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Heritage Marketing. Il caso del Museo Piaggio

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Academic year: 2021

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Sommario

DALLA SOCIETA’ MODERNA A QUELLA POSTMODERNA

:

IL NUOVO CONSUMATORE GUARDA AL PASSATO...1

1.HERITAGE MARKETING:

IL PUNTO D’INCONTRO TRA CULTURA E IMPRESA...4

1.1 HERITAGE MARKETING IN ITALIA...10

2.GLI STRUMENTI DELL’ HERITAGE MARKETING

………..12

2.1 IL MUSEO D’IMPRESA...13

2.2 COMUNICAZIONE HERITAGE...18

2.3 EVENTI HERITAGE...19

2.4 CREAZIONE DÌ NUOVI PRODOTTI E IL MERCHANDISING HERITAGE...21

3. IL PROGETTO CULTURALE PIAGGIO.

...33

4. INDAGINE PRESSO IL MUSEO PIAGGIO:

IL PROFILO DEL VISITATORE E LA PERCEZIONE DEL MUSEO...42

1. METODOLOGIA DELL’INDAGINE...42

2. I RISULTATI DELLA RICERCA QUANTITATIVA...48

2.1.IL SITO WEB...86

3. I RISULTATI DELLA RICERCA QUALITATIVA...87

4. CONCLUSIONI INDAGINE...92

5.

IL MUSEO PIAGGIO IN UN’OFFERTA DÌ TURISMO INTEGRATA...96

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6.

Indice degli Allegati

Indice delle immagini

Indice delle tabelle

Indice dei grafici

Bibliografia

Sitografia

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DALLA SOCIETA’ MODERNA A QUELLA POSTMODERNA:

IL NUOVO CONSUMATORE GUARDA AL PASSATO

.

Nell’attuale società Occidentale assistiamo a un importante invertimento di tendenza: il benessere raggiunto dalla maggior parte della popolazione ha allentato la dipendenza degli individui dalla necessità di sopravvivenza ed ha favorito lo sviluppo degli aspetti espressivi, simbolici e comunicativi dei loro atti di consumo, rispetto a quelli meramente legati alla soddisfazione dei bisogni primari, di conseguenza gli oggetti e le merci hanno subito un processo di de-materializzazione progressiva, arrivando ad un indebolimento della loro fisionomia e identità.

L’ epoca in cui avvengono tali mutamenti è detta “Ipermodernismo” ed è caratterizzata principalmente dai seguenti fattori:

-saturazione dell’offerta,

-mercati di largo consumo maturi, -iperscelta,

-elevata concorrenza tra imprese, -società frammentata a tutti i livelli.

Con l’avvento di questo nuovo modello di società osserviamo che le immagini prendono il posto delle parole, che la riflessività e la razionalità vengono sostituite dall’istinto e dall’immediatezza e l’immediata conseguenza di tutto ciò è la perdita del senso di autenticità: il consumatore non riesce a riconoscere ciò che è autentico e reale e si accontenta di ciò che sembra vero, di ciò che è nato come simulazione, diviene disincantato, mutevole, infedele ed eclettico. Attraverso gli atti di consumo attua un continuo processo di ridefinizione dell’identità personale e sociale: mescola prodotti di marca e anonimi, edonistici e salutisti, di lusso ed economici, tanto che potrebbe sembrare un caos di beni senza una linea guida, in realtà è riconoscibile una coerenza a livello individuale, i vari beni, come i pezzi di un puzzle, vanno a costruire tutti insieme la storia dell’individuo.

Questi cambiamenti segnano il definitivo abbandono della cultura modernista, che ha caratterizzato la nostra società dalla fine dell’ ‘800 fino al Dopoguerra e l’apertura a quella Postmoderna, che arriva fino ai giorni nostri, si passa così da una filosofia progressista e positivista ad un orientamento retrospettivo e nostalgico.

La nascita della cultura modernista si può collocare a metà Ottocento con l’avvento della Seconda Rivoluzione Industriale, che rivoluziona definitivamente il modo di produrre e i modelli di consumo, portando alla luce nuovi bisogni ed esigenze che i consumatori non sapevano di avere e soprattutto, che fino a quel momento, non potevano permettersi.

L’etimologia del termine “Moderno”,modus, significa appena, recentemente, adesso e ben rappresenta un’epoca dove domina la fiducia nel progresso e una visione progressiva del presente. In questo periodo emergono nuovi bisogni , perché inizia a crescere il livello generale di benessere, permettendo a più persone di accedere al consumo, i beni che un tempo potevano permettersi solo gli aristocratici o i borghesi ricchi, adesso sono anche alla portata della classe media, che, lavorando prevalentemente nell’industria e vivendo in città a stretto contatto con le classi più abbienti, iniziano a desiderare un salto sociale e pensano di ottenerlo imitandoli nei loro consumi e ciò è facilitato dal fatto che sul mercato possono trovare prodotti simili ai loro, grazie alla produzione in serie, che coniuga la produzione in grande scala con il design e prezzi modici.

Va detto che l’epoca moderna è successiva al protestantesimo, periodo in cui era diffusa l’idea che la salvezza eterna veniva assicurata a coloro che negavano i propri bisogni, quindi ,una volta che le persone hanno avuto la possibilità economica e psicologica di soddisfare i propri desideri, iniziano a cercare la propria realizzazione nel mondo terreno, tanto che arriva a diffondersi una vera e propria

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etica dell’autorealizzazione. Gli individui si convincono di poter raggiungere la felicità solo tramite i beni e il loro consumo, ne ottengono delle vere e proprie soddisfazioni psicologiche, soddisfazioni che ormai non vengono più trovate nel lavoro o nella quotidianità o in una società in cui i valori forti, che hanno segnato l’esistenza degli individui fino al Secondo Dopoguerra, iniziano a indebolirsi. Solo i beni riescono a colmare il diffuso senso di vuoto.

Un’immagine che ben rappresenta l’ ottimismo dilagante in questa epoca , è la Ferrari Rossa che sfreccia per le strade che sono state ricostruite: è l’emblema del sogno che si avvera, è l’immagine di un’ Italia positiva e positivista, che non vorrebbe mai tornare indietro, ma anzi ha molta fretta di andare avanti e lasciarsi alle spalle un passato di sofferenza.

In questo contesto il singolo che vuole integrarsi con la comunità, sentirà di appartenere agli altri individui solo se con gli abiti, gli accessori ed altri beni, riuscirà a costruire un’immagine di sé simile alla maggior parte delle persone, mentre un tempo riusciva in tale intento attraverso le relazioni umane, adesso è il rapporto tra le cose a dominare sulle persone.

Il valore attribuito all’esistenza di ciascun individuo cresce con l’esperienza personale e diretta delle cose, portando così ad una intensificazione dei consumi e ad una accelerazione delle variazioni sui contenuti.

Tuttavia questa smania di consumare e il bisogno di sentirsi accettato dagli altri, alla lunga porta alla crisi degli individui e alla definitiva rottura dei legami tradizionali, all’aumento del senso di insoddisfazione e di disistima e soprattutto al crescente bisogno di provare sentimenti e vivere emozioni che riportino i consumatori ad avere esperienza diretta di situazioni reali, cariche di valori che li arricchiscano non materialmente, ma a livello personale.

Questa tendenza si afferma sempre di più e caratterizza la società del postmodernismo, in cui la velocità ha segno “negativo” e valori e significati costruiti nel passato vengono demistificati e decostruiti. Gli individui sono alla ricerca di nuove direzioni e nuove prospettive, amano la semplicità, tanto da farne un nuovo stile di vita e ciò è riportato anche nel rapporto con i beni, quindi, anche se si trovano a dover effettuare una iperscelta in molti ambiti, provano a creare modelli di consumo originali, improntati al minimalismo, alla ricerca di ciò che è facile da usare e per cui non servono tecnologie complicate.

È inevitabile, così, la diffusione del Neotradizionalismo, si recuperano valori arcaici, come l’identificazione nel locale, un forte senso di religiosità, un sincretismo culturale, rivive l’archetipo del villaggio, di conseguenza sul mercato i consumatori valorizzeranno e premieranno ciò che è stato selezionato dall’evoluzione della storia e che ha resistito all’usura del tempo, perché costituiscono un punto fermo su piano psicologico, una sicurezza di cui si sente sempre più bisogno, quindi torneranno di attualità forme stilistiche, marche e prodotti che godono di un successo decennale, inoltre, dato che è difficile trovare delle novità vincenti, è meglio rivolgersi al passato, a ciò che è già noto e che sicuramente colpirà gli individui, perché coinvolgerà la loro memoria e i loro sentimenti.

Rispetto al periodo modernista gli individui riscoprono le relazioni con gli altri, i legami interpersonali, tanto che arrivano a formare delle vere e proprie “tribù”,coese al loro interno non da legami di parentela o sentimentali, ma dalla passione o di un’emozione, gruppi eterogenei, in quanto composti da soggetti che svolgono lavori diversi e che non appartengono alle stesse classi sociali, ma accumunati dall’amore verso un oggetto, un brand, un rituale di consumo.

Oltre ai fondamentali cambiamenti appena descritti, ce ne sono altri che contribuiscono a delineare la figura del nuovo consumatore:

-ricerca di uno “style”: il nuovo consumatore non è più alla ricerca di uno status, quindi non è più interessato all’ostentazione del valore economico del bene posseduto, bensì vuole beni che siano in grado di comunicare aspetti della propria personalità, come il suo gusto, il suo stile e la sua cultura. I

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beni adesso sono oggetto di un maggiore investimento affettivo, diventano un vero e proprio “oggetto di culto”.

-attenzione al servizio: il consumatore premierà le aziende che dimostrano di proteggere il suo tempo libero, fornendo servizi che facilitano il suo atto d’acquisto e di consumo. Talvolta il consumo si sostituisce anche al possesso stesso.

-preferenza per i prodotti “personalizzati”: ogni individuo preferisce avere prodotti “su misura”, che si adattano perfettamente alle sue caratteristiche e soprattutto che lo distinguono da tutti gli altri.

-sfruttamento della tecnologia : le tecnologie permettono sia di produrre beni in serie apportando variazioni istantanee sui prodotti, per personalizzarli il più possibile, senza rinunciare agli aspetti positivi della mass customization, sia di aprire il dialogo tra produttore e consumatore, facendo circolare liberamente le informazioni e le esigenze di entrambe le parti.

Si può concludere che i consumatori sono maturati, sono diventati consapevoli delle loro esigenze, sono determinati nel voler soddisfare i loro bisogni primari e non e i loro acquisti sono indirizzati verso beni di consumo eterogenei, ma coerenti con la sua storia personale e con la volontà di comunicare agli altri individui aspetti della sua personalità e nasconderne altri.

Di conseguenza le merci e le marche stanno sviluppando caratteristiche di sensibilità, tanto da subire una vera e propria personalizzazione, necessaria a instaurare delle relazioni con gli acquirenti, sia a livello materiale, stimolando tutti i sensi del corpo umano, sia a livello immateriale, coinvolgendo psicologicamente l’individuo nel mondo del prodotto e della marca.

Quindi cambiando i consumatori, i loro bisogni, i valori legati ai prodotti e le merci stesse è stato inevitabile che si sia modificato anche il marketing, il quale ha dovuto elaborare nuovi strumenti e nuove vie per arrivare ai consumatori e riuscire a colpirlo e convincerlo in un mondo caratterizzato da una moltitudine di messaggi commerciali e non.

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1.HERITAGE MARKETING:

IL PUNTO D’INCONTRO TRA CULTURA E IMPRESA.

Prima di affrontare i cambiamenti che subisce il marketing negli ultimi anni è necessario partire dalla sua definizione: ” il marketing si fonda sull’idea che ogni individuo abbia un insieme di bisogni e

desideri da appagare e che questi vengano soddisfatti da una varietà di prodotti e servizi.”1

Per rispondere a queste esigenze i dipartimenti marketing delle aziende lavorano per identificare i bisogni dei potenziali clienti per poi metterli in rapporto con i servizi e prodotti che potrebbero contribuire a soddisfarli.

Per capire il legame tra questi due concetti bisogna risalire alla visione dell’impresa e delle sue dinamiche che ricorreva durante la Rivoluzione Industriale, nel corso del XVIII secolo, quando la fiducia verso la modernità cresceva parallelamente al settore industriale, quando, come ho detto nel capitolo precedente, le persone erano molto positive e, tranne che per i due periodi luttuosi delle guerre mondiali, alla costante ricerca del nuovo. L’industria postbellica seguiva le aspirazioni e i bisogni dei nuovi consumatori, sempre più proiettati verso il più acceso consumismo: l’importante era comprare e usare il più velocemente possibile, per riacquistare altrettanto velocemente la novità, ma ben presto tutto ciò si muta in smania di compiere quel salto di classe tanto desiderato e soprattutto in ossessione di mostrare agli altri la ricchezza costruita, talvolta, arrivando anche a simularla pur di ottenere un riconoscimento sociale.

Si può sicuramente dire che mentre il benessere si diffonde ad ulteriori fette della popolazione, questa invece che essere entusiasta e felice, si sente insoddisfatta, stressata, insicura e man mano che le persone si rendono conto della situazione in cui si trovano, iniziano a desiderare un cambiamento, un ritorno a valori e sentimenti più semplici, legati ad una sfera intima e familiare.

Per soddisfare tale bisogno sono necessari nuovi generi di beni.

In tale contesto il marketing ha dovuto modificarsi per adattarsi a un sistema che è in profonda mutazione e caratterizzato da:

-contaminazione,

-messa in rete di beni e servizi, le cui connessioni sono più importanti dei prodotti stessi,

-relazioni tra gli individui che costituiscono dei veri e propri veicoli di conoscenza e hanno un peso fondamentale nell’ orientamento del gusto verso nuovi beni e bisogni,

-dal passaggio da mero consumo del prodotto a vera e propria esperienza, che coinvolge il vissuto degli individui che ne entrano in possesso. Il bene diventa portatore di simboli e significati, di valori individuali e collettivi e grazie a tali caratteristiche si instaura un rapporto relazionale fra individuo e bene-servizio.

      

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Il marketing, per rimanere al passo coi tempi, deve trasformarsi in una disciplina dialogante con l’individuo, per capire quali sono le necessità dei consumatori e le esperienze che desiderano vivere. Il marketing moderno si basa due postulati: è sbagliato ridurre il consumatore a pedina del mercato, il consumo è il risultato dell’interazione tra il consumatore e il mercato2.

Ormai è obsoleto pensare che il consumo abbia fini utilitaristici e che il consumatore sia un individuo razionale, adesso vengono concepiti come universi sensoriali dove coesistono tali aspetti con quelli irrazionali e istintivi. Coloro che si occupano di studiare il comportamento del consumatore hanno capito che un individuo, quando si trova a compiere una scelta, non segue solo la sua razionalità, anzi vengono implicati molti aspetti della sua personalità, in particolar modo quelli irrazionali, istintivi, passionali e risulta essere maggiormente soddisfatto quando l’atto del consumo lo coinvolge totalmente, stimolandolo fisicamente e intellettualmente. Come Michela Addis afferma nel suo libro il Marketing Esperienziale : “L’esperienza di consumo è un fatto personale di rilevanza emotiva che ha origine nell’interazione tra un individuo e un prodotto, un servizio, e comunque uno stimolo. Attraverso tale interazione il consumatore vive emozioni e immagini.”. Ecco allora perché il prodotto dell’azienda deve superare l’orizzonte del semplice consumo e ammantarsi di qualità esperienziali che vanno ad arricchire il vissuto delle persone, arrivando a creare un rapporto relazionale con l’ individuo, perdendo la sua valenza pragmatica e diventando portatore di simboli, significati, valori. Di conseguenza il marketing deve saper sfruttare la sua possibilità di avere un rapporto diretto di interscambio con i potenziali consumatori, affinché il consumo diventi espressione di necessità che provengono dall’esperienza e dall’osservazione della vita di ognuno.

Ormai è assodato che l’esperienza del consumo è personale ed ha una rilevanza emotiva e parte da uno stimolo che accende nell’individuo emozioni e immagini, tale stimolo può essere un bene o un servizio e, ancora come sostiene Michela Addis : “il consumatore vive immagini ed emozioni che possono fare riferimento a due situazioni: vissute e richiamate alla mente, o fantasiose, frutto dell’immaginazione degli individui.”. Nel primo caso l’esperienza che vive il consumatore assume un valore storico e spesso il riferimento simbolico che fa vivere tale esperienza può essere frutto di un’esperienza sociale. Quindi la forza evocativa del vissuto può essere individuale, ma anche collettiva e condivisa in quanto proviene dall’identità di un territorio, di una popolazione, di un gruppo sociale e spesso anche dalla stessa storia industriale.

È qui che prende corpo l’unione fra la necessità dell’impresa di nuove opportunità di dialogo con il consumatore e il serbatoio di simboli e significati che rappresenta il patrimonio storico, la sedimentazione dell’esperienza. L’heritage diventa allora un patrimonio enorme per l’azienda per soddisfare l’esigenza di nuovi linguaggi, nuovi contenuti, nuovi simboli, nuove evocatività ormai dispersi nella polvere del passato. Dunque, l’eredità storica di un brand diventa una delle fonti da cui le aziende attingono con l’obiettivo di adeguarsi alle nuove esigenze dei consumatori e conferire un       

2

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valore aggiunto ai prodotti stessi. Essi diventeranno non solo figli di una tecnologia o di un particolare design, ma anche di una storia aziendale, territoriale, umana, spesso affascinante, che li trasformerà da mero oggetto di consumo a bene portatore di fascino. L’azienda ha così la possibilità di utilizzare la propria storia per “ammantare” il prodotto e un brand della nobiltà di una esperienza pluriennale di ricerca e lavoro che funziona come garanzia di una sorta di anima, di valore simbolico, di senso. L’area aziendale che meglio riesce a unire l’esigenze dei consumatori con la volontà del produttore di offrire nuovi linguaggi e mostrare la propria storia è sicuramente il marketing, tanto che si parla sempre più spesso di “Heritage Marketing”, per intendere quell’insieme di studi, strategie, applicazioni, strumenti che offrono ai consumatori contenuti storici e culturali legati a contesti industriali.

Una delle definizioni più attuali e calzanti è quella formulata da Pavoni e Marani: “Per heritage si intende il patrimonio complesso costituito da tutto ciò che il passato ha trasmesso all’oggi e che definisce l’entità di un territorio, di una popolazione, di un gruppo sociale. Cibo ambiente, prodotti dell’uomo, emergenze architettoniche e naturali, feste, bagagli di conoscenze, storie, leggende, questo e altro ancora costituisce l’eredità che è arrivata a noi e che noi consideriamo rappresentativa del passato in cui ci riconosciamo.”.3

Applicare il marketing al concetto di heritage vuol dire utilizzare in chiave commerciale i patrimoni storici di una comunità, di una figura carismatica o di un’azienda, come se la storia fosse garanzia della qualità e dell’originalità del prodotto. Segni, simboli e allusioni hanno l’obiettivo di far rivivere al fruitore un’ esperienza storica nella fruizione di un bene e di un servizio, semplicemente richiamandone alla mente le atmosfere.

Fino a ben oltre la metà del Novecento, unire questi due concetti sarebbe sembrato un ossimoro: il marketing era visto come una nuova disciplina arrivata dall’America per capire e identificare i bisogni dei consumatori, arrivando a stravolgere la struttura verticale del rapporto impresa-consumatore che aveva caratterizzato il mercato fino a quel momento, mentre il patrimonio storico rappresentava un qualcosa da dimenticare, da superare, così come lo erano tutte le disgrazie del periodo bellico che avevano segnato irrimediabilmente la popolazione di quel periodo. Progetti, prototipi, prodotti, macchinari, strutture architettoniche del passato venivano cancellati, distrutti se non malamente archiviati. La fabbrica tendeva alla modernità e per raggiungerla era disposta a tutto4. Adesso, invece, il passato, la storia, diventano un patrimonio per le aziende, una fonte a cui attingere per creare nuovi linguaggi, nuovi contenuti, nuovi simboli e nuove evocatività.

      

3

 Marani e Pavoni,Musei. Trasformazioni di un'istituzione dall'età moderna al contemporaneo, L’Heritage boom, 2006

4

In merito a ciò è esemplificativo il video industriale di Luciano Emmer, Pianeta Acciaio, uno spaccato sulla cultura industriale della fine degli Anni Cinquanta. Un video che può considerarsi un manifesto dell’industrializzazione e delle enorme aspettative che creò all’epoca. Sceneggiato da Dino Buzzati, veniva proiettato nelle sale cinematografiche prima dei film, per diffondere e formare una certa idea di progresso.

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Questo bagaglio, questa eredità è importante per dare un valore aggiunto al prodotto, per nobilitarlo, è la garanzia di una sorta di anima, di valore e di senso.

L’azienda punta su questi prodotti, perché coniugando storia e tradizione con tecnologia e design all’avanguardia, riescono a evocare ricordi, toccare l’emotività dei potenziali acquirenti, senza per questo risultare ripetitivi grazie alle conoscenze tecniche acquisite negli anni. Per tali caratteristiche il prodotto risulta essere un vero e proprio portatore di fascino.

Per esempio, sarà capitato a chi possiede una Vespa Piaggio, anche solo per un attimo, di ripensare a qualche momento della sua gioventù o di sentirsi come uno dei tanti famosi attori che hanno cavalcato il celebre scooter, coinvolto da tali sensazioni si sentirà soddisfatto e orgoglioso di possedere un prodotto che con il tempo è diventato per molti un oggetto di culto.

La possibilità di recuperare i patrimoni storici aziendali è stata offerta da alcuni imprenditori, soprattutto di prima generazione, che in maniera lungimirante hanno salvato gli archivi di prodotti e progetti, non tanto per fini produttivi, ma per lo più per conservare e salvare parte della loro storia, mossi da nostalgia, dall’identificazione tra la storia dell’azienda e la propria personale esperienza. Grazie a queste iniziative personali, oggi, molte aziende, possono vantare un ricco archivio a cui attingere per riproporre prodotti che hanno avuto un grande successo o rifarsi a messaggi pubblicitari che hanno segnato il costume di generazioni.

È giusto chiedersi se l’iniziativa di connotare le produzioni industriali di valori e contenuti che rimandino ad un passato comune a tutti i potenziali acquirenti, sia solo un’operazione di marketing o abbia anche una qualche valenza culturale. In molti credono che sia assolutamente presente tale componente, perché con il prodotto vengono offerti contenuti che incrementano il bagaglio di conoscenze o anche solo di esperienze dei consumatori, tanto che dagli anni Ottanta inizia a diffondersi il concetto di “cultura d’impresa” e per capire bene di cosa si tratta bisogna partire col dare un giusto e completo significato al termine “cultura”.

La definizione della parola cultura può avere sfumature molto diverse tra loro, nel senso più comune significa conoscenza,erudizione, nel significato antropologico è l’insieme di usi e costumi di una collettività e i relativi modi di pensare, in quello sociologico è sinonimo della visione del mondo e della vita, è inoltre il mezzo di espressione con cui un’istituzione decide di trasmettere un contenuto alla società. Da un punto di vista economico si riferisce al saper fare finalizzato a uno scopo, a un’attività che permette di esplicitare la creatività dell’uomo nell’ambito della tecnica.

Quindi, quando si associa il termine cultura a impresa, non si vuole solo indicare la cultura materiale di una società in un determinato periodo, ma l’insieme delle riflessioni e dei significati intorno all’uomo che un’organizzazione economica proietta nella società attraverso la produzione e la vendita dei beni. Le collezioni dei prodotti, i disegni dei centri di progettazione, i documenti delle imprese conservati nel tempo rappresentano la viva testimonianza di un saper fare e si caricano di valenze culturali nel momento in cui l’impresa ne valorizza il contenuto collocandoli in musei e archivi, con la

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promozione della conoscenza verso il pubblico e con la costante interazione di questi centri con l’impresa stessa.

Si pensi per esempio all’uso del marketing tribale nel Museo Ducati, alla ricchezza per la storia del design industriale conservata al Kartell Museo, al patrimonio creativo del Museo Ferragamo: sono imprese che consapevoli del proprio peso culturale scommettono sul passato per competere nel futuro. Ovviamente c’è ancora molto da esplorare sullo stretto intreccio di desiderio, bisogno, funzionalità estetica e memoria che ci lega agli oggetti, alle cose che fanno parte della nostra vita, anche al di là del possesso diretto. Basti pensare al ruolo della dimensione visiva quando si usano mezzi audiovisivi, i settimanali e la pubblicità con immagini e suggestioni che hanno segnato le nostre esistenze, permeando l’immaginario e diventando momenti di comunicazione condivisi.

Proporre agli imprenditori di investire significativamente sulla memoria storica non sarebbe credibile durante una crisi economica, è invece maggiormente realizzabile un percorso che punti a creare e a diffondere metodi, sensibilità, appartenenza, formati di conservazione e di trasmissione del patrimonio conoscitivo racchiuso in ogni azienda storica, in sintesi, non si tratta di spendere soldi, ma di impiegare energie in nuove strategie di consolidamento e di crescita, l’imprenditore dovrà dare ascolto anche alla sua parte emotiva, alla memoria e alla cultura, oltre che alla razionalità.

E’ necessario determinare le condizioni per le quali possa crescere in azienda un reale interesse nei confronti della propria memoria storica, un riconoscimento di se stessa come oggetto di studio, ma anche come soggetto della storia, partecipe dei processi di cambiamento e della riconoscibilità dei luoghi che appartengono alla memoria collettiva.

A tal fine, sembra mettersi in moto, nonostante i tempi difficili, un doppio fronte: quello interno all’ industria e quello che mette in relazione il momento produttivo all’interesse generale della collettività. È necessaria una progettualità convincente, capace di comunicare emozioni, di coinvolgere i protagonisti in obiettivi praticabili ma al tempo stesso interessanti e motivanti.

Non si tratta tanto di generare una consapevolezza storico-culturale nell’imprenditore o magari nella nuova proprietà di un’azienda di famiglia, quanto piuttosto di far lavorare insieme diverse visioni del passato e dei suoi rapporti con il presente.

Far uscire dall’oblio dei depositi e degli scatoloni le tessere che compongono il mosaico identitario dell’azienda significa:

‐ Ricostruire tappe e protagonisti del processo di produzione e dei prodotti; ‐ Conoscere le reti di relazioni che legano ogni impresa al territorio;

‐ Collegare le scelte aziendali al contesto generale del periodo e delle fasi di sviluppo dei diversi settori di attività;

‐ Evidenziare eventualmente la leadership dei momenti in cui l’azienda ha assunto un ruolo innovativo nel suo settore e di maggiore competitività;

‐ Tracciare i profili di competenze delle risorse e il loro evolversi in relazione alla domanda di nuovo know how e all’offerta del mercato di lavoro.

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‐ Inserire a pieno titolo nel knowledge di ogni azienda le carte d’identità di una storia che è quella e non altro.

Questi sono solo alcuni possibili obiettivi su cui orientare interventi che rispondano, da una parte, a finalità coerenti dell’imprenditore e del management e,dall’altra, alla missione professionale di storici, archivisti e conservatori museali e organizzativi di cultura generale. E’ un terreno comune che non costringe a modificare la fisionomia di ciascuno, ma crea invece le basi per la comprensione fra linguaggi e finalità che useranno la tutela e la valorizzazione per fini diversi e coerenti: memoria, storia, marketing e comunicazione, competitività.

Tutti questi e altri contenuti vanno ad arricchire il marchio nella sua componente valoriale, impalpabile ma sempre più rilevante nell’economia dell’immateriale; esso si esprime attraverso la fisicità del prodotto, il packaging, la pubblicità. Come nella vita reale e nella storia, le diverse dimensioni della vita si intrecciano, così solo il mosaico delle testimonianze, materiali e immateriali, può riconsegnarci un quadro altrettanto ricco della trama di relazioni, restituendo all’impresa la sua profondità piuttosto che l’immagine appiattita sul presente, l’insieme dei documenti dà corpo e movimento all’immagine fissa del marchio, che diventa sintesi di un processo di produzione che si ed è raccontato attraverso riferimenti geografici, temporali, tematici, lessicali.

In questo modo con la storia fluisce fuori dalle mura dell’azienda attraverso il suo brand e i prodotti arrivando direttamente ai consumatori, che l’acquisiscono, la reinterpretano e l’arricchiscono secondo il proprio vissuto.

Tutto questo è cultura: dentro l’impresa, prodotta dall’impresa e fonte a sua volta di cultura e di idee per l’intera collettività; riconoscerla come parte del patrimonio di tutti ed assumerla volontariamente ad integrazione della sua visione strategica, può costituire un tassello di quella responsabilità sociale che è sempre più richiesta alle imprese che vogliono imprimere un’impronta indelebile nel nuovo millennio.

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1.1 HERITAGE MARKETING IN ITALIA

La cultura d’impresa in Italia ha faticato ad emergere, la sua valorizzazione, seppur parziale, è avvenuto in ritardo rispetto ad altre nazioni. La ricchezza del patrimonio artistico italiano ha funzionato da freno nel riconoscimento di valore degli oggetti industriali, faticando a includere nel concetto di arte o di cultura manufatti e strumenti di lavoro. La visione italiana dell’arte e del capolavoro ha spinto gli imprenditori a vivere quasi con senso di colpa ogni attribuzione di significato e di valore alla propria storia aziendale, ai propri prodotti.

A questo si aggiunge una generale non curanza dei patrimoni aziendali, che è perdurata fino agli anni del boom economico del paese, da qui in poi si è iniziato a costituire i primi archivi di impresa, realizzati dalle grandi aziende dell’epoca spesso più per testimoniare una storia di successo che per strategie di marketing. Prima di allora si fa fatica a rintracciare un qualsivoglia utilizzo heritage del patrimonio aziendale, sebbene i video comunicativi delle aziende esistono già dai primi del Novecento: il primo film di cui si conserva memoria è stato girato nel 1909, nelle officine Fiat di Torino, un video promozionale.

Come afferma Antonio Calabrò nell’introduzione del volume Turismo industriale in Italia “L’Italia molto attenta a storia, letteratura, diritto e politica, ha meno e male masticato economia e scienza. Paese conservatore, ha rivelato una costante difficoltà a confrontarsi con i temi dell’industria avanzata, dalla trasformazione economica al riformismo, dalle sfide del mercato alla formazione di una classe dirigente aperta e internazionale. E così ha vissuto una lacerante contraddizione tra i tempi e le culture di un vecchio modo di intendere la politica e la società, e le nuove spinte culturali dell’economia e della società.”5.Quindi con ritardo anche il nostro paese ha avviato un lento percorso di valorizzazione della conservazione dei patrimoni storici aziendali. La cultura industriale inizia ad essere rivalutata solo quando entra a far parte della cultura italiana, che rappresenta uno dei più importanti segni distintivi della nostra nazione nei confronti del mondo. Inizia quindi a farsi strada il concetto che l’azienda privata, seppur finalizzata principalmente alla creazione di un utile economico, agendo ha lasciato, spesso inconsapevolmente, delle tracce che sono diventate parte della memoria collettiva culturale. Un’ eredita che presto ha varcato i confini italiani, i cui segni tangibili si sono trasformati in prodotti e marchi riconosciuti e riconoscibili in tutto il mondo. I nostri brand più famosi diventano con i loro prodotti ambasciatori nel mondo del MADE IN ITALY, un marchio che ci connota come la nostra arte o la cucina.

In Italia si assiste da una parte ad un esercizio di conservazione del patrimonio dell’impresa e dall’altra ad un tentativo di utilizzo in chiave di marketing e di comunicazione di questo patrimonio. Il secondo aspetto, quello più interessante, ha visto la sua nascita in Italia a partire dagli anni Ottanta, quando iniziano a proliferare archivi e musei d’impresa.

      

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La presenza massiccia di queste nuove realtà museali testimonia concretamente la possibilità offerta dall’utilizzo strategico del patrimonio aziendale. Questa esigenza coincide con l’avvento delle strategie di branding e quindi con il maggiore interesse degli imprenditori nel valore intrinseco del marchio indipendentemente dal prodotto stesso. Il Marchio diventa portatore di una storia, una tradizione produttiva, creativa, se non della personalità di un’azienda e assume un ruolo così forte da connotare anche il territorio fisico e sociale a cui appartiene.

In linea con la storia economica italiana, la maggioranza degli archivi e dei musei d’impresa si trova nel nord del paese e nel centro, mentre sono esigue le presenze nel sud.

L’approccio museale in Italia è di stampo anglosassone, vi è una maggiore attenzione per la narrazione di una storia, per la sua contestualizzazione, che spesso ha per protagonisti l’impresa e la comunità che rappresenta, piuttosto che per la sacralizzazione dell’oggetto tipico di molti musei europei.

Il focus è sulla storia dell’impresa e sulle sue capacità di aderenza al territorio, sugli oggetti che la raccontano. La modalità è quella partecipativa, il visitatore è coinvolto, è parte attiva della visita, in quanto la storia che viene raccontata ed esposta fa parta del suo tessuto sociale, del suo background. Più l’ambiente è coinvolgente più agisce nel fruitore un crescendo di gratificazioni visive ed esperienziali che di fatto costruiscono un approccio identificativo con esso. Il museo vuole suscitare nel visitatore risonanza o meraviglia, spingendolo lungo un percorso narrativo, spostandolo da un oggetto all’altro e a volte bloccandolo davanti ad ognuno, valorizzato nella sua unicità6.

A testimonianza di come la presenza di musei e archivi aziendali sia una realtà consistente in Italia, ci sono alcune associazioni che si occupano di conservare e valorizzare la cultura industriale. La più importante è Museimpresa, che raggruppa una buona parte dei musei e archivi italiani, è nata nel 2001, sita a Milano e rappresenta un punto fermo nella cultura heritage in Italia. È questa Associazione che si occupa di pubblicare la guida Turismo Industriale in Italia in collaborazione con il Touring Club Italiano e di organizzare la Settimana della cultura d’impresa promossa da Confindustria.

      

6

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2.GLI STRUMENTI DELL’ HERITAGE MARKETING

Un’ azienda che decide di riscoprire la propria storia e di metterla a disposizione di tutti e soprattutto di riutilizzarla in fase di ideazione prodotti e di comunicazione, deve collaborare e rispondere a standard fissati da archivi storici, musei, istituti di conservazione e rispettare obblighi intrinseci al ruolo che ha deciso di assumere.

Ovviamente per ottenere larghi consensi non sarà sufficiente fissare obiettivi ambiziosi e complessivi, bensì sarà necessario delineare progetti in cui siano definiti fasi, tempi, costi nel loro complesso e nelle singole tappe, ognuna delle quali dovrà assicurare risultati certi, misurabili e prosecuzione del progetto.

Queste tappe sono:

‐ Definizione di strategie coerenti di comunicazione e di un insieme integrato di mezzi; ‐ Descrizione di fondi e c

‐ Collezioni; ‐ Raccolte digitali; ‐ Pubblicazioni;

‐ Prodotti multimediali on-line e off-line; ‐ Percorsi espositivi documentati e replicabili; ‐ Allestimenti itineranti.

I tempi della cultura e della ricerca sono diversi dai tempi di produzione ma, partendo da questa consapevolezza, ci si può venire incontro trovando nel “joint planning” valutazioni condivise. Se le decisioni relative al patrimonio storico riguardano anche gli assetti organizzativi e le relative strutture, oltre che alla direzione marketing e/o comunicazione e marketing, ogni proposta che riguarda la memoria troverà un filtro nella valutazioni di manager con una formazione ben definita e una scala di priorità stringenti, in cui il passato fa fatica ad inserirsi. Nel caso di aziende di famiglia, il proprietario o i suoi eredi sono direttamente coinvolti nella storia, ma questo comporta anche un ambito di soggettività e memorie personali che può diventare un valore solo a patto che si accetti di distaccarsene attraverso le fonti, facendo di ogni memoria uno strumento di conoscenza.

Vediamo quali sono i principali strumenti di heritage di marketing che vengono applicati ai patrimoni storici industriali. L’intenzione è quella di indicare i modi più efficaci che possiede un imprenditore per valorizzare un marchio storico, la cui esistenza ed evoluzione nel tempo è documentata da segni tangibili, da testimonianze.

Lo strumento che molte imprese adottano per iniziare un progetto di heritage marketing è la costituzione di un archivio storico che raccolga, schematizzi, e renda fruibile il patrimonio dell’impresa. L’archivio, una volta strutturato, è il bacino nel quale ricercare e prelevare i materiali da utilizzare per un’azione di heritage marketing.

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Per sottolineare l’utilità dell’archivio storico si è espresso il Responsabile della Fondazione Piaggio Tommaso Fanfani “conservare la propria memoria non significa ricercare ricette per il futuro, ma

significa accumulare un patrimonio di idee, di esperienze, un contenitore di testimonianze che arricchisce il valore aggiunto dell’azienda stessa, la aiuta ad essere protagonista nel presente. Un’impresa che ha alle sue spalle anni, decenni o secoli di storia, è un’impresa con un’immagine consolidata e la sua storia è il lasciapassare di credibilità sul mercato. Per queste ragioni l’archivio storico va considerato una sorgente di valore per la produzione di un’azienda e per la sua collocazione sul mercato.”7.

Dunque l’archivio d’impresa è ciò da cui partire quando si vuole utilizzare il proprio patrimonio storico. Ma l’archivio non è propriamente o unicamente uno strumento diretto di heritage marketing. Infatti spesso viene costituito non solo per fini strategici, ma anche per fini di ricerca didattica, accademica, quindi per motivazioni culturali e non solo economiche. Motivazioni culturali che, superando gli interessi dell’impresa, si trasformano in opportunità per la comunità, che può trovare uno nuovo sguardo sulla propria storia. Per questi motivi l’archivio di impresa non è un vero e proprio strumento di marketing diretto per l’azienda.

Vediamo nel dettaglio gli strumenti di heritage marketing diretti: -museo aziendale

-comunicazione -eventi

-prodotti/merchandising

2.1 IL MUSEO D’IMPRESA

Vediamo nel dettaglio il museo d’impresa, partendo dalla definizione di museo che ne da l’art 101 del Codice dei beni culturali e del paesaggio: “ una struttura permanente che acquisisce, conserva, ordina

ed espone beni culturali per finalità di studio e di educazione.”.8

La funzione base di un museo è quella di conservare una collezione sotto il profilo spaziale e temporale. Conservare significa garantire una collocazione stabile alle opere e ridurre al minimo i danni, per mantenere la loro integrità materiale. Il museo acquista significato in quanto illustra un interesse culturale condiviso, autentico e il suo valore di testimonianza è destinato a crescere o,almeno, a permanere nel tempo. La maggior parte dei musei colleziona beni scegliendo quasi esclusivamente tra gli oggetti del passato, solitamente vi è estrema difficoltà ad accogliere la contemporaneità, perché molti musei non riescono ad individuare quali siano le proprie funzioni quando queste esulano dal rapporto col passato. Laddove vi è una storia aziendale sedimentata ed una sensibilità a questi temi da parte dell’imprenditore, il museo aziendale può diventare uno strumento vivo, con una funzione e un valore economico utile all’azienda ed agli scopi che persegue.

      

7

Dall’intervista rilasciata a Marco Montemaggie Fabio Severino in Hritage Marketing, Franco Angeli 2007

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Il museo aziendale, pur nascendo con la finalità di raccontare la propria memoria storica, è per sua natura in grado di mostrare una continuità con il presente, altrimenti rischia di fallire il processo di identificazione degli stakeholder nei prodotti e nel brand. Quindi, a tutti gli effetti, deve essere considerato museo, anche se sui generis. Contaminandosi con il mondo aziendale, esso diviene una struttura con motivazioni e funzioni proprie, parzialmente coincidenti con quelle del museo classico, di stampo storico o artistico.

Il museo d’impresa è un elemento di marketing diretto, che non può prescindere da un archivio organizzato che rappresenta il serbatoio da cui partire; il luogo espositivo nasce però come spazio di condivisione pubblica, strutturato nell’ambito di una politica di comunicazione e marketing dell’ azienda. Ed è proprio questo aspetto di condivisione e comunicazione che lo differenzia dall’archivio d’impresa. Il museo offre una molteplicità di usi al servizio d’impresa.

Sono molte le motivazioni che spingono alla sua creazione, ovviamente la principale è l’azione di branding, finalizzata a rafforzare a il proprio marchio, legandolo ad immagini e simboli che fanno parte della propria storia, ciò viene fatto in maniera leggermente diversa se l’azienda è di tipo familiare o non. Nel caso in cui l’azienda sia a conduzione familiare l’obiettivo sarà valorizzare il marchio ideato dall’imprenditore o da un suo antenato e celebrare la storia della sua famiglia. La funzione del museo in questo caso è quella di mostrare una storia di eccellenza legata ad un marchio e alla competenza degli uomini che ne hanno fatto la storia, creando la magia che sta alla base del successo dell’azienda. Più il nome riuscirà a mostrare la forza dell’unione tra brand e storia, quanto più lo strumento museo sarà utile all’azienda in qualità di portatore di una testimonianza vincente di qualità e originalità che nonostante appartenga al passato, guarda al futuro. Un esempio è il museo Ferragamo di Firenze, recentemente rinnovato. Il museo, situato all’interno del Palazzo nobile della famiglia, ospita, oltre alle sale espositive e il cuore amministrativo dell’impresa, uno store monomarca. La struttura sorge nel centro di Firenze, proprio per simboleggiare l’unione del successo commerciale del marchio con la storia del suo fondatore. Nel caso, invece, di aziende che non hanno una particolare identità legata ad una famiglia o comunque non ne è il suo carattere distintivo, il museo verrà considerato in una strategia di marketing più ampia, come strumento che interagisce con diverse funzioni aziendali, in un’ottica di “corpus” aziendale. Un’attitudine che è alla base di decisioni aziendali in grado di determinare un investimento per dar vita ad un museo, anche togliendo liquidità a interventi strutturali pur importanti. L’obiettivo primario sarà rilanciare l’immagine storica dell’azienda, perché si trova in un momento di crisi o perché si sente la necessità di aumentare la sua notorietà. L’atteggiamento dell’imprenditore nei confronti di questa struttura deve essere fortemente motivato, in quanto sono necessari elevati investimenti e per facilitare il lavoro di chi dovrà occuparsene. Se venisse a mancare questa valutazione, il concetto stesso di heritage marketing e di museo aziendale si svuoterebbero di senso, condannandosi ad una rapida estinzione. Questi due aspetti non sono necessariamente contrastanti, né si escludono tra di loro, al contrario convivono sovente

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nell’imprenditore che decide di avviare un progetto di heritage marketing. La fiducia dell’imprenditore è molto importante per iniziare e portare a compimento il progetto.

LE FUNZIONI DÌ UN MUSEO AZIENDALE9

Si possono contare 4 funzioni principali che un museo aziendale dovrebbe avere e che giustificano la sua istituzione ei relativi investimenti:

• Funzione display: rappresentazione verso terzi della storia dell’azienda. Essa determina la collocazione, in chiave strategica, del museo d’impresa, posto nel cuore dell’azienda o in luogo di forte impatto visivo, in grado di accogliere e coinvolgere le persone. In tutte le realtà museali è sempre presente la volontà di rappresentare in maniera dinamica l’impresa, immergere il visitatore in un mondo nuovo, felice straniamento dalla vita che viene lasciata fuori dal cancello dell’azienda. La struttura museale deve essere in qualche modo sempre riferibile all’azienda, tendenzialmente all’interno dei suoi confini fisici, questo per far sentire chiunque entri parte di un mondo e di una storia. Questa funzione ha anche l’effetto di connotare i suoi appartenenti, rendere più corporate le stesse persone che lavorano per un determinato marchio.

• Funzione storico-istituzionale: fissare, istituzionalizzare, la storia dell’azienda. Una storia che può essere quella del prodotto, del suo fondatore, della famiglia, del territorio,in cui la

struttura è immersa oppure dell’intrecciarsi di tutte queste cose insieme .Il museo delinea e rappresenta i capitoli salienti della sua storia, offrendo una struttura certa in grado di

sintetizzare per tappe l’evoluzione del marchio. Questa funzione si rivela importante anche per le attività di formazione ed informazione interna all’impresa. Il museo, dunque, è una struttura formativa ed informativa, in grado di creare uno scambio culturale per i dipendenti

dell’azienda in modo trasversale ai differenti ruoli.

• Funzione digestiva: attività che lo staff del museo deve compiere per portare alla luce i contenuti espositivi che selezionerà, digitalizzerà, archivierà per metterli a disposizione, rendendoli di nuovo vivi. La struttura del museo ricerca, salva e riutilizza in “nuova energia” la storia dell’azienda. Senza tale intervento questa storia non esisterebbe, poiché non sarebbe utilizzabile. Quindi la terza funzione è un vero e proprio servizio rivolto all’azienda.

• Funzione identificativa: Il museo è utilizzato per rappresentare l’azienda in una serie di ambiti istituzionali, culturali e territoriali. In questa prospettiva, esso compie un’azione di pubbliche relazioni, virtuosa per la stessa azienda. In alcuni casi, la struttura museale può porsi all’interno di reti relazionali, ancora più facilmente della stessa azienda. Nell’esercitare questa funzione, il museo diventa lo strumento che permette all’azienda un’azione di raccordo culturale e sociale con il territorio circostante e i diversi soggetti istituzionali, politici, economici. Il museo fa sistema, compie un’azione di net-working: attraverso un’istituzione       

9

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culturale, l’azienda accede a contatti, rapporti politici, ad azioni di marketing, etc. La funzione Identificativa dei musei d’impresa, inoltre, non esclude quella di essere testimonial di marchi che rappresentano positivamente l’Italia nel mondo, dando a questi luoghi una notorietà internazionale. I musei d’impresa diventano quindi un medium fra il Locale , dove svolgono una funzione di conservazione e testimonianza, e il Globale, dove raccontano l’eccellenza e la qualità di un marchio. Una dialettica che, in un periodo di low cost/low quality della produzione internazionale, non è da sottovalutare nella promozione internazionale dell’Italia.

Quindi il museo d’impresa con l’imprenditore che lo ha ideato e progettato con il suo staff svolge contemporaneamente una mediazione istituzionale, in qualità di riferimento culturale connotato dall’azienda e pubbliche relazioni, per la struttura economica a cui fa riferimento a seconda di chi sono gli interlocutori del museo e quali sono le forme assunte dalle istituzioni che intervengono nell’istituzioni del museo stesso, è possibile individuare alcuni casi frequenti:

• Museo-museo: tutto il museo può relazionarsi con altri musei d’impresa e non, che trattano tematiche simili o complementari. Con essi il museo può impostare azioni culturali comuni, per esempio la realizzazione di una mostra e di un volume. Talvolta questi rapporti di collaborazione possono portare a relazioni più strutturate nel tempo, promuovendo un rapporto tra aziende che sconfina in cooperazioni più ampie.

• Museo-associazioni: questo caso si verifica quando il museo d’impresa entra all’interno di associazioni culturali che raggruppano, attraverso temi condivisi, soggetti di natura e obiettivi simili. In questo modo il museo può dare luogo a legami fruttuosi con altre istituzioni simili e inoltre fare “lobbyng” per promuovere interessi comuni. La mediazione compiuta dai musei in questo caso riguarda la possibilità di assumere, attraverso l’unione con più soggetti, maggiore visibilità e peso nel dialogo con le istituzioni pubbliche e private,locali e nazionali.

• Museo - territorio: il museo d’impresa può assumere un ruolo importante per valorizzare il territorio a cui appartiene, in pratica si possono creare dei veri e propri net-work di musei, attraverso cui compiere attività legate al marketing territoriale. Si pensi al progetto Terra di Motori-Motor Valley, che mira a creare un turismo di tipo tematico legato alla motoristica. Non è un caso che alcuni musei d’impresa abbiano cominciato a rivestire un ruolo nel panorama turistico italiano, infatti molte aziende riescono ad attirare l’interesse dei visitatori che trovano nel museo il luogo di vicinanza al mito rappresentato da una macchina, da un oggetto di design o da un vestito. Basandosi sui dati del 200710, si nota che i dati di affluenza verso queste strutture stanno diventando veramente interessanti da un punto di vista turistico:

      

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Galleria Ferrari 204.406

Museo Ducati 50.000

Fondazione Piaggio 28.000

Museo Ferragamo 16.500

Questi sono alcuni esempi che dimostrano che ormai questi tipi di musei raggiungono dati di affluenza di paragonabili a quelli dei siti museali tradizionali. Tutto ciò è interessante perché questo tipo di strutture sono basate quasi esclusivamente su iniziative private. Non a caso la casa editrice Touring Club pubblica la Guida al Turismo Industriale in Italia. In alcune regioni come l’Emilia Romagna e la Lombardia ricche di siti industriali, si sono creati dei veri e propri network territoriali che mirano alla diversificazione dell’offerta turistica, anche attraverso la rete dei musei d’impresa presenti in una regione o in una particolare zona del territorio italiano. La creazione di queste reti ovviamente non è finalizzata all’attrazione di visitatori verso un solo museo, ma creare un territorio tematico che trasformi un luogo in un Marchio per il turista interessato a quel particolare tema. In questi casi l’ente pubblico ottimizza il contributo dei musei privati in termini di ricadute turistiche d’indotto sul territorio cercando di migliorare, anche a beneficio del privato , i servizi accessori al museo come la logistica, le indicazioni stradali, i materiali informativi, etc.

Questo tipo di offerta presenta tre diversi aspetti importanti in relazione al turismo più tradizionale: -Non cannibalizza il target degli altri turismi: si basa su nicchie di appassionati, tribù, verso un marchio o un prodotto. Anzi può diventare complementare agli altri.

-De-localizza : questo tipo di turismo è legato a luoghi che spesso non presentano una vera vocazione turistica.

-De-stagionalizzazione rispetto ai turismi tradizionali, come quello costiero

Il museo d’impresa svolge un ruolo fondamentale nella comunicazione e nell’esportazione del Made in Italy. Grazie all’attività di imprenditori ed enti che sono riusciti a conservare, proteggere, restaurare e mettere in mostra testimonianze del patrimonio storico delle loro aziende, dato che negli anni in Italia si è preferito valorizzare, esporre ed esportare il nostro patrimonio artistico e culturale, di cui andiamo giustamente orgogliosi e che tutto il mondo viene a visitare. Probabilmente il non catalogare la produzione dell'industria italiana all’interno della categoria “patrimonio culturale, è dovuto al suo aspetto prevalentemente industriale e ciò ha comportato che venisse considerata alla stregua di un bene archeologico o artistico, come testimonianza della cultura e della creatività di un popolo e di un territorio. Grazie ai musei d’impresa e alle fondazioni che li rappresentano il Made in Italy viene finalmente individuato non solo nella sua dimensione economica e di motore dell’export italiano, ma nella sua dimensione di processo industriale e culturale, seriale ma creativo, universale ma anche intimamente legato alla storia ed alle tradizioni di un territorio. Un fenomeno quindi degno di essere messo in mostra alla pari di un quadro dipinto da Raffaello o una scultura di Michelangelo.

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2.2 COMUNICAZIONE HERITAGE

Oltre al museo e all’archivio, un altro strumento di heritage marketing interessante è la comunicazione. Negli ultimi dieci anni, gli uffici di comunicazioni o pubbliche relazioni aziendali, stanno sempre più utilizzando immagini, video, marchi, layout, caratteri, grafica, appartenenti alla storia dell’impresa, alla cultura heritage.

Con ognuno degli strumenti utilizzati è possibile adottare una strategia heritage per comunicare con i clienti. Uno dei problemi che caratterizza l’offerta delle aziende è una comunicazione spesso omologata e indiscriminata, che si rivolge a tutti con una moltitudine di messaggi che non trasmettono valori o che non scatenano nel consumatore emozioni, l’heritage marketing ha portato una soluzione a tale questione. Molte aziende, infatti, cercano di fare una campagna che riesca a distinguersi dal mare magnum mediatico, in modo che il proprio prodotto venga percepito come unico e l’azienda possa distinguersi da tutte le altre, posizionandosi in modo inequivocabile nella mente dei consumatori e connettendosi in modo indissolubile con la collettività. L’heritage può enfatizzare quella parte di verità del prodotto, di radicamento che scaturisce dalla sedimentazione di un marchio.

Il patrimonio storico viene filtrato in base alle strategie necessarie al prodotto e al tempo in cui viene promosso, sottolinenandone gli aspetti di attualità condivisibili nel presente.

Le più comuni attività di comunicazione e di impresa sono: • Eventi fieristici

• Comunicazione istituzionale • Advertising

• Sponsorizzazioni

• Attività dell’ufficio stampa

L’utilizzo degli oggetti o della comunicazione heritage non fa che aumentare l’impatto emotivo del marchio sull’immaginario del fruitore. In queste occasioni verranno rievocati i simboli di vittoria, di tecnologia, di creatività ed eccellenza produttiva, o i successi commerciali diventati parte di una memoria collettiva. Spetta quindi anche alla comunicazione heritage far sentire distratto il visitatore all’interno di un mondo che ha una sua autenticità, una sua identità fornitagli dalla testimonianza di un passato significativo.

Rispondendo a queste sollecitazioni, e assommandosi ai criteri di bellezza, comodità, giusta luminosità, lo stand di una fiera diventa una piattaforma identificativa, capace di mobilitare l’attenzione anche in contesti affollati e tendenzialmente omologanti, cessando di essere un semplice contenitore di prodotti.

Lo stesso principio è valido nella costruzione di una corporate identity di un brand in cui si vuole evocare il fascino di un momento passato o semplicemente di una particolare grafica, adottata in un periodo attraverso il sito, materiale cartaceo, la visiting card, la colorazione dello stabilimento e degli uffici, fino al packaging dei prodotti e all’abbigliamento del personale.

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In Italia è il settore dell’advertising quello che da sempre ha più attinto dal patrimonio storico.

In molte occasioni l’immagine che emerge dall’ufficio grafico di un’azienda, è costruita utilizzando dei richiami del passato che sottolineano il legame dell’oggetto in vendita con un prodotto che fu glorioso. Il fine è quello di sollecitare i riferimenti a una serie di valori tradizionali che si ritengono utili nel messaggio che si vuole lanciare per vendere un prodotto. Con il tempo le aziende si sono accorte dell’importanza della connotazione storica data ai propri prodotti, tanto da arrivare, in alcuni casi, ad inventare un passato heritage, come è avvenuto per Barilla che si è inventata una storia aziendale non vera e in particolare è stato fatto per la linea del Mulino Bianco che, inventando l’immagine del casolare d’epoca che rimanda ai concetti della tradizione, del bel mondo antico, ha trovato uno strumento per comunicare genuinità, freschezza, purezza, autenticità.

Proseguendo fra gli strumenti comunicativi elencati, vi sono l’attività dell’ufficio stampa e le sponsorizzazioni. Per quel che riguarda l’ufficio stampa, specie sui prodotti di lancio attuale, difficilmente si utilizza il patrimonio heritage, a meno che non si utilizzi un prodotto nuovo che ha forti attinenze con il passato, come nei casi della riedizione della Vespa Piaggio, la nuova Alfa Romeo8C o alcuni modelli di calzature Ferragamo. In questi esempi l’ufficio stampa imposta la propria strategia comunicativa su un linguaggio contemporaneo, insistendo per esempio sulla nuova tecnologia adoperata, che però spesso viene collegata con immagini tratte dal proprio passato, qualora rimandi ad un particolare modello storico prescelto dalla strategia aziendale.

Nel caso delle sponsorizzazioni il riferimento all’heritage marketing si verifica prevalentemente quando all’interno di un’impresa si danno le seguenti condizioni che possono essere così sintetizzate:

• Approfittare di un bene e di un servizio già in essere e da altri attuato pur avendo un patrimonio heritage a propria disposizione.

• Sponsorizzare un bene o un evento heritage da altri prodotto in quanto facente parte dalla propria strategia, senza far ricorso al proprio patrimonio storico.

2.3 L’EVENTO HERITAGE

L’evento è qualcosa che viene fuori, comunica, opera affinché, una realtà , un bene, un’azione venga palesata e condivisa da altri. Presuppone un movimento di persone da un luogo ad un altro, dove dar vita ad uno sviluppo di socialità, spesso tra sconosciuti, creando un linguaggio ed un modo di stare insieme strutturato anche solo nello spazio di una serata. In poche parole si crea una sorta di esperienza di comunità. A meno che il core business di un’azienda sia l’organizzazione di eventi, essi non sono fonte di utile economico diretto, ma sono estremamente utili se si considerano all’interno di una strategia più complessiva. Se dovessimo riassumere gli step che generalmente danno vita ad un evento potremmo citare i seguenti:

9 Ideazione di un evento che sia coerente alle strategie marketing dell’azienda; 9 Analisi del target individuato rispetto alla mission del progetto approvato;

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9 Costituzione di una strategia dell’evento; 9 Organizzazione operativa dell’evento;

9 Analisi di post produzione delle conseguenze dell’evento.

I temi che motivano l’organizzazione di un evento sono generalmente due:

• Rappresentare se stessa come istituzione: l’azienda si propone di soddisfare domande sociali che provengono dalla sua attività nell’ambito del mercato, dalla produzione merceologica o di servizi, di un territorio. L’azienda organizza eventi per dialogare con i propri riferimenti esterni ed interni ed avere una posizione sociale rispetto a questi ultimi. L’evento istituzionale può usufruire anche del patrimonio storico dell’impresa, per porre in essere un’opportunità d’interesse per gli appassionati o gli studiosi di un determinato marchio, stimolando il turismo industriale. Raccontando la storia dell’azienda, si descrive anche la storia di chi ha fatto parte di quella fabbrica, di chi ha lavorato, creato, inventato i prodotti per quella struttura.

• Fidelizzare un target specifico della propria clientela: Questo concetto si accosta molto bene a quello di community. Il marketing moderno sfrutta le dinamiche fra individuo e esperienza sociale, tra azienda e potenziali clienti. Le community hanno la potenzialità di raggiungere dal primo operaio all’ultimo dei clienti dall’altra parte del mondo, quindi riescono a unire persone diverse grazie alla passione per un bene o un marchio. E’ strettamente legato a tale concetto quello di rito: visitare un museo aziendale, partecipare ad un evento organizzato dall’azienda legato al proprio patrimonio storico, rinsalda il proprio legame con la comunità di riferimento. Come dice Covà11 “l’uso dei riti costituisce un percorso preferenziale per creare un legame

tra individuo e una tribù del presente e del passato. Il rito è divenuto un oggetto di studio e di strategia. La ritualizzazione è pertanto vista come il processo che inventa tradizioni nella nostra società, processo che il marketing cerca di comprendere e decodificare e a cui cerca di associare una strategia di costruzione dell’autenticità”.Da questo passaggio si capisce

l’importanza che il rito riveste per l’uomo contemporaneo che, spesso, si traduce nel bisogno di adesione a un linguaggio, a dei valori, ad una icona condivisa. In questo caso non siamo lontani dal concetto di evento enunciato inizialmente. Perché è proprio nell’evento che le persone si mettono in contatto tra di loro, scambiano emozioni, beni, culture, abitudini, modi di fare, cos come avveniva, anche se con altre modalità, nelle feste di popolo in piazza. Una parte del mondo imprenditoriale italiano ha percepito da tempo le valenze di questa particolare forma di marketing in grado di generare fidelizzazione. In particolare l’heritage marketing può esserne un’interessante applicazione. Molte aziende infatti adottano una componente storica nei propri eventi per facilitare la creazione di un linguaggio condiviso tra i partecipanti. Inoltre

      

11

 Cova, Tribal Marketing, 2003\  \ 

(23)

l’evento ha ancora una maggiore forza di fidelizzazione che conta, sostanzialmente, sul bisogno di realizzazione tipico della comunità e su quello di radicamento ad un brand.

Quindi, per sintetizzare, il patrimonio storico di un’impresa diventa il serbatoio dei riferimenti identificativi utili alla ritualizzazione dell’evento tipico del community marketing. Gli aspetti che ricorrono in un evento di questo tipo sono:

9 Un linguaggio condiviso; 9 Un luogo pertinente;

9 Una o più icone feticcio (totem); 9 Un’estetica del rito (la comunicazione).

Per linguaggio condiviso si intende il codice dei segni, che in un evento è fondamentale in quanto permette a tutti di riconoscersi. Per esempio se si tratta di aziende con patrimoni storici che hanno organizzato un evento, il linguaggio ruoterà sulla tipologia di prodotti più famosi e di successo, sui grandi inventori e design che li hanno ideati, sulle immagini celebri del marchio, sulle pubblicità diventate più famose, nonché sulla storia della generazione di imprenditori che hanno guidato le aziende. Il luogo scelto per l’evento sarà quello che si rifà o richiama i successi dell’azienda, quindi in alcuni casi verranno organizzati direttamente all’interno dell’azienda, o altri nell’abitazione dei fondatori che è stata scelta come luogo rappresentante dell’impresa e del marchio. Le icone sono ovviamente gli oggetti più evocativi e riconoscibili di un marchio industriale, in grado di sintetizzare e restituire a storia ai partecipanti ad un evento. Spesso questi oggetti vengono mostrati in luoghi e/o tempi definiti e seguono una precisa cronologia teatrale, in modo da diventare totem simbolici dell’evento-rito. Di grande rilevanza è anche l’aspetto relativo alla comunicazione dell’evento che deve essere consona al clima heritage in cui si andrà ad operare.

In conclusione l’evento heritage diventa momento di condivisione intorno all’estetica di un marchio, sia nel caso dell’evento istituzionale, sia nel caso di quello di fidelizzazione, potrà avvalersi dalla cultura heritage come di un universo di miti, linguaggi, valori simbolici, estetiche che lo rendono più pregnante rispetto ai fruitori.

2.4 CREAZIONE DÌ NUOVI PRODOTTI E IL MERCHANDISING HERITAGE

Da tempo in Italia si assiste alla creazione di nuovi prodotti che si rifanno in qualche modo ai segni di una cultura condivisa e già introiettata nella mente della maggioranza delle persone. L’obiettivo da parte delle aziende è associare ai prodotti momenti storici del nostro paese, pervasi da positivismo e ricordati come rappresentanti di una stagione di successo, in modo da rendere per il consumatore più confortante l’identificarsi con archetipi positivi sedimentati nel corso degli anni, soprattutto in questo periodo in cui il futuro è molto incerto. Quando sono stati ideati in passato questi prodotti che sono diventati icone, miti, “testimonial” di un’epoca, in realtà i produttori volevano semplicemente creare un prodotto che incontrasse il gusto del pubblico permettendo di ricavare un utile, questi beni sono

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diventati icone successivamente, grazie al clima emotivo in cui sono stati creati, così da diventare simboli di un’epoca, di un paese. E’ come se alcuni prodotti racchiudessero in loro più fattori di successo che fanno sì che diventino mitici. Esso entra nel nell’immaginario collettivo come miglior interprete del momento storico in cui è stato concepito, spesso in grado di precorrere i tempi sia sul piano dell’utilizzo pratico, sia su quello estetico. Per esempio alcuni modelli di scarpe di Ferragamo, in particolare quelle indossate da Marilyn Monroe e Ava Gardner, sono state riprodotte per la linea “Ferragamo’s Creations”, così queste scarpe saranno rivendute avvalendosi dei richiami di un mondo “glamour” ancora presente e seguito da una parte rilevante del target di riferimento del marchio a cui si riferisce il marchio. Si evince, di nuovo, che il patrimonio storico dell’impresa possa essere un elemento fondamentale per ricreare la magia di un prodotto. Rifare tali prodotti comporta inevitabilmente la possibilità di accedere alle informazioni che riguardano l’oggetto in questione, il cui esito produttivo è il frutto di testimonianze diverse e tutto ciò non sarebbe possibile se non si potesse contare su un patrimonio archiviato e pronto per essere utilizzato, in grado di documentare lo sviluppo dell’oggetto prima che diventi prodotto.

L’utilizzo dell’heritage nella riproduzione dei prodotti è stato sintetizzato in due grande aree: • La creazione di nuovi prodotti che fanno parte della categoria merceologica dell’azienda • Il merchandising heritage

Nel primo caso gli esempi sono tanti, oltre al citato caso dei prodotti Ferragamo, è esemplare quello di una grande casa motociclistica, la Piaggio, relativamente al suo prodotto di punta: la Vespa. E’ impensabile come un prodotto ideato nel 1945 possa continuare a coinvolgere un target vastissimo e trasversale, sia da un punto di vista anagrafico che di gusto.

In questo caso gli oggetti verranno riprodotti partendo da patrimoni storici secondo due modalità: • L’oggetto del passato diventa spunto creativo a disposizione per il prodotto presente: una

variante non identica all’originale;

• L’oggetto del passato viene riprodotto integralmente o quasi

È meno comune la riproduzione integrali di vecchi prodotti, perché negli anni sono cambiati pezzi,tecnologie e gusti. Tuttavia sono presenti molti oggetti di design rimasti identici come nel caso del “Programma 8” di Alessi12.

Oltre alla produzione di prodotti heritage, negli ultimi anni si è diffuso molto il merchandising che, potremmo dire, profuma di passato. Nella maggioranza dei casi ci si riferisce a prodotti che non rappresentano la normale produzione dell’azienda, ma a produzioni realizzate spesso da terzi e che possono essere vendute al di fuori della rete commerciale classica dell’impresa, più frequentemente verranno distribuite nei musei aziendali o nei store monomarca.

      

12

Disegnato da Franco Sargiani ed Eija Helander nella seconda metà degli anni Settanta, Web Site di Alessi, 2007. 

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Il merchandising non solo ha la funzione di enfatizzare il mondo evocato dalla marca, bensì risponde ad una vera e propria politica di autofinanziamento delle strutture museali, portando anche utile. Di solito gli oggetti fabbricati sono composti da riferimenti e tipologie diverse: prodotti editoriali, souvenir, copie di prodotti storici, produzioni seriali ispirati al patrimonio iconografico dell’azienda. La produzione massiva di questi prodotti può essere un’arma a doppio taglio qualora influenzi il brand con una strategia di comunicazione scadente o con la vendita in luoghi mortificanti per il marchio. Ovviamente anche le modalità e quantità sono funzionali a creare valore alla marca, spesso la modalità migliore è quella di produrre in modo numerato in edizione limitata, per conferire esclusività, elemento richiesto da alcuni target di clienti.

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Fig.1 Mu Fig.2 Int useo Ferraga terno del Mu amo, Palazzo useo Ferragam o Spini Feron mo   ni    

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Fig. 3 G Fig. 4 G

alleria Ferrar alleria Ferrar

ri, Auto Form ri, Auto Spo

mula Uno rtive

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Fig. 5 M Fig. 6 M

Museo Ducati Museo Alessi

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Fig. 7 Es Fig. 8 In sterno Museo nterno Museo o Amarelli o Amarelli

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Fig. 15 C Fig. 16 C Comunicazio Campagna Pu one Heritage ubblicitaria H Gucci, Fore Heritage per ever Now

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Fig. 17, Fig. 19, Fig. 21, 18 Fiat 500 20 Vespa ve 22 Mini min nuova e vec ecchia e nuov nor vecchia e cchia a confro va a confront e nuova a con onto ta nfronto

Figura

Fig. 3 G Fig. 4 G
Fig. 7 Es Fig. 8 In sterno Museonterno Museo o Amarelli o Amarelli
Fig. 15 C Fig. 16 C Comunicazio Campagna Pu one Heritage  ubblicitaria H Gucci, Fore Heritage per  ever Now
Tabella 1- Le funzioni del museo
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Corso di Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo, Ortopedia e Traumatologia, Medicina.