• Non ci sono risultati.

L'attivita' dell'Ambulatorio di "Medicina dei viaggi" del Dipartimento di Prevenzione dell'ASL 5 pisana: prestazioni erogate e ruolo nella promozione della cultura della vaccinazione

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'attivita' dell'Ambulatorio di "Medicina dei viaggi" del Dipartimento di Prevenzione dell'ASL 5 pisana: prestazioni erogate e ruolo nella promozione della cultura della vaccinazione"

Copied!
115
0
0

Testo completo

(1)

SOMMARIO

Negli ultimi anni si è osservato un forte incremento dei viaggi internazionali, specialmente verso i Paesi tropicali e sub-tropicali, zone nelle quali le condizioni igienico-sanitarie, gli stili di vita e la diffusione di molte malattie infettive risultano essere profondamente diverse dalle nostre.

Si calcola che ogni anno circa 50 milioni di viaggiatori si spostano per turismo da un paese industrializzato ad uno a basso reddito. Il 75% di coloro che effettuano viaggi di breve durata riferisce problemi di salute che, nella maggior parte dei casi, sono di lieve entità, nel 7% dei casi richiedono l’intervento del medico e nell’1% comportano ospedalizzazione.

Le infezioni enteriche e le malattie diarroiche rappresentano i disturbi maggiormente segnalati dai viaggiatori.

Fortunatamente l’aumento nella frequenza e, in certi casi, anche nella durata dei viaggi si accompagna ad una maggiore consapevolezza dei rischi correlati agli spostamenti e dell’opportunità di adottare le dovute precauzioni. Per tale motivo sono sempre di più coloro che, prima di intraprendere un viaggio, si rivolgono agli Ambulatori di “Medicina dei viaggi” delle ASL di riferimento.

Nel presente lavoro saranno dapprima presi in considerazione i principali rischi connessi ai viaggi, in particolare quello di contrarre specifiche malattie infettive, con particolare riferimento alle malattie prevenibili con le vaccinazioni e/o le profilassi.

Sarà poi analizzata l’attività dell’Ambulatorio di “Medicina dei viaggi” del Dipartimento di Prevenzione dell’Asl 5 di Pisa riferita al periodo Gennaio-Dicembre 2012.

(2)

Verranno presi in considerazione: il numero degli accessi, le caratteristiche degli utenti, le destinazioni più comuni e le finalità del viaggio, il numero e la tipologia delle prestazioni erogate.

Saranno illustrate inoltre le modalità con le quali il medico responsabile dell’Ambulatorio effettua la visita ed il counselling al momento del primo accesso.

La prima visita risulta essere, infatti, fondamentale per informare e responsabilizzare le persone sugli eventuali rischi correlati al viaggio nonché sulla presenza, in forma endemica o epidemica, di specifiche malattie infettive nelle zone di destinazione. Al tempo stesso si valuta l’opportunità della somministrazione di uno o più vaccini e/o della prescrizione della profilassi antimalarica. Vengono forniti consigli per ridurre il rischio di contrarre la malaria ed illustrate semplici norme di comportamento alimentare per evitare l’infezione da parte dei microrganismi responsabili della diarrea del viaggiatore.

Si forniscono inoltre, basandosi sulle condizioni dell’utente e sulle caratteristiche del viaggio, precise indicazioni sulla cosiddetta “farmacia da viaggio”, ovvero su farmaci e materiale sanitario che sarebbe opportuno portare con sé per fronteggiare le prevedibili necessità nel corso del soggiorno.

Le norme di comportamento alimentare, le principali modalità di protezione dalle malattie che possono essere contratte attraverso la puntura di insetti e le indicazioni sull’allestimento della “farmacia da viaggio” sono riportate su materiale cartaceo che viene poi rilasciato all’utente al termine della visita.

Poiché nella maggior parte dei casi i cicli vaccinali consigliati vengono completati al rientro dal viaggio, la somministrazione delle dosi di vaccino successive alla prima diventano un’occasione di follow-up per rilevare eventuali problematiche correlate al viaggio

(3)

Si è osservato, inoltre, che l’attività dell’Ambulatorio di medicina dei viaggi non si limita alla semplice tutela del viaggiatore per il periodo del viaggio ma risulta essere un efficace strumento per promuovere la cultura delle vaccinazioni tra la popolazione adulta, così come auspicato dal Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2012-2014. Ne è la prova l’elevato numero di vaccinazioni contro il tetano, in forma monovalente o combinata (dTaP oppure polio-dTaP), che vengono somministrate ai soggetti adulti afferenti all’Ambulatorio i quali, in mancanza di tale occasione, probabilmente non effettuerebbero tali richiami.

(4)

CAPITOLO 1

PRINCIPALI RISCHI PER LA SALUTE CORRELATI AI VIAGGI

I fattori da tenere in considerazione per determinare i probabili rischi ai quali i viaggiatori sono esposti riguardano:

- la modalità di trasporto; - la destinazione;

- la durata del soggiorno e la stagione dell’anno nella quale il viaggio viene effettuato;

- lo scopo della visita;

- gli standard igienici degli alloggi e la sicurezza degli alimenti; - il comportamento del viaggiatore;

- lo stato di salute al momento della partenza.

1.1 I viaggi per via aerea: aspetti sanitari

Il viaggio aereo, in particolare quello di lunga percorrenza, espone i passeggeri ad un certo numero di fattori che possono influire sulla salute e sul benessere. Un’attenta pianificazione del viaggio e l’adozione di semplici precauzioni possono ridurre i rischi sanitari associati a tale modalità di trasporto.

Tali precauzioni vengono anch’esse considerate e discusse con il personale dell’Ambulatorio di medicina dei viaggi e riguardano principalmente:

1)i rischi correlati alla pressurizzazione in cabina;

2)i rischi correlati all’umidità in cabina ed alla disidratazione; 3)la chinetosi;

4)i rischi correlati alla prolungata immobilità, quali i problemi circolatori e la trombosi venosa profonda;

(5)

1.1.1 I barotraumi

La pressione aerea all’altitudine di crociera è più bassa della pressione dell’aria a livello del mare. Ciò comporta una condizione di relativa ipossia e l’espansione dei gas all’interno del corpo.

L’ipossia è ma tollerata da soggetti con patologie respiratorie e/o cardiologiche croniche importanti o affetti da anemia falciforme. In tali casi si consiglia una consulenza dallo specialista che deciderà in merito all’opportunità di un supplemento di ossigeno durante il viaggio.

La diminuzione della pressione che si accompagna al decollo dell’aereo causa l’espansione dei gas respiratori nell’organismo mentre il processo inverso si verifica nella fase di atterraggio. Le differenze pressorie si ripercuotono sulla membrana timpanica e ciò determina sensazione di ottundimento e calo dell’udito. La manovra di Valsava (espirazione forzata a glottide chiusa) consente di riequilibrare le differenze pressorie. I soggetti affetti da infezioni all’orecchio, al naso o alle cavità sinusali potrebbero non riuscire a compensare adeguatamente le differenze di pressione, con conseguente danno e dolore. L’impiego di gocce decongestionanti nasali poco prima del decollo e della fase di discesa può risultare di giovamento.

Coloro che abbiano da poco subito interventi di chirurgia addominale in laparoscopia, in virtù del gioco pressorio che viene a determinarsi, dovrebbero distanziare opportunamente il viaggio. (1)

1.1.2 Umidità e disidratazione

La bassa umidità che si rileva all’interno delle cabine (inferiore al 20%) non causa generalmente disidratazione né rischi importanti per la salute. Si raccomanda, tuttavia, di limitare l’assunzione di alcol e/o

(6)

caffeina durante il volo, di bere, di idratare adeguatamente la cute e di impiegare spray nasali salini in caso di fastidiosa secchezza.

1.1.3 Cinetosi

I soggetti che soffrono di cinetosi raramente esperiscono i sintomi specifici di tale condizione allorchè viaggiano in aereo, se non in casi di severa turbolenza.

Si consiglia comunque di adottare le seguenti precauzioni:

- viaggiare preferibilmente nelle ore notturne o, in caso contrario, non guardare oggetti in movimento fuori dal finestrino. Concentrarsi piuttosto a fissare un oggetto “fermo” come l’ala dell’aereo;

- assumere pochi liquidi;

- fare pasti piccoli e con alimenti secchi; - non fumare;

- non bere caffè ed alcol prima della partenza e durante il viaggio.

1.1.4 Problemi circolatori e Trombosi venosa profonda

La prolungata immobilità in posizione seduta determina, a livello degli arti inferiori, un ristagno di sangue che può provocare, in individui predisposti, una trombosi venosa profonda.

Tale rischio aumenta con la durata del viaggio, con il numero di viaggi effettuati in un breve lasso di tempo e con la presenza di uno o più fattori di rischio individuali (storia personale e familiare, terapia ormonale sostitutiva, gravidanza, cancro, obesità, interventi chirurgici recenti, alterazioni della coagulazione).

Ai soggetti a rischio si raccomanda di indossare un vestiario ampio e confortevole durante il viaggio, di alzarsi e muoversi periodicamente, di eseguire esercizi che implichino l’attività dei polpacci.

(7)

1.1.5 Il jet-lag

Un altro punto che viene preso molto spesso in considerazione allorchè ci si reca in un Centro di medicina dei viaggi riguarda il jet lag.

Si tratta, come noto, del complesso di sintomi causati dallo sconvolgimento dell’orologio biologico che controlla i ritmi circadiani e che si verifica allorchè si attraversano, in poco tempo, più fusi orari. Possono verificarsi disturbi gastrointestinali, malessere generale, sonnolenza diurna, insonnia, riduzione delle performances fisiche e mentali.

Tali sintomi si verificano prevalentemente nei viaggi verso est.

In questi casi è utile, nei giorni precedenti la partenza, anticipare gradualmente gli orari del sonno e dei pasti avvicinandoli a quelli del paese di destinazione.

All’arrivo sarà necessario un periodo di riposo, più o meno lungo, in relazione alla differenza di fuso.

Per attenuare gli effetti del jet lag si consiglia di:

- essere riposati prima della partenza e riposare durante il viaggio; - consumare pasti leggeri e limitare il consumo di alcol e caffeina; - esporsi alla luce del giorno nelle ore diurne del luogo di destinazione;

- giunti a destinazione, cercare di dormire, durante la notte, il numero di ore solitamente dedicato al sonno nell’arco delle 24 ore;

In certi casi viene valutata l’opportunità di prescrivere agenti ipnoinduttori con breve durata d’azione e per brevi periodi di tempo (3)

Alcuni soggetti traggono giovamento dall’assunzione di una compressa di melatonina un’ora prima di coricarsi per le prime 5-6 notti dopo il cambiamento di fuso. Ad oggi non esistono ancora

(8)

1.1.6 Controindicazioni agli spostamenti aerei

Il viaggio aereo è controindicato in alcune situazioni e, spesso, è proprio il Medico dell’Ambulatorio di Medicina dei viaggi a rilevarle (4).

Si tratta dei seguenti casi:

1) neonati con meno di 48 ore di età;

2) gestanti che abbiano superato la 36° settimana di gravidanza; 3) soggetti che soffrano di:

- angina pectoris a riposo, - malattie infettive serie o acute,

- sindrome da decompressione dopo immersione, - sinusiti o infezioni dell’orecchio e del naso, - recente storia di ictus o infarto del miocardio;

- condizioni che comportino l’aumento della pressione intracranica; - malattie respiratorie croniche severe, dispnea a riposo e pneumotorace non guarito;

- anemia falciforme;

- ipertensione arteriosa non corretta.

1.2 Rischi per la salute legati alle condizioni ambientali

Il brusco cambiamento delle caratteristiche dell’habitat può nuocere alla salute ed al benessere del viaggiatore in particolar modo per le importanti differenze di altitudine, di temperatura e di umidità e per il contatto con specie diverse di animali e di insetti (5).

1.2.1 Disturbi dovuti all’altitudine

All’aumentare dell’altitudine si accompagna una riduzione della pressione barometrica con conseguente ridotto apporto di ossigeno ai tessuti.

(9)

Quando tale stress ipossico supera le capacità di acclimatazione dell’organismo può verificarsi la “malattia da elevata altitudine”. Tale condizione risulta essere più comune al di sopra dei 2750 metri ed è correlata alla rapidità dell’ascensione.

I sintomi, costituiti da cefalea, anoressia, nausea, insonnia, senso di affaticamento e spossatezza, generalmente si risolvono nell’arco di 24-48 ore.

A coloro che viaggiano verso una meta posta ad elevata altitudine vengono raccomandate le seguenti precauzioni (6):

- Rallentare l’ascesa suddividendo il viaggio nell’arco di due o più giorni al fine di favorire l’acclimatazione;

- Evitare sforzi fisici intensi ed uso di alcol nelle prime 24 h in altitudine;

- Bere molto.

Viene raccomandato, inoltre, di consultare un medico sul posto nel caso in cui i sintomi tipici durino più di due giorni o si accompagnino ad altre condizioni quali dispnea, tosse, atassia o stato mentale alterato.

I viaggi in altitudine vengono, invece, controindicati in partenza a coloro che sono affetti da: angina instabile, ipertensione polmonare, severa malattia polmonare cronica ostruttiva ed anemia falciforme. In certi casi si consiglia, dopo accurata valutazione anamnestica, la profilassi con acetazolamide.

1.2.2 Calore ed umidità

Anche i cambiamenti improvvisi della temperatura e del tasso di umidità possono avere ripercussioni sulla salute.

Calore ed umidità estremi provocano perdita di acqua e di elettroliti che possono causare disidratazione e colpo di calore. Si

(10)

di aggiungere piccole quantità di sale da cucina negli alimenti e nelle bevande.

Si consiglia anche di indossare indumenti in tessuto naturale e di taglio comodo al fine di favorire la dispersione del calore e la traspirazione cutanea che, se ostacolata, può anche esser causa di irritazioni cutanee pruriginose e predisporre ad infezioni fungine (7).

1.2.3 Sole e radiazioni ultraviolette

I viaggi verso zone prossime all’equatore determinano una maggiore esposizione ai raggi ultravioletti di elevata intensità con possibilità di reazioni avverse acute (orticaria solare, ustioni severe, cheratite) e croniche (invecchiamento cutaneo ed insorgenza di cancro).

Il viaggiatore deve essere informato anche del fatto che l’eccessiva esposizione al sole può indebolire il sistema immunitario, accrescendo il rischio di malattie infettive e limitando l’efficacia dei vaccini eventualmente somministrati poco prima della partenza. Diverse categorie di farmaci, quali antibiotici ed antimalarici, inoltre possono indurre fotosensibilizzazione.

E’ importante, quindi, illustrare ai viaggiatori tutte le dovute precauzioni da adottare al fine di limitare l’esposizione ai raggi UV soprattutto nelle ore centrali della giornata raccomandando loro di proteggersi con vestiario, occhiali e creme solari adatte (8).

1.2.4 Bagni in mare

L’annegamento figura tra le prime dieci cause di morte di persone espatriate e residenti a lungo in Paesi tropicali (9).

Generalmente i bagni di mare non comportano rischi di malattie infettive.

(11)

- effettuare bagni solamente in zone turistiche attrezzate, evitando zone con acque e spiagge inquinate da scarichi fognari;

- indossare scarpette da bagno per proteggersi dalle punture di pesci, ricci di mare, crostacei e coralli;

- nuotare lungo la costa poichè in mare aperto c’è il pericolo delle correnti e delle maree;

- non nuotare a stomaco pieno e soprattutto dopo aver assunto bevande alcoliche;

- non fare il bagno al mattino presto e dopo il tramonto, perché con il sopraggiungere del buio i grossi predatori si avvicinano alle spiagge; - prestare attenzione alle acque torbide che possono celare pericoli sommersi ed impedire di calcolare con esattezza la profondità con conseguente possibilità di traumi al momento dell’immersione.

1.2.5 Bagni in acque dolci

L’immersione in acque dolci può determinare la comparsa di congiuntiviti, otiti ed infezioni intestinali.

In alcune zone tropicali, inoltre, le acque di laghi, stagni e fiumi con corrente lenta possono essere infestate dalle larve responsabili della schistosomiasi (10).

I parassiti penetrano nell’organismo attraverso la pelle e risalgono i dotti linfatici, andando poi a nidificare in diversi organi (polmoni, intestino e vie urinarie). I sintomi possono comparire anche diversi mesi dopo il viaggio.

La malattia è caratterizzata da intenso prurito dopo l’uscita dall’acqua e da febbre elevata con tosse che insorge entro uno-due mesi. Nella fase cronica compaiono sintomi intestinali (diarrea, anche con sangue e dolori addominali), epatici e/o urinari. Bisogna, dunque, evitare di bagnarsi e lavarsi in acque che possono ospitare parassiti

(12)

Solo le piscine, dove l’acqua è clorata e frequentemente rinnovata, possono essere considerate sicure.

E’ consigliabile:

- utilizzare sempre le ciabatte, evitando di camminare a piedi nudi su spiagge o altri terreni;

- non stendersi a prendere il sole a diretto contatto con sabbia o terra;

- evitare i bagni in acque stagnanti se non vi è l‘immediata possibilità di doccia.

(13)

CAPITOLO 2

MALATTIE INFETTIVE CON RISCHIO POTENZIALE PER I VIAGGIATORI

Il rischio infettivo è sicuramente quello che maggiormente preoccupa i viaggiatori che si rivolgono ad un Centro di Medicina dei viaggi prima della partenza.

La probabilità di contrarre una malattia infettiva dipende principalmente dalla presenza degli agenti infettivi nell’area da visitare ma è influenzata anche da altri fattori quali lo scopo del viaggio, l’itinerario, gli standard di sistemazione, il comportamento del viaggiatore (11).

Solo in alcuni casi la malattia può essere efficacemente prevenuta dalla vaccinazione.

Per la maggior parte delle malattie infettive comuni e pericolose non esistono, difatti, vaccini e, di conseguenza, occorre assumere precauzioni comportamentali generali al fine di evitare l’esposizione agli agenti responsabili.

Tali precauzioni sono considerate ed esposte con molta attenzione in occasione del primo accesso all’Ambulatorio del viaggiatore e vengono fortemente raccomandate anche nel caso di vaccinazioni o profilassi farmacologiche.

Ci si focalizza su quelle malattie che:

a) possiedono una prevalenza regionale o globale sufficientemente elevata da costituire un rischio significativo per i viaggiatori;

b) sono gravi o potenzialmente letali, anche se con rischio di esposizione basso per la maggior parte dei viaggiatori;

c) possono essere fonte di ansia in quanto il rischio percepito è spesso superiore a quello reale;

(14)

d) implicano un rischio per la salute pubblica dovuto alla trasmissione di infezioni dai viaggiatori ad altri individui.

Le diverse malattie infettive vengono considerate sulla base delle diverse modalità di trasmissione ed è a queste ultime che si fa riferimento nel raccomandare le precauzioni comportamentali (12).

2.1 Malattie causate dall’ingestione di acqua o cibo

Si tratta di quelle malattie determinate dall’ingestione di acqua o alimenti contaminati.

Ne sono esempio: diarrea del viaggiatore, epatiti A ed E, febbre tifoide, colera, amebiasi, brucellosi, giardiasi, listeriosi, infezione da campylobacter.

Per epatite A, febbre tifoide e colera sono disponibili dei vaccini e, pertanto, di tali malattie si esporrà nel relativo capitolo.

La diarrea del viaggiatore, vista la frequenza con la quale si manifesta, verrà trattata in un capitolo a parte.

2.1.1 Amebiasi

E’ causata dal protozoo Entamoeba histolityca, trasmesso per via oro-fecale, o direttamente per contatto da persona a persona o indirettamente attraverso acqua o cibi contaminati.

E’ particolarmente frequente nelle aree tropicali (13).

Può manifestarsi come infezione acuta, con frequenti scariche diarroiche e feci sanguinolente, oppure cronica con sintomi gastrointestinali, affaticamento e perdita di peso. Possibili anche le localizzazioni extra-intestinali, in particolare al fegato.

2.1.2 Brucellosi

(15)

formaggi o latte non pastorizzato, spesso venduti in prossimità dei centri turistici, oppure per contatto diretto con gli animali infetti.

E’ più comune nel Mediterraneo, nel Medio Oriente, nell’Asia centrale e nel Sud America (14).

Il rischio è basso per la maggior parte dei viaggiatori, relativamente più alto per quelli che visitano aree rurali e agricole.

2.1.3 Epatite E

Si trasmette principalmente attraverso l’ingestione di acqua contaminata dal virus dell’epatite E, avente come serbatoio alcuni animali domestici.

Pur riconoscendo una distribuzione ubiquitaria i casi, sporadici o epidemici, riguardano paesi con condizioni igienico-sanitarie precarie e scarsi controlli dell’acqua da bere (15).

Risulta essere particolarmente grave nelle donne al terzo trimestre di gravidanza, con tassi di letalità sino al 20%.

2.1.4 Giardiasi

L’infezione da parte del parassita Giardia lamblia avviene attraverso l’ingestione delle cisti protozoarie contenute in acqua o cibo contaminati da feci di soggetti infetti.

Molte infezioni sono asintomatiche.

Quando presenti, i sintomi sono generalmente rappresentati da: anoressia, diarrea cronica, crampi addominali, gonfiore, astenia e perdita di peso.

Anche in tal caso la principale precauzione è rappresentata dall’astenersi dal consumare acqua non controllata nonché frutta e verdura crude (16).

(16)

2.1.5 Listeriosi

Il batterio Listeria monocytogenes può infettare varie specie animali e, occasionalmente, anche l’uomo attraverso il consumo di latte e latticini non pastorizzati o di prodotti derivati dalla carne.

Può proliferare facilmente anche nei cibi refrigerati che siano stati precedentemente contaminati.

In genere la malattia si limita ad un episodio febbrile acuto mentre può causare meningoencefalite e/o setticemia nei soggetti immunocompromessi, negli anziani e nei bambini piccoli (17).

2.2 Malattie trasmesse da vettori

Un numero di infezioni particolarmente severe sono trasmesse da insetti ed altri vettori, come le zecche.

Ne sono esempio: la malaria, la febbre gialla, l’encefalite giapponese, la dengue, la tripanosomiasi e l’encefalite da zecche. Il rischio di infezione, in tutti questi casi, può essere ridotto evitando le punture di insetto ed il contatto con altri vettori nei luoghi in cui l’infezione è presente.

Materiale informativo, contenente le precauzioni che sarebbe opportuno adottare per ridurre il rischio di essere punti da insetto o altri vettori, è stato predisposto e viene rilasciato all’utenza dell’Ambulatorio dei viaggi dell’ASL5.

Per la febbre gialla, l’encefalite giapponese e l’encefalite da zecche esiste anche la possibilità della vaccinazione mentre per la malaria sono disponibili diversi farmaci utilizzabili la chemioprofilassi.

2.2.1 Le febbri emorragiche

Si tratta di infezioni virali severe ed acute che esordiscono generalmente con febbre, malessere, cefalea, mialgie, sintomi

(17)

La comparsa di queste ultime condiziona sfavorevolmente la prognosi e determina il decesso nella maggior parte dei casi (50%). I virus responsabili appartengono a diverse famiglie.

L’ebola ed il Marburg appartengono alla famiglia dei Filoviridae; la febbre della valle del Rift, la febbre di Crimea-Congo e quella da Hantavirus sono causate da Bunyavirus; la dengue e la febbre gialla riconoscono come agente eziologico i Flavivirus.

Le malattie di questo gruppo si verificano ampiamente nelle regioni tropicali e sub-tropicali dell’Africa e dell’America centro-meridionale. Il rischio per i viaggiatori è generalmente basso ma si accresce allorchè si visitino zone rurali o forestali.

L’unica precauzione da adottare è quella di evitare l’esposizione a zecche e zanzare ed il contatto con i roditori (18).

2.2.2 La dengue

Il virus della dengue, un flavivirus del quale esistono 4 sierotipi, viene trasmesso attraverso la puntura della zanzara Aedes Aegypti, pericolosa soprattutto nelle ore diurne. Il serbatoio è rappresentato invece dalle scimmie del Sud-est asiatico e dell’Africa Occidentale. La dengue può manifestarsi in tre forme cliniche principali.

Nella maggior parte dei casi si limita ad una malattia febbrile acuta con febbre improvvisa, sintomi generalizzati e forti dolori ossei e guarisce in alcuni giorni.

In altri casi, invece, può complicarsi con trombocitopenia e manifestazioni emorragiche mentre in un’ulteriore piccola percentuale di casi sopravviene una sindrome da shock gravata da un tasso di mortalità del 40-50% in assenza di intervento medico tempestivo.

(18)

della loro azione sulla coagulazione del sangue, potrebbero favorire o determinare la comparsa di manifestazioni emorragiche.

La guarigione dall’infezione con un certo sierotipo fornisce l’immunità per tutta la vita per quello specifico ceppo, ma può aggravare successive infezioni con gli altri sierotipi (19).

Nel caso di prima infezione, la dengue è quasi sempre benigna. Più rischiose sono le infezioni successive in chi ha avuto la malattia almeno una volta in passato. Anche per questo motivo è molto importante fare un’accurata diagnosi di laboratorio (20).

2.2.3 Malattie da hantavirus

Si tratta di malattie virali acute, trasmesse attraverso il contatto con roditori che fungono da serbatoio per il relativo virus, che determinano lesioni a carico dell’endotelio vascolare, con conseguente aumento della permeabilità vascolare, ipotensione, manifestazioni emorragiche e shock.

La compromissione della funzionalità renale con oliguria è caratteristica della febbre emorragica con sindrome renale ed è letale nel 15%.

Nella sindrome polmonare da hantavirus, invece, si verifica edema polmonare e la letalità arriva sino al 50%.

Gli hantavirus non hanno una localizzazione geografica tipica ed il rischio di infezione, per la maggior parte dei viaggiatori, è basso. I campeggiatori ed i viaggiatori con esposizione occupazionale ai roditori in aree endemiche per hantavirus dovrebbero prendere precauzioni per escludere la presenza di roditori dalle tende o da altre sistemazioni e proteggere tutti i cibi da un’eventuale contaminazione da parte di feci, saliva o urine dei roditori stessi.

(19)

2.2.4 Chikungunya

E’ una malattia virale, trasmessa dalla puntura di zanzare infette del genere Aedes quali l’A. aegypti e l’A. albopictus (zanzara tigre), che pungono prevalentemente nelle ore diurne. La zanzara tigre è presente anche nel sud Europa, compresa l’Italia, e ciò rende possibile il rischio di importazione del virus, come già avvenuto negli ultimi anni (21).

La malattia è presente in Africa sub-sahariana, Sud-Est Asiatico, aree tropicali del sub-continente Indiano e isole sud-occidentali del Continente Indiano.

Il serbatoio del virus è rappresentato da scimmie, roditori, uccelli e altri vertebrati non identificati, l’uomo soltanto durante le epidemie. Dopo un periodo di incubazione di 2-12 giorni (mediamente 4-8 giorni) dalla puntura della zanzara infetta, la malattia esordisce bruscamente con febbre elevata (> 38,5°C), cefalea; si associano marcati dolori articolari e muscolari e talvolta eruzione cutanea (viso, tronco, radice degli arti).

Non è disponibile un vaccino nei confronti di questa malattia, per cui la prevenzione si basa esclusivamente sull’adozione di misure di protezione per ridurre le punture di zanzare.

2.2.5 Malattia di West Nile

E’ una malattia acuta virale trasmessa dalla puntura di zanzare infette del genere Culex, che vive anche nel nostro territorio e punge prevalentemente dall’imbrunire, durante la notte e all’alba.

L’infezione è diffusa in molte aree del mondo compresa l’Europa e alcune zone dell’Italia centrale, del centro-nord e nord-est (22).

Ha come serbatoio alcuni tipi di uccelli (passeriformi e corvidi); i mammiferi, tra cui il cavallo e l’uomo, sono ospiti occasionali.

(20)

La malattia si manifesta dopo un periodo di incubazione di 3-15 gg dalla puntura della zanzara. Nella maggior parte dei casi l’infezione è asintomatica. In alcuni casi si manifesta con febbre improvvisa (> 38°C), stanchezza, cefalea, dolori muscolari, nausea, vomito e talora presenza di esantema a livello della cute.

La forma grave, con compromissione del sistema nervoso centrale si manifesta come encefalite, meningite o meningo-encefalite.

Anche in tal caso, non avendo a disposizione vaccini specifici, la prevenzione si basa sull’evitare le punture di insetto.

2.2.6 Borreliosi (Malattia di Lyme)

L’infezione è causata dalla puntura di zecche, del genere Ixodes, infettate dalla spirocheta Borrelia burgdorferi.

Molte specie di mammiferi, in particolare i cervidi, ne costituiscono il serbatoio.

La malattia è più frequente nella stagione estiva.

Le lesioni cutanee nel punto di inoculo hanno forma rotondeggiante e tendono ad allargarsi, lasciando una zona centrale più chiara.

La sintomatologia è costituita da: febbre, cefalea, brividi e mialgie seguiti, in alcuni casi, da interessamento meningeo. Complicanze a carico del SNC o di altri organi e artrite possono comparire mesi dopo l’esordio della malattia.

Esistono focolai endemici per il morbo di Lyme nelle foreste dell’Asia, dell’Europa centrale, orientale e nord-occidentale e negli USA (23). Le categorie più a rischio sono rappresentate da escursionisti e campeggiatori ai quali si raccomanda di evitare l’esposizione a zecche e di rimuoverle immediatamente in caso di puntura.

(21)

2.2.7 Leishmaniosi

L’infezione, causata dal protozoo leishmania, è trasmessa dalla puntura di flebotomi femmine infetti in seguito a precedenti punture di uomini o animali infetti (cani, roditori o altri mammiferi).

La Leishmaniosi si manifesta in tre forme principali:

1) L. cutanea: causa ulcere cutanee ed è generalmente autolimitantesi. Più del 90% dei casi di tale forma si verifica in Afghanistan, Algeria, brasile, Colombia, Iran, Perù, Sira ed Arabia saudita;

2) L. mucosale: colpisce la mucosa nasale, orale e faringea causando lesioni mutilanti. Più del 90% dei casi si verifica in Etiopia, bolivia, Brasile e Perù;

3) L. viscerale: si localizza a milza, fegato, midollo osseo ed è generalmente fatale, se non tempestivamente trattata. E’ segnalata in Bangladesh, Brasile, Etiopia, India, Nepal e Sudan (24).

Il rischio è basso ma comunque esistente per i visitatori di aree rurali e forestali di paesi endemici. E’ importante, pertanto, evitare punture di pappataci, frequenti particolarmente al tramonto, usando repellenti ed insetticidi. La puntura lascia un alone rosso rigonfio che può orientare circa la sua origine.

2.2.8 Tripanosomiasi africana (malattia del sonno)

La puntura di mosche tse tse contaminate può inoculare nell’uomo il protozoo Tripanosoma brucei gambiense, di cui l’uomo è il principale serbatoio, o brucei rhodesiense, il cui serbatoio è costituito invece dai bovini e da alcuni animali selvatici (antilopi).

T.b. gambiense provoca una malattia cronica con sintomi che compaiono dopo un periodo di incubazione di settimane o mesi mentre T.B. rhodesiense causa una malattia acuta che si manifesta

(22)

I primi segni clinici comprendono: cefalea severa, insonnia, ipertrofia linfonodale, anemia ed eruzioni cutanee. Nell’ultimo stadio sopravvengono perdita di peso ingravescente ed interessamento del SNC con possibile exitus.

Esistono focolai di T.b.gambiense nei paesi tropicali dell’Africa centrale ed occidentale mentre T.b. rhodesiense si ritrova nel sud dell’Africa Orientale (25).

Purtroppo le mosche tse tse possono attraversare il vestiario e sono insensibili all’azione dei repellenti in commercio. Per tale motivo occorre allertare i viaggiatori che si rechino nelle zone rurali delle regioni endemiche affinchè consultino immediatamente un medico in caso di puntura dolorosa che avvenga nelle ore diurne.

2.2.9 Tripanosomiasi americana (Malattia di Chagas)

L’infezione, dovuta al protozoo Tripanosoma Cruzi, è trasmessa dalla puntura di cimici ematofaghe. Queste, all’atto del pasto di sangue, espellono tripanosomi che, in seguito, possono contaminare anche congiuntiva ed altre mucose causando molteplici lesioni muco-cutanee.

E’ stata riscontrata anche la trasmissione in seguito all’ingestione di canna da zucchero fresca non processata in aree dove è presente il vettore.

T. cruzi parassita numerosi specie animali selvatiche, oltre l’uomo. E’ presente in America Centrale e Meridionale e si annida soprattutto nei muri delle abitazioni di fortuna delle zone rurali (26).

Nell’adulto, T. cruzi provoca una malattia cronica che interessa progressivamente il miocardio, causando quadri aritmici e dilatazione cardiaca, e si estende poi anche ad altri organi determinandone alterazioni strutturali e conseguente dilatazione (mega-esofago e

(23)

La prevenzione consiste nell’evitare di esporsi ad insetti ematofagi. Si possono polverizzare insetticidi ad effetto prolungato nelle abitazioni ed impiegare zanzariere nelle case e nei campeggi.

2.3 Malattie sessualmente trasmesse

Le principali malattie sessualmente trasmesse con i relativi agenti infettivi sono le seguenti:

HIV/AIDS Virus dell’immunodeficienza umana

EPATITE B Virus dell’ Epatite B

SIFILIDE Treponema pallidum

GONORREA Neisseria gonorrhoeae INFEZIONI DA CLAMIDIA Clamidia trachomatis TRICOMONIASI Trichomonas vaginalis CANCRO MOLLE Haemophilus ducreyi HERPES GENITALE Herpes simplex virus VERRUCHE GENITALI Papilloma virus umano

Si stima che, ogni anno, si verifichino nel mondo 340 milioni di episodi di infezioni curabili sessualmente trasmesse (sifilide, tricomoniasi, infezioni da clamydia) (27).

Molte di queste sono asintomatiche.

Talora, invece, si manifestano con quadri aspecifici: ulcera genitale, malattia infiammatoria pelvica, scolo uretrale e vaginale.

In altri casi possono esserci conseguenze più severe: cancro cervicale, epatite, infertilità, disabilità di lungo termine.

Le infezioni sessualmente trasmesse, oltre ad essere condizioni severe in sé, aumentano, inoltre, il rischio di contrarre e trasmettere l’infezione da HIV.

(24)

Esistono zone del mondo nelle quali la prevalenza dell’infezione da HIV è notoriamente elevata, come nell’Europa dell’Est e nell’Africa sud-orientale.

La mancanza di informazione circa i rischi e le misure di prevenzione, ed il fatto che il turismo incrementi la possibilità di rapporti sessuali occasionali, aumentano il rischio di esposizione agli agenti infettivi (28).

Le migliori forme di prevenzione sono rappresentate, dunque, da una corretta informazione sulle modalità di contagio e sulle misure di prevenzione e dalla concreta disponibilità di mezzi di prevenzione quali i condom.

Talune tra queste malattie (HIV,epatite B, sifilide) riconoscono anche una trasmissione attraverso il sangue. E’ necessario, pertanto, evitare condivisione di aghi o scambio di siringhe. Se occorresse fare un’iniezione, il viaggiatore deve assicurarsi che gli aghi e le siringhe provengano da un pacco sterile. I pazienti in terapia medica che richiedano frequenti iniezioni, come ad esempio i diabetici, devono fornirsi di una quantità sufficiente di siringhe per tutta la durata del viaggio, così come di un’autorizzazione del medico per il loro utilizzo. Le cure dentarie e l’uso di aghi o lame per piercing o tatuaggi, che non siano stati adeguatamente sterilizzati, devono essere evitati in quanto possibile fonte di infezione.

Tali precauzioni sono utili anche per ridurre la probabilità di trasmissione dell’Epatite C. Per tale malattia, difatti, non esiste profilassi vaccinale ed i soggetti che la contraggono sviluppano, nella maggior parte dei casi, una duratura infezione cronica che può condurre a cirrosi e/o cancro del fegato.

Per l’Epatite B ed il papilloma virus esiste la possibilità della vaccinazione.

(25)

2.4 Malattie trasmesse per via aerea

La trasmissione di agenti infettivi per via aerea si verifica allorchè goccioline di dimensione uguale o superiore ai 5 micron vengono disseminate nell’aria in seguito a colpi di tosse o starnuti di una persona infetta. Queste possono entrare in contatto con le mucose del naso e della bocca o con la congiuntiva di un individuo suscettibile ed infettarlo.

Pertosse, parotite, difterite, polmonite e meningite riconoscono la suddetta modalità di trasmissione.

In altri casi nuclei di goccioline evaporate di dimensione inferiore ai 5 micron vengono disseminate nell’aria, vi permangono per qualche tempo, si seccano e producono particelle più piccole di 1-5 micron. Il morbillo, la varicella e la tubercolosi si trasmettono con tale modalità.

I microrganismi che si trasmettono per via aerea si diffondono molto facilmente ed il contagio tra i vari individui è molto probabile (29). Le principali infezioni che riconoscono tale modalità di trasmissione verranno trattate nel capitolo relativo alle vaccinazioni.

(26)

CAPITOLO 3

LA DIARREA DEL VIAGGIATORE

3.1 Caratteristiche cliniche ed epidemiologia

La Diarrea del viaggiatore (Travelers’ Diarrhea TD) è per definizione una malattia che si manifesta durante o immediatamente dopo un viaggio in un Paese a basso tenore igienico-sanitario e che di solito colpisce viaggiatori provenienti da Paesi più sviluppati.

Si può definire la TD come l’eliminazione di feci acquose o non formate durante o subito dopo un viaggio, graduandola in lieve (fino a 3 scariche giornaliere senza sintomi/segni associati), moderata (da 4 a 10 scariche giornaliere senza sintomi/segni associati oppure con un numero qualsiasi di scariche, ma con almeno un sintomo/segno associato tra crampi addominali, nausea, vomito, muco nelle feci, tenesmo, febbre <38°C) e grave (più di 10 scariche al giorno o qualsiasi numero di scariche se associate a febbre >38°C e/o sangue nelle feci) (30).

Nella sua storia naturale, la TD è di solito una diarrea acuta caratterizzata da storia naturale di breve durata (3-4 giorni).

La diarrea è la principale sindrome clinica che si verifica nei viaggiatori: colpisce il 20-50% di coloro che si recano in Paesi con standard igienico-sanitario inferiore a quello della zona di provenienza. In alcune destinazioni, l’incidenza spesso supera il 60% per un periodo di permanenza di 2 settimane (31).

In base alle condizioni igieniche, nel mondo si distinguono 3 aree geografiche principali associate a differenti livelli di rischio:

- aree ad alto rischio: America Latina, la maggior parte dell’Asia, Africa settentrionale, occidentale e orientale;

(27)

- aree a basso rischio: Europa, Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Giappone.

Il rischio di contrarre la diarrea del viaggiatore dipende dai paesi di origine e da quelli di destinazione del singolo individuo.

L’incidenza della diarrea tra le persone originarie delle aree a basso rischio è di circa 2-4% per 15 giorni di soggiorno e per viaggi in altre zone a basso rischio, del 5-19% per viaggi in zone a rischio intermedio e del 20-40% per viaggi in zone ad alto rischio (32).

In gruppi selezionati (es. le crociere sul Nilo) l’incidenza può arrivare al 90% per una settimana di permanenza.

TABELLA 1: Rischio di contrarre la diarrea del viaggiatore in base al Paese di origine ed a quello di destinazione

Paese di destinazione

Paese di origine Basso Medio Alto

Basso 2-4% 10-20% 20-90%

Intermedio 2-4% Incerto 8-18%

Alto 2-4% n.d. 8-18%

L’entità del rischio varia notevolmente anche in base agli alimenti consumati. I cibi più a rischio sono quelli ad alto contenuto di acqua e che vengono serviti o mantenuti per qualche tempo a temperatura ambiente, in particolare la carne cruda o poco cotta, i frutti di mare, la frutta e le verdure crude. Il ghiaccio e l’acqua di rubinetto vanno considerati sempre contaminati. Le bevande da considerarsi sicure sono quelle imbottigliate, addizionate di anidride carbonica, la birra, il vino, il caffè o the caldi, l’acqua bollita e/o trattata con iodio o cloro. Un’altra importante variabile sembra essere il luogo dove il cibo viene preparato: il rischio è crescente andando dalla casa privata al ristorante ai rivenditori di strada (33).

(28)

- le modalità e le caratteristiche del viaggio: chi fa viaggi avventurosi o vive a contatto con la popolazione locale, come i volontari e i missionari, presenta un’incidenza di malattia più elevata rispetto a chi soggiorna negli alberghi di alta categoria.

- l’età: i bambini piccoli, che non mangiano ancora a tavola, ed i giovani sembrano avere un rischio più elevato di quello degli adulti. Sono stati riscontrati alti tassi di malattia nei lattanti che si muovono gattoni in un ambiente contaminato e spesso si mettono le mani in bocca.

- i fattori genetici: alcune persone sembrano più suscettibili rispetto ad altre.

- l’ipocloridria e l’acloridria: l’acidità gastrica costituisce un’importante difesa contro i batteri enteropatogeni. I soggetti con ipocloridria o acloridria dovute a fattori genetici o nutrizionali, coloro che abbiano subito un precedente intervento chirurgico allo stomaco, o coloro che assumono farmaci inibitori della pompa protonica, hanno un rischio maggiore di contrarre la TD.

- precedenti viaggi in area a rischio: recarsi in aree ad alto rischio nei mesi successivi a un precedente viaggio in aree simili sembra conferire una certa protezione contro la malattia. La precedente esposizione agli agenti più frequentemente responsabili potrebbe conferire un’immunità protettiva (34).

3.2 Eziologia

Gli agenti infettivi sono la prima causa della TD.

I viaggiatori, spostandosi dai paesi industrializzati a quelli in via di sviluppo, subiscono un rapido e radicale cambiamento del tipo di microrganismi abitualmente presenti nel tratto gastrointestinale, che possono essere dei potenziali patogeni enterici.

(29)

I viaggiatori che manifestano sintomatologia diarroica hanno ingerito un numero sufficiente di microrganismi, capace di superare i meccanismi di difesa individuali (35).

L’infezione può essere causata da numerosi agenti patogeni: batteri, virus, parassiti.

TABELLA 2: BATTERI RESPONSABILI DELLA DIARREA DEL VIAGGIATORE

BATTERIO PREVALENZA

E.Coli enterotossigeno Frequente

E.Coli enteroaggregante Frequente

E.Coli enteropatogeno Non frequente

E.Coli enteroinvasivo Poco frequente

E.Coli enteroemorragico Non frequente

Shigella spp Poco frequente

Salmonella spp Poco frequente

Campylobacter jejuni Non frequente

Clostridium difficile Non frequente

Altri patogeni Frequente

frequente: implicato nel 15% dei casi o più poco frequente: implicato nel 5 – 15 % dei casi

non frequente: implicato in meno del 5% dei casi

Tra i batteri, Escherichia coli enterotossigeno (ETEC) è il microrganismo più comunemente responsabile della diarrea del viaggiatore.

Dopo un periodo di incubazione di di 24-48 ore, provoca una diarrea acquosa associata a crampi. La febbre può essere bassa o assente. I sintomi persistono per 5-10 giorni e l’infezione è generalmente auto-limitantesi.

Salmonella enteritidis, la più comune causa di diarrea correlata al cibo nei Paesi industrializzati, è responsabile di un numero di casi variabile, ma comunque limitato, di TD nei Paesi in via di sviluppo.

(30)

Shigella dysenteriae tipo 1 rappresenta la causa più importante di dissenteria bacillare nei Paesi in via di sviluppo. È più frequente nei soggetti che lavorano nei campi profughi e in strutture istituzionalizzate come centri di cura e prigioni. Rappresenta, dopo E. coli, la seconda causa di diarrea nei viaggiatori che si recano in Paesi in via di sviluppo.

Campylobacter jejuni, causa molto comune di diarrea in tutto il mondo, è responsabile solo di una modesta percentuale delle diarree del viaggiatore.

L’infezione da parte di Vibrio parahaemolyticus è di solito conseguente all’ingestione di frutti di mare crudi o poco cotti ed è causa frequente della diarrea del viaggiatore nei passeggeri di crociere ai Caraibi e nei viaggiatori diretti in Asia.

Nel 90% dei casi il sintomo principale è imponente diarrea acquosa, accompagnata da crampi addominali, nausea, vomito e cefalea. La durata dei sintomi è breve, da 2 ore a 10 giorni.

Alcuni patogeni, tra cui V. cholerae, ETEC ed E. coli enteropatogeno (EPEC) producono enterotossine che interferiscono con il bilancio idrico ed il flusso elettrolitico intestinale. Tipicamente questo meccanismo non si associa ad infiammazione o ad una vera e propria invasione da parte del patogeno, ma causa una sindrome clinica simile a quella del colera caratterizzata da diarrea secretoria con abbondantissime scariche acquose.

Di contro, altri patogeni (Shigella spp, Salmonella spp, C. jejuni, Y. enterocolitica, E. coli enteroinvasivo, E. coli enteroemorragico), causano un danno mucoso, ulcere ed un’infiammazione acuta della lamina propria.

La sindrome dissenterica che ne consegue è caratterizzata da numerose scariche alvine poco voluminose, con presenza di sangue

(31)

o anche di pus, classicamente associate a crampi addominali e tenesmo

3.3 Prevenzione

La prevenzione della TD si basa su un adeguato comportamento alimentare, opportune vaccinazioni ed utilizzo di farmaci, il tutto commisurato allo scopo, alla durata e allo stile del viaggio.

La scelta scrupolosa di cibi e bevande riduce la probabilità che si manifesti diarrea. Il consiglio più importante per i viaggiatori è, pertanto, quello di evitare i cibi potenzialmente contaminati.

Tutti gli alimenti crudi sono soggetti a contaminazione, in particolare nelle aree dove l’igiene e il sistema sanitario sono inadeguati (36). La carne cruda o poco cotta, il pesce e i frutti di mare possono trasmettere diversi patogeni intestinali.

E’ opportuno, pertanto, non consumare tali alimenti così come anche evitare insalate, verdure poco cotte, latte non pastorizzato, formaggi freschi e consumare solo cibi ben cotti e ancora caldi.

Cibi cotti, lasciati esposti per molte ore a temperatura ambiente, infatti, possono costituire un terreno fertile per la crescita dei batteri La frutta deve essere sbucciata personalmente dal viaggiatore.

Il consumo di cibi e bevande provenienti dai venditori di strada, può essere associata ad un aumentato rischio di malattia.

Nelle zone dove non è possibile reperire l’acqua di rubinetto clorata o dove le condizioni igienico-sanitarie sono precarie, i viaggiatori devono essere avvisati che solo i seguenti preparati sono sicuri:

- bevande, quali tè e caffè, preparate con acqua bollente;

- bevande in cartoni o bottiglie con aggiunta di anidride carbonica, inclusa l’acqua in bottiglia;

(32)

Anche il ghiaccio deve essere considerato contaminato e non dovrebbe essere aggiunto alle bevande. Se il ghiaccio stesso è venuto a contatto con i recipienti usati per bere, occorre lavarli bene con sapone e acqua calda.

TABELLA 3: SCALA DEL RISCHIO ALIMENTARE

BASSO RISCHIO (dal meno al più rischioso)

ALTO RISCHIO (dal più al meno rischioso)

Caffè e the caldi Dessert, specie se con creme

Cibi serviti a temperatura superiore a 60°C

Acqua di rubinetto e cubetti di ghiaccio

Frutta sbucciata dal consumatore Frutti di mare

Spremute di frutta fresca Formaggi

Acqua e bibite gassate Piatti freddi

Pane Salse calde

Acqua imbottigliata non gassata Insalate e verdure crude

Burro Latte

3.4 Trattamento

I capisaldi della terapia empirica della TD sono costituiti da: (37) 1) reidratazione;

2) adeguate scelte dietetiche;

3) farmaci sintomatici (inibitori della motilità intestinale, antisecretori e agenti intraluminali)

4) farmaci antibiotici (in modo particolare fluorchinolonici, rifaximina e macrolidi).

Di regola, la gestione delle forme lievi di TD si limita solamente alla ricostituzione del patrimonio idrosalino perduto con le scariche e al mantenimento di un corretto regime alimentare.

(33)

Le forme lievi e con minime perdite liquide tendono ad autolimitarsi e pertanto in questi casi l’assunzione di semplice acqua e qualche cracker salato (come fonte di cloruro di sodio) o di succhi di frutta è sufficiente per ottenere un’efficace reidratazione. Utili anche zuppe o brodo salati.

Le bibite ad elevato contenuto di zucchero e ad ampia diffusione commerciale, pur suggerite come possibili fonti di assunzione di liquidi in corso di TD, dovrebbero essere consumate in modesta quantità poiché potrebbero contribuire ad un peggioramento della diarrea con meccanismo osmotico.

A volte si può essere costretti a ricorrere a vere e proprie soluzioni reidratanti orali (ORS), solitamente disponibili come bibite già pronte o come preparati farmaceutici in polvere da ricostituire in acqua. I soggetti con TD possono continuare ad assumere cibo con regolarità. Si dovrà suggerire di evitare latte e latticini nei primi due giorni di malattia (spesso coesiste un transitorio deficit di lattasi), come pure cibi grassi (stimolano l’escrezione di sali biliari che hanno effetto osmotico) e cibi piccanti (aumentano il transito intestinale). I cibi che vanno preferiti, oltre ai già citati zuppa e brodo, comprendono riso, pasta, patate, banane, carni bollite.

Le verdure andrebbero reintrodotte quando la diarrea comincia a migliorare.

Sia i bambini allattati al seno sia quelli nutriti con latte artificiale dovranno ricevere il latte ogni volta che lo richiedano, all’occorrenza anche con l’aggiunta di ORS (38).

La gestione delle forme moderate e gravi di TD richiede che alle misure appena discusse, ovvero reidratazione e dieta, si aggiunga l’utilizzo di farmaci che riducano il numero e l’entità delle scariche (in particolare inibitori della motilità intestinale) e di antibiotici per la

(34)

Tra gli inibitori della motilità intestinale il farmaco per quale è stata dimostrata maggiore efficacia è rappresentato dalla loperamide, un oppiaceo che non attraversa la barriera emato-encefalica e che solo in minima parte raggiunge la circolazione sistemica.

La loperamide può essere usata come unico farmaco nel caso di una forma lieve di diarrea acquosa coleriforme.

Nelle forme di diarrea moderate o gravi la loperamide viene invece opportunamente associata ad un antibiotico che, in tal modo, permane per maggior tempo nel tratto intestinale, così da raggiungere maggiori concentrazioni intraluminali (39).

Gli antibiotici costituiscono il cardine del trattamento della diarrea acuta infettiva e, di conseguenza, anche della maggior parte delle forme di TD.

I saggi in vitro dell’attività antibatterica hanno dimostrato che diversi antibiotici sono efficaci contro la maggior parte dei batteri implicati nella genesi della TD in molte parti del mondo.

Essi comprendono: fluorchinolonici, rifaximina, azitromicina, cefalosporine di terza generazione e doxiciclina (40).

I Fluorchinolonici nel loro insieme rappresentano i farmaci più indicati per il trattamento negli adulti delle forme di diarrea del viaggiatore con impegno sistemico (es. con febbre elevata e/o sangue nelle feci), sostenute quindi da germi potenzialmente invasivi, soprattutto se l’infezione è stata contratta in America Latina, in Africa e nel subcontinente indiano (41).

La Rifaximina è un derivato della rifamicina scarsamente assorbibile, ad attività antibatterica ad ampio spettro esclusivamente nel tratto gastrointestinale. Il fatto che questo antibiotico rimanga quasi totalmente non assorbito dopo assunzione orale, non solo nei volontari sani, ma anche in soggetti con mucosa intestinale

(35)

intestinali), riduce al minimo la possibilità di eventi avversi o di effetti collaterali sistemici ad esso correlati. Quando somministrata per 3 giorni, la rifaximina raggiunge concentrazioni fecali molto elevate (circa 8000 mg/g), circa 125 volte maggiori rispetto alla concentrazione minima in grado di inibire il 90% delle colonie (MIC90). Questa caratteristica abbatte enormemente il rischio di selezionare ceppi resistenti. Essa si è dimostrata di pari efficacia rispetto alla ciprofloxacina nel trattamento della TD (42).

L’A z i t r o m i c i n a, antibiotico azalidico correlato ai macrolidi, ha un alto grado di attività antibatterica in vitro contro svariati patogeni, poiché raggiunge elevate concentrazioni tessutali, anche nella mucosa intestinale. È il farmaco di prima scelta nelle regioni con ampia diffusione di ceppi di C. jejuni resistenti ai fluorchinolonici e nei casi di febbre tifoidea sostenuta da ceppi di S. typhi multi resistenti (43).

3.5 Raccomandazioni per i viaggiatori

A tutti i viaggiatori a rischio di TD dovrebbe essere spiegato che: 1) la comparsa improvvisa di una diarrea associata ad altri disturbi è da imputare in prima battuta ad un’infezione batterica. Essa può essere gestita con sole misure di supporto (reidratazione e dieta adeguata) se in forma lieve, oppure può essere trattata con antibiotici se associata a segni clinici significativi;

2) se si incorre in un secondo attacco di diarrea acuta, dopo averne completamente curato un primo, si può utilizzare lo stesso antibiotico della prima volta e alle stesse dosi, poiché è quasi certamente una nuova forma batterica;

3) la comparsa graduale di una diarrea non particolarmente problematica, ma prolungata, è di solito imputabile a protozoi, per i

(36)

remote, può rendersi necessaria terapia empirica con metronidazolo (o tinidazolo);

4) le regole generali per l’autotrattamento valgono fintanto che ci si trova nella condizione di dover fronteggiare un attacco acuto di diarrea durante un viaggio in Paesi nei quali l’accesso alle strutture sanitarie non offra adeguate sicurezze. Se, viceversa, i disturbi intestinali si manifestano dopo il rientro, è controindicato qualsiasi autotrattamento, ma è opportuno rivolgersi al medico per effettuare il più appropriato iter diagnostico al fine di stabilire la terapia più mirata (44).

(37)

CAPITOLO 4 LA MALARIA

4.1 EPIDEMIOLOGIA E DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA

La malaria è una parassitosi provocata da protozoi del genere Plasmodium. Fra le varie specie di parassita Plasmodium quattro sono le più diffuse, ma la più pericolosa è la Plasmodium falciparum, con il più alto tasso di mortalità fra i soggetti infestati. Il serbatoio del parassita è costituito dagli individui infettati in maniera cronica. I vettori sono zanzare del genere Anopheles.

La malaria è la più importante parassitosi e la seconda malattia infettiva al mondo per morbilità e mortalità dopo la tubercolosi, con 500 milioni di nuovi casi clinici all'anno (di cui il 90% in Africa tropicale) e 1 milione di morti all'anno (45).

Secondo altre stime, peraltro, il numero di decessi sarebbe più elevato, e riguarda prevalentemente bambini africani al di sotto dei cinque anni, anche se molti casi non sono documentati (46).

Il 40% della popolazione mondiale vive in zone in cui la malaria è endemica, situate in aree tropicali e subtropicali e a un'altitudine inferiore ai 1800 metri (47).

Ogni anno circa 10.000-30.000 viaggiatori europei e americani si ammalano di malaria.

Le donne in gravidanza sono particolarmente soggette a tale malattia e, malgrado gli sforzi per ridurre la trasmissione aumentando il trattamento, l'effetto ottenuto non corrisponde a quello sperato.

L’elevata frequenza della malattia è dovuta ad una serie di fattori fra i quali le condizioni climatiche favorevoli e il notevole numero di soggetti portatori di gametociti nel sangue periferico umano che si trovano nell'area di contagio (48).

(38)

Poiché la malaria in Italia è stata eradicata, vi si registrano solo sporadici singoli casi autoctoni.

La maggior parte degli episodi che si manifestano in Italia è di importazione: colpisce turisti, viaggiatori o immigrati provenienti dalle aree endemiche.

La distribuzione geografica può essere definita sulla base di diversi fattori presi in considerazione.

Innanzitutto le specie presenti (49).

In Africa settentrionale la malaria è poco presente e predomina P.

vivax.

In Africa centrale e orientale predomina P. falciparum, ma sono presenti anche P. vivax e P. malariae.

In Africa occidentale predomina P. falciparum, ma è molto diffuso anche P. ovale; presente ma raro P. vivax.

Nelle isole dell'Oceano Indiano e nel Sudest Asiatico predomina P.

falciparum, ma sono presenti anche P. vivax e P. malariae.

Nel subcontinente indiano predomina P. vivax, ma è presente anche

P. falciparum.

Nelle isole dell'Oceano Pacifico e in America centrale sono presenti sia P. vivax, sia P. falciparum, molto più diffusi in Amazzonia.

Volendo prendere in considerazione, invece, i pattern di resistenza all’azione dei principali farmaci antimalarici, è possibile individuare tre diverse zone.

La Zona A è caratterizzata dalla presenza di ceppi di plasmodio sensibili alla clorochina; è ormai limitata all'America centrale, ai Caraibi e al Medio Oriente.

(39)

La Zona B è caratterizzata dalla prevalenza di P. vivax, con presenza di ceppi di P. falciparum resistenti alla clorochina, e comprende il subcontinente Indiano e l'Iran.

La Zona C interessa tutte le altre regioni malariche, nelle quali prevalgono ceppi di P. falciparum clorochino-resistenti.

Questa è una classificazione a grandi linee, perché l'epidemiologia della malaria e i "pattern" di farmaco-resistenza variano molto, spesso anche a distanza di pochi chilometri, e sono in continua evoluzione, a causa dell'impiego intensivo e spesso improprio dei farmaci antimalarici, ma anche influenzati da sconvolgimenti ecologici e disastri naturali (49).

Anche il "pattern" geografico influenza le caratteristiche epidemiologiche.

Nella savana africana, il rischio di trasmissione è perenne, con variazioni stagionali, più sensibili a mano a mano che ci si allontana dall'equatore; domina P. falciparum e la morbilità e mortalità sono prevalenti nei bambini e nelle donne gravide; è molto diffusa la farmaco-resistenza.

Nelle pianure e nelle valli di America centrale, Cina e India, la trasmissione è variabile e moderata, con forti variazioni stagionali e rischio di epidemie. Prevale P. vivax e la farmaco-resistenza è abbastanza stabile.

Sugli altopiani, nelle aree semidesertiche e nelle isole (Sahel, SudEst Asiatico, Sudafrica, Isole del Pacifico, Caraibi) il rischio di epidemie è dovuto ad aberrazioni climatiche, a fenomeni migratori da

(40)

aree malariche altamente endemiche e a cambiamenti nelle abitudini agricole.

In aree di recente sviluppo agricolo (Africa, Asia, Sudamerica) l'irrigazione in agricoltura può aumentare la trasmissione del plasmodio, con conseguente rischio di malaria stagionale con epidemie tra lavoratori immigrati non-immuni.

Nelle aree urbane e periurbane delle città africane la trasmissione e la popolazione immune sono molto variabili anche a piccole distanze (50).

(41)

4.2 Modalità di trasmissione e ciclo vitale

La forma infettante del plasmodio è lo sporozoita il quale è presente all'interno delle ghiandole salivari di zanzare femmine appartenenti al genere Anopheles, dalle quali viene inoculato nell'ospite durante il pasto di sangue.

Dopo una breve permanenza nel circolo sanguigno, entro 45 minuti dal pasto ematico gli sporozoiti invadono gli epatociti, per i quali hanno un tropismo elevato.

A questo punto, all'interno dell'epatocita inizia la prima fase di moltiplicazione asessuata (fase esoeritrocitaria) detta anche schizogonica. Tale fase ha una durata variabile a seconda della specie in quanto va dai 5-7 giorni per P. falciparum a circa 15 per P.

malariae e determina la formazione di uno schizonte, che si rompe e

che, a seguito della lisi dell'epatocita, riversa in circolo migliaia di merozoiti mononucleati, che infettano gli eritrociti.

All'interno delle emazie (fase intraeritrocitaria) comincia un nuovo ciclo di riproduzione asessuata. Il merozoite, infatti, si muta in trofozoite (forma vegetativa) morfologicamente distinguibile in trofozoite immaturo (con una forma ad anello) e maturo (con citoplasma più allargato ed accumulo di emozoina). Successivamente il trofozoite si trasforma in uno schizonte di dimensioni più piccole rispetto a quelli intraepatocitari e contenenti in genere fino ad un massimo di 24 merozoiti. I merozoiti, dopo la rottura dello schizonte, determinano la lisi della membrana del globulo rosso infettato e si riversano in circolo pronti ad infettare nuove specie e ad iniziare un nuovo ciclo riproduttivo (51).

(42)

Tale ciclo risulta essere regolare ed, in particolare, dura 48 ore per P.

falciparum, P. vivax e P. ovale, e 72 ore per P. malariae.

Durante la rottura dei globuli rossi vengono rilasciate sostanze pirogene che determinano la comparsa dei classici picchi febbrili qualora le infezioni degli eritrociti siano diventate sincrone. Nelle infezioni da P. vivax e P. ovale alcuni degli sporozoiti possono persistere quiescenti nelle cellule epatiche (ipnozoiti, forme "dormienti") e rimanere in tale stato per mesi od anni per poi potersi riattivare ciclicamente determinando la comparsa di ricadute (52).

Un fenomeno analogo può presentarsi anche nel caso di P.

falciparum e P. malariae solo che in tali casi la causa consiste nella

persistenza, nel circolo ematico, di una parassitemia troppo bassa per poter essere rivelata (53).

Dopo vari cicli alcuni trofozoiti si differenziano in forme eritrocitarie sessuate (gametociti). Sono queste le forme che permettono il mantenimento del ciclo del plasmodio nell'ambiente: l'uomo è il serbatoio dei gametociti da dove attingono le zanzare.

Il microgametocita (maschio) e il macrogametocita (femmina) vengono ingeriti dall'Anopheles alla puntura di un individuo infettato, durante un nuovo pasto ematico.

Nello stomaco dell'insetto, i gametociti escono dal globulo rosso che li ospita: il nucleo del microgametocita subisce varie divisioni mitotiche e forma otto microgameti maschi, flagellati. I macrogametociti, invece, non vanno incontro a processi di divisione e, comunque, la loro popolazione è più ampia d quella dei microgametociti.

(43)

diventa più lungo e mobile (oocinete), invade la parete del medio intestino della zanzara, dove s'incista diventando un'oocisti. Questa va incontro a riproduzione asessuata che determina la formazione di migliaia di sporozoiti allorquando l'oocisti è ormai matura. Successivamente l'oocisti si rompe e libera gli sporozoiti che raggiungono le ghiandole salivari della zanzara e vengono inoculati nell'uomo alla successiva puntura con reiterazione di tutto il ciclo. La fase di sviluppo all'interno della zanzara dura da 8 giorni ad un mese a seconda di vari fattori tra cui la specie infettante di plasmodio ed anche fattori climatici.

Nella maggior parte dei casi si mantiene un equilibrio tra infezione e risposta immunitaria. Nelle infezioni da P.falciparum l'equilibrio è precario: la malattia può precipitare in qualsiasi momento e la parassitemia aumentare in modo incontrollabile, provocando uno scompenso acuto multi-organo o una subacuta progressiva emolisi intravascolare. In entrambi i casi si può avere la morte. La mortalità in un paziente non-immune e non trattato può arrivare fino al 20% (53). Le forme di malaria da P.falciparum sono più gravi perché il plasmodio infetta tutti gli eritrociti e provoca parassitemie più importanti, a differenza di P.vivax e P.ovale che infettano i reticolociti e di P.malariae che infetta gli eritrociti più vecchi. Nella malaria cerebrale, gli eritrociti parassitati vengono sequestrati nel microcircolo cerebrale, diventano più rigidi e indeformabili, aderiscono agli eritrociti sani, formando ammassi a forma di rosette, e agli endoteli dei capillari e delle venule cerebrali, e si impacchettano, ostruendone il lume. Si hanno congestione cerebrale e, nelle fasi avanzate, emorragie intraparenchimali. Alterazione della permeabilità dei vasi cerebrali è causata dalla produzione endogena di sostanze vasoattive (NO, TNF, IFNγ). L'anemia è di tipo emolitico,

(44)

dell'emoglobinemia, durante gli attacchi acuti, per emolisi da rottura dei globuli rossi da parte degli schizonti. Gli eritrociti parassitati aderiscono a quelli sani e gli ammassi vengono insieme fagocitati e distrutti. L'anemia non è necessariamente proporzionale alla parassitemia. Gli eritrociti eventualmente trasfusi vengono distrutti più rapidamente. Si verifica diseritropoiesi (distruzione di eritrociti prima del loro rilascio dal midollo osseo) e sequestro di ferro, poiché il TNF stimola la fagocitosi e deprime l'eritropoiesi (54).

Il tempo che va dall'infezione, conseguente alla puntura di zanzara, sino alla comparsa dei trofozoiti negli eritrociti circolanti è detto "tempo prepatente", ed è fisso e costante per ogni specie:

P. falciparum: 9-10 giorni

P. vivax : 11-13 giorni

P. ovale: 10-14 giorni

P. malariae: 15-16 giorni.

Il tempo che va dall'infezione alla comparsa dei segni e dei sintomi della malaria, ovvero il tempo di incubazione, è variabile e più lungo o al massimo uguale al periodo prepatente e dipende dalla carica infettante iniziale di sporozoiti iniettati dalla zanzara:

P. falciparum: 9-14 giorni

P. vivax: 12-17 giorni

P. ovale: 16-18 giorni

(45)

4.3 Manifestazioni cliniche

L'infezione da P. falciparum è detta febbre terzana maligna, quella da P. vivax e da P. ovale è detta febbre terzana benigna e quella da

P. malariae è detta febbre quartana in base all'occorrenza di febbre

intermittente.

Quelle di febbre "terzana" e "quartana" sono definizioni fuorvianti, perché solo una minima parte dei casi di malaria si presenta con febbre intermittente, ogni 48 ore (terzana, ogni terzo giorno) od ogni 72 ore (quartana, ogni quarto giorno).

La febbre terzana si vede anche nei casi in cui si sia stati infettati da un unico ceppo di P. falciparum, evento non comune nelle aree endemiche, dove si è infettati più volte in sequenza e i cicli dei vari ceppi si sovrappongono con attacchi febbrili ad andamento irregolare (55).

La fase invasiva della malattia corrisponde alla rottura dello schizonte e alla liberazione dei merozoiti che vanno a invadere altri eritrociti. Si manifesta con febbre intermittente, brivido scuotente, sudorazione, cefalea, artralgia, mialgia, talvolta riattivazioni di herpes labiale, prostrazione, dolore negli ipocondri, sindromi gastroenteriche (diarrea, vomito, dolore addominale).

Nei bimbi si possono avere convulsioni febbrili.

Quando i cicli vitali dei vari ceppi presenti si sono sincronizzati, ovvero in una fase più tardiva, compare la tipica febbre terzana: brivido scuotente seguito da rialzo termico che si risolve dopo qualche ora con sudorazione profusa e uno stato di vaga euforia, e si

(46)

La splenomegalia di solito compare dopo giorni o settimane; all'inizio è più comune l'epatomegalia. Pallore muco-cutaneo, ittero, urine ipercromiche) sono segni prognostici sfavorevoli. Nella maggioranza dei casi non trattati la malaria si risolve spontaneamente dopo 2 settimane; raramente dura più di un anno, e comunque mai più di 2 anni.

La recrudescenza, ovvero la ricaduta causata dalla persistenza in circolo di forme intra-eritrocitarie, è tipica delle infezioni da

P.falciparum trattate in modo inadeguato e può avere una latenza

che oscilla da qualche giorno a qualche settimana. Si può avere anche nelle infezioni da P. malariae con una latenza di molti anni (56).

Per recidiva si intende una ricaduta causata dalla persistenza di merozoiti nel fegato (ipnozoiti) che ricominciano un nuovo ciclo eso-eritrocitario, 5-6 mesi dopo l'infezione. È tipica delle infezioni da P.

vivax e P. ovale nelle quali non sono state trattate le forme

intraepatiche.

La malaria da P. vivax ha un tempo di incubazione più lungo. Si presenta, come quella da P. falciparum, con attacchi febbrili irregolari, seguiti da sudorazioni profuse e defervescenza. Si può avere splenomegalia e raramente rottura splenica. Dopo qualche attacco si esaurisce, ma può avere ricadute per la persistenza degli ipnozoiti. Allora compare la febbre terzana benigna. Se i ceppi infettanti sono due e hanno un ritmo sfasato si può avere una doppia terzana, che è quotidiana. Nelle regioni africane (Golfo di Guinea) dove mancano individui portatori dell'antigene eritrocitario Duffy, P.

(47)

La malaria da P. malariae è la forma meno grave di malaria. Il plasmodio può persistere per anni negli eritrociti, a parassitemia bassissima, e nelle recrudescenze la febbre è quartana. Tuttavia, nei bimbi tra i 4 e gli 8 anni, come conseguenza di infezioni ripetute o continue, si possono avere gravi patologie renali, come glomerulonefriti membrano-proliferative. La sindrome nefrosica che ne deriva non è reversibile dopo il trattamento dell'infezione malarica. La prognosi è sfavorevole e i pazienti progrediscono verso l'insufficienza renale cronica nel giro di 5 anni dall'esordio (58).

In Sudan è molto diffusa una condizione patologica detta "Sindrome

splenomegalica tropicale", conseguente a una risposta immunologica

aberrante agli attacchi ripetuti di malaria. Tale sindrome si manifesta con severa splenomegalia in ragazzi o adulti, alti livelli di anticorpi anti-Plasmodium, alti livelli sierici di IgM, di tipo policlonale, e risposta clinica e immunologica a un'appropriata terapia anti-malarica a lungo termine. L'ipersplenismo è responsabile dell'anemia emolitica cronica, della leucopenia e della trombocitopenia. Si hanno calo ponderale, astenia, tachicardia, dispnea dopo sforzo, senso di peso e dolenzia in ipocondrio sinistro (59).

4.4 Complicanze

Le principali complicanze della malaria sono le seguenti (60,61,62,63):

a) Malaria cerebrale

Figura

TABELLA 1: Rischio di contrarre la diarrea del viaggiatore in base al Paese di  origine ed a quello di destinazione
TABELLA 2: BATTERI RESPONSABILI DELLA DIARREA DEL VIAGGIATORE
TABELLA 3: SCALA DEL RISCHIO ALIMENTARE  BASSO RISCHIO (dal meno al più
FIGURA 1 DISTRIBUZIONE DELLA MALARIA NEL MONDO (WHO, anno 2012)
+6

Riferimenti

Documenti correlati

giorni dalla data di protocollo di ricezione della pratica alla data di risposta.. Mediazione trasformativa giorni dalla data di ricevimento della richiesta

Giorni fra data protocollo ASL della richiesta e data di convocazione a visita, salvo tempi di sospensione per acquisizione dati richiesti alla ditta o eventuali visite

Tempi medi del primo semestre 2014 1. giorni dalla data di protocollo di ricezione della pratica alla data di risposta. Mediazione trasformativa giorni dalla data di ricevimento

Giorni fra data protocollo ASL della richiesta e data di convocazione a visita, salvo tempi di sospensione per acquisizione dati richiesti alla ditta o eventuali visite

per l'importo di Euro 727,27.- Iva esclusa (pari a complessivi Euro 800,00.- Iva al 10% inclusa), come da preventivo conservati in atti, onnicomprensivo di tutte le

Di conseguenza, il termine di 120 giorni per la costituzione in mora decorre dalla data del ricevimento del certificato medico che attesta l'esito definitivo della lesione oppure,

- ingresso gratuito al Castello di San Giusto per organizzatori e atleti muniti di Green Pass nella giornata di sabato 16 ottobre 2021 dalle ore 10.00 alle ore 17.00 e nella

Per ogni ulteriore pagina (2.400 caratteri spazi inclusi) il costo è fissato a e15, 00. • Tabelle e grafici/immagini fino ad un massimo di 3 per articolo sono inclusi