitiche, epatite croniche ecc. una particolare sostanza può essere ritrovata all’interno delle cellule del Kupffer come risultato dell’aumentato ricambio epatocitario, si tratta della sostanza ceroide. Essa si presenta di colore giallo- bruno Pas positiva e spesso si trova in conseguenza a vaste aree necrotiche ed aumentata apoptosi . (Van Winkle, John M. Cullen)

(23)

Classificazione delle alterazioni vascolari

Il fegato è intercalato fra il circolo portale e quello della vena cava inferiore, il sangue lo raggiunge attraverso due correnti di afflusso, l’arteria epatica e la vena porta, e lo lascia attraverso le vene epatiche che confluiscono nella vena cava inferiore. L’arteria epatica e la vena porta penetrano nel fegato in corrispondenza dell’ilo e le vene epatiche si aprono nella vena cava inferiore a livello della faccia posteriore dell’organo. L’arteria epatica, che porta al fegato il sangue ossigenato proveniente dal l’aorta e che si origina dal tronco celiaco, si divide in prossimità dell’ilo in un tronco destro e uno sinistro che all’interno del parenchima epatico si diramano ulteriormente in tre rami ciascuno. Ognuna di queste prime suddivisioni dà origine ad esili rami destinati all’irrorazione dei vasi maggiori stessi,delle vie biliari e della capsula del fegato e prosegue poi nelle arteriole interlobulari che decorrono negli spazi portali e vanno poi a gettarsi nei sinusoidi epatici come arteriole perilobulari. I rami d’origine della vena porta sono le due vene mesenteriche craniale e caudale. La vena porta raccoglie sangue venoso dal tubo gastroenterico, dalla milza e dal pancreas e lo reca al fegato; a livello dell’ilo di quest’organo si divide in un tronco destro e uno sinistro, i quali, penetrando nel parenchima, si ramificano ulteriormente formando i rami perilobulari che si aprono nei sinusoidi intralobulari e i rami interlobulari. Le diramazioni più sottili della vena porta penetrate nei lobuli si risolvono in capillari di tipo sinusoidale diretti verso la parte centrale del lobulo stesso. La loro confluenza all’apice del lobulo determina la formazione della vena centrolobulare che ne percorre tutto l’asse fino alla sua base dove termina sboccando nella vena sottolobulare; dalla confluenza di quest’ultime si formano le vene epatiche che portano il sangue dal fegato alla vena cava inferiore.

I sinusoidi epatici costituiscono la rete capillare sanguigna del lobulo; è una tipica rete mirabile venosa in quanto interposta tra due sistemi venosi, quello della vena porta con le sue ramificazioni perilobulari e interlobulari e il sistema delle vene centrolobulari, tributarie delle vene epatiche. I sinusoidi hanno decorso molto tortuoso e, anastomizzandosi fra loro, formano le reti intralobulari. Il loro lume è ampio e la parete sottile e discontinua per la presenza nell’endotelio di pori e fenestrature di dimensione e posizione variabili. I pori, dal diametro di 0.1-0.2μm, sono spesso riuniti in gruppi con disposizione simile ad un setaccio, mentre le fenestrature possono raggiungere un diametro anche superiore a 1μm. Il rivestimento interno dei sinusoidi è costituito da un endotelio nel quale vengono distinti due tipi cellulari: le cellule endoteliali ed elementi di forma stellata che sporgono nel lume del sinusoide, le cellule stellate. Le cellule endoteliali sono molto appiattite e sporgono nel lume solo con la porzione contenente il nucleo. I loro margini sono spesso embricati, soprattutto in corrispondenza delle aree dove sono localizzate

(24)

le aperture più ampie. Dal punto di vista ultrastrutturale queste cellule non mostrano la presenza di piccole vescicole di pinocitosi e corti e scarsi microvilli. Oltre all’endotelio, la parete dei sinusoidi è costituita da una membrana basale atipica, poiché appare discontinua e spesso assente. Di conseguenza, il sangue attraversa facilmente la barriera endoteliale venendo a contatto diretto con gli epatociti circostanti, situazione che incrementa lo scambio di metaboliti tra il sangue e il parenchima epatico. La membrana basale dei sinusoidi e la superficie degli epatociti sono separati da uno spazio interstiziale, lo spazio di Disse o spazio perisinusoidale, che di norma è largo 0,2-0,5μm, ma che si dilata in condizioni di anossia. Tale spazio contiene esili fibre collagene che formano la trama di supporto ai sinusoidi e vi accede anche il plasma che passa attraverso le aperture dell’endotelio sinusoidale venendo in contatto diretto con la superficie degli epatociti.

Le eapatopatie dovute ad alterazioni circolatorie possono essere classificate in 4 categorie 1. shunt porto-sistemici congeniti

2. ridotto efflusso ematico e congestione passiva 3. ipertensione portale

4. diminuita perfusione

SHUNT PORTO-SISTEMICI CONGENITI (CPSS)

Gli shunt porto-sistemici sono anomalie vascolari che collegano direttamente il sistema venoso portale alla circolazione venosa sistemica. Si ritrovano più frequentemente nel cane rispetto al gatto e possono essere suddivisi in extraepatici e intraepatici. Lo shunt porto-sistemico intraepatico consiste essenzialmente nella mancata chiusura del dotto venoso che nel cane in condizioni fisiologiche si oblitera entro i primi 3 giorni di vita. Generalmente questa alterazione si localizza nella parte sinistra del fegato in funzione della normale localizzazione del dotto. (Marcato 2002)

Gli shunt extraepatici rappresentano una anormale comunicazione funzionale e possono formarsi in ogni parte del sistema portale andando a drenare direttamente nella vena cava caudale o ella

(25)

ipoplasia del tratto della vena porta. Microscopicamente le alterazioni variano a seconda del volume deviato e dalla localizzazione dello shunt, in ogni caso la maggior parte delle lesioni riscontrabili possono essere asseribili a quelle evidenziate con l’ipoperfusione portale. (M. Cullen, Ted S. G. A. M. van den Ingh 2006)

DISORDINE DELL’EFFLUSSO EMATICO IPEREMIA PASSIVA

L’iperemia passive è la conseguenza di un ostacolo al deflusso di sangue , dovuto spesso a patologie cardiache come anomalie congenite, endocarditi, endocardiosi valvolari, danno miocardico o versamento pericardico. Può essere inoltre conseguenza di della compressione esercitata sulla vena cava da neoformazioni patologiche. Un ostruzione delle vene epatiche può dar luogo a congestione intraepatica passiva. Nel cane una causa eziologica di frequente rilievo è la dirofilariosi cardiopolmonare, essendo i parassiti presenti a livello di cuore destro interferiscono gravemente con il ritorno venoso del cuore.

Gli aspetti macroscopici e microscopici dell’iperemia passiva differiscono in funzione alla durata del processo e ai fenomeni regressivi secondari. Nei casi acuti il fegato si presenta ingrossato, rosso scuro; nelle stasi di lunga durata si presenta con il caratteristico aspetto “a noce moscata” con la capsula ingrossata ed indurita. (Marcato 2002)

Istologicamente, la congestione epatica, è caratterizzata da ingorgo e dilatazione delle vene epatiche dei sinusoidi centrolobulare e talvolta fuori uscita dai vasi di eritrociti e piastrine. In queste arre può verificarsi atrofia e un progressivo sviluppo di fibrosi perivenulare e deposizione di matrice extracellulare. Nei casi più gravi di stasi epatica cronica gli epatociti possono andare incontro a rigenerazione in conseguenza della perdita della funzionalità parenchimale, ciò si rende evidente con la presenza di un doppio strato di cordoni epatocitari nelle aree poriportali non congeste. (M. Cullen, Ted S. G. A. M. van den Ingh 2006)

IPERTENZIONE PORTALE

L’ipertensione portale è caratterizzata da un aumento di pressione nel sistema portale conseguente a un aumento del flusso e/o delle resistenze al transito del sangue. Si accompagna, spesso, a splenomegalia, ascite, e shunt porto-sistemico acquisito. Quest’ultimo si sviluppa quando la pressione portale supera certi valori ed il sangue viene forzato a passare in itinerari

(26)

circolatori collaterali attraverso connessioni vasali normalmente non funzionanti. Le cause di ipertensione portale possono essere vascolari o epatiche, tra le cause vascolari ( che possono essere preepatiche intraepatiche ed postepatiche) si ritrova l’ipoplasia e la trombosi della vena porta, la malattia venosa occlusiva, . tra le cause epatiche si identificano le gravi fibrosi, le cirrosi e le neoplasie benigne e maligne. Istologicamente si evidenzia la dilatazione della vena centrolobulare, e dei sinusoidi con la conseguente atrofia degli epatociti. (Marcato 2002)

Disordini vascolari primari

I disordini vascolari primari comprendono: Ostruzione della vena porta

Può conseguire a disordini intraluminali, occasionalmente a neoplasie che posso invadere la vena o a causa di emboli neoplastici. Masse ascessuali con conseguente fibrosi e trazione parietale del vaso posso determinare riduzione del lume o arrestare completamente il lume. Istologicamente possiamo trovare un aumento del numero delle arteriole dello spazio portale. Un particolare caso di ostruzione portale si può verificare in corso di parassitosi sostenuta da Schistosoma japonicum e Heterobilharzia americana le cui forme adulte vivo o nelle vene mesenteriche e le uova rilasciate nel circolo possono dar luogo a fenomeni trombotici o causare infiammazione granulomatosa cronica della vena porta e dello spazio portale adiacente.( Flowers , Hammerberg , Wood , et al. 2002)

Ipoplasia portale primaria

Si tratta di un’alterazione primaria che interessa sia il tratto intraepatico che extraepatico. Il disturbo comprende diverse gravità cliniche e diverse caratteristiche morfologiche a seconda del grado di ipoplasia e del possibile circolo collaterale portosistemico acquisito con perdita della funzionalità epatocitaria. Uno studio ha stabilito che nel 30% dei cani i cambiamenti vascolari dello spazio portale sono moderati e non si evidenzia fibrosi portale, nel restante 70% le modificazioni vascolari sono marcate con fibrosi evidente ( Rothuizen J, Meyer HP van den Ingh 1995). Gli epatociti sono solitamente atrofici e i lobuli epatici sono di piccole dimensioni con possibile distensione linfatica.

(27)

Sono un’alterazione congenita vascolare le ramificazione delle arterie epatica sono direttamente comunicanti con i rami della vena porta, con conseguente ipertensione portale, i rami della vena porta possano apparire pulsanti mentre le arteriole possono presentare un andamento tortuoso. Le vene portali spesso sono colpite da fibroelastosi della tonaca intima e media ed ipertrofia della muscolatura liscia vascolare. . (M. Cullen, Ted S. G. A. M. van den Ingh 2006)

DIMINUITA PERFUSIONE EMTICA Atrofia epatica

Un ridotto afflusso ematico a livello epatico può portare ad atrofia del parenchima stesso a causa dell’insufficiente apporto di sostanze nutritive ed epatotrofiche. La minor perfusione regionale, causata ad esempio da trombosi,e con conseguente atrofia dei lobuli colpiti può portare ad ipertrofia compensatoria del parenchima adiacente. (M. Cullen, Ted S. G. A. M. van den Ingh 2006)

Epatite teleangectasica o peliosi

Con teleangectasia si intende un ectasia dei capillari sinusoidali del fegato. Questa alterazione è sporadica nei piccoli animali domestici ad eccezione del gatto anziano dove è relativamente più frequente. Nella maggior parte dei casi le lesioni sono multifocali e diffuse, inizialmente hanno dimenzioni puntiformi per poi poter progredire verso diametri maggiori fino ad diventare confluenti, in questo caso si pala di teleangectsia lacunare. Le cause e le fasi eziopatogenetiche che portano alla peliosi non sono ancora del tutto chiarite, si pensa possa essere dovuta a diverse cause tra cui malformazioni congenite, lesioni neoplastiche benigne, alterazioni della dinamica circolatoria intraepatica, ridotta densità delle fibre reticolari, reazioni immunitarie o tossicosi. ( Marcato 2002)

Ischemia necrotizzante epatica

L’efficienza del sistema circolatorio epatico dotato di una doppia circolazione porta il fegato ad avere una certa protezione nei confronti di possibili lesioni ischemiche. . (M. Cullen, Ted S. G. A. M. van den Ingh 2006) tuttavi in alcuni casi entrambe le circolazioni vengono ad essere private, causando un processo più o meno severo di necrosi.

(28)

La necrosi ischemica epatica può avvenire sotto forma di

· infarto epatico: è un’evidenza non molto frequente di ischemia acuta che si verifica soprattutto ai margini del fegato, dove sono evidenti aree ben delimitate pallide o rosse scure. L’evento scatenane è rappresentato dalla combinata ostruzione dei rami dell’arteria epatica e della vena porta, oppure da un’ostruzione combinata di una delle due ramificazioni con quella delle vene epatiche. (M. Cullen, Ted S. G. A. M. van den Ingh 2006)

· necrosi ischemica centrolobulare generalizzata: condizione spesso associate a shock cardiovascolare con simultanea riduzione dell’apporto ematico sia dall’arteria epatica che dal circolo portale. Ne consegue una ipoossigenazione delle aree più profonde del parenchima epatico.

· Necrosi ischemica focale: questa lesione è frequentemente associata ad uno stato di coagulazione intravasale disseminata o ostruzioni trombotiche focali.

(29)

Classificazione delle alterazioni del sistema biliare

Le patologie del sistema biliare sono eventi non infrequenti nel cane e possono riguardare sia le strutture intraepatiche sia quelle extraepatiche. Per l’intricata connessione esistente tra strutture biliari, circolo vascolare ed compagine parenchimale, un disordine a livello di uno di questi elementi può portare a scompensi e lesioni anche gravi degli altri. Ciò comporta oltresì una difficoltà diagnostica tanto che, soprattutto per quanto riguarda il sistema biliare e il sistema vascolare, l’esame istologico, che rappresenta il gold-standard per e patologie parenchimali, deve essere affiancato alla diagnostica per immagini nonché alla diagnostica di laboratorio.

Tipicamente i disordini biliari si manifestano con alterazione dello spazio portale, infiammazione, fibrosi e proliferazione dei dotti biliari.

Le patologie biliari possono essere raggruppate in 4 insiemi: 1. Malattie biliari cistiche congenite e atresia biliare 2. Colestasi

3. Colangiti 4. Colecistopatie

MALATTIE BILIARI CISTICHE CONGENITE E ATRESIA BILIARE

Le malattie cistiche del fegato spesso rappresentano eventi congeniti e, per quanto possano avere aspetti diversi, sono conseguenza di un anomalo sviluppo di un tratto biliare intraepatico. Sono caratterizzate da una dilatazione segmentaria dei dotti e sono spesso associate ad altre patologie congenite ( es rene policistico). Istologicamente non di rado si associano a fenomeni fibrotici di grado variabile. (M. Cullen, Ted S. G. A. M. van den Ingh 2006)

Atresia biliare

L’atresia congenita è una patologia molto rara, descritta recentemente in un cucciolo di Border Collie. Si manifesta nel primo periodo di vita del cucciolo, essa è dovuta al mancato sviluppo delle strutture duttali, in genere nella zona di congiunzione tra componente intraepatica ed

(30)

extraepatica. All’esame istologico si evidenzia una grave fibrosi porto-portalli con una massiva proliferazione dei dotti biliari. (Schulze C, Rothuizen J, van Sluijs 2000)

COLESTASI

Si definisce colestasi il diminuito o interrotto flusso biliare, essa può avere origini intraepatiche o extraepatiche . la colestasi intraepatica può essere secondario a fenomeni degenerativi che comportano un aumento di volume epatocitario e conseguente compressioni dei dotti biliari, oppure derivati da uno stato compressivo dovuto a masse sia di origine neoplastiche che rigenerativa. Il processo colestatico può essere primario e può esso stesso, visto la natura tossica di alcuni componenti della bile sulle membrane cellulari, causare fenomeni degenerativi secondari, rimane tuttavia possibile ritrovarlo come unica lesione presente.

La colestasi extraepatica può esser dovuta alla presenza nel lume di concrezioni, iperplasie e metaplasie, processi infiammatori o neoplastici. Compressioni extraluminali possono essere conseguenza di neoformazioni tumorali o ascessuali.

Qualsiasi si a l’origine dell’evento patologico la stasi biliare comporta un ristagno di acidi biliari, bilirubina, rame e altri componenti normalmente escreti tramite la bile. L’effetto citotossico, unitamente all’effetto flogogeno delle sostanze non escrete provocano la proliferazione dell’epitelio biliare e dei duttoli accompagnata da degenerazione e necrosi. In seguito si instaura infiltrazione intraduttale e periportale di neutrofili linfociti e plasmacellule con conseguente edema periportale e successiva fibrosi. A complicare il quadro si può aggiungere la sepsi delle vie biliari favorita dalle colestasi. ( Marcato 2002)

Istologicamente si può ulteriormente evidenziare la presenza di bile all’interno del parenchima epatico che può presentarsi sotto forma di stampi biliari o come materiale fagocitato all’interno delle cellule del Kupffer, dei macrofagi o ancora come pigmentazioni intracitoplasmatiche epatocitarie. La colestasi risulta facilmente identificabile all’esame istologico su preparali congelati. (van den Ingh , M. Cullen 2006)

(31)

COLANGITI

Il termine colangite indica il processo infiammatorio delle via biliari. Esso è più frequente nel gatto rispetto al cane e viene classificato, generalmente, in tre categorie: colangite neutrofilica, colangite linfocitaria e colangite cronica da infestazione da distomi epatici.

Colangite neutrofilica

Anche conosciuta come colangite supporativa e colangite essudativa, si tratta di un processo infiammatorio caratterizzato da un intensa infiltrazione neutrofilica nel lume e nelle pareti dei dotti biliari. Frequentemente secondaria ad infezioni ascendenti dal tratto intestinale, la colangite può presentarsi in forma diffusa, interessare solo alcuni spazi portali, o svilupparsi sotto forma di ascesso epatico. In concomitanza può svilupparsi anche una colecistite nonché una colangioepatite per diffusione del processo infiammatorio al parenchima epatico circostante. (Watson, Bunch 2009 )

Istologicamente è caratterizzata dalla presenza di neutrofili intraluminali o adesi alle pareti, negli stadi acuti spesso spesso è associata ad edema dello spazio portale. Negli stadi cronici si ritrova spesso fibrosi e proliferazione duttale. (van den Ingh , M. Cullen 2006)

Colangite linfocitaria

La colangite linfocitaria è una malattia cronica, lentamente progressiva, caratterizzata dall’infiltrazione nelle aree portali di piccoli linfociti ed occasionalmente di plasmacellule ed eosinofili. Spesso coesiste una proliferazione dei dotti biliari e può essere presente fibrosi periportale. Colpisce particolarmente i dotti biliari di maggiore calibro che appaiano irregolarmente distesi , con pareti ispessite. La principale diagnosi differenziale istologica è il linfoma la cui differenziazione talvolta non risulta semplice. (Watson, Bunch 2009 )

Le cause della colangite linfocitaria sono ancora oggetto di studio, alcuni ricercatori hanno proposto una causa immunomediata ma l’uso di farmaci immunosoppressivi non porta ad un miglioramento della malattia. Altri studi hanno suggerito una possibile eziologia infettiva, da Helicobacter spp. o Bartonella spp. ( Boomkens et al. 2004; Greiter-Wilke et al, 2006).

(32)

Colangite cronica associata ad infestazioni da Opisthorchiidae

Patologia più frequente nel gatto rispetto al cane è considerata endemica in alcune regioni del centro America dove risultano colpiti il 70%b dei soggetti.

Il cane rappresenta l’ospite definitivo e può infestarsi tramite ingestione di pesce parassitato dalle forme intermedie. I parassiti migrano dall’intestino al fegato tramite le vie biliari causando dilatazione cistica del coledoco e dei grossi dotti biliari. Istologicamente le lesioni sono caratterizzate da dilatazione dei grassi dotti con marcata fibrosi periduttale e portale. Può essere presente infiammazione portale e duttale con presenza di neutrofili macrofagi linfociti e plasmacellule, mentre risultano rari gli eosinofili. Nei cani colangiti croniche da infestazione di distomi epatici può comportare lo sviluppo di carcinomi colangiocellulari intra o extraepatici. (Van den Ingh , M. Cullen 2006)

Colangite distruttiva

La colangite distruttiva è una patologia in cui si riscontra la perdita dell’integrità dei piccoli dotti biliari e dello spazio portale a cui consegue un severo processo infiammatorio di tipo neutrofilico macrofagico e spesso anche fibrosi. Le cellule appaiano replete di pigmentazioni granulari associabili a bile. Alla colangite consegue un grave forma colestatica con ittero. Per quanto riguarda le cause è stato ipotizzata l’origine da una reazione idiosincrasica ad alcuni farmaci in particolare i sulfamidici, (Van den Ingh et al 1988) ma anche infezioni virali e tossici possono essere possibili cause eziologiche. (Van den Ingh , M. Cullen 2006)

COLECISTOPATIE Colecistite

Con il termine colecistite si indica l’infiammazione della cistiffellea che a seconda del tipo di infiltrato si classifica in neutrofilica, linfocitaria, linfoplasmacellulare e follicolare qualora siano presenti follicoli linfoidi nella mucosa della colecisti.

Generalmente associata ad infezioni batteriche ascendenti o ematogene, la colecistite si osserva con maggiore frequenza nel gatto piuttosto che nel cane e può essere associata a colangite.

(33)

In corso di iperplasia cistica mucinosa la colecisti appare marcatamente dilatata (mucocele), può comporre infiammazione neutrofilica ed è altamente soggetta a rottura. Microscopicamente si evidenzia un iperplasia papillare dell’epitelio con aumento della produzione mucinica. In rari casi l’iperplasia mucinica della colecisti può interessare anche i dotti biliari extraepatici comportando stasi biliare extraepatica. (van den Ingh , M. Cullen 2006)

(34)

Classificazione delle alterazioni neoplastiche

Le neoplasie epatiche in base alla componente cellulare da cui originano vengono divise in: 1. Neoplasie epatocellulari inclusa l’iperplasia nodulare

2. Neoplasia colangiocellulare

3. Neoplasia vascolare e mesenchimale primaria 4. Neoplasie metastatiche

NEOPLASIE EPATOCELLULARI Iperplasia nodulare

L’iperplasia nodulare rappresenta un processo rigenerativo cronico a carico del fegato ed è un rilievo piuttosto comune nei cani di età superiore ai 10 anni. I noduli, generalmente multipli e diffusi, hanno dimensioni che vanno da 0,2cm a 3cm di diametro. Microscopicamente appaiono noduli acapsulati con una doppia filiera di epatociti ben differenziati, gli spazi portali possono essere compresi all’interno o essere presenti alla periferia a seconda della dimensione e dall’origine all’interno del lobulo dei noduli stessi. Caratteristica distintiva dell’iperplasia nodulare rispetto a processi cirrotici è il mantenimento dell’architettura lobulare, tuttavia in conseguenza delle dimensioni dei noduli possono comparire fenomeni degenerativi a carico del parenchima adiacente a causa dell’effetto compressivo esercitato sullo stesso. ( Charles JA, Cullen JM 2006)

Adenoma epatocellulare

L’adenoma epatocellulare è uno dei tumori epiteliali benigni del fegato e risulta poco frequente sia nel cane che nel gatto. Esso tende ad avere una crescita espansiva senza infiltrare le strutture adiacenti, tuttavia potendo raggiungere dimensioni importanti, l’adenoma può causare fenomeni compressivi e una sintomatologia addominale.( Marconato, Rossi 2012)

Strutturalmente è caratterizzato da neoformazioni generalmente non capsulate prive di spazi portali e dotti biliari. I noduli sono costituiti da trabecole di epatociti ben differenziati, suddivisi da

Riferimenti

Documenti correlati

2 +++ ++ Clusters of cohesive epithelial cells, round to oval Small and medium Foamy macrophages, in shape, scant pale basophilic sometimes vacuolated lymphocytes cholesterol

Poiché nel caso dell’insufficienza renale cronica il ritor- no alla normale funzione renale è impossibile, l’emodialisi viene utilizzata come terapia continua per migliorare la

1-9 Nell’uomo e nei piccoli animali, nella maggior parte dei casi l’uroaddome è associato a rottura della vescica e dell’uretra causata da un trauma addominale o pelvi-

Le immagini della fase ossea si ottengono da 1 a 4 ore dopo iniezione endovenosa di 99m Tc-difosfonato, tempo necessario per la clearance renale del radiotracciante.. Le

Quando la risposta alle varia- zioni della pressione sanguigna cerebrovascolare risulti alte- rata, è necessario controllare con maggiore attenzione la pressione sanguigna sistemica

Nel corso di una valutazione della via nervosa afferen- te condotta in cani adulti con megaesofago idiopatico ac- quisito, è stata effettuata la misurazione della pressione a livello

Accanto a queste, nel presente lavoro, sono state incluse: Gloriosa superba e Helleborus niger, che non sono molto comuni, ma sono al- cune fra le più tossiche piante

Se una ferita guarisce per contrazione e induce la distorsione del cuscinetto metacarpale o metatarsale, il caricamento dell’arto può comportare l’ulcerazione del cuscinetto