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SOLUZIONI COMPITO DI MATEMATICA DEL 16 APRILE 2019

Marco Monaci

1Liceo Scientifico G. Marconi (5F)

Studio di funzione ed effetto fotoelettrico:

Il primo problema richiedeva innanzitutto di studiare la seguente funzione: f (x) = x 4− 5x2+ 4 √ x2− 1

1.1 Campo di Esistenza

Il numeratore x4− 5x2+ 4 come al solito non dà

pro-blemi, quindi l’unica cosa che ci resta da studiare è il denominatore. Sappiamo che deve essere:

p

x2− 1 6= 0

Tuttavia la radice è definita solo se il radicando è positivo o uguale a zero, quindi:

x2− 1 ≥ 0 Ovvero:

x ≤ −1 ∨ x ≥ 1

Tuttavia questa condizione va unita alla condizione per cui tutta la radice deve essere diversa da zero, e questo significa che le disuguaglianze devono essere strettamente verificate, cioè:

x < −1 ∨ x > 1

1.2 Simmetrie

Dobbiamo eventualmente verificare le seguenti condi-zioni: f (x) = f (−x) P ARI f (x) = −f (−x) DISP ARI Calcoliamo quindi f (−x): f (−x) = (−x) 4− 5(−x)2+ 4 p(−x)2− 1 = x4− 5x2+ 4 √ x2− 1

E poiché f (−x) è uguale a f (x) concludiamo che tale funzione è pari.

Questo ci permette di studiare la funzione nel solo intervallo x > 0, in quanto poi basta effettuare una riflessione rispetto all’asse y per ottenere l’altro pezzo mancante.

1.3 Intersezioni

L’intersezione con l’asse y non esiste, in quanto x = 0 è fuori dal dominio (e di conseguenza l’intero asse y è fuori dal dominio!). Cerchiamo quindi le intersezioni con l’asse delle x:

0 = x

4− 5x2+ 4

√ x2− 1

Ovvero il numeratore deve essere posto uguale a zero: x4− 5x2+ 4 = 0

Questa equazione può essere agilmente risolta con la seguente sostituzione: t = x2 Da cui: t2− 5t + 4 = 0 t1,2= 5 ±√25 − 16 2 ( t1= 4 t2= 1

Sostituendo nuovamente la x troviamo le seguenti equazioni:

x2= 4 −→ x = ±2 x2= 1 −→ x = ±1

Controllando queste soluzioni notiamo che x = ±1 non sono compatibili con le CE, quindi in definitiva le uniche due soluzioni sono:

x1= −2 ∨ x2= 2

1.4 Studio del segno

Notiamo che per le condizioni di esistenza il denomina-tore è sempre positivo (è una radice) quindi non inficerà il segno. Limitiamoci quindi a studiare il numeratore.

Abbiamo già calcolato le soluzioni, quindi possiamo fattorizzarlo nel seguente modo:

(t − 4)(t − 1) ≥ 0 Ovvero:

(x2− 4)(x2− 1) ≥ 0

Studiamo separatamente i due fattori: (

x2− 4 ≥ 0 −→ x2≥ 4 −→ x ≤ −2 ∨ x ≥ 2

x2− 1 ≥ 0 −→ x2≥ 1 −→ x ≤ −1 ∨ x ≥ 1

Figura 1:Studio del segno della funzione. La zona grigia è quella fuo-ri dalle condizioni di esistenza e quindi non va considerata.

In Figura 1 è riportata la retta dei reali con lo studio del segno della funzione. In definitiva abbiamo quindi che la funzione è positiva per:

x ≤ −2 ∨ x ≥ 2

1.5 Limiti agli estremi del dominio

Iniziamo studiando il limite: lim

x→∞

x4− 5x2+ 4

√ x2− 1

Tale limite si risolve facilmente usando la gerarchia degli infiniti. Infatti il termine x4 al numeratore cresce

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molto più rapidamente rispetto a tutti gli altri, in parti-colare rispetto alla radice. Quindi per x → ∞ abbiamo una forma del tipo √∞4

∞ che tende a ∞. Quindi: lim x→∞ x4− 5x2+ 4 √ x2− 1 = ∞

Poiché la funzione è pari, lo stesso identico discorso si può applicare per x → −∞. Abbiamo quindi:

lim

x→−∞

x4− 5x2+ 4

x2− 1 = ∞

Adesso occupiamoci del limite per x → 1: lim

x→1=

x4− 5x2+ 4

√ x2− 1

Tale forma è del tipo 0

0, quindi è una forma

indeter-minata. Possiamo scegliere due strade per "sbloccarla". Una è utilizzare il classicissimo e sempre valido Hôpi-tal, ovvero derivare separatamente il numeratore e il denominatore: lim x→1= x4− 5x2+ 4 √ x2− 1 lim x→1= 4x3− 10x 2x 2√x2−1 lim x→1= (4x3− 10x)√x2− 1 x

Sostituendo x = 1 in quest’ultima forma si ottiene

0

1 = 0, quindi in definitiva abbiamo che:

lim

x→1=

x4− 5x2+ 4

x2− 1 = 0

Di nuovo, poiché la funzione è pari, anche il limite per x → −1 la funzione si comporta nello stesso identico modo, ovvero: lim x→−1= x4− 5x2+ 4 √ x2− 1 = 0

Un altro metodo per "sbloccare" la forma inde-terminata è rappresentato da un piccolo trucco algebrico: x4− 5x2+ 4 √ x2− 1 = (x2− 4)(x2− 1) √ x2− 1 = (x2− 4)√x2− 1x2− 1 √ x2− 1 = (x2− 4)px2− 1

Questa forma non è più indeterminata e quindi si può calcolare il limite.

Per quanto riguarda gli asintoti obliqui possiamo af-fermare con certezza che non ce ne sono, infatti il grado del numeratore è molto più alto del grado del denomi-natore (infatti il denomidenomi-natore asintoticamente andrà come ∼ x, quindi abbiamo una differenza di 3 gradi fra numeratore e denominatore).

1.6 Studio della derivata prima

Calcoliamo ora la derivata prima della funzione. Può sembrare molto lunga, ma con il trucco algebrico (x2 − 1) =x2− 1x2− 1 la derivata si semplifica notevolmente. f0(x) = (4x3− 10x)x2− 1 − (x4− 5x2+ 4) x x2−1 (√x2− 1)2 = (4x3− 10x)x2− 1 − (x2− 4)x2− 1x2− 1x x2−1 (√x2− 1)2 = (4x 3− 10x)x2− 1 − x(x2− 4)x2− 1 (√x2− 1)2 = 4x 3− 10x − x(x2− 4) √ x2− 1 = 4x 3− 10x − x3+ 4x √ x2− 1 = 3x 3− 6x √ x2− 1 = x(3x 2− 6) √ x2− 1

Quindi la derivata prima è:

f0(x) =x(3x

2− 6)

√ x2− 1

Studiare il segno di questa derivata è molto semplice, in quanto per le condizioni di esistenza il denominatore è sempre maggiore di 0. Quindi:

f0(x) ≥ 0 x(3x2− 6) ≥ 0

Studiando separatamente i termini abbiamo: (

x ≥ 0

3x2− 6 ≥ 0 −→ x ≤ −2 ∨ x ≥2

Quindi in definitiva abbiamo che la derivata prima è positiva per:

−√2 ≤ x ≤ 0 ∨ x ≥√2

La funzione in definitiva presenta solo due minimi rispettivamente per x = −√2e per x =√2.

In Figura 2 è riportato lo studio del segno della derivata prima.

(3)

Figura 2:Studio del segno della derivata prima della funzione. Le frecce indicano gli andamenti della funzione. La zona gri-gia è quella fuori dal dominio. Notare come il massimo della funzione sia esterno al dominio, e quindi non vada disegnato.

1.7 Studio della derivata seconda

Anche la derivata seconda è piuttosto lunga, tutta-via sarà facilissimo studiarla. Quindi calma e gesso e partiamo con i calcoli.

f ”(x) = (9x2− 6)x2− 1 − (3x3− 6x)x x2−1 (√x2− 1)2 = (9x 2− 6)x2− 1 − (3x3− 6x)x√x2−1 x2−1 (√x2− 1)2 = (9x 2− 6) −x(3x3−6x) x2−1 √ x2− 1 = (9x2−6)(x2−1)−x(3x3−6x) x2−1 √ x2− 1 = (9x 2− 6)(x2− 1) − x(3x3− 6x) (x2− 1)3/2 = 9x 4− 6x2− 9x2+ 6 − 3x4+ 6x2 (x2− 1)3/2 = 6x 4− 9x2+ 6 (x2− 1)3/2

Quindi la derivata seconda in definitiva è:

f00(X) = 6x

4− 9x2+ 6

(x2− 1)3/2

Vogliamo ora studiarne il segno. Il denominatore è sicuramente sempre positivo (per le condizioni di esi-stenza) quindi l’unica cosa che ci resta da studiare è il numeratore. Imponiamo quindi:

6x4− 9x2+ 6 ≥ 0

Possiamo sostituire t = x2:

6t2− 9t + 6 ≥ 0

Un rapido controllo al ∆ ci mostrerà che è negativo, conseguentemente non esistono intersezioni con l’asse x. Ma poiché la disequazione è del tipo ≥ 0, significa che questa parabola è sempre positiva, ovvero la disequa-zione è sempre verificata. Ciò significa che la derivata seconda è sempre positiva ∀x ∈ D, dove con D abbiamo indicato il dominio. -2.5 -2 -1.5 -1 -0.5 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 -2 0 2 4 6 8

Figura 3:Il grafico della funzione proposta. Notare come la funzione non sia definita nell’intervallo [−1, 1] come avevamo preven-tivato nello studio delle condizioni di esistenza. Inoltre nei punti x = ±1 la funzione tende a zero, senza però toccare l’asse delle x. Li abbiamo quindi indicati con un pallino vuoto, in modo da ricordarci che effettivamente non sono punti di intersezione validi, per quanto la funzione tenda ad essi.

In definitiva la concavità della funzione è sempre

rivolta verso l’alto e non ci sono flessi a tangente obliqua.

In Figura 3 riportiamo il grafico della funzione appena studiata.

1.8 Effetto fotoelettrico

Da ora in avanti consideriamo la funzione dipendente dal tempo, quindi rinominiamo la variabile:

f (t) =t

4− 5t2+ 4

√ t2− 1

Dove per l’appunto con t abbiamo indicato il tempo, che deve essere t > 2 per ipotesi. Tale funzione esprime la frequenza emessa da una lampadina di laboratorio in funzione del tempo.

Ricordiamoci ora la formula dell’effetto fotoelettrico: e∆V = hν − Le

Dove:

• e = carica dell’elettrone (1.602 · 10−19C);

• ∆V = potenziale di arresto (espresso in Volt); • h = costante di Planck (4.135 · 10−15eV · s); • ν = frequenza (espressa in Hz);

• Le= lavoro di estrazione (caratteristica intrinseca

del materiale, espressa in eV ).

Affinché ci sia effetto fotoelettrico, ovvero gli elettroni possano abbandonare il metallo, è necessario che

alme-no l’energia hν sia uguale al lavoro di estrazione. Ciò significa che l’energia con la quale gli elettroni abban-donano il metallo è pressoché nulla, ovvero il termine

(4)

e∆V lo imponiamo pari a zero. Quindi abbiamo come situazione:

hν = Le

Da cui possiamo ricavare la frequenza minima ν per la quale abbiamo effetto fotoelettrico:

ν = Le h

Ma ν ci viene fornita proprio dalla funzione studiata poco fa, quindi possiamo scrivere:

t4− 5t2+ 4

t2− 1 · 10

15Hz = Le

h

A questo punto possiamo sostituire al lavoro di estra-zione i dati forniti dal problema. Patiamo dall’argento, che ha un lavoro di estrazione Le= 4.26 eV. Scriviamo

quindi: t4− 5t2+ 4 √ t2− 1 · 10 15Hz = 4.26 eV 4.135 · 10−15eV · s Semplificando otteniamo: t4− 5t2+ 4 √ t2− 1 = 1.03 t4− 5t2+ 4 = 1.03p t2− 1

Elevando entrambi i membri al quadrato otteniamo: t8+ 25t4+ 16 − 10t6+ 8t4− 40t2= 1.03t2− 1.03

Riarrangiando i termini otteniamo alfine: t8− 10t6+ 33t4− 41.03t2+ 17.03 = 0

Questa equazione sicuramente non ha una soluzione analitica. Si può procedere quindi ad una risoluzione numerica approssimata, per esempio usando un PC con un linguaggio di programmazione adatto. La procedura seguita è esattamente la stessa per le altre targette me-talliche, in cui semplicemente c’è da sostituire il lavoro di estrazione; poi per il resto il ragionamento è identico. Risolvendo quindi le equazioni con un metodo numerico otteniamo i seguenti valori per i tempi:

tAg= 2.13 s tCo= 2.15 s tN d= 2.1 s

Sostanzialmente quindi dopo poco più di due secon-di dall’accensione della lampasecon-dina tutti e tre i mate-riali metallici iniziano a produrre elettroni per effetto fotoelettrico.

Funzione con campo magnetico entrante:

Anche il secondo problema chiedeva di studiare la seguente funzione:

f (x) = x + 3 3x3+ 6x2− 8x + 3

2.1 Campo di esistenza

Essendo una frazione, l’unica cosa che dà problemi è il denominatore, che dobbiamo impostare diverso da zero. Quindi:

3x3+ 6x2− 8x + 3 6= 0

Questo polinomio può essere scomposto con Ruffini, utilizzando come divisore −3:

(x + 3)(3x2− 3x + 1) 6= 0

Figura 4:Scomposizione di Ruffini per il denominatore.

In Figura 4 riportiamo la tabella con la scomposizio-ne di Ruffini. Ricordiamoci di cambiare il segno del divisore!

A questo punto studiamo separatamente i due fattori: x + 3 6= 0

Ovvero:

x 6= −3 Passiamo ora al secondo fattore:

3x2− 3x + 1 6= 0

Un rapido controllo al ∆ ci convincerà che questa parabola non ha soluzioni reali, ovvero non si annulla mai. Quindi non dà mai problemi.

In definitiva l’unico punto fuori dal dominio è x = −3, quindi possiamo definire finalmente il campo di esistenza come:

∀x ∈ R − {−3}

Ed occhio ora al vezzo, perché con questa scomposi-zione possiamo scrivere la frascomposi-zione come:

f (x) = x + 3

(x + 3)(3x2− 3x + 1)

E quindi possiamo semplificare il numeratore con parte del denominatore:

f (x) = 1

3x2− 3x + 1 con x 6= −3

Possiamo già intuire che nel punto x = −3 ci sarà una discontinuità di terza specie: tuttavia lo vedremo meglio con il calcolo dei limiti.

2.2 Simmetrie

Calcoliamo f (−x): f (−x) = 1 3(−x)2− 3(−x) + 1 = 1 3x2+ 3x + 1

Tale f (−x) non è uguale a f (x) né tantomeno a −f (x); questo significa che la funzione non è né pari, né dispari.

2.3 Intersezioni

Stando attenti al dominio possiamo chiaramente da ora in avanti studiare:

f (x) = 1 3x2+ 3x + 1

Sicuramente questa funzione non avrà intersezioni con l’asse x, in quanto non possiamo annullare il de-nominatore, e il numeratore è indipendente dalla x.

(5)

Troviamo ora le intersezioni con l’asse y imponendo x = 0:

f (0) = 1 L’unica intersezione è quindi:

( x = 0 y = 1

2.4 Studio del segno

Imponiamo:

f (x) ≥ 0 1

3x2+ 3x + 1≥ 0

Il numeratore è sicuramente sempre maggiore di zero (chiunque sarà d’accordo che 1 è maggiore di 0 anche dopo quattro gin tonic), mentre il denominatore abbiamo visto che è sempre maggiore di 0, in quanto possiede il ∆ negativo. Detto questo, l’intera funzione risulterà

sempre positiva:

f (x) > 0 ∀x ∈ R

Il fatto che risulti sempre positiva è in buon accordo con il fatto che x = −3 non sia una discontinuità di seconda specie (ovvero comportamento asintotico nel punto di accumulazione x = −3) ma una discontinuità di terza specie. Infatti se ci fosse un andamento asintotico la funzione potrebbe essere anche negativa.

Facciamo un attimo i matematici. Definiscasi

pun-to di accumulazione x0 di un insieme A se preso

qualunque intorno I(x0)di x0 esiste almeno un

pun-to x che sia diverso da x0appartenente all’insieme

A:

∀I(x0) ∃x ∈ A | x ∈ I(x0)\{x0}

Detto in parole semplici, se zoomiamo attorno al punto di discontinuità, ovvero al punto di

accumu-lazione, che non appartiene all’insieme A,

trove-remo sempre infiniti punti che invece

appartengo-no all’insieme A; si accumuleranappartengo-no attorappartengo-no ad x0

senza mai toccarlo.

2.5 Limiti agli estremi del dominio

Adesso occupiamoci dei limiti agli estremi del dominio. Partiamo da quelli semplici, ovvero per x → ±∞.

lim

x→∞

1

3x2− 3x + 1 = 0

In questo caso è sufficiente effettuare una sostituzione. Anche osservando la potenza maggiore del denominatore x2 è facile capire la tendenza.

Stesso discorso vale per il limite per x → −∞: lim

x→−∞

1

3x2− 3x + 1 = 0

Infatti la potenza dominante è pari, quindi il se-gno sarà sempre positivo. Una rapida sostituzione ci convincerà di questo risultato.

Adesso occupiamoci del limite per x → −3, che invece è leggermente più complesso. Per essere certi studiamo i limiti destro e sinistro per la funzione:

lim x→−3+ 1 3x2− 3x + 1 = 1 37

Quindi notiamo che tende ad un valore finito. Questo limite è uguale anche al limite sinistro:

lim x→−3− 1 3x2− 3x + 1 = 1 37

Quindi la funzione tende ad un valore finito, senza mai raggiungerlo. Infatti ricordiamo che per x = −3 la funzione non è definita.

In definitiva possiamo dire senza alcun dubbio che sotto il punto x = −3 si cela la più subdola e infima delle discontinuità, ovvero quella di terza specie. Nel grafico tale discontinuità conta quanto un due di picche quando la briscola è fiori, in quanto nel disegno risulta invisibile. In altre parole la funzione appare in tutto e per tutto continua, dobbiamo solo segnare il punto di discontinuità con un pallino vuoto.

Detto questo i limiti sono sistemati e possiamo passare alla studio delle derivate prime e seconde.

2.6 Studio della derivata prima

Calcoliamo la derivata prima della funzione. f0(x) = −(6x − 3)

(3x2− 3x + 1)2

= 3 − 6x (3x2− 3x + 1)2

Quindi in definitiva la derivata prima è:

f0(x) = 3 − 6x (3x2− 3x + 1)2

A questo punto studiamo il segno della derivata prima. Poiché il denominatore è elevato alla seconda, e per di più ha il delta negativo, sarà sicuramente sempre positivo e quindi non cambia il segno della derivata prima.

Resta da studiare il numeratore: 3 − 6x > 0 −6x > −3 x > −3 −6 x < 1 2 Quindi per x < 1

2 la funzione sarà crescente, mentre

per x > 1

2 la funzione sarà decrescente. Ciò significa

che x = 1

2 è un punto di massimo.

2.7 Studio della derivata seconda

Adesso occupiamoci della derivata seconda. Il segreto delle derivate è di evitare il più possibile di svolgere i calcoli e le parentesi, e mantenere quanto più possibile i fattori. Partiamo dall’espressione della derivata prima:

f0(x) = 3 − 6x (3x2− 3x + 1)2

(6)

Adesso deriviamo nuovamente. f00(x) = −6(3x 2− 3x + 1)2− 2(3 − 6x)(3x2− 3x + 1)(6x − 3) (3x2− 3x + 1)4 = −6(3x 2− 3x + 1)2+ 2(6x − 3)(3x2− 3x + 1)(6x − 3) (3x2− 3x + 1)4 = −6(3x 2− 3x + 1) + 2(6x − 3)2 (3x2− 3x + 1)3

Questa derivata conviene lasciarla così perché è facile da studiare:

−6(3x2− 3x + 1) + 2(6x − 3)2

(3x2− 3x + 1)3

Ora studiamo il segno della derivata seconda. Anche in questo caso il denominatore non dà problemi, in quanto il polinomio all’interno della parentesi è sempre positivo, quindi non cambia il segno della derivata.

Studiamo quindi il segno del numeratore: −6(3x2− 3x + 1) + 2(6x − 3)2≥ 0

−18x2+ 18x − 6 + 2(36x2+ 9 − 36x) ≥ 0

−18x2+ 18x − 6 + 72x2+ 18 − 72x ≥ 0

54x2− 54x + 12 ≥ 0 27x2− 27x + 6 ≥ 0

Tale equazione di secondo grado ha soluzioni associate:

( x1= 23

x2= 13

Quindi la concavità della funzione è rivolta verso l’alto negli intervalli:

x ≤ 1 3 ∨ x ≥

2 3

Figura 5:Studio del segno della derivata seconda. Sono presenti due flessi in corrispondenza di x = 1/3 e di x = 2/3.

A questo punto abbiamo finalmente tutti gli elementi per disegnare un grafico presunto della funzione.

2.8 Calcolo dell’area e campo magnetico entrante

Il problema ora ci chiede di effettuare una riflessione (non con il cervello, ma effettuando una operazione algebrica) rispetto all’asse x. Questo si ottiene in ma-niera semplicissima ponendo un meno davanti a tutta la funzione, ovvero: g(x) = −f (x) -3 -2 -1 0 1 2 3 -1 0 1 2 3 4 5

Figura 6:Grafico della seconda funzione proposta. Come al nostro solito abbiamo indicato con un rombo rosso il massimo e con due stelline blu i punti di flesso dove la concavità cambia. Inoltre abbiamo indicato con un pallino pieno l’intersezione con l’asse delle y, mentre con il pallino vuoto abbiamo indicato l’unico punto di discontinuità di terza specie della funzione.

Da cui molto semplicemente: g(x) = − 1

3x2− 3x + 1

E altrettanto semplicemente è possibile disegnare un grafico, in quanto basta disegnarlo speculare proprio rispetto all’asse x.

Figura 7:Grafico di f (x) e della sua funzione riflessa g(x).

In Figura 7 possiamo vedere i due grafici speculari. Il problema ci chiede ora di considerare l’area com-presa fra questi due grafici e l’intervallo [−4, 4]. Suc-cessivamente ci chiede di calcolare la fem indotta se in questa area viene inserito un campo magnetico entrante di equazione:

(7)

Sappiamo che per calcolare la fem indotta è necessario applicare la legge di Faraday-Neumann-Lenz, ovvero:

f em = −dΦ(B) dt

Quindi dobbiamo calcolare il flusso come: Φ(B) = A · B(t)

Occupiamoci ora del calcolo dell’area. Innanzitutto l’a-rea compresa fra f (x) e g(x) è il doppio dell’al’a-rea sottesa dalla sola funzione f (x), quindi possiamo scrivere:

A = 2 Z 4 −4 f (x) dx Ovvero: A = 2 Z 4 −4 1 3x2− 3x + 1 dx

Questo integrale, poiché il denominatore ha delta negativo, ha una formula risolutiva chiavi in mano, infatti: Z k ax2+ bx + c dx = 2k · arctan2ax+b√ −∆  √ −∆ + c

Usando tale formula nel nostro caso otteniamo: A = 2 ·  2 √ 3arctan  6x − 3 √ 3 4 −4

Calcolando l’integrale definito abbiamo come area: A ' 6.92 m2

Trovata l’area, è facile calcolare il flusso: Φ(B) = AB0cos(ωt)

Derivando il flusso rispetto al tempo e cambiando di segno (per la legge di Lenz) troviamo la fem cercata:

f em = −(−AB0ω sin(ωt))

Da cui:

f em = AB0ω sin(ωt)

Questa è la fem indotta nella spira che ha come profilo la frontiera dell’area A, delimitata dalle due funzioni f (x) e g(x) e dai limiti [−4, 4]. Il suo grafico è quello di un seno.

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