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Il contenzioso in ortopedia: analisi casistica dell'AOUC ed aspetti medico-legali

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Indice

Capitolo primo

La gestione diretta del contenzioso presso l’AOUC

1.1 La gestione diretta del contenzioso presso

l’AOUC………...4

Capitolo secondo

Casistica relativa ai sinistri delle Unità Ortopediche

dell’AOUC nel periodo 2010-2015

2.1 La medicina e gli eventi avversi: un binomio

inscindibile...7

2.2 Epidemiologia della casistica ortopedica pervenuta

al CGS dell’AOUC nel periodo 2010-2015……….14

2.3 Classificazione eziopatogenetica degli eventi avversi

relativi alle richieste risarcitorie pervenute al CGS

(2)

2

2.3.1 Le cadute accidentali………27

2.3.2 Le mancate diagnosi clinico-radiologiche di fratture e di lesioni legamentose/tendinee…………..32

2.3.3 Gli errati interventi e le errate prestazioni sanitarie……34

2.3.4 L’errata/mancata somministrazione di profilassi ATE……….35

2.3.4.1 Stratificazione del rischio tromboembolico………….44

2.3.4.1.1 Protesi elettiva d’anca………...45

2.3.4.1.2 Protesi elettiva di ginocchio………..47

2.3.4.1.3 Frattura d’anca………..49

2.3.4.1.4 Chirurgia artroscopica del ginocchio………50

2.3.4.1.5 Fratture della pelvi……….52

2.3.5 Le protesi articolari………..55

2.3.5.1 Il fenomeno della metallosi………...56

2.3.5.2 L’esempio delle protesi di anca metallo-metallo De Puy ASR………...64

2.3.5.3 L’istituzione del Registro Italiano ArtroProtesi (“RIAP”)………...68

(3)

3

Capitolo terzo

Analisi statistico-epidemiologica delle richieste risarcitorie

pervenute al CGS dell’AOUC nel periodo 2010-2015

3.1 Sesso ed età dei pazienti………..86

3.2 Classificazione eziopatogenetica degli eventi avversi……90

3.2.1 Le cadute accidentali………91

3.2.2 Le errate/mancate diagnosi………..92

3.2.3 L’errata/mancata profilassi ATE………..94

3.2.4 Le protesi………..95

3.2.5 Le infezioni nosocomiali………..99

3.2.6 Errati interventi ed errate prestazioni sanitarie………..103

3.2.7 Il consenso informato assente o generico………..107

3.2.8 La mancata/incompleta descrizione dello stato anteriore del soggetto………..112

Conclusioni

Bibliografia

(4)

4

CAPITOLO PRIMO

LA GESTIONE DIRETTA DEL CONTENZIOSO

PRESSO L’AOUC

1.1 La gestione diretta del contenzioso presso l’AOUC L’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi (AOUC)

fino al 2009 risultava munita di una copertura assicurativa

che aveva l’obbligo di manlevare l’assicurato dal

risarcimento (per la quota parte eccedente la franchigia

prevista dalla polizza) dei danni cagionati ai pazienti per

responsabilità ascrivibili alla medesima Struttura e/o ai

suoi sanitari.

Dal 2009, a seguito della constatazione della eccessiva

onerosità dei premi assicurativi rispetto al quantum

corrisposto annualmente dalla Compagnia assicuratrice a

titolo di risarcimento danni, fu deciso di non rinnovare la

copertura assicurativa e di procedere alla creazione di un

(5)

5

ed amministrativi) che valutasse la sussistenza di eventuali

profili di responsabilità a carico della Struttura e/o dei suoi

sanitari, procedendo conseguentemente alla reiezione o all’accoglimento delle richieste risarcitorie e provvedendo,

ove possibile, alla definizione stragiudiziale dei sinistri.

In particolare si ricorda come, con la delibera n. 1203 del 21 dicembre 2009 “Gestione diretta del rischio per

responsabilità civile nel Servizio Sanitario Toscano – Linee di indirizzo”, la Giunta Regionale Toscana abbia

adottato disposizioni in tema di assunzione diretta del

rischio a carico delle Aziende Sanitarie, prevedendo che la

gestione dei sinistri venisse affidata, in sede stragiudiziale,

ad appositi organismi denominati Comitati Gestione

Sinistri, e come l’Azienda Ospedaliero-Universitaria

Careggi abbia istituito, con provvedimento n. 209 del 22

aprile 2009, un Comitato Gestione Stragiudiziale (CGS),

quale struttura professionale multidisciplinare costituita

(6)

6

Rischio Clinico1 cui spetta la gestione stragiudiziale dei

sinistri.

Nel presente lavoro si è provveduto quindi ad esaminare

la casistica delle richieste risarcitorie di natura ortopedica

pervenute al CGS nel periodo 2010-2015 a fini

statistico-epidemiologici e per individuare le criticità riconducibili a

presunta malpractice sanitaria che più frequentemente si sono verificate presso l’AOUC al fine di fornire dati utili al

Risk Management.

1

La gestione del rischio clinico (Risk Management) nasce negli Stati Uniti con lo scopo di ridurre la tendenza dei ricorsi legali dei pazienti che hanno avuto “incidenti clinici” non previsti che si verificano durante i trattamenti sanitari a cui sono stati sottoposti nelle Strutture Sanitarie.

(7)

7

CAPITOLO SECONDO

CASISTICA RELATIVA AI SINISTRI DELLE

UNITÀ ORTOPEDICHE DELL’AOUC NEL PERIODO 2010-2015

2.1 La medicina e gli eventi avversi: un binomio

inscindibile

La letteratura nazionale ed internazionale è concorde

circa il fatto che “l’evento avverso” di natura nosocomiale

si può palesare sia in conseguenza di una malpractice

sanitaria (nel qual caso si ravvisano gli estremi del cosiddetto “errore”) sia in assenza di questa (circostanza in

cui si parla invece di “complicanza”, ovverosia “un evento

prevedibile ma non prevenibile”); l’evento avverso è

quindi un elemento inscindibile dall’ars medica, in quanto

questa, per sua natura, essendo una scienza, non può

(8)

8

Secondo i dati desumibili da una accurato studio

multicentrico nazionale pubblicato nel 20122 (basato sulla

revisione a due stadi di cartelle cliniche relative a dimissioni ospedaliere avvenute nell’anno 2008 in un

campione di 5 ospedali appartenenti al SSN scelti secondo

criteri di dislocazione territoriale e complessità),

l’incidenza media complessiva di eventi avversi è stata

determinata essere pari al 5,2%, quella mediana al 5,5%,

percentuale che si colloca ad un livello in media più basso

rispetto al tasso mediano degli studi internazionali (9,2%).

La distribuzione di eventi avversi per specialità è risultata

prevalente in area medica (37,5%); contrariamente ad altri

studi, la chirurgia è in seconda posizione (30,1%), seguita

dal pronto soccorso (6,2%) ed ostetricia (4,4%).

Lo studio ha evidenziato un totale di eventi prevenibili a

livello nazionale pari al 56,7%.

2

R. Tartaglia, S. Albolino, T. Bellandi, E. Bianchini, A. Biggeri, G. Fabbro, L. Bevilacqua, A. Dell'Erba, G. Privitera, L. Sommella, Eventi avversi e conseguenze prevenibili: studio

retrospettivo in cinque grandi ospedali italiani, Epidemiol Prev 2012, 36 (3-4), 151-161.

(9)

9

Secondo il VII Report Medmal Claims Italia3, che ha

analizzato le richieste di risarcimento danni dal 2004 al

2014, su un campione di 59 Strutture della Sanità pubblica

italiana (per un totale di circa 15.600 sinistri), nel 2014 si è

registrata una lieve riduzione del numero di sinistri per

struttura, in contro-tendenza con quanto generalmente

asserito dai mass media.

In particolare nel rapporto viene evidenziato come il

valore dei sinistri nel suddetto periodo sia stato pari

complessivamente ad 1,4 miliardi di euro, con un costo

medio per sinistro di 90 mila euro, cifra questa in continuo

aumento durante il decennio preso in esame (ad es. gli

importi medi riservati per denuncia hanno subito un

aumento di circa il 20% dal 2013 al 2014).

Occorre tuttavia ricordare come l’elevato importo medio

risarcitorio precedentemente indicato sia ascrivibile ai c.d. “top claim”, ovverosia i sinistri in cui il risarcimento è

uguale o superiore ai 500 mila euro.

3

(10)

10

Per quanto riguarda la frequenza annua dei sinistri essa è

di circa 30 per ogni singola Struttura nel 2014, in leggera diminuzione rispetto all’anno precedente (35), una cifra

che fa registrare un tasso di rischi di 7 sinistri ogni 100

medici, di 3 ogni 100 infermieri ed di 1 ogni 1000 ricoveri,

per valori assicurativi che superano i 6.000 euro per

medico e si attestano sui 2.400 euro per infermiere.

La classifica degli errori indica quelli chirurgici al primo

posto (31,64%), seguiti da quelli di natura diagnostica

(16%) ed infine terapeutica (10%). Dopo le cadute accidentali all’8%, si assiste ad una prevalenza di infezioni

nosocomiali (3,59%) ed errori da parto vaginale/cesareo

(3,16%).

Andando ad analizzare l’incidenza dei sei errori che

impattano maggiormente nel periodo di tempo analizzato,

la percentuale degli errori chirurgici negli ultimi anni sta

diminuendo, anche come conseguenza del miglioramento

delle tecniche chirurgiche, mentre la percentuale degli

(11)

11

Si confermano tempi molto lunghi per le denunce dei

sinistri; infatti, meno dell’80% delle richieste di

risarcimento danni per le infezioni e per gli errori da parto

è denunciato entro i primi 4 anni. Solo gli errori

diagnostici vengono denunciati molto rapidamente ed entro

il primo anno raggiungono il 50%, per superare la quota di 80% entro i tre anni. E’ però interessante rilevare che sono

ancora numerosi i casi in cui il sinistro viene denunciato in

prossimità dei termini di prescrizione: ciò significa che non

è possibile ritenere completato il manifestarsi di un’intera

generazione di sinistri neppure a distanza di 10 anni dall’erogazione delle prestazioni.

Le specialità cliniche, che subiscono la maggiore

frequenza di richieste di risarcimento danni, sono

Ortopedia e Traumatologia (13%), seguita da Chirurgia

Generale (12%), DEA/Pronto Soccorso (12%), Ostetricia e

Ginecologia (8%) e le parti comuni/la struttura con quasi il

(12)

12

Da un esame complessivo di tutte le tipologie di eventi all’interno delle Unità Operative si può riscontrare che in

Ortopedia l’errore più diffuso è quello chirurgico (ad

esempio lesione dopo un intervento di protesi all’anca),

seguito da quello diagnostico; in Chirurgia Generale si

riscontra una prevalenza di errori chirurgici e di infezioni;

in DEA/Pronto Soccorso gli errori più frequenti sono quelli

diagnostici (ad es. fratture non diagnosticate) e quelli

terapeutici (ad esempio errato trattamento prescritto per l’ipertensione), seguiti dalle cadute accidentali; in

Ostetricia e Ginecologia invece si rileva una maggioranza

di errori chirurgici, mentre al secondo posto si trovano gli

errori da parto/cesareo (ad esempio la morte di un neonato

a seguito di parto); nelle parti comuni della struttura si

possono riscontrare soprattutto cadute accidentali, ma

anche infortuni ad operatori.

Se poi si analizzano gli errori per tipologia di ospedale, i

risultati mostrano che gli ospedali ortopedici (ovverosia in

(13)

13

ortopediche) presentano il più alto livello di rischio con

oltre 45 sinistri per anno, seguono gli ospedali universitari,

le strutture di primo livello, quelle di secondo livello e

infine quelle materno-infantili4.

Riguardo alle conseguenze di tali eventi, essi possono

essere di più tipologie: prevale il prolungamento della

degenza come conseguenza più frequente, seguito dalla

presenza di una disabilità al momento della dimissione, mentre il decesso del paziente ha un’occorrenza mediana

del 9,5%5.

Per loro natura, quindi, le procedure medico-chirurgiche

compendiano rischi, ed i margini di errore consentiti sono

alquanto ristretti.

4

VII Rapporto Medmal Claims Italia, cit.

5 R. Tartaglia, S. Albolino, T. Bellandi, E. Bianchini, A. Biggeri, G. Fabbro, L. Bevilacqua, A. Dell'Erba, G. Privitera, L. Sommella, Eventi avversi e conseguenze prevenibili: studio

(14)

14

2.2 Epidemiologia della casistica ortopedica pervenuta

al CGS dell’AOUC nel periodo 2010-2015

Nel periodo 2010-2015 al CGS dell’AOUC sono

pervenute 140 richieste risarcitorie aventi ad oggetto

presunte responsabilità professionali di natura ortopedica

su un totale di 1145 sinistri; da ciò deriva che le richieste

risarcitorie di natura ortopedica abbiano costituito il 12,2% rispetto al totale di quelle pervenute al CGS dell’AOUC

nel periodo 2010-2015 (vd. grafico 1), in linea con la

percentuale indicata (13%) dal VII Report Medmal Claims

Italia6. Tale percentuale si è mantenuta sostanzialmente

costante negli ultimi 4 anni (dal 2012 al 2015), con valori

intorno ad un 13%, mentre ha registrato un picco minimo

del 6,6% nel 2010 e massimo del 15,5% nel 2011 (vd.

grafico 2).

6

(15)

15

Grafico 1

Rich. Risarc. Ortopediche Rich. Risarc. di altra natura

Grafico 2

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 2010 2011 2012 2013 2014 2015

(16)

16

Dopo lo studio da parte dell’equipe medico-legale della

documentazione sanitaria, delle 140 richieste risarcitorie

valutate dal CGS (vd. grafico 3):

 68 (48,6%) sono state accolte in quanto è stata

riconosciuta una responsabilità e pertanto è stata formulata

una proposta transattiva;

 23 (16,4%) sono state reiettate in quanto non sono stati

riscontrati profili di responsabilità (insussistenza dell’an);

 49 (35%) non sono state ancora definite.

Grafico 3

Accoglimento Reiezione Non definito

(17)

17

Lo stato attuale delle 140 richieste risarcitorie pervenute

al CGS nel periodo 2010-2015 è il seguente (vd. grafico

4):

 55 (39,3%) sono state definite in fase stragiudiziale, con

accoglimento della proposta transattiva;

 30 (21,4%) hanno adito alla fase giudiziale civile e/o

penale;

 55 (39,3%) attualmente risultano senza seguito (in tale

ampia casistica si ricomprendono: le richieste risarcitorie

ancora oggetto di studio da parte del CGS, quelle reiettate

che non hanno adito alla fase giudiziale e quelle accolte dal

(18)

18

Grafico 4

Definite In causa Senza seguito

In base ai precedenti dati si può desumere (vd. grafico 5)

che la maggioranza delle richieste risarcitorie viene

definita in sede stragiudiziale (65,5%, valore questo

similare a quello, pari al 72,3%, indicato dal sopra-citato

VII Rapporto Medmal Claims7), mediamente entro 2 anni

(19)

19

dall’apertura del sinistro8

(in un arco temporale tra 0 e 3

anni), coerentemente con quanto affermato nel precedente

Rapporto, nel quale è infatti segnalato che, in caso di

ricorso al procedimento stragiudiziale, il 68,3% dei sinistri

viene chiuso entro il secondo anno.

Grafico 5

Stragiudiziale Giudiziale

Delle 30 richieste risarcitorie che hanno dato luogo a

cause civili e/o a procedimenti penali (aditi, nella maggior

8 G.A. Norelli, F. De Luca, M. Focardi, R. Giardiello, V. Pinchi, The Claims Management

Committees trial: Experience of an Italian Hospital of the National Health System, in Journal of Forensic and Legal Medicine, Volume 29, January 2015, 6-12.

(20)

20

parte dei casi, per la reiezione da parte del CGS, talvolta

per il mancato accordo sul quantum o, infine, in assenza

della valutazione del medesimo CGS) (vd. grafico 6):

 24 (80%) soltanto ad una causa civile;

 3 (10%) soltanto a procedimento penale;

 3 (10%) sia ad una causa civile che a procedimento

penale.

Grafico 6

Civile Penale Civile+Penale

(21)

21

Allo stato attuale è stato possibile rilevare l’entità del

risarcimento erogato dall’AOUC in 62 casi (di cui 55

definiti stragiudizialmente e 7 in giudizio).

L’importo complessivo (non comprensivo delle spese

legali di parte) ammonta ad euro 3.134.408,57, con una

media per sinistro pari ad euro 50.554,98, con un range

compreso tra un minimo di euro 983 ed un massimo di

euro 974.417,6.

Delle 140 richieste risarcitorie pervenute al CGS nel

periodo 2010-2015 (vd. grafico 7):

 4 (2,9%) sono i casi in cui non è definita la tipologia di

errore;

 3 (2,1%) sono inerenti a responsabilità di tipo

extrasanitario (2 smarrimenti protesi di cui una dentaria ed

1 furto di una borsetta);

 5 (3,6%) sono attinenti alla errata/mancata

sorveglianza/assistenza sanitaria (4 cadute a terra dal letto

(22)

22

che avrebbe cagionato lesioni personali alla paziente in

seguito ad una errata movimentazione della stessa);

 128 (91,4%) sono inerenti a responsabilità sanitaria di

natura “strettamente” ortopedica.

Grafico 7

Ortopedici Sanitari Extrasanitari Non Definibili

Delle 133 richieste risarcitorie relative ad un danno alla

salute (inabilità temporanea, invalidità permanente e

morte) (vd. grafico 8):

(23)

23

 127 (95,5%) sono attinenti a casi di inabilità temporanea

e/o invalidità permanente.

Grafico 8

Decesso I.T./I.P.

Delle medesime 140 richieste risarcitorie pervenute al

CGS (vd. grafico 9):

 136 (97,2%) vedono coinvolta l’AOUC e/o i suoi

operatori;

 2 (1,4%) sono i casi in cui il risarcimento è stato

richiesto, oltre all’AOUC, anche ad altra Struttura

(24)

24

 1 (0,7%) è il caso in cui l’AOUC è stata chiamata in

causa da un terzo nei confronti del quale il paziente aveva

avanzato la richiesta di risarcimento danni;

 1 (0,7%) è il caso in cui vi è stato un errore

nell’indirizzare la richiesta di risarcimento in quanto diretta

ad altra Struttura.

Grafico 9

Resp. Escl. AOUC Concorso Colpa Chiamata terzo Resp. Escl. terzo

(25)

25

2.3 Classificazione eziopatogenetica degli eventi

avversi relativi alle richieste risarcitorie pervenute al

CGS dell’AOUC nel periodo 2010-2015

Le 133 (numero, questo, ottenuto sottraendo dalle 140

richieste totali pervenute quelle che non è stato possibile

interpretare e quelle inerenti ad una responsabilità di tipo

extrasanitario) richieste risarcitorie esaminate sono

risultate ascrivibili a (vd. grafico 10):

 cadute accidentali 4 (3%);

 errate/mancate diagnosi 4 (3%);

 errati interventi/prestazioni sanitarie 79 (59,4%);

 errate/mancate profilassi ATE 2 (1,5%);

 protesi malfunzionanti 20 (15%);

(26)

26

Grafico 10

Caduta Errata/mancata diagnosi Errato intervento/prest azione sanitaria Errata/mancata profilassi ATE Infezione Protesi

Dopo lo studio della documentazione sanitaria relativa

alle 133 richieste risarcitorie da parte del CGS, è stata

sostanzialmente confermata l’eziopatogenesi degli eventi

avversi contestata dai pazienti, ad eccezione di un caso in

cui era stata ipotizzata una mancata diagnosi quando

(27)

27

2.3.1 Le cadute accidentali

Le cadute accidentali si verificano in tutti i reparti

ospedalieri, rappresentando circa l’8% degli eventi

avversi9.

Per la prevenzione di questo fenomeno, al momento

dell’ingresso nel reparto del paziente ed in occasione di

eventuali cambiamenti della condizione psico-fisica del

soggetto, questi deve essere sottoposto, da parte del

personale infermieristico, a delle “schede di valutazione”

volte ad accertare la presenza di eventuali fattori di rischio

per cadute accidentali.

Nell’AOUC solitamente vengono utilizzati multipli

strumenti di valutazione, tra cui si ricordano le c.d. “scale”

di Barthel e di ReTos.

La scala di Barthel o Indice di Barthel ADL è una scala

ordinale utilizzata per misurare le prestazioni di un

soggetto nelle attività della vita quotidiana (dette ADL,

9

(28)

28

ovverosia activities of daily living)10. Ogni item delle

prestazioni è valutato con questa scala attribuendo un

determinato numero di punti che vengono poi sommati

determinando un punteggio globale. L'indice analizza dieci

variabili che descrivono le attività della vita quotidiana (ad

esempio la capacità di alimentarsi, vestirsi, gestire l'igiene

personale ed altre ancora) e la mobilità (spostarsi dalla

sedia al letto, deambulare in piano, salire e scendere le

scale). Ad ogni item viene assegnato un punteggio di

valore variabile a seconda dell'item stesso e del grado di

funzionalità del paziente: piena, ridotta o nessuna

funzionalità. La scala è sostanzialmente uno strumento di

valutazione della funzione fisica, ed è particolarmente nota

in ambito riabilitativo11.

I punteggi per la valutazione della disabilità sono:

- 100 indipendenza totale;

- 99-91 quasi autosufficienza;

10

FI. Mahoney, DW. Barthel, Functional Evaluation: the Barthel Index., in Md State Med J, vol. 14, febbraio 1965, 61-5.

11A. Sainsbury, G. Seebass, A. Bansal, JB. Young, Reliability of the Barthel Index when used with older people., in Age Ageing, vol. 34, nº 3, Mag 2005, 228-32.

(29)

29

- 90-75 dipendenza lieve;

- 74-50 dipendenza moderata;

- 49-25 dipendenza grave;

- < 25 dipendenza completa.

In base al suddetto score viene statuito (da parte del

personale medico) il livello di assistenza

infermieristico-assistenziale più idoneo per il paziente.

SCALA DI VALUTAZIONE DELLE ATTIVITÀ DELLA VITA QUOTIDIANA Item A B C Alimentazione 0 5 10 Abbigliamento 0 5 10 Toilette personale 0 5 10 Fare il bagno 0 5 10 Continenza intestinale 0 5 10

(30)

30

Continenza

urinaria 0 5 10

Uso dei servizi

igienici 0 5 10 Trasferimenti letto/sedia 0 5 10 Camminare in piano 0 5 10 Salire/scendere le scale 0 5 10

A = dipendente; B = con aiuto; C = autonomo

La scheda ReTos (che viene compilata al momento

dell’ammissione in reparto del paziente e ripetuta a

distanza di 72 ore e 120 ore, a prescindere da eventuali

modifiche della condizione psico-fisica del soggetto) è il

principale strumento di valutazione del rischio di caduta

(31)

31

Sistema Sanitario della Regione Toscana (SST), finalizzato

ad orientare le attività di prevenzione del rischio di caduta.

La ReTos è stata validata per pazienti con età maggiore o

uguale a 65 anni in stato di coscienza, per ricoveri della

durata superiore alle 24 ore.

La ReTos è organizzata in 3 sezioni: • domande da

rivolgere al paziente (D): prevede 5 domande che l’infermiere rivolge direttamente al paziente che risponde

con l’eventuale supporto dei familiari o del tutore; •

osservazioni sulle condizioni di salute del paziente (O): prevede 4 osservazioni che l’infermiere rileva valutando le

condizioni di salute indicate; • rilevazioni sulla

documentazione clinica (R): contiene 2 rilevazioni da

effettuare consultando la documentazione clinica

disponibile.

Tale scala è suddivisa in 9 aree di indagine all’interno

delle quali sono presenti tutti i fattori di rischio contenuti

nelle scale Morse, Conley e Stratify (scale, anch’esse,

(32)

32

soggetti prevalentemente infra-sessantacinquenni): 1.

anamnesi delle cadute (1 item); 2. patologie in corso (2

items); 3. alterazione dei sensi (2 items); 4. eliminazione (2 items); 5. mobilità (6 items); 6. andatura e attività

quotidiane (3 items); 7. stato mentale (3 items); 8. terapia

farmacologica (6 items); 9. terapia endovenosa (1 item).

A ciascun item è assegnato un punteggio compreso tra 1 e 6, con individuazione di un valore soglia (“cute off”), che è

stato fissato pari a 712, oltre il quale i pazienti debbono

essere classificati come soggetti “a rischio”.

2.3.2 Le mancate diagnosi clinico-radiologiche di

fratture e lesioni legamentose/tendinee

Una mancata diagnosi di frattura ossea o di lesione

legamentosa/tendinea può essere ascrivibile:

1) ad una mancata esecuzione degli idonei esami

strumentali (rispettivamente una RX/TC ed una

ecografia/RM);

12 Centro Gestione Rischio Clinico e Sicurezza del Paziente della Regione Toscana, La

(33)

33

2) ad una erronea interpretazione delle immagini

radiologiche da parte dello Specialista.

Prescindendo dall’analisi del secondo punto, che risulta

superfluo commentare poiché dovuto ad un errore di

lettura delle risultanze radiologiche da parte dello

Specialista, bisogna invece sottolineare come una mancata

prescrizione degli idonei esami strumentali possa

dipendere da una erronea/incompleta anamnesi patologica

prossima e/o da un carente esame obiettivo loco-regionale.

A tal fine, quindi, si ricorda come, soprattutto in caso di

accesso del paziente al PS, ma anche in occasione di

ricovero o prestazione sanitaria ambulatoriale, il medico di

turno, al fine di compilare correttamente la cartella clinica

ed eseguire una adeguata diagnosi differenziale, debba

indicare:

1) l’anamnesi patologica remota;

2) l’anamnesi patologica prossima molto dettagliata e dalla

quale si possa desumere in modo chiaro la sintomatologia

(34)

34

3) l’esame obiettivo generale;

4) l’esame obiettivo locale:

4a) per la patologia di elezione esso deve essere molto

chiaro e dettagliato con tutti i segni semeiologici più

moderni della patologia in accertamento ed in valutazione;

4b) per la patologia traumatica, oltre ad un accurato esame

semeiologico della parte traumatizzata, occorre anche un esame di tutto l’apparato muscolo-scheletrico.

2.3.3 Gli errati interventi e le errate prestazioni

sanitarie

In questa amplissima “categoria”, che comprende la

maggior parte delle richieste risarcitorie (ben 80 su 140)

relative a presunta malpractice sanitaria in ambito

ortopedico, pervenute al CGS dell’AOUC nel periodo

2010-2015, i supposti errori possono essere ascritti a:

1) errate prestazioni/terapie;

(35)

35

3) errata scelta della tecnica chirurgica (per carente

planning pre-operatorio);

4) erronea esecuzione “materiale” dell’atto operatorio;

5) assente controllo clinico/radiologico del paziente e

mancato riconteggio del materiale/strumentario chirurgico

utilizzato al termine dell’intervento;

6) intempestiva dimissione al domicilio o trasferimento

presso altra struttura sanitaria del paziente.

2.3.4 L’errata/mancata somministrazione di profilassi

ATE

La malattia tromboembolica venosa o tromboembolismo

venoso (TEV) è una delle patologie più comuni del sistema

circolatorio. Nei paesi occidentali si calcola sia la terza

malattia cardiovascolare più frequente dopo la cardiopatia ischemica e l’ictus, con un caso ogni 1.000 abitanti per

(36)

36

Il tromboembolismo venoso (TEV) rappresenta un

problema clinico e sociale di notevole impatto per la sua

elevata incidenza e la gravità delle sue complicanze.

L’embolia polmonare (EP), con o senza rilevabile

trombosi venosa profonda (TVP) concomitante,

rappresenta inoltre la causa diretta di circa il 10% dei

decessi ospedalieri13.

Il TEV prende origine da una trombosi venosa profonda (TVP), quando, all’interno di una vena profonda,

generalmente del polpaccio, si forma un iniziale aggregato

di piastrine cementato dalla fibrina, ovvero un trombo. Il

distacco di frammenti dal trombo determina la formazione

di emboli che, tramite le vie venose, possono raggiungere

le camere destre del cuore e fermarsi nel circolo

polmonare, là dove la sezione del vaso è inferiore alla dimensione dell’embolo.

13 F. Biggi, F. Randelli, E. Romanni, G. Danelli, G. Della Rocca, N.R. Laurora, D. Imberti, G. Palareti, D. Prisco, Il consensus intersocietario sulla profilassi antitrombotica in ortopedia e

(37)

37

Si realizza, così, la temuta complicanza della trombosi venosa, ovvero l’embolia polmonare (EP), con quadri

clinici di gravità diversa, in rapporto alla percentuale di

letto polmonare che viene ostruito improvvisamente dal materiale embolico. Quando l’impegno del letto polmonare

è massivo, l’evoluzione clinica può essere la morte

improvvisa. Nella grande maggioranza dei casi (90%) l’EP

è causata da una TVP. I quadri clinici principali della

malattia trombo-embolica venosa sono, dunque, la trombosi venosa profonda e l’embolia polmonare. In una

buona parte dei casi, la prima è clinicamente silente e la

morte improvvisa per embolia polmonare può essere la

prima e unica manifestazione del TEV14.

La maggior parte dei pazienti ricoverati in ospedale

presenta almeno un fattore di rischio per TEV e circa il

40% ne ha tre o più. In assenza di profilassi, l’incidenza di

TVP oggettivamente documentata nei pazienti ricoverati

per patologie mediche o chirurgiche varia dal 10% al 40%

14

SNLG Regione Toscana, Linee guida per la profilassi del trombo-embolismo venoso nei pazienti ospedalizzati, 2015.

(38)

38

e raggiunge il 40-60% nei pazienti sottoposti a interventi di

chirurgia ortopedica. La mortalità e la morbosità a breve e

lungo termine e i costi correlati al TEV supportano la

necessità di misure di profilassi almeno nei pazienti a

rischio moderato e alto. Inoltre, numerosi studi clinici

hanno dimostrato che la profilassi antitrombotica riduce l’incidenza di TEV e di EP fatale senza associarsi a un

incremento significativo del rischio emorragico. Ciò

nonostante, la profilassi tromboembolica rimane

sottoutilizzata, soprattutto in ambito medico.

Il Centro Gestione del Rischio Clinico della Regione

Toscana ha affrontato la tematica della profilassi

trombo-embolica a seguito di alcuni eventi sentinella avvenuti

nella regione in questi ultimi anni. Il fenomeno è

monitorato utilizzando uno specifico indicatore messo a

punto dalla Agency for Research and Healthcare Quality

statunitense (2007) e proposto dall’OCSE (Organizzazione

per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico): si tratta di

(39)

39

che utilizza come fonte di dati le schede di dimissione

ospedaliera. Tra i vari patient safety indicators oggi

disponibili è risultato essere uno dei più affidabili. In

questi ultimi due anni si può notare un trend in

miglioramento in alcune aziende sanitarie.

Limitatamente al 2010 è riportato il numero di casi di

trombosi venosa profonda o embolia polmonare per 1.000

pazienti dimessi con DRG (diagnosis-related group) chirurgico per l’intera regione (2,28) e la media dei tassi

delle singole aziende sanitarie toscane (1,85)15.

Vi sono sostanzialmente due modalità di profilassi del

TEV.

La prima prevede una profilassi indiscriminata per tutti i

pazienti appartenenti a un determinato gruppo di rischio

procedurale (per esempio pazienti sottoposti a chirurgia

generale oppure a chirurgia ortopedica); la seconda valuta

il rischio tromboembolico nel singolo paziente, sulla base

sia del rischio associato alla condizione morbosa o alla

15

(40)

40

procedura a cui il paziente stesso è sottoposto sia dei fattori

predisponenti individuali.

Il primo approccio è quello raccomandato dall’American

College of Chest Physicians (ACCP), in particolare nella

formulazione delle ultime linee guida del 2008 sulla

profilassi del TEV. Diverse sono le ragioni di tale scelta: in

primo luogo, sebbene sia riconosciuto il ruolo di un

numero sempre crescente di fattori di rischio

paziente-specifici nel determinismo del TEV, il principale fattore

rimane il motivo per cui il paziente si ricovera, ovvero un

intervento chirurgico, oppure una patologia medica acuta.

Ancora, secondo gli autori, al momento non è possibile identificare con certezza, all’interno dei vari gruppi, le

sottopopolazioni di pazienti che non hanno necessità di

profilassi antitrombotica. Inoltre, la suddivisione in gruppi

di rischio è alla base della maggior parte dei trial clinici sulla prevenzione del TEV, mentre l’approccio

individualizzato manca di una rigorosa validazione clinica

(41)

41

sforzo delle istituzioni nell’implementazione delle strategie

di prevenzione.

L’approccio individualizzato alla profilassi del TEV si

basa sulla stima del rischio nel singolo paziente.

A tale scopo sono stati proposti vari modelli di

stratificazione del rischio (Risk Assessment Models, RAM),

più o meno complessi, che tengono conto sia delle

caratteristiche individuali del paziente (fattori di

predisposizione) sia delle condizioni morbose incidenti

(fattori di esposizione).

Mentre nei pazienti chirurgici la stratificazione del rischio

individuale di TEV, sia in base al tipo di intervento sia in

base ai fattori predisponenti (età, trombofilia nota,

neoplasie maligne, storia di TEV), permette di identificare

quei pazienti che possono trarre beneficio dalla profilassi

antitrombotica e di individuare dosaggio e durata ottimali

della profilassi, la stratificazione del rischio di TEV è

senza dubbio più problematica nei pazienti medici16.

16

(42)

42

Bisogna, d’altronde, ricordare che, nonostante i suoi

limiti (essenzialmente la mancata validazione in trial adeguati), l’approccio basato sulla stratificazione del

rischio nel singolo paziente è stato seguito in Italia da oltre

10 anni e su di esso esiste un generale consenso, dovuto

alla sua capacità di creare una sensibilizzazione e

condivisione da parte dei medici17.

I pazienti sottoposti a procedure chirurgiche ortopediche

cosiddette maggiori (che includono la chirurgia protesica d’anca e di ginocchio) sono in una delle categorie a

maggior rischio di tromboembolismo venoso, cioè di

trombosi venosa profonda e di embolia polmonare (EP);

questo rischio è presente non solo nei giorni immediatamente successivi all’intervento, ma si protrae

anche nelle 4-5 settimane successive.

In base ai risultati di diversi studi clinici, nei quali a tutti i

pazienti sottoposti a procedure di chirurgia ortopedica

maggiore veniva eseguito uno screening per la TVP

17

(43)

43

mediante esecuzione di flebografia, in assenza di misure di profilassi antitrombotica l’incidenza di TVP varia dal 40%

al 60%; in particolare, l’incidenza di TVP prossimale

(ossia di una trombosi localizzata nel distretto venoso

femoro-popliteo) varia dal 10% al 30%, con un

considerevole impatto sul successivo rischio di EP.

Nonostante, infatti, questi trombi evidenziati con lo

screening flebografico per lo più rimangano asintomatici e

tendano a risolversi spontaneamente, in alcuni pazienti

possono propagarsi o recidivare, così determinando un’occlusione sintomatica del vaso o l’embolizzazione al

polmone.

L’incidenza di EP dopo chirurgia ortopedica maggiore e

in assenza di misure di prevenzione può così variare

dall’1% al 10%. Non di rado, gli episodi di TEV

sintomatico si verificano dopo che i pazienti sono stati dimessi dall’ospedale, anche a distanza di alcune settimane

(44)

44

Sono stati invece meno studiati altri tipi di intervento

(chirurgia minore e traumatologia).

2.3.4.1 Stratificazione del rischio tromboembolico

Allo scopo di definire il rischio di TEV nel paziente

ricoverato, è stata elaborata a livello regionale una scheda

di rilevazione individuale del rischio costituita da due parti

di cui una relativa alle caratteristiche del paziente e una

relativa alla procedura chirurgica.

Per quanto attinente alle caratteristiche del paziente, i principali fattori di rischio da considerare sono l’età, il

sesso, il BMI, le malattie pregresse e le terapie

farmacologiche in atto.

Per quanto concerne le tipologie di intervento, si

(45)

45

2.3.4.1.1 Protesi elettiva d’anca

Senza profilassi l’incidenza di TVP è pari al 50% (circa il

18% prossimale), mentre quella di embolie polmonari

fatali è intorno al 2%.

L’uso degli anticoagulanti orali, ancora molto diffuso in

Nord-America, è considerato accettabile dalle linee guida

internazionali come profilassi in questo intervento, purché

monitorato adeguatamente (INR da raggiungere tra 2 e 3). L’eparina non frazionata (ENF) a basse dosi conferisce

una protezione incompleta, riducendo la frequenza di TVP del 30% circa. L’ENF, a dosi aggiustate per provocare un

allungamento dell’APTT fino ai limiti superiori della

norma e le eparine a basso peso molecolare (EBPM)

consentono una riduzione dell’incidenza delle TVP totali e

delle TVP prossimali pari al 70% circa con un’efficacia

superiore a quella degli anticoagulanti orali. Le EBPM

sono più maneggevoli e altrettanto efficaci dell’ENF a dosi

aggiustate, profilassi che non viene in pratica utilizzata,

(46)

46

Le EBPM hanno rappresentato negli ultimi anni il

farmaco di scelta nella prevenzione del TEV dopo

intervento di artro-protesi d’anca e molti studi dimostrano

che si tratta di una scelta con buon equilibrio

costo-efficacia.

L’enoxaparina è la EBPM più studiata in chirurgia

ortopedica. Due dosaggi diversi sono stati impiegati di qua e di là dall’Atlantico: in Europa 40 mg (4.000 UI) una

volta al dì iniziando la sera prima dell’intervento; in

Nord-America 30 mg (3.000 UI) ogni 12 ore iniziando

postoperatoriamente, in genere la mattina successiva.

L’associazione con calze elastiche potrebbe ulteriormente

ridurre l’incidenza di TVP senza aumentare il rischio

emorragico. Le sole calze elastiche, invece, sono

insufficienti, anche nei pazienti che ricevono anestesia

spinale.

Nonostante singole segnalazioni di efficacia dei mezzi

fisici, in particolare la compressione pneumatica

(47)

47

non li considerano adatti a essere impiegati da soli, per la

scarsa efficacia nella prevenzione delle trombosi

prossimali e per difficoltà di adesione alla terapia dei

pazienti.

La CPI, nei pazienti sottoposti a sostituzione totale d’anca, riduce la TVP dal 43,6% al 21%, offrendo

un’alternativa ai chirurghi e ai pazienti con

controindicazioni alla profilassi farmacologica. Può essere

inoltre impiegata come metodo aggiuntivo per i soggetti a

rischio particolarmente elevato.

2.3.4.1.2 Protesi elettiva di ginocchio

L’intervento per artroprotesi elettiva di ginocchio è

associato a un rischio di complicanze tromboemboliche venose ancora più elevato rispetto all’intervento per protesi

d’anca (60-80% di TVP senza profilassi). Tuttavia,

l’incidenza di TVP sovra-poplitea è inferiore rispetto al

(48)

48

Un’incidenza maggiore è stata riportata nei pazienti in cui

il laccio emostatico era mantenuto per un tempo superiore

ai 60 minuti.

Risultati promettenti sono stati ottenuti con la CPI in

studi di dimensioni limitate ma la compliance dei pazienti

è bassa e la CPI risulta di impiego piuttosto difficoltoso,

dovendosi avviare precocemente nel periodo

postoperatorio. Sono da preferire dispositivi alternativi

(tipo foot pump).

Le calze elastiche si sono dimostrate da sole

assolutamente inefficaci.

Complessivamente, le EBPM si sono dimostrate più efficaci con un’incidenza di TVP totali intorno al 25-30%

contro il 40-45% degli anticoagulanti orali e dell’eparina

non frazionata a dosi fisse.

Gli anticoagulanti orali, ancora molti usati in

(49)

49

profilassi in questo intervento purché determinino un INR

tra 2 e 3, non sono raccomandati18.

Sulla base dei risultati registrati dai vari studi, per l’artroprotesi totale di ginocchio sembra raccomandabile

una profilassi combinata comprendente EBPM + mezzi

fisici.

2.3.4.1.3 Frattura d’anca

I pazienti operati per frattura del terzo superiore del

femore sono ad alto rischio tromboembolico, con una

frequenza di TVP senza profilassi pari a circa il 50% e di

EP fatale dal 4- al 12%. Il periodo a rischio di TEV si

protrae per 2-3 mesi dopo la frattura d’anca con un rischio

complessivo di morte a 90 giorni del 13%.

Le indicazioni per la prevenzione del TEV in pazienti con

frattura del terzo prossimale del femore ricalcano dunque

quelle delle chirurgie ortopediche maggiori.

18

(50)

50

In caso di frattura di femore, la profilassi viene in genere

iniziata al momento della diagnosi e, se si usano le EBPM,

si lascia un intervallo di almeno 8 ore prima dell’intervento

(o 12 in caso di anestesia spinale).

Un ritardo del ricovero e dell’intervento chirurgico per le

fratture di anca si associa a un’aumentata incidenza di TVP

pre-chirurgica. Quando il ritardo è uguale o superiore alle

48 ore, l’incidenza di TVP preoperatoria (diagnosticata

mediante venografia) può raggiungere il 62% per tutte le

TVP e il 14% per la TVP prossimale. Pertanto, è

fortemente raccomandato che, se si prevede un ritardo nell’intervento, la profilassi con eparina sia incominciata il

più precocemente possibile dopo la frattura: le EBPM sono

i farmaci di prima scelta.

2.3.4.1.4 Chirurgia artroscopica del ginocchio

Gli interventi eseguiti in artroscopia di ginocchio stanno

diventando sempre più frequenti. Per questo motivo, la

(51)

51

successive alla procedura ha ricevuto notevole attenzione

negli ultimi anni. Esistono dati provenienti da studi

flebografici che riportano un’incidenza di TVP simile a

quella osservata in altre chirurgie a rischio moderato-grave

(18% TVP totali e 5% di TVP prossimali) anche se altri

studi condotti con ultrasuoni hanno riportato frequenze minori. L’applicazione del laccio appare essere un fattore

di rischio aggiuntivo, ma, d’altro canto, consente la

riduzione dei tempi procedurali.

Nei casi di immediata mobilizzazione e rapida dimissione

dopo meniscectomia artroscopica, una profilassi con

EBPM a dosaggio per il rischio medio può essere

probabilmente raccomandata con durata breve (5-7 giorni)

dopo la procedura. Nel caso invece di ricostruzione

legamentosa, la durata dovrebbe essere prolungata fino a

completa mobilizzazione e il dosaggio di EBPM dovrebbe

essere quello del rischio elevato.

Nel caso di interventi a rischio moderato sembra

(52)

52

nella maggior parte dei casi alle modalità di profilassi con

dosi di eparina più basse: dalteparina 2.500 UI/dì,

nadroparina 2.850 UI/dì, reviparina 1.750 UI/dì, mentre per l’enoxaparina in ortopedia viene comunque

raccomandato un unico dosaggio di 4.000 UI/dì.

2.3.4.1.5 Fratture della pelvi

La TVP è una complicanza grave e frequente delle

fratture della pelvi in seguito a trauma. L’evento

traumatico stesso determina una ipercoagulabilità

aggravata dall’immobilizzazione degli arti inferiori e in

alcuni casi dal traumatismo diretto sui vasi venosi e

conseguente danno endoteliale.

Inoltre, il trattamento chirurgico della maggior parte di

queste fratture aumenta il rischio di TVP la cui incidenza

varia dal 6 al 54%.

La profilassi del TEV va iniziata prima possibile,

utilizzando mezzi fisici come la compressione pneumatica

(53)

53

calze antitrombo ed EBPM (alle dosi per il rischio elevato)

laddove non altrimenti controindicata.

Nei pazienti sottoposti a intervento, la profilassi

antitrombotica va comunque proseguita con compressione

pneumatica intermittente al polpaccio, calze antitrombo ed

EBPM (alle dosi per il rischio elevato) o warfarin (INR

2-3) da mantenere fino alla mobilizzazione completa.

In sintesi, si può quindi affermare, sulla base delle linee

guida del 2015 della Regione Toscana per la prevenzione

del tromboembolismo venoso, che la profilassi è basata sull’utilizzo di:

• mezzi meccanici (calze elastiche a compressione

graduata, CCG-, compressione pneumatica intermittente,

CPI e altri dispositivi). Questi sono da utilizzare da soli in

pazienti a basso rischio di TEV o con controindicazione ai

mezzi farmacologici per alto rischio emorragico e, in

aggiunta ai mezzi farmacologici, nei pazienti ad altissimo

(54)

54

• farmaci anticoagulanti (eparine, fondaparinux,

dabigatran, rivaroxaban e altri anticoagulanti).

In chirurgia ortopedica le eparine a basso peso molecolare

e il fondaparinux rappresentano oggi la profilassi farmacologica di riferimento. L’uso di fondaparinux è

indicato solo nella chirurgia ortopedica maggiore protesica

elettiva di anca e ginocchio e nella frattura di collo

femorale. Andrebbe sempre utilizzato nei pazienti a

maggior rischio di TEV.

In chirurgia maggiore, la durata della profilassi

farmacologica è almeno di 35 giorni. In ogni caso è

variabile a seconda del grado di rischio, della ripresa della

mobilizzazione e della patologia di fondo.

Speciali attenzioni vanno riservate nella

personalizzazione della profilassi in pazienti ad alto rischio

emorragico, con insufficienza renale, obesi, di ambito

(55)

55

2.3.5 Le protesi articolari

L’impianto delle protesi articolari rappresenta

indubbiamente un intervento alquanto complesso per il

chirurgo; infatti questi deve non solo scegliere la tecnica

chirurgica più idonea e condurre con perizia l’intervento

(si ricorda a titolo esemplificativo la lesione del nervo SPE durante l’impianto di protesi totale di anca, evento

iatrogeno, questo, affatto infrequente), quanto anche e

soprattutto identificare, tramite approfondito planning

pre-operatorio, la migliore tipologia di protesi da impiantare

caso per caso (ovverosia se questa debba essere totale o

parziale, in metallo piuttosto che in ceramica, etc.).

Gli eventi avversi secondari ad intervento di impianto di

protesi articolare possono quindi essere ascrivibili in parte

ad errori posti in essere da parte dei sanitari (erronea scelta

delle dimensioni o del materiale delle protesi impiantate,

errato posizionamento o contaminazione microbica delle

stesse in corso di intervento) ed in parte a criticità la cui

(56)

56

comportamentali commesse da parte dagli operatori

sanitari (mobilizzazione asettica delle componenti

protesiche da intolleranza del paziente, fenomeni di

metallosi ascrivibili a difetti di costruzione delle stesse,

etc.).

Di seguito si analizzano esclusivamente i fenomeni

biologici secondari al rilascio di ioni pesanti nei tessuti e

nel circolo da parte delle componenti protesiche metalliche

difettose.

2.3.5.1 Il fenomeno della metallosi

La metallosi è dovuta ad un rilascio di ioni metallo nei

tessuti periprotesici ed in circolo da parte delle componenti

protesiche difettose, che è stato oggetto recentemente di

studio e per cui sono state promulgate linee guida atte a regolamentare l’uso di protesi di anca metallo-metallo,

soprattutto se di elevato diametro (le più coinvolte nel

(57)

57

Lo SCENIHR (Comitato scientifico sui rischi sanitari

emergenti e recentemente identificati) è stato incaricato di

esprimere la propria opinione riguardo a quanto segue: 1)

determinare gli effetti locali e sistemici sulla salute a breve, medio e lungo termine, causati dall’esposizione a

particelle metalliche, ioni metallici e composti

metallo-organici derivanti da un dispositivo medico impiantato e,

se possibile, fornire indicazioni riguardo ai valori limite

per i metalli in qualsiasi forma; 2) formulare

raccomandazioni riguardo al valore predittivo di ioni

metallici nei fluidi corporei, alle strategie cliniche e ad

altri aspetti necessari per garantire la sicurezza dei pazienti

che hanno ricevuto un impianto. Allo SCENHIR è stato

inoltre richiesto di identificare possibili criteri che

contribuiscano a prendere una decisione medica riguardo a

un paziente portatore di un impianto; 3) identificare i

criteri relativi alla sicurezza e all'utilizzo sicuro di impianti “metallo su metallo” (metal-on-metal, MoM) impiegati in

(58)

58

artroplastica, tenendo particolarmente conto della

progettazione e dei gruppi di pazienti.

Alla domanda sugli effetti locali e sistemici sulla salute a

breve, medio e lungo termine causati dall’esposizione a

particelle metalliche, ioni metallici, composti

metallo-organici derivanti dal dispositivo medico impiantato, è

stato evidenziato che l'artroplastica dell'anca metallo su

metallo (MoM) provoca il rilascio di prodotti metallici (ad

esempio particelle e ioni) che possono a loro volta formare

composti metallo-organici nell'organismo. Tali prodotti

possono depositarsi nei linfonodi drenanti e negli organi

interni e possono determinare effetti locali e sistemici

avversi. Non è tuttavia possibile stabilire se tali effetti

siano originati dalle particelle metalliche, dagli ioni o dai

composti metallo-organici rilasciati dagli impianti.

Lo spettro clinico delle reazioni locali è ampio, spaziando

da piccole lesioni tessutali asintomatiche a gravi

distruzioni di ossa e tessuti molli, rispettivamente

(59)

59

linfocitaria asettica (ALVAL), pseudotumori e reazioni

avverse ai detriti metallici (ARMD) e possono insorgere a

breve, medio o lungo termine in fase post-operatoria. In

base a studi di follow-up, si ritiene che il valore soglia di

rilevanza clinica sia compreso tra 2- e 7 microg/L (valori

esatti all'interno di tale campo non sono ancora stati

determinati)19.

Le preoccupazioni correlate alla possibile esposizione

sistemica a cobalto e/o a cromo a seguito di artroplastica

dell'anca MoM comprendono la tossicità sistemica, la

carcinogenicità e la teratogenicità, ma le evidenze cliniche

sono insufficienti e ulteriori conferme sono necessarie. Il

passaggio transplacentale degli ioni metallici è stato

dimostrato, ma non è stato associato alcun effetto

teratogeno. Non sussiste alcuna distinzione tra effetti

sistemici a breve, medio e lungo termine.

19

SCENHIR (Scientific Committee on Emerging and Newly Identified Health Risks), “The

safety of Metal-on-Metal joint replacements with a particular focus on hip implants”, 25 September 2014.

(60)

60

Tali effetti avversi sulla salute si applicano a tutti i tipi di

artroplastiche MoM dell'anca, ivi incluse l'artroplastica

totale dell'anca (THA, Total Hip Arthroplasty) con teste

piccole (diametro della testa < 36 mm) o con teste grandi

(diametro della testa > o = a 36 mm) e l'artroplastica di

rivestimento dell'anca (HRA, Resurfacing Hip Artoplasty),

sempre con testa di grosso diametro. Tuttavia,

l'artroplastica MoM con teste di grosso diametro

(artroplastica di rivestimento e in particolare artroplastica

totale dell'anca MoM con testa grande) è associata

all'incidenza più elevata di reazioni locali. Va rilevato che

gli effetti sistemici sulla salute non sono stati associati al

tipo o al diametro dell’impianto. Effetti locali e sistemici

avversi possono inoltre insorgere con altri tipi di impianti

metallici (ad esempio placche, viti).

Lo SCENIHR ha deciso di adottare la strategia delineata

nella Dichiarazione di Consenso Europea. Essa formula

delle raccomandazioni riguardo ad aspetti tecnici (ad

(61)

61

metallici ai fini dello screening dovrebbe essere effettuata

nel sangue intero), la determinazione di campi soglia

critici (ad esempio per lo ione Co un campo di

concentrazione compreso tra 2- e 7 microg/L nel sangue

intero) e un follow-up sistematico per tutti i pazienti e tutti

gli impianti a causa dei rischi dovuti agli accoppiamenti

MoM.

Per la THA MoM a testa piccola è sufficiente un

follow-up sistematico comparabile a quello effettuato per THA

convenzionale. Per gli impianti MoM a testa grande si

raccomanda un follow-up per l'intera durata di vita

dell'articolazione. Per l'HRA si raccomanda un follow-up

annuale per i primi cinque anni, che potrà essere sostituito

da un protocollo locale adottato per i pazienti che hanno

subito la THA convenzionale se i livelli degli ioni metallici

non sono significativamente elevati. I pazienti HRA con

fattori di rischio particolari come ad esempio componenti

(62)

62

sesso femminile dovranno essere sottoposti a follow up

annuale per l'intera durata dell'articolazione.

Tutti i pazienti dovrebbero essere sottoposti a esame

clinico e radiografico durante il follow-up. Per pazienti che

hanno un impianto di tipo THA MoM a testa grande, la

determinazione degli ioni metallici è raccomandata su base

routinaria per i primi anni postoperatori e, successivamente per pazienti portatori di HRA, in funzione

della performance clinica. In caso di anomalie cliniche e/o

radiografiche e valori degli ioni metallici superiori al

campo 2–7 microg/L di cobalto, si raccomandano

ecografia, TAC e/o risonanza magnetica con tecnica

MARS (Metallic Artefact Reduction Software).

Lo screening degli ioni metallici dovrebbe essere

eseguito nel sangue intero e il cobalto potrebbe fungere da

sostanza di riferimento. È importante ricordare che tali

raccomandazioni riguardano i potenziali effetti locali

avversi delle artroplastiche MoM, dato che non sono noti

(63)

63

L'applicazione dell'artroplastica MoM dell'anca dovrebbe

quindi essere valutata attentamente caso per caso in

considerazione dei potenziali effetti avversi dei metalli

rilasciati, in particolare in determinati sottogruppi di

pazienti. Per esempio tutti i tipi di impianti MoM sono

controindicati per donne in età fertile e per pazienti

allergici ai relativi metalli.

Inoltre, l'artroplastica di rivestimento dell'anca MoM non

dovrebbe essere eseguita nelle donne con testa femorale di

piccole dimensioni. Tuttavia, in pazienti giovani

attentamente selezionati, di sesso maschile, attivi, con testa

femorale di grandi dimensioni e rapporto testa-collo

favorevole, l'HRA può rappresentare un'alternativa alla

THA convenzionale. La scelta del tipo di impianto

dovrebbe basarsi su una valutazione dettagliata caso per

caso che tenga conto di tutti i rischi e i benefici20.

20 SCENHIR (Scientific Committee on Emerging and Newly Identified Health Risks), “The

(64)

64

Infine, l'intervento chirurgico dovrebbe essere eseguito

da chirurghi di notevole esperienza al fine di ridurre al

minimo il rischio di posizionamento scorretto.

2.3.5.2 L’esempio delle protesi di anca metallo-metallo

De Puy ASR

Si ricorda come, sulla base dei dati provenienti da diversi

studi e dei rapporti di registri delle protesi d’anca di alcuni

paesi (Australiano ed Inglese in particolare), che hanno

riportato alti tassi di revisione a breve‐medio termine con

protesi ad accoppiamento metallo–metallo con grande

diametro, alcune aziende produttrici, come nel caso delle

protesi di anca metallo-metallo De Puy ASR, già a partire dall’estate 2010, hanno ritirato il prodotto dal mercato

mondiale ed indicato delle linee guida da seguire nei

confronti di questi pazienti (vd. circolare Presidente SIOT febbraio 2012). Va segnalato che l’utilizzo delle protesi

metallo‐metallo di grande diametro aveva già avuto uno

(65)

65

ortopedici, passando per esempio sul mercato inglese, dal

15% annuo del periodo 2006‐2008 a meno del 5% nel

2010, fino a raggiungere in seguito valori vicino allo zero

percentuale per le grandi teste su steli standard21.

L’esempio forse più noto di protesi articolare di anca

metallo—metallo ritirata dal mercato in seguito al rilievo

di tassi di revisione protesica superiori alla media è

rappresentata dai già precedentemente citati impianti De

Puy ASR.

A tal proposito preme ricordare come già in data

31.8.2010 il Ministero della Sanità pubblicava sul proprio portale il protocollo di sicurezza dell’Agenzia Regolatoria

dei Farmaci e dei Prodotti Sanitari Britannica del 22.4.2010, finalizzato a richiamare l’attenzione di tutti gli

operatori sanitari esecutori di impianti De Puy ASR sull’importanza di invitare i pazienti a sottoporsi a

programmi di follow up. Conseguentemente la Società

sospendeva la commercializzazione di dette protesi. Poi,

21Documento della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia sulle protesi metallo‐metallo

(66)

66

con circolare del 7.11.2011 del medesimo Dicastero,

venivano fornite a tutte le ASL le Raccomandazioni della

Direzione Generale dei dispositivi medici, del servizio

farmaceutico e della sicurezza delle cure, relativamente

alla gestione dei pazienti impiantati con le protesi

ortopediche de quibus. Seguiva ulteriore circolare del

24.1.2012, con cui veniva disposto che tutti gli operatori

sanitari esecutori di detti impianti contattassero tutti i

pazienti impiantati al fine di sottoporli a visita di controllo.

La De Puy International Ltd, pur dichiarando come il

richiamo dell’agosto 2010 fosse stato volontario, in quanto

ritenuto una misura meramente precauzionale (assunta in seguito all’evidenza di alcuni dati allora disponibili in

Inghilterra, secondo cui il tasso di revisione a 5 anni del

sistema protesico ASR era superiore a quello atteso,

ovverosia 12% circa per il sistema di rivestimento per anca

ASRTM e 13% circa per il sistema acetabolare ASR TM XL),

senza alcuna implicazione, quindi, di un riconoscimento di

(67)

67

in Italia dalla Johnson and Johnson Medical SpA, ha

provveduto poi a farsi carico del rimborso dei costi

connessi alle visite cliniche di follow up ed all’esecuzione

degli esami clinici (laboratoristici e di diagnostica per

immagini) periodicamente ritenuti necessari per

monitorare lo stato di salute dei pazienti ed all’eventuale

intervento chirurgico di revisione, che siano correlati al

richiamo delle protesi ASR.

A seguito di un audit eseguito presso l’AOUC, è emerso

che presso la suddetta struttura, dal 2005 al 2009, sono

state utilizzate 144 protesi De Puy ASRTM e sistema

acetabolare ASRTM XL (che, come già ricordato,

costituiscono un modello di protesi di anca

metallo-metallo), che non furono più impiantate non appena fu

ricevuto il sopra-citato avviso di sicurezza ed il richiamo

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68

2.3.5.3 L’istituzione del Registro Italiano ArtroProtesi

(“RIAP”)

Sulla base delle predette evidenze scientifiche è stato

deciso di istituire i cosiddetti “registri degli impianti

protesici”22, che si sono dimostrati uno strumento

fondamentale da un punto di vista scientifico per il

monitoraggio dei risultati in chirurgia protesica;

nonostante il crescente interesse anche della sanità

pubblica per le loro potenzialità informative, questi

faticano a imporsi come la norma nelle nazioni più

popolose.

In Italia, la fattiva collaborazione tra le istituzioni

pubbliche, i clinici e gli altri stakeholder (la cui traduzione letterale potrebbe essere: “soggetti/enti portatori di

interesse”) coinvolti, ha permesso negli ultimi anni di

affrontare e risolvere gran parte dei problemi che

rendevano difficoltosa l’implementazione di un registro

protesico su scala nazionale.

22 M. Torre, I. Luzi, E. Romanini, G. Zanoli, P. Tranquilli Leali, M. Masciocchi, L. Leone, Il

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69

La costituzione del Registro Italiano ArtroProtesi RIAP

[Italian Artrhoplasty Registry] si fonda su tre pilastri: il

primo è la costituzione di una federazione di registri regionali coordinati da un’istituzione pubblica super

partes (l’ISS, Istituto Superiore di Sanità); il secondo è

l’elaborazione di un sistema di raccolta dati basato su

flussi già impiegati di routine, integrato con dati

aggiuntivi; il terzo è quello di prevedere il coinvolgimento

di tutti gli stakeholder, ufficialmente rappresentati nel

Comitato Scientifico nominato (Ministero della Salute,

ISS, SIOT, Commissione Unica sui Dispositivi Medici,

Regioni, Registri regionali o provinciali già attivi,

Assobiomedica e Associazioni dei pazienti).

L’istituzione per legge del RIAP e la fattiva

partecipazione dei clinici dovrebbero finalmente

permettere al Registro di raccogliere e fornire informazioni

di vitale importanza per il controllo della qualità in

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