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Il modello di Hubbard in Trappola Armonica: Regime Diluito & Modello di Gaudin-Yang.

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Academic year: 2021

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1 Modello di Hubbard e Trap-Size Scaling 1

1.1 Il modello . . . 1

1.1.1 I termini hamiltoniani . . . 3

1.2 Regime diluito e Gruppo di Rinormalizzazione . . . 5

1.2.1 Il Gruppo di Rinormalizzazione . . . 6

1.3 Teoria di campo e dimensioni del GR . . . 9

1.4 Analisi numerica del caso unidimensionale . . . 16

2 Modello di Hubbard e modello di Gaudin-Yang armonici 24 2.1 Confronto fra i modelli unidimensionali . . . 24

2.1.1 Regolarizzazione del problema su reticolo . . . 26

2.1.2 Prima e Seconda quantizzazione . . . 29

3 Modello di Gaudin-Yang armonico per d = 1 e Ntot = 2 33 3.1 Risoluzione del modello GY armonico . . . 33

3.1.1 Soluzione per la parte orbitale . . . 34

3.1.2 Tripletto di spin . . . 35

3.1.3 Singoletto di spin . . . 36

3.2 Potenziale a delta e spettro del moto relativo . . . 38

3.2.1 Limiti dello spettro . . . 43

3.3 Profili di densit`a . . . 46

3.3.1 Regime infinitamente repulsivo . . . 48

3.3.2 Regime non interagente . . . 49

3.3.3 Regime infinitamente attrattivo . . . 50

4 Limite di scala in d=1 e modello GY 53 4.1 Analisi numerica per d=1 e Ntot = 2 . . . 53

4.1.1 Caso repulsivo unidimensionale: Ur > 0 . . . 55

4.1.2 Caso attrattivo: Ur < 0 . . . 57

4.2 Verifica della corrispondenza . . . 59

5 Analisi del problema in dimensione d > 1 64 5.1 Regolarizzazione del modello di Hubbard armonico in d = 2 e d = 3 . . . 64

5.2 Analisi numerica del caso bidimensionale e confronto con le previsioni . . . 68

(3)
(4)

Negli ultimi decenni lo studio dei sistemi di atomi in regimi ultrafreddi ([1], [2]) ha permesso alla ricerca di effettuare numerosi passi avanti nello stu-dio della materia condensata. Basti pensare per esempio alla realizzazione nel 1995 dei primi condensati di Bose-Einstein (BEC) tramite l’impiego di vapori di Rubidio-87 e di Sodio-23, valsa il premio Nobel per la Fisica nel 2001 ai fisici E.Cornell, C.Wieman, e W.Ketterle. Sulla scia di questi esperimenti la ricerca si `e mossa poi con l’obbiettivo di estendere l’analisi effettuata nel caso della realizzazione dei BEC anche a sistemi atomici con caratteristiche globa-li di tipo fermionico. Questo tipo di interesse ha portato a notevogloba-li risultati riguardo la comprensione di fenomeni come superconduttivit`a e superfluidit`a, sfociando nel 2004-2005, non con poche difficolt`a, persino nella realizzazione in laboratorio del Crossover fra un BEC ed un sistema BCS [3]. Sembra quindi che lo studio di sistemi atomici interagenti in regimi unltrafreddi possa essere uno strumento estremamente efficiente per analizzare le propriet`a pi`u esotiche della materia che ci circonda. In parallelo a questa tipologia di studi, finalizza-ta sosfinalizza-tanzialmente alla descrizione di sistemi i cui gradi di libert`a risiedono in uno spazio continuo, la ricerca nel campo degli atomi ultrafreddi ha dedicato la propria attenzione ad una seconda tipologia di studi, ovvero lo studio di siste-mi a molti corpi su reticoli ottici. Per reticolo ottico si intende una struttura di potenziale periodica nello spazio realizzata per interferenza di fasci LASER. Questa tipologia di strutture viene impiegata per intrappolare atomi neutri per effetto Stark e realizzare configurazioni geometricamente regolari tramite cui `e possibile, ad esempio, analizzare le propriet`a dei sistemi reticolari pre-senti in natura. La principale differenza rispetto ad un ordinario sistema su reticolo `e che la geometria di un reticolo ottico `e completamente determinata dalle propriet`a dei fasci LASER utilizzati per creare il pattern di interferenza con cui vengono confinati gli atomi. Alterando le propriet`a dei fasci `e possibile modificare a proprio piacimento la struttura del reticolo.

A scopo puramente illustrativo riportiamo in Figura (1) una rappresentazione di alcune delle configurazioni che vengono realizzate in laboratorio. L’imma-gine `e tratta dall’articolo [4].

(5)

Figura 1: a, Rappresentazione di un reticolo a geometria 2D realizzato median-te la sovrapposizione di due fasci LASER. b, Rappresentazione di un reticolo ottico 3D realizzato mediante la sovrapposizione di tre fasci LASER.

A fronte dei numerosi progressi raggiunti dalla tecnica nel campo della manipolazione e del raffreddamento LASER, l’interesse nei confronti dei siste-mi di atosiste-mi ultrafreddi su reticolo ottico `e cresciuto notevolmente, sia per la possibile estensione su reticolo dei risultati ottenuti nel continuo, sia per le possibili applicazioni future nel campo della computazione quantistica, settore di ricerca attualmente estremamente finanziato.

In questo lavoro dedicheremo la nostra attenzione all’analisi di alcune propriet`a di un insieme di Ntot Fermioni interagenti disposti su un reticolo ipercubico

d-dimensionale. Un sistema fisico di questo tipo pu`o essere schematizzato im-piegando un modello hamiltoniano in seconda quantizzazione che trova posto in letteratura con il nome di modello di Hubbard, modello proposto dal fi-sico John Hubbard nel 1963 per lo studio delle propriet`a dei superconduttori ad alta temperatura. Sebbene il nostro interessate sia quello di caratterizza-re il sistema in corrispondenza di un numero finito di costituenti, quindi nel formalismo dell’Insieme Canonico (IC), `e possibile descrivere le propriet`a del reticolo tramite il formalismo dell’Insieme Gran Canonico (IGC). La struttura hamiltoniana del modello di Hubbard nell’IGC `e la seguente:

ˆ HIGC =− t X hj,ii X σ=↑,↓  ˆC† jσCˆiσ + ˆCiσ†Cˆjσ  + UX j ˆ njnˆj+ − µX j X σ ˆ njσ. (1)

(6)

dove con ˆC† , ˆCjσ e ˆnjσ indichiamo rispettivamente gli operatori di creazione,

di distruzione e l’operatore numero, tipici del formalismo della seconda quan-tizzazione. Il significato di ogni termine hamiltoniano presente in (1) verr`a discusso nel Capitolo 1 di questo lavoro. Osserviamo che l’hamiltoniana (1) pu`o essere messa in corrispondenza con l’hamiltoniana per il sistema nel for-malismo dell’IC mediante la seguente trasformazione:

ˆ HIGC = ˆHIC− µ X j X σ ˆ njσ, (2)

dove con ˆHIC abbiamo indicato l’hamiltoniana che descrive il sistema nel

for-malismo dell’Insieme Canonico.

L’idea alla base di questo studio `e quella di poter sfruttare un’estensione del modello (1) per caratterizzare le propriet`a dello stato fondamentale di un siste-ma di atomi fermionici ultrafreddi disposti su di un reticolo ottico che presenti le medesime simmetrie. Abbiamo parlato di un’estensione del modello di Hub-bard perch´e le configurazioni analizzate in laboratorio non sono descrivibili direttamente tramite l’hamiltoniana (1). Tipicamente infatti, per questioni di natura sperimentale, le particelle sono sottoposte anche all’effetto di un po-tenziale esterno dipendente esplicitamente dalla posizione che ha il compito di limitare lo sviluppo spaziale della nube atomica. Questo tipo di confinamento viene solitamente realizzato tramite l’impiego di un ulteriore fascio LASER centrato sulla nuvola atomica, modulato in maniera tale da creare un profilo di potenziale che in prima approssimazione ha un andamento proporzionale a |x|p, dove |x| indica la distanza dal centro della nube atomica e p `e un

nu-mero naturale. La presenza di questo ulteriore contributo pu`o essere descritta aggiungendo un termine della seguente forma all’hamiltoniana (1):

ˆ Hext= X j X σ 1 pv p |j|pnˆjσ (3)

La presenza di un potenziale del tipo (3) rompe in maniera evidente l’omoge-neit`a spaziale del reticolo portando il sistema a sviluppare un comportamento di scala differente rispetto al caso non confinato. Gli studi effettuati sui sistemi in presenza di confinamento hanno evidenziato che il termine di trappola ha l’effetto di limitare il livello di correlazione fra i gradi di libert`a presenti sul reticolo. Esso introduce una nuova lunghezza, chiamata trap-size e solitamente indicata con l, che fissa in un certo senso la scala di omogeneit`a del sistema:

l = (pt)

(1/p)

v , (4)

dove con t e con v abbiamo indicato le stesse costanti di interazione presenti in (1) e (3) In questo lavoro dedicheremo la nostra attenzione allo studio del modello di Hubbard in presenza di trappola armonica (caso p = 2). Il regime di studi a cui saremo interessati `e quello in cui il un numero di particelle rima-ne fissato a Ntot ed il parametro l viene considerato grande rispetto alle altre

(7)

Diluito, corrisponde con un limite di basse densit`a per il sistema. Si osservi infatti che per Ntot fissato al crescere del parametro l, la quantit`a

ρ Ntot

ld (5)

tende a zero al crescere del paramentro di trappola.

Il fatto interessante `e che nel limite di grandi trap-size e fisso numero di par-ticelle il comportamento di scala del sistema confinato pu`o essere studiato effettuando un’analisi perturbativa delle propriet`a di scala del sistema non confinato, descritto dalla (1). Come vedremo, nell’ottica del Gruppo di Rinor-malizzazione (GR), tutte le informazioni che cerchiamo a proposito del Regime Diluito, sono associate al punto fisso (µ =−2, U = 0, T = 0) della teoria (1), punto nello spazio dei parametri che regola la transizione Vuoto-Conduttore del modello (1).

In questo lavoro dimostreremo in maniera analitica che le propriet`a di scala associate allo stato fondamentale del sistema nel Regime Diluito, quindi nel formalismo dell’IC, possono essere dedotte effettuando una regolarizzazione al continuo del modello su reticolo nel formalismo dell’IGC specificato per un par-ticolare valore del potenziale chimico µ. Come vedremo nel seguito di questo lavoro, i risultati dipenderanno esplicitamente dalla dimensione d in cui viene studiato il problema reticolare. L’analisi che condurremo sar`a incentrata sul caso in dimensione d = 1, caso in cui il termine densit`a-densit`a, proporzionale ad U, introduce un contributo rilevante nell’ottica del GR.

Con argomenti teorici basati sul legame fra il formalismo di prima e seconda quantizzazione dimostreremo che il caso armonico unidimensionale in regime diluito `e perfettamente descritto dal modello continuo di Gaudin-Yang:

ˆ HGY = Ntot X i=1  ˆp2 i 2m + 1 2mω 2x2 i  + g N↑ X l↑=1 N↓ X s↓=1 δ xl↑ − xs↓ , (6)

Fra le relazioni di corrispondenza che otterremo per i termini hamiltoniani dei due modelli, la pi`u interessante `e sicuramente quella fra i parametri U e g:

g = Ul1/2mω ~

1/2

(7) I risultati teorici ottenuti dallo studio dei due sistemi verranno sfruttati per confrontare i profili di densit`a ottenuti per i due modelli nel caso semplificato a due corpi bilanciato (Ntot = 2, N↑ = N↓ = 1). L’analisi numerica del problema

su reticolo mostrer`a che la funzione di scala relativa alla densit`a di particel-le per un qualsiasi valore ˜U dell’accoppiamento U, coincide con il profilo di densit`a dello stato fondamentale associato al modello di Gaudin-Yang in cui l’accoppiamento g assume il valore g( ˜U), valutato tramite l’uso della relazione (7).

Il legame fra regime diluito e modello di Gaudin-Yang permetter`a inoltre di fornire un’interpretare delle caratteristiche dei profili di densit`a ottenuti nello studio del problema su reticolo a fisso valore del parametro Ur = Ul1/2. Ci`o

(8)

statistico, fra un sistema di fermioni senza spin (Ur → +∞) ad un sistema

di molecole bosoniche doppiamente cariche (Ur → −∞), con una regione

in-termedia che si comporta come una coppia di gas di Fermi non interagenti (Ur → 0).

Nell’ultima parte di questo lavoro ci dedicheremo alla questione della carat-terizzazione delle propriet`a di scala del modello (1) in Regime Diluito per strutture reticolari in d > 1. Come vedremo, in questo caso l’analisi presen-ter`a alcune complicazioni rispetto al caso unidimensionale e non sar`a possibile effettuare un’analisi anche solo paragonabile a quella condotta per lo studio del problema in d = 1. Tuttavia, i risultati numerici per il caso bilanciato a due corpi in d = 2 e la regolarizzazione al continuo del modello su reticolo in d = 3, ottenuta con argomentazioni del tutto simili a quelle impiegate nel caso unidimensionale, porteranno a conclusioni coerenti con quanto previsto in lavori precedenti a questo.

Il lavoro riportato nelle prossime sezioni `e organizzato nel modo seguente: 1. Nel Capitolo 1 presentiamo un’introduzione al problema e al formalismo

necessario per le analisi che verranno effettuate nei capitoli successivi. • Nel Paragrafo 1.1 presentiamo una descrizione delle

approssima-zioni e dei metodi che permettono di descrivere un sistema di fermio-ni interagenti su reticolo tramite l’impiego del modello di Hubbard. • Nel Paragrafo 1.2 presentiamo un’analisi dei principali caratteri

del formalismo del Gruppo di Rinormalizzazione (GR), stru-mento estremamente utile per l’analisi delle propriet`a che il sistema sviluppa nel Regime Diluito indotto dalla trappola armonica. • Nel Paragrafo 1.3 presentiamo l’approccio dell’integrale

funzio-nale sugli stati coerenti come metodo per fornire una descrizione esaustiva delle propriet`a di scala del modello di Hubbard in regime di basse densit`a, regime regolato dal punto (T, µ, u) = (0, 0, 0) che chiameremo punto fisso diluito.

• Nel Paragrafo 1.4 presentiamo i risultati numerici ricavati nel-l’articolo [11] a proposito delle propriet`a di scala delle funzioni di densit`a del modello di Hubbard nel caso d = 1. Questi risultati saranno il punto di partenza per l’analisi condotta nei capitoli suc-cessivi.

2. Nel Capitolo 2 affrontiamo la questione di una possibile corrispondenza fra il modello di Gaudin-Yang ed il limite di scala del problema su reticolo per d = 1.

(9)

• Nel Paragrafo 2.1 forniamo alcune prove a favore della possibilit`a di poter descrivere le propriet`a di scala del modello su reticolo in Regime Diluito in d = 1 con i risultati per il modello di Gaudin-Yang (GY). Tramite una regolarizzazione del modello discreto, di-mostriamo poi esplicitamente l’effettiva corrispondenza fra il limite di scala del modello di Hubbard in presenza di trappola armonica ed il modello di Gaudin-Yang armonico. In questa sezione ricaviamo inoltre la relazione esplicita fra la costanti di interazione su reticolo Ur e l’accoppiamento g per il modello di Gaudin-Yang, punto

chia-ve per il confronto fra i risultati numerici ed i risultati esatti per il problema continuo.

3. Nel Capitolo 3 caratterizziamo in maniera dettagliata il problema agli autovalori associato al modello di Gaudin-Yang unidimensionale per il caso a due particelle (Ntot = 2) bilanciato (N↑ = N↓ = 1) in presenza di

un potenziale esterno di natura armonica.

• Nel Paragrafo 3.1 dedichiamo la nostra attenzione alla classifi-cazione delle soluzioni del modello in base ai vincoli di simmetria imposti dal Teorema di Spin-Statistica sulla funzione d’onda del problema a due corpi.

• Nel Paragrafo 3.2 effettuiamo un’analisi delle condizioni imposte dal potenziale a δ di Dirac sulla forma delle soluzioni per il problema del moto relativo e analizziamo in maniera dettagliata la struttu-ra dello spettro ad esso associato, in funzione dell’intensit`a della costante di accoppiamento g. Queste considerazioni permettono di dimostrare che lo stato fondamentale del problema `e lo stato di sin-goletto di spin.

• Nel Paragrafo 3.3 analizziamo le propriet`a delle funzioni di den-sit`a costruite con la forma esplicita dello stato fondamentale del modello di Gaudin-Yang, facendo particolare attenzione ai profili per i casi fortemente attrattivo, fortemente repulsivo e non intera-gente.

4. Nel Capitolo 4 ci occupiamo dell’analisi dei risultati numerici per i pro-fili di densit`a ottenuti per il problema unidimensionale a due corpi su reticolo e del confronto con i risultati del modello di Gaudin-Yang armo-nico.

• Nel Paragrafo 4.1 presentiamo un’analisi dei risultati numerici ot-tenuti per l’andamento di scala dei profili di densit`a del modello di Hubbard in regime diluito, per d = 1 e N = N = 1, al variare del

(10)

parametro Ur e del parametro di trappola l.

• Nel Paragrafo 4.2 effettuiamo un confronto diretto fra i risultati numerici ed i profili esatti costruiti a partire dalla relazione ricavata nel Paragrafo2.1.2.

5. Nel Capitolo 5 presentiamo una panoramica del problema della caratte-rizzazione del limite di scala del modello di Hubbard in d > 1, effettuando un confronto con i metodi impiegati per lo studio del sistema nel caso unidimensionale ed evidenziando tutte le problematiche che insorgono al crescere della dimensionalit`a del problema.

• Nel Paragrafo 5.1, con argomenti analoghi al caso in d = 1, pre-sentiamo i risultati ottenuti tramite la regolarizzazione al continuo del problema su reticolo in Regime Diluito, dedicando particolare attenzione ai casi d = 2 e d = 3.

• Nel Paragrafo 5.2 presentiamo i risultati numerici ottenuti, in d = 2, tramite lo studio dei profili associati alla densit`a di particelle del problema bilanciato a due corpi.

(11)

Modello di Hubbard e Trap-Size

Scaling

1.1

Il modello

In questo lavoro presenteremo la caratterizzare delle propriet`a di scala che un sistema di fermioni interagenti disposti su reticolo ottico sviluppa in presen-za di un potenziale esterno di natura confinante. Come accennato nell’intro-duzione di questo lavoro, la nostra attenzione sar`a focalizzata sullo studio del reticolo in presenza di un potenziale esterno di natura armonica. Un’analisi di questo tipo `e strettamente compatibile, ad esempio, con lo studio di un sistema di elettroni interagenti disposti su reticolo, in cui ciascun sito `e in realt`a un atomo intrappolato tramite confinamento ottico. Sebbene a prima vista possa sembrare una questione banale, si tratta di un problema piuttosto complesso e per effettuarne uno studio sensato `e necessario effettuare alcune approssima-zioni. Queste approssimazioni possono essere messe in corrispondenza con il metodo Tight-Binding, approccio tipicamente impiegato nello studio dei reti-coli nel campo della fisica dello stato solido. L’idea alla base di questo metodo `e quella di pensare agli elettroni periferici di ciascun atomo come debolmente legati al sito su cui si trovano e debolmente interagenti con il resto del siste-ma (per questo parliamo di Tight-Binding approxisiste-mation). In quest’ottica `e quindi possibile pensare che le funzioni d’onda di ciascun elettrone coincida in prima approssimazione con quella associata all’orbitale in cui si trova. Risulta quindi ragionevole trascurare la struttura interna dei siti reticolari e la loro configurazione elettronica, ad eccezione del guscio pi`u esterno che supponiamo possa contenere al pi`u due elettroni. La seconda approssimazione `e quella di considerare come interagenti (ma debolmente) solo gli orbitali esterni di due atomi che risultino essere primi-vicini sul reticolo: questo rende possibile il salto di un elettrone da un sito reticolare ad uno qualsiasi dei suoi primi vicini. A livello teorico il migliore formalismo per descrivere la dinamica di un siste-ma di questo tipo `e quello della seconda quantizzazione. L’idea che sta alla base del formalismo della seconda quantizzazione `e la seguente. Supponiamo che esistano degli operatori che indichiamo con ˆCjσ e ˆCjσ che agiscono su una

(12)

particella (un elettrone) con stato di spin σ (σ `e la proiezione dello spin della particella lungo l’asse di quantizzazione e nel caso che ci interessa pu`o assu-mere solo i valori±1

2) sul sito j del reticolo (j `e un vettore a d componenti che

indica la posizione su un reticolo ipercubico d-dimensionale). Per lo studio che ci interessa dobbiamo specificare questo formalismo nel caso in cui si prendano in analisi stati soggetti ai vincoli della statistica di Fermi-Dirac ed al principio di esclusione di Pauli. A livello operatoriale questi vincoli si traducono nel richiedere che gli operatori di creazione e distruzione ˆCjσ e ˆCjσ soddisfino le

seguenti regole di anticommutazione: n ˆC† jσ, ˆCiτ o = δj, iδσ,τ (1.1) n ˆC† jσ, ˆCi†τ o =n ˆCjσ, ˆCiτ o = 0 (1.2)

In questo formalismo (estremamente elegante) `e possibile costruire una qual-siasi configurazione elettronica sui siti del reticolo facendo agire gli operatori di creazione ˆC† su un particolare stato chiamato stato di vuoto e che viene solitamente indicato con |Ωi. Lo stato di vuoto pu`o essere definito tramite l’azione degli operatori di distruzione. Esso `e l’unico stato del sistema per cui vale la seguente relazione:

ˆ

Cjσ|Ωi = 0, ∀ (j, σ) (1.3)

Osserviamo che lo stato|Ωi viene chiamato vuoto perch´e corrisponde alla con-figurazione fisica di reticolo totalmente vuoto.

Con queste convenzioni, tenendo conto delle approssimazioni descritte in pre-cedenza, `e possibile dimostrare che il sistema elettronico che vogliamo studiare pu`o essere descritto utilizzando un modello di Hubbard modificato con l’ag-giunta di un termine hamiltoniano che simula la presenza del potenziale esterno di natura armonica, a cui nel seguito del lavoro faremo riferimento col nome di modello di Hubbard armonico. La struttura dell’hamiltoniana che de-scrive il modello di Hubbard armonico nell’Insieme Gran Canonico `e la segue:

ˆ H = − tX hj,ii X σ=↑,↓  ˆC† jσCˆiσ+ ˆCi†σCˆj σ  + UX j ˆ nj↑nˆj↓+ − µX j X σ ˆ njσ + X j X σ=↑,↓ |j|2v2 2 nˆjσ, (1.4) dove con P

hj,ii si intende una somma sui siti j e i che sono primi-vicini e dove

con ˆnjσ si indica l’operatore numero che `e connesso agli operatori di creazione

e distruzione tramite la seguente relazione: ˆ

njσ = ˆC† Cˆjσ. (1.5)

L’azione dell’operatore (1.5) su uno stato del sistema `e quella di contare il numero di particelle presenti sul sito j che hanno polarizzazione di spin σ. Os-serviamo che, per definizione di stato di vuoto, si ha che ˆnjσ|Ωi = 0, ∀ (j, σ)

(13)

Nel prossimo paragrafo presentiamo un’analisi dettagliata dei termini hamil-toniani presenti nel modello (1.4) al fine di delineare al meglio tutte le carat-teristiche del problema che abbiamo intenzione di stuiare.

1.1.1

I termini hamiltoniani

In questa sezione presentiamo una descrizione qualitativa dei vari termini hamiltoniani che compaiono in (1.4) al fine di non perdere di vista il sistema fisico al centro di questo studio. Come abbiamo detto in precedenza, la di-namica del sistema prevede la possibilit`a che due siti reticolari primi-vicini si scambino particelle. Il primo termine presente in (1.4) simula il contributo al-l’energia del sistema associato proprio a questi scambi di particelle fra i siti del reticolo. Per comprendere nel dettaglio il senso di questo termine hamiltonia-no iniziamo col considerare due stati di particella singola. Due stati di questo genere si ottengono facendo agire un operatore di creazione sullo stato di vuo-to del sistema. Prendiamo per esempio in considerazione i due siti i e j. Se trascuriamo l’indice di spin che per il momento appesantisce solo la notazione, per questi due siti abbiamo esclusivamente i due seguenti stati a una particella:

ˆ

Ci†|0i = |ii ˆ

Cj|0i = |ji (1.6) Secondo le convenzioni descritte in precedenza, gli stati (1.6) corrispondono a stati fortemente localizzati nello spazio. Ci`o implica che le funzioni d’onda ad essi associate debbano essere oggetti che assumono valori non nulli solo in una piccola regione spaziale attorno ai due siti reticolari. Supponiamo che le funzioni d’onda per questi due stati siano rappresentabili nella seguente forma nella rappresentazione delle coordinate:

φ(x− xi) =hx|ii (1.7)

φ(x− xj) = hx|ji (1.8)

Supponiamo ora di voler quantificare la possibilit`a di scambio di una particella fra il sito i ed il sito j. Questa probabilit`a `e legata al grado di sovrapposizione fra i due stati di particella singola (1.6):

hi|ji = Z

ddx φ(x− xi)∗φ(x− xj), (1.9)

dove abbiamo usato la relazione di completezza degli autostati dell’operatore posizione.

A causa della forte localizzazione degli stati la (1.9) assume valori diversi da zero solo se i siti presi in considerazione sono sufficientemente vicini. Que-sta condizione risulta ottimizzata proprio nel caso in cui si considerino siti primi-vicini sul reticolo. Nel caso in cui si consideri una struttura reticolare omogenea, `e lecito assumere (in virt`u delle propriet`a di simmetria del sistema) che la probabilit`a di transizione quantificata in (1.9) sia indipendente dalla

(14)

coppia di siti primi-vicini presi in considerazione e che il coefficiente t presente in (1.4) sia direttamente proporzionale alla quantit`a (1.9). Queste considera-zioni spiegano quindi la struttura del seguente termine hamiltoniano

ˆ Hkin =−t X hj,ii X σ=↑,↓  ˆC† jσCˆiσ + ˆCiσ†Cˆjσ  (1.10) Passiamo ora ai termini di densit`a, cio`e i termini in cui compaiono gli opera-tori ˆniσ. Il secondo termine hamiltoniano presente nel modello (1.4) simula

l’interazione fra due particelle a spin opposto che si trovano sullo stesso sito del reticolo. Fisicamente si pu`o interpretare questo contributo come un termine che tiene conto dell’interazione elettrostatica fra elettroni a polarizzazione di spin opposta, presenti sullo stesso sito reticolare. Se si usa la consueta rap-presentazione a due particelle per l’interazione elettrostatica, si ha la seguente corrispondenza fra il coefficiente U presente in (1.4) ed il contributo elettro-statico:

U ∝ Z

dx1dx2|φ(x − x1)|2Vel(x1, x2)|φ(x − x2)|2, (1.11)

dove Vel(x1, x2) indica il potenziale elettrostatico fra due cariche poste nelle

posizioni x1 e x2.

Gli ultimi due termini presenti nel modello (1.4) hanno fra loro una struttura simile. Entrambi sono caratterizzati da una struttura che prevede un accop-piamento potenziale-densit`a, ma presentano profonde differenze. Il primo dei due `e un termine indipendente dalla posizione e sostanzialmente valuta il con-tributo all’energia del sistema dovuto alla presenza di un determinato numero di particelle (in un certo senso questo termine fissa lo zero dello spettro ener-getico). Esso accoppia infatti la densit`a di particelle (ˆnj =

P

σnˆjσ) con il

potenziale chimico µ, portando un contributo all’energia totale pari a −µNtot,

dove Ntot =Pjnˆj.

Il secondo termine `e quello che simula la presenza del potenziale esterno im-piegato di confinamento. Vista la struttura del termine precedente, pu`o essere interpretato come un termine a potenziale chimico dipendente esplicitamente dalla posizione, che spinge le particelle a rimanere il pi`u possibile vicino al centro della buca armonica (ha un andamento che cresce infatti con legge di potenza all’allontanarsi dal centro del reticolo).

La presenza di questo termine di confinamento `e proprio quello che d`a origine a fenomeni peculiari che portano il sistema a seguire un comportamento che ben si differenzia da quello del sistema in assenza di confinamento.

(15)

1.2

Regime diluito e Gruppo di

Rinormalizza-zione

La presenza di un termine di potenziale dipendente esplicitamente dalla posizione altera le propriet`a che caratterizzano il sistema in assenza di confi-namento. In prima analisi osserviamo che in presenza di un potenziale dipen-dente esplicitamente dalla posizione il sistema perde la sua omogeneit`a e parte delle sue simmetrie, ad esempio l’invarianza per traslazioni del reticolo. Lo scopo di questo lavoro `e studiare le propriet`a di scala del sistema in cor-rispondenza di un particolare regime indotto dalla presenza della trappola. Il fatto interessante `e che le propriet`a di scala che il sistema sviluppa in corrispon-denza di questo regime possono essere analizzate sfruttando, come vedremo, un approccio di tipo perturbativo fondato sui risultati che si ottengo dallo stu-dio della teoria in assenza di confinamento. Procediamo per gradi ed entriamo nel dettaglio della questione. Osserviamo in via preliminare che `e possibile associare alla trappola di potenziale una scala tipica di lunghezza, indicata per convenzione con l , che chiamiamo trap-size o in alternativa parametro di trappola. La sua definizione per il caso di potenziale armonico `e la seguente:

l = √

2t

v , (1.12)

dove t e v sono proprio le costanti presenti nei termini dell’hamitltoniana (1.4). Supponiamo che ci sia completamente noto il comportamento del sistema in assenza di confinamento, ovvero supponiamo di aver caratterizzato tutti i pos-sibili fenomeni di transizione di fase che il sistema pu`o sperimentare al variare dei parametri esterni. Introduciamo a questo punto il termine di potenzia-le confinante. Come detto poco sopra, esso porta con se una nuova scala di lunghezza. A livello di propriet`a critiche, questa nuova scala altera il compor-tamento del sistema ed in generale non osserveremo i fenomeni di transizione di fase osservati in assenza di confinamento. La presenza della trappola limita infatti il livello di correlazione fra le variabili del problema e d`a origine ad un nuovo comportamento di scala (Trap-Size Scaling o TSS) di tutte le osservabili in prossimit`a dei punti in cui il sistema non confinato avrebbe sperimentato una transizione di fase. Come accennato nell’Introduzione a questo lavoro, ci`o che vogliamo studiare `e il comportamento di scala che il sistema sviluppa in corrispondenza del cosiddetto Regime Diluito, ovvero il regime di basse densit`a che si raggiunge sul reticolo, a fisso numero di particelle Ntot, incrementando

il valore del parametro l. A livello pi`u formale ci`o che intendiamo caratte-rizzare `e il comportamento di scala che il sistema, descritto nel formalismo dell’Insieme Canonico, sviluppa in corrispondenza di una diminuzione drasti-ca dell’intensit`a del confinamento. Ci`o che vedremo nelle prossime sezioni `e che sar`a possibile caratterizzare totalmente il sistema usando l’approccio del Gruppo di Rinormalizzazione, nel seguito indicato con GR. Gran parte dei risultati che otterremo emergeranno dall’analisi del punto fisso associato al re-gime diluito. Riportiamo nelle prossime sezioni una discussione a proposito

(16)

dei caratteri generali del formalismo del GR, utili per proporre un’analisi con-sistente del problema a cui ci siamo interessati.

1.2.1

Il Gruppo di Rinormalizzazione

In questo paragrafo ci dedichiamo ad una descrizione del tutto generale del-le caratteristiche alla base del metodo del Gruppo di Rinormalizzazione. La trattazione qui riportata ricalca quella proposta nei testi di Fisica Statistica [5] e [6]. Supponiamo di avere a che fare con un sistema rappresentabile con un hamiltonianaH (K1, K2,· · · , Kn) i cui gradi di libert`a siano spazialmente

disposti su un reticolo ed interagenti tramite termini di interazione a corto raggio, proporzionali alle costanti di accoppiamento K1, K2,· · · , Kn.

Secon-do l’approccio del GR per avere una comprensione della dinamica collettiva del sistema in corrispondenza o in prossimit`a della transizione di fase non `e necessario conoscere nel dettaglio il comportamento di ciascun singolo costi-tuente, ma piuttosto sapere quale sia la dinamica media nelle varie regioni spaziali del sistema. Questo perch´e nello studio dei fenomeni critici, ci`o che interessa `e solitamente la dinamica su scale tipicamente estremamente mag-giori della distanza media fra i costituenti del sistema, in quanto in prossimit`a delle transizioni di fase il livello di correlazione fra i gradi di libert`a diviene ca-ratterizzato da una scala tipica (la lunghezza di correlazione ξ) molto maggiore della distanza fra i siti reticolari. Questo implica che per effettuare un’ana-lisi soddisfacente delle propriet`a critiche del sistema in corrispondenza della transizione, non `e necessario caratterizzata nel dettaglio la dinamica di ogni costituente ed `e possibile dimenticarsi di tutte le informazioni superflue, che in questo caso sono quelle che caratterizzano il problema sulle piccole scale di lunghezza (piccole rispetto alla lunghezza di correlazione). A livello operativo, ci`o che si deve fare `e un coarse-graining dei gradi di libert`a a corta distanza, cio`e una riorganizzazione delle variabili del problema in variabili per le quali sia maggiormente evidente la dinamica alla transizione. Nel caso di sistemi su reticolo un modo per ottenere risultati di questo genere `e quello di effettuare un riscalamento della struttura reticolare. Parallelamente al processo di ridefi-nizione delle variabili, va effettuata una ridefiridefi-nizione dei termini hamiltoniani e conseguentemente delle costanti di accoppiamento che compaiono nel model-lo hamiltoniano. L’insieme di tutte questi accorgimenti pu`o essere classificato come una trasformazione del GR. In forma schematica una trasformazione del GR `e rappresentabile tramite la seguente sequenza di operazioni:

                 x→ x′ = x b K = (K1, K2,· · · , Kn)→ K′ = (K1′ , K2′ ,· · · , Kn′) =RbK H (K1, K2,· · · , Kn)→ H′(K1′ , K2′,· · · , Kn′) (1.13)

(17)

Analizziamo la (1.13). Nella prima riga viene definita la trasformazione di sca-la: b `e il parametro secondo cui viene effettuato il riscalamento della variabile di posizione x. La seconda espressione descrive come avviene la ridefinizione delle costanti di accoppiamento. In linea di principio possiamo pensare che le costanti K1, K2,· · · , Kn siano le componenti di un vettore, il vettore K,

che fornisce una descrizione diretta del modello hamiltoniano con cui si rap-presenta il sistema. Questo vettore assume valori all’interno dello spazio di tutte le possibili costanti di accoppiamento e sotto l’azione del GR possiamo pensare che trasformi secondo l’operatore Rb (esplicitamente dipendente dal

parametro di riscalamento b). Va osservato che in generale per raggiungere una condizione in cui siano evidenti le propriet`a critiche del sistema, non `e detto che sia sufficiente applicare l’algoritmo (1.13) un’unica volta ( solitamente non `e mai cos`ı). L’iterazione delle istruzioni presenti in (1.13) genera un flusso di informazioni che nell’ottica del GR viene chiamato flusso del GR:

               x→ x′ → x′′ → · · · K→ K′ → K′′→ · · · H (K) → H′(K)→ H′′(K′′)→ · · · (1.14)

Ad ogni iterazione il modello hamiltoniano si avvicina all’andamento che de-scrive in maniera pi`u esplicita il carattere critico del sistema di partenza e ci`o che si suppone `e che esistano punti nello spazio delle costanti di accoppiamento a cui tendano questi flussi. Questi particolari punti sono chiamati punti fissi del GR e contengono tutte le informazioni sul comportamento del sistema su grandi scale di correlazione. Se indichiamo con K∗ = (K∗

1 , K2∗,· · · , Kn∗) il

vettore delle costanti di accoppiamento in corrispondenza di un punto fisso, sotto l’azione della trasformazione (1.13) ci`o che si ha `e che:

K∗ = (K1∗, K2∗,· · · , K∗

n)→ K′ = (K1′ , K2′ ,· · · , Kn′) =RbK∗ = K∗ (1.15)

L’espressione precedente pu`o essere presa come definizione di punto fisso nello spazio degli accoppiamenti. Se ora si sceglie un intorno del punto fisso nello spazio dei parametri `e possibile effettuare una linearizzazione delle equazioni del GR. La procedura di linearizzazione esprime in maniera esplicita come le propriet`a di tutti i punti nell’intorno, siano collegate alle propriet`a del punto fisso. Supponiamo che K sia un punto nell’intorno di K∗, punto fisso nello spazio dei parametri. Sotto l’azione del GR si ha che K→ K′ =RbK. Questa

trasformazione pu`o essere messa in corrispondenza diretta con K∗ effettuando una linearizzazione della trasformazione Rb. In componenti, se il punto K `e

sufficientemente vicino a K∗, si ha che: K′a− Ka X

c

(18)

dove

Tac = ∂K′a/∂Kc|K=K∗. (1.17)

Siano ora {φi} gli autovettori sinistri della matrice T . Per definizione i {φi}

sono tali che:

X

a

φiaTac = λiφic, (1.18)

dove i i} sono gli autovalori della matrice T relativi agli autovettori sinistri

{φi}. A questo punto `e possibile definire le variabili di scala:

ui=

X

a

φia(Ka− K∗a) (1.19)

Questi oggetti sono estremamente interessanti e sono il punto di partenza per l’analisi del nostro problema. Le variabili (1.19), per costruzione, trasformano in maniera lineare sotto l’azione del GR e ci danno informazioni dirette sul flusso del GR intorno al punto fisso:

u′i = λiui (1.20)

Ridefiniamo gli autovalori λi come λi = byi. Il segno degli esponenti {y

i}, che

in letteratura vengono chiamati autovalori del GR e che nella nostra analisi chiamiamo dimensioni del GR, ci d`a informazioni esplicite sul comportamento delle variabili di scala sotto l’azione del GR. I casi possibili sono tre:

• se yi >0, la variabile di scala ui si dice rilevante: l’azione iterata delle

trasformazioni del GR, allontana la variabile dal valore che essa assume intorno al punto fisso.

• se yi <0, la variabile di scala ui si dice irrilevante: l’azione iterata delle

trasformazioni del GR, annulla il valore della variabile di scala.

• se yi =0, la variabile di scala ui si dice marginale: per determinare il

comportamento di una variabile di questo genere non `e possibile basarsi sulle equazioni linearizzate, ma `e necessario estendere l’analisi sul flusso del GR all’ordine successivo nello sviluppo in potenze delle costanti di accoppiamento. A seconda del risultato, in analogia a quanto detto poco sopra, si parler`a di variabili marginalmente rilevanti oppure marginal-mente irrilevanti.

In base a quanto appena esposto, per caratterizzare le propriet`a del sistema su lunga scala di distanza, cio`e quelle che caratterizzano il sistema in corri-spondenza di una transizione e che emergono dopo varie iterazioni delle tra-sformazioni del GR, `e sufficiente analizzare i contributi associati alle variabili

(19)

rilevanti in un intorno del punto fisso.

1.3

Teoria di campo e dimensioni del GR

Dall’analisi proposta nel paragrafo precedente segue quindi che per stabi-lire le propriet`a critiche del modello di Hubbard confinato in Regime Diluito `e necessario stabilire quale sia il punto fisso che ci interessa, quali siano le variabili di scala del modello e quale sia il loro comportamento sotto l’azione di una trasformazione di scala.

Un modo per rispondere a tutte queste domande e ricavare le caratteristiche del sistema `e quello di ricondurre il problema su reticolo (1.4) ad un problema equivalente definito in uno spazio continuo e descritto da una teoria di cam-po classica in (d + 1)-dimensioni, dove, come si vedr`a a breve, la dimensione aggiuntiva `e data da una variabile temporale immaginaria, connessa alla tem-peratura a cui si studia il sistema. Il metodo usato e di cui in questo paragrafo proponiamo le caratteristiche principali `e quello dell’integrale funzionale sugli stati coerenti. Per approfondire la questione dell’integrale funzionale sugli sta-ti coerensta-ti e gli argomensta-ti ad esso connessi suggeriamo al lettore di consultare i testi [7] e [6]. Una trattazione interessante `e riportata anche in [8]. Propo-niamo di seguito le idee alla base di questo metodo.

Supponiamo di voler analizzare un’hamiltoniana su reticolo ˆH( ˆOi) che sia

fun-zione di un certo insieme di operatori vettoriali ˆOi, con i indice sui siti del

reticolo. Nel nostro caso l’hamiltoniana di interesse `e la (1.4) e, se si trascura per un attimo l’indice di spin, gli operatori ˆOi sono i seguenti:

ˆ Oi = ˆ Ci† ˆ Ci  (1.21) Come vedremo fra poco gli stati coerenti sono strettamente legati agli ope-ratori in seconda quantizzazione. Elenchiamo di seguito le loro propriet`a pi`u importanti. Per prima cosa osserviamo che l’insieme degli stati coerenti costi-tuisce un set infinito di stati che possiamo indicare in via del tutto generale (trascurando l’indice di posizione i) con la notazione |Fi, dove F rappresenta un indice vettoriale continuo a due componenti (una per ciascuno degli opera-tori ˆC† e ˆC). Questo insieme di stati soddisfa le seguenti richieste:

• i singoli stati sono normalizzati, ma non ortogonali fra loro:

hF|Fi = 1 hF|F′i 6= 0, per F 6= F; (1.22)

• si tratta di un sistema completo: β

Z

d F|Fi hF| = 1, (1.23) dove β `e una costante di normalizzazione;

(20)

• il valore medio degli operatori ˆO su questo insieme di stati, ne fornisce un’approssimazione a livello classico:

hF| ˆO |Fi = O (1.24) • gli elementi diagonali dell’hamiltoniana su questa base sono funzioni che hanno dipendenza funzionale da O uguale a quella che H( ˆO) ha da ˆO:

hF| H( ˆO) |Fi = H(O). (1.25) Questo singolare insieme di stati costituisce inoltre un’insieme di autostati per gli operatori di distruzione in uno spazio che non `e l’usuale spazio di Fock su cui agiscono gli operatori di creazione/distruzione, ma bens`ı uno spazio pi`u complesso che pu`o essere considerato come una sua estensione. L’origine di questa complessit`a `e dovuta al fatto che lo spettro associato a questi stati non `e composto da usuali numeri, ma `e costituito da una classe particolare di numeri complessi che soddisfano regole di anticommutazione (proprio come gli operatori di creazione e distruzione). Gli autovalori associati agli operatori di distruzione ˆCi σ sono elementi di strutture matematiche che in letteratura

prendono il nome di Algebre di Grassmann.

Senza entrare troppo nel dettaglio, un’algebra di Grassmann di dimensione 22N `e un insieme generato da 2N numeri complessi

1, · · · η∗N, η1, · · · ηN} la

cui principale propriet`a `e quella di soddisfare regole di anticommutazione: η∗

i, η∗j = {ηi, ηj} = {ηi∗, ηj} = 0, ∀(i, j) (1.26)

Dal punto di vista matematico `e possibile inoltre definire sulle Algebre di Grassmann (si rimanda il lettore alla referenza [7]) funzioni e molti degli stru-menti del calcolo differenziale come ad esempio integrali e derivate (anche se si tratta di strumenti che soddisfano richieste ben differenti dalle usuali). Proponiamo per completezza la forma esplicita degli stati coerenti nel caso in cui si consideri un sistema reticolare d-dimensionale a N siti, su cui siano disposte particelle dotate di spin:

             |ηi = exp −X i, σ ηi, σCˆi†σ ! |Ωi, hη| = hΩ| exp −X i, σ ˆ Ciσηi, σ∗ ! , (1.27)

dove ˆCiσ/ ˆCiσ, ηi, σ/ηi, σ∗ ed |Ωi indicano rispettivamente gli operatori di

costru-zione/distruzione relativi al sito i per una particella a polarizzazione di spin σ, le variabili di Grassmann ad essi associate (che appartengono ad un’algebra generata da 4N numeri anticommutanti) e lo stato di vuoto per il reticolo a N siti.

Grazie agli stati (1.27) `e possibile fornire una riespressione della teoria su reti-colo in termini di una teoria di campo classica definita in uno spazio continuo.

(21)

Questa procedura di passaggio al continuo `e basata su una manipolazione del-la funzione di partizione del modello su reticolo a temperatura T , che fa uso di molte propriet`a degli stati coerenti che non abbiamo presentato. Proporre una trattazione esaustiva e soddisfacente che presenti nel dettaglio tutti gli ingredienti e le relazioni necessarie a questo sviluppo ci condurrebbe troppo lontano dal nostro scopo che ricordiamo `e quello di ricavare una caratterizza-zione delle propriet`a critiche del modello hamiltoniano (1.4) nel caso di regime diluito. Un fatto davvero interessante `e che le propriet`a critiche del modello (1.4) in Regime Diluito, quindi strettamente legate alla presenza del potenziale esterno di confinamento, possono essere dedotte effettuando un’analisi di tipo perturbativo al giusto punto fisso della teoria continua associata al modello non confinato. Questo perch´e il contributo hamiltoniano associato alla trap-pola di potenziale `e proporzionale a potenze negative del parametro l e diventa cos`ı sempre meno influente al crescere del valore del parametro l.

Nel formalismo dell’Insieme Gran Canonico, il modello in assenza di confina-mento `e descritto dalla seguente hamiltoniana su reticolo:

ˆ H = − tX hj,ii X σ=↑,↓  ˆC† jσCˆiσ + ˆCi†σCˆj σ  + UX j ˆ nj↑nˆj↓+ − µX j X σ ˆ njσ. (1.28)

Con i metodi proposti in [7] e [6] `e possibile dimostrare che la teoria conti-nua equivalente al modello (1.28) `e descritta dal seguente integrale funzionale (t = 1,~ = 1,kb = 1): ZF = Z DΨ∗DΨ exp ( − Z 1/T 0 dτ Z ddxLF(Ψσ∗(x, τ ) , Ψσ(x, τ )) ) , (1.29) dove LF (Ψσ∗(x, τ ) , Ψσ(x, τ )) = X σ  Ψσ∗∂Ψσ ∂τ + 1 2m|∇Ψσ| 2 − ˜µ|Ψσ|2  + + u Ψ∗Ψ∗ΨΨ (1.30)

Analizziamo nel dettaglio la (1.30). Questa densit`a lagrangiana spazio-temporale `e l’equivalente continuo della teoria su reticolo descritta dall’hamiltoniana (1.28). La (1.30) descrive la dinamica della coppia di campi classici anti-commutanti (Ψ∗

σ(x, τ ) , Ψσ(x, τ )) i quali rappresentano una generalizzazione

nel continuo degli operatori di creazione e distruzione.

Come accennato all’inizio del paragrafo, il passaggio dal modello su reticolo all’integrale funzionale (1.29) `e stato effettuato con il fine di caratterizzare le propriet`a di scala del modello di Hubbard in quello che abbiamo chiamato Regime Diluito. Anche se pu`o non sembrare, la questione `e in questo caso piut-tosto delicata. Come specificato nel paragrafo precedente, le propriet`a di scala di una teoria in corrispondenza di una transizione di fase sono strettamente connesse alle propriet`a del punto fisso che la influenza. Nello studio del Regime

(22)

Diluito, regime che abbiamo specificato si realizza al crescere del parametro di trappola a numero fisso di particelle, non `e possibile parlare di fenomeni di transizione di fase. Tuttavia `e possibile superare la questione sfruttando un risultato ottenuto nello studio delle propriet`a critiche dei sistemi su reticolo in presenza di confinamento che ci permetter`a di mettere in corrispondenza formalismo Gran Canonico e formalismo Canonico ed interpretare le propriet`a di scala del sistema in Regime Diluito mediante lo studio di un punto fisso della teoria (1.29). `E stato dimostrato [9] che per caratterizzare le propriet`a critiche di un sistema su reticolo d-dimensionale in presenza di confinamento, a potenziale chimico costante e parametro di trappola crescente, pu`o essere utilizzata la seguente quantit`a:

Ntot

ld ≡ Cd(µ), (1.31)

dove con Cd(µ) si indica una particolare funzione limitata del potenziale

chi-mico.

La relazione (1.31) `e proprio ci`o che ci permette di studiare il modello di Hub-bard armonico in Regime Diluito, mediante la teoria di campo (1.29). La (1.31) permette infatti di identificare le propriet`a di scala del sistema in Regi-me Diluito con quelle ottenute dallo studio della teoria di campo (1.29) per il valore ¯µ che rende nullo la funzione Cd(µ). Ci`o che si pu`o dimostrare `e che il

rapporto (1.31) si annulla in corrispondenza di ¯µ =−2 (in unit`a del parame-tro t) e che questo valore del potenziale chimico `e associato al valore zero del parametro ˜µ presente in (1.30). Questa corrispondenza risulta particolarmente ragionevole se si osserva che il Regime Diluito descrive una condizione di bassa densit`a per il sistema e in un intorno del punto µ =−2t il modello (1.28), per U = 0, `e caratterizzato da un’occupazione media hˆnii ≈ 0 (transizione di fase

Vuoto-Conduttore, [6]).

A questo punto risulta semplice ricavare che il punto fisso della teoria (1.29) a cui siamo interessati `e il seguente:

(˜µ, u, T ) = (0, 0, 0) (1.32) Come si vede dalle espressioni (1.29) e (1.30) il punto fisso (˜µ, u, T ) = (0, 0, 0) `e un punto fisso di natura gaussiana (nel senso che l’integrale funzionale si ri-duce ad un puro integrale gaussiano). In questo caso risulta quindi possibile effettuare una caratterizzazione del sistema e ricavare le dimensioni del GR per le variabili di scala presenti in (1.29) tramite una semplice analisi dimensio-nale. Effettuiamo una trasformazione di scala sulla variabile x della seguente forma:

x→ x′ = x

b (1.33)

Per analisi dimensionale `e possibile mostrare che la variabile τ trasforma sotto l’azione della (1.33) come xz, con z esponente dinamico della teoria. Per

otte-nere un’invarianza dell’azione S =R dτ R ddxL

F, sotto trasformazioni di scala,

(23)

dire che l’oggetto a primo membro trasforma, sotto l’azione della (1.33), come la quantit`a a secondo membro. Per la teoria di campo che stiamo studiando z = 2. Partendo da questa assunzione si ottengono le seguenti dimensioni del GR per le altre variabili del problema:

       yΨ = d 2 yµ˜ = d yu = z− d = 2 − d (1.34)

Come discusso precedentemente nel capitolo, in Regime Diluito, il termine ha-miltoniano associato alla trappola armonica pu`o essere introdotto come per-turbazione alla teoria (1.29). La forma della perper-turbazione associata ad un potenziale confinante proporzionale a |x|p `e la seguente:

ˆ Hext = X σ 1 pv p|x|pΨ∗ σΨσ (1.35)

Sfruttando i risultati appena ottenuti se richiediamo che il termine (1.35) tra-sformi sotto un riscalamento della variabile x come la densit`a di lagrangiana LF `e possibile ricavare la dimensione del GR per il parametro v. Se

indichia-mo con yv la dimensione del GR associata al parametro v ottiene il seguente

risultato:

yvp + 2yΨ − p = z + d, (1.36)

ovvero, usando le relazioni presenti in (1.34) yv =

z + p

p (1.37)

Dalla (1.34) si vede che le dimensioni delle variabili di scala per il modello dipendono dalla dimensione spaziale in cui si studia il sistema. Il risultato di maggiore interesse dedotto tramite questa analisi `e la dimensione del GR associata alla variabile u. Osserviamo infatti che a seconda della dimensione d in cui si studia il reticolo, questo variabile sperimenta una transizione dalla rilevanza (d = 1) all’irrilevanza (d ≥ 3) nell’ottica del GR, passando per un carattere di marginalit`a nel caso in cui d = 2.

A seguito dell’analisi appena proposta abbiamo a disposizione tutti gli ele-menti necessari per introdurre la questione del Trap-Size scaling (TSS) [10]. Il formalismo del TSS fornisce uno strumento per descrivere le propriet`a di sca-la non banali che il sistema sviluppa in presenza di un potenziale confinante, nel caso specifico potenziale di tipo armonico. Per inquadrare la questione e capire effettivamente cosa si intenda per TSS, analizziamo ad esempio il com-portamento dell’energia libera per il modello (1.29) sotto una trasformazione del tutto generica del GR. Per analizzarne il comportamento sotto l’azione delle trasformazioni del GR di un’osservabile `e sufficiente considerarne la di-pendenza dalle variabili di scala rilevanti. Se si esplicita quindi la didi-pendenza

(24)

dalle variabili di scala rilevanti del problema, si ha che l’energia libera F `e una funzione con questa struttura:

F = F (v, u, x ; Ntot) (1.38)

dove `e stata inserita anche una variabile di scala per l’accoppiamento u, nono-stante esso introduca un contributo rilevante solo per d = 1.

Sotto una trasformazione del GR, indotta da un riscalamento della variabile di posizione x della quantit`a b, si ottiene la seguente relazione:

F (v, u, x ; Ntot)→ b−(d+z)F (v byv, u byu,

x

b; Ntot) (1.39) Queste relazioni di trasformazione sono per`o valide solo in prossimit`a del pun-to fisso (˜µ, u, T ) = (0, 0, 0) ed `e quindi necessario imporre un limite ai valori degli argomenti della funzione F affinch´e non diventino troppo grandi e si esca dal regime di validit`a per le equazioni linearizzate per il GR. Una possibilit`a `e quella di scegliere il parametro di riscalamento in maniera da rispettare la seguente condizione:

v byv = 1 =⇒ b = 1

v yv1

(1.40) La Trap-Size l `e proporzionale a 1v, quindi la (1.40) ci dice che b∝ lθ, dove θ

`e l’esponente della trappola ed `e definito come θ = 1

yv

= p

z + p (1.41)

Salvo indicazioni differenti, nel seguito di questo lavoro indicheremo con θ il valore dell’esponente (1.41) specificato per il caso di un potenziale di tipo ar-monico, cio`e per p = 2.

Combinando (1.39) e (1.41) si ottiene il comportamento di scala di F in ter-mini della Trap-Size l:

F (v, u, x; N)→ l−(d+zθ)F (1, u lθ yu, xl−θ; N

tot)≡ l−θ(d+z)F(u lθ yu, xl−θ; Ntot)

(1.42) La relazione (1.42) pu`o essere presa come definizione per la funzione F, che nell’ottica del GR viene chiamata funzione di scala per l’energia libera F . In totale analogia a quello che `e stato fatto per F `e possibile definire una funzione di scala per tutti i valori di aspettazione rilevanti per l’analisi della teoria. Consideriamo infatti un operatore locale O (x, u) (abbiamo preso in considerazione esplicita solo la dipendenza dal termine di interazione, lascian-do implicita quella dalle altre variabili rilevanti). Consideriamo ora la funzione di correlazione a n punti per l’operatoreO (x, u):

hO (x1, u)O (x2, u)· · · O (xn, u)iGS ≡ W (x1, x2, · · · , xn; u) , (1.43)

(25)

sistema. Va infatti osservato che per temperature prossime allo zero assoluto l’unico stato a manifestare un’occupazione a livello macroscopico `e lo stato fondamentale per il sistema. In questo regime critico le fluttuazioni non hanno infatti un’ampiezza sufficiente ad eccitare modi ad energia superiore a quella dello stato fondamentale e la dinamica risulta totalmente determinata dalle propriet`a del ground state. In totale analogia con (1.42) ci aspettiamo il se-guente comportamento per la (1.43) sotto una trasformazione di scala della variabile x:

W (x1, x2,· · · , xn; u)→ l−nθyOW x1′, x′2,· · · , x′n; ulθyu , (1.44)

dove yO indica la dimensione del GR per l’operatore O (x, u).

In questo lavoro i valori di aspettazione di maggiore interesse saranno quelli associati all’operatore di densit`a di particelle. In totale analogia con la strut-tura dell’operatore numero ˆnj = Pσnˆjσ del modello su reticolo che conta il

numero di particelle presenti sul sito reticolare j, l’operatore di densit`a per la teoria (1.29) `e definibile in termine delle variabili di campo presenti nella (1.30). La sua espressione `e quindi la seguente:

nΨ(x, τ )≡ Ψ∗(x, τ ) Ψ (x, τ ) =

X

σ

Ψσ∗(x, τ ) Ψσ(x, τ ) (1.45)

Dall’analisi dimensionale condotta sulla (1.29), segue che la dimensione del GR associata a (1.45) ed indicabile con yΨ∗Ψ `e

yΨ∗Ψ = d (1.46)

Sia ora

ρ (u, x, v)≡ hnΨ(x, τ )iGS (1.47)

il valore di aspettazione dell’operatore di densit`a per la teoria (1.29). In base alla relazione (1.46) si ha che il valore di aspettazione dell’operatore (1.45) presenta il seguente comportamento sotto una trasformazione di scala della variabile x:

ρ (u, x, v)→ l−θyΨ ∗Ψρ ulθyu, x/lθ, 1 = l−dθρ ulθ(2−d), x/lθ, 1 . (1.48)

La relazione (1.48) descrive le propriet`a sotto trasformazioni di scala della densit`a di particelle dello stato fondamentale del sistema, in presenza di un potenziale confinante di natura armonica e sar`a una quantit`a chiave per l’ana-lisi che effettueremo in questo lavoro. Nella prossima sezione riportiamo alcuni risultati numerici per il modello su reticolo (1.4), specificato nel caso unidi-mensionale che sar`a l’argomento di studio dei prossimi capitoli di questo lavoro.

(26)

1.4

Analisi numerica del caso unidimensionale

In questa sezione riportiamo alcuni risultati ottenuti tramite l’analisi nu-merica del modello hamiltoniano (1.4) in dimensione d = 1 (catena reticolare di lunghezza L), tratti dall’articolo [11]. In questo lavoro gli autori dedicano la loro attenzione alla caratterizzazione per via numerica delle propriet`a di TSS di alcune fra le principali funzioni di correlazione per il modello di Hubbard in presenza di confinamento esterno della forma ≈ vp|xp| . In questa sezione del

lavoro ci limiteremo a citare e commentare i risultati da loro ottenuti relativi alle propriet`a di scala per la funzione di densit`a di particelle, specificate per il caso di un potenziale armonico, cio`e per p = 2. Questi risultati saranno il punto di partenza per l’analisi che proporremo nei prossimi capitoli.

Fissiamo la notazione. Specifichiamo l’espressione (1.48) nel caso unidimen-sionale, rendendo esplicita la dipendenza da tutte le variabili di scala rilevanti: ρ (v, u, x ; Ntot)≈ l−θρ 1, ulθ, x/lθ; Ntot ≡ l−θR(Ur, X ; Ntot), (1.49)

dove con Ur = ulθ, X = x/lθ e R(Ur, X; Ntot) indichiamo rispettivamente la

costante di interazione riscalata, la posizione riscalata e la funzione di scala per la densit`a di particelle (va osservato che la (1.49) pu`o essere considerata come la definizione della funzione di scalaR(Ur, X; Ntot)). Il segno di approssimazione

presente nella relazione (1.49) `e dovuto al fatto che per l finito il comporta-mento della funzione lθρ (v, u, x ; N

tot) `e caratterizzato da un andamento che

presenta deviazioni rispetto a quello della funzione di scala R(Ur, X; Ntot) ,

funzione che descrive il caso limite in cui l → +∞ (si osservino gli andamenti riportati in Figura (1.1) ed in Figura (1.2) al variare del parametro di trap-pola l). In generale la (1.49) andr`a riespressa tenendo conto delle deviazioni rispetto al limite di scala. Nell’articolo `e stato proposto il seguente andamento per la funzione di densit`a riscalata lθρ (x, U

r; Ntot):

lθρ (x, Ur; Ntot) = R(Ur, X = x/lθ; Ntot) + O(l−2θ), (1.50)

dove con O(l−2θ) si intende il carattere tipico di dipendenza delle correzioni

dalla trap-size l. Va osservato che la relazione (1.50) `e fortemente sostenuta dai risultati numerici. Lo studio riportato in [11] ha evidenziato infatti che, a fisso Ur e fisso Ntot, la famiglia di curve lθρ (x, Ur; Ntot), al crescere del parametro l,

converge alla funzione di scala R(Ur, X = x/lθ; Ntot) con correzioni che hanno

un’ampiezza dipendente heneralmente da potenze di l−2θ.

Il fatto che ha catturato la nostra attenzione e che ci ha spinto a condurre questo studio `e che per alcuni valori dell’interazione riscalata Ur la funzione di

scala per la densit`a di particelle pu`o essere dedotta dallo studio di un modello continuo per un ugual numero di particelle che in letteratura prende il nome di modello di Gaudin-Yang ([12],[13]):

(27)

ˆ HGY = Ntot X i=1  ˆp2 i 2m + ˆVext(xi)  + g N↑ X l↑=1 N↓ X s↓=1 δ xl↑− xs↓ , (1.51)

dove con ˆVext(xi) indichiamo l’operatore che in prima quantizzazione simula la

presenza del confinamento esterno (nel caso che ci interessa sar`a un potenziale di tipo armonico) e g `e la costante di accoppiamento associata al termine di interazione locale fra particelle a polarizzazione di spin opposta.

L’analisi numerica ha evidenziato infatti che le funzioni di scala per la den-sit`a di particelle nei casi infinitamente repulsivo (Ur → +∞), non interagente

(Ur → 0) ed infinitamente attrattivo (Ur → −∞) hanno la stessa forma

del-le funzioni di densit`a per il modello di Gaudin-Yang per i casi infinitamente repulsivo, non interagente ed infinitamente attrattivo. Il fatto realmente inte-ressante `e che contrariamente ai due casi infinitamente interagenti, per i quali la corrispondenza `e stata verificata esclusivamente per via numerica, nel caso non interagente la corrispondenza `e stata dimostrata per via analitica e poi verificata numericamente. `E possibile dimostrare infatti che nel caso in cui Ur → 0 la forma della funzione di scala per la densit`a di particelle pu`o

es-sere dedotta effettuando un processo di limite sull’hamiltoniana di Hubbard. Tutti questi risultati suggeriscono che possa intercorrere una qualche relazione di tipo analitico fra le funzioni di scala del modello di Hubbard e le funzioni di densit`a del modello di Gaudin-Yang. Come vedremo nei prossimi capitoli, questa congettura `e vera. Un punto importante su cui `e basata la verifica di questa ipotesi ricalca il metodo utilizzato nel lavoro [11] per la verifica della corrispondenza fra i risultati su reticolo e nel continuo. Risulta quindi utile analizzarlo nel dettaglio. Come accennato poco sopra la questione `e basata tutta su un processo di limite. L’idea alla base di questa procedura e che sar`a riproposta ed estesa nel presente lavoro nel paragrafo (2.1.1) `e collegata alla possibile interpretazione del passaggio al regime di basse densit`a (regime diluito), indotto dalla condizione l → +∞, come un passaggio alla situazione limite in cui il passo reticolare a, lunghezza caratteristica del problema in ter-mine del quale possiamo riesprimere ogni scala di lungehzza, viene mandato a zero. Questo limite va per`o effettuato con cautela e una trattazione rigorosa `e riportata nell’articolo [9]. Un’applicazione di questo metodo `e riportata anche nell’articolo [14], caso in cui l’obbiettivo era quello di caratterizzare le pro-priet`a TSS di un sistema di bosoni confinati armonicamente su di un reticolo unidimensionale.

Consideriamo l’hamiltoniana per il problema unidimensionale non interagente, ovvero la (1.4) specificata nel caso U = 0 e d = 1. Essa pu`o essere riscritta, ponendo direttamente µ = −2t visto che vogliamo caratterizzare il problema su reticolo in Regime Diluito, nella maniera seguente:

ˆ H =tX i,; σ ˆ Ci, σ†  −δj, i+1− δj, i−1+  V (i) t + 2  δi, j  ˆ Cj, σ ≡ ≡ tX σ X i, ˆ Ci, σ† hi, jCˆj, σ (1.52)

(28)

Osserviamo che nella (1.52) le somme sui siti reticolari non sono limitate ai siti primi-vicini, ma prendono in considerazione tutte le possibili coppie di siti reticolari indicizzate dalla coppia (i, j). Dal momento che la quantit`a hi, j `e

indipendente dallo spin, la dinamica delle particelle a spin up `e indipendente da quella delle particelle a spin down. Osservando meglio l’hamiltoniana (1.52) `e facile notare che il problema non interagente `e la somma di due problemi ha-miltoniani identici, uno per ciascuna polarizzazione di spin. Possiamo quindi pensare di riscrivere la (1.52) come segue:

ˆ H =X σ ˆ Hσ ≡ 2 ˆHspinless (1.53) dove ˆ Hspinless = t X i, ˆ Ci†hi, jCˆj (1.54) e gli operatorin ˆCj, ˆCi† o

indicano semplicemente gli operatori di creazione/distruzione per un sistema di fermioni senza spin. Dedichiamoci allo studio di ˆHspinless.

Introduciamo le seguenti trasformazioni:        ˆ Cj = X k ψj, kηˆk ˆ Cj†=X k ψj, k∗ ηˆk† (1.55) dovenηˆk, ˆηk† o

rappresentano un altro insieme di operatori di creazione/distruzione di natura fermionica ed i coefficienti ψj, k sono tali da soddisfare la seguente

equazione:

X

j

hi, jψj, k = 2ωkψi, k. (1.56)

Le due trasformazioni (1.55) risultano estremamente utili perch´e la loro in-versione permette di esprimere la (1.54) in una forma diagonale nello spazio degli operatori nηˆk, ˆηk†

o

. Grazie alle relazioni (1.55) e (1.56) l’hamiltoniana su reticolo assume la seguente struttura:

ˆ Hspinless= t X i, j X k1, k2 ψ∗i, k1ηˆk1hi, jψj, k2ηˆk2 = = tX i X k1, k2 ψ∗i, k1ηˆk1ωk2ψi, k2ηˆk2 = = t X k1, k2 δk1, k2ηˆ † k1ωk2ηˆk2 = = tX k1 ωk1ηˆ † k1ηˆk1 (1.57)

(29)

che descrive effettivamente un modello hamiltoniano diagonale nello spazio de-gli operatori nηˆk, ˆηk

o

. Osserviamo inoltre che con questo nuovo formalismo l’espressione della densit`a numerica di particelle, cio`e del valor medio dell’o-peratore numero sullo stato fondamentale del sistema assume un’espressione dipendente esclusivamente dai coefficienti ψi, k legati al problema per un

nu-mero dimezzato di fermioni senza spin: hˆniiGS =

X

σ

hˆni,σiGS = 2h ˆCi†CˆiiGSS, (1.58)

dove conh·iGS indichiamo il valore medio sullo stato fondamentale del sistema

iniziale non interagente a Ntot corpi (con N↑=N↓=Ntot/2) e con h·iGSS

indi-chiamo invece il valore medio sullo stato fondamentale di un sistema di Ntot/2

fermioni senza spin. La relazione (1.58) pu`o essere ulteriormente modificata utilizzando le trasformazioni (1.55) e ragionando sulla struttura dello stato fondamentale di un insieme di fermioni senza spin:

hˆniiGS = 2h ˆCi†CˆiiGSS = 2 X k1, k2 ψ∗i, k1ψi, k2hˆη † k1ηˆk2iGSS = 2 X k≤Ntot/2 ψi, k∗ ψi, k (1.59) L’ultima uguaglianza presente in (1.59) segue dall’osservazione che lo stato fondamentale di un sistema di Ntot/2 fermioni senza spin si ottiene

disponen-dole particelle nei primi Ntot/2 livelli di particella singola ad energia inferiore.

Quanto appena osservato conduce alla seguente espressione per hˆηk1ηˆk2iGSS:

hˆη†k1ηˆk2iGSS =

(

δk1, k2, se k1 ≤ (Ntot/2)

0, altrimenti (1.60) La relazione (1.59) verr`a ripresa in esame a breve quando verr`a discusso il significato dei coefficienti ψj, k. Torniamo all’analisi del modello (1.54). Quello

che si pu`o dimostrare `e che nel caso in cui l → +∞ il modello (1.54) e le quantit`a ψj, k possono essere interpretati rispettivamente come

l’approssima-zione in uno spazio discreto di un problema hamiltoniano definito nel continuo e delle sue autofunzioni. Va inoltre osservato che questo approccio al problema rende possibile stabilire la forma esplicita delle correzioni al limite di scala che sono state proposte nella relazione (1.50). L’operazione di limite `e basata sulle seguenti approssimazioni:    ψi, k ≈ ψk(x) ψk(x + a)− ψk(x)≈ a ∂ ∂xψk(x) + 1 2a 2 ∂2 ∂x2ψk(x)· · · (1.61)

Utilizzando le equazioni appena proposte e l’espressione (1.56) il problema hamiltoniano indipendente dal tempo assume pu`o essere ricondotto nella se-guente forma:

(30)

 −1 2a 2 ∂2 ∂x2φk(x) + 1 2 x2 l2  ψk(x) = ωkψk(x) (1.62)

Nell’espressione (1.62) sono stati trascurati tutti i termini dipendenti da poten-ze del passo reticolare superiori alla seconda, derivanti dallo sviluppo di Taylor della funzione ψk(x + a). I termini trascurati sono proprio quelli che danno

origine alle correzioni presenti nell’equazione (1.50). Con l’idea che il limite di scala per il sistema debba essere indipendente dai parametri di lunghezza del sistema effettuiamo le seguenti trasformazioni di scala:

X = xl−θaθ, ωk= ǫka2θl−2θ, ψk(a−θlθX) = aθ/2lθ/2φk(X) (1.63)

Impiegando le trasformazioni presenti nella (1.63) il problema continuo assume la sua forma definitiva. Osserviamo che grazie alle (1.63) l’equazione a cui si giunge `e indipendente dal passo reticolare a e dalla trap-size l:

 −1 2 ∂2 ∂X2 + 1 2X 2  φk(X) = ǫkφk(X) (1.64)

Prima di procedere con l’analisi del modello hamiltoniano (1.64) valutiamo la densit`a di particelle associata allo stato di minima energia del problema su reticolo descritto da (1.54). Riprendiamo in esame la relazione (1.59). In ba-se all’interpretazione (1.61) dei coefficienti ψj, k e alle trasformazioni di scala

(1.63), con un abuso di notazione, pu`o essere riespressa come segue: hˆn(x)iGS = 2h ˆCx†CˆxiGSS = 2l−θ

X

k≤(N/2)

φ2

k(X). (1.65)

Si osservi che l’espressione (1.65) ha la stessa struttura della (1.50). Questo suggerisce che possa intercorrere una relazione fra le quantit`a

l−θ X

k<(N/2)

φ2k(X) l−θR(Ur, X ; N)

Quanto appena proposto suggerisce che la funzione di scala per la densit`a di particelle del problema su reticolo possa essere in stretta relazione con le soluzioni del sistema continuo (1.64). Non ci resta quindi che analizzare le soluzioni di tale modello. Consideriamo la generalizzazione del sistema hamil-toniano (1.64) al caso di N fermioni identici senza spin:

ˆ HHO = N X i=1 ˆ Hi = N X i=1  −1 2 ∂2 ∂X2 i +1 2X 2 i  (1.66) Come sappiamo, la funzione d’onda associata allo stato fondamentale di que-sto sistema a N corpi `e il determinante di Slater delle prime N autofunzioni del problema di particella singola:

(31)

Com’`e noto in letteratura, le soluzioni dell’equazione (1.67) si ottengono come prodotto di un polinomio di Hermite per una gaussiana e hanno la seguente struttura normalizzata: φk(X) = Hk−1(X) π1/4(2k−1(k− 1)!)1/2e −X2/2 , con k ≥ 1 (1.68) Nello studio dei problemi continui `e possibile definire una funzione di densit`a partendo dalla funzione d’onda per il problema a N particelle e dall’interpre-tazione del suo modulo quadro come densit`a di probabilit`a. La definizione `e la seguente: ρ (y; N) = N R QN i=2 d xi|Ψ (y, x2,· · · xN)|2 R QN i=1 d xi|Ψ (x1, x2, · · · xN)|2 (1.69) dove Ψ (x1, x2,· · · xN) indica la funzione d’onda soluzione del problema a N

corpi che si sta studiando.

In base alla definizione appena fornita si ottiene che la densit`a di particelle per il problema a N corpi (1.66) assume la seguente struttura:

ρ(X; N) ≡ S2(X; N) = N

X

k=1

φ2k(X) . (1.70) Riprendiamo in esame la (1.65). In base alla relazione (1.70) essa pu`o essere riespressa come segue:

hˆn(x)iGS = l−θ2S2(X; N/2). (1.71)

Quanto appena proposto per l’interpretazione del regime diluito come limite al continuo della teoria su reticolo suggerisce quindi che la funzione di scala R(Ur = 0, X = x/lθ; N) sia legata alla funzione di densit`a S2(X ; N/2)

tra-mite la seguente relazione:

R(Ur = 0, X = x/lθ; N) = 2S2(X; N/2). (1.72)

I risultati numerici riportati nell’articolo [11] confermano la (1.72). Pensando a ci`o che descrive il modello hamiltoniano (1.66), la relazione (1.72) ammette la seguente interpretazione: in regime di basse densit`a indotte dalla trappola ed in assenza di un’interazione fra le particelle a diversa componente di spin (ricordiamo infatti che per costruzione il termine hamiltoniano proporzionale a U accoppia particelle a spin opposto), il sistema si comporta come un gas di N fermioni non interagenti in cui le due popolazioni a spin up e spin down si comportano come due gas di fermioni spinless con un numero dimezzato di costituenti. Secondo questa interpretazione la (1.72) pu`o essere riespressa come segue:

R(Ur = 0, X = x/lθ; N) =S2(X; N↑ = N/2) +S2(X; N↓ = N/2). (1.73)

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