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Valutazione degli effetti di un nuovo inibitore multi-target PDK1/GSK3/CHK1 sulla proliferazione di cellule di adenocarcinoma umano MCF7

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Sommario

Capitolo 1

... 4

Introduzione

... 4

1.1 IL CARCINOMA MAMMARIO ... 4

1.1.1 FATTORI DI RISCHIO ... 5

1.1.2 CLASSIFICAZIONE DEI CARCINOMI MAMMARI ... 14

1.1.3 PREVENZIONE ED IMPLICAZIONI CLINICHE ... 17

1.2 PATHWAY DI SEGNALAZIONE INTRACELLULARE ... 20

1.2.1 PI3K ... 22 1.2.2 PTEN ... 27 1.2.3 PDK1 ... 29 1.2.4 Akt ... 31 1.2.5 GSK 3 ... 35 1.2.6 mTOR ... 38 1.2.7 Chk1 ... 43

1.3 SPERIMENTAZIONE CLINICA di INIBITORI del PATHWAY ... 47

1.3.1 Studi Clinici : inibitori pan-PI3K... 49

a. Buparlisib (BKM120) ... 49

b. Pilaralisib (XL147) ... 50

c. Pictilisib (GDC-0941) ... 51

1.3.2 Studi Clinici : inibitori PI3K isoforma-specifici ... 51

a. Wortmannina e PX-866 ... 51

b. Alpelisib (BYL719) ... 52

c. Taselisib (GDC-0032) ... 53

(2)

2

a. Perifosina ... 54

1.3.4 Studi Clinici : inibitori di mTOR ... 54

a. Rapamicina (Sirolimus) ... 54

b. Temsirolimus ... 56

c. Ridaforolimus ... 57

d. Everolimus ... 57

d.1 Everolimus : impiego nel trattamento del carcinoma mammario. ... 58

d.2 Everolimus : altri impieghi ... 63

d.3 Tossicità associate ad Everolimus ... 64

1.3.5 Studi Clinici : Inibitori doppi PI3K-mTOR ... 69

a. NVP-BEZ235 ... 69

b. Voxtalisib (XL765) ... 69

1.3.6 Studi Clinici : Inibitori di Chk1 ... 70

a. V158411 ... 71

1.3.7 Meccanismi di resistenza al pathway ... 73

Capitolo 2

... 75

Scopo della ricerca

... 75

Capitolo 3

... 77

Materiali e Metodi

... 77

3.1 Colture cellulari ... 77

3.1.2 Mezzi di coltura ... 77

3.1.3 Soluzioni tampone e sostanze ... 78

a. WST-1 ... 78

3.1.4 Soluzioni delle sostanze utilizzate ... 79

(3)

3

3.2.1 Scongelamento ... 80

3.2.2 Piastratura ... 81

3.2.3 Esperimenti ... 84

3.3 Analisi dei dati delle colture cellulari ... 85

Capitolo 4

... 87

Risultati e discussione

... 87

4.1 Risultati sperimentali ottenuti ... 87

4.1.1 Valutazione degli effetti di Oxid-2 sulla vitalità e sulla proliferazione delle cellule di adenocarcinoma mammario della linea MCF7. ... 87

4.1.2 Valutazione degli effetti anti-proliferativi di Oxid-2 in co-somministrazione con Everolimus ... 90

(4)

4

Capitolo 1

Introduzione

1.1 IL CARCINOMA MAMMARIO

Con un milione e trecentomila nuovi casi al mondo ogni anno (Mc Pherson et al., 2000), il carcinoma al seno è il tumore che più comunemente colpisce le donne (Tabella 1): è la seconda causa di morte provocata dal cancro in tutta la popolazione mondiale (Feng et al., 2010), preceduto soltanto dal tumore al polmone, ed è la prima causa di mortalità neoplastica nel sesso femminile. (Greenlee et al., 2001).

Si stima che il carcinoma al seno possa essere diagnosticato, durante l'arco di vita, ad una donna su otto. (Siegel et al., 2013).

Sito del carcinoma Numero di casi (ogni 10000 donne)

% totale di tutti i tumori

Mammella 572 18 Cervice 466 15 Colon e Retto 286 9 Stomaco 261 8 Endometrio 149 5 Polmone 147 5 Ovaio 138 4

Cavo orale e Faringe 121 4

Esofago 108 4

Linfomi 98 3

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5 1.1.1 FATTORI DI RISCHIO

Il rischio assoluto è la possibilità di sviluppare il tumore al seno durante un preciso periodo di tempo.

Il rischio relativo esprime il rapporto fra l'incidenza della patologia in una popolazione esposta ai fattori di rischio e l'incidenza della malattia in una popolazione, comparabile alla prima, non esposta a tali fattori. (Garber and Smith, 1996).

I fattori di rischio da tenere in considerazione sono molteplici ed eterogenei fra loro:

*Età

L'età rappresenta uno dei più importanti fattori di rischio del carcinoma mammario ed

ancora più indicativa, soprattutto per un esito positivo, è l'età della donna al momento della diagnosi. (Brandt et al., 2015).

L'incidenza relativa al carcinoma al seno aumenta con l'avanzare dell'età. Il dato raddoppia ogni dieci anni di vita fino alla menopausa quando la percentuale d'incremento rallenta drasticamente.

Il carcinoma mammario è la prima causa di morte provocata da tumore nelle donne con età compresa tra i 20 ed i 59 anni, la seconda in quelle con età compresa tra i 60 ed i 79 anni, la terza per le donne sopra gli 80 anni. (Tabella 2). (Greenlee et al., 2001).

La percentuale relativa ai casi di morte è comunque sempre al di sotto di un terzo del numero totale delle donne colpite (Figura 1). (Mc Pherson et al., 2000).

Tutte le età <20 anni 20-39 anni 40-59 anni 60-79 anni > 80 anni 1.Polmoni e

Bronchi

Leucemia Mammella Mammella Polmoni e Bronchi Polmoni e Bronchi 2.Mammella Cervello e SNC Utero e Cervice Polmone e Bronchi Mammella Colon e Retto 3. Colone Retto Tessuti molli Leucemia Colon e Retto Colon e Retto Mammella 4. Pancreas Sistema Endocrino Polmone e Bronchi

Ovaio Pancreas Pancreas

5. Ovaio Scheletro e Giunzioni

Cervello e SNC

Pancreas Ovaio Linfomi

Tabella 2. Classifica dei primi 5 tumori per numero di morte nelle donne di varie fasce d'età: il carcinoma al seno è la prima causa di morte imputabile al cancro nelle donne di età compresa tra i 20 ed i 59 anni e la seconda per le donne con un età compresa tra i 60 ed i 79 anni. (Greenlee et al., 2001).

(6)

6

Figura 1. Percentuale dei casi di morte di donne affette da carcinoma mammario in relazione all'età: da notare l'incremento del numero di decessi nei primi 45 anni, la curva subisce una decrescita in corrispondenza dell'età della menopausa; il picco massimo è sempre contenuto entro il 30% dei casi totali (Mc Pherson et al., 2000).

* Età di Menarca e Menopausa

Le donne che presentano la prima mestruazione in giovanissima età e/o quelle che entrano in menopausa in età avanzata hanno un maggior rischio (pari al 30-50%) di incontrare il carcinoma al seno. Più precisamente: le donne che entrano in menopausa dopo i 55 anni hanno il doppio delle possibilità di sviluppare il tumore rispetto alle donne che hanno l'ultima mestruazione prima dei 45 anni. (Kelsey et al., 1993; Harris

et al., 1992).

E' stato evidenziato che il numero di cicli ovarici cui una donna va incontro durante la sua vita sia correlato ad un aumento del rischio di sviluppo del carcinoma mammarico. (Vogel, 2000).

Casi estremi dimostrano che donne che hanno subìto un'ovarioisterectomia bilaterale prima dei 40 anni vedono ridotto di circa i due terzi il rischio della malattia rispetto alle donne che incontrano la menopausa fisiologicamente. (Kelsey, 1994).

* Età della Prima Gravidanza

L'incidenza del carcinoma al seno aumenta nelle donne nullipare ed in quelle che hanno la prima gravidanza in tarda età.

Il rischio per le donne che hanno il primo figlio dopo i 30 anni è doppio rispetto a quelle che sostengono la gravidanza prima dei 20 anni.

(7)

7 Il gruppo maggiormente a rischio è rappresentato dalle donne che hanno il primo bambino dopo i 35 anni: queste sono ancora più soggette al tumore rispetto alle donne nullipare. (Vogel, 2000).

Una riduzione dell'incidenza è stata verificata nelle donne che hanno anche una seconda gravidanza in giovane età. (Daling et al., 1994).

* Predisposizione genetica

Più del il 10 % dei casi di carcinoma mammario sono dovuti a predisposizioni genetiche.

La suscettibilità di base genetica viene ereditata sottoforma di carattere autosomico dominante con una penetrance limitata. Ciò significa che può essere trasmesso da entrambi i sessi e che alcuni soggetti possono trasmettere il gene alterato senza sviluppare la malattia. (Sakorafas e Tsiotou, 2000).

Non è ancora chiaro quanti siano i geni legati allo sviluppo del carcinoma al seno. Due geni coinvolti nel tumore, BRCA1 e BRCA2, localizzati nelle braccia lunghe rispettivamente dei cromosomi 17 e 13, sono stati identificati ed associati ad un elevato rischio familiare. Entrambi i geni sono molto lunghi e le mutazioni a loro carico possono incombere in qualsiasi posizione: ciò rende estremamente impegnativo uno screening molecolare per identificare la mutazione in un soggetto affetto.

Alcune mutazioni si manifestano con elevate frequenze in determinate popolazioni. Per esempio: il 2% delle donne ebree aschenazite sono portatrici di BRCA1 185 del AG (delezione di due paia di adenina-guanosina in posizione 185), di BRCA1 5382 ins C (inserzione di citosina in posizione 1582), oppure di BRCA1 6174 del T (delezione di timina in posizione 6174); mentre BRCA2 999 del 5 (delezione di 5 paia di basi in posizione 999 ) si manifesta nella metà dei tumori al seno con familiarità in Islanda. (Mc Pherson et al., 2000).

In generale, per le donne portatrici di una mutazione in questi geni, il rischio cumulativo di sviluppare il carcinoma mammario è stimato tra il 40% e l'85% e tra il 4% e il 60% per il tumore ovarico. (Bowcock, 1997).

(8)

8 * Eredità familiare

I casi familiari di carcinoma al seno rappresentano probabilmente il fattore di rischio maggiormente riconosciuto nonchè il più evidente. (Henderson, 1990).

Una donna con un caso familiare di primo grado (madre, sorella, figlia) è esposta a più del doppio del rischio di sviluppare il carcinoma al seno prima dei 50 anni; il rischio aumenta quanto più è giovane la parente colpita al momento della diagnosi (Figura 2). Per esempio: una donna con una sorella affetta dal carcinoma tra i 30 e i 39 anni presenta un rischio pari al 10% di incontrare la malattia entro i 65 anni. La percentuale si riduce al 5 % (uguagliando l'incidenza del resto della popolazione) se la sorella ha un'età compresa tra i 50 e i 54 anni al momento della diagnosi.

Il rischio aumenta dalle 4 alle 6 volte se i casi familiari sono due ed uno dei due ha un'età inferiore ai 50 anni: la donna incontrerà il 25% di probabilità di sviluppare il cancro prima dei 65 anni. (Mc Pherson et al., 2000).

Figura 2 . Esempio di albero genealogico sull'ereditarietà genetica del carcinoma mammario: da notare il salto generazionale nel ramo sinistro: la seconda generazione rappresentata è portatrice del gene onco-promotore ma non sviluppa la patologia: il carcinoma si manifesta invece nella generazione successiva.

* Alterazioni tissutali a carico della mammella

Termini quali " mastopatia fibrocistica" o "displasie mammarie" sono delle diagnosi approssimative e sommarie se prive di una dettagliata descrizione di elementi citologici

(9)

9 ed istologici. Il carcinoma mammario può essere confermato solo se l' "alterazione fibrocistica" è ampiamente stratificata e coinvolge vari elementi cito-istologici.

E' stato appurato che mutazioni e/o lesioni non proliferanti non incrementano il rischio di successivo sviluppo in neoplasia invasiva.

D'altro canto le donne che presentano un tessuto mammario caratterizzato da epiteli e strutture tissutali proliferanti sono soggette ad un maggior rischio, in particolare se queste alterazioni sono associabili a condizioni di atipia cito-istologica.

Dati relativi a biopsie effettuate su masse tissutali palpabili rivelano che nel 70% dei casi non è stata riscontrata una condizione proliferante e che solo il 5% presentava un'iperplasia atipica. (Hutter et al., 2006).

• LCIS / DCIS : Alterazioni pre-maligne come LCIS e DCIS ( Carcinoma In Situ Lobulare e Duttale; Figura 3) sono associate ad un aumento del rischio di sviluppo del carcinoma mammario invasivo.

In particolare l'incidenza del rischio relativo è stimata intorno al 6.9-12%. Mentre l'LCIS viene considerato come un "marker" per il progressivo sviluppo del carcinoma invasivo, il DCIS è ritenuta una condizione "precursore" del tumore maligno e rappresenta perciò un rischio maggiormente incisivo. La mastectomia, in questi casi, si rivela essere un intervento profilattico ancor più che curativo. (Ottesen, 2003).

Figura 3. Rappresentazione del Carcinoma in situ (caratterizzato dallo sviluppo di neoplasie circoscitte) e del Carcinoma invasivo (che presenta la formazione di strutture proliferanti che sconfinano oltre la regione duttale interna).

(10)

10 • Seno controlaterale: La paziente con una precedente neoplasia mammaria incontra una maggiore probabilità di sviluppare il carcinoma nel seno controlaterale. Il rischio relativo è stimato intorno all'1% per ogni anno successivo alla prima diagnosi. Fattori che incrementano la possibilità di sviluppare il tumore nella mammella controlaterale sono relativi all'ereditarietà genetica, alla familiarità dei casi, all'esposizione alle radiazioni, all'età, all'LCIS, al Carcinoma Lobulare Invasivo, a successivi sviluppi di strutture proliferanti specialmente se associate a condizioni di atipia e di tumori metastatici. (Boice et

al., 2012).

* Varietà geografica

Anche se la percentuale di differenza tra i Paesi Occidentali e quelli dell'Estremo Oriente sta diminuendo, il rapporto relativo ai dati d'incidenza del carcinoma mammario varia, in media, per un fattore 5% a seconda del Paese: i dati che descrivono il rischio di sviluppare il tumore al seno in Europa ed in USA sono più che raddoppiati rispetto a quelli riscontrati nei Paesi asiatici (Figura 4). (Mc Pherson et al., 2000).

Figura 4 . Dati sull'incidenza del carcinoma mammario in vari Stati del mondo espressi ogni 100.000 abitanti: il rapporto relativo al rischio di sviluppare il tumore tra Paesi occidentali e Paesi orientali presenta una media pari ad un fattore 5.

(11)

11 Studi su una popolazione immigrata dal Giappone alle Hawaii dimostrano che il tasso d'incidenza del carcinoma al seno nel campione eguaglia quello del Paese ospitante nelle successive due generazioni : dimostrando che, in questo caso, i fattori ambientali assumono una maggior importanza rispetto ai fattori genetici (Figura 5). (Mc Pherson

et al., 2000).

Figura 5. Incidenza annuale del carcinoma al seno in donne giapponesi in Giappone, Hawaii, San Francisco ed in donne bianche di San Francisco: i diversi andamenti espressi dalle curve dimostrano come sia fondamentale il ruolo assunto dai fattori ambientali.

* Abitudini e Stili di vita :

 Dieta: e' stato dimostrato che una dieta ricca di grassi ed un'insufficiente apporto di vitamine sono associati con un incremento del rischio di sviluppare il carcinoma al seno.

 Obesità: la condizione di obesità nella donna in menopausa raddoppia le possibilità di manifestazione del tumore.

 Consumo di alcool: alcuni studi hanno dimostrato la correlazione tra consumo di alcool ed aumento del rischio di neoplasie mammarie.

 Fumo: finora non è stata verificata la corrispondenza tra il fumo e lo sviluppo del carcinoma al seno. (Mc Pherson et al., 2000).

* Uso di contraccettivi orali

Il dato relativo all'uso di contraccettivi orali nell'intera popolazione dimostra un aumento non significativo del rischio di sviluppare il cancro al seno solo se quest'uso è temporalmente limitato (Tabella 3).

(12)

12 L'effetto provocato dalla pillola anticoncezionale nelle donne di giovane età a lungo termine (15 anni), dimostra invece un reale incremento del rischio di carcinoma mammario (Beaber et al., 2014) che è ancora più significativo nelle donne che iniziano l'uso del contraccettivo orale prima dei 20 anni. (Mc Pherson et al., 2000).

Negli studi finora ottenuti non si rileva che l'uso di contraccettivi orali abbia azione mutagena sui geni BRCA1 e BRCA2 associati al carcinoma mammario ed ovarico. (Sakorafas et al., 2002).

Contraccettivo orale Rischio relativo

In uso + 1.24

Da 1 a 5 anni dall'interruzione + 1.16 Da 5 a 9 anni dall'interruzione + 1.07 Più di 10 anni dall'interruzione + 1

Tabella 3 . Rischio relativo di carcinoma mammario in relazione all'uso di contraccettivo orale. (Mc

Pherson et al., 2000).

*HRT: Terapia Ormonale Sostitutiva

Nelle donne in menopausa l'uso temporalmente limitato (non più di 2 anni) della terapia ormonale sostitutiva è considerato protettivo per un effetto contro-mutageno sui geni BRCA1 e BRCA2 .

L'uso di una terapia ormonale a lungo termine, invece, è stato associato ad un incremento del rischio di carcinoma mammario (Immagine 1). (Rebbeck et al., 2005).

Immagine 1. Mammografia di una paziente prima e dopo tre anni di HRT : da notare l'incremento della densità tissutale, biomarcatore del rischio di carcinoma al seno, provocata dal trattamento.

(13)

13 * Radiazioni

Un significativo incremento del rischio di carcinoma al seno è stato identificato nell'esposizione alle radiazioni. Si tratta di condizioni di moderata entità come quelle provocate dalle continue radiografie toraciche in pazienti affetti da TBC ma ancor più in caso di elevata esposizione come quelle richieste nel trattamento del Linfoma di Hodgkin.

Da considerarsi vi è anche l'età al momento dell'esposizione: gli effetti cancerogeni delle radiazioni si accentuano in soggetti in età pre-puberale e puberale. (Sakorafas et

(14)

14 1.1.2 CLASSIFICAZIONE DEI CARCINOMI MAMMARI

L'espressione "tumore al seno" racchiude un gruppo estremamente eterogeneo di neoplasie con differenti caratteristiche biologiche e diverse modalità di prognosi,

diagnosi e di risposta terapeutica. La storica classificazione del cancro al seno basata sul tipo istologico, sul grado di

differenziazione e sull'espressione dei recettori ormonali è stata superata da una più

recente classificazione che si basa sull'assetto molecolare delle cellule neoplastiche.

I dotti della mammella contengono almeno tre tipi di cellule epiteliali : le luminali (di tessuto ghiandolare esprimono le citocheratine 5, 6, 14, 17), le basali-mioepiteliali (esprimono le citocheratine 8, 18, 19) e le cellule staminali.

Studi immuno-istologici hanno valutato il profilo delle citocheratine identificando così varie sottopopolazioni di neoplasie. (Fadare e Tavassoli, 2007).

Basandosi sui profili di espressione geniche e sulle caratteristiche fenotipiche, i tumori al seno sono stati classificati in (Tabella5) :

 CARCINOMI LUMINALI

 CARCINOMA NORMALE "BREAST-LIKE"  CARCINOMI HER2+

 CARCINOMI "BASAL-LIKE" (Sorlie et al., 2001).

I carcinomi luminali sono ER + (ossia presentano i recettori per gli estrogeni) ed esprimono le citocheratine CK8 ed CK18 nelle cellule luminali (monostratificate, si dispongono verso il lume e sono esternamente circondate dalle cellule mioepiteliali, che poggiano direttamente sulla membrana basale).

Distinti in luminale A (con una frequenza pari al 44% dei casi è il più comune) e luminale B ( 24% dei casi): i primi presentano una sovra-espressione di ER e PGR (recettore ormonale progestinico) e pertanto è auspicabile una buona risposta alla terapia ormonale; i luminal B sono caratterizzati da fenomeni di elevata proliferazione e dunque alla terapia endocrina è associata la chemioterapia. (Rouzier et al., 2005).

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15 Il carcinoma "normal-breast" o "normal-like" è riscontrato con una frequenza del 2% ed è quello che viene studiato con maggior difficoltà poichè le cellule neoplastiche che lo costituiscono non presentano caratteristiche ben differenziate da quelle che sono proprie del tessuto sano.

Il carcinoma "breast-like" è solitamente un tumore in situ, di dimensioni contenute e con una buona risposta terapeutica. ( Carey et al., 2013).

I carcinomi HER2+ (corrispondono all'11% dei casi) presentano numerosi siti recettoriali per il fattore di crescita epidermica umano e la strategia terapeutica sfrutta proprio questa sovra-espressione recettoriale utilizzando ligandi specifici. ( Furfold et

al., 2007).

I carcinomi basali ( basal-like o basaloidi) sono associati a mutazioni geniche BRCA1 (Turner e Reis-Filho, 2006) e sono caratterizzati dall'espressione delle citocheratine CK5, CK14 (la cui elevata espressione identifica un sottogruppo a buona prognosi), CK17 sulle cellule dello strato basale e su quelle mioepiteliali della ghiandola mammaria.

Questi costituiscono il 19% dei carcinomi invasivi e frequentemente presentano un assetto sovrapponibile ai "tripli negativi" per la perdita dell'espressione degli ER (recettori estrogenici), dei PGR (recettori progestinici) e degli HER2 ( Recettore 2 per il fattore di crescita epidermico umano), possono esprimere marcatori del mioepitelio come la p63 ed il CD10.

I carcinomi basali sono caratterizzati da un'alta attività mitotica (Immagine 2.) cui fanno seguito fenomeni necrotici e apoptotici (Immagine 3.). (Fulford et al., 2006).

(16)

16 A causa del mancata risposta a trattamenti ormonali ed a terapie anti-HER2 questo fenotipo costituisce la diagnosi più infausta. Nuove strategie terapeutiche si propongono di limitare i fenomeni di angiogenesi associati alla neoplasia. (Furfold et al., 2007).

Carcinoma Recettori Grado

differenziazione (1-3) Altre caratteristiche Luminale A ER+, PGR+, HER2- 1-2 Luminale B ER+, PGR+, HER2+

2-3 Dimensioni tumorali elevate, linfonodi positivi

HER2+ ER-,

PGR-, HER2+

3 Linfonodi positivi, metastasi

Basal-like (triple negative)

ER-, PGR-, HER2-

3 Particolarmente aggressivo, non risponde alla terapia ormonale

(17)

17 1.1.3 PREVENZIONE ED IMPLICAZIONI CLINICHE

La "prevenzione tumorale primaria" è stata definita come la strategia che permette una riduzione della mortalità imputabile al carcinoma attraverso la riduzione dell'incidenza del tumore stesso nella popolazione.

Le linee guida preventive si basano sulle tappe progressive caratterizzanti il processo di cancerogenesi.

Lo sviluppo e l'evoluzione del carcinoma mammario comprendono una serie di fenomeni multi-step che rappresentano gli end-point dei vari stadi pre-maligni ed invasivi : come l' Iperplasia Duttale (DH), l' Iperplasia Duttale Atipica (ADH), l' Iperplasia Lobulare Atipica (ALH), il Carcinoma Duttale In Situ (DCIS) ed il Carcinoma Lobulare In Situ (LCIS). (Sakorafas e Tsiotou, 2000).

Queste manifestazioni pre-maligne rappresentano le alterazioni cito-istologiche che si sviluppano durante le progressioni temporali delle mutazioni biologiche e comprendono le alterazioni genetiche che stanno alla base della trasformazione del tessuto sano in tessuto neoplastico. (Sakorafas e Glynatsis, 2004).

La strategia preventiva si basa sulla possibilità di agire sui vari livelli del fenomeno multi-step, che precedono la fase di evoluzione neoplastica maligna. (Sakorafas e

Tsiotou, 2000).

In modo particolare, la prevenzione è fondamentale nella salvaguardia della salute delle donne definite "ad alto rischio" e si articola in una serie di operazioni cliniche.

* Analisi e Controlli costanti : una continua profilassi che comprende: auto-analisi del seno mensile, mammografia semestrale od annuale, ultrasonografia mammaria semestrale od annuale a partire dai 30 anni. (Sakorafas e Tsiotou, 2000).

* Chemioprevenzione : l'uso di Tamoxifene per 5 anni si è rilevato essere un metodo

efficiente nel trattamento preventivo primario del carcinoma mammario. Anche il Raloxifene con il suo effetto anti-estroginico ha proprietà profilattiche : il suo uso per tre anni riduce il rischio di carcinoma mammario fino al 76 % (Figura 6). ( Cummings

(18)

18

Figura 6. I risultati dell'effetto del Tamoxifene negli studi : NSABP (sia cancro invasivo che non invasivo); Royal Marsden ; Italiani (relativi solo a tumori invasivi). Risultati dell'effetto del Raloxifene (comprendente sia tumori invasivi che non invasivi). (Mc Pherson et al., 2000).

* Chirurgia Preventiva: la mastectomia preventiva è un'opzione drastica soprattutto nell'era della chirurgia conservativa che prefigge la salvaguardia del seno. La mastectomia totale come profilassi riduce in maniera significativa (pari al 90%) ma non elimina del tutto il rischio di un successivo sviluppo tumorale che rimane comunque probabile in corrispondenza del rimanente tessuto mammario. Al giorno d'oggi la mastectomia preventiva è da tenere in considerazione per pochi casi, attentamente analizzati, preceduti da un'esauriente fase di counseling. La paziente, infatti, dopo essere stata informata circa tutte le possibili strategie alternative, deve essere pienamente consapevole dei limiti della mastectomia preventiva, dell'irreversibilità della decisione e del follow-up post operatorio. ( Sakorafas e Tsiotou, 2000).

* Dieta : vari regimi alimentari sono stati dettagliatamente analizzati in molti studi epidemiologici per verificarne il ruolo nello sviluppo del cancro, compreso quello al seno. Per quanto una corretta alimentazione sia importante ed abbia comunque un impatto sul rischio di carcinoma mammario è da sottolineare che le sole modifiche alimentari non sono sufficienti ad assicurare una linea preventiva e profilattica. (Willett, 2001).

(19)

19 Al momento non sono disponibili degli studi di paragone che mettano in relazione tra loro tutte le strategie preventive. Nonostante siano già stati raggiunti molti traguardi significativi riguardanti ogni aspetto biologico del carcinoma mammario, rimangono aperte una serie di questioni relative ai trattamenti cui è necessario sottoporre le donne definite "ad alto rischio". Per il futuro è auspicabile che siano sviluppate altre strategie preventive, sempre più specifiche ed affidabili come i test genetici capaci di rilevare mutazioni in regioni cruciali. (Sakorafas et al., 2002).

(20)

20 1.2 PATHWAY DI SEGNALAZIONE INTRACELLULARE

PI3K / Akt / mTOR

PI3K/ Atk ( rispettivamente fosfatidilinoisitol-3-chinasi, phosphatidylinositol-3-kinase e Proteina B chinasi) ed mTOR ( bersaglio della rapamicina nei mammiferi, mammalian target of rapamycin) sono due vie di segnalazioni intracellulari che svolgono un ruolo cruciale in molti processi relativi alla crescita e alla sopravvivenza cellulare, sia in condizioni fisiologiche che in condizioni patologiche. Sono a tal punto interconnesse tra loro che, in un certo senso, possono essere considerate come un unico pathway cellulare ed interagiscono con numerose altre vie di segnalazione cellulari. (Porta et

al., 2014).

La cascata di segnalazione PI3K/Akt/mTOR è stata ampiamente descritta e svolge un ruolo fondamentale in una varietà di eventi fisiologici come : la progressione del ciclo cellulare, la differenziazione, la trascrizione e traslazione, l'apoptosi, la motilità, l'autofagia, processi anabolici (inclusa la sintesi di proteine e lipidi) e metabolici (come l'omeostasi del glucosio) ( Chia et al., 2015), la stimolazione ormonale e di fattori di crescita (Figura 7). (Paplomata e O'Regan, 2014).

(21)

21 Il pathway PI3K/Akt/mTOR è un regolatore chiave nella sopravvivenza cellulare

durante un periodo di stress. (Datta et al., 1999). Dal momento che il tumore sussiste in una condizione intrinseca di profondo stress (in cui l'ambiente è caratterizzato da un supporto limitato di ossigeno e nutrienti, così come un ridotto pH), il ruolo del pathway risulta essere cruciale anche durante lo sviluppo del carcinoma. (Porta et al., 2014).

L'attivazione della cascata PI3K/Akt/mTOR è implicata nella cancerogenesi sottoforma

di motore con attività oncogenetica e tale via di segnalazione intracellulare è quella che più frequentemente subisce delle mutazioni nel tumore al seno. ( Chia et al., 2015). In particolare l'iper-attivazione del pathway PI3K/Akt/mTOR si verifica nel 70% dei casi di carcinoma mammario ed alcuni studi suggeriscono che tale attivazione è associata alla presenza di caratteristiche aggressive : alto grado di differenziazione istologica, carcinoma basal-like, carcinoma con fenotipo HER2+.

Inoltre, l'attivazione della cascata di segnalazione PI3K, è implicata nel processo di resistenza alle terapie ormonali, mentre l'inibizione del pathway mTOR è stato associato ad una ripristino della sensibilità ormonale, in modo particolare quando gli inibitori sono somministrati in combinazione con agenti di natura ormonale. (Rugo e Keck, 2012).

(22)

22 1.2.1 PI3K

La fosfatidil-inositol-3-chinasi o fosfoinositide-3-chinasi (PI3K, Figura 8) costituisce una famiglia di enzimi di natura lipidica caratterizzati dalla capacità di fosforilare il gruppo 3'-OH dell'anello inositolico del substrato trasformandolo in inositol-fosfolipide. ( Porta et al., 2014).

Il fosfolipide sintetizzato si comporta da secondo messaggero legandosi a vari target molecolari della cellula e attivando successive cascate di segnalazione. Il legame recettoriale da parte del fosfolipide avvia una serie di processi con implicazioni su varie attività cellulari come : la proliferazione, la differenziazione, la sopravvivenza, la chemiotassi, la polarità, la motilità e l'omeostasi glucidica. (Katso et al., 2001).

Figura 8. La struttura tridimensionale della PI3K

La famiglia delle chinasi PI3K è costituita da tre classi di PI3Ks ( Classe I PI3K, Classe II PI3K, Classe III PI3K) ciascuna delle quali presenta uno specifico substrato, una propria distribuzione tissutale ed un particolare meccanismo d'azione.

La classe I PI3K è quella che più ampiamente è implicata nello sviluppo tumorale (Engelman, 2009) , ed in base alle diverse funzioni biologiche si distinguono 4 isoforme:

* Classe I PI3K-α : coinvolta nei processi di segnalazione della cancerogenesi ed in quelli insulinici;

(23)

23

* Classe I PI3K-β : esercita la propria attività durante l'aggregazione piastrinica; * Classe I PI3K-γ : viene espressa nei leucociti ed è una componente della risposta

infiammatoria;

* Classe I PI3K-δ : implicata nelle reazioni allergiche e nello sviluppo di epiteliomi. (Gabelli, 2010).

Le isoforme α, β e δ costituiscono la sottoclasse IA e sono attivate da recettori i cui ligandi sono proteine ad attività tirosin-chinasica, l'isoforma γ costituisce la sottoclasse

IB ed è attivata da recettori associati a proteine G. (Fruman et el., 1998).

Le PI3Ks della classe IA sono eterodimeri costituiti da due subunità : la subunità regolatoria (p85) e la subunità catalitica (p110) la cui attivazione è regolata dalla prima in risposta alla presenza od assenza di stimolazione a monte dei recettori tirosin-chinasici del fattore di crescita (RTKs). (Cantley, 2002).

I geni PIK3R1, PIK3R2, PIK3R3 codificano le tre isoforme della subunità regolatoria p85 : rispettivamente p85α, p85β, p85γ.

Le isoforme regolatorie della classe IA presentano una comune struttura del core che consta di un dominio p110-binding (detto anche dominio inter-SH2) affiancato da due domini Src-homology 2 (SH2).

Le isoforme più lunghe, la p85α e la p85β, presentano inoltre un'estesa regione N-terminale contenente un dominio Src-homology 3 (SH3) ed un dominio BRC homology (BH) affiancato da due regioni ricche di prolina (P).

La subunità catalitica è riconosciuta con tre diversi fenotipi : p110α, p110β, p110 δ codificati rispettivamente dai geni PIK3CA, PIK3CB, PIK3CD.

Le tre isoforme presentano un dominio N-terminale che lega il dominio p85 della subunità regolatoria, un dominio Ras-bilding (RAS) che regola l'attività attraverso delle piccole GTPasi, un dominio C2, un dominio PIK (phosphatidylinositol kinase homology) ed un dominio catalitico C-terminale.

I domini PIK e quello catalitico della subunità p110 sono omologhi ai domini di varie famiglie di chinasi, tra cui : mTOR, ATM (ataxia telangiectasia mutated) , ATR (ataxia telangiectasia Rad3 related) e DNA-PK (DNA- dependent serine/threonine proteine kinase), ad indicare che queste proteine presentano un'origine comune. (Engelman et

al., 2006).

La subunità regolatoria p85 ha un ruolo cruciale nel promuovere l'attivazione della PI3K della classe IA a partire dal recettore tirosin-chinasico (RTKs). Il dominio SH2

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24 della p85 lega il residuo fosfo-tirosinico del RTKs e ciò permette l'attivazione allosterica della subunità catalitica (Fresno-Vara et al.,2004) ed il reclutamento dell'eterodimero p85-p110 verso il proprio substrato PIP2 in corrispondenza della membrana plasmatica. (Engelman, 2009).

Trasferendo il gruppo fosfato dell'ATP, le PI3K della classe I catalizzano la fosforilazione (Nyaker et al., 2006) del substrato PI (fosfatidil-inositolo) e PI-(4)-P (fosfatidil-inositolo-4-monofostato) trasformandoli rispettivamente in PI-(3)-P (fosfatidil-inositolo-3-monofosfato) ed in PI-(3,4)-P2 (fosfatidil-inositolo-3,4-bifosfato). (Engelman, 2009).

In seguito all'attivazione recettoriale da parte dei fattori di crescita il ruolo principale della classe I è quello di fosforilare il PI-(4,5)-P2 (fosfatidil-inositolo-4,5-bifosfato) presente nella membrana plasmatica per ottenere, in pochi secondi, il PI-(3,4,5)-P3 (fosfatidil-inositolo-3,4,5-trifosfato), un secondo messaggero con attività di trasduzione del segnale nel pathway. (Cantley, 2002).

Il PI-(3,4,5)-P3 recluta, in corrispondenza della membrana, un sottoinsieme di proteine di segnalazione con il dominio pleckstrin homology (PH) tra le quali le proteine: PDK1 (proteina chinasi1 serina/treonina chinasi-3'-fosfoinositide dipendente: protein serine/threonine kinase-3'-phosphoinositide-dipendent kinase 1) ed Akt (o PKB: proteina chinasi B : protein kinase B) (Fruman et al., 1998; Fresno-Vara et al., 2004) che vengono fosforilate dallo stesso PI-(3,4,5)-P3 (Figura 9). (Zhao e Vogt., 2008).

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25 Le PI3K della classe IB sono un eterodimero costituito da una subunità regolatoria p101 ed una subunità catalitica p110γ. Mentre la subunità p110γ presenta un'estesa corrispondenza con la subunità p110 delle PI3K della classe IA, la subunità p101 è differente da quella p85 delle PI3K della classe IA. (Engelman et al., 2006). Recentemente sono state descritte due nuove subunità regolatorie : la p84 e la p87PIKAP. (Voigt et al., 2006).

Le PI3K componeneti della classe II sono costituite esclusivamente da un dominio catalitico p110-like. Le tre isoforme della classe II : PIK3C2α, PIK3C2β, PIK3C2γ, sono codificate da tre diversi geni. Tutte e tre le isoforme presentano una certa corrispondenza strutturale con la subunità catalitica p110 della classe I.

Le PI3K della classe II presentano un dominio N-terminale maggiormente esteso ed i domini PX e CS legati al dominio C-terminale.

Questa classe di PI3K fosforila i substrati PI inositolo) e PI-(4)-P (fosfatidil-inositolo-4-monofostato), ottenendo rispettivamente in PI-(3)-P (fosfatidil-inositolo-3-monofosfato) ed in PI-(3,4)-P2 (fosfatidil-inositolo-3,4-bifosfato).

Le PI3K della classe III sono costituite da un'unica componente catalitica : la Vps34, affiancata da un dominio PIK ed a monte della struttura si trova il dominio C-terminale. La loro attività chinasica agisce a livello del substrato PI (fosfatidil-inositolo) che viene trasformato in PI-(3)-P (fosfatidil-inositolo-3-monofosfato).

Le PI3K componenti la classe III regolano il traffico intercellulare delle vescicole e potrebbero essere implicate nell'attivazione di mTOR indotta da amino-acidi (Figura 10). (Engelman, 2009).

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26

Figura 10. Il pathway delle tre classi di PI3K.

La mutazione somatica che viene osservata con maggior frequenza è quella a carico gene PIK3CA, in particolare nel carcinoma mammario luminale. (Kandoth et al., 2013). Gli inibitori delle PI3K possono bloccare la crescita e l'espansione dei tumori provocati da recettori di tirosin-chinasi oncogene, da mutazioni a carico delle PI3K e/o dalla perdità di attività della proteina PTEN.

Le nuove strategie farmacologiche comprendono inibitori selettivi pan-PI3K ATP-competitivi ed inibitori PI3K isoforme-specifici. Grazie alla loro selettività d'azione, proprio gli inibitori PI3K isoforme-specifici, potrebbero presentare molteplici risultati positivi sotto diversi profili farmacologici. (Foster et al., 2012).

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27 1.2.2 PTEN

Negli anni '90 alcuni team di ricerca si concentrarono sul cromosoma 10q23, che risulta assente negli stadi avanzati delle neoplasie, alla ricerca di fattori soppressori del tumore : venne identificata la PTEN. (Li e Sun, 1997).

La PTEN (phosphatase and tensin homolog delected on chromosome ten) è una proteina chiave nella regolazione della via di segnalazione PI3K/Akt/mTOR.

Questa fosfatasi, dotata di una doppia attività, esercitata sia sui lipidi che sulle proteine, agisce da inibitore tumorale attraverso l'inibizione della crescita cellulare e potenziando la sensibilità cellulare all'apoptosi ed all'anoikis: una tipologia di apoptosi, propria delle cellule epiteliali, innescata da alterazioni all'interno della matrice e da interazioni intra-extracellulari. (Lu et al., 1999).

Il ruolo principale della PTEN è quello di tamponare l'attività della PI3K attraverso la defosforilazione del PI-(3,4,5)-P3 (fosfatidil-inositolo-3,4,5-trifosfato) che viene perciò nuovamente riconvertito in PI-(4,5)-P2 (fosfatidil-inositolo-4,5-bifosfato) (Figura 11). Recenti studi hanno verificato una nuova attività, fosfatasi lipidica-indipendente, che contribuirebbe alla funzione di soppressore tumorale. (Carracedo et al., 2008 ; Salmena et al., 2008).

Infatti, nonostante la sua potente attività fosforilativa su serina, treonina e tirosina, è stato osservato che il ruolo onco-sopressore più importante si verifica con la

fosforilazione lipidica. (Ahn et al., 2008).

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28 La PTEN è una proteina costituita da 403 amino-acidi ed è composta da cinque domini funzionali: il dominio PBD (dominio che lega il PI-(4,5)-P3), un dominio fosfatasico, un dominio C2, un dominio carbossi-terminale ed il dominio legante PDZ (Figura 12). Il dominio fosfatasico contiene il sito attivo che promuove la funzione enzimatica di PTEN; mentre il dominio C2 lega il fosfolipide di membrana : perciò mentre PTEN si àncora alla membrana attraverso il dominio C2, il sito attivo lega il substrato PI-(4,5)-P3 per defosforilarlo. (Min et al., 2012).

.

Figura 12. La struttura della PTEN.

In quanto antagonista della cascata di eventi attivati da PI3K, la ridotta od alterata funzionalità di PTEN, provoca, nelle cellule, un accumulo di PI-(3,4,5)-P3 con conseguente amplificazione dei segnali a monte del pathway.

La perdita di attività della PTEN si verifica in un ampio spettro di neoplasie umane a causa di mutazioni, delezioni, errori trascrizionali od instabilità proteiche con la stessa

frequenza con cui si verificano alterazioni funzionali della p85. (Ali et al., 1999). La perdita di PTEN è tra le più comuni anomalie riscontrate nelle neoplasie maligne, tra

cui il carcinoma mammario. (Samuels e Velculescu, 2004).

La PTEN risulta aver sùbito una mutazione genica in diversi carcinomi umani allo stadio avanzato. Inoltre, mutazioni a ricarico di PTEN, nella fase germinale di alcune linee cellulari sono tipiche della sindrome di Cowden, una rara patologia ereditaria, cui è associato un aumento del rischio di sviluppo di diversi tumori, compreso quello al seno, alla tiroide e neoplasie endoteliali. (Simpson e Parson, 2001).

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29 1.2.3 PDK1

La PDK1 è una chinasi citoplasmatica coinvolta in un'ampia serie di processi cellulari relativi alle fasi di proliferazione, differenziazione ed apoptosi.

La proteina chinasi 1 fosfoinositide-dipendente (PDK1) è una componente cruciale delle vie di segnalazione PI3K/Akt perchè promuove la fosforilazione di Akt, ed altre proteine delle chinasi A, G, C, attraverso le interazioni con il PI-(3,4,5)-P3.

L'attivazione di questi fattori, mediata dalla PDK1, permette la realizzazione di una serie di eventi relativi alla crescita, al metabolismo, alla sopravvivenza ed alla proliferazione cellulare. (Gagliardi et al., 2012).

La PDK1 possiede un dominio chinasico N-terminale catalitico ed un dominio C-terminale PH (pleckstrin homology). (Stephens et al., 1998).

L'autofosforilazione in corrispondenza del dominio catalitico è fondamentale per la sua funzionalità.

La PDK1 attiva i suoi substrati mediando una fosforilazione in corrispondenza del loro loop attivo serina-treonina: affinchè ciò avvenga è fondamentale sia stata attivata la PI3K a monte e che vi sia disponibilità del substrato PI-(3,4,5)-P3.

Nello specifico il PI-(3,4,5)-P3 si lega al dominio PH della PDK1 e ciò non provoca la diretta attivazione della proteina, che avviene per auto-fosforilazione, ma piuttosto recluta e dirige l'enzima verso la membrana plasmatica : sede in cui la PDK1 attiva l'Akt attraverso il trasferimento del gruppo fosfato (Figura 13). (Biondi et al., 2002).

(30)

30 La PDK1 è stata ritrovata iper-espressa sia nelle proteine che nel mRNA in molte forme di carcinoma mammario con frequenti amplificazioni genomiche. Inoltre, la sua isoforma ser-241 fosforilata è stata riscontrata a concentrazioni maggiori nel carcinoma mammario maligno rispetto alla neoplasia benigna. (Xie et al., 2006 ; Lin et al., 2005). Caratteristica comune delle cellule tumorali è la loro capacità di sottrarsi ai segnali attivanti l'apoptosi ed inoltre, sono spesso resistenti all'anoikis, il processo di apoptosi indotto dal distacco della matrice cellulare.

E' stato dimostrato che :

• la PDK1 incrementa notevolmente l'insensibilità cellulare all'apoptosi;

• l'over-expression di PDK1 incrementa il volume della massa tumorale favorendo la proliferazione cellulare;

• la down-expression di PDK1 rallenta il processo di crescita delle cellule neoplastiche;

• tutti gli eventi cancerogeni mediati da PDK1 sono Akt-indipendenti (Figura 14). (Gagliardi et al., 2012).

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31 1.2.4 Akt

Anche se inserita nella cascata di segnalazione intracellulare PI3K/Akt/mTOR la proteina serina-treonina Akt, regola, singolarmente, una serie di processi relativi sia alla sopravvivenza della cellula che alla progressione del ciclo cellulare. (Porta et al., 2014). Le chinasi Akt (conosciute anche come PKB, proteine chinasi B) appartengono alla famiglia delle AGC chinasi, insieme alle chinasi AMP/GMP ed a proteine G.

Sono costituite da tre domini conservativi: un dominio PH N-terminale, un dominio chinasico centrale (CAT) ed un'estensione C-terminale (EXT) contenente un gruppo idrofobico (HM) regolatorio.

Nelle tre isoforme di Akt ( Akt1, Akt2, Akt3) il dominio PH si conserva per l'80% e la corrispondenza è del 30% con i domini PH della plecstrina e di altre proteine (Figura 15).

La regione del linker (LINK) connette il PH al dominio CAT (o KD) che si mantiene identico al 90% della struttura nelle tre isoforme ed è molto simile nei sottogruppi delle altre AGC chinasi.

La regione C-terminale presenta un'identità pari al 70% nelle isoforme Akt1, Akt2,

Akt3. (Kumar e Madison, 2005).

Figura 15. La struttura base che si conserva nelle tre isoforme di Akt.

I diversi target molecolari della Akt sono coinvolti, oltre che nei processi relativi alla crescita cellulare, nella sintesi di proteine, nel metabolismo del glicogeno e nella regolazione del ciclo cellulare (Fresno-Vara et al., 2004), e comprendono anche lo

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32 stesso mTOR, la GSK3 (chinasi-3 glicogeno sintetasi, glycogen synthase kinase-3), l'IRS-1 (recettore di substrato-1 dell'insulina, insulin receptor substrate-1), gli inibitori della chinasi ciclina-dipendente p21 CIP1/WAF1 e p27 KIP1 (Figura 16). (Liang e

Slingerland, 2003).

L'Akt è il bersaglio principale del PI-(3,4,5)-P3. Il legame del PI-(3,4,5)-P3 guida il reclutamento di Akt verso la membrana e la sua conseguente fosforilazione da parte del complesso chinasico-rictor di mTOR e da parte della PDK1. Ciò permette la totale attivazione di Akt che, in diversi momenti, procede alla fosforilazione di molti target proteici, tutti coinvolti nella regolazione di molti processi cellulari (Engelman et al., 2006) :

 Sopravvivenza e Ciclo cellulare: l'Akt promuove la sopravvivenza cellulare attraverso il blocco della trascrizione di proteine pro-apoptotiche FOXO-mediata come la FasL e la Bim.

L'Akt agisce anche in maniera diretta sulla famiglia delle FOXO, promuovendone la fosforilazione e portando alla loro inibizione attraverso il loro sequestro citoplasmatico. (Testa e Bellacosa, 2001).

Con la fosforilazione diretta della proteina pro-apoptotica BAD provoca la sua inattivazione. L'Akt promuove la fase G1-S del ciclo cellulare bloccando gli inibitori della trascrizione del ciclo cellulare FOXO-mediata, come il p27Kip1 e l'RBL2.

L'Akt provoca inoltre l'inibizione diretta di p27Kip attraverso la sua fosforilazione.

Attraverso l'inibizione del GSK3, l'Akt potenzia indirettamente alcune proteine coinvolte nel ciclo cellulare come la c-Myc e la Ciclina D1. (Pawson e Nash, 2000).

 Sintesi proteica: l'Akt fosforila la TSC2 e ciò provoca l'inibizione della formazione del complesso TSC1-TSC2 da parte della proteina GAP (GTPasi-attivante). La conseguenza diretta dell' evento consiste nell'attivazione del complesso chinasico-raptor di mTOR che promuove la fosforilazione di fattori enzimatici implicati nella sintesi proteica. (Engelman et al., 2006).

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33  Metabolismo cellulare: nel tessuto muscolare ed in quello adiposo, l'Akt promuove l'assorbimento di glucosio stimolando la traslocazione del trasportatore di membrana del glucosio GLUT4. L'Akt, inoltre, attiva la glicogeno-sintetasi attraverso l'inibizione della chinasi3-glicogeno sintetasi (GSK3) e regola la sintesi degli acidi grassi attivando la citrato-liasi-ATP (ATP-CL). (Cho et al., 2001).

Nel fegato, l'Akt inibisce la gluconeogenesi bloccando la trascrizione FOXO-mediata dagli enzimi gluconeogenici come la fosfopiruvato carbossi-chinasi (PEPCK) e la glucosio-6-fosfatasi (G6Pasi). (Garofalo et al., 2003).

Figura 16. Il pathway di Akt.

L'Akt svolge un ruolo chiave anche nella crescita e replicazione delle cellule cancerogene. (Zhao e Vogt., 2008). Questa serina-treonina chinasi, infatti, anche nelle cellule neoplastiche, può inattivare fattori pro-apoptotici come il Bad e la Procapsina-9 ed alcuni fattori di trascrizione della famiglia Forkhead i quali promuovono

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34 l'espressione di altri fattori pro-apoptotici, come il ligando-Fas (FasL). (Pawson e Nash, 2000; Testa e Bellacosa, 2001).

L'attivazione di Akt è stata associata, inoltre, ad un incremento della resistenza delle cellule del carcinoma prostatico all'apoptosi mediata dal fattore di necrosi tumorale (TNF). ( Chen et al., 2001).

Con la GSK3, l'Akt innesca una rete di segnali che regolano positivamente le fasi G1/S del ciclo cellulare attraverso l'inattivazione di GSK3-β, legato all'aumento di ciclina D1, un inibitore del fattore di trascrizione della famiglia Forkhead e la TSC2 (complesso della sclerosi tuberosa 2, soppressore tumorale) che risulta responsabile della riduzione di p27 Kip1. (Liang e Slingerland, 2003).

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35 1.2.5 GSK 3

La glicogeno-sintetasi chinasi 3 (GSK-3) è una proteina serina/treonina chinasi, altamente conservata, ubiquitariamene espressa, ritrovata in tutti gli eucarioti. (Double

e Woodjett, 2003).

Inizialmente descritta come un'enzima chiave coinvolto nel metabolismo del glicogeno e nell'omeostasi glucidica, in realtà, regola una serie di processi cellulari diversi tra loro (Cohen e Frame, 2001) come la sintesi proteica, la proliferazione e la differenziazione cellulare, il dinamismo delle strutture microtubulari e la motilità delle cellule, attraverso la fosforilazione di fattori d'iniziazione che prendono parta alla mitosi, fattori della trascrizione e proteine coinvolte in funzioni microtubulari e di adesione cellulare.

( Frame e Cohen, 2001).

Localizzata principalmente nel citoplasma, ma presente anche nelle regioni nucleari in seguito a determinati stimoli intra ed extra-cellulari, la GSK3 svolge un ruolo chiave anche in processi relativi a vie di trasduzione dei segnali e promuove una regolazione negativa in numerosi signaling come nella risposta cellulare al pathway WNT (Wingless-type MMTV integration site family), a fattori di crescita ed all'insulina con effetti sul metabolismo del glicogeno, lo sviluppo cellulare, la trascrizione genica, l'organizzazione del cito-scheletro e l'apoptosi.

A differenza di molte proteine chinasi, coinvolte nelle varie vie di segnalazione, la GSK3 è attiva anche nelle cellule che sono in una condizione "di riposo" e che non sono stimolate; la sua attività diminuisce quando la cellula sviluppa una risposta alle sollecitazioni ambientali.

Un'altra peculiarità della GSK3 è la preferenza per i substrati che sono stati precedentemente fosforilati da altre chinasi (Double e Woodjett, 2003).

L'insulina, fattori di crescita (come EGF, epidermal growth factor e PDGF, platelet-derived growth factor) ed alcuni amino-acidi inibiscono la GSK3 promuovendone la sua fosforilazione, trasformando il dominio N-teminale in un pseudosubstrato inibitore : ciò provoca l'impossibilità d'interazione tra la chinasi ed i substrati da fosforilare. (Ferkey e

Kimelman, 2002).

Nei mammiferi si ritrovano due isoforme di GSK3 : la GSK3-α e la GSK3-β codificate da geni distinti. La GSK3 β è particolarmente abbondante nel sistema nervoso centrale dove fosforila la serie di proteine MAPs (Microtubule-Associated Proteins) e promuove la stabilizzazione dei polimeri tubulari. ( Sayas et al., 2002).

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36 La GSK3 è regolata negativamente dall' attivazione dell'Akt PI3K- mediata e dal pathway WNT. (Clodfelder-Miller et al., 2005).

Regolatore cruciale della GSK3 è l'Akt : la fosforilazione ed inibizione di GSK3 potrebbero mediare alcuni tra gli effetti anti-apoptotici dell'Akt (Figura 17). ( Loberg et

al., 2009).

Figura 17 . Vari pathways in cui è coinvolta GSK3.

La GSK 3 è coinvolta nel pathway PI3K/Akt/mTOR ed in altre vie di segnalazione aventi effetti sulla proliferazione cellulare e l'apoptosi. Il ruolo della GSK3 non si rileva però univoco: promuove ed inibisce l'apoptosi a seconda del suo specifico bersaglio ed in base al contesto cellulare in cui agisce. (Jacobs et al., 2012).

La GSK3 induce l'attivazione della Caspasi 3, del gene pro-apoptotico soppressore tumorale p53 e del fattore pro-apoptotico BCL2 (componente delle cellule B nei linonomi leucemici). (Loberg et al., 2009).

Come componente del pathway WNT, la GSK3 promuove la divisione cellulare e dunque la proliferazione.

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37 D'altro canto prende parte a numerose altre vie di segnalazione pro-apoptotiche promuovendo la morte programmata della cellula : fosforilando vari target coinvolti nel processo attiva alcuni fattori pro-apoptotici ed inibisce l'attività dei fattori promuoventi la sopravvivenza cellulare (Figura 18). (Grimes e Jope, 2001).

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38 1.2.6 mTOR

Il bersaglio della rapamicina nei mamiferi ( mammalian target of rapamycin) è una proteina chiave che si è conservata durante il percorso evolutivo dal lievito fino all' uomo ed è essenziale per la vita. Mutazioni embrionali a carico di questa proteina si sono infatti rivelate letali. (Hay e Soneberg, 2004).

mTOR è un fondamentale regolatore di processi relativi alla crescita cellulare, alla biosintesi di proteine e lipidi e rappresenta il punto di convergenza di molti pathway intracellulari. (Wander et al., 2011).

La sua attività è regolata dai segnali inviati dai recettori dei fattori di crescita, dalla disponibilità di sostanze nutritive e dallo status energetico della cellula. (Engelman et

al., 2006).

Nelle cellule normali, l'attività di mTOR è controllata a monte da regolatori positivi (fattori attivanti) e negativi (fattori inibenti) (Figura 19). (Hay e Soneberg, 2004).

Figura 19. Fattori attivanti ed inibenti mTOR.

Regolatori positivi di mTOR comprendono :

• fattori di crescita e loro recettori, come il fattore di crescita insulina-like-1 (IGF-1) ed il suo recettore relativo IFGR-1, alcuni fra i recettori della famiglia di fattori di crescita epidermico umano (HER) ed i substrati ad essi associati, i

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39 recettori dei fattori di crescita endoteliali vascolari ed i loro ligandi, i quali trasmettono i segnali attraverso il pathway PI3K/Akt fino ad mTOR. (Shaw et

al., 2004).

• disponibilità di amino-acidi : recenti studi hanno dimostrato che l'attivazione da parte di questi costituenti nutritivi è mediata dalla subunità Vps34 delle PI3Ks della classe III. (Engelman et al., 2006).

Regolatori negativi di mTOR comprendono :

• PTEN (phosphatase and tensin homolog, fosfatasi del cromosoma 10) la quale inibisce il segnale attraverso il pathway PI3K/Akt;

• TSC1 e TSC2 ( proteine del complesso della sclerosi tuberosa : rispettivamente amartina e tuberina); la fosforilazione della TSC2 da parte di Akt impedisce il suo effetto inibitorio su mTOR e perciò iper-attiva l'effetto di mTOR. (Shaw et

al.,2004).

• LKB1 (chinasi B1 epatica, liver kinase B1) un potente amplificatore di TSC nel pathway. In condizioni energetiche favorevoli, la LKB1, una chinasi serina-treonina, che risulta essere mutata ed inattiva nei tumori epatici, tramite la fosforilazione, promuove l'attivazione di chinasi AMP (AMPK) quando i livelli intracellulari di AMP sono alti.

Le AMPK fosforilano la tuberina e ciò provoca, a differenza della fosforilazione promossa dall'Akt, l'attivazione del GAP (GTPaseActivating Protein) che determina, successivamente, l'inibizione di mTOR.

Nelle cellule LKB1-carenti, le AMPK non possono essere attivate e ciò provoca una costante attività di mTOR in condizioni di stress cellulare. (Engelman et al.,

2006).

Nelle cellule, mTOR è una componente di due complessi molecolari, strutturalmente simili : mTORC complex 1 ( mTOR1) ed mTORC complex 2 (mTOR2).

Entrambe le strutture presentano mTOR, il dominio Deptor, nel quale mTOR è contenuto ed interagisce con le proteine (Vicier et al., 2014), ed il componente mLST8 che si suppone essere in grado di legarsi al dominio chinasico di mTOR promuovendo

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40 una regolazione positiva dell'attività dello stesso mTOR (Figura 20). (Peterson et al., 2009).

Figura 20 . Strutture di mTORC1 ed MTORC2.

mTOR1 presenta, inoltre, la proteina regolatoria associata di mTOR (Raptor) ed il substrato dell' Akt di 40kDa ricco di prolina PRAS40, che risulta essere un modulatore negativo dell'attività di mTORC1, e che viene allostericamente inattivato dall'antibiotico macrolide rapamicina. (Kim et al., 2002). La rapamicina si lega irreversibilmente ad mTORC1 e provoca l'impauperimento del reclutamento di substrati. (Wander et al., 2011).

La subunità Raptor svolge un ruolo essenziale nella fosforilazione di mTORC1 interagendo con mTOR. Le modalità di interazione tra le due componenti del complesso però, non sono chiare e ancor più discordanti sono i risultati ottenuti da alcuni studi. (Kim et al., 2002).

Inizialmente è stato verificato come Raptor promuovesse la formazione del complesso mTORC1 ed avesse un'attività stimolante sulla subunità mTOR (Hara et al., 2002) ma studi successivi hanno dimostrato che il forte legame di Raptor ad mTor costituisce una condizione limitante per l'attività chinasica della subunità. (Kim et al., 2002).

Le ultime scoperte accettano entrambe le regolazioni di mTOR da parte di Raptor ponendo come disciminante le condizioni cellulari circa la disponibilità di nutrienti : nel caso in cui le sostanze nutritive siano presenti si verifica la formazione di un complesso

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41 instabile in cui mTOR risulta essere attivo ; in condizioni povere di nutrienti, mTORC1 è stabile ed mTOR presenta una ridotta funzionalità. (Zhou e Huang, 2010).

L'attivazione di mTORC1 è assicurata dall'inibizione della proteina TSC2 mediata dall'Akt tramite fosforilazione che impedisce la formazione del complesso TSC1-TSC2 (proteine della sclerosi tuberosa costituite rispettvamente da polimeri di tuberina ed amartina). Inoltre, la fosforilazione di PRAS40 da parte di Akt inibisce l'attività di TSC2, promuovendo, in maniera indiretta, la funzionalità di mTORC1. (Engelman et

al., 2006).

I substrati preferenziali di mTORC1 sono la S6K (proteina ribosomiale) che viene attivata dal complesso stesso e la 4E-BP1 (proteina che lega il fattore eucariotico di iniziazione) che invece viene inibita da mTOR1 : tali eventi influenzano la sintesi di proteine, la crescita e la proliferazione cellulare. (Xiaoju e Blenis, 2009; Hay e

Soneberg, 2004).

mTORC2 contiene la "rapamycin insensitive companion of mTOR" (Rictor), la Sin1 (stress-activated MAPK-interacting protein 1) che è interessata nella costituzione del complesso e nell'attivazione del pathway di chinasi nei momenti di stress cellulare e la subunità Proptor, il cui contributo nel complesso non è ancora chiaro. (Vicier et al., 2014).

La subunità Rictor ha un ruolo a monte della via di segnalazione di mTOR : è in grado di influenzare le attività di diverse proteine-bersaglio dello stesso mTORC2. E' la componente che conferisce la resistenza del complesso alla rapamicina poichè non permette la distorsione strutturale delle subunità. Anche se la rapamicina non inibisce direttamente mTORC2, è stato osservato che in alcune linee cellulari di linfoma e di carcinoma prostatico, l'uso prolungato di rapamicina, inibisce l'attività di mTORC2, presumibilmente attraverso il sequestro irreversibile di mTOR (Figura 21). (Sarbassov

et al., 2006).

L'attivazione di mTORC2 è promossa da PI3K e dal complesso delle proteine della sclerosi tuberosa TSC1-TSC2. Il complesso mTORC2 attiva l'Akt promuovendo così la successiva cascata dei segnali di trasduzione. In realtà, la promozione della crescita e della proliferazione cellulare attribuita ad mTORC2 sembra dipendere dall'attivazione, da parte del complesso, della proteina GSK che risulta essere un target a valle. (Pearce

(42)

42 mTORC2 è inoltre coinvolto nell'organizzazione strutturale del citoscheletro. (Xiaoju e

Blenis, 2009).

Figura 21. Il pathway di m-TOR.

mTOR si interfaccia con due differenti vie di segnalazioni positive : quella promossa dai fattori di crescita e quella sviluppata dai nutrienti. Poichè mTOR assume un ruolo chiave come fattore di comunicazione tra più pathways interconessi fra loro, mutazioni a suo carico e/o alterazioni delle vie di segnalazione a cui prende parte hanno risvolti dilaganti sui vari processi cellulari controllati dai pathways coinvolti. (Guertin e

Sabatini, 2007).

Alcuni studi suggeriscono che lo sviluppo della forma tumorale sia legata all'iper-attivazione dell'onco-proteina Akt da cui dipendono sia la fosforilazione di TSC2 che pertanto viene inibita, sia la successiva funzionalità di mTORC1 verso la cancerogenesi. (Inoki et al., 2002).

(43)

43 Nonostante le differenze strutturali dei due complessi mTORC1 ed mTORC2, le proteine Deptor (DEP domain-containing mTOR-interacting protein) sono in grado di legare ed inattivare entrambi i complessi. La up-regulation dell'espressione di Deptor od un potenziamento della sua attività potrebbero rappresentare la chiave di regolazione di nuove strategie d'inibizione di mTOR. (Peterson et al., 2009).

1.2.7 Chk1

La capacità di un organismo di verificare e risolvere la condizione di danneggiamento al DNA garantisce la sua stessa sopravvivenza a lungo termine. Conseguentemente, le cellule hanno sviluppato un'elaborata risposta al danneggiamento del DNA attraverso un pathway che rileva alterazioni alla struttura del DNA e trasmette il segnale agli effettori che assicurano la sopravvivenza cellulare. (Elledge, 1996).

Il pathway di segnalazione di risposta al danneggiamento del DNA (DDR : DNA damage response) viene attivato dalla rottura dei filamenti della doppia elica di DNA indotta da una serie eterogenea di eventi traumatici endogeni ed esogeni. Tra questi vi sono le terapie utilizzate per il trattamento di neoplasie come le radiazioni ionizzanti e gli agenti chemioterapici citotossici quali la gemcitabina, l'irinotecan ed il cisplatino. (Smith et al., 2010).

L'attivazione della via di segnalazione DDR si traduce in una serie di risposte cellulari che comprendono l'attivazione dei punti di check e l'arresto del ciclo cellulare, l'inizio della riparazione del doppio filamento, la regolazione della trascizione di DNA e l'apoptosi. (Dai e Grant, 2010; Smith et al., 2010).

Due componenti della famiglia delle fosfoinositol-chinasi (PIK), la ATR e la ATM, sono gli enzimi catalizzanti l'innesco della cascata di segnalazione DDR.

Le serina-treonina check-point chinasi Chk1 e Chk2 sono rispettivamente attivate dalle chinasi ATR ed ATM in risposta alla rottura di DNA : formano così la chiave di legame tra le chinasi ATR/ATM e i processi relativi al ciclo cellulare. (Liu et al., 2000).

Nonostante la similitudine nel nome la Chk1 e la Chk2 differiscono sostanzialmente nella struttura della loro tasca chinasica (Chen et al., 2000 ; Cal et al., 2009) e nella loro attività : si ritiene che Chk1 abbia un ruolo maggiore nella risposta al danneggiamento del DNA. (Bucher e Britten , 2008).

(44)

44 La Chk1 presenta un dominio N-chinasico terminale, una regione linker, un dominio SQ ed un dominio C-terminale.

La fosforilazione di Chk1, da parte di ATR, promuove l'attivazione dei punti di controllo ed arresta il ciclo cellulare. Chk1 è un fondamentale trasduttore del segnale che verifica la rottura del filamento del DNA (Figura 22). (Liu et al, 2000).

Chk1 svolge la sua attività durante due fasi del ciclo cellulare : la fase G1/

S (di sintesi) e la fase M (mitosi). Durante la fase G1/ S, Chk1 verifica la progressione della replicazione del DNA; in quella M agisce da proteina di controllo come regolatore di fase. (Brown e Baltimore, 2003).

Figura 22. Il pathway di Chk1.

Una ridotta attività di Chk1 si traduce in un aumento della replicazione del DNA associata a rottura del filamento, danneggiamenti a carico della forcella di replicazione del DNA ed una generale condizione di stallo durante la replicazione cellulare. Ciò dimostra che il ruolo della Chk1 sia di fondamentale importanza nel processo di proliferazione cellulare. (Syljåsen et al., 2005).

(45)

45 L'inibizione di Chk1 causata da stress geno-tossico (come quello indotto da chemioterapie citotossiche) comporta l'eliminazione dei punti di check, l'inibizione della riparazione del DNA e l'induzione alla morte cellulare. ( Bucher e britten , 2008 ; Cho

et al., 2005).

Inoltre si suppone che tra i vari check-point del danneggiamento del DNA, l'attività chinasica di Chk1, potrebbe essere cruciale per la replicazione di linee cellulari tumorali con specifiche e definite alterazioni, relative alle fasi di riparazione del DNA e di attivazione dei pathway di riparazione difettosi del DNA. (Kawabe, 2004 ; Garret e

Collins, 2011): condizioni che son state verificate in carcinomi endometriali, gastrici e

colon-rettali. (Barket e Lukas, 2003).

A tale proposito, si stanno studiando gli effetti mediati da piccole molecole, inibitori selettivi di Chk1, affinchè possano affiancare l'attività anti-tumorale dei chemioterapici e contemporaneamente non provocare tossicità nelle cellule sane. (Kawabe, 2004 ;

Garret e Collins, 2011).

Chk2 è una proteina espressa durante tutte le fasi del ciclo cellulare (Lukas et al., 2001) e risulta essere prettamente inattiva in assenza del danneggiamento del DNA. Viene attivata dalla ATM in risposta alla rottura del doppio filamento e la sua attivazione provoca la dimerizzazione, l'autofosforilazione e la fosforilazione di altri substrati trasduttori del segnale (Figura 23). (Barket e Lukas, 2003).

(46)

46

Sulla base del sua attività in risposta al danneggiamento di DNA, Chk2 è stata

considerata come possibile target di terapie anti-tumorali ma recenti scoperte hanno rivelato una nuova funzionalità della proteina di controllo, compatibile con un'attività tumore-soppressore.

Recenti studi hanno verificato la presenza di anomalie nelle Chk2 di cellule di carcinoma mammario e di tumore al colon (Figura 24). (Stolz et al., 2011).

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