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Evoluzione del controllo di gestione e della valutazione delle performance aziendali : il caso Cuoio Depur S.p.a.

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UNIVERSITA' DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea Strategia, Management e Controllo

TESI DI LAUREA

Evoluzione del controllo di gestione e della valutazione delle

performance aziendali : il caso Cuoio Depur S.p.a.

CANDIDATO: Dario Buselli RELATORE: Prof. Luciano Marchi

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INDICE

Prefazione ………. 4

PARTE PRIMA

CAPITOLO PRIMO

1. Introduzione al concetto di controllo in azienda ……… 6 1.1 Le ragioni del controllo in azienda

1.2 Il sistema di pianificazione e controllo

1.3 Evoluzione del concetto di controllo manageriale 1.4 Il sistema di controllo manageriale

1.4.1 Il controllo delle azioni 1.4.2 Pro e contro del controllo delle azioni 1.4.3 Il controllo del personale

1.4.4 Il controllo della cultura interna

1.4.5 Pro e contro del controllo del personale e della cultura interna 1.4.6 Il controllo dei risultati

1.4.7 Pro e contro del controllo dei risultati 1.5 Gli attori del controllo

1.6 Sistemi di misurazione delle performance 1.7 Il controllo ed il contesto organizzativo

CAPITOLO SECONDO

2. Gli strumenti del controllo ……… 45 2.1 Elementi del controllo di gestione tradizionale

2.1.1 La contabilità analitica 2.1.2 Il budget tradizionale 2.2 Activity based costing

2.3 Balanced scorecard: cenni evolutivi e modello 2.4 Il budget evoluto

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PARTE SECONDA

CAPITOLO TERZO

3. Presentazione del caso aziendale ………. 68 3.1 Il distretto industriale

3.2 Analisi di bilancio

3.3 Applicazione degli strumenti di controllo 3.3.1 Mappa strategica

3.3.2 Balanced scorecard 3.3.3 Budget

CAPITOLO QUARTO

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PREFAZIONE

Il dinamismo vorticoso che caratterizza i mercati ha esortato le aziende a migliorare il loro operato in tema di controllo, al fine di ridurre al minimo gli effetti di sbalzi repentini di trend che possono manifestarsi, offrendo al contempo un sensibile input per lo sfruttamento di eventuali opportunità di sviluppo.

La dottrina economica ha reagito a questa necessità introducendo strumenti innovativi ed affinando quelli preesistenti, contraddistinti da eccessiva considerazione della dimensione economica a discapito di altre, ritenute poco incidenti rispetto alla performance globale dell’organizzazione.

Questo lavoro si pone l’obiettivo di applicare le novità teoriche ad una realtà produttiva che opera nel territorio toscano, nel comprensorio del cuoio, ossia il consorzio Cuoio Depur S.p.a. .

Quella che si presenta è una fattispecie in cui la dimensione dell’azienda, sia sotto l’aspetto del fatturato conseguito, sia sotto l’aspetto della forza lavoro impiegata, non rientra nell’ordine di imprese che sono talmente grandi da imporre una struttura che preveda un team apposito dispiegato sul controllo di gestione, né tanto piccole da non apportare, in seguito all’adozione di un sistema di controllo dei risultati efficiente, benefici tangibili all’attività del management ed alla economicità del consorzio superiori al corrispondente onere di implementazione.

Al fine di rappresentare più fedelmente possibile l’applicabilità delle nuove tecniche elaborate dagli economisti è stata apportata una distinzione tra due sezioni che compongono tale lavoro: in primo luogo viene approfondita la sfera teorica, per la quale sono affrontati i temi inerenti al concetto di controllo applicato al sistema azienda, al sistema di pianificazione e controllo di gestione, al controllo manageriale, con particolare ovvio riferimento a quello dei risultati, ed ai preminenti strumenti utilizzati, scissi tra quelli tradizionali e quelli di più recente elaborazione.

La seconda parte invece afferisce ad un ambito più pratico che si riscontra nella preventiva descrizione della configuarazione del consorzio e dell’attività da questo svolta.

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Successivamente, dopo aver sviluppato il tema del distretto industriale, in quanto elemento determinante per la condizione e le manifestazioni di vita di Cuoio Depur, è stata sviluppata un’analisi di bilancio inerente agli esercizi contabili dal 2009 al 2015 compresi, consentendo di visualizzare minuziosamente i riverberi della gestione a livello economico e patrimoniale.

Infine, quale fulcro dell’elaborato, è stata impostata una simulazione di controllo di gestione improntata su ipotesi specifiche di sviluppo derivanti da operazioni avvenute negli esercizi in esame, ritenute maggiormente sfruttabili.

Il fine ultimo della presente stesura è individuato nell’analisi degli effetti dell’introduzione di strumenti innovativi del controllo sulla organizzazione, in termini economici e patrimoniali, gestionali ed organizzativi, per mezzo del riferimento a dati concreti forniti dal caso aziendale.

Gli strumenti utilizzati sono la mappa strategica, la balaced scorecard ed il budget evoluto, redatto con principi specifici descritti nei successivi appositi paragrafi.

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CAPITOLO PRIMO

1. INTRODUZIONE AL CONCETTO DI CONTROLLO IN AZIENDA

Il concetto di controllo, così come in ogni altro ambito in cui ci imbattiamo quotidianamente, assume in economia un significato molto ampio, riconducibile però a due grandi accezioni: controllo inteso come ispezione e conformità rispetto a determinati standard predefiniti e controllo inteso come guida.

La dottrina si muove congiuntamente verso la seconda fattispecie, cercando di ottenere i benefici tradizionali del controllo, individuabili nella maggior efficienza nella realizzazione delle rigide direttive imposte dai soggetti di grado gerarchico superiore, affiancati ad un nuovo indirizzo volto a promuovere strumenti sistemici che intervengono anticipatamente rispetto all’esecuzione effettiva delle operazioni ed integrano il controllo stesso alle fasi di pianificazione e programmazione.

Il ruolo del controllo in azienda ha subito nei decenni un’ importante evoluzione: si tratta di un passaggio graduale da una funzione , che nelle sue prime manifestazioni presentava singoli soggetti che avevano il compito di ispezionare una singola operazione sotto il rigido monitoraggio dei superiori e veniva percepita come una materia prettamente contabile, ad un sistema caratterizzato da veri e propri team di audit che influenzano in maniera rilevante la gestione.

La paternità dell’incipit di questa trasformazione è di matrice statunitense, luogo in cui si è cominciato ad interpretare e concepire un diverso ruolo del controllo, atto a produrre nuove fonti di informazioni per indirizzare la gestione: tale approccio ha trovato applicazione anche in Italia, seppur in un numero limitato di aziende nella sua piena concezione, a causa della diversa dimensione e relativa complessità aziendale che tradizionalmente caratterizza il tessuto produttivo italiano rispetto a quello negli U.S.A. . Il rapporto tra il controllo e la struttura organizzativa, in quanto importante tema di

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L’approccio sistematico al controllo di gestione non si è limitato a pervadere le società private organizzate in modo sufficientemente complesso: al contrario, per necessità e per obbligo normativo, ha trovato in Italia applicazione anche nelle aziende pubbliche, in ragione della progressiva aziendalizzazione promossa negli anni ’90 e negli enti locali, a seguito delle nuove direttive recepite a seguito dell’emanazione del D.L. 174 del 2012 che ne sancisce l’obbligatorietà in tutti i comuni, al fine di monitorare l’efficacia, l’efficienza e l’economicità dell’azione amministrativa per mezzo della correlazione tra obiettivi da perseguire e risultati a consuntivo.

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1.1 LE RAGIONI DEL CONTROLLO IN AZIENDA

Non è possibile descrivere ciò che muove, nello specifico, un’ azienda a promuovere un efficace sistema di pianificazione e controllo: di fatto si tratta di un complesso di elementi difficilmente replicabili in altre realtà economiche.

Ci sono tuttavia ragioni di fondo che sono comuni in tutte le imprese, che la dottrina sintetizza in:

- necessità di monitoraggio dell’andamento aziendale ; - supporto all’attività decisionale di soggetto economico.

Innanzitutto è necessario che il management sia in grado di dare una risposta alla non controllabilità degli eventi1, sia che questi abbiano natura interna o esterna.

L’impresa si trova a fronteggiare molteplici cause che conducono ad eventi non preventivati o, nella peggiore delle ipotesi, non prevedibili: alcune, come la dinamicità dei mercati, sono evidentemente di matrice macro – economica, altre sono invece di pertinenza della quotidianità ed in prossimità dei confini aziendali.

Per entrambe le fattispecie, il vertice aziendale è chiamato ad elaborare dei buoni sistemi di allarme atti a far recepire tempestivamente il problema ed agire cercando di arginare gli effetti o addirittura anticiparli, posizionandola in vantaggio rispetto alla concorrenza.

Strettamente connesso al primo fattore che esorta le imprese a promuovere il sistema di pianificazione e controllo, vi è certamente il secondo: condizione necessaria per un sistema di pianificazione propedeutico alla crescita sostenibile, è un accurata attività di controllo e reporting in grado di facilitare l’attività del soggetto economico nella cruciale fase decisionale.

In generale l’ azienda, tra le varie qualità che la caratterizzano, si presenta come un sistema sociale aperto di relazioni dalle quali dipendono gli andamenti economici e finanziari: sociale, in quanto dipende in prevalenza dal fattore umano, sebbene persegua finalità economiche, aperto perché si interfaccia costantemente con l’ambiente esterno.

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L’insieme delle relazioni sopra descritto, non deve esser concepito come un qualcosa di preesistente o di immediatamente realizzabile, ma come il prodotto di un meticoloso processo di progettazione, elaborazione ed attuazione, che richiede impiego di tempo e risorse che, a causa del primario ordine di importanza non può esser trascurato, ma sistematicamente e frequentemente soggetto a sorveglianza.

OUTPUT MERCATO DI SBOCCO AZIENDA INPUT AMBIENTE ESTERNO MERCATO DI ACQUISIZIONE

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1.2 IL SISTEMA DI PIANIFICAZIONE E CONTROLLO

Il sistema di pianificazione e controllo è uno strumento di supporto all’attività del soggetto economico e dei manager per il raggiungimento del fine ultimo dell’azienda, definito da Giannessi, come l’equilibrio economico a valere nel tempo.

Ai giorni nostri la sostenibilità non può prescindere, in quasi tutti i settori, da considerazioni che esulino da decisioni, piani e programmi squisitamente economici: non è più sufficiente monitorare gli ambiti e le attività a stretto contatto con il core business, ma si rende necessario mostrare impegno per la salvaguardia delle relazioni con l’esterno sotto più profili.

A tal proposito, la corporate social responsability riguarda il tema dell’impegno delle società, indipendentemente dalla dimensione che le caratterizza, rispetto alle tematiche di interesse comune: in altri termini, le imprese, con l’adozione di determinate decisioni e strumenti, si impegnano ad utilizzare un comportamento socialmente responsabile, atto a sostenere la crescita economica, sociale ed ambientale dei propri stakeholder.

In questa prospettiva, dunque, l’etica si scopre come un nuovo ambito in cui le realtà economiche odierne si trovano a competere, in grado di indirizzare la strategia aziendale: si pensi ad esempio, agli effetti che hanno avuto le critiche mosse dagli animalisti rivolte ai produttori di cosmetici testati su animali, alle propagande finalizzate alla eliminazione dello sfruttamento del lavoro minorile, alle proteste in merito all’impatto ambientale dei cicli produttivi delle industrie metallurgiche e così via.

In un contesto in cui l’impresa si trova ad operare in campi così disparati, una corretta interpretazione ed implementazione del sistema di pianificazione e controllo gestionale, consente al soggetto economico ed ai manager di poter fissare obiettivi di breve e medio lungo termine, contestualmente al monitoraggio di variabili interne ed esterne, competitive ed economico-sociali.

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Entrando nel merito della struttura del sistema è necessario, in primo luogo, distinguere due momenti determinanti caratterizzanti l’attività di pianificazione e controllo:

- elaborazione degli obiettivi di fondo ;

- introduzione di misure finalizzate al raggiungimento di tali obiettivi2.

La prima fase, segue il processo logico formulato dal Bertini3, secondo cui dal sistema delle

idee, promosso da un’organizzazione orientata strategicamente, derivano idee atte ad alimentare la formulazione delle strategie, concepite come prodotto straordinario della politica aziendale.

Dalla strategia, a sua volta, è necessario estrapolare gli obiettivi cosiddetti strategici tradizionalmente contraddistinti da orizzonte temporale lungo.

In questa fase si evincono la vision, che rappresenta ciò che l’azienda intende diventare e la mission, focalizzata sul presente, che definisce ciò che l’impresa è capace di fare, ossia la strada che vuole percorrere per attuare la vision.

Queste sono definizioni che spesso vengono sovrapposte ma, come si denota dalle brevi definizioni, assumono al contrario un rapporto di complemento.

Una volta elaborati e comunicati gli obiettivi di fondo, il management deve assicurarsi che l’organizzazione si muova per il raggiungimento degli stessi, introducendo misure consone allo scopo.

Ad integrazione di questo dualismo, subentra uno dei principali scopi del sistema di pianificazione e controllo, ossia l’allineamento degli obiettivi della gestione strategica con le operazioni elementari, afferenti alla gestione operativa.

La mancanza di connessione armonica e coerente delle aree di gestione strategica ed operativa può causare, infatti, perdite in termini temporali ed economici, che possono generare problemi di ingente rilievo per l’organizzazione: per questa ragione è necessario che il sistema di pianificazione e controllo sia formalizzato e comunicato ad i vari livelli aziendali.

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2 S. Marasca, L. Marchi, A. Riccaboni, p.19 3 U. Bertini , Il sistema aziendale delle idee

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Di seguito è rappresentato in modo semplicistico il modello in questione.

Orizzontalmente il modello si estrinseca in modo da far emergere la materialità delle tre fasi fondamentali: a livello strategico, il vertice aziendale si avvale di piani pluriennali per tradurre la strategia in obiettivi sensibili di fondo, mentre a livello operativo, il middle management redige piani operativi, programmi e budget, aventi un riflesso temporale più ridotto, in grado di rilevare obiettivi operativi.

In seguito, i diversi responsabili saranno chiamati a comunicare le direttive finalizzate al raggiungimento degli obiettivi stabiliti e guideranno l’attuazione delle linee guida.

Una lettura verticale consente, invece, di carpire la temporalità delle fasi del modello e la stretta connessione tra queste, giustificata dalla coerenza tra gli obiettivi di fondo e quelli operativi ed il ruolo del controllo.

A valle del sistema infatti, vi sono i controlli mirati per ciascuno dei due livelli di pianificazione, che non sono fini a sé stessi: il controllo così recepito, suggerisce come il sistema non si esaurisca entro questa sintesi schematica, ma si presenti come un processo iterativo capace di modificarsi a seguito dei dati risultanti dai report del controllo.

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Il processo di revisione dei piani, dei programmi e del budget legato al controllo tempestivo, richiama al processo di Deming, un modello di miglioramento della qualità nel lungo periodo, basato su quattro fasi logiche: PLAN (pianificazione), DO (attuazione), CHECK (controllo), ACT (azione , intesa come correttiva).

Questi processi sono rappresentabili in due modalità, contraddistinti dal controllo di tipo feed-back e feed-forward.

Si tratta, come si evince dai due schemi di sintesi, di approcci caratterizzati dalle medesime tre fasi logiche, ma, relativamente alla seconda fattispecie, permeate da controlli concomitanti per anticipare le eventuali azioni correttive necessarie anziché posticipati rispetto all’operazione oggetto di analisi.

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1.3 EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI CONTROLLO MANAGERIALE

Il processo di trasformazione del controllo in azienda, anticipato nel precedente paragrafo, è stato favorito dai numerosi studiosi che si sono applicati dapprima sul concetto di controllo stesso ed i rudimentali modelli da introdurre e, successivamente, sul processo di integrazione con la pianificazione a livello strategico ed operativo intervenendo, contestualmente, sull’implementazione di sempre più innovativi strumenti a sostegno del processo decisionale ai diversi livelli.

Il primo tangibile step evolutivo si rileva con l’affidamento ad organi di staff del controllo destinato prettamente al monitoraggio della dinamica finanziaria, poiché di immediata rilevazione ed effetto sul rendiconto da predisporre ai vertici aziendali.

Con questa tecnica il management ottiene la possibilità di osservare in quale modo ed in quale misura sono utilizzate le risorse finanziarie monitorando, in un dato arco temporale, la capacità dell’azienda di assorbire o liberare liquidità.

La supervisione dei flussi in entrata ed uscita presenta, nella sua semplicità, aspetti favorevoli e sfavorevoli per l’applicazione.

Tra i primi si annoverano, a fini esemplificativi:

- la capacità di poter salvaguardare il patrimonio aziendale dal rischio di liquidità ; - la capacità di non gravare sulla complessità dell’organizzazione ;

- il relativo costo di implementazione.

L’oneroso punto di debolezza, che ha causato il superamento di tale intervento, riguarda invece la totale noncuranza rispetto a tutti gli altri ambiti e dimensioni che caratterizzano l’azienda. Il successivo scatto deriva, dunque, dall’impellenza da parte del soggetto economico di monitorare dimensioni diverse, afferenti comunque alla sfera azienda, da quella esclusivamente finanziaria.

In primo luogo, grazie agli scritti di Anthony, la disciplina assorbe la scissione tra controllo direzionale, definito come il “processo mediante il quale i dirigenti si assicurano che le

risorse siano ottenute ed usare efficacemente ed efficientemente per il raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione” ed il controllo operativo, concepito come un “processo con il quale viene assicurata l’efficienza e l’efficacia nel portare avanti compiti specifici”.

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La svolta, più che in questa didattica suddivisione, risiede nel passaggio del controllo da strumento meramente contabile a sottosistema di direzione4.

Sul piano pratico, lo sviluppo della funzione controllo è riconducibile a quattro principali indirizzi, verso i quali i vertici aziendali hanno tradizionalmente diretto la propria attenzione, riconoscendo in essi la ragione dell’eventuale successo o insuccesso dell’ attività:

- orientamento contabile o amministrativo, atto al monitoraggio dell’andamento complessivo aziendale o di una particolare area, si sostanzia nella verifica del raggiungimento di determinati risultati legati al sistema informativo contabile, connessi a parametri sempre più precisi ed evoluti ;

- orientamento organizzativo, finalizzato al conseguimento degli obiettivi istituzionali se correttamente inserito all’interno della struttura. In questo contesto il controllo è concepito come un’attività meramente subordinata ad obiettivi di ampio raggio ;

- orientamento comportamentale, che accentua l’attenzione sui comportamenti degli individui in relazione a particolari situazioni o manifestazioni e che, nello specifico, assicura che i dipendenti abbiano una condotta che non rechi danno all’azienda, ma al contrario possa portarne beneficio ;

- orientamento dell’information technology, che si concretizza nella verifica degli strumenti informatici utilizzati per agevolare il flusso di informazioni all’interno dell’organizzazione. Benché sempre più importante o, per meglio dire, in quanto sempre più importante, tale ambito del controllo viene frequentemente decentrato, ossia affidato a società esterne specializzate nella programmazione, nella manutenzione e nel controllo stesso dei sistemi informatici. L’aspetto della classificazione non deve però far ritenere il controllo come un’attività esattamente corrispondente alle sopra citate accezioni poiché, sebbene si tratti di una pertinente evoluzione del concetto, è verosimile immaginare come un così cruciale ambito del sistema azienda non abbia subito, nel tempo, modifiche da renderlo totalmente avulso rispetto alle diverse concezioni, ma sia frutto di un progressivo perfezionamento influenzato dalle best practices e dagli obiettivi dei modelli via via antecedenti.

_____________

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1.4 SISTEMA DI CONTROLLO MANAGERIALE

La naturale evoluzione si realizza con una fattispecie in cui i diversi orientamenti sopra elencati soggiacciono ad un unico sistema di controllo manageriale.

Di seguito viene esposto uno schema proposto da Marchi e Riccaboni dal quale si evince un controllo orientato su più fronti e diretto dai manager in armonia con gli obiettivi da perseguire.

Fig. sistema di controllo manageriale

Dall’immagine si deduce come il sistema di controllo manageriale si suddivida in diverse tipologie subordinate, discriminate dall’oggetto controllato: si tratta del controllo delle azioni, del controllo del personale e della cultura interna e del controllo dei risultati.

Non esiste, per un ‘attività così preziosa per ciascuna realtà, un modello univoco per la realizzazione di un efficace ed efficiente sistema di controllo direzionale: saranno i top ed i middle manager ad assicurarsi di personalizzare in maniera adeguata la fase di elaborazione e di implementazione, in relazione a necessità strutturali o di contesto.

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Figura. S. Marasca, L. Marchi, A. Riccaboni, p. 24

CONTROLLI DEL PERSONALE E DELLA CULTURA INTERNA CONTROLLI DEI RISULTATI CONTROLLI DELLE AZIONI SISTEMA DI CONTROLLO MANAGERIALE

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Per la suddetta fase di elaborazione di un sistema di controllo congruo rispetto alle esigenze organizzative, diversi studiosi hanno approfondito il tema delle condizioni di efficacia delle varie tipologie di controllo: si sono espressi, in particolare, su due variabili discriminanti che, se combinate, danno luogo ad una matrice a doppio ingresso, ovvero il grado di misurabilità dei risultati ed il grado di conoscenza del processo di trasformazione da parte dei manager.

Alto Basso

In generale, da quello che si ricava da una prima osservazione della matrice, se l’attività svolta dall’impresa realizza risultati che sono facilmente individuabili e inequivocabilmente misurati, allora si tenderà a propendere per il controllo dei risultati mentre, in una fattispecie in cui ad essere elevata è la preparazione dei manager in merito ai processi che compongono il processo di trasformazione, allora si tenderà a prediligere il controllo delle azioni: se entrambe le variabili presentano un valore elevato sarà possibile intervenire in maniera congiunta o optare per una impostazione piuttosto che l’altra, soppesando i pro ed i contro di una eventuale decisione.

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Figura. S. Marasca, L. Marchi, A. Riccaboni, p.40

Controllo dei risultati Controllo dei risultati Controllo delle azioni

Controllo delle azioni Controllo del personale e della cultura interna

G ra d o d i m is u ra b il it à d ei r is u lt at i B as so A lt o

Grado di conoscenza del processo di trasformazione

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La preferenza per il controllo del personale e della cultura interna, secondo questo modello, rimane dominante esclusivamente in una condizione in cui entrambe le condizioni risultino di basso valore.

Successivamente, altri autorevoli studiosi hanno offerto contributi, come Simon, individuando altre variabili per cui valga la pena discriminare e preferire alternativamente una tipologia di controllo piuttosto che un’altra, non discostandosi tuttavia in maniera evidente dai sopra citati studi di Ouchi e Merchant.

I seguenti paragrafi andranno ad analizzare specificatamente ciascun tipo di settore caratterizzante il sistema di controllo manageriale, esprimendone le potenzialità ed i punti di debolezza.

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1.4.1 CONTROLLO DELLE AZIONI

Quello delle azioni è un controllo diretto che mira ad assicurare che il comportamento dei dipendenti risulti idoneo al perseguimento degli obiettivi stabiliti. Tale attività si realizza nel seguente modo: la prima si configura come una fase di allestimento, in quanto innanzitutto si organizza il flusso dei dati e delle informazioni utili a questa tipologia di controllo mentre , in secondo luogo, si rende necessaria la verifica atta ad accertarsi che i compiti e le mansioni siano correttamente distribuite.

Successivamente è possibile apportare gli interventi caratterizzanti il controllo delle azioni, che si esauriscono principalmente in quattro categorie: le restrizioni comportamentali, l’attribuzione di responsabilità diretta delle azioni svolte, le verifiche preventive e la ridondanza nell’assegnazione dei compiti.

I manager attuano restrizioni comportamentali quando intendono reprimere o comprimere la probabilità che un individuo compia una determinata azione.

Il ventaglio di tali pratiche si estende, secondo Merchant, dalle restrizioni di tipo fisico, come la mancata consegna di una chiave per l’accesso in un determinato settore o il diniego di comunicare la password indispensabile per l’invio o la lettura delle mail pervenute, a quelle di tipo amministrativo5 come, a titolo esemplificativo, i limiti di spesa

imposti alla funzione acquisti, che impattano sul piano dell’autonomia decisionale.

In relazione alla seconda fattispecie di intervento, ossia l’attribuzione di responsabilità al personale dipendente, è innanzitutto necessario che i manager abbiano ben definite le azioni considerate desiderabili e quelle che invece risultano indesiderate.

Una volta appurata questa sostanziale ripartizione, che sottintende ancora una volta l’importanza della cognizione da parte dei manager del processo produttivo e delle attività ad esso connesse, sarà possibile implementare una simile operazione che si concretizza, nella maggioranza dei casi, nella elaborazione dei codici di condotta.

Con verifiche preventive si intende l’attività svolta da un soggetto diverso da chi compie l’azione oggetto del controllo, mirata ad assicurare il corretto adempimento, prima che questo sia definitivamente concluso o consegnato al destinatario.

_____________ 5 Merchant, 1998.

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Queste operazioni possono realizzarsi in via più o meno formale, in relazione a termini di importanza, di tempestività e di costo, da una semplice mail riguardante lo stato di avanzamento di una pratica, ad un più complesso report infrannuale su determinati obiettivi preposti.

Infine, in merito all’ultimo tra gli strumenti sopra elencati, è possibile definire la pratica di

ridondanza assegnazione dei compiti, quella azione consistente nella simultanea

attribuzione della medesima mansione a più individui, così da incrementare la probabilità che il compito stesso sia svolto correttamente o comunque in linea con le direttive comunicate.

Dal modello ispirato agli studi di Ouchi e Merchant si evince, dunque, che per

implementare il controllo delle azioni sia indispensabile la conoscenza approfondita dei manager del processo di trasformazione: in caso contrario, affidarsi a questa forma di controllo potrebbe risultare forviante in quanto le azioni soggette ad analisi risulterebbero perlopiù sconosciute.

In tale circostanza pertanto, il destino dell’azienda sarebbe in balia del caso ed il controllo predisposto del tutto ininfluente: all’uopo, appare calzante la citazione di Seneca secondo cui nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa in quale porto approdare (“ignoranti quem portum petat nullus suus ventus est” – traduzione libera).

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1.4.2 PRO E CONTRO DEL CONTROLLO DELLE AZIONI

Siamo ora a descrivere quelli che sono i principali punti di forza e debolezza del controllo delle azioni.

Il primo evidente pro risiede proprio nella definizione , in quanto consente di ridurre o eliminare le cosiddette azioni indesiderabili che cagionerebbero un danno in termini economici od organizzativi all’azienda.

In secondo luogo , con l’implementazione di questo genere di controllo , si influenza positivamente il coordinamento organizzativo poiché, per poterlo attuare , è necessaria una prima fase di allestimento precedentemente descritta , durante la quale lo staff è chiamato ad eliminare fattori di rischio derivanti da attività o azioni che non siano connesse ed incanalate verso i medesimi obiettivi , intaccando così la struttura .

Ultima , ma non di minor spessore , potenzialità è riferita alla capacità di incrementare l’apprendimento organizzativo , servendosi degli strumenti utilizzati come veri e propri vademecum .

A fronte dei sopra descritti punti di forza , si annoverano tre preminenti elementi di debolezza : la rigidità dei comportamenti imposta dall’alto , la limitata praticabilità e l’elevato costo di realizzazione.

Per ciò che concerne il primo fattore , è intuitivo considerare una limitazione della creatività e della susseguente innovazione , l’adesione da parte di un individuo ad uno stringente codice di comportamento : la previsione di specifiche linee guida da seguire per diverse particolari fattispecie che potrebbero manifestarsi , adduce alla conseguenza di un disincentivo allo sforzo personale al problem solving .

Il tema della limitata applicabilità del controllo delle azioni è stato affrontato nei

precedenti paragrafi : per poter rendere effettivo il controllo di questa natura è necessaria una buona conoscenza del processo di trasformazione da parte degli organi di staff e , nello specifico , risulta conveniente nei settori dove le azioni , pur presentando un elevato coefficiente di rischio congiunto ad un basso livello di risk appetite , sono effettivamente controllabili .

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Non sarà opportuno , di conseguenza , applicare uno stringente codice di condotta in un ambito in cui è richiesta notevole elasticità come quello della consulenza alle aziende . Per finire , non è da sottovalutare la relazione tra i costi di realizzazione ed i benefici che questa pratica può comportare , oltre all’impatto diretto in termini economici .

Per poter analizzare gli effetti è necessario scindere le due diverse tipologie di costo proposte da Merchant e Riccaboni : diretto e indiretto.

Fig. costi del controllo delle azioni

Tra i costi diretti si annoverano quelli che prevedono uscite monetarie , più o meno rilevanti in relazione alla complessità della struttura e del controllo applicato , di diretta imputazione .

Ci si riferisce , in particolare , ai costi del personale addetto al controllo , alla struttura necessaria a questo genere di monitoraggio , come ad esempio quella informativa contabile ed altri costi di natura residuale .

L’altra categoria di costi , quelli indiretti , rappresentano le potenziali perdite che l’azienda potrebbe subire e che non necessariamente produrranno un’uscita monetaria , ma si rifletteranno sulla gestione generando dissesti in ottica temporale e di raggiungimento degli obiettivi e dei traguardi prefissati .

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E’ utile sottolineare che il legame che intercorre tra tempestività , efficacia ed economicità resta una salda certezza in tema di economia aziendale , ma , nel caso di specie , ipotetici minor flussi in entrata generati dal manifestarsi di uno dei costi indiretti elencati nella tabella , rappresenta per la dottrina ed a fini accademici , un’ incognita di minor entità rispetto all’impatto che lo stesso ha all’interno del contesto organizzativo .

Con distorsioni comportamentali ci si riferisce , come descritto antecedentemente , al soggiacere della creatività rispetto alla routine dei codici di condotta che , nel lungo periodo , genera una perdita di linfa vitale per le imprese , ossia l’innovazione .

L’effetto dei trucchetti manageriali , più propriamente inerenti al controllo dei risultati , può presentarsi quando un individuo soggetto al controllo , intende rappresentare la situazione in maniera divergente rispetto alla realtà dei fatti , servendosi di espedienti di varia natura .

I ritardi operativi possono esser considerati un riflesso che imperversa su tutte le diverse categorie del controllo , caratterizzandosi come un rallentamento sul regolare svolgimento dell’attività causato dei vari accertamenti della fattispecie .

Per atteggiamenti negativi , per finire , si intendono le possibili reazioni dei dipendenti , soprattutto con riferimento a quelli più validi ed ambiziosi , in seguito ad un rigido controllo sulle azioni , che può determinare in essi un senso di soffocamento e compressione.

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1.4.3 CONTROLLI DEL PERSONALE

I controlli del personale rientrano tra la gamma del più ampio controllo manageriale e sono finalizzati alla valorizzazione del capitale umano ed intellettuale , premendo sulla capacità dell’azienda di dotare i propri dipendenti delle premesse ideali per emergere e beneficiare con i suoi comportamenti l’intera organizzazione.

Il controllo del personale è definito come l’insieme delle iniziative e strumenti diretti a fare in modo che i singoli dipendenti si controllino da soli indirizzandoli a svolgere bene il proprio lavoro6.

Dalla definizione emerge l’importanza dell’autocontrollo come leva su cui poggiare la politica interna in tema di controllo stesso , ma non necessariamente secondo l’accezione negativa , quale ad esempio la pratica per cui un individuo sorveglia l’operato del collega o del superiore per poi comunicare al responsabile del settore il primo o il più banale errore , bensì quella positiva , per cui ogni soggetto è spronato a migliorarsi e a raggiungere gli obiettivi assegnatigli .

Parallelamente al tema dell’autocontrollo si è sviluppato risk self assessment , che consiste nella valutazione da parte dei manager dei controlli posti in essere , atti a fronteggiare i rischi che gravano sull’azienda : ciò detto per evidenziare quanto l’impulso sull’ambizione , la lealtà e l’etica , sia un tema ricorrente in diversi ambiti dell’economia aziendale .

Gli obiettivi del controllo del personale possono essere sintetizzati in :

- chiarire le aspettative individuali e , nello specifico , ciò che l’azienda si aspetta da ciascun individuo ;

- fornire le garanzie che il personale sia in grado di svolgere un buon lavoro ; - aumentare le possibilità che ciascun dipendente eserciti un certo autocontrollo .

In definitiva pertanto , ciascun soggetto all’interno dell’organizzazione , deve poter svolgere al meglio il proprio lavoro , essendo dotato di strumenti idonei , aspettative ben definite e comunicate e di una responsabilità , connessa ad un sistema incentivante equo , che lo esorti ad effettuare l’autocontrollo sulle sue attività .

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Per poter ottenere le finalità proposte dal controllo del personale possono esser messi in campo diversi interventi :

- selezione del personale e assegnazione interna ; - formazione ;

- definizione degli incarichi e attribuzione delle relative risorse .

A monte , nella fase di selezione del personale , l’attività manageriale non può permettersi di prescindere dalle competenze , dalle attitudini e dalle aspirazioni dei candidati : deve assicurarsi che le abilità dell’individuo rientrino nelle caratteristiche che il profilo richiesto prevede .

In secondo luogo , dopo aver scelto il soggetto più idoneo , è necessario che l’ufficio del personale sia in grado di assegnargli i compiti che siano allineati con le qualità che hanno condotto alla scelta del candidato .

Questa fase è di determinante importanza al giorno d’oggi anche se , nel panorama italiano , viene talvolta trascurata , prediligendo l’opzione più economica , usufruendo ad esempio di incentivi , piuttosto di quella che richiederebbe la coltivazione e la crescita di un profilo competente ed all’altezza della posizione richiesta : senza dubbio , questa pratica è più utilizzata ed utilizzabile per quelle mansioni non specializzate , per le quali , a primo impatto , capacità ritenute di secondo piano , come quelle relazionali , non sono ritenute fattori decisivi .

Successivamente è possibile che il management sia interessato a procedere con la formazione periodica del personale per poter ottenere due risultati concomitanti : il primo è quello di assicurare il costante aggiornamento delle competenze necessarie allo svolgimento delle attività dei dipendenti , il secondo è quello di motivare gli individui a svolgere al meglio il proprio lavoro .

L’ultimo tra i principali interventi da poter adoperare per conseguire le finalità del controllo del personale si concretizza nella definizione degli incarichi ed all’attribuzione delle relative risorse , attività strettamente connessa alla selezione ed all’inquadramento suddetti , in quanto si attua mediante un ‘analisi delle competenze e le attitudini attuali e delle potenzialità future del dipendente , accertandosi che queste siano coerenti con l’incarico che gli sarà affidato .

(26)

1.4.4 I CONTROLLI DELLA CULTURA INTERNA

Per poter addentrarsi su questa tipologia di controllo è necessario , anzitutto , chiarire il significato della cultura interna . Edgar Shane , uno dei maggiori esponenti a riguardo , la definisce come l’insieme coerente di assunti fondamentali che un dato gruppo ha inventato,

scoperto o sviluppato imparando ad affrontare i suoi problemi di adattamento esterno e di integrazione interna, e che hanno funzionato abbastanza bene da poter essere considerati validi, e perciò tali da poter essere insegnati ai nuovi membri come il modo corretto di percepire, pensare e sentire in relazione a quei problemi“7 , facendo leva pertanto sul

concetto di assunti fondamentali che permeano l’organizzazione .

Controllare la cultura organizzativa , quindi , significa accertarsi che gli individui facenti parte dell’organizzazione agiscano seguendo i valori comunicati formalmente , mediante documenti come i codici di condotta , o informalmente , attraverso premi o l’esempio comportamentale dei superiori .

Continua Shane nei suoi scritti , definendo due principali modalità attraverso le quali gli assunti vengono trasmessi ed assimilati , primaria e secondaria , in relazione al grado di dipendenza dell’una rispetto all’altra : per primario si intende il meccanismo che consente al leader di imprimere i valori attraverso i diversi strumenti a disposizione , mentre per secondario quello che riescono ad essere efficaci solo se combinati con i primi ai quali sono subordinati .

_____________

(27)

1.4.5 PRO E CONTRO DEL CONTROLLO DEL PERSONALE E DELLA CULTURA INTERNA

Al pari delle altre tipologie di controllo , anche quello del personale e della cultura interna presenta dei punti di forza e debolezza : tra i primi è possibile catalogare la capacità di adattamento a diversi sistemi di azienda , in quanto dipendono dall’abilità dei leader di imprimere i valori ai dipendenti , e la scarsa formalità minima richiesta per l’implementazione , dato che la maggior parte degli strumenti fa riferimento a codici non scritti di comportamento delineato da meccanismi informali .

I principali punti di debolezza, invece, risiedono in primo luogo sull’elevato tempo di realizzazione, in conseguenza del fatto che gli assunti fondamentali non sono perlopiù né trasferibili né improvvisabili, ma richiedono un percorso obbligato di enunciazione ed assorbimento, ed in seconda battuta sulla insufficienza del controllo del personale e della cultura interna di garantire il raggiungimento degli obiettivi prestabiliti, tanto da suggerirne la contestuale implementazione del controllo sulle azioni o sui risultati.

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1.4.6 CONTROLLO DEI RISULTATI

Il controllo dei risultati, maggiormente conosciuto come controllo di gestione, è

considerato l’elemento centrale del controllo manageriale per la capacità di monitorare l’andamento dell’organizzazione e , se tempestivamente ed efficacemente implementato , di intervenire rapidamente in caso di necessità impellente .

La preminenza del ruolo si è riflessa sulla copiosità degli studi riversati sul controllo dei risultati, che ha condotto Robert N. Anthony a dover modificare la sua stessa definizione enunciata, in prima battuta, nel 1965 .

All’epoca , lo studioso della scuola harvardiana, concepì il controllo di gestione come “il processo mediante il quale i dirigenti si assicurano che le risorse siano ottenute e usate efficacemente per il raggiungimento degli obiettivi della organizzazione”.

Per ottenere questa finalità era necessario che ciascuna impresa si dotasse dei principali strumenti attinenti al management accounting :

- contabilità dei costi ;

- piano completo dei budget ; - sistema di reporting ;

- sistema di analisi degli scostamenti8.

Questa visione fu messa in discussione per tre principali cause che ne evidenziavano i limiti :

1) considera solo la dimensione economico-finanziaria delle performance aziendali , prescindendo da altre, come la qualità del bene o del servizio offerto o la tempestività nella esecuzione delle prestazioni richieste, che nel periodo odierno, si trovano sempre più al centro della competizione ;

2) può generare “miopia manageriale” in ragione della forte focalizzazione sui risultati annuali ed infrannuali ;

3) Attribuendo target e responsabilità economiche alle diverse unità organizzative , può rappresentare un freno per il lavoro in team9.

_____________ 8 Alberto Bubbio , 2012 pag. 29

(29)

Una serie di studi , coniugati ai limiti appena citati, hanno pertanto spinto Anthony a formulare una più ampia ed innovativa definizione del controllo dei risultati : “è il processo attraverso il quale i manager inducono gli altri membri della organizzazione ad attuare le strategie dell’organizzazione”.

Immediatamente è possibile notare come la premura dell’economista si sia spostata dal raggiungimento degli obiettivi operativi al sostegno della gestione strategica, sdoganando il dogma secondo cui il controllo di gestione si riverbera esclusivamente sulla gestione operativa. Inoltre nella nuova accezione si percepisce lucidamente una maggior connessione tra il controllo e gli aspetti organizzativi e comportamentali.

Nel corso degli anni ’80 e ’90 altri studiosi, tra i quali Brusa e Brunetti, si sono espressi in materia di controllo di gestione, definendolo come un “insieme di supporti che influenzano il comportamento dei membri di una organizzazione affinché essi assumano azioni coerenti con gli obiettivi prestabiliti”. In questo caso si fa riferimento agli obiettivi di breve periodo formalizzati in maniera coerente con quelli strutturali di ampio orizzonte temporale che seguono la logica del processo di pianificazione e controllo di gestione.

Fig. Pianificazione strategica e operativa

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Figura S. Marasca, L. Marchi, A. Riccaboni, p.57

Feedback

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Il tradizionale controllo di gestione, almeno per la dottrina economica, è ormai accantonato in favore di una nuova visione secondo la quale questo debba esser considerato un meccanismo in grado di supportare sensibilmente le strategie nelle tre fasi fondamentali di pianificazione, di attuazione e di valutazione.

Fig. iter formulazione, attuazione e valutazione della strategia

Dallo schema si evince l’influenza del modello elaborato da Mintzberg sia per la connessione tra i mutamenti dell’ambiente esterno ed il momento di formulazione della strategia, sia per il peso delle strategie emergenti in fase di realizzazione.

Considerando l’elevata vivacità dell’ambiente esterno, si rende necessario un controllo di gestione flessibile e tempestivo: flessibile perché deve adattarsi alle mutevoli esigenze provenienti dall’esterno, tempestivo poiché non è più sufficiente un passivo monitoraggio a cadenza annuale. AMBIENTE ESTERNO SISTEMA DI VALORI, OBIETTIVI E CULTURA AZIENDALE FORMULAZIONE STRATEGIA COMPETENZE CHIAVE STRATEGIE EMERGENTI ATTUAZIONE STRATEGIA VALUTAZIONE DELLA STRATEGIA

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Un nuovo contesto competitivo ribollente richiede piuttosto un controllo di gestione con differenti caratteristiche:

- è necessario un processo di definizione di obiettivi a livello aziendale ed azioni da intraprendere per raggiungerli ;

- gli obiettivi delineati a livello strategico ed operativo devono essere coerenti gli uni con gli altri ;

- i target da perseguire devono essere espressione profonda dell’oggetto di controllo , che non si limitano pertanto a quelli di natura economica e finanziaria : predisporre i corretti parametri o indicatori da monitorare , in altri termini , rappresenta la chiave per la corretta implementazione del controllo di gestione.

Nei decenni in cui si elaboravano i primi studi in materia di controllo di gestione, il sistema tradizionale era attuabile nella sua sola contrazione sulla dimensione economico – finanziaria e basata sulla separazione tra gestione strategica ed operativa: tale impostazione oggi ciò non è più applicabile.

In conclusione , la più profonda discriminante tra il vecchio ed il nuovo trend inerente al controllo di gestione , riguarda il gap che intercorre tra la focalizzazione preminente sulla efficacia e sulla efficienza della gestione operativa - prima - e quella sull’allineamento dei comportamenti degli individui alla strategia - ora - , che rappresentano rispettivamente l’obiettivo “tradizionale” e l’obiettivo “innovativo” .

Entrando analiticamente nel merito delle differenze che intercorrono tra le due accezioni del controllo dei risultati, il Prof. Bubbio , in una sua pubblicazione , ha evidenziato altri tre elementi distintivi :

- l’ orientamento del controllo : in precedenza destinato a ricavare gli scostamenti , concepiti come un prodotto quasi inevitabile del sistema , ed a monitorare i costi , oggi centrato sull’obiettivo di non ottenere scostamenti ed un più ampio concetto di cost management ;

- l’ oggetto del controllo : tradizionalmente oggetto di controllo erano i prodotti o i servizi offerti ed i centri di responsabilità , oggi modificato in diverse dimensioni e molteplici livelli aziendali ;

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- gli strumenti del controllo : incrementati nel numero e migliorati nella loro efficacia , gli strumenti innovativi come la Balanced Scorecard e l’activity Based Costing saranno oggetto di trattazione nei successivi paragrafi.

Fig. controllo di gestione tradizionale ed innovativo

Pur trattandosi della tipologia di controllo più usualmente utilizzata tra quelle proposte dal controllo manageriale , anche quello dei risultati soggiace ad alcune condizioni di applicabilità affinché l’implementazione giovi effettivamente alla organizzazione sebbene , al contrario del controllo delle azioni , non sia necessaria la puntuale conoscenza del processo di trasformazione input – output e conseguentemente del novero delle azioni desiderabili/indesiderabili.

_____________

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Le suddette condizioni sono quattro10:

- la conoscenza ed accurata definizione degli obiettivi da perseguire ;

- la capacità da parte dei soggetti responsabilizzati di influire sui risultati inerenti agli obiettivi ad essi assegnati ;

- la misurabilità dei risultati ottenuti ;

- la capacità di intervento a seguito dell’analisi degli scostamenti tra i target previsti ed i dati consuntivi ottenuti.

Figura condizioni di efficacia del controllo dei risultati

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10 S. Marasca, L. Marchi, A. Riccaboni, p.60 FiguraS. Marasca, L. Marchi, A. Riccaboni, p.61

conoscenza controllabilità

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1.4.7 PRO E CONTRO DEL CONTROLLO DEI RISULTATI

Le potenzialità del controllo di gestione sono molteplici ed il loro effetto dipende principalmente dal modo in cui tale sistema è implementato: più accuratamente sono rispettate le condizioni di applicabilità, maggiori saranno i riscontri in termini di supporto all’attività manageriale .

Innanzitutto, agendo sul comportamento degli individui che compongono l’organizzazione, favorisce il coordinamento interno delle attività.

Un secondo potenziale effetto positivo è riscontrabile nella maggior specializzazione dovuta alla continua ricerca di erosione degli scostamenti ed una conseguente motivazione del personale.

In ultima analisi, il costante monitoraggio dei risultati e l’esperienza maturata progressivamente, favorisce il processo di apprendimento dei dipendenti.

Una corretta visione e susseguente attuazione del controllo dei risultati pertanto, interviene positivamente sul capitale umano e sulla cultura interna dell’azienda.

Per ciò che concerne i punti di debolezza, invece, si ricalcano i medesimi costi indiretti trattati nel paragrafo dedicato al controllo delle azioni, anche se con presupposti ed effetti diversi:

- le distorsioni comportamentali : in questo contesto un dipendente potrebbe portare interesse per il raggiungimento dell’obiettivo assegnatogli, manifestando totale o parziale non curanza per la causa maggiore aziendale . Questo problema si presenta frequentemente nelle aziende che non sono state in grado di allineare gli obiettivi di breve termine a quelli afferenti al livello strategico in sede di pianificazione o , in secondo luogo , hanno difettosamente comunicato il target al soggetto responsabilizzato ;

- i trucchetti manageriali : rappresentano costi indiretti propri del controllo dei risultati poiché , in larga scala , l’oggetto del controllo , soprattutto in ottica tradizionale , è rappresentato da parametri o indicatori di natura economico – finanziaria , agilmente alla portata dei manager e difficilmente riscontrabile dai vertici ;

- gli atteggiamenti negativi : riguardano la possibile ricaduta a livello emotivo che un individuo potrebbe presentare a causa dell’alto livello di stress gravante dal sistema di

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obiettivi , maggiormente pronunciato nel caso in cui il sistema premiante o le conseguenze negative previste in caso di successo o insuccesso sono di notevole importanza ;

- i ritardi operativi : sono costi che spesso caratterizzano il controllo delle azioni ma , in alcuni casi , come le richieste impreviste di un dato , parametro od informazione in genere , possono realizzarsi anche nel controllo dei risultati11 .

1.5 GLI ATTORI DEL CONTROLLO

E’ impossibile , dopo aver descritto la peculiarità del controllo e , più in generale il sistema di pianificazione e controllo , poter redigere un elenco puntuale degli addetti a questa specifica funzione , data la personalizzazione richiesta e lo stretto legame che si crea con il contesto organizzativo .

La struttura , come verrà più approfonditamente trattato nel successivo paragrafo , è parte integrante e determinante del processo di controllo , sia in fase di progettazione che attuazione.

I vari ordinamenti giuridici stabiliscono anzitutto , per le realtà economiche più rilevanti , organi interni di controllo : in Italia è riconosciuto e disciplinato dal codice civile , il collegio sindacale , obbligatorio per le Società per azioni e le Società in accomandita per azioni , facoltativo secondo determinate condizioni per le società a responsabilità limitata .

Il ruolo del collegio sindacale , tuttavia , è di tipo prettamente ispettivo , in quanto organo di vigilanza , e mira ad assicurare che gli atti prodotti dalla società siano conformi a quelli previsti dalla legge : pertanto , questo tipo di controllo non concorre al supporto dell’attività manageriale ma , al contrario , è costituito per soddisfare esigenze di informazioni esterne , destinate perlopiù alla amministrazione finanziaria ed agli istituiti di credito .

_____________

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Escludendo l’organo di vigilanza e considerando il controllo come un’attività che permea organizzazione nella sua interezza , è possibile descriverne gli attori che agiscono nei diversi livelli .

A livello apicale , il vertice aziendale assume senza dubbio un ruolo determinante in quanto soggetto principalmente responsabile delle azioni compiute e delle performance realizzate : tuttavia , a livello pratico , si può affermare come il vertice aziendale sia destinatario dei report o di particolari analisi condotte dal middle management o unità appositamente costituite come i comitati , piuttosto che diretto fautore di un monitoraggio autonomo . Contestualmente al top management opera l’internal audit , ossia un organo indipendente atto a giudicare il Sistema di controllo in essere .

A livello intermedio , invece , agiscono le diverse funzioni di risk management , compliance e controllo di gestione , le quali , attraverso il determinante ruolo dei rispettivi responsabili , oltre ad assicurarsi che il controllo di loro competenza sia correttamente eseguito , garantiscono un compito sensibile per l’attività di controllo , ossia la traduzione degli obiettivi strategici in obiettivi di breve periodo .

A livello operativo , infine , operano i cosiddetti process owners , ovvero i responsabili per il corretto disbrigo dei singoli processi .

Se il sistema di controllo è accuratamente pensato ed attuato , i responsabili di processo agiscono come recettori di problemi nello svolgimento dell’attività rispetto alle previsioni elaborate , poiché recepiscono prima dei livelli superiori le eventuali difformità : la loro immediata esposizione ai fatti aziendali li rende , secondo quanto espresso dal Codice di Autodisciplina redatto da Borsa Italiana , responsabili del controllo di primo livello .

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Di seguito , viene riportato uno schema esplicativo dei tre livelli di controllo previsti dal suddetto Codice .

L’attore protagonista del controllo di gestione, inserito nel II livello, è il CFO, figura relativamente nuova per il contesto italiano, che non ha dunque un compito univocamente inquadrato, ma è riconosciuto come l’arteficie, in sintesi, dell’elaborazione, della implementazione e della revisione, ove necessario, della struttura del controllo di gestione .

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1.6 SISTEMI DI MISURAZIONE DELLE PERFORMANCE

La funzionalità del controllo di gestione assume rilevanza solo tramite un effettivo riscontro sulle performance sviluppate rispetto alla pianificazione elaborata .

Per questa ragione vengono utilizzati i sistemi di misurazione delle performance , definiti come un insieme di processi , tecniche e strumenti atti a fissare obiettivi quantificabili , stabilire i target raggiungibili , collegare gli obiettivi ad indicatori idonei allo scopo e rilevare periodicamente i risultati conseguiti nella prima fase di misurazione , interpretare l’esito prodotto in maniera attiva , sollecitando percorsi di miglioramento ed apprendimento organizzativo , nella seconda fase di valutazione .

Dalla concezione enunciata si può rilevare una duplice funzione di tale sistema la cui interrelazione ne rappresenta una condizione necessaria per il corretto funzionamento : non può verificarsi una efficace valutazione della performance senza un’accurata fase di misurazione , ma è altresì inutile misurare l’attività svolta se successivamente non verranno valutati i risultati realizzati .

Anche i sistemi di misurazione delle performance , al pari di quelli di controllo , hanno subito nel corso dei decenni delle modifiche rilevanti dovute ai contributi degli studiosi che si sono applicati in questo campo di ricerca : nel ventesimo secolo , un modello che ha avuto un impatto rimarchevole si è sviluppato negli anni ’70 nei paesi anglosassoni, il cosiddetto Schema DuPont o “Albero del R.O.E.” .

(39)

Il R.O.E. Tree , così denominato per l’ideale forma che assume il modello , si basa sulla valutazione della performance aziendale partendo dal R.O.E. (return on equity) che , scomposto , conduce ad una considerazione quasi totalitaria dei principali indicatori reddituali e patrimoniali .

Nel frattempo che si propagava lo Schema DuPont tra le maggiori organizzazioni del mondo , le grandi imprese industriali vennero mano a mano affiancate e sostituite da altre che focalizzavano sulla lean organization e la soddisfazione del cliente le loro strategie : una visione così dinamica ed innovativa della politica aziendale trascinava con sé l’esigenza di nuovi sistemi di misurazione e valutazione delle performance .

Gli emergenti elementi critici del R.O.E. Three furono principalmente riscontrabili nei seguenti punti :

- focalizzazione su parametri ed indicatori prettamente economici – finanziari , a fronte di una totale non curanza di altre dimensioni divenute fattori determinanti per il successo o l’insuccesso , come la tempestività , l’innovazione o la soddisfazione del cliente ;

- mancanza di evidenziazione dei nessi di causalità che giustifichino gli esiti conseguiti ; - generale disallineamento tra gli obiettivi di lungo periodo definiti dalla strategia e quelli programmatici di breve .

In seguito si sono susseguiti diversi altri framework , dei quali verrà offerta trattazione nei paragrafi successivi , culminati con l’elaborazione della Balanced Scorecard , il modello di misurazione delle performance ad oggi più celebre .

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1.7 IL CONTROLLO ED IL CONTESTO ORGANIZZATIVO

Nelle precedenti pagine è stato descritto il concetto di controllo in azienda , con particolare riferimento al sistema di pianificazione e controllo , passando per la definizione di controllo manageriale , fino ad una più approfondita analisi del controllo di gestione: è stata peraltro accennata la rilevanza del rapporto che intercorre tra controllo e struttura organizzativa , senza però condurre un ‘ analisi compiuta a riguardo.

Al fine di rappresentare al meglio l’influenza che il controllo ha nei confronti dell’organizzazione è innanzitutto opportuno scindere due campi di considerazione :

- come il controllo si inserisce all’interno della gestione sia di tipo strategica che di tipo operativa ;

- come il controllo condiziona la struttura organizzativa .

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L’Execution Model, descritto nell’immagine, è un processo elaborato da Kaplan e Norton in grado di descrivere le fasi necessarie per sviluppare correttamente la strategia, dal momento della definizione della missione a quelli dedicati al controllo strategico ed operativo.

Gli step da percorrere sono sei, ovvero :

1) Sviluppare la strategia: dalla enunciazione della vision e della mission scaturisce l’insieme delle competenze distintive che l’impresa detiene nel presente e ciò che la stessa intede divenire nel futuro.

Dalla concomitante analisi strategica di eventuali opportunità o minacce rappresentate dell’ambiente esterno , deriva una prima formulazione della strategia ;

2) Pianificare la strategia: dalla strategia sommariamente formulata è necessario estrapolare una mappa che ne sintetizzi i principali obiettivi e le politiche che si intende sviluppare per raggiungerli, contestualmente al fabbisogno finanziario necessario ed all’individuazione delle fonti di finanziamento ;

3) Allineare l’organizzazione: è necessario che l’input di derivazione apicale sia assimilato e perpetrato anche dai livelli livelli intermedi ed inferiori. A questo proposito anche le diverse business unit ed i dipendenti, previa corretta comunicazione, saranno chiamati ad adattare i propri obiettivi, le proprie attività e processi, ai nuovi target di ordine maggiore ;

Si noti come, dal connubio dei punti 2) e 3), si rilevano i più rilevanti prodotti della pianificazione, strumenti in grado di descrivere, guidare e valutare la strategia, ovvero la Mappa Strategica e la Balanced Scorecard, oggetto di trattazione del capitolo successivo.

4) Pianificare le operazioni: in questa fase si rendono necessare le attività caratteristiche della gestione operativa, come l’elaborazione del budget, il miglioramento dei processi e la pianificazione delle vendite, in maniera coerente con i punti precedenti, in modo da non creare discordanze organizzative ;

5) Esecuzione dei processi: come viene evidenziato dalle frecce che rappresentano i collegamenti del grafico, i risultati ottenuti vanno letti a “ritroso”, ovvero prima in ottica operativa, confrontati quindi con i target previsti dal budget, successivamente in ottica

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strategica, analizzati in correlazione agli obiettivi descritti dalla Mappa Strategica e dalla BSC ;

6) Controllare ed apprendere: dai parametri di performance concernenti l’ambito operativo ottenuti dai report, è possibile condurre un’analisi che può sfociare in una revisione della programmazione di breve termine o, nei casi più estremi, in un evenutale nuovo disegno strategico ;

7) Testare ed adattare: i dati a consuntivo inerenti ai parametri predisposti, stavolta di natura strategica, consentono di valutare la performance a livello globale. Gli scostamenti che possono realizzarsi sono oggetto di studio degli analisti e, coniugati ad un’analisi strutturale relativa alla combinazione delle strategie in essere ed alle strategie emergenti nell’arena competitiva, chiuduno il modello circolare, influenzando nuovamente la strategia nella primaria fase di formulazione.

Il condizionamento della struttura può esser evidenziato previo una breve digressione introduttiva: come descritto nel paragrafo inerente alle ragioni del controllo in azienda e come enunciato nella definizione di controllo di gestione proposta da Anthony, l’ostacolo più difficile da superare per una corretta ed efficace implementazione del sistema di pianificazione e controllo è quello di indirizzare in comportamento degli individui in modo che questo risulti armonico rispetto agli obiettivi aziendali di più alto rango.

La dimensione organizzativa subentra allorquando ci si trova di fronte ad una organizzazione di grandi dimensioni sufficientemente strutturata: è ormai prassi comune ed oggetto di studi comprovanti far ricorso alla delega, ossia la modalità più coerente ed efficace di gestire un’azienda di questo tipo, fondata sul decentramento del potere decisionale, di disponibilità di risorse e di responsabilità.

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In una fattispecie del genere , la struttura del controllo di gestione si inserisce all’interno di quella organizzativa senza però stravolgerla , fondandosi sulla interconnessione di tre diversi elementi12 :

- i ruoli attribuiti agli individui che compongono l’organizzazione ; - le relazioni che intercorrono tra essi ;

- i centri di responsabilità costituiti per il controllo dei risultati conseguiti .

Per quanto i primi due punti risultino importanti al fine di promuovere una organizzazione dinamica , coordinata e controllabile , è l’aspetto dei centri di responsabilità quello più determinante per la concretizzazione del controllo dei risultati .

I centri di responsabilità sono quelle unità organizzative il cui titolare è ritenuto responsabile del conseguimento di uno specifico insieme di risultati e/o dell’uso di determinati fattori produttivi . (def. Da libro marchi)

Le caratteristiche che richiede il processo di indivuazione di tali unità non sono univoche , tuttavia si può ritenere , in via universale , che sia necessaria coerenza , nell’attribuzione di responsabilità ad individui che possano effettivamente controllare le variabili per cui vengono giudicati , flessibilità , in ottemperanza alle mutevoli condizioni ambientali , ed analogia di intenti ed obiettivi rispetto alla strategia .

_____________

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I principali centri di responsabilità sono di tipo finanziario in quanto , almeno parzialmente , i soggetti responsabilizzati vengono valutati secondo criteri contabili , e si dividono in : - centri di costo ;

- centri di ricavo ; - centri di profitto ; - centri di investimento .

I centri di costo , per definizione , si configurano in unità organizzative i cui titolari vengono responsabilizzati su obiettivi di costo .

A loro volta i centri di costo si suddividono in quelli standard , nei quali è possibile determinare con precisione la relazione input di risorse produttive / output di prodotto o servizio ed i responsabili sono valutati in merito all’efficienza tramite la quale assecondano il volume produttivo richiesto , e quelli discrezionali , nei quali non è possibile stabilire la relazione di cui sopra ed i titolare sono controllati in merito alla spesa sostenuta ed , in alcuni casi , alla qualità del servizio reso .

I centri di ricavo , ovviamente , si inquadrano come quelle unità organizzative in cui i responsabili sono valutati in relazione ai ricavi conseguiti : esempi pratici sono rappresentati dall’area marketing e vendite .

A causa della possibile eccessiva focalizzazione sugli obiettivi di ricavo , talvolta risulta opportuno collegare tali target ad altri di costo poiché un responsabile vendite , per ottenere un corposo premio , potrebbe sostenere cifre fin troppo elevate in termini di costi per ottenere il livello di fatturato prefissato : sarà anche necessario controllare che egli promuova maggiormente prodotti o servizi più redditizi anziché quelli più facilmente acquistabili dalla clientela .

Per ciò che concerne i centri di profitto , la valutazione verte sulla massimizzazione della differenza tra i ricavi ed i costi realizzati : i titolari dei centri dovranno essere in grado di agire su diverse leve , come i ricavi , i costi dei beni venduti , il margine lordo , le spese pubblicitarie , i costi di ricerca e sviluppo e così via .

I centri di investimento , infine , sono costituiti al fine di valutare gli individui responsabilizzati in relazione al rendimento dell’investimento effettuato : caso tipico di centri di investimento è l’azienda considerata nel suo complesso .

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CAPITOLO SECONDO

2. GLI STRUMENTI DEL CONTROLLO

Si giunge ora a trattare , dopo aver affrontato la componente della struttura organizzativa , l’ altro elemento statico del controllo di gestione , ovvero l’apparato informativo contabile . Il controllo dei risultati ha subito modifiche operative e concettuali nel corso dei decenni e , contestualmente , si sono evoluti gli strumenti messi in campo dai manager per monitorare l’andamento della gestione .

Tradizionalmente tale sistema si esauriva con la realizzazione della contabilità analitica e la redazione del budget : negli anni sono stati vagliate ed introdotte nuove tecniche che hanno consentito alla disciplina di evolversi sotto diversi profili .

2.1 ELEMENTI DEL CONTROLLO DI GESTIONE TRADIZIONALE

Seppur notevolmente rivisitati , la contabilità analitica ed il budget , rappresentano la base dei moderni strumenti elaborati dalle odierne unità che si occupano di controllo e di valutazione delle performance : la caratteristica che li accomuna è la decisa focalizzazione sulla dimensione economico-finanziaria , principale leva di cambiamento su cui hanno condotto i propri lavori numerosi studiosi .

Per una chiara distinzione tra gli strumenti di diversa natura ed efficacia è preferibile una scissione in due paragrafi.

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