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Nuove tendenze nella critica della letteratura italiana della migrazione

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94 URN:NBN:NL:UI:10-1-101323 - Publisher: Igitur publishing

Content is licensed under a Creative Commons Attribution 3.0 License Anno 26, 2011 / Fascicolo 1 - Website: www.rivista-incontri.nl

Nuove tendenze nella critica della letteratura

italiana della migrazione

Recensione di: Daniele Comberiati, Scrivere nella Lingua dell’altro.

La letteratura degli immigrati in italia (1989-2007), Bruxelles, Peter

Lang, 2010. ISBN: 9789052015972

Sandra Ponzanesi

La letteratura della migrazione italiana ha festeggiato la sua seconda decade di esistenza. Con un convegno intitolato ‘Leggere il testo ed il mondo.Vent’anni di scritture della migrazione in Italia’1 organizzato dall’Universita di Bologna il 14/15 Ottobre 2010 si è data una svolta storiografica ad un filone presente nella letteratura italiana creando, se non proprio una rivoluzione del canone letterario italiano, almeno un riconoscimento a pieno titolo dell’ormai innegabile ed incontestabile visibilità della letteratura della migrazione in Italia, il cui sviluppo può essere classificato in tre fasi. Questo se si considerano i primi testi autobiografici pubblicati nella prima metà degli anni novanta, spesso scritti a quattro mani (Pap Khouma, Io Venditore di Elefanti, 1990, Salah Methnani, Immigrato, 1990, Mohsen Melliti, Pantanella, 1990, Saidou Moussa Ba, La Promessa di Hamadi, 1991, Fernanda Farias de Albuquerque, Princesa, 1994), la fase di consolidamento e diversificazione dei tardi anni novanta (Nassera Chohra, Ribka Sibhatu, Younis Tawfik, Jarmila Ockayova), e l’onda dell’ultimo decennio, spesso chiamata letteratura della seconda generazione (Igiaba Scego, Gabriella Ghermandi, Cristina Ubax Ali Farah). Nonostante il termine ‘letteratura della migrazione’ sia contestato e spesso in conflitto con altre terminologie come letteratura italofona, letteratura postcoloniale, letteratura creola, scritture afro-italiane, più specifiche ma a volte anche più restrittive, il termine letteratura della migrazione sembra essere quello più

1 Per il programma si veda il sito www.magazine.unibo.it/Magazine/Eventi/2010/10/14/ Leggere_il_testo_e_il_mondo.htm

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accomodante ed accogliente e che richiede meno specializzazioni. Lo testimonia la recente pubblicazione di una nuova ondata di studi sulla letteratura della migrazione in Italia, di cui il volume analizzato in questa recensione è solo la punta dell’iceberg. Lo dimostra anche la presenza di molte riviste online specializzate sulla letteratura della migrazione (si veda El-Ghibli, Sagarana),2 che insieme a convegni, pubblicazioni, nuovi corsi universitari e premi letterari (Exs&Tra) hanno ormai consacrato questo filone finora marginale, ed all’inizio oggetto di ricerca quasi solo di studiosi residenti all’estero, ad un vero e proprio exploit, nonostante il modesto numero di pubblicazioni se si fa il paragone con la ricchezza e voluminosità della letteratura della migrazione in lingua inglese e francese. Inutile ribadire le differenze nel passato postcoloniale, nella partecipazione al processo di decolonizzazione dopo la perdita delle colonie e delle diverse traiettorie di migrazione che hanno interessato il nord Europa molto prima del sud Europa, dove appunto la nuova emergenza immigrazione degli anni novanta ha portato a profonde trasformazioni del panorama nazionale in termini di nuove etnie, religioni e lingue. L’Italia è passata nel corso di un ventennio da un paese di emigrazione ad uno di immigrazione, ma la cambiata realtà demografica non è stata accompagnata da un’altrettanto veloce trasformazione culturale, facendo dell’Italia un paese pronto ad accogliere l’altro come ospite e cittadino e non come criminale, vu’ cumprà o extracomunitario. La letteratura ha svolto un compito esemplare nell’allargare gli orizzonti della cultura italiana, nonchè del canone letterario. Lo scopo comunque non è quello di relegare le nuove pubblicazioni a testi di puro interesse sociologico ma di analizzare il modo in cui questi testi apportano innovazioni linguistiche, mutamenti stilistici, e trasformazioni di genere.

Come mai questo boom a scoppio ritardato? Come mai questo lento, ma sostenuto emergere di uno filone di studi, così fiorente e ricco di studiosi internazionali, finalmente anche nei circoli accademici italiani?

Il testo qui esaminato è di particolare importanza perché propone una visione complessiva, critica e comparatistica della letteratura della migrazione italiana dalla sua origine fino al giorno d’oggi. Il bel libro di Daniele Comberiati, Scrivere nella lingua dell’altro, anch’egli operante fuori dall’Italia, è uno dei primi testi che risponde all’ambizione di delineare le origini, gli sviluppi, i mutamenti e conflitti della letteratura Italiana della migrazione dal 1989 (l’episodio razzista che segna la morte di Jerry Masslo, il giovane sudafricano ammazzato a Villa Laterno in provincia di Caserta nella notte del 24-25 agosto) al 2007, passando dalle prime scritture di testimonianza, in cui l’esperienza dell’immigrato in quanto marginalizzato, ostracizzato ed esoticizzato incontra i primi interessi editoriali, ad una tradizione forte, complessa ed anche sperimentale. Interessante il principio di selezione di Comberiati che decide di occuparsi solo di autori che hanno publicato almeno tre opere, due per i più govani, in modo da analizzare non soltano autori all’opera prima e che spesso narrano le vicende

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autobiografiche del loro viaggio in Italia, ma autori più maturi, o professionisti, che spesso hanno fatto della letteratura il loro mestiere. Attraverso l’analisi di tre opere è possibile intravedere anche gli sviluppi letterari ‘Il passaggio dal coautore alla completa padronanza dell’italiano, l’abbandono progressivo dei temi della migrazione per giungere a tematiche piu universali’ eliminando cosi quelli che Comberiati definisce ‘scrittori di occasione’ (p. 11). Mentre la prima parte del volume si occupa di creare un percorso cronologico e di definire i temi e gli aspetti letterari che caratterizzano questa nuova letteratura emergente, la seconda parte si concentra sugli autori che suppliscono al criterio di selezione identificato sopra. Chiaramente questa selezione si è resa possibile solo all’inizio del nuovo millennio, con autori del calibro di Younis Tawfik, iracheno di espressione italiana, Kossi-Komla-Ebri e Ndjock Ngana Yogo, autori dell’ Africa sub-sahariana e Ornella Vorpsi, definita da Comberiati come la scrittrice italofona dell’Europa orientale, precisamente dell’Albania, che hanno avuto la possibilità di maturare un percorso letterario legato anche a correnti e connessioni esterne al puro mondo letterario italiano. I tre autori sono anche simbolici per le zone geografiche di maggiore immissione degli immigrati in Italia, Iraq e Medio Oriente in generale, Togo e Camerun e l’Africa nera e Albania e Europa dell’Est, autori che attingono a tradizioni letterarie multiple, e sono connessi a diverse voci nella diaspora. La connessione tra questi autori cosi disparati potrebbe essere solo quella di scrivere nella lingua italiana, e di trattare temi comuni come l’integrazione, la sopravvivenza ed l’esperienza della vita in un’Italia in rapida via di trasformazione ma ancora in preda a razzismo, pregiudizi e ostilità. Ma si potrebbero identificare anche altre linee di comunanza ed appartenenza.

Solo ad un certo punto Comberiati fa riferimento alla letteratura postcoloniale, in una sezione dedicata alla produzione letteraria delle scrittrici migranti, che va notato, è notevole se si considera che il numero delle scrittrici migranti costituisce il 30% verso il solo 10% delle scrittrici femminili italiane nell’ambito del panorama letterario italiano generale.

Molte di queste autrici hanno un legame coloniale con l’Italia, in quanto provengono da colonie italiane (Eritrea, Etiopia, Somalia, mentre la Libia è piuttosto assente) ma spesso sono figlie meticce, o ibride, di padre italiano o madre etiope (Gabriella Ghermandi), padre somalo e madre italiana (Cristina Ubax Ali Farah) o nate in Italia da genitori Somali (Igiaba Scego) e così via. Queste autrici, spesso erroneamente etichettate come della seconda generazione, hanno un legame particolare con la duplice lingua madre, memorie mediate del cosiddetto paese di origine ed una profonda conoscenza della cultura italiana, in quanto ‘appartenenti’ ed interne ad essa. Come opportunamente scrive Comberiati, queste autrici sono portatrici di uno sguardo più maturo e disincantato sulle questioni dell’identità e della multiculturalità e pertanto vanno considerate autrici postcoloniali che necessitano di un approccio critico differente. Comberiati coglierà l’occasione per elaborare su questa sua breve referenza in un altro interessante e utile saggio ‘La definizione della letteratura postcoloniale italiana: definizioni, migrazioni e genere’ incluso in un altro volume recentemente

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pubblicato sulla critica della letteratura della migrazione, Certi Confini.3 Qui Comberiati si esprime con un accento storico, oltre che letterario e geografico, da inserire all’interno della generica definizione di letteratura della migrazione. Esplorando la questione dell’esperienza coloniale italiana, e delle sue conseguenze, egli analizza l’opera di autori, per lo più femminili, che sono originari del Corno d’Africa e della Libia e che hanno lasciato un’impronta significativa nella nuova letteratura italiana. Forse la nuova letteratura italiana postcoloniale potrebbe essere un termine utile per includere nuovi autori senza creare ghetti geografici e coloniali, in modo da includere sia la prima che la seconda generazione, sia autori strettamente provenienti dalle colonie italiane che autori interessati ad esplorare il cambiamento nella relazione tra Italia e l’altro, tra cultura canonica e nuovi linguaggi. Questo nuovo manifesto risponde un po’ all’appello lanciato da Comberiati per una nuova definizione della letteratura postcoloniale italiana, il cui corpus e contenuti dovrebbero essere notevolmente allargati ad altre sponde geografiche.

L’allargamento geografico pone tuttavia alcuni questiti fondanti : a quali paesi appartengono, infatti, gli scrittori postcoloniali di espressione italiana? Al corno d’Africa e alla Libia certamente, ma anche all’arcipelago del Dodecaneso. La postcolonialità italiana abbraccia il mediterraneo dal sud all’oriente e si spinge fino all’Oceano Indiano, e se l’origine degli autori appare frammentata, la ragione va trovata nella precarietà (se non nell’assurdità) dell’impero. (pp. 170-171)

La letteratura postcoloniale italiana in questo senso non va intesa come narrazione di autori provenienti da colonie italiane ma come una letteratura critica che propone non solo un ripensamento della storia coloniale italiana, narrata da nuove prospettive e tradizioni letterarie, ma anche una revisione di concetti di identità, appartenenza, civiltà, oltre che di letterarietà, scardinando canoni e classificazioni ossidate, ed aprendo sbocchi artistici e letterari ad autori senza pedigree coloniale ma con una sensibilità critica postcoloniale. Una letteratura che appunto accomoda l’altro ma che in quanto tale diventa altra.

Sandra Ponzanesi

Department of Media and Culture Studies, Universiteit Utrecht, Muntstraat 2A, 3512 EV Utrecht.

s.ponzanesi@uu.nl

3 Certi Confini. Sulla letteratura italiana dell’immigrazione, a cura di L. Quaquarelli, Milano, Morellini, 2010.

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