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Outcome clinico e laboratoristico in pazienti ricoverati per scompenso cardiaco acuto

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Academic year: 2021

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CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRUGIA

Tesi di Laurea

OUTCOME CLINICO E LABORATORISTICO IN

PAZIENTI RICOVERATI PER SCOMPENSO

CARDIACO ACUTO

RELATORE CANDIDATO

Prof. Lorenzo Ghiadoni Isotta Nicolai

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2

A Madre Carolina Beltrami e

A mia sorella Benedetta.

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Indice

RIASSUNTO INTRODUZIONE 1. LO SCOMPENSO CARDIACO……….8 1.1 GENERALITA’... 8 1.2 TERMINOLOGIA E CLASSIFICAZIONE ... 9 1.3 EZIOLOGIA ... 10 1.4 FISIOPATOLOGIA ... 11 1.5 QUADRO CLINICO ...187

2. SCOMPENSO CARDIACO ACUTO... 21

2.1 GENERALITA’ ... 21 2.2 EZIOPATOLOGIA...275 2.3 PRESENTAZIONE CLINICA ... 37 2.4 DIAGNOSI...443 2.5 ESAMI EMATOCHIMICI………..…………....48 2.6 TERAPIA………52 2.6.1 TERAPIA DIURETICA ... 59 2.6.2 I DIURETICI DELL’ANSA ... 63

2.6.3 EFFETTI AVVERSI TERAPIA DIURETICA……….63

2.7 ALTRI REGIMI TERAPEUTICI ... 70

3. MATERIALI E METODI ... Errore. Il segnalibro non è definito. 3.1 DISEGNO DELLO STUDIO E PAZIENTI ... Errore. Il segnalibro non è definito. 3.2 DATI ANAMNESTICI ... Errore. Il segnalibro non è definito. 3.3 DATI CLINICI E DI LABORATORIO... Errore. Il segnalibro non è definito.4 3.4 TERAPIA INFUSIONALE E BILANCIO NEGATIVO .Errore. Il segnalibro non è definito. 3.5 ANALISI STATISTICA ... Errore. Il segnalibro non è definito.6 4. RISULTATI ... Errore. Il segnalibro non è definito.7 5. DISCUSSIONE ...225

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RIASSIUNTO

Lo scompenso cardiaco affligge circa 6 milioni di persone in America, con un milione di visite al pronto soccorso e oltre un milione di dimissioni ospedaliere annuali. In Italia circa tre milioni di persone siano affette da questa patologia e, solo nel 2003, il numero dei ricoveri per insufficienza ca rdiaca ammontava a oltre 200.000. LA prevalenza dello scompenso cardiaco è destinata ad aumentare per l’invecchiamento della popolazione e una migliore sopravvivenza da malattie cardiovascolari acute Entro il 2030 un aumento stimato del 25% della prevalenza i tradurrà in ulteriori 3 milioni di persone affette. Quindi, entro il 2030, l'importo speso per l'assistenza ospedaliera per lo scompenso cardiaco sarà ancora maggiore in quanto si prevede che i costi totali annui si aggirino intorno ai 70 miliardi.

Scompenso cardiaco e malattia renale sono condizioni frequentemente associate e correlate tra loro da una complessa rete di meccanismi fisiopatologici. La presenza di una ridotta funzione renale in pazienti con scompenso cardiaco è associata ad un aggravamento della prognosi, a resistenza alla terapia diuretica e spesso complica l’approccio terapeutico. Inoltre, molti studi hanno dimostrato come la terapia diuretica stessa possa peggiorare la funzione renale, oltre ad incrementare la mortalità e i tassi di riospedalizzazione, in modo direttamente proporzionale ai dosaggi utilizzati.

I reparti di medicina d’urgenza svolgono un ruolo significativo nella gestione dei pazienti con insufficienza cardiaca acuta. Le decisioni terapeutiche e di disposizione adottate dai suddetti reparti hanno un impatto diretto sulla morbilità, mortalità e durata del ricovero ospedaliero, tutte incidono sui costi dell'assistenza sanitaria.Un importante problema sanitario è rappresentato dall'elevata incidenza di ospedalizzazione per SC. Il principale motivo di ricovero nei pazienti con scompenso cardiaco acuto, de novo o riacutizzato, è l’eccessiva ritenzione idro-salina, con conseguente congestione polmonare e/o sistemica. Lo scompenso cardiaco acuto può insorgere in pazienti con frazione d’eiezione ridotta o conservata. Cardiopatia

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6 ischemica, ipertensione arteriosa, alterazioni valvolari, aritmie atriali, e/o condizioni non cardiache (tra cui disfunzione renale, diabete e anemia) sono spesso presenti e possono far precipitare o contribuire alla fisiopatologia dello scompenso

L’approccio terapeutico acuto messo in atto nella pratica clinica, in accordo con le più recenti linee guida, è la somministrazione di dosi elevate di diuretici dell’ansa, in particolare della Furosemide. Infatti, la terapia con diuretici dell'ansa per via

endovenosa costituisce la prima linea di trattamento nella riacutizzazione di scompenso ed è somministrata in circa il 90% dei pazienti ricoverati con questa diagnosi. Nonostante l’uso del diuretico dell’ansa sia pressoché ubiquitario, esistono pochi studi prospettici randomizzati che ne abbiano codificato il corretto uso e, per contro, alcuni risultati da studi osservazionali suggeriscono che il loro impiego possa essere dannoso. Sebbene l’infusione continua di furosemide si è dimostrata superiore rispetto alla somministrazione, ad oggi non c’è ancora concordanza nella definizione dei dosaggi di riferimento, soprattutto in relazione alla presenza di compromissione della funzione renale.

Alla luce degli effetti negativi della terapia diuretica e del numero considerevole di pazienti che spesso risultano resistenti alla furosemide, la ricerca clinica ha valutato terapie alternative che risultino efficaci sui segni e i sintomi di congestione, ma sicure sulla funzione renale, come l’ultrafiltrazione, che è più efficace nel mantenere o migliorare la funzione renale, la clinica e a biochimica nello scompenso cardiaco acuto. Un approccio terapeutico mirato a trattare la congestione polmonare o periferica dei pazienti, mantenendo un’adeguata volemia e perfusione renale, in particolare nei pazienti con funzione renale ridotta, è costituito dall’infusione continua endovenosa furosemide in associazione con adeguata idratazione. Pertanto Lo scopo del nostro studio è quello di valutare, in pazienti ricoverati per SC acuto, l’efficacia e la sicurezza dei diuretici dell’ansa quando somministrati in infusione continua nelle 24 ore in associazione ad idratazione con soluzioni saline, con particolare attenzione alle variazioni degli ind ici di funzionalità renale, ai valori di BNP e della osmolarità plasmatica. Sono sono stati individuati 60 pazienti, successivamente suddivisi in base alla strategia terapeutica con la quale sono stati trattati durante la degenza nel reparto di Medicina d’Urgenza Universitaria

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7 dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria Pisana. I pazienti che hanno ricevuto una terapia “infusionale” continua, caratterizzata da alte dosi di diuretico (furosemide) in concomitanza a soluzioni idro-saline bilanciate, partivano da valori di BNP più elevati e una funzione renale ridotta, rispetto al sottogruppo trattato con furosemide in modalità standard. E’ stato dimostrato un netto miglioramento dei valori di BNP, il mantenimento di un bilancio idrico negativo, nonostante la malattia renale e l’elevata dose di furosemide somministrata. Ciò è stato possibile grazie al mantenimento di una adeguata perfusione renale, confermata da un calo dell’azotemia tra ingresso e dimissione in questo gruppo di pazienti.

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8

1.

LO SCOMPENSO CARDIACO

1.1 GENERALITA’

Lo SC, o insufficienza cardiaca (IC), è una sindrome clinica che insorge nei pazienti che, a causa di alterazioni ereditarie o acquisite della struttura e/o della funzione cardiaca, sviluppano una costellazione di sintomi clinici (dispnea, astenia) e segni (edema e rantoli) che portano a frequenti ricoveri in ospedale, a una riduzione della qualità di vita e a una minore aspettativa di vita.1

Lo SC è una delle più comuni malattie croniche a livello mondiale si stima infatti che più di 20 milioni di persone né siano affette.1

La prevalenza di tale sindrome è pari al 2 per cento della popolazione adulta nei paesi sviluppati e cresce in maniera esponenziale con l’età: meno dell’1 per cento sino a 60 anni, 2 per cento tra 60 e 70, 5 per cento tra 70 e 80, attestandosi a oltre il 10 per cento dopo gli 80 anni. Proiettandosi verso il futuro si calcola che, nel 2050, una persona su cinque avrà più di 65 anni: poiché la prevalenza è maggiore in questa fascia di età, il numero dei pazienti con insufficienza cardiaca è destinato ad aumentare drasticamente.3

Sebbene l’incidenza relativa di SC sia minore nelle donne, quest’ultime rappresentano comunque la metà dei pazienti affetti da scompenso a causa della maggiore aspettativa di vita.

In Nord America e in Europa il rischio di sviluppare IC nel corso della vita è approssimativamente di 1 su 5 per una persona di 40 anni.1

Nonostante i grandi passi avanti nella valutazione e nella gestione dello SC, lo sviluppo di una malattia sintomatica è ancora legato ad una cattiva prognosi. Si stima che il 30-40% dei pazienti muoia entro 1 anno dalla diagnosi e il 69-70% entro 5 anni. Sebbene sia difficile determinare la prognosi in un singolo individuo, pazienti con sintomi a riposo (classe NYHA IV) hanno un tasso di mortalità annuo del

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30-9 70%, mentre pazienti asintomatici a riposo, ma che hanno sintomi dopo attività fisica moderata (classe NYHA II), hanno un tasso di mortalità annuo del 5-10%; è evidente quindi come lo stato funzionale del paziente sia un importante indicatore prognostico.1

1.2 TERMINOLOGIA E CLASSIFICAZIONE

La principale terminologia utilizzata nello SC si basa su una misurazione ecocardiografica, la Frazione di Eiezione (FE) del ventricolo sinistro (definita dal rapporto tra stroke volume, che è il volume telediastolico meno il volume telesistolico, e il volume telediastolico). Tale parametro è estremamente importante non solo perché rappresenta un fattore prognostico, ma anche perché ci permette di distinguere diverse categorie di malattia: si parla di SC con frazione d’eiezione preservata (HFpEF) quando la FE è maggiore o uguale del 50% e SC con riduzione della frazione d’eiezione (HFrEF) quando la FE è minore del 40%. I pazienti con FE compresa tra 40 e 49% rappresentano un “area grigia” definita come SC a frazione d’eiezione intermedia (HFmrEF); questa classe separata di pazienti rappresenta una delle novità introdotte nelle linee guida del 2016 dall’European Society of Cardiology (ESC) con l’intento di stimolare la ricerca delle caratteristiche di base, della fisiopatologia e terapia di questo gruppo di pazienti.

I pazienti con HFpEF sono soprattutto maschi, tale forma si correla principalmente alla CAD. La variante HFrEF è più diffusa nelle donne e si correla con un minor rischi di ischemia.2

La differenziazione dei pazienti con SC basata sulla frazione d’eiezione del ventricolo sinistro è dovuta alle differenti eziologie, demografia, comorbilità e risposta alla terapia. 3,4

I pazienti che non hanno mai manifestato sintomi e/o segni tipici d i scompenso cardiaco ma con una riduzione della FEVS sono detti affetti da disfunzione sistolica del ventricolo sinistro. I soggetti affetti da SC da tempo sono definiti cronici. I

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10 pazienti trattati per SC con segni e sintomi che non variano per almeno un mese vengono definiti stabili. Se il paziente, precedentemente definito come cronico e stabile, ha un deterioramento della funzionalità è definito come scompensato; questo può avvenire rapidamente (paziente con SC acuto) e può quindi necessitare di ricovero ospedaliero. SC congestizio è un termine utilizzato a volte, soprattutto negli USA, per descrivere un paziente acuto o cronico che presenta evidenti segni di congestione (ad esempio ritenzione di sodio e acqua). La classificazione stilata dalla New York Heart Association (NYHA) è utilizzata per descrivere la gravità dei sintomi e la tolleranza all’esercizio fisico.

TABE LLA 1CLAS SIFIC AZIONE NEW YORK HEAR T ASS OCIATION (NYHA)DE LLO SC OM PENS O C ARDIA CO

CLASSE 1 Pazienti con malattia cardiaca ma senza conseguenti

limitazioni dell’attività fisica. L’attività fisica ordinaria non è causa di affaticamento ingiustificato, palpitazioni, dispnea, dolore anginoso.

CLASSE 2 Pazienti con malattia cardiaca che provoca minime

limitazioni all’attività fisica. Stanno bene a riposo. L’attività fisica ordinaria (salire due rampe di scale) provoca affaticamento, palpitazioni, dispnea o dolore anginoso.

CLASSE 3 Pazienti con malattia cardiaca che provoca marcate

limitazioni all’attività fisica. Stanno bene a riposo. Sforzi inferiori all’ordinario causano affaticamento, dispnea, palpitazioni o dolore anginoso.

CLASSE 4 Pazienti con malattia cardiaca che provoca incapacità di eseguire ogni attività fisica senza disagio. I sintomi dell’insufficienza cardiaca o della sindrome anginosa possono essere presenti anche a riposo. Se si inizia una qualsiasi attività fisica, la sintomatologia aumenta.

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11 Pazienti con NYHA di classe I non hanno sintomi attribuibili alla malattia cardiaca; i pazienti con NYHA di classe II (SC lieve), III (SC moderato), IV (SC grave)

vengono rispettivamente definiti come lievemente, moderatamente e gravemente sintomatici (vedi tabella1). Tale classificazione è fortemente correlata con la severità dei sintomi e la prognosi dei pazienti: è infatti considerata un predittore indipendente di mortalità. Nonostante ci sia una chiara correlazione tra sintomatologia e

sopravvivenza, anche pazienti con sintomi lievi possono avere un incrementato rischio di ospedalizzazione o morte.

1.3 EZIOLOGIA

Nei paesi industrializzati la malattia coronarica (CAD) è la causa più frequente, responsabile di due terzi delle insufficienze cardiache sistoliche sia negli uomini che nelle donne. L'ipertensione contribuisce allo sviluppo di SC nel 75% dei pazienti, compresa la maggior parte dei pazienti con CAD. CAD e ipertensione interagiscono per aumentare il rischio di insufficienza cardiaca, come il diabete mellito. Ci sono molte altre cause di SC sistolico, tra le più importanti possiamo ricordare: valvulopatie, infezioni virali (riconosciute e non riconosciute), abuso di alcol, chemioterapia (es. doxorubicina o trastuzumab) e la cardiomiopatia dilatativa idiopatica. Nel 20-30% dei casi di HFrEF la causa eziologica precisa resta misconosciuta.

La cardiopatia reumatica resta invece una delle principali cause nei paesi in via di sviluppo come Africa e Asia, soprattutto nei giovani. La malattia di Chagas è causa frequente soprattutto in sud America.1

1.4 FISIOPATOLOGIA

Lo scompenso cardiaco rappresenta un disturbo progressivo che si sviluppa a partire da un evento scatenante (index event) che danneggia la muscolatura cardiaca, con conseguente perdita di miocardiociti funzionanti, o quando si sovverte la capacità del

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12 miocardio di generare forza, ostacolando quind i la normale contrazione del cuore. Tale evento indice può avere un esordio improvviso, come nel caso dell’infarto miocardico; può avere un inizio graduale ed insidioso, come nel caso del sovraccarico emodinamico di pressione o di volume; oppure può essere ereditario, come nel caso di molte cardiomiopatie genetiche. La caratteristica comune a ciascuno di questi eventi indice è che tutti, in qualche modo, determinano una riduzione della capacità di pompa cardiaca. Nella maggior parte dei casi, i pazienti rimarranno asintomatici o paucisintomatici dopo l’iniziale declino della capacità di pompa del cuore e svilupperanno sintomi solo dopo che la disfunzione si protrarrà per qualche tempo. Si ritiene che l’asintomaticità sia dovuta all’attivazione di una serie di meccanismi compensatori che si attivano affinché venga mantenuta un’adeguata funzionalità del VS. Il motivo preciso per il quale i pazienti con disfunzione del VS rimangano asintomatici non rimane tuttavia ancora del tutto chiaro.

Nei gradi più lievi di scompenso questi meccanismi riescono a garantire un adeguato flusso ematico in qualsiasi condizione. Procedendo con il danno a carico del cuore, quindi nello SC moderato, essi potranno consentire il mantenimento di una normale portata cardiaca solo a riposo, ma non sotto sforzo. Nei casi ancora più gravi, infine, essi saranno incapaci di garantire una gittata cardiaca sufficiente anche per sforzi lievi o addirittura a riposo.

Tali meccanismi compensatori possono essere inoltre influenzati da fattori genetici, sesso, età o ambiente e da questo deriva la diversa lunghezza del periodo asintomatico o paucisintomatico nei vari pazienti.

Dobbiamo inoltre osservare come tali meccanismi di compenso, soprattutto nella fase di loro massima attivazione, riescano a determinare effetti negativi sulla funzione circolatoria, e finiscano per contribuire al peggioramento dello scompenso cardiaco stesso. Tali meccanismi sono divisi in tre grandi capitoli:

A. I fenomeni adattativi del miocardio (rimodellamento ventricolare) inclusa l’ipertrofia, con o senza dilatazione delle camere cardiache

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13 B. I meccanismi neuroendocrini: rilascio di noradrenalina, attivazione del

sistema RAAS e peptide natriuretico atriale

C. Il meccanismo di Frank Starling, per cui l’aumento del pre-carico e del post-carico dilatano il cuore, incrementando la formazione di ponti funzionali crociati all’interno dei sarcomeri e provvedendo così all’aumento della contrattilità

Figura 1. Adattamenti fisiopatologici nel corso di scompenso cardiaco e loro ruolo nell’evoluzione della malattia. La figura mostra i meccanismi che si attivano nel corso dello scompenso cardiaco e le loro conseguenze sull’evoluzione della malattia.

Rimodellame nto e ipertrofia ventricolare. L’ipertrofia miocardica costituisce un

importante meccanismo di compenso messo in atto dal cuore per migliorare la sua efficienza contrattile in condizioni di insufficienza cardiaca persistente nel tempo: essa è pertanto un meccanismo di compenso cronico. Lo stimolo iniziale è un sovraccarico di volume o pressione che si pone come stadio intermedio tra il danno miocardico iniziale e la successiva progressione verso lo SC. L’aumento dello sforzo di parete porta all’attivazione di canali ionici sensibili alle sue variazioni. Un secondo messaggero agisce poi all’interno del nucleo attivando geni normalmente latenti. Ne risulta quindi: una crescita quantitativa della cellula con aumento del numero di fibrille, dei sarcomeri e dei mitocondri (legato all’attivazione di proto-oncogeni quali c-fos e c- myc), e una variazione qualitativa delle proteine che vengono sintetizzate per tale crescita (vengono sintetizzate varianti di isoforme delle

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14 proteine contrattili o di altre proteine cellulari, con particolare riattivazione delle isoforme fetali). La produzione di isoforme fetali riguarda soprattutto la miosina la quale provoca, rispetto alla forma normale, una contrazione più lenta ma con rendimento maggiore: cioè minor consumo di energia a parità di lavoro. La produzione di isoforme fetali nei cuori ipertrofici è stata dimostrata anche per altre proteine che costituiscono le fibre miocardiche e sembra finalizzata a garantire un maggior risparmio energetico, sebbene comportino una minor funzionalità: tipico esempio è la pompa ATP-dipendete che accumula ioni calcio nel retico lo sarcoplasmatico durante la diastole, consentendo il rilascio dei miocardiociti: il rallentamento di questo processo aiuta a spiegare la significativa disfunzione diastolica che caratterizza il cuore ipertrofico.

A livello dei miociti si verifica un aumento del numero di sarcomeri, che avviene “in parallelo” con l’ispessimento delle fibre miocardiche nel caso di un sovraccarico pressorio (ipertrofia concentrica), oppure “in serie”, con allungamento delle miofibrille, determinato dal sovraccarico volumetrico (ipertrofia eccentrica). In entrambi i casi il volume del miocardio aumenta in misura maggiore rispetto al numero complessivo dei capillari, questo porta il miocardio all’ischemia.

All’interno di ciascuna cellula inoltre, il numero di sarcomeri aumenta in misura maggiore rispetto al numero di mitocondri. I sarcomeri vengono a trovarsi in una situazione di relativa carenza di ossigeno e di energia. Il deficit energetico è dovuto all’alterazione mitocondriale ma anche al fatto che i capillari non seguono adeguatamente l’ipertrofia stessa.

Insieme alla modificazione dei miocardiociti coesistono alterazioni strutturali del ventricolo come la produzione di una maggiore quantità di collagene interstiziale (tipo I, più rigido), dovuta all’aumentata attività dei fibroblasti: l’ipertrofia è infatti sempre accompagnata da un certo grado di fibrosi che conferisce minor distensibilità alle pareti cardiache.

Le modificazioni prodotte dall’ipertrofia permettono al cuore di sostenere, fino a un certo punto, il maggior carico di lavoro che viene richiesto. Se il grado di ipertrofia, però, diventa eccessivo, esso finisce col determinare una notevole alterazione

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15 dell’equilibrio energetico cellulare potendo compromettere sia la funzione sistolica che quella diastolica. Con il persistere del sovraccarico inoltre si assiste ad una progressiva dilatazione delle cavità con assottigliamento e fibrosi delle pareti, che finisce per compromettere l’utilità della fibrosi stessa. Infine, agli effetti negativi, contribuisce anche la possibilità che si possa verificare un’ischemia miocardica, causata dal maggior lavoro e da un insufficiente sviluppo del coronarico.1,5

Nei pazienti scompensati si assiste a un’alterazione del metabolismo del Ca2+

. Vi è infatti una ridotta attivazione della SERCA (ATPasi calcio-dipendente del reticolo sarcoplasmatico, responsabile della ricaptazione del calcio durante la diastole). Questa condizione determina una compromissione del rilasciamento del cuore (diastole) e una minore liberazione del calcio, a causa di un diminuito immagazzinamento, con deficit sistolico.

Meccanismi neuroendocrini. L’attivazione di questi meccanismi consente di

ottenere un compenso rapido della funzione cardiaca. Essenzialmente il tutto si basa sulla stimolazione di due grandi mecca nismi: il sistema nervoso simpatico e il sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS).

Una delle prime e importanti conseguenze di una riduzione della gittata è l’attivazione del SN simpatico, mediata da riflessi nervosi a partenza dai barocettori e dai chemocettori periferici. Questo determina un aumento sia della frequenza sia della contrattilità cardiaca. A livello miocardico e vascolare la noradrenalina agisce sui recettori α1 β1 β2, determinando:

- Rischi di insorgenza di aritmie ventricolari potenzialmente letali - Morte dei miocardio citi mediante induzione dell’apoptosi

- Ischemia e necrosi, attraverso l’aumento delle richieste di ossigeno per l’aumentata frequenza e contrattilità

- Modificazione dell’espressione genica con alterazione della funzione ventricolare

Essa inoltre induce una vasocostrizione arteriolare nei distretti “sacrificabili” dell’organismo, favorendo la ridistribuzione del circolo verso organi vitali tra cui cuore e cervello, i cosiddetti “organi nobili”.

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16 Ciò comporta una riduzione del flusso a livello renale, dove agisce sui recettori α1 e β1: una ridotta gittata cardiaca determina una riduzione della pressione arteriolare glomerulare. Ne consegue una serie di eventi che porta a ritenzione di acqua e sodio. A questo proposito svolge un ruolo fondamentale l’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone che contribuisce a mantenere la vasocostrizione arteriolare. Tanto la stimolazione adrenergica, quanto l’attivazione del RAAS promuovono il trasporto di sodio nei tubuli prossimali e causano ritenzione idrosalina, che è finalizzata ad aumentare il ritorno venoso di sangue al cuore (post-carico). Il sodio e l’acqua trattenuti difatti espandono solo il volume del compartimento extracellulare dell’organismo che comprende l’interstizio e il letto vascolare: quindi la ritenzione comporta espansione del volume ematico e del volume interstiziale. Il volume ematico, a sua volta, influenza il riempimento ventricolare (pre-carico) e pertanto il suo aumento tende a migliorare la funzione cardiaca.

Può contribuire a questi meccanismi anche una maggiore liberazione, da parte dell’ipofisi, di arginina-vasopressina (ormone antidiuretico, AVP) che pure induce vasocostrizione e ritenzione idrica (permettono il riassorbimento dell'acqua secondo gradiente rendendo le urine più concentrate). Tale liberazione è conseguenza di sollecitazioni osmotiche (aumento della pressione osmotica del liquido extracellulare conseguente alla ritenzione di sodio) e non osmotiche (la diminuzione della gittata cardiaca viene avvertita dai barocettori carotidei come un segnale di diminuzione del volume di fluido circolante): è pertanto possibile che nello scompenso si abbia iponatremia, che peraltro è un fattore prognostico negativo.

Tra gli altri fattori che stimolano la vasocostrizione periferica vi è il rilascio di endotelina in conseguenza dello stress a cui l’endotelio stesso è sottoposto.

Altri meccanismi si aggiungono alla fase finale dello scompenso cardiaco come l’elevata produzione di particolari citochine quali TNFα (Tumor Necrosis Factor, inizialmente studiato come Myocardial Inhibitor Factor), responsabile di tutta una serie di eventi negativi come l’induzione della i-nos (nitrossido sintetasi inducibile). In questo caso la produzione di NO è paradossalmente esagerata, per cui toss ica. Si

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17 ritiene inoltre che il TNF sia anche responsabile del quadro di cachessia che caratterizza lo scompensato terminale.

In conclusione, la progressione dello scompenso sembra essere alimentata principalmente dall’attivazione di meccanismi di compenso neuro-ormonali con squilibrio verso quelli responsabili di vasocostrizione, ritenzione idrosalina, ipertrofia e rimodellamento ventricolare.

La vasocostrizione, utile inizialmente per ridistribuire il flusso ematico verso gli organi vitali, alla lunga porta ad un aggravio di lavoro per il cuore in quanto aumenta il postcarico e può istaurare un circolo vizioso che tende a far peggiorare lo scompenso. Nel caso di un cuore insufficiente, infatti, l’aumento delle resistenze periferiche finisce con il comportare un’ulteriore riduzione della portata cardiaca: questa, a sua volta, determina una ulteriore vasocostrizione per ridistribuire il flusso insufficiente.

Analogamente, anche la ritenzione di sodio e acqua ad opera del rene ipoperfuso, finalizzata a garantire un adeguato precarico, finisce per essere inappropriata. Essa infatti consente un miglioramento della gittata sino a quando la relazione precarico-gittata non raggiunge il plateau della curva di Frank-Starling. Al di là di questo limite l’espansione del volume ematico finisce con l’essere associata a riduzione della gittata cardiaca.

Indipendentemente dalla terapia, anche l’organismo mette in atto meccanismi controregolatori.

Uno dei più importanti è rappresentato dai peptidi natriuretici, sostanze vasoattive prodotte dalle cellule muscolari di atri e ventricoli in risposta allo stiramento delle loro pareti che, come suggerito anche dal nome, favoriscono l’escrezione renale di sodio e acqua: tendono quindi a ridurre il volume ematico e il precarico. In aggiunta i peptidi natriuretici frenano l’attività del sistema simpatico, della vasopressina e del RAAS.

A livello renale vengono prodotte sostanze con effetti vasodilatatori: le prostaglandine. Esse contrastano in parte gli effetti dell’angiotensina sull’albero

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18 vascolare e contribuiscono a sostenere la filtrazione glomerulare quando il flusso renale si riduce a livelli critici.

Un ulteriore meccanismo di protezione dagli effetti negativi dei vari fattori neuroendocrini è rappresentato dalla ridotta espres sione, sulle membrane cellulari, dei loro siti recettoriali specifici (down regulation). Questa down regulation dei recettori b-adrenergici cardiaci durante lo scompenso tende a preservare le cellule miocardiche dagli effetti negativi dell’eccessiva stimolazione simpatica (apoptosi e aritmogenicità). Tuttavia anch’essa, quando eccessiva e prolungata, determina una marcata riduzione della risposta inotropa, cronotropa e dromotropa adrenergica. Un meccanismo puramente periferico di adattamento all’ipoperfusione è costituito da una maggiore estrazione di ossigeno dal sangue arterioso che perfonde i tessuti da parte delle cellule, che determina una diminuzione della saturazione di O2 nel sangue venoso misto a meno del 55%.1,5

1.5 QUADRO CLINICO

Le manifestazioni cliniche dello SC, a seconda del meccanismo fisiopatologico che ne è responsabile, delle cause di base e scatenanti, della rapidità di insorgenza, della gravità, sono inquadrabili in manifestazioni dovute a:

- Bassa portata sistemica: astenia, adinamia - Congestione a monte: dispnea, edemi declivi

Sintomi. I sintomi principali riguardano il respiro, l’attività muscolare, le funzioni

cerebrali, la quantità e il ritmo della diuresi.

La dispnea è il sintomo base dello SC e consiste in una sensazione soggettiva di difficoltà a respirare. Negli stadi precoci di SC si presenta solo sotto sforzo, progredendo con la malattia compare anche a riposo. È principalmente riconducibile alla congestione polmonare che provoca edema interstiziale e riduce perciò la distensibilità dei polmoni. Ciò fa aumentare il lavoro dei muscoli respiratori, che sono per di più mal ossigenati per effetto dell’ipoperfusione periferica. Sulla base dei

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19 rapporti tra dispnea e sforzo, è stata proposta anni fa, una classificazione dello SC dalla New York Heart Association (NYHA).

Possiamo riconoscere diverse modalità di comparsa della dispnea.

- Dispnea da sforzo, intesa come la difficoltà a respirare dopo uno sforzo di

una certa entità. La gravità del sinotmo sarà direttamente proporzionale all’intensità dello sforzo.

- Ortopnea è definita come la comparsa di difficoltà respiratoria in posizione

supina, è solitamente una manifestazione tardiva dello SC. Essa è il risultato della redistribuzione dei liquidi dalla circolazione splancnica e dalle estremità inferiori, alla circolazione centrale, quando il paziente è sdraiato, con conseguente aumento della pressione capillare polmonare. La tosse notturna è una frequente manifestazione di questo processo e un sintomo frequentemente trascurato.

- Dispnea parossistica notturna, i pazienti con SC possono andare incontro a

episodi dispnoici parossistici notturni. Quest’ultimi, oltre alla posizione supina, sono favoriti dalla depressione del centro del respiro durante il sonno, che facilita l’ipossia, e la riduzione del tono del simpatico che priva il miocardio di uno stimolo importante per la sua efficienza contrattile. In questi casi il paziente si sveglia improvvisamente con sensazione di fame d’aria, con respiro affannoso, sibilante, talvolta accompagnato da tosse stizzosa. Si parla di “asma cardiaca”, da differenziare dall’asma primaria e da altre cause polmonari di affanno e bronco costrizione. A differenza dell’ortopnea, che si risolve immediatamente assumendo la posizione seduta, la dispnea notturna richiede 30 minuti o più per la risoluzione. L’edema polmonare infatti può comprimere i bronchi, provocando un aumento delle resistenze delle vie aeree (asma cardiogena).

- Edema polmonare acuto, si arriva allo stadio terminale per cui, l’edema

interstiziale, è tale da provocare uno stravaso di liquidi negli alveoli (edema polmonare acuto), grave conseguenza del paziente scompensato.

- Dispnea a riposo, legata alla riduzione della compliance polmonare e

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20 I sintomi relativi all’attività muscolare consistono in debolezza e facile affaticabilità, e sono secondari all’ipoperfusione dei muscoli scheletrici.

I sintomi cerebrali compaiono solo nei gradi estremi di riduzione della portata cardiaca (FE<30-35%), oppure quando coesistono gravi alterazioni vascolari cerebrali. Quando si manifestano i sintomi sono: perdita di memoria, difficoltà nella concentrazione, insonnia, disturbi dell’umore, disorientamento. Nei casi acuti si può osservare confusione mentale, agitazione, sonnolenza e coma.

Per quanto riguarda i sintomi urinari, nelle fasi iniziali dello scompenso vi è nicturia, ovvero un aumento relativo della diuresi nelle ore notturne. Durante le ore diurne di attività muscolare assistiamo a un sequestro di liquidi a livello degli arti inferiori, mentre la posizione sdraiata durante la notte favorisce la restituzione degli stessi, determinando un aumento del volume plasmatico e della pressione di perfusione renale, condizione che esita nell’incremento della diuresi notturna. Nelle fasi più avanzate dello scompenso l’ipoperfusione renale è più grave e costante e produce oliguria (meno di 500-600 ml nelle 24 h) con aumento dell’azotemia e della creatininemia. Quando la gittata cardiaca è gravemente ridotta (shock cardiogeno), si giunge all’anuria completa. In questi pazienti, la ridotta perfusione renale può portare a eventi di insufficienza renale acuta (IRA) su base pre-renale con manifestazione oligo-anurica; il ripristino di un corretto gradiente pressorio a livello renale in tempi brevi, eviterà lo sviluppo di un danno renale permanente con progressione verso IRA su base renale.

Segni. L’esame fisico del paziente con scompenso cardiaco permette di rilevare segni

a carico dell’apparato cardiovascolare (itto più debole e diffuso e/o spostato in basso e a sinistra, presenza di IV e III tono, polso alternante, turgore delle giugulari, ecc..), dell’apparato respiratorio (comparsa di rumori umidi all’ascoltazione polmonare, versamenti pleurici, respiro di Cheyne-Stokes, ecc..) , del fegato e dell’addome (epatomegalia), della cute (cianosi periferica), della diuresi.

La Tabella 2 riporta un’utile classificazione dello SC basata sul tipo di presentazione clinica, cioè SC di nuova insorgenza, transitorio e cronico. Lo SC di nuova

(21)

21 caratterizza lo SC accompagnato da sintomi per un periodo di tempo e per il quale può essere opportuno un trattamento a lungo termine, oppure casi di SC transitorio secondario ad ischemia e risolto mediante rivascolarizzazione. Un aggravamento dello SC cronico rappresenta la forma più comune di SC che richiede

l’ospedalizzazione, pari all’80% dei casi.

Tabella 2. Classificazione dello scompenso cardiaco 6

DI NUOVA INSORGENZA

PRESENTAZIONE INIZIALE INSORGENZA ACUTA O LENTA

TRANSITORIO RECIDIVANTE O EPISODICO

CRONICO PERSISTENTE

(22)

22

2.

SCOMPENSO CARDIACO ACUTO

2.1 GENERALITA’

Si definisce SC acuto (SCA) la nuova insorgenza o il peggioramento di segni e sintomi di SC, che si sviluppano gradualmente o rapidamente e richiedono un trattamento d’emergenza o d’urgenza in ambiente ospedaliero. Lo SC acuto può manifestarsi come un evento acuto de novo (20% dei casi) oppure, più frequentemente (80% dei casi), come riacutizzazione di uno SC cronico preesistente.5

Questi sintomi sono principalmente il risultato di una severa congestione polmonare dovuta all’elevata pressione di riempimento del VS (con o senza diminuzione della gittata cardiaca). Lo SCA può insorgere in pazienti con FE diminuita o conservata. Contribuiscono alcune condizioni cardiovascolari come la CAD, l’ipertensione, alterazioni valvolari, aritmie atriali, e/o condizioni non cardiache (tra cui disfunzione renale, diabete e anemia) sono spesso presenti e possono far precipitare o contribuire alla fisiopatologia di questa sindrome. 7

Lo SC acuto è una delle patologie a maggiore impatto nei paesi occidentali. Negli USA lo SC è la diagnosi primaria in oltre 1 milione di ricoveri all’anno, pari a una spesa sanitaria di 39 miliardi di dollari/anno. Un analogo numero di ricoveri si registra anche in Europa.

Nell’ultimo decennio, i grandi database dello SC acuto sia americani (Acute Decompensated Heart Failure National Database Registry [ADHERE]8 e Organized Program to intiate Lifesaving Therapy in Hospitalized Patients with Heart Failure [OPTIMIZE-HF]9) sia europei (EuroHeart Failure Survey I e II-10 hanno consentito di caratterizzare con precisione questa popolazione di pazienti. Dallo studio dei database si evince che lo SC acuto riguarda prevalentemente gli anziani, con un’età media pari a 75 anni. Uomini e donne sono colpiti in egual misura, ma le donne sono

(23)

23 più anziane, più spesso ipertese e con funzione sistolica conservata. Gli afroamericani sono tendenzialmente più giovani (64 vs 75 anni) e con un’incidenza maggiore di ipertensione e minore di cardiopatia ischemica cronica rispetto ai bianchi.

Le comorbidità, cardiovascolari e non, sono molto comuni nello SC acuto. Circa il 60-70% dei pazienti è affetto da malattia coronarica (CAD); il 70 % è iperteso; il 40 % diabetico; il 30-40% soffre di fibrillazione atriale e il 20-30 % di insufficienza renale significativa.10 Nei database la funzione sistolica è normale o pressoché tale nel 40-50% dei pazienti ricoverati per SC acuto. Rispetto ai pazienti con bassa FEVS, quelli con FEVS conservata sono generalmente più anziani, di sesso femminile e ipertesi, ma con una minor incidenza di CAD. La mortalità ospedaliera sembra essere più alta nei pazienti ricoverati per SC acuto con ridotta FEVS rispetto a quelli con FEVS conservata (2,8% vs 3,9%).

Lo SC acuto è caratterizzato da un ampio spettro di manifestazioni cliniche e ogni classificazione presenta dei limiti.

Tabella 3. Cause e fattori precipitanti dello scompenso cardiaco acuto3.

Cardiopatia ische mica Insufficienza cardiocircolatoria

Sindromi coronariche acute Setticemia Complicanze meccaniche dell’IM Tireotossicosi Infarto del ventricolo destro Anemia Shunt

Tamponamento cardiaco

Valvolari Embolia polmonare

Stenosi valvolare Insufficienza valvolare

Endocardite Aggravamento di SC cronico Dissezione aortica Mancanza di aderenza alla terapia Sovraccarico di volume

Miopatie Infezioni, in particolare polmonite

(24)

24 Miocardite acuta Chirurgia

Insufficienza renale Asma

Ipertensione/aritmie BPCO

Ipertensione Abuso di farmaci

Aritmie acute Abuso di alcol

La classificazione11 delle linee guida ESC 2008 distingue vari quadri clinici di scompenso cardiaco: con ipertensione (> 160 mmHg), normoteso o con ipertensione moderata, con ipotensione (< 90 mmHg), secondario a edema polmonare, secondario a shock cardiogeno, secondario a SCA e SC destro isolato.

La classificazione delle linee guida dell’American College of Cardiology/American Heart Association (ACC/AHA) del 2009 è analoga, ma prevede un minor numero di categorie12 e distingue tre quadri clinici di SC che richiedono il ricovero ospedaliero: SC con sovraccarico di volume, congestione polmonare o sistemica; SC a bassa gittata, con ipotensione, insufficienza renale o shock; e SC con segni e sintomi sia di sovraccarico di volume sia di ipoperfusione sistemica.

Una classificazione clinica può essere basata inoltre su un esame fisico a letto del paziente (vedi figura ) al fine di rilevare la presenza di sintomi e segni clinici di congestione venosa (‘ SC umido’ o ‘SC secco’ se presenti o assenti) e/o di ipoperfusione periferica (‘ SC freddo’ o ‘SC caldo’ se presenti o assenti).13,14

La combinazione di queste opzioni identifica 4 possibili gruppi di malattia: SC caldo e umido (perfuso e congesto), che è la forma più frequente; SC freddo e umido (ipoperfuso e congesto); SC freddo e secco (ipoperfuso e senza congestione); e caldo e secco (SC compensato, perfuso e non congesto). Questa classificazione, oltre a fornirci importanti informazioni prognostiche, è utile per guidare la terapia nelle fasi iniziali.12,15,16

(25)

25 Un altro possibile approccio è quello di classificare i pazienti in base ai seguenti fattori precipitanti/cause di scompenso, i quali devono essere trattati/corretti urgentemente: sindrome coronarica acuta, emergenza ipertensiva, aritmia o disturbi della conduzione, causa meccanica acuta sottostante o embolia polmonare acuta. I pazienti con SC cardiaco complicato da un infarto miocardico acuto possono essere suddivisi, in accordo con la classificazione di Killip and Kimball.17, in classe I, se non sono presenti segni di SC; classe II, se sono presenti rantoli polmonari e ritmo di galoppo S3; classe III, se è presente edema polmonare franco; classe IV, se presente shock cardiogeno, ipotensione (< 90 mmHg) e vasocostrizione periferica con oliguria, cianosi e diaforesi. (tabella 4)

FIGUR A2DIA GRA MMA D I S TE VENSON PE R LA CLA SSIFICA ZIONE C LINIC A DE LLO SC OM PENSO CARDIA CO AC UTO

(26)

26

Tabella4. Classificazione di Killip

CLASSE

I NO SC Assenza di rantoli sui

campi polmonari e/o III tono

II SC Rantoli su più del 50% o

meno dei campi polmonari o presenza del

III tono

III SC SEVERO Rantoli su più del 50% dei

campi polmonari

IV SHOCK CARDIOGENO Ipotensione

(PAS<90mmHg per almeno 30 min) Ipoperfusione degli organi

non nobili (estremità fredde, VFG<30ml/h o frequenza cardiaca <o= a

60 bpm) Cianosi

Per facilitare l’impostazione della terapia, può essere utile classificare i pazienti in base alla gravità delle manifestazioni cliniche in pazienti con: (1) SC acuto conseguente a condizioni trattabili o parzialmente trattabili (ad es. ischemia miocardica, valvulopatie primitive, aritmie, dissincronie),2 SC cronico basale con SC

(27)

27 acuto conseguente a condizioni identificabili e trattabili, e3 SC avanzato o refrattario.

Nessuna di queste classificazioni è onnicomprensiva. Lo SC acuto, infatti, è la “via finale comune” di molte malattie cardiovascolari e varie sono le patologie specifiche (tachiaritmie e bradiaritmie, tamponamento, difetti del setto ventricolare) che possono costituirne la causa. In ogni caso, la terapia deve essere rivolta primariamente alla patologia di base piuttosto che allo SC in sé.

2.2 EZIOPATOLOGIA

Molteplici comorbidità cardiovascolari e non cardiovascolari possono precipitare lo SC acuto.18 fra cui, più frequentemente, a) un aumentato postcarico, dovuto ad ipertensione polmonare o sistemica, b) un aumentato precarico, dovuto a sovraccarico di volume o ritenzione idrica, c) un’insufficienza cardiocircolatoria, come nelle sindromi da alta portata quali infezioni, anemia e tireotossicosi. Altre condizioni che possono precipitare lo SC acuto sono la mancata aderenza alla terapia specifica o ai consigli del medico, alcuni farmaci come i FANS, gli inibitori della ciclossigenasi e i tiazolidinedioni.

Nonostante i diversi meccanismi patogenetici, la ritenzione di liquidi rimane il principale fattore causa di ospedalizzazione.

Diversi studi19 dimostrano pertanto costantemente il ruolo centrale dell'accumulo di liquidi nella patogenesi dei sintomi e dei segni clinici che conducono a un

peggioramento dei sintomi di SC e ospedalizzazione del paziente. L’accumulo dei fluidi e l’aumento della pressione intraventricolare, possono anche avere effetti a lungo termine negativi. L’Aumento del VS, la pressione di riempimento e la distensione delle pareti del cuore, sono tra i meccanismi più potenti che provocano l’attivazione neuro-ormonale, l’attivazione di geni alterati, e l'induzione dell’apoptosi dei miociti nei pazienti con SC. Il sovraccarico di liquidi e l’aumento dei volumi all’interno del ventricolo, stimolano quindi il rimodellamento del VS, sia

(28)

28 l'attivazione di RAAS, del sistema adrenergico e dei sistemi citochinici. L’ accumulo di fluidi e l’aumento della pressione intraventricolare causano anche ipoperfusione coronaria e ischemia sub-endocardica, che può ulteriormente compromettere la funzione cardiaca.

Tuttavia, quando il miocardio è sano, per indurre lo SC, occorre una compromissione importante della funzione cardiaca (es. miocardite acuta o IMA). Se il miocardio è già alterato sono sufficienti perturbazioni lievi (es. ipertensione malcontrollata, fibrillazione atriale o ischemia) per scatenare episodi di SC scuto. Se il substrato è uno SC cronico compensato o stabile, la mancata aderenza alla terapia o alla dieta, la terapia con FANS e le infezioni sono generalmente fattori scatenanti di SC acuto. L’esacerbazione dei sintomi di SC, come detto in precedenza, può essere inoltre attribuibile a comorbilità non cardiovascolari come la BPCO o concomitante danno d’organo, in particolare l’insufficienza renale.

Dallo studio del database OPTIMIZE-HF, riguardante 48612 pazienti, un evento clinico scatenante era identificabile in circa il 60% dei casi e i più comuni erano le patologie polmonari (15%), l’ischemia miocardica (15%) e le aritmie (14%).20

Nei database osservazionali europei l’ischemia ha un’incidenza ancora maggiore come fattore scatenante, specie nello scompenso cardiaco a bassa gittata e nello shock cardiogeno.21

L’eziopatogenesi dello SC acuto è molto eterogenea e diversi meccanismi patogenetici, operanti in diversa misura nei singoli pazienti, determinano il quadro clinico comune di segni e sintomi caratteristici di SC acuto (dovuti principalmente alla congestione causata dall’elevata pressione di riempimento del VS). Per comprendere meglio l’eziopatogenesi dello SC acuto è utile considerarlo come il risultato dell’interazione tra substrato basale, meccanismi scatenanti e meccanismi di amplificazione. Lo SC acuto è caratterizzato da un rapido peggioramento della gittata cardiaca contemporanea ad una continua ritenzione di liquidi messa in atto dall’organismo con l’intento di mantenere un’adeguata perfusione dei tessuti periferici.22-24 L’eccessiva ritenzione di liquidi determina congestione ed edema polmonare con conseguente ipossia; si instaura così un feedback positivo nel quale l’ipossia peggiora ulteriormente la funzionalità cardiaca e circolatoria.23

(29)

29 profilo emodinamico è sostanzialmente diverso da quello dello SC cronico, in cui meccanismi compensatori fisiologici riescono a mantenere costanti la gittata cardiaca, la pressione arteriosa e la vascolarizzazione periferica, a discapito di un aumento delle pressioni intracardiache e del compartimento venoso.22-24 Il paziente progredisce ad uno stato di SC acuto riacutizzato nel contesto di una storia clinica di SC cronico. Lo stato emodinamico acuto è regolato da meccanismi di controllo fisiologici a breve termine che regolano il flusso, le resistenze e la pressione del sistema circolatorio. Non sono ancora ben chiari i meccanismi neurormonali e renali che controllano lo stato del sistema circolatorio a lungo termine, determinando il substrato basale sul quale agiscono i suddetti meccanismi di controllo a breve termine.

I meccanismi di controllo a breve termine c he agiscono sul sistema circolatorio possono essere meglio compresi osservando il diagramma di Guyton (figura 2), che mette in relazione la gittata cardiaca (rappresentata dalla curva di starling) con il ritorno di sangue al cuore dalla circolazione periferica (curva del ritorno venoso). La differenza tra la pressione media di riempimento del sistema circolatorio (mean circulatory filling pressure, MCFP) e la pressione intracardiaca è la forza trainante del ritorno venoso e quindi del riempimento cardiaco. Le pressioni di riempimento poi determinano la gittata sistolica attraverso il meccanismo di Starling (entro limiti fisiologici il muscolo cardiaco regola la forza della sua contrazione, in relazione alla quantità di sangue presente nel ventricolo alla fine della diastole: più sangue sarà entrato più ne sarà eiettato, garantendo l'equilibrio tra il precarico (ritorno venoso) e la gittata cardiaca). L’equilibrio circolatorio definito dall’intersezione tra queste due relazioni funzionali (MCFP e starling) determina la gittata sistolica e il ritorno venoso ad una specifica pressione atriale. Le suddette relazioni che determinano la gittata cardiaca risentono sia dei meccanismi di regolazione acuti (a breve termine) che di quelli cronici (a lungo termine) che fa nno parte del sistema di controllo generale del circolo.25 I fattori che regolano a breve termine i cambiamenti della contrattilità e compliance venosa provocano modificazioni rapide dei flussi, delle pressioni e delle resistenze nel circuito emodinamico. I fattori di regolazione a medio e lungo termine agiscono sulla reattività renale e dei vasi determinando la quantità

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30 dei liquidi corporei totali e costituendo il substrato fisiologico per le risposte acute (modello cardiorenale).

Nello SC acuto riacutizzato, vista la riduzione della contrattilità cardiaca, si ha un nuovo equilibrio con riduzione del ritorno venoso e della gittata cardiaca e una pressione atriale corrispondente più alta. Un basso flusso e una ridotta pressione di perfusione renale e degli altri tessuti determinano l’attivazione di una cascata di meccanismi fisiologici neuro-ormonali di compenso (Sistema nervoso simpatico e RAAS). Questi meccanismi di compenso a loro volta causano ritenzione di liquidi nel tentativo di aumentare la MCFP e il ritorno venoso, determinando un ulteriore aumento della pressione atriale. Le pressioni all'interno del distretto venoso polmonare si ripercuotono a livello dei capillari polmonari e questa pressione è responsabile della formazione di edema polmonare e ipossia durante gli episodi di SC acuto riacutizzato. L’ipossia, a sua volta, è in grado di determinare un'ulteriore riduzione della contrattilità cardiaca e ciò si traduce in un circolo vizioso con conseguente scompenso progressivo.23 È importante osservare che ci può essere una divergenza tra il sistema circolatorio periferico e polmonare per quanto riguarda le pressioni e lo stato di riempimento dal momento che dipendono da sistemi fisiologici di controllo differenti. Questa situazione può comportare un quadro clinico paradossale in cui vi è congestione polmonare mentre la circolazione sistemica è normale o disidratata.26

La disfunzione diastolica è una condizione presente in più del 40% dei pazienti con SC acuto26,27. Essa è caratterizzata da contrattilità cardiaca normale e una compliance ventricolare diminuita, come si vede spesso in condizioni di obesità, di ipertensione di lunga data e disidratazione.26,28

(31)

31

FIGURA 3IL GRAFICO RAPPRESENTA LA GITTATA CARDIACA COME PUNTO DI INCONTRO TRA LA CURVA DI STARLING E LA CURVA DEL RITORNO VENOSO.QUESTO PUNTO DI EQUILIBRIO DEFINISCE IL VALORE DELLA GITTATA CARDIACA CORRISPONDENTE AD UNA SPECIFICA PRESSIONE ATRIALE.IL RITORNO (E LA GITTATA CARDIACA) DIVENTA 0 QUANDO LA PRESSIONE ATRIALE È UGUALE ALLA PRESSIONE MEDIA DI RIEMPIMENTO CIRCOLATORIO.UNA RIDUZIONE DELLA CONTRATTILITÀ VENTRICOLARE DETERMINA LO SPOSTAMENTO DI QUESTO EQUILIBRIO VERSO VALORI DI GITTATA CARDIACA PIÙ BASSI E PRESSIONE ATRIALE PIÙ ALTA.LA RIDOTTA GITTATA CARDIACA DETERMINA MINOR PERFUSIONE DEI RENI CHE SI “ATTIVANO” E CAUSANO RITENZIONE DI LIQUIDI.LA RITENZIONE IDRICA FA AUMENTARE IL RITORNO VENOSO PER RIPRISTINARE UNA GITTATA CARDIACA NORMALE.IL COSTO DELLO SPOSTAMENTO È UN ULTERIORE AUMENTO DELLA PRESSIONE ATRIALE.SE L’AUMENTO DELLA PRESSIONE ATRIALE È TALE DA DETERMINARE EDEMA POLMONARE SI PUÒ INSTAURARE UN CIRCOLO VIZIOSO IN CUI LA CONGESTIONE POLMONARE DETERMINA IPOSSIA E QUEST’ULTIMA PEGGIORA ULTERIORMENTE LA CONTRATTILITÀ CARDIACA.CO, CARDIAC OUTPUT;MCFP, MEAN CIRCULATORY FILLING PRESSURE; VR, VENOUS RETURN.

Sovraccarico di liquidi e congestione. La congestione sistemica o polmonare,

generalmente dovuta a elevata pressione diastolica nel VS, è il segno patognomonico nella maggior parte dei pazienti ricoverati per SC acuto. Studi di registro hanno dimostrato che la maggior parte dei pazienti con SC acuto lamenta dispnea, a riposo o, pressoché universalmente, da sforzo, con evidenza di congestione polmonare e/o sistemica.11,29,30 Un progressivo aumento del peso corporeo31 e delle pressioni di riempimento ventricolari32 precede di giorni il ricovero per SC acuto. Queste osservazioni indicano come la ritenzione idrosalina e il conseguente sovraccarico di liquidi dell’organismo siano il meccanismo principale che causa i sintomi e porta il paziente a ricoverarsi.

Sono stati sviluppati dei programmi di diagnosi precoce del deterioramento clinico del paziente con SC e per la prevenzione del loro ricovero.

Il controllo preciso del peso corporeo è una componente essenziale della maggior parte di questi studi. Tuttavia, il peso corporeo elevato è un indice insensibile di

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32 accumulo di fluidi, e la ricerca si sta concentrando su strumenti in grado di rilevare l'accumulo fluido in fasi precedenti.

Sono in fase di valutazione nuovi dispositivi che controllano l'impedenza intratoracica o la pressione arteriosa polmonare. L’impedenza intratoracica è inversamente correlata al contenuto di fluidi polmonari e alla pressione di

incuneamento polmonare. Può essere misurata attraverso dispositivi impiantabili, sia attraverso esami non invasivi.

Attraverso il monitoraggio emodinamico accurato con dispositivi impiantabili della pressione di riempimento del VS, misurata con tecniche invasive, è stato visto che tale pressione può essere aumentata anche in assenza di sostanziali variazioni del peso corporeo.33. Sono questi i casi in cui si può verificare SC acuto anche senza ritenzione idrosalina e il meccanismo fondamentale è da ricercarsi in una

ridistribuzione di liquido a livello polmonare con congestione polmonare ma non sistemica. Queste sono le forme cosiddette vascolari di IC acuta in cui il principale meccanismo è la vasocostrizione.11,19,29 Tale aumento della rigidità vascolare può indurre sia una riduzione della capacitanza nelle grandi vene che un aumento delle resistenze dei vasi arteriosi. La venocostrizione causerà aumento del ritorno venoso al cuore che, in ventricoli con ridotta distensibilità, determinerà un aumento della pressione telediastolica. La vasocostrizione arteriosa, l’ipertensione e l’aumento del postcarico causano riduzione della gittata sistolica ed ulteriore aumento delle pressioni intraventricolari. La vasocostrizione, sia venosa che arteriosa, diventa quindi un meccanismo che, in un cuore con disfunzione diastolica, può causare aumento delle pressioni intracapillari polmonari, congestione ed edema polmonare. Tutti questi meccanismi si possono verificare anche in assenza di una vera ritenzione idrosalina, per semplice ridistribuzione dei fluidi a livello polmonare. Restano ancora incerti i meccanismi responsabili della vasocostrizione anche se un ruolo

fondamentale sembra essere svolto dall’attivazione neurormonale e dei meccanismi infiammatori11,29. Un confronto tra i due diversi profili fisiopatologici e clinici di SC acuto è proposto nella tabella 2.

A tal proposito è presente uno studio, portato avanti da Cotter et al 11 che distingue due categorie principali di SCA: acutely decompensated heart failure (ADHF) e

(33)

33

(AVF)47. La seconda categoria è caratterizzata da un aumento delle resistenze vascolari e dell’impedenza aortica, da un incremento della pressione arteriosa sistemica e, frequentemente, da una FEVS conservata.

Nei pazienti con insufficienza cardiovascolare acuta, il sovraccarico di fluidi prevalentemente sotto forma di congestione polmonare, è causato dalla

ridistribuzione del fluido piuttosto che da accumulo dello stesso. L’aumento della resistenza, o la rigidità vascolare può portare sia alla ridotta capacità delle grandi vene sia a una maggiore resistenza arteriosa. La diminuzione di capacità nelle grandi vene porterà ad un aumento del ritorno venoso e un aumentato precarico. La

maggiore rigidità e la resistenza nel letto arterioso porta ad un aumento del post-carico.

La disfunzione cardiaca può anche svolgere un ruolo centrale in questo tipo di SC acuto. I cuori di questi pazienti possono avere una riduzione della riserva contrattile e probabilmente maggiore rigidità, che porta a diminuire la conformità. Quindi, il cuore non può efficacemente accomodare una variazione del bilanciamento del liquido imposto dall’aumento sia del pre che del post-carico, con conseguente incremento delle pressioni intracardiache trasmesse alle vene polmonari e ai polmoni.29

Tabella 5 Confronto tra due diversi profili clinici e fisiopatologici di insufficienza cardiaca acuta.34

Sindrome cardio-renale.(CRS) Con questo termine si include una vasta gamma di

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34 più importanti e prevalenti comorbidità di SC, ed è emerso come fattore di rischio critico per ospedalizzazione prolungata e reospedalizzazione e mortalità a breve e lungo termine nei pazienti con SC acuto. Secondo il Consensus Conference of Acute Dialysis Quality Initiative Group, CRS racchiude condizioni cliniche diverse nelle quali le disfunzioni cardiache e renali si sovrappongono. Questa sindrome si presenta come il risultato di una complessa interazione tra sottoriempimento arteriolare, congestione venosa, adattamenti non adeguati del sistema neuro-ormonale e

emodinamico.126 L’ecografia renale e l’ecocardiografia trans-toracica sono in grado di integrare le informazioni ottenute con il dosaggio dei parametri di laboratorio ed offrire un quadro di natura non solo funzionale, ma anche di tipo anatomico del coinvolgimento renale e cardiaco.

Funzionalità cardiaca e funzionalità renale sono strettamente correlate, mentre il cuore provvede al “nutrimento” e alla distribuzione di liquidi ricchi di ossigeno a tutto il corpo, il rene è responsabile della volemia, del bilancio elettrolitico, dell’equilibrio acido-base (oltre che della sintesi di eritropoietina e vit. D). Il Consensus Conference by the Acute Dialysis Quality Group1 in 2008 (Table 3) ha proposto una classificazione della CRS, dividendola in due gruppi: una variante “cardiorenale” , e una “nefrocardiaca”. Questa distinzione si basa sul differente primum movens della sindrome stessa ( se cardiaco o renale). Entrambe vengono poi divise in acute e croniche, secondo le modalità di insorgenza.

(35)

35

Tabella 6 Classificazione sindrome cardiorenale 35

TIPO DENOMINAZIONE DESCRIZIONE ESEMPIO

1 Cardiorenale acuta Scompenso cardiaco che

porta a un danno renale acuta

Sindrome coronarica acuta che porta a scompenso e a insufficienza renale

2 Cardiorenale

cronica

Scompenso cardiaco cronico che porta a insufficienza renale

Scompenso cardiaco cronico

3 Nefrocardiaca acuta Danno renale acuto che

porta a scompenso cardiaco acuto Cardiomiopatia uremica 4 Nefrocardiaca cronica

Danno renale cronico che porta a scompenso cardiaco cronico

Ipertrofia ventricolare sinistra e scompenso diastolico, dovuti a insufficienza renale

5 Secondaria Danno sistemico che

porta a insufficienza cardiaca e renale

Spesi, vasculiti, diabete mellito

Se da un lato la terapia dello SC può influenzare la funzione rena le, la coesistenza di una dis- funzione renale ne subordina a volte decisamente la conduzione, sia nella modulazione di farmaci raccomandati, specie di quelli attivi sul sistema renina-angiotensina-aldosterone che per definizione interferiscono sulle dinamiche fisiopatologiche renali, sia per la frequente comparsa di resistenza al diuretico nonostante la presenza di grave congestione.

Oltre il 30% dei pazienti con SC acuto riferisce una storia di insufficienza renale e il 21% presenta una concentrazione di creatinina serica basale >2 mg/dl20. Tra i 1008 pazienti arruolati nell’indagine sullo SC acuto condotta in 206 unità di terapia intensiva cardiologica italiane129, i pazienti con una funzione renale normale erano soltanto il 10%, mentre il 59% presentava una concomitante disfunzione renale di

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36 grado III o maggiore: prevalenza superiore rispetto ad altre osservazioni, spiegabile in parte con il fatto che la popolazione inclusa nel registro rispecchiava meglio che in altri studi la realtà dei pazienti con SC, con un’età media di circa 73 anni e con il 41% di donne, che come è noto presentano più frequentemente una disfunzione renale. Nello studio osservazionale dell’Associazione Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO), l’Italian Network on Heart Failure Outcome, relativo a 5610 pazienti con SC arruolati in 61 Centri italiani e seguiti per circa 1 anno, la prevalenza di disfunzione renale basale è stata del 33% nei 1855 pazienti con SC acuto, e i valori basali di creatinina >1.5 mg/dl risultavano un significativo predittore di morte ad 1 anno.129

Quando in un’analisi ad hoc sui pazienti dell’indagine sullo SC acuto (dati non pubblicati) si è valutato l’impatto diagnostico del filtrato glomerulare stimato (estimated glomerular filtration rate, eGFR), considerato più accurato rispetto alla valutazione della funzione renale misurata con la creatinina serica, si è osservato che utilizzando l’eGFR, tramite la formula Modification of Diet in Renal Disease (MDRD) modificata, la prevalenza di disfunzione renale aumentava del 21% rispetto all’uso della creatinina (dal 38% al 59%).

Durante il ricovero ospedaliero per SC, la condizione che pone le maggiori difficoltà gestionali è la comparsa di un peggioramento della funzione renale (worsening renal

function, WRF, il tipo I della sindrome cardio-renale nella classificazione proposta

da Ronco et al.). Il WRF complica il decorso di circa un terzo dei pazienti ricoverati ed è notoriamente associato ad una disfunzione renale preesistente, ad una degenza più prolungata, una maggiore recidiva di riammissioni ed un’aumentata mortalità sia intraospedaliera che a breve e lungo termine.

In casi normali esistono recettori afferenti sensibili alle va riazioni del volume ematico circolante e, nei casi in cui il volume aumenti, vi è una stimolazione sul rene che consente di eliminare una maggiore quantità di acqua e sali. 129

Il sotto-riempimento arterioso, che caratterizza lo SC, porta ad una ridotta stimolazione dei barocettori con conseguente attivazione di tre importanti sistemi vasocostrittori: il sistema nervoso simpatico, il sistema

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renina-angiotensina-37 aldosterone e il rilascio non osmotico di AVP, i quali diminuiscono l’emodinamica renale e promuovono la ritenzione di sodio e acqua.

E’ importante quindi affermare che la ritenzione di sodio e di acqua, con la conseguente formazione di edema, sono punti cardinali nella patogenesi e nella evoluzione dell’insufficienza cardiaca. Infatti l’incapacità d i espellere un carico di sodio è un indicatore della presenza di SC e un difetto nella escrezione di acqua è tipico in questi pazienti.

Sono state proposte due teorie: la prima, proposta nel 1832, suggerisce che l’aumento della pressione venosa idrostatica, conseguenza dell’aumento della pressione di riempimento ventricolare nel paziente scompensato, provochi una trasudazione di fluidi dal compartimento intravascolare a quello iniziale con formazione di edemi. La riduzione del volume intravascolare, a sua volta, stimola il rene a ritenere sodio e acqua instaurando un circolo vizioso.

La seconda teoria, stilata da Smith, suggerisce che un primitivo decremento dell’output cardiaco attivi vie afferenti ed efferenti le quali hanno come fine la ritenzione di sodio.36

In realtà, secondo Schrier, le due teorie non sono mutuamente esclusive ed entrambe sono fondamentali nella patogenesi della malattia: infatti sia l’ipertensione venosa centrale che il sotto-riempimento arterioso sono implicati nella regolazione del volume di fluidi corporeo tramite la via afferente. Tuttavia, il segnale dominante rimane il volume del circolo arterioso. 37

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38

2.3 PRESENTAZIONE CLINICA

Tipicamente i sintomi e i segni di SC acuto riflettono un sovraccarico di fluidi, con congestione polmonare e/o periferica, o, meno frequentemente, una riduzione della gittata cardiaca con ipoperfusione periferica (tabella 7).

TABE LLA 7SINTOM I E SE GNI DI S COMPENSO CARD IAC O A CUTO3

I possibili quadri clinici di SC acuto sono stati inquadrati in sei categorie principali: 1) peggioramento acuto di uno SC (de novo o aggravamento/peggioramento del compenso in pazienti con SC cronico); in questo caso il paziente presenterà sintomi e segni di SC relativamente lievi e non inquadrabili come edema polmonare acuto, SC ipertensivo o shock cardiogeno, principalmente dovuti a congestione polmonare e/o sistemica. La FEVS può essere conservata o ridotta. Secondo il registro Euro Heart Failure Survery II (ESCS II)38 il 65 % dei pazienti ricoverati per SC acuto rientra in questa categoria. 2) SC ipertensivo: i pazienti in cui l’ipertensione è la causa dello SC si presentano solitamente con elevata pressione arteriosa sistolica, funzione ventricolare sinistra relativamente conservata e minori segni di congestione. L’11% dei casi ESCS II rientrano in questa categoria. 3) edema polmonare acuto: il quadro clinico in questo caso è caratterizzato da un’insufficienza respiratoria severa, tachipnea e ortopnea con rantoli estesi ai campi polmonari. La saturazione arteriosa di ossigeno è solitamente <90% in aria ambiente prima del trattamento con ossigeno.

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39 Sono presenti segni di congestione polmonare alla radiografia e all’ecografia polmonare. Il 16% dei casi ESCS II rientra in questa categoria. 4) shock cardiogeno: caratterizzato da ipotensione (PAS < 90 mmHg) e segni di ipoperfusione d’organo (oliguria, diuresi <0,5 ml/kg/h), nonostante la pressione diastolica del VS sia buona. E’ un quadro clinico raro (4%di casi ESCS II) 5) SC destro isolato: c aratterizzato da congestione sistemica, con turgore delle giugulari, edemi periferici e assenza di congestione polmonare clinica o radiologica. Analogamente allo shock cardiogeno, è un quado clinico relativamente raro (3% dei casi ESCS). 6) SC con SCA: caratterizzato nella maggior parte dei casi da dolore toracico, segni elettrocardiografici di ischemia e livelli sierici di troponina spesso aumentati. Molti pazienti affetti da SC acuto presentano un quadro clinico e un riscontro laboratoristico di SCA38. Circa il 15% dei pazienti con SCA hanno segni e sintomi di SC.

I sintomi più comuni di SC acuto, come accennato in precedenza, sono dovuti a congestione polmonare e sistemica e la dispnea è generalmente la causa del ricovero. Nel database ADHERE, la dispnea a riposo era il sintomo d’esordio nell’89% dei casi, mentre l’astenia il motivo del ricovero solo nel 31%. Il database URGENT ha mostrato che la dispnea migliora rapidamente con l’inizio della terapia senza però regredire completamente. Nei primi giorni di ricovero spesso persistono dispnea e ortopnea per sforzi minimi, che possono passare inosservate se non espressamente ricercate.39

Dispnea. Il paziente definisce la dispnea come “mancanza d’aria”. È il sintomo

principale dello scompenso cardiaco, che si associa a congestione polmonare. Nelle fasi iniziali dello SC la dispnea compare solo per sforzi di notevole entità (dispnea da sforzo); con l’aggravarsi della condizione patologica che ne è alla base, la dispnea s i presenta per sforzi progressivamente più lievi finché, nelle fasi avanzate della malattia e durante gli episodi di SC acuto, compare anche a riposo (dispnea a riposo). La patogenesi della dispnea è molteplice. La congestione venosa polmonare provoca un aumento del volume ematico polmonare a spese della capacità vitale del polmone, con comparsa di un quadro funzionale ventilatorio di tipo restrittivo. Tutto il

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