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L'obbligo vaccinale, un difficile bilanciamento tra i diritti del singolo e la tutela della collettività

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea

L’OBBLIGO VACCINALE, UN DIFFICILE BILANCIAMENTO TRA I DIRITTI DEL SINGOLO E LA TUTELA DELLA COLLETTIVITÀ

Relatore

Chiar.mo Prof. Luca Righi

Correlatore

Chiar.mo Prof. Alfredo Fioritto

Candidata Jessica Antonello

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Alla mia Mamma e a Maria Antonietta.

Due Donne uniche.

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INDICE

Introduzione ... 3

Capitolo primo: Articolo 32 della Costituzione tra diritti del singolo ed interesse della collettività 1.1 Il diritto alla salute brevi profili evolutivi ... 5

1.2 Il concetto di “salute” ... 9

1.3 L’articolo 32 della Costituzione. I soggetti coinvolti ... 10

1.4 L’articolo 32 della Costituzione ed i suoi contenuti ... 12

1.5 L’articolo 32 della Costituzione, la libertà di cura ed il consenso informato ... 16

1.6 L’articolo 32 della Costituzione, l’interesse collettivo ed i trattamenti sanitari obbligatori ... 23

Capitolo secondo: L’attuazione dell’articolo 32 della Costituzione e l’obbligo vaccinale nella legislazione 2.1 Albori e tappe degli obblighi vaccinali ... 34

2.2 Il D.P.R. 26 gennaio 1999 n. 335 e l’affievolimento dell’obbligo vaccinale ... 40

2.3 Piano Sanitario Nazionale e Piano Nazionale Vaccini prima della riforma del Titolo V della Costituzione... 42

2.4 La riforma del titolo V, l’incidenza sulla competenza sanitaria ed i livelli essenziali di assistenza ... 51

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2 2.5 Dalla Riforma del Titolo V della Costituzione ad oggi. I Piani

Sanitari Nazionali ed i Piani nazionali vaccini ... 54

2.6 L’oscillazione dell’obbligo vaccinale ... 75

2.7 Il Decreto Legge 73/2017 e la sua conversione in legge ... 79

Capitolo terzo: Il “Decreto vaccini” un difficile bilanciamento tra diritti dell’individuo e tutela della salute collettiva 3.1 Il “Decreto vaccini” e le sue Circolari attuative, analisi del contenuto ... 84

3.2 Il “Decreto Vaccini”, una lente di ingrandimento su alcune vicende peculiari ... 92

3.2.1 Eccezioni all’obbligo vaccinale: le esenzioni ... 92

3.2.2 La vicenda della regione Veneto ... 97

3.2.3 L’obbligo vaccinale ed il diritto di istruzione ... 103

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3 Introduzione

Il rinnovato interesse per le vaccinazioni obbligatorie è alimentato dalla recente introduzione del decreto legge n. 73 del 2017, successivamente convertito in legge, con il quale non solo viene sancito un aumento del numero delle vaccinazioni obbligatorie, ma queste divengono condizione essenziale per l’accesso ai servizi educativi per l’infanzia. Di fatto, la situazione nel nostro Paese ha registrato, negli ultimi anni, un preoccupante calo di adesione alla pratica vaccinale. Le ragioni che hanno condotto a tale situazione sono molteplici e di variegata natura, motivo per il quale il legislatore ha avvertito la necessità di emanare una normativa il cui contenuto è in controtendenza rispetto all’orientamento consolidatosi a partire dalla fine degli anni ’90. In passato, infatti, dopo un periodo di marcata coercizione rispetto alla pratica vaccinale, abbiamo assistito ad un affievolimento dell’obbligo il quale via via è stato svuotato del suo contenuto.

Ai fini della disamina delle criticità emerse dal bilanciamento tra l’obbligo e i diritti, è si è reso necessario approfondire l’articolo 32 della Costituzione ed il suo contenuto. In particolare, è stata posta attenzione sulla libertà di cura nonché sulla delineazione ed evoluzione del concetto di salute. È stato inoltre richiamato l’istituto del consenso informato come espressione di adesione volontaria al trattamento. Successivamente, dopo aver fornito una definizione di “interesse della collettività” ed aver dato conto della sua unicità all’interno del panorama costituzionale, si è volto lo sguardo al bilanciamento fra il diritto riconosciuto all’individuo di rifiutare le cure, anche preventive, e la limitazione del diritto stesso, tracciando i confini entro i quali tale ipotesi si può verificare. In seguito, sono stati oggetto di trattazione

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l’istituto del trattamento sanitario obbligatorio e le conseguenze derivanti dagli effetti indesiderati che possono colpire il soggetto sottoposto ad esso.

Si è presa poi in esame l’evoluzione storica dell’obbligo vaccinale, richiamando le tappe più significative. L’analisi mira a far comprendere l’oscillazione del contenuto dell’obbligo vaccinale che ha subito importanti variazioni nel tempo anche se è sempre stato presente nel nostro ordinamento. Si passa infatti da una forte coercizione ad una impostazione maggiormente collaborativa volta ad incentivare una adesione volontaria del cittadino. Infine si è dato conto della generale situazione attuale, successiva all’entrata in vigore del decreto legge 73/2017 e della sua conversione in legge.

In ultima analisi, dopo aver approfondito alcuni aspetti peculiari del nuovo impianto normativo, sono state esaminane tre situazioni specifiche che esprimono la difficoltà di bilanciamento tra la tutela della salute collettiva ed i diritti del singolo. Nell’analizzare l’ipotesi di esenzione dall’obbligo vaccinale, assume un ruolo primario la c.d. “immunità di gregge”, che permette di ricevere un vantaggio indiretto anche ai soggetti che, a causa di particolari condizioni fisiche, non possono essere sottoposti a vaccinazione. Con l’esposizione della vicenda della Regione Veneto e dei suoi ricorsi, si mira ad evidenziare il complicato bilanciamento tra diritto di autodeterminazione del singolo e tutela dell’interesse della collettività, nonché a dar conto dei presupposti necessari alla decretazione di urgenza in tema di interventi preventivi. Infine, si analizza il contemperamento tra obbligo vaccinale e diritto di accesso all’istruzione scolastica, effettuando un breve

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5 Capitolo primo: Articolo 32 della Costituzione tra diritti del singolo ed interesse della collettività

1.1 Il diritto alla salute brevi profili evolutivi

La rilevanza della tutela della salute è percepita già da molti anni, basti pensare alle “Opere Pie”, istituzioni assistenziali a carattere caritatevole finalizzate al soccorso di chiunque versi uno stato di necessità dal punto di vista sanitario1.

Nel corso degli anni si fa sempre più sentire il bisogno di una

organizzazione di apparati volti alla tutela della salute sino a giungere alla istituzione, presso il ministero dell’interno, di una magistratura avente responsabilità di sanità pubblica2, dimostrazione della visione ottocentesca che percepisce la salute in una accezione di ordine pubblico, come una vera e propria “azione sanitaria”3, e non come mera tutela del singolo.

Per giungere ad una concezione dell’assistenza sanitaria in maniera strutturata si deve attendere il 1888 e la legge Crispi - Pagliani4 la quale disegna l’organizzazione dell’assistenza come una piramide dove al vertice risiede il Ministero degli Interni, Direzione Generale della Sanità, nel secondo scalino la provincia nella figura del medico provinciale ed alla base il comune5. Ad ogni modo siamo sempre lontani dalla visione della salute come diritto da tutelare6, anche se, nel

1 CARDIA C. voce Opere pie, in Enciclopedia del diritto, vol. XXX, Milano 1980. 2 COMASCINI G. Storia della medicina e della sanità nell’Italia contemporanea, Roma, 1994, pag. 50.

3 FERRARA R. L’ordinamento della sanità, Torino, 2007. 4 Legge 22 dicembre 1888, n. 5849

5 MAGGI P. Legge Crispi – Pagliani, ovvero “lavorare al bene ed al progresso della patria e dell’umanità” Gran Loggia d’Italia, 2017, www.granloggiaditalia.eu. 6 FERRARA R. op. cit.

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nello stesso anno7, un particolare occhio di riguardo viene rivolto verso i soggetti indigenti ai quali viene garantita una assistenza medica gratuita.

Siamo nel 1907, quando con il regio decreto 6368 viene approvato il Testo Unico delle leggi sanitarie il quale mira a riunire le regole frammentarie in materia sanitaria. L’impostazione rimane fedele alla precedente non variando la struttura piramidale.

Durante il periodo fascista, la materia sanitaria, viene

modificata con il Testo Unico9 realizzato da Mussolini e Petragnani10. L’organizzazione è fortemente centralizzata ed al vertice viene posto il Ministero dell’Interno. Rimane il Consiglio Superiore di Sanità al quale si aggiunge l’Istituto di Sanità Pubblica (successivamente Istituto superiore di sanità11), mentre la capillarizzazione sul territorio viene affidata per lo più all’opera dei prefetti. L’organizzazione è dunque fedele all’impostazione del regime fascista che sostiene che deve essere lo Stato a prendersi cura del singolo cittadino, ma, nonostante questo, ancora non si afferma la tutela della salute come diritto dell’individuo. Tale tutela è infatti maggiormente focalizzata, ancora una volta, al mantenimento dell’ordine pubblico, nonché alla creazione di una condizione di dipendenza del cittadino nei confronti dello Stato. Nonostante questo, comunque, si assiste alla creazione di mutue assicurative che hanno la finalità di garantire l’assistenza medica sia ai lavoratori che ai loro familiari.

Proseguendo con questo breve excursus storico, non si può certo

7 Legge 22 dicembre 1888 n. 5849.

8 RD 636 del 26 settembre 1907 che approva il T.U. delle Leggi Sanitarie.

9 Regio Decreto 27 luglio 1934 n. 1265, Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie.

10 Giovanni Petragnani era un igienista e docente in immunologia e batteriologia nato nel 1893. www.treccani.it.

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non menzionare l’articolo 5 del nostro codice civile del 1942, il quale vieta gli atti di disposizione del proprio corpo quando questi “cagionino

una diminuzione permanente dell’integrità fisica”. In questo contesto

la ratio dell’indisponibilità viene sempre agganciata ad interessi pubblici superiori12.

Giungiamo all’approvazione del nostro testo Costituzionale nel quale la tutela della salute è sancita all’articolo 32 come un diritto fondamentale dell’individuo nonché come interesse della collettività13. Da un punto di vista storico, la nostra Costituzione rappresenta una pietra miliare poiché è la prima in Europa ad elevare tale diritto a principio costituzionale14. Per giungere ad una generale elevazione del diritto alla salute a principio costituzionale negli altri paesi Europei, dobbiamo infatti attendere l’avvento degli anni ‘7015.

L’articolo 32 (articolo 26 del Progetto) inizialmente non ha scaturito un grande interesse, sino alle dure critiche ricevute durante la seduta dell’aprile 1947. Ad ogni modo, l’articolo 32, segna una netta linea di separazione rispetto al periodo fascista, inquadrando la tutela della salute come un bene in senso giuridico16.

12 Nel contesto in cui è stato introdotto il codice civile del 1942 la parziale indisponibilità si aggancia alla protezione di interessi pubblici superiori. Va da sé che, seguendo l’evoluzione del nuovo concetto di salute si è reso necessario anche un nuovo inquadramento dell’articolo 5 del codice civile. RESTA E. “Il governo del corpo” in Trattato di Biodiritto, Tomo I, 2011m Giuffrè.

Per un approfondimento sugli aspetti civilistici del bene “integrità fisica” ROMBOLI R. La libertà di disporre del proprio corpo, Art. 5 Estratto dal volume Delle persone fisiche, art. 1-10, prima edizione, Collana: Commentario del Codice Civile, 1988, Zanichelli editore.

13 Salute (diritto alla), MORTATI C. Dizionario di diritto pubblico, diretto da CASSESE S. Giuffrè, Milano, 2006.

14 AICARDI N. Trattato di diritto amministrativo, a cura di S.CASSESE, Diritto amministrativo speciale, edizione GIUFFRE’, Milano, 2000, Tomo I, pagg. 377 – 452. L ‘A. riporta che il diritto alla salute non è contemplato nelle altre costituzioni dei paesi europei contemporanee alla nostra, è presa ad esempio la costituzione Francese del 1985.

15 Ibidem. L’A. prende questa volta ad esempio le Costituzioni di Spagna 1978, Portogallo 1976 e Grecia 1975.

16 E’ utile notare che l’approccio al tema dell’integrità fisica non è stato affrontato in maniera immediatamente differente rispetto a prima, ma, resta il fatto che, la svolta

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L’articolo originariamente previsto (26 progetto dell’Assemblea Costituente) presenta una struttura molto più asciutta. In apertura si premura immediatamente di richiamare il ruolo della Repubblica nella tutela della salute, promozione dell’igiene, nonché nella garanzia della gratuità delle cure per gli indigenti, ma non specifica quale rilievo dare al diritto alla salute. Nel secondo comma viene sancito il principio secondo cui nessun trattamento può essere imposto se non per legge17. La Commissione, non senza contrasti, ed, a tratti, in netta opposizione di vedute, propone diversi emendamenti all’articolo, che vanno dall’impegno della Repubblica al miglioramento della stirpe umana a mezzo delle tecniche eugenetiche18 sino alla richiesta di inserimento di un “dovere alla salute” passando per l’inclusione, all’interno dell’articolo, di una regolamentazione dell’organizzazione sanitaria.

Questa brevissima disamina fa immediatamente percepire le innumerevoli sfaccettature che il diritto alla salute comprende, nonché la difficoltà di inquadramento di un contenuto chiaro e ben delineato. Ad ogni modo la tutela del diritto alla salute si eleva a rango di diritto costituzionalmente garantito. Il diritto alla salute, nella sua accezione di diritto fondamentale è anche da ritenersi essenziale, intrasmissibile, indisponibile, nonché opponibile erga omnes19.

è stata immensamente incisiva riconoscendo “una posizione centrale alla tutela ed alla realizzazione della persona umana […] intesa come qualcosa di assolutamente unico e non separabile, composto di corpo e mente”, come sostenuto da ROMBOLI op. cit.

17 Articolo 26 progetto dell’Assemblea Costituente, Seduta del 23-24 aprile 1947. “La Repubblica tutela la salute, promuove l’igiene e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessun trattamento sanitario può essere reso obbligatorio se non per legge. Sono vietate le pratiche sanitarie lesive della dignità umana”.

18 Onorevole Merighi.

19 GRECO, Il “nocciolo duro del diritto alla salute”, in La Responsabilità civile, aprile 2007, 299 e ss. Nello stesso senso anche PACE A. Problematica delle libertà costituzionali, Parte generale: introduzione alo studio dei diritti costituzionali, CEDAM, 2003.

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9 1.2 Il concetto di “salute”

Si deve subito precisare che il concetto di salute non può essere inquadrato in maniera statica, ma deve essere visto come un continuo evolversi e mutare. In primo luogo l’accezione più semplicistica che può contraddistinguere il diritto alla salute è l’assenza della malattia, che, in un’ottica previdenziale si sostanzia nell’alterazione dello stato di salute durevole e che richiede l’intervento di mezzi terapeutici20. La difficoltà di definizione di un vero e proprio contenuto, infatti, oltre che conseguire alla possibile vastità dello stesso deriva anche dal fatto che nessun dettato da una chiara definizione della “salute”, ad eccezione del Preambolo della Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità21 fondata nel 194622 nel quale è indicata come “uno stato

completo di benessere fisico mentale e sociale che non consiste soltanto in una assenza di malattia o infermità”. In questo ultimo caso la salute

nel suo amplissimo contenuto viene vista come un vero e proprio stato di benessere. Nel 1948, invece la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, all’articolo 25, sancisce che “Ogni individuo ha diritto ad un

tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia”23, particolare attenzione viene data all’alimentazione, a vestiario, all’abitazione, alle cure mediche ed al diritto di sicurezza per disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia e comunque, in un’ottica omnicomprensiva, in caso vi sia la

20 CINELLI M. Diritto della previdenza sociale, Dodicesima edizione interamente rivista e aggiornata, Giappichelli editore, 2015.

21 L’organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization) è stata fondata il 22 luglio 1946 ed è una agenzia speciale dell’ONU. Il suo obiettivo è il raggiungimento del livello più alto possibile di salute a livello globale

22 BERLINGUER G., Storia della salute, Giunti Editore, 28 giugno 2011, pag. 205, ISBN 978-88-09-76934-2.

23 La concezione sembra avvicinarsi a quella di “complete wellbeing” che

sostiene azioni di promozione della salute che riguardano sia la prevenzione individuale che corretti stili di vita. BALDUZZI R. CARPANI G. Manuale di diritto sanitario. Il Mulino, 2013.

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perdita di mezzi di sussistenza. Anche la Carta Sociale Europea24 sancisce “ogni individuo ha il diritto di beneficiare di tutti i mezzi che gli permettano di godere del migliore stato di salute che possa raggiungere”. Questa particolare definizione è peculiare per la

comprensione della vastità del contenuto del concetto di salute, tanto in riferimento all’individuo, quanto in riferimento ad elementi esterni ad esso come l’ambiente. Tanto riguardo alla condizione fisica, quanto a quella psichica25.

Proseguendo possiamo richiamare la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea26, la quale, all’articolo 35, pur non fornendo una chiara definizione di “salute”, richiama il diritto di accesso alla prevenzione sanitaria, nonché il diritto di ottenere cure mediche.

Come si può notare è facile evincere la difficoltà di definire il

contenuto di “salute” in maniera chiara e ben delimitata. Resta il fatto che la tutela della Salute, nel nostro ordinamento, è uno dei compiti fondamentali assegnati alla Repubblica, e non solo visto come diritto dell’individuo, ma anche come interesse della collettività.

1.3 L’articolo 32 della Costituzione. I soggetti coinvolti

L’articolo 32 della Costituzione, nonostante il suo sintetico27

24 La Carta Sociale Europea è un trattato del Consiglio d’Europa adottato nel 1961 a Torino.

25 Nella Carta di Ottawa, redatta nella prima Conferenza internazionale per la promozione della salute” (1986) si classifica la promozione della salute come processo politico e sociale che riguarda sia le condizioni dell’individuo che quelle ambientali.

26 La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea viene proclamata per la prima volta a Nizza il 7 dicembre 2000.

27 AICARDI N. La Sanità, in Trattato di diritto amministrativo, a cura di S. CASSESE, Milano, 2003. L’A definisce il contenuto “solenne”.

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contenuto28 trae il suo fascino e la sua complessità29 dalle innumerevoli sfaccettature30 che si estrinsecano al suo interno. Dal punto di vista soggettivo, infatti, sono coinvolti la Repubblica, l’individuo e la collettività. Dal punto di vista oggettivo, invece, si deve fare riferimento ad un diritto di tutela, un diritto di libertà di cura nonché un interesse della collettività alla tutela della salute.

In questo paragrafo ci occuperemo in particolar modo di esaminare brevemente il profilo soggettivo dell’articolo 32, rimandando la disamina del profilo oggettivo ai paragrafi successivi.

Il primo soggetto ad esse preso in considerazione non può che essere la Repubblica, l’articolo in esame, infatti, richiama immediatamente il suo ruolo nella tutela della salute. Il riferimento preciso alla Repubblica, definita come “insieme di tutte le attività

funzionali sia dello Stato in quanto tale, sia delle regioni e degli enti pubblici”31, ha la finalità di richiamare, in un’ottica omnicomprensiva, tutti gli enti pubblici funzionali e territoriali32 al fine di un coinvolgimento di tutti i livelli di governo, anche locali. Tale impostazione non può che venire confermata dopo la riforma del Titolo V che rende ancora più limpida al concezione di Repubblica come un

“soggetto istituzionale complesso costituito da Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni, Stato”33.

Passando all’individuo, titolare del diritto alla tutela della salute, si

28 Per un approfondimento sulla brevità della norma DE CESARE G. Sanità (dir. cost.), in Enc. dir., XLI, Milano, 1985.

29 CARTABIA M. L'articolo 32, secondo comma, della Costituzione italiana, in “Monitor”, n. 29, 2012, p. 21. L’A riporta come l’articolo 32 della Costituzione “è indiscutibilmente uno dei più complessi da esaminare, interpretare e applicare”. 30 MONTUSCHI L. art 32, 1° comma, Commentario alla Costituzione, Rapporti etico – sociali, Bologna – Roma, Zanichelli, Il Foro italiano, 1976.

31 Definizione di RUINI M. nella seduta del 24 marzo 1947 32 BALDUZZI R. op. cit.

33 BIFULCO R. CELOTTO A. OLIVETTI M. Art. 32 in Commentario alla Costituzione, Vol. 1, UTET Giuridica.

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noti come il termine deriva dal latino in (usato in senso privativo) e

dividuus (che significa letteralmente “diviso”) e viene usato in filosofia

per indicare le caratteristiche proprie di ogni soggetto che, per la loro peculiarità lo differenziano rispetto agli altri34. Il termine, all’interno della Carta Costituzionale, è utilizzato solo all’articolo 32 e vuole riferirsi all’essere umano nella sua singolarità, senza rimandi alcuni alle condizioni economico – sociali35. Secondo parte della dottrina, la scelta del termine è da ricollegarsi alla qualifica di diritto fondamentale che si conferisce al diritto alla salute seguendo l’assunto secondo il quale lo stato di salute risulta essere il presupposto per il godimento degli altri diritti e dunque non può che fare riferimento ad una ampia schiera di beneficiari priva di qualificazioni limitanti36.

Il concetto di collettività, è facilmente qualificabile come l’insieme dei consociati. La posizione in cui l’individuo e la collettività si possono trovare non è univoca. Il loro rapporto può essere infatti un rapporto di opposizione ed antagonismo quando il problema di salute del singolo va a minacciare la collettività, la quale, si trova costretta a difendersi. Ma non sempre si concretizza questa ipotesi; ove non ricorra una minaccia, infatti, il concetto di collettività si veste di una accezione

“superindividuale”37 e dunque non opponendosi alla posizione del singolo ma includendola.

1.4 L’articolo 32 della Costituzione ed i suoi contenuti

Analizzando il contenuto dell’articolo 32 della Costituzione, il quale

34 Individuo in Dizionario di filosofia 2009, Treccani.

35 Condizioni prese in esame ove invece si tratti di garantire cure gratuite ai soggetti indigenti, ex art. 32 Costituzione.

36 BALDUZZI op. cit. 37 Ibidem.

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recita “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto

dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” è possibile

scorgere diverse situazioni giuridiche che vanno a comporne lo scheletro. L’articolo presenta una divisione in due parti, nella prima, dopo aver richiamato il ruolo della Repubblica ed il suo dovere di tutela, si dichiara che la salute stessa è, sia, un diritto fondamentale38 dell’individuo che un interesse della collettività. Nella seconda parte, invece il riferimento è all’impossibilità di obbligare taluno a sottoporsi a trattamenti sanitari se non ove intervenga una disposizione di legge che, comunque, non può mai violare i limiti del rispetto della persona umana.

In primo luogo non può che rilevare la tutela “passiva”39 o

“negativa” della salute come diritto alla protezione della stessa (e dunque alla sua conservazione) che si sostanzia nel divieto imposto ai terzi di danneggiare la salute di altri. La ratio è quella di garantire che nessuna attività posta in essere tanto da parte dei pubblici poteri, quanto da parte dei privati leda la salute del soggetto, disponendo mezzi inibitori, risarcitori o ripristinatori nell’ipotesi in cui si verifichi la lesione della salute stessa. Qui si configura un vero e proprio diritto soggettivo40 che non necessita di interventi da parte del legislatore o della pubblica amministrazione41. In merito al dibattito sulla natura

38 CEVOLI D. Diritto alla salute e consenso informato. Una recente sentenza della Corte Costituzionale, in www.forumcostituzionale.it. L’A sottolinea come l’aggettivo “fondamentale” sia stato aggiunto in un momento successivo rispetto al progetto iniziale, al fine di rafforzare la garanzia di questo diritto.

39 BALDUZZI op. cit.

40 Sentenza della Corte Costituzionale 24 gennaio 1973 n. 796. 41 RESCIGNO G. U. Dal diritto di rifiutare un determinato trattamento

sanitario secondo l’art. 32, co. 2, Cost. al principio di autodeterminazione intorno alla propria vita, in Diritto pubblico, n. 1, 2008, Il Mulino. L’A. sottolinea come il diritto ha come oggetto un “non fare” dei terzi, e che tale obbligo si esprime come “obbligo in capo a chiunque di non fare” e, pertanto “non c’è bisogno di alcuna mediazione

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programmatica o precettiva della orma è utile sottolineare come in questo caso la il carattere programmatico della norma vada escluso essendo il bene protetto già proprio del beneficiario senza il bisogno di alcuna attuazione; ed è proprio la giurisprudenza costituzionale e civile42 che, a supporto di questa impostazione, sostiene che dalla norma nascono diritti soggettivi perfetti direttamente azionabili. È utile poi precisare che secondo una sentenza della Corte Costituzionale del 197943 il diritto sarebbe da ascriversi come primario ed assoluto sostenendo, ancora una volta, la sua immediata operatività tanto nel settore privatistico quanto in quello pubblicistico. Inizialmente la tutela viene considerata nei confronti dell’integrità psico – fisica, ma, con l’ampliarsi del concetto stesso di salute, si amplia anche il contenuto del diritto alla tutela della stessa abbracciando anche una tutela contro una lesione alla salute nella sua accezione di condizione esistenziale complessiva, allontanandosi di fatto dalla concezione patrimonialistica conferita dall’articolo 5 del codice civile44. Questa espansione del concetto di salute e della sua tutela porta poi anche a linee evolutive molto importanti come la tutela di un ambiente salubre già visto come imprescindibilmente collegato alla tutela della salute tanto del singolo quanto della collettività. A tal proposito è utile chiarire come il diritto ad un ambiente salubre prenda le mosse dalla considerazione che l’ambiente “non si configura come un’entità autonoma ed astratta rispetto all’uomo, ma costituisce l’insieme dei presupposti esistenziali

per osservare la prescrizione costituzionale”. L’A. prosegue rimarcando come “Si tratta di uno dei pochi casi nei quali un principio costituzionale, data la domanda, è anche immediatamente regola di comportamento per tutti”.

42 Sentenze della Corte Costituzionale 247/1974; 88/1979. Sentenze della Corte di Cassazione n, 1329/1966; 5172/1943.

43 Sentenza della Corte Costituzionale 26 luglio 1979 n. 88.

44 PEZZINI B. Il diritto alla salute, profili costituzionali, in Dir. soc, 1983. L’A. sottolinea come il riconoscimento del diritto alla salute come diritto fondamentale dell’individuo porta a superare la concezione patrimoialistica richiamata nell’articolo 5 del codice civile.

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e vitali della specie umana, […] determina e plasma le condizioni di vita, la vita stessa dell’uomo”45, e ciò basta a far entrare il diritto ad un ambiente salubre tra quelli costituzionalmente rilevanti46.

Oltre alla tutela passiva, il richiamo è anche alla tutela attiva che si rivolge alla Repubblica chiamandola ad una azione positiva finalizzata alla protezione del bene. In questo caso si ravvisa un diritto di prestazione da cui derivano diritti soggettivi solo ove vi siano istituzioni sanitarie volte a garantire le prestazioni sopracitate; il diritto è dunque vantato nei confronti dello Stato e degli altri enti pubblici, i quali devono predisporre i mezzi idonei volti a tutelare l’integrità psico – fisica degli individui.

È opportuno precisare in estrema sintesi che il diritto “positivo” poco sopra richiamato non porta con sé la necessità della sua gratuità. L’individuo, infatti può essere chiamato a contribuire alla spesa sanitaria. Il nostro sistema sanitario, si basa su una compartecipazione dei cittadini alla spesa che viene esclusa solo ove il soggetto sia indigente. Per ciò che attiene il diritto in capo agli indigenti alla gratuità delle cure, non si può certo non notare l’aggancio all’articolo 3 della nostra Costituzione il quale, enunciando il principio di uguaglianza sostanziale, sancisce che “è compito della Repubblica rimuovere gli

ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà

45 L. MEZZETTI, Manuale di diritto ambientale, Padova, 2001, pag. 99.

46 QUADRACCIA E. Alcune riflessioni sui rapporti tra ambiente e Costituzione, appunti a margine del Convegno su Diritto dell’ambiente: profili amministrativi e penali, Magistratura indipendente, www.magistraturaindipendente.it.

In vero, soprattutto dalla fine degli anni ’70 si discute sull’opportunità di far derivare dal diritto alla salute, un diritto alla tutela dell’ambiente. Un primo riferimento è quello che rimanda all’articolo 9 della Costituzione in cui si richiama la tutela del “paesaggio”. Orbene la discussione si sposta sul contenuto da dare al termine “paesaggio”. Se è vero che parte della dottrina lo concepisce nella sua accezione puramente estetica, e anche vero che la visione più convincente sia quella che rimanda ad una interpretazione “adeguata al tempo” (LUICIANI M. “Brevi note sul diritto alla salute”, in “Il diritto alla salute alle soglie del terzo millennio”, a cura di Lorenzo Chieffi, Milano, 200).

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16 e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Cosa si intenda con il termine “indigenti” viene esplicato in

una sentenza del 199947 nella quale si precisa che il concetto di indigenza è caratterizzato da mutevolezza e relatività poiché i criteri da prendere in considerazione devono tenere conto non solo della disponibilità economica del soggetto ma anche dell’onerosità della cura.

1.5 L’articolo 32 della Costituzione, la libertà di cura ed il consenso informato

La libertà di curarsi è un’altra situazione soggettiva derivante dall’articolo 32 della nostra Costituzione, e, precisamente, dal comma secondo. Soffermandoci sul contenuto di tale comma infatti possiamo asserire che l’imposizione di un trattamento sanitario obbligatorio è fatto eccezionale, il che, mediante un ragionamento a contrario, porta ad affermare che la regola generale è quella di non imporre alcun trattamento sanitario, ma di lasciare al soggetto una libertà di scelta. La dottrina in questo senso ci corre in aiuto poiché sostiene che la legge è in grado solo di imporre trattamenti sanitari, qualora se ne ravvisino i presupposti, ma questo non genera in capo al soggetto un obbligo generale di curarsi48; ed ancora, si sostiene l’esistenza di un diritto di rifiuto che si esplica nella facoltà del paziente di decidere se sottoporsi o meno alle cure49. In oltre, molto importante in questo contesto è il

47 Sentenza della Corte Costituzionale 16 luglio 1999 n. 309

48 CARTABIA M. L'articolo 32, secondo comma, della Costituzione italiana, in “Monitor”, n. 29. L’A sostiene che nel secondo comma dell’articolo 32 della Costituzione vi sia una “libertà di scelta terapeutica”.

49 ROMBOLI La relatività dei valori costituzionali per gli aspetti di disposizione del proprio corpo, in Politica del diritto, 1991.

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riferimento all’articolo 33 della legge 833 del 197850 nel quale si sostiene che “i trattamenti sanitari sono di norma volontari”, andando a sottolineare ancora una volta l’eccezionalità dell’obbligo di sottoposizione ad un trattamento sanitario.

La libertà del soggetto può poi essere suddivisa in due sottoinsiemi, il primo riguarda la libertà “positiva” che si esplica nella libertà di scegliere il “come” curarsi, l’altro una libertà “negativa” che si sostanzia nel rifiuto dei trattamenti sanitari.

Nell’ambito della libertà “positiva” rientrano, tanto la libertà di decidere come curarsi, quanto la libertà di decidere il proprio medico di fiducia. È la stessa legge 833 del 1978 a conferire ai cittadini un diritto libero di scelta sia del medico che del luogo di cura, da operarsi nei limiti dell’organizzazione del servizio sanitario nazionale.

Per ciò che attiene la libertà “negativa”, questa si sostanzia nella libertà decisionale del soggetto di non ricevere cure, e dunque nel rifiuto dei trattamenti sanitari. Questa posizione del soggetto viene tutelata dalla nostra Costituzione mediante l’aggancio al principio dell’autodeterminazione51. La possibilità di decidere di non sottoporsi

50 Legge 23 dicembre 1978 n. 833, Istituzione del servizio sanitario nazionale. 51 Il principio di autodeterminazione in riferimento alla materia sanitaria ha il suo fondamento nell’articolo 32 della nostra Costituzione. Da tale articolo, comma secondo, si ricava che nella generalità dei casi vige il principio secondo il quale l’individuo è libero di effettuare una scelta in merito ai trattamenti sanitari cui sottoporsi, o addirittura è libero di rifiutare di sottoporsi ad alcun trattamento sanitario, e, solo in via eccezionale, questi possono essergli imposti. L’articolo 32, infatti, chiarisce espressamente che i trattamenti sanitari non sono obbligatori, non potendo pensare di trasformare il diritto alla salute in un generale obbligo della stessa. A rafforzare il quadro possiamo richiamare anche l’articolo 13 della Costituzione, il quale sancisce che “la libertà personale è inviolabile” sostenendo di fatto il diritto dell’individuo ad autodeterminarsi. Ed ancora all’articolo 2 del dettato Costituzionale si sancisce che “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili

dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”. Il dettato porta la Corte Costituzionale a qualificare la libertà di scelta

come diritto assoluto di libertà costituzionalmente garantito; ed è proprio la sentenza 471 del 1990 che, dal combinato disposto degli articoli richiamati afferma che “il

consenso informato trova il suo fondamento negli articoli 2, 23 e 32 della Costituzione

(e ciò) pone in risalto la sua funzione di sintesi dei due diritti fondamentali della

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ai trattamenti sanitari, infatti conquista una posizione di preminenza nel nostro ordinamento52 come esplicazione della libertà decisionale del soggetto allorquando non vada a minacciare la salute collettiva. Il limite di tale esplicazione in senso negativo infatti, è ravvisabile proprio nell’imposizione di trattamenti sanitari obbligatori, il cui presupposto è la tutela della salute collettiva. In sostanza, l’individuo è generalmente ritenuto libero di esprimere il proprio dissenso nei confronti delle cure, ma questa libertà viene limitata dalla necessità di far fronte ad esigenze di tutela della salute collettiva che portano per forza di cose ad una compressione della libertà del singolo, ma che sono a loro volta gravate dal limite di non ledere la dignità umana del soggetto.

Logicamente presupposto alla decisione positiva o negativa riguardo al trattamento sanitario è l’istituto del consenso informato.

Il consenso informato si sostanzia in una autorizzazione del paziente in merito alla ricezione di un trattamento medico – sanitario. Strettamente collegata e precedente al consenso è l’adeguata informazione circa il trattamento sanitario che il medico è tenuto a fornire al paziente stesso. Questo approccio, che sposta l’asse dalla visione paternalistica53 della figura del medico come l’unico soggetto in grado di provvedere al “bene” del paziente, pone la volontà del paziente come snodo fondamentale per l’intervento lecito54 in campo sanitario. Si badi bene che non si tratta di ribaltare nettamente il rapporto medico – paziente a favore del secondo, nel senso che quest’ultimo ha il potere incontrollato di imporre al medico l’uso di

52 Basti pensare che si ammette il rifiuto dei trattamenti sanitari per motivi religiosi, facendo leva sull’impossibilità di imporre trattamenti che non siano giustificati dalla necessità di tutela della salute di altri. DI COSIMO G. Coscienza e costituzione, 2000, Milano, Giuffrè.

53 MAGRO M.B. Sul limite, testamento biologico e decisioni di fine vita, Aracne, Roma, 2012,

54 Inizialmente l’istituto del consenso era visto in una accezione, se

Vogliamo, declassificata rispetto ad oggi, essendo meramente il requisito necessario e presupposto alla liceità degli interventi medici a prescindere dai loro esiti.

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terapie o interventi sconsigliati, inutili o pericolosi, bensì si vuole dare nuova luce a tale rapporto nel quale i soggetti principali sono posti su un piano di parità e collaborazione conseguente ad una dettagliata informazione in cui trovano spazio l’autonomia nelle scelte, l’autodeterminazione del paziente e la professionalità del medico, in base ad un rapporto di fiducia. Con l’avvento della Costituzione, infatti, il consenso informato diviene l’espressione di un diritto di partecipazione del paziente alla scelta del trattamento in modo che, quest’ultimo, possa assumere ogni decisione di tipo diagnostico e terapeutico che vada a coinvolgere sia la propria salute che il proprio corpo in maniera consapevole55. L’importanza del consenso informato, che oltretutto dimostra la mutevolezza della percezione sociale in ambito medico56, è sollevata per la prima volta da Thomas Percival, medico inglese vissuto tra la fine del 1700 e l’inizio del 1800, il quale in un suo scritto, sostiene l’importanza del diritto all’informazione che il paziente detiene, in netta contrapposizione “all’inganno caritatevole” che prima sembrava tutelare in miglior modo il paziente stesso57.

Anche a livello sovranazionale la tematica del consenso informato non passa certo in secondo piano, occupando una posizione di rilievo sia nella Convenzione di Oviedo che nella Carta di Nizza e nelle Convezione sui Diritti del Fanciullo di New York.

55 PEZZINI vede l’informazione come condizione di scelta consapevole in maniera omnicomprensiva, andando essa ad abbracciare tutti gli aspetti del trattamento ed addirittura le alternative allo stesso.

56 Quagliariello C. & Fin C., “Il consenso informato in ambito medico, un’indagine antropologica e giuridica”, Il mulino, Torino, 2016, pag. 29, “Una spiegazione del passaggio dal paternalismo medico al principio del consenso, può poi essere rinvenuta nella valorizzazione della natura prettamente morale della scelta […] (e dunque) la volontà da cui far dipendere la scelta su un determinato trattamento debba essere quel soggetto cui il trattamento è rivolto”.

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Nella Convenzione di Oviedo sui diritti umani e la biomedicina58 firmata nel 1997 e ratificata dall’Italia nel 2001, all’articolo 5 prevede che “Un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se

non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato” richiamando così la volontà di collocare il consenso del paziente in una posizione centrale; prosegue “Questa persona riceve innanzitutto

una informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell’intervento e sulle sue conseguenze e i suoi rischi” sottolineando l’importanza della

figura del medico e delle informazioni che fornisce al paziente. La Convenzione aggiunge poi la possibilità in capo al paziente di ritirare in ogni momento il consenso fornito, rimarcando la piene libertà di esplicazione della volontà del soggetto.

La Convenzione dei Diritti del Fanciullo di New York59 sostiene la necessità che “[…] i genitori ed i minori ricevano informazioni sulla

salute e sulla nutrizione del minore”.

Ed ancora la Carta di Nizza, Carta dei diritti fondamentali

dell’Unione europea, stabilisce che “Nell’ambito della medicina e della

biologia devono essere in particolare rispettati: il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità stabilite dalla legge”60.

A livello Nazionale, invece, in materia di consenso informato, oltre Ovviamente, agli articoli precedentemente citati, il richiamo è alla legge n. 833 del 1978 nella parte in cui dichiara che “Gli accertamenti e

i trattamenti sanitari sono di norma volontari” enunciando quella che

è la regola generale, in contrapposizione all’eccezionalità dei

58 La Convenzione di Oviedo, firmata il 4 aprile del 1997, occupa un ruolo molto importante tra le fonti internazionali essendo il primo trattato internazionale sulla bioetica. La Convenzione è ratificata in Italia con la legge del 28 marzo 2001 n. 145. 59 Firmata il 20 novembre 1989, ratificata in Italia con la legge 27 maggio 1991 n. 176. 60 La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, firmata il 7 dicembre 200. Ad oggi, in seguito all’entrata in vigore de Trattato di Lisbona, ex art. 6 ha lo stesso valore giuridico dei Trattati

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trattamenti sanitari obbligatori. Non può mancare nemmeno il rimando al codice deontologico61 il quale all’articolo 35, dopo aver classificato l’attività di acquisizione del consenso come atto di esclusiva competenza medica, al comma 2, sancisce che “Il medico non

intraprende né prosegue in procedure diagnostiche e/o interventi terapeutici senza la preliminare acquisizione del consenso informato o in presenza di dissenso informato”, ed ancora, all’articolo 37 comma 1

si specifica che “Il medico non deve intraprendere attività diagnostica

senza l’acquisizione del consenso esplicito e informato del paziente”

precisando che qualora all’intervento sia connaturato il possibile rischio grave per l’incolumità del soggetto, “Il procedimento

diagnostico e/o il trattamento terapeutico […] devono essere intrapresi solo in caso di estrema necessità e previa informazione sulle possibili conseguenze”. Ed anche il Comitato Nazionale di Bioetica sembra

essere concorde attribuendo al consenso informato il ruolo di legittimazione della pratica medica.

La problematica del consenso informato viene presa in

considerazione anche a livello giurisprudenziale. Con una sentenza della Corte Costituzionale del 200862 la Corte afferma che il consenso informato “[…] si configura come vero e proprio diritto della persona e

trova fondamento nei principi espressi dall’art. 2 della Costituzione […] e negli art.. 13 e 32 (della stessa)”. Nel 2009 un’altra sentenza63 ribadisce che “[…] il consenso informato riveste natura di principio

fondamentale in materia di tutela della salute in virtù della sua funzione di sintesi dei due diritti fondamentali della persona: quello dell’autodeterminazione e quello della salute”.

61Codice di Deontologia medica. Disponibile sul sito

www.omcesfg.it/LOrdine/CodiceDeontologico/Codice di deontologia. 62 Sentenza della Corte Costituzionale del 23 dicembre 2008 n. 438. 63 Sentenza della Corte Costituzionale del 23 luglio 2009 n. 253.

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Ma quale è il contenuto del consenso informato? La legislazione non ha mai affrontato direttamente il problema, né si può pretendere di ricavarlo dal dettato Costituzionale il quale, in via ancor più generale, detta le basi sulle quali l’esplicazione del consenso informato poggia. Ed allora l’intervento per l’individuazione del contenuto proviene dalla giurisprudenza la quale sostiene che i requisiti necessari sono la libertà, la personalità l’attualità, la specificità e la sua espressa manifestazione. In riferimento al primo punto rileva il momento della formazione della volontà del paziente poiché si ritiene che essa, e dunque il convincimento dello stesso debba essere libero e non viziato. Per quanto attiene alla personalità, essa viene presa in considerazione ove ci troviamo di fronte ad un soggetto capace, in questo caso il consenso deve provenire da colui il quale deve sottoporsi al trattamento; nel caso in cui il soggetto titolare del diritto alla salute sia un incapace o un minore, competente a prestare il consenso è il rappresentante legale, non potendosi configurare mai in capo al medico un diritto generale di procedere con la prestazione64.

Il profilo temporale dell’espressione del consenso è molto

importante poiché si specifica che la presentazione dello stesso deve sempre essere precedente al trattamento, e mai successiva, non configurando nell’istituto del consenso informato la possibilità di sanatoria di un intervento posto in essere senza il preventivo consenso. Il consenso deve poi perdurare per tutta la durata del trattamento, potendo il soggetto ritirarlo liberamente ritirare ed in ogni momento. Per quanto attiene il profilo della specificità, il consenso deve essere esplicato in relazione ad un determinato trattamento adeguatamente individuato nei suoi tratti salienti nonché nei rischi che può comportare, ed è in questo frangente che la figura del medico si rivela

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fondamentale poiché sarà colui che deve ben far comprendere al paziente, semplificandoli, i passaggi delicati ed i possibili rischi. In oltre il consenso deve sempre essere espressamente prestato dal paziente e mai può essere presunto o tacito65.

1.6 L’articolo 32 della Costituzione, l’interesse collettivo ed i trattamenti sanitari obbligatori

Come possiamo notare, al primo comma dell’articolo 32, vengono menzionate immediatamente due situazioni sottoposte a tutela da parte del dettato Costituzionale, quali il diritto dell’individuo e

l’interesse della collettività. La formulazione usata è unica all’interno

della nostra Costituzione ed è volta a mostrare come la visione delle due situazioni non sia in contrapposizione, ma al contrario vi sia una comunanza di interessi tra individuo e collettività66.

La contrapposizione tra le due posizioni, di per sé, infatti non risulta sussistere nel momento in cui queste ultime vivono in uno stretto rapporto di coessenzialità, secondo il quale il benessere dell’uno (dell’individuo) diventa il benessere di tutti (della collettività), e come tale, un bene sociale da difendere67. Il loro legame dunque si può dire biunivoco poiché connesso in un circolo virtuoso secondo il quale la migliore tutela dell’individuo deriva dal miglioramento di aspetti inerenti alla vita sociale, ed ancora, proseguendo, lo stato di benessere del consociato non può che incidere positivamente sulla collettività, essendo chiaro che il “benessere” della collettività non può certo prescindere da uno stato di salute del singolo.

65 Sentenza della Cassazione civile, sez. 3°, del 29 settembre 2015 n. 19219. 66 BALDUZZI op. cit.

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Orbene, come si può notare fintanto che le due posizioni non sono in opposizione non solo coesistono ma addirittura si rinforzano l’un l’altra68. Si può dunque sostenere che l’interesse della collettività acquista una sua autonoma rilevanza solo ove si ponga in contrapposizione rispetto al diritto alla salute dell’individuo.

La considerazione della salute come un interesse anche della collettività, infatti, porta alla configurazione di un dovere in capo all’individuo che consiste nel non mettere in pericolo o ledere la salute altrui in conseguenza di un proprio comportamento. Questa impostazione prende le mosse dal principio secondo il quale il limite al proprio diritto è individuabile nel “reciproco riconoscimento dell’eguale

protezione del diritto degli altri”69. È vero infatti che non si può sostenere l’esistenza di un dovere generale di mantenersi in una buona condizione di salute70, ma è anche vero che il singolo è libero di esprimere la sua decisione fintanto che dalla stessa non derivi un pregiudizio per la collettività, in altre parole, la libera decisione del singolo, in merito alla scelta di sottoporsi a trattamenti sanitari, non deve avere un diretto riflesso negativo sulla salute collettiva71 , e può essere derogata solo in funzione di un superiore interesse collettivo direttamente rilevante72. Dunque è possibile classificare l’interesse

68 BALDUZZI afferma che è proprio in diritto individuale come diritto della persona umana a conferire significato al concetto di interesse collettivo, la Costituzione, infatti, non sembra concepire un interesse della collettività assolutamente contrario a quello della persona.

69 Sentenza della Corte Costituzionale 2 giugno 1994 n. 218.

70 Secondo COCCONI in Il diritto alla tutela della salute, Padova, 1998, è la preminenza della tutela della salute del singolo rispetto a quella collettiva a rendere “inaccettabile un sacrificio (generale) della libera determinazione, se non in presenza di rischi per lo stato di salute altrui”.

71 D’altronde è proprio l’affermazione dei principi liberali contenuti nella Costituzione che porta con sé la necessita che ogni limitazione della libertà personale debba essere giustificata nella tutela di interessi collettivi, oltre ad avvenire nelle forme richieste. Questa considerazione è stretta conseguenza del fatto che la limitazione della libertà è un fatto eccezionale. In tal senso CARLASSARE L. L’art 32 della Costituzione e il suo significato.

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della collettività come limite esterno al diritto di libertà del singolo nell’ambito delle sue scelte in materia di salute73. Cosa accade quando la perdita della salute di un individuo mette a rischio la tutela della salute degli altri consociati? Il riferimento non può che essere all’istituto del Trattamento sanitario obbligatorio (TSO). Il trattamento sanitario obbligatorio è una procedura sanitaria applicabile solo in caso di motivata necessità ed urgenza inerente alla tutela della salute pubblica, e che deve essere adottato negli stretti limiti della disposizione di legge74 e del rispetto della persona umana75. La dottrina poi, in una concezione espansiva, fa rientrare all’interno della

73 MEGRONI A. A. Trattamenti sanitari obbligatori e tutela della salute individuale e collettiva, in Forum di Quaderni Costituzionali, 2017, www.forumcostituzionale.it. 74 Per ciò che attiene la diatriba sulla classificazione in senso assoluto o relativo della riserva di legge si noti come, data l’indecisione della dottrina, sia la giurisprudenza quella che propende per l’accettazione di una riserva relativa. Resta fermo il fatto che la dottrina ritiene, in modo unanime, necessario il requisito della “determinatezza” del trattamento, non accettando fattispecie generiche. È altresì dato ormai consolidato che l’obbligatorietà di un trattamento sia accettata solo ove prevista da legge statale, ed è facilmente intuibile che la ratio sia quella di evitare una differenza di discipline a livello regionale. In BALDUZZI op. cit. nello stesso senso anche CARTABIA M. La giurisprudenza costituzionale relativa all’art. 32 della, secondo comma della Costituzione italiana, in Quaderni Costituzionali, 2012; ed anche PANUNZIO S. P., Trattamenti sanitari obbligatori e Costituzione, in Diritto e società n. 4, 1979. L’A. esclude la disciplina a livello regionale della materia se non per fini di attuazione o esecutivi.

75 Il trattamento sanitario obbligatorio, anche conosciuto come TSO,

viene per la prima volta menzionato nella legge Basaglia (Legge del 13 maggio 1978 n. 180 “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”. Per precisione è necessario puntualizzare che anche se alla legge si associa il nome del medico psichiatra promotore, la stesura materiale della stessa è stata opera di Bruno Orsini anch’esso medico psichiatra. [Daniela Colamedici, Andrea Masini, Gioia Roccioletti, “La medicina della mente. Storia e metodo della psicoterapia di gruppo”, L'Asino d'oro edizioni, 2011 ISBN 9788864430577, pag. 314]). Con la legge Basaglia, che abroga una legge del 1904 (Legge del 14 febbraio 1904 n. 36 “Disposizioni sui manicomi e sugli alienati. Custodia e cura degli alienati) si vuole dare nuova forma all’organizzazione dell’offerta di assistenza psichiatrica, ed infatti la notorietà della legge stessa discende anche dal fatto che quest’ultima ha imposto la chiusura dei manicomi facendo leva sul rispetto dei diritti umani e della dignità personale che prima di quel momento non sembravano essere sentiti in maniera particolarmente pregnante per il trattamento di pazienti affetti da patologie psichiatriche.

La legge in questione, pur avendo notevoli meriti, non gode di una

vita autonoma molto lunga poiché viene in breve tempo inserita nella riforma sanitaria avvenuta nello stesso anno, anch’essa molto importante essendo la legge istitutrice del Servizio sanitario Nazionale .

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fattispecie ogni attività di carattere diagnostico o terapeutico che ha la finalità di curare una malattia76

Orbene, essendo il ricorso a trattamento sanitario obbligatorio l’eccezione, dobbiamo capire in quali limiti questo sia ritenuto costituzionalmente lecito. La dottrina unanime sostiene che, dalla lettura del combinato disposto dei commi primo e secondo dell’articolo 32 della Costituzione al fine di rendere legittima l’imposizione di un trattamento sanitario, la tutela della salute dell’individuo deve coesistere con l’interesse della collettività come condizioni congiuntamente necessarie77. Da ciò derivano due conseguenze logiche. In primo luogo, l’imposizione del trattamento non può mai avvenire al solo fine di tutela della salute del singolo poiché risulterebbe incostituzionale78, ed in secondo luogo non può mai avvenire al fine di tutelare il solo interesse della collettività79. In tal senso ci viene in soccorso anche la giurisprudenza costituzionale, che, in una sentenza del 1990 afferma la compatibilità della legge impositiva di un trattamento sanitario obbligatorio con l’articolo 32 della Costituzione nell’ipotesi in cui il trattamento sia diretto tanto a preservare lo stato di salute della collettività, quanto a preservare o migliorare lo stato di salute di colui che vi è sottoposto80.

76 SANDULLI A. M. LA sperimentazione clinica sull’uomo, in Diritto e società, 1978. 77 ALGOSTINO A. I possibili confini del dovere alla salute, in Giurisprudenza costituzionale 1996; ed ancora VERONESI P. Uno statuto costituzionale del corpo, in Trattato di biodiritto. Il governo del corpo, tomo I, diretto da Rodotà S. Zatti P. a cura di CANESTRARI S. FERRANDO G. MAZZONI C. M. RODOTA’ S. ZATTI P., Giuffrè, Milano, 2011.

78 BARILE P. Diritti dell’uomo e libertà fondamentali, Il Mulino, Bologna, 1984. 79 ROSSI S. Obbligo vaccinale e legislazione sanitaria in ambito scolastico, ovvero i corsi e ricorsi della storia, in Annali online della Didattica e della Formazione Docente, vol. 10, n. 15 – 16/2018. L’A. sottolinea come se la finalità di conservazione della salute del singolo fosse sufficiente a giustificare un trattamento sanitario obbligatorio, lo stesso sarebbe uno strumento di attuazione del dovere di salute. Ed inoltre, se fosse sufficiente l’interesse della collettività a giustificare lo stesso trattamento sanitario obbligatorio, l’individuo si ridurrebbe ad un mero mezzo per la realizzazione di altri interessi

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Dunque tra le condizioni che legittimano un trattamento sanitario obbligatorio rientrano il pericolo per la salute della collettività e la tutela della salute individuale.

Per ciò che riguarda il pericolo per la salute della collettività ci si deve domandare quale sia la soglia minima necessaria per legittimare una imposizione di un trattamento sanitario. Nel cercare di operare questo difficile inquadramento, dobbiamo rammentare che la portata di un trattamento sanitario obbligatorio è di notevole importanza poiché va a incidere sulla libertà di decisione dell’individuo, e che queste due esigenze necessitano di un bilanciamento oculato. Si deve anzitutto premettere che il pericolo che giustifica questa imposizione deve avere una eccezionale rilevanza, essendo eccezionale il carattere del trattamento cui si deve ricorrere. Il dettato Costituzionale, in questo senso ci fornisce aiuto, richiamando il termine “collettività”, il quale è certo da riferirsi non ad un gruppo limitato di persone, ma deve piuttosto essere interpretato come un numero rilevante di individui81. Si può scorgere la difficoltà in cui si incorre nel cercare di quantificare in maniera esatta quale sia questa soglia minima, ed allora è forse più opportuno fare riferimento ad un altro dato, e cioè quello della

“pericolosità” per la salute collettiva. Il pericolo per la salute della

collettività è da ravvisarsi in relazione alla sua potenza lesiva ed espansiva, e dunque quando il pericolo “sia caratterizzato dalla

dimensione di potenzialità lesiva generalizzata e particolarmente intensa, tale da mettere a repentaglio tutti i membri della collettività, o […] un numero indeterminato di essi. Connotati essenziali di tale pericolo […] sono la sua potenza diffusiva […] e l’indeterminatezza di

81 NEGRONI A. A. Decreto legge sui vaccini, riserva di legge e trattamenti sanitari obbligatori, In Forum di quaderni Costituzionali

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28 potenziali vittime”82. In oltre si richiama, una sentenza della Corte Costituzionale83, la quale, stabilisce che un trattamento sanitario può essere imposto solo se il pericolo per la salute pubblica riporta la caratteristica della “rilevanza” e non sia altrimenti evitabile. Riguardo al primo profilo il pericolo deve essere “rilevante” sia in riferimento alla possibilità di verificarsi, sia in considerazione della sua significatività. Per ciò che attiene al secondo requisito si precisa che il pericolo non deve poter essere altrimenti evitato ricorrendo a misure alternative al trattamento sanitario obbligatorio84. In ultimo, rileva anche la condotta dei membri della collettività, poiché altro requisito indispensabile è che il pericolo non deve essere da questi volontariamente assunto.

Il trattamento sanitario obbligatorio, come già anticipato, deve avere in oltre la finalità di tutelare la salute dell’individuo ad esso sottoposto. Per cercare di capire cosa si intende esattamente possiamo richiamare una sentenza della Corte Costituzionale del 199485, la quale stabilisce che l’esigenza irrinunciabile è che il trattamento sanitario

“non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze che per la loro temporaneità e scarsa entità appaiano normali di ogni intervento sanitario, e, pertanto tollerabili”. In oltre si può rammentare un’altra

sentenza della Corte Costituzionale86 la quale riporta che la salute è un bene primario e diritto fondamentale imponendo una piena ed esaustiva tutela; il dettato non può che rafforzare la concezione che vede il trattamento sanitario obbligatorio anche finalizzato alla tutela del singolo, almeno nel senso di non lederla. In oltre in una sentenza

82 CANESTRARI S. CORNACCHIA L. Lineamenti generali del concetto di incolumità pubblica, in Trattato di diritto penale, parte speciale, vol IV, Utet, 2010.

83 Sentenza della Corte Costituzionale 22 ottobre 1990 n. 471 84 VINCENZI AMATO D. Tutela della salute e libertà individuale. 85 Sentenza della Corte Costituzionale 23 giungo 1994 n. 258. 86 Sentenza della Corte Costituzionale 18 luglio 1991 n. 356.

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della Corte Costituzionale del 199487 si sottolinea la doverosità, in sede di attuazione del trattamento sanitario obbligatorio, di osservare

“quelle cautele o modalità che lo stato delle conoscenze scientifiche e l’arte prescrivono in relazione alla sua natura”, ed inoltre invita il

legislatore “a prescrivere gli accertamenti idonei a prevedere ed a

prevenire i possibili rischi di complicanze”.

Dunque ci si deve interrogare sulla relazione che intercorre tra la tutela del singolo e la tutela della salute della collettività, in altre parole ci si deve chiedere se e quando una delle due sia preminente rispetto all’altra. Sembra che l’ordinamento Costituzionale conferisca una prevalenza all’interesse individuale, soprattutto in considerazione del fatto che nel nella Costituzione, l’ordine delle parole che richiama prima il diritto dell’individuo sembra volerlo porre in posizione di prevalenza. Ma non dobbiamo certo fare riferimento solo ad un dato di mero ordine letterale per sostenere questa tesi; possiamo anche riferirci alla classificazione del diritto individuale alla salute come “primario ed assoluto”, nonché al richiamo alla dignità della persona umana, e, più in generale all’intero dettato Costituzionale che conferisce una superiorità alla persona ed alla sua libertà88. Anche la Convezione di Oviedo all’articolo 2 afferma la preminenza

“dell’interesse e del valore dell’essere umano (sul) solo interesse della società”89. Ed ancora una sentenza del 198690 chiarisce che “nessuno

può essere semplicemente chiamato a sacrificare la propria salute per quella degli altri, fossero pure tutti gli altri” chiarendo il fatto che,

anche ove si ravvisino le condizioni che comportano il ricorso ad un trattamento sanitario obbligatorio in considerazione dell’interesse

87 Sentenza della Corte Costituzionale 23 giungo 1994 n. 258.

88 MODUGNO F. Trattamenti sanitari “non obbligatori” e Costituzione. 89 Articolo 2 Convenzione di Oviedo.

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pubblico, questo non può avvenire se la salute del singolo deve essere sacrificata. Un correttivo alla rigidità di questa impostazione è offerto da alcune sentenze della degli anni ’9091, nelle quali si afferma che anche dove il trattamento sanitario comporti un sacrificio individuale, questo deve rimanere entro una soglia di tollerabilità identificata in quelle situazioni in cui le conseguenze negative “per la loro

temporaneità e scarsa entità appaiano normali di ogni intervento sanitario”.

Vi sono casi in cui il sopracitato “limite di tollerabilità” entro il quale si può imporre un trattamento sanitario obbligatorio, viene superato. In questo caso non si può non notare come l’ordinamento, ove decida comunque per l’imposizione del trattamento sanitario, operi una scelta in favore della tutela della collettività92. Ed è proprio per questo che è stata richiamata l’esigenza di un indennizzo a favore del soggetto sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio. Per ciò che attiene il tema dell’indennizzo una rilevante riflessione da operare è senz’altro in riferimento alla legge n. 210 del 199293 la quale non è certo un esempio isolato della tendenza a riconoscere un indennizzo a favore dei soggetti danneggiati in conseguenza a comportamenti obbligatori. La legge, infatti, prosegue la scia già tracciata nel 1990 dalla sentenza 307 della Corte Costituzionale94, la quale in materia di vaccinazione

91 Sentenze della Corte Costituzionale 31 gennaio 1990 n. 307; 23 giungo 1994 n. 258; 18 aprile 1996 n. 118.

92 Il caso paradigmatico è quello delle vaccinazioni la cui somministrazione comporta inevitabilmente un rischio per la salute. Un caso di specie è quello della vaccinazione antipoliomielitica che comporta un rischio di contagio. In questo caso è la legge stessa che, avvicinandosi alle scelte tragiche (situazioni in cui le scelte prese per perseguire un bene portano inevitabilmente con sé un male) compie una valutazione il cui esito da prevalenza alla tutela della salute collettiva. Per approfondimenti CALABRESI G. BOBBIT P. Scelte tragiche, Giuffrè, 2006.

93 Legge del 25 febbraio 1992 n. 210 “Indennizzo a favore di soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni”. 94 Sentenza della Corte Costituzionale del 22 giugno 1990 n 307.

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obbligatoria antipoliomielitica sancita dalla legge n. 51 del 196695, dichiara l’illegittimità della stessa in relazione, non solo, all’articolo 32 della Costituzione, ma anche all’articolo 2 della Carta, coerentemente con la garanzia dei diritti inviolabili in essa stabilita. L’illegittimità viene dichiarata in relazione alla mancanza di previsione di una indennità gravante in capo allo Stato, qualora si verifichi un danno derivante da contagio riportato dal soggetto vaccinato o da altro individuo, che sia causalmente96 riconducibile alla vaccinazione. La sentenza richiama la concezione di solidarietà97 i cui protagonisti sono l’obbligato alla vaccinazione e la collettività. Se al primo è richiesto di mettere a rischio la propria salute per l’interesse della collettività, quest’ultima dovrà essere disposta a dare qualcosa in cambio sostenendo il peso delle conseguenze negative che possono scaturire dal “sacrificio” del singolo. È da queste basi che si spiegano le vele verso il riconoscimento di un indennizzo a favore dell’obbligato nella malaugurata ipotesi in cui si configuri un patimento derivante da un trattamento sanitario obbligatorio.

La linea di pensiero della Corte viene sposata, negli immediati anni successivi, dal Legislatore, con la legge n. 210 del 199298 la quale all’articolo 1 comma 1 recita testualmente “Chiunque abbia riportato,

a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti

95 Legge del 4 febbraio 1966 n. 51.

96 L’esistenza del nesso di causalità viene valutata da una commissione medico – ospedaliera. Verso il giudizio della commissione è possibile proporre ricorso al Ministero della sanità.

97 VETTORI N. Le decisioni in materia di salute tra precauzione e solidarietà Il caso delle vaccinazioni, Diritto pubblico no. 1 (gennaio-aprile 2018), 181-216

Società Editrice Il Mulino, 2018.

98 Legge del 25 febbraio 1992 n. 210 “Indennizzo a favore di soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni”.

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