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GRAVIDANZE COMPLICATE DA PIASTRINOPENIA: CLASSIFICAZIONE E DECORSO CLINICO

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Academic year: 2021

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Scuola di Medicina

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea Magistrale

Gravidanze complicate da piastrinopenia:

classificazione e decorso clinico

Relatore:

Prof.ssa Francesca Anna Letizia Strigini

Candidato:

Pamela Bernardini

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I

RINGRAZIAMENTI

Questo percorso è iniziato nel peggiore dei modi, molte volte ho creduto di non farcela ma finalmente sono giunta alla fine, anche se ancora non riesco a crederci. Spesso, per sdrammatizzare, dico che il mio percorso ha avuto un tirocinio in più: quello da paziente, quello stesso tirocinio che mi ha profondamente cambiata come persona e contemporaneamente mi ha fatto capire il tipo di medico che vorrei diventare.

Il primo ringraziamento va sicuramente alla Prof.ssa Strigini che mi ha accompagnata in quest’ultimo anno, trasmettendomi tutta la passione e la professionalità che mette nel suo lavoro. La ringrazio per il bellissimo percorso che mi ha permesso di fare, che mi ha sicuramente arricchita e per il prezioso aiuto che mi ha dato per questa tesi di laurea.

Ringrazio ovviamente la mia famiglia che mi ha sempre sostenuta, incoraggiata e coccolata, soprattutto in questi ultimi anni in cui ho conosciuto la fragilità, tanto da farne una delle mie principali caratteristiche. Loro sono sicuramente le persone più forti che io conosca, vi voglio bene!

Ringrazio il mio fidanzato, Giancarlo che ha asciugato tante lacrime, placato molte ansie e ascoltato ogni singolo esame pur non capendoci nulla. Mi scuso se, molte volte, sono stata nervosa e distratta.

Ringrazio le mie amiche storiche, Sara, Silvia e Laura che mi hanno accompagnato in questo percorso, supportata e sopportata, grazie a loro per le serate di svago e i preziosi consigli.

Ringrazio tutti i miei compagni di università, in particolar modo Riccardo e Claudio, che prima di essere colleghi sono stati amici. Mi scuso con voi per tutte le volte che vi ho contattati in preda all’ansia pur sapendo che anche voi

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eravate nella stessa situazione. Siete stati la mia ancora e punti di riferimento importanti, senza di voi non ce l’avrei mai fatta!

Ringrazio ogni singola persona che ho incrociato in questo percorso, chiunque mi abbia fatto sorridere in un momento difficile e chiunque abbia lasciato un segno dentro me, anche piccolo, che mi abbia aiutata a crescere come persona e come futuro medico.

Per ultima persona, anche se può sembrare egocentrismo, ringrazio me stessa perché nonostante tutto sono riuscita ad arrivare a questo risultato. Mi auguro di non perdere mai lo spirito che in tutti questi anni mi ha accompagnata e di essere il medico che ho sempre sognato di essere. Sicuramente ce la metterò tutta, questo non è l’arrivo ma solo un punto di partenza.

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III

RIASSUNTO

INTRODUZIONE

Un decremento di piastrine di circa il 10% è un evento fisiologico in gravidanza. La maggior parte delle pazienti riesce, però, a mantenere un valore di conta piastrinica superiore al limite soglia di 150 x 10⁹/L con cui si definisce la piastrinopenia. I motivi che portano al decremento patologico delle piastrine sono molteplici, per cui si distinguono diverse forme cliniche di piastrinopenia: la piastrinopenia spuria, la

piastrinopenia incidentale gestazionale (PAT), la piastrinopenia autoimmune (ITP) primaria o secondaria, la piastrinopenia che accompagna i disordini ipertensivi (PIH), le anemie emolitiche microangiopatiche (MAHA) e altre cause

minori di piastrinopenia. MATERIALI E METODI

In questo studio sono state incluse gravidanze complicate da piastrinopenia, di cui 54 provenivano dalla revisione di 18 anni dell’ambulatorio congiunto ostetrico-reumatologico e 27 dalla revisione di 10 anni del percorso gravidanze ad alta complessità assistenziale (6 di queste pazienti erano affette da patologie autoimmuni, portando a 60 il numero totale delle gravidanze con questo tipo di malattia).

Le pazienti sono state classificate in base alla forma clinica di piastrinopenia. Nelle 60 gravidanze con patologie autoimmuni, la ITP è stata diagnosticata in soli 32 casi (53,3%). Nell’ambito, invece, delle 21 gravidanze insorte in pazienti senza patologie autoimmuni la PIH era la forma prevalente (17 casi, 80,95%).

In 6 gravidanze non è stato possibile stabilire la forma clinica di piastrinopenia. In questi casi il disturbo è comparso in un’epoca precoce di gravidanza con un valore di PLT minimo sopra la soglia diagnostica fissata dall’International Working Group (IWG) per la diagnosi di ITP, ossia 100 x 10⁹/L. Tali forme sono state, perciò, identificate con il termine non classificabile (NC).

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IV RISULTATI

Come atteso in base ai criteri classificativi, la ITP e la forma NC comparivano in epoca gestazionale significativamente più precoce (rispettivamente 24 ± 1 e 20 ± 3 settimane) rispetto alla PAT e alla PIH (rispettivamente 32 ± 2 e 29 ± 2 settimane). Le forme in cui si raggiungevano valori di PLT significativamente più bassi erano la ITP e la PIH (rispettivamente 76,6 ± 4,8 x 10⁹/L e 78,6 ± 5,6 x 10⁹/L).

L’epoca gestazionale al parto era significativamente inferiore nelle pazienti con PIH rispetto alle pazienti affette da altre forme di piastrinopenia (P<0,0001). Inoltre, nelle pazienti con PIH il parto spesso avveniva tramite taglio cesareo elettivo pretermine. In questo studio si sono registrati tre episodi di emorragia materna (3,7%). Il rischio emorragico era significativamente maggiore (P<0,003) nel gruppo delle pazienti con un valore di PLT inferiore a 80 x 10⁹/L al momento del parto (15,8%).

Lo studio è stato esteso ai neonati delle pazienti. Sono stati analizzati 52 neonati, di cui 16 (30,8%) hanno mostrato piastrinopenia (in 8 casi, 15,4%, con valori di PLT inferiori a 100 x 10⁹/L). In 12 casi su 16 si trattava di nati da madri con PIH, mentre solo in 3 casi su 16 di nati da madri con ITP.

Non si evidenziava alcuna correlazione tra il valore di PLT neonatale e il valore di PLT minimo materno raggiunto durante la gravidanza, mentre si evidenziava una relazione significativa (P<0,03) tra il valore di piastrine neonatale e l’epoca gestazionale in cui era avvenuto il parto.

Dodici neonati su 16 piastrinopenici erano nati da madri affette da PIH, tra questi 6 presentavano valori di PLT al di sotto di 100 x 10⁹/L. Tutti i 12 neonati in questione erano nati prima della 32esima settimana di gestazione.

Considerando esclusivamente il gruppo delle pazienti con patologie autoimmuni, la percentuale di piastrinopenia neonatale era del 23,5% (8 casi su 34). La metà dei bambini piastrinopenici erano nati altamente pretermine da madri con PIH (l’incidenza di piastrinopenia neonatale in questo gruppo era del 66,7%). Tre bambini piastrinopenici erano nati da madri con ITP (in questo gruppo la percentuale di

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piastrinopenia neonatale era del 14,3%) ma anche in questo caso 2 neonati su 3 erano nati prima della 37esima settimana di gestazione.

CONCLUSIONI

L’incidenza di piastrinopenia nelle donne in gravidanza con valori di PLT inferiori a 100 x 10⁹/L era maggiore nelle pazienti con patologie autoimmuni (5,5%) rispetto a quanto riportato nella popolazione generale. Inoltre, nella popolazione generale la forma prevalente è la PAT, in genere priva di risvolti clinici, mentre nel presente studio fra le pazienti con patologie autoimmuni la PAT rappresentava solo il 25% delle piastrinopenie.

La diagnosi differenziale tra i diversi tipi di piastrinopenia è stata difficile e in 6 casi non è stato possibile l’inquadramento diagnostico in base alle caratteristiche cliniche e ai criteri diagnostici dell’IWG. Tali criteri potrebbero, perciò, non essere adeguati in questa casistica di pazienti, come ipotizzato dalle stesse linee guida.

L’incidenza dell’emorragia del post partum in questa coorte di pazienti (3,7%) era paragonabile a quella della popolazione generale (1-5%).

Nelle pazienti con patologie autoimmuni e nelle pazienti che hanno ricevuto un’ecografia di II livello è stata registrata una maggior incidenza di piastrinopenia neonatale (30,8%). L’87,5% dei neonati piastrinopenici in questa casistica di pazienti erano nati pretermine e il 75% dei neonati piastrinopenici altamente pretermine. Considerando esclusivamente le pazienti con patologie autoimmuni, la percentuale di piastrinopenia neonatale era del 23,5% ma anche in questo caso il 75% dei neonati piastrinopenici erano nati prima della 37esima settimana di gestazione e il 50% prima della 32esima settimana di gestazione.

Questo rischio aumentato, quindi, sembra essere maggiormente legato alla prematurità piuttosto che all’autoimmunità.

La vecchia raccomandazione di programmare TC nelle pazienti con piastrinopenia è considerata errata in tutti gli studi e linee guida. La maggior incidenza di TC per ragioni ostetriche non è in disaccordo con le precedenti conclusioni, ma indica soltanto che

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spesso uno stesso fattore causale come la preeclampsia può portare a più effetti come il calo di conta piastrinica materna, necessità di taglio cesareo pretermine e quindi di piastrinopenia del prematuro.

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VII

INDICE

1. INTRODUZIONE ... 1

1.1. LE PIASTRINE ... 1

1.2. CAMBIAMENTI FISIOLOGICI EMATOLOGICI IN GRAVIDANZA ... 2

1.3. PIASTRINOPENIA ... 7

1.3.1. TROMBOCITOPENIA SPURIA ... 10

1.3.2. TROMBOCITOPENIA INCIDENTALE IN GRAVIDANZA ... 11

1.3.3. TROMBOCITOPENIA AUTOIMMUNE O PORPORA TROMBOCITOPENICA IDIOPATICA ... 14

1.3.4. TROMBOCITOPENIA ASSOCIATA A DISORDINI IPERTENSIVI ... 23

1.3.5. ANEMIE EMOLITICHE MICROANGIOPATICHE ... 28

1.4. TROMBOCITOPENIA NEONATALE ... 30

1.4.1. PIASTRINOPENIA DEL PREMATURO ... 33

1.4.2. TROMBOCITOPENIA NEONATALE SECONDARIA ALLA TROMBOCITOPENIA AUTOIMMUNE MATERNA (AITP) ... 34

1.4.3. TROMBOCITOPENIA ALLOIMMUNE FETO-NEONATALE (AIT) 36 1.4.4. TROMBOCITOPENIA ALLOIMMUNE (AIT) o AUTOIMMUNE (AITP)? 40 2. SCOPO DELLO STUDIO ... 42

3. MATERIALI E METODI ... 42

4. RISULTATI ... 45

5. DISCUSSIONE ... 56

6. CONCLUSIONI ... 61

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1. INTRODUZIONE

1.1. LE PIASTRINE

Le piastrine o trombociti costituiscono, insieme con i globuli rossi e i globuli bianchi, gli elementi corpuscolati del sangue. Esse vengono prodotte dal midollo osseo come frammenti citoplasmatici di megacariociti e, per questo, vengono definite derivati cellulari. Hanno una forma pressoché discoidale e vivono in media all’interno del torrente circolatorio 5-9 giorni. Lo strato più esterno della membrana plasmatica, il glicocalice, è costituito da proteoglicani e glicoproteine (GP) ad attività recettoriale.

Le piastrine svolgono un ruolo essenziale nell’emostasi, processo fisiologico salva-vita che porta alla cessazione del sanguinamento derivante da un insulto vascolare. Le piastrine, in particolar modo, sono le protagoniste delle primissime fasi di questa complessa successione di eventi costituendo la cosiddetta emostasi primaria.

In condizioni normali, l’endotelio ostacola il processo emostatico attraverso la produzione di sostanze antitrombotiche come l’ossido nitrico, prostacicline e ADPasi.

In caso di danno vascolare, l’esposizione del collagene subendoteliale al flusso sanguigno determina il legame delle glicoproteine piastriniche GPIa-GPIIa e GPVI direttamente con il collagene e l’attivazione del fattore di von Willebrand, glicoproteina multimerica prodotta dalle cellule endoteliali e dai megacariociti.

Il fattore di von Willebrand funge da ponte tra le piastrine in aggregazione, legandosi al complesso glicoproteico GPIIb-IIIa (come il fibrinogeno) e tra il trombo piastrinico in formazione e il tessuto subendoteliale stesso, attraverso il complesso glicoproteico GPIb-GPV-GPIX.

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Figura 1: Schema di adesione e aggregazione piastrinica1

La formazione di questi legami determina l’attivazione piastrinica che si esplica con il rilascio dei granuli α e δ contenenti sostanze vasocostrittrici e potenti attivatori piastrinici come ADP, calcio, Trombossano A2.

Le piastrine, al termine di questa cascata di eventi, per aumentare la propria superficie di legame, subiscono un cambiamento conformazionale assumendo una forma sferica e sviluppando pseudopodi.

Termina così l’emostasi primaria, con la formazione del trombo piastrinico emostatico cui seguirà, successivamente, l’emostasi secondaria caratterizzata dalla cascata coagulativa fino alla formazione di fibrina1,2.

1.2. CAMBIAMENTI FISIOLOGICI EMATOLOGICI IN GRAVIDANZA

In gravidanza le piastrine sono essenziali per garantire un’adeguata emostasi al momento del parto.

Alcuni studi hanno dimostrato che in gravidanza, soprattutto durante il terzo trimestre, si ha un incremento all’interno del plasma di proteine piastriniche

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come la β-tromboglobulina3 e il ligando CD40 che sono considerati validi

markers di attivazione piastrinica. Questo non vale per altri altrettanto validi markers di attivazione piastrinica come la proteina legante il fibrinogeno (GPIIb-IIIa)4 e la conformazione aperta dell’integrina αIIbβ3, che non mostrano

cambiamenti di espressione rispetto alle donne non gravide.

Le piastrine, nelle donne in gravidanza, iperesprimono sulla propria superficie il CD63 (LIMP)5, marker di secrezione piastrinica di granuli lisosomiali, evento

che, in condizioni normali, avviene solo dopo attivazione piastrinica6. La

P-selettina, altra molecola di superficie che indica α degranulazione, al contrario, non subisce cambiamenti nelle donne in gravidanza rispetto alle donne non gravide7.

Uno studio ha inoltre dimostrato che, durante il terzo trimestre, le piastrine risultano più sensibili all’azione di sostanze come l’acido arachidonico e l’adrenalina8.

Anche se alcuni studi sembrino suggerire l’esistenza di un’attivazione piastrinica basale in vivo durante la gravidanza, non c’è un consenso generale su questo dato.

Al contrario, quello che sembra emergere dalla maggior parte degli studi è un aumento in gravidanza della sensibilità piastrinica alle sostanze attivatrici che si traduce con una maggior tendenza all’aggregazione e ad un maggior rilascio di sostanze piastriniche.

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Figura 2: Incremento, espresso in percentuale, di aggregazione piastrinica nelle donne in gravidanza rispetto alle donne non gravide sotto lo stimolo di trombina, adenosina difosfato (ADP) e acido arachidonico (AA)4

Questo incremento di responsività è correlato ad una soppressione della via dell’AMP ciclico che normalmente inibisce l’attivazione piastrinica, all’incremento della sintesi del trombossano A₂ e all’aumentata mobilizzazione del calcio citoplasmatico4.

Analizzando parametri laboratoristici come la conta piastrinica, il volume piastrinico medio (MPV) e l’ampiezza di distribuzione dei volumi piastrinici (PDW) vediamo che nel passaggio dal secondo al terzo trimestre di gravidanza abbiamo un incremento progressivo e significativo del PDW. Il MPV si modifica in modo inverso rispetto alla conta piastrinica, come solitamente accade anche alle pazienti non gravide. Al contrario, il PDW si modifica, soprattutto nel terzo trimestre, in modo consensuale al MPV, evento che si discosta da quanto avviene fisiologicamente nelle donne non in gravidanza9.

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progressivo consumo piastrinico legato ad una coagulazione intravascolare cronica di basso grado che, verosimilmente, si verifica all’interno della circolazione uteroplacentare10.

Il progressivo consumo piastrinico in gravidanza si traduce in un calo della conta piastrinica di circa il 10% del valore iniziale11. Alla diminuzione del valore

di PLT concorrono, inoltre, l’emodiluizione e l’incremento della clearance piastrinica che caratterizzano la gravidanza12.

Una recente revisione della letteratura ha comparato 46 studi, 13 longitudinali e 33 trasversali effettuati tra il 1975 e il 2015 in 23 paesi diversi con lo scopo di valutare i livelli di PLT in gravidanza13.

La conta piastrinica media ottenuta dai dati di tutti e 46 gli studi selezionati, valutata in base all’epoca gestazionale risulta essere:

• 251 x10⁹/L nel primo trimestre; • 238 x10⁹/L nel secondo trimestre; • 224 x10⁹/L nel terzo trimestre; • 237 x10⁹/L al parto;

• 247 x10⁹/L nel puerperio.

Nonostante alcuni di questi studi non mostrino cambiamenti del valore di PLT durante la gravidanza, sembra evidente che con l’avanzare dell’epoca gestazionale il valore di PLT subisca una leggera deflessione per poi risalire 4-8 settimane dopo il parto come documentato da sei importanti studi longitudinali svolti negli ultimi 10 anni14-19.

Da questo studio comparativo si deduce, inoltre, la necessità di studi più approfonditi per capire il momento in cui il valore di piastrine comincia a scendere e soprattutto il range di PLT considerato non patologico in

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gravidanza13.

Le analisi di laboratorio in gravidanza non mostrano solo un decremento del valore di PLT ma anche cambiamenti di altri fattori implicati nel processo emostatico10.

In gravidanza, infatti, a seguito del cambiamento dell’assetto ormonale, sotto la spinta degli estrogeni, abbiamo uno spostamento dell’equilibrio emostatico verso uno stato di ipercoagulabilità20.

Alcuni studi dimostrano un incremento in gravidanza dei fattori coagulativi V, VII, VIII, IX, X, XII, del fattore di von Willebrand, del fibrinogeno e un decremento di fattori che inibiscono la coagulazione come l’antitrombina e la proteina S totale10.

Al contrario, i fattori coagulativi XI e XIII subiscono un decremento in gravidanza, molto probabilmente legato anche in questo caso, come nel caso delle piastrine, ad un continuo consumo. Nonostante questo, è stato dimostrato che la forza del coagulo, valutabile tramite tromboelastografia, è nettamente superiore durante la gravidanza14.

La finalità di questi cambiamenti è quella di mantenere la corretta funzionalità placentare garantendo un flusso a bassa resistenza e, ovviamente, limitare il sanguinamento al momento del parto prevenendo l’emorragia del postpartum10.

Nonostante l’equilibrio emostatico sia spostato verso l’ipercoagulabilità, l’incidenza di tromboembolismo venoso è di solo un caso ogni 1000-2000 parti. Il motivo di questa bassa incidenza sta nel continuo compenso che l’organismo mette in atto attraverso processi fibrinolitici15. Durante la

gravidanza e soprattutto durante il travaglio possiamo osservare un aumento di D-dimero, prodotto di degradazione di fibrina, segno di attivazione di

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meccanismi fibrinolitici10.

1.3. PIASTRINOPENIA

Si indica con il termine piastrinopenia o trombocitopenia un valore di conta piastrinica inferiore a 150 x 10⁹/L che rappresenta il 2,5° percentile della distribuzione nella popolazione in salute maschile e femminile non in gravidanza21.

La piastrinopenia è il più comune disordine coagulativo e il secondo disordine ematologico (dopo l’anemia) in ordine di frequenza in gravidanza22.

Analizzando la curva di distribuzione dei valori di PLT nelle donne al termine della gestazione, infatti, ci si rende conto che il 2,5° percentile è inferiore rispetto a quello della popolazione generale, attestandosi intorno a 116 x 10⁹/L21.

Figura 3: Curve di distribuzione del valore di piastrine nelle donne in gravidanza (bianco) e nel gruppo di controllo non in gravidanza (grigio)23

Da questo si deduce che l’uso dei valori soglia calcolati sulla popolazione generale porta inevitabilmente ad un’alta prevalenza di piastrinopenia in

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gravidanza che risulta essere tra il 6,6% e il 15%.

Considerando, invece, un valore di PLT al di sotto di 100 x 10⁹/L la prevalenza si attesta intorno all’1%21.

Distinguiamo, nell’ambito delle piastrinopenie, diverse forme cliniche con caratteristiche e meccanismi patogenetici specifici, tra queste:

• trombocitopenia spuria;

• trombocitopenia incidentale associata alla gravidanza (PAT);

• trombocitopenia autoimmune, nelle varianti: primaria o idiopatica (ITP), legata al consumo di droghe, HIV correlata e correlata a patologie autoimmuni come il lupus eritematoso sistemico (LES) e la sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS);

• trombocitopenia associata a disordini ipertensivi in gravidanza (PIH); • trombocitopenia associata alla coagulopatia intravascolare disseminata

(CID);

• anemie emolitiche microangiopatiche (MAHA) nelle due forme di porpora trombotica trombocitopenica (TTP) e sindrome emolitico-uremica (HUS);

• trombocitopenia da altre cause: congenita, macrotrombocitopenia ereditaria, malattie primitive del midollo osseo, ipersplenismo, anomalia di May-Hegglin, steatosi epatica acuta, infezioni virali, deficit nutrizionali12,24-26.

Alcune di queste forme sono specifiche della gravidanza, altre risultano essere più frequenti in gravidanza ma non specifiche, altre ancora indipendenti dalla gravidanza27.

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Figura 4: Cause di piastrinopenia in gravidanza28

La diagnosi differenziale tra le varie forme di piastrinopenia, essenziale per un corretto inquadramento e trattamento, si basa principalmente sull’anamnesi personale e familiare della paziente (eventuale utilizzo di droghe, abitudini alimentari, precedente storia di malattie autoimmuni e disordini coagulativi, precedente splenectomia per ITP, precedente storia di trombocitopenia materna o neonatale, infezioni, etc.), sull’esame clinico della paziente (riscontro di petecchie, ematomi, ipertensione, ittero, epatosplenomegalia, etc.) e sul risultato dei test laboratoristici.

È importante valutare, in particolar modo, se la patologia fosse stata già presente prima del concepimento, in che epoca gestazionale sia eventualmente insorta, il valore minimo di PLT ed eventuali altri segni e sintomi associati21,27.

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Figura 5: Algoritmo per la diagnosi differenziale tra le varie forme di piastrinopenia in gravidanza 28

1.3.1. TROMBOCITOPENIA SPURIA

La trombocitopenia spuria è una forma di piastrinopenia in vitro, senza significato clinico e per questo viene anche definita pseudopiastrinopenia. Tale forma può essere causata da un errore di laboratorio, dall’inadeguatezza del campione (ad esempio per un prelievo difficoltoso o per un flusso sanguigno troppo lento) o dall’utilizzo nella provetta dell’anticoagulante EDTA (acido etilendiamminotetraacetico). L’EDTA, infatti, inducendo aggregazione

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piastrinica, non permette al contatore automatico di eseguire correttamente la conta piastrinica24,29.

Un’altra causa, più rara, di trombocitopenia spuria è il satellitismo piastrinico, ossia la formazione di rosette da parte delle piastrine intorno ai globuli bianchi, fenomeno che non permette un loro corretto conteggio da parte del contatore automatico.

Stessa evenienza può verificarsi nel caso in cui ci si trovi in presenza di piastrine giganti, rilevate dai macchinari come globuli rossi.

Per tutti questi motivi, nel caso di un primo riscontro di piastrinopenia è sempre opportuno ripetere il conteggio piastrinico utilizzando provette contenenti sodio citrato o eparina. Considerando che anche questi due anticoagulanti potrebbero determinare aggregazione piastrinica, il metodo migliore per evitare inutili indagini e trattamenti risulta essere un’attenta analisi di uno striscio di sangue periferico26.

1.3.2. TROMBOCITOPENIA INCIDENTALE IN GRAVIDANZA

Durante la gravidanza è comune una deflessione del valore delle piastrine soprattutto nel terzo trimestre, come detto in precedenza. Nella maggior parte delle donne il valore rimane comunque nel range non patologico (>150 x 10⁹/L) ma in alcuni casi il valore scende al di sotto del limite soglia.

Questa forma di piastrinopenia, descritta per la prima volta nel 1988 da Burrows e Kelton26, viene considerata da alcuni autori una variante della

piastrinopenia fisiologica che accompagna la gravidanza e prende il nome di piastrinopenia incidentale o gestazionale (PAT)11.

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oppure una forma lieve, transitoria della porpora trombocitopenica idiopatica (ITP)30.

La patogenesi della PAT non risulta ancora perfettamente compresa anche se sembrano essere coinvolti gli stessi meccanismi che determinano il calo fisiologico di PLT in gravidanza (l’incremento del volume ematico, la maggior attivazione piastrinica, l’aumento della clearance piastrinica).

Questa forma interessa più frequentemente le gravidanze gemellari proprio per il fatto che in queste l’emodiluizione è più marcata (circa il 10% in più rispetto alle gravidanze singole) e la placenta, essendo più voluminosa, consuma più piastrine 31.

La PAT interessa circa il 5-11% delle gestanti ed è la causa più comune di piastrinopenia in gravidanza, costituendo il 65-80% di tutti i casi12,32.

Questa forma insorge solitamente nel secondo-terzo trimestre, con nadir di conta piastrinica intorno alla 36° settimana di gestazione31.

Le pazienti, solitamente, sono asintomatiche, con una piastrinopenia di entità lieve-moderata, senza storia di piastrinopenia autoimmune, con un valore di PLT nel range della normalità prima e all’inizio della gravidanza, senza segni o sintomi di preeclampsia33.

Ancora non è stato stabilito un valore minimo di PLT nell’ambito della piastrinopenia incidentale ma numerosi studi dimostrano che in più del 70% dei casi il valore di piastrine si mantiene al di sopra di 70 x 10⁹/L. Sotto tale valore molti autori consigliano di valutare una diagnosi alternativa23.

Nonostante nella maggior parte delle pazienti l’entità della patologia sia lieve-moderata, sono stati riportati dei casi di piastrinopenia gestazionale severa con valori di PLT al di sotto di 43 x 10⁹/L. In questa circostanza, la diagnosi differenziale con altre forme, soprattutto con la forma autoimmune (ITP),

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risulta più difficile.

Al contrario della ITP, però, la PAT non risponde al trattamento con corticosteroidi e si risolve spontaneamente dopo il parto. In questi casi, perciò, la diagnosi viene formulata a posteriori nel puerperio.

Questo dilemma diagnostico è legato al fatto che non esistono test laboratoristici specifici per diagnosticare la piastrinopenia gestazionale, il cui riscontro è incidentale con l’esecuzione degli esami di routine del secondo o del terzo trimestre.

La diagnosi avviene per esclusione dopo aver valutato che le caratteristiche della paziente e della piastrinopenia non sono compatibili con altre forme32.

La PAT non influenza la modalità di parto, ed il ricorso al taglio cesareo deve essere limitato ai casi in cui sussistano indicazioni ostetriche. Le linee guida BCSH (British Committee for Standards in Haematology), però, raccomandano un valore di PLT al di sopra di 80 x 10⁹/L per l’esecuzione dell’anestesia epidurale34.

È ormai dimostrato che questa forma di piastrinopenia non richiede alcun trattamento e non comporta complicazioni né per la madre né per il feto. Inoltre, si risolve spontaneamente dopo il parto in circa 12 settimane.

Benché per queste caratteristiche la patologia sia considerata da molti autori benigna, un piccolo studio prospettico sembrerebbe dimostrare una certa ricorrenza di questa forma nelle gravidanze successive, sebbene non si riesca ancora a quantificare tale rischio33.

È importante riconoscere questo tipo di piastrinopenia essenzialmente per evitare inutili indagini e trattamenti nonché per programmare un attento monitoraggio del valore di PLT nella madre in modo da poter cogliere prontamente un eventuale crollo e quindi saper gestire il rischio emorragico

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durante il parto.

Per i feti delle pazienti con PAT, il rischio di piastrinopenia si attesta attorno al 4%, lo stesso valore che si ha nelle donne con valori di PLT nel range della normalità.

Uno studio prospettico ha evidenziato una percentuale di piastrinopenia neonatale più alta, intorno al 21% con un valore di PLT tra 58 e 144 x 10⁹/L. Per questo molti autori suggeriscono per ogni bambino nato da una madre piastrinopenica la valutazione della conta piastrinica effettuata su sangue del cordone ombelicale26.

1.3.3. TROMBOCITOPENIA AUTOIMMUNE O PORPORA TROMBOCITOPENICA IDIOPATICA

Il termine porpora deriva dal greco “porphyra”, termine con cui si indicava un pesce violaceo, e venne utilizzato per la prima volta nel XVI secolo per indicare un’eruzione cutanea violacea. Nei secoli successivi questo fenomeno venne studiato da numerosi autori tra cui Schönlein e Henoch, ma la patogenesi iniziò ad essere compresa solo alla fine dell’800 quando Krauss e Denys ipotizzarono che alla base della porpora ci fosse un calo di piastrine35.

La porpora trombocitopenica idiopatica è una patologia acquisita immuno-mediata caratterizzata da un decremento transitorio o persistente del numero di piastrine, le quali vanno incontro a distruzione da parte dell’organismo. L’incidenza di ITP oscilla tra 2,16 e 3,9 casi ogni 100.000 abitanti l’anno, senza differenze tra le varie etnie. La patologia è leggermente più frequente nel sesso femminile con un rapporto F:M del 1,1-1,5:1, anche se nella popolazione sotto i 5 anni e sopra i 65 anni risulta più frequente nel sesso maschile. Nelle donne la patologia ha un andamento trimodale con tre picchi di incidenza: sotto i 4

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anni, tra 20 e 34 anni e sopra i 50 anni36.

La ITP si ritrova approssimativamente in 1 donna su 1.000-10.000 in gravidanza37 ed è la causa di circa il 3% di tutte le piastrinopenie delle gestanti.

Questa ampia variabilità di incidenza dipende dalla difficoltà nella diagnosi di tale patologia che spesso viene confusa con la trombocitopenia gestazionale incidentale.

Nella patogenesi della malattia giocano un ruolo fondamentale i linfociti B che producono autoanticorpi IgM e IgG diretti contro le piastrine, ma recenti studi basati su evidenze cliniche e test condotti su modelli murini indicano un ruolo cruciale anche dei linfociti T.

Gli autoantigeni contro cui viene rivolta la risposta immunitaria sono le glicoproteine presenti sulla membrana piastrinica, in particolar modo la struttura terziaria di GPIIb-IIIa e GPIb-IX.

Ancora non è ben chiaro cosa funga da trigger per l’innesco della malattia, da qui il termine idiopatica, ma si ipotizza che alla base possa esserci un’infezione virale o batterica.

È ormai noto, infatti, che l’epitopo che viene riconosciuto come antigene dall’organismo sia la metà N-terminale del dominio β-propellers di GPIIb e gli amminoacidi 333-341 di GPIbα e questo stesso dominio si ritrovi in molte proteine batteriche. Per cui si tratta verosimilmente di mimetismo molecolare, fenomeno già noto legato alla formazione di autoanticorpi, in questo caso contro le piastrine.

È stata documentata, in particolar modo, l’associazione di ITP con l’infezione da Helicobacter pylori.

La formazione di anticorpi porta alla costituzione di immunocomplessi che vengono poi eliminati dalle cellule mononucleate del sistema

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reticolo-16

endoteliale, attraverso il recettore Fcg.

Nei pazienti con ITP sono stati riscontrati alcuni polimorfismi genetici specifici del recettore Fcg. Negli stessi soggetti è stato inoltre registrato un aumento di IL-2, IFN-γ e TNF-α e una diminuzione di IL-4, IL-5, IL-6, IL-9, IL-10 e IL-13, che stanno ad indicare un’attivazione dei linfociti Th1 e una diminuzione di attività dei Th2.

È possibile osservare anche un incremento di attività dei linfociti Cd8+, citotossici, che inducono lisi e apoptosi, non solo delle piastrine, ma anche dei megacariociti.

Recentemente sono stati scoperti i linfociti T helper follicolari che risultano aumentati nella ITP. Il ruolo di queste cellule è quello di supportare la maturazione e la differenziazione dei linfociti B all’interno dei centri germinativi.

Dall’altro lato i linfociti T regolatori, che contribuiscono al mantenimento della tolleranza immunologica periferica, risultano deficitari.

Le piastrine, inoltre, nel caso di ITP iperesprimono sulla propria superficie il CD154, recettore che si lega direttamente con il CD40 linfocitario. Sembra quindi che siano le stesse piastrine a guidare questa risposta immunitaria. In conclusione, la patogenesi della ITP risulta complessa e coinvolge non solo i linfociti B ma anche molte classi di linfociti T26,38,39.

Un recente studio ha valutato i livelli di trombopoietina, il maggior regolatore fisiologico della maturazione dei megacariociti e della produzione di piastrine. Questo valore risulta significativamente aumentato nelle pazienti con ITP in gravidanza, non solo in relazione al gruppo delle pazienti non gravide sane e a quello delle pazienti con gravidanze fisiologiche, ma anche in relazione alle pazienti con ITP non in gravidanza. Tale studio ipotizza, perciò, un meccanismo

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patogenetico, ancora da chiarire, diverso per la ITP insorta durante la gestazione e suggerisce la valutazione dei livelli di trombopoietina come marker per la diagnosi di ITP in gravidanza, soprattutto per la diagnosi differenziale con la PAT40.

La diagnosi di trombocitopenia autoimmune può venir formulata durante la gestazione oppure, nel caso in cui la patologia sia stata riconosciuta precedentemente, è possibile durante questo particolare periodo osservare una sua esacerbazione o ricaduta.

Il valore di piastrine può diminuire, teoricamente, ad ogni epoca gestazionale, ma nella pratica clinica si osserva che in più della metà dei casi tale decremento si manifesta già a partire dal primo trimestre, differenziandosi così dalla maggior parte delle altre forme di piastrinopenia in gravidanza41.

Nel 2007 si è costituito a Vicenza un gruppo di lavoro internazionale (IWG) con lo scopo di standardizzare la definizione, le caratteristiche e l’outcome della ITP.

Il gruppo ha deciso di abbandonare il termine idiopatica e utilizzare il termine immune per incentrare l’attenzione sul meccanismo patogenetico della malattia. Ha, inoltre, distinto la ITP in due forme:

▪ una forma primaria, con la quale si definisce la ITP le cui cause di insorgenza risultano ignote;

▪ una forma secondaria, qualora la causa del disturbo sia individuata in una patologia sottostante (malattie autoimmuni concomitanti, HIV o infezione da Helicobacter pylori) o nell’utilizzo di droghe. La diagnosi di ITP secondaria associata a Helicobacter pylori può essere formulata esclusivamente qualora si dimostri la risoluzione del quadro clinico dopo l’eradicazione del batterio.

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La distinzione tra le due forme risulta essenziale per il corretto inquadramento e trattamento del paziente.

Nella trombocitopenia autoimmune il numero di piastrine risulta essere marcatamente ridotto; il limite soglia stabilito dal gruppo di lavoro internazionale per la diagnosi è 100 x 10⁹/L piastrine42.

Molti soggetti affetti da ITP hanno però valori nettamente inferiori alla soglia diagnostica, considerando che il 41,2% dei pazienti adulti e il 62% dei pazienti pediatrici possiede un valore di PLT al di sotto di 10 x 10⁹/L36.

L’ITP può essere inoltre definita:

• di nuova diagnosi, entro 3 mesi dalla comparsa di segni clinici o parametri laboratoristici suggestivi;

• persistente, dai 3 ai 12 mesi dalla diagnosi;

• cronica, se i sintomi persistono oltre 12 mesi dalla diagnosi;

• severa, una forma di ITP caratterizzata da sanguinamenti tali da richiedere un nuovo trattamento o un incremento di dose della terapia già in atto42.

La trombocitopenia autoimmune in molte persone può decorrere in maniera asintomatica e può venir riscontrata incidentalmente con l’esecuzione di un esame emocromocitometrico di routine.

Il sintomo più comune con cui può manifestarsi la ITP è il sanguinamento, in particolar modo la porpora. Questo sintomo si ritrova nel 66,4% di tutti i pazienti, più comune nei pazienti pediatrici (92,6%) rispetto agli adulti (62,8%). Altri tipi di sanguinamento che si possono osservare sono:

▪ sanguinamento gengivale, presente nel 19,8% del totale dei pazienti; ▪ epistassi, presente nel 12,4% dei pazienti, anch’esso più frequente in età

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▪ ematuria, nel 6,5%; ▪ melena, nel 3,9%; ▪ ipermenorrea, nel 3,5%;

▪ emorragia cerebrale, nello 0,6%; ▪ altri sanguinamenti, nel 3,4%.

La forma più grave di sanguinamento è l’emorragia intracranica (ICH) che ha un’incidenza dello 0,37-0,6% ed è più frequente nell’età adulta. Il rischio di ICH è correlato anche ad altri fattori, come l’ipertensione e il diabete mellito e risulta più elevato dopo i 60 anni36.

In età pediatrica l’ICH colpisce meno di 1 bambino ogni 100 affetti da ITP con un’incidenza di 0,19-0,78% bambini ogni anno. Tra i fattori di rischio studiati per lo sviluppo di questo sintomo in età pediatrica sono presenti: piastrinopenia severa, trattamento con antinfiammatori non steroidei, trauma cranico, vasculite secondaria a LES e malformazioni arterovenose cerebrali. Uno studio americano del 2009 condotto su 40 bambini con ITP che hanno sviluppato ICH ha evidenziato che il 90% di questi, al momento del sanguinamento, aveva un valore di PLT inferiore a 20 x 10⁹/L e il 75% un valore al di sotto di 10 x 10⁹/L, con una conta piastrinica media di 5 x 10⁹/L.

Nonostante questo dato, la piastrinopenia severa risulta essere una causa permissiva ma non sufficiente per lo sviluppo di ICH; sicuramente giocano un ruolo chiave anche altri fattori di rischio, primo fra tutti il trauma cranico. Il 63% dei bambini piastrinopenici con ICH ha, inoltre, una storia precedente di sanguinamenti diversi da petecchie ed ecchimosi, una percentuale superiore rispetto a quella dei bambini con ITP senza ICH (44%).

Il trattamento, eseguito nel 70% dei pazienti dello studio americano del 2009, si è basato sull’utilizzo di immunoglobuline endovena, steroidi,

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immunoglobuline anti-D, terapie immunosoppressive, trasfusioni piastriniche, splenectomia e craniotomia.

Nonostante il trattamento, il 25% di questi bambini è andato incontro a morte mentre il 33% ha avuto importanti sequele neurologiche (emiparesi, paralisi dei nervi cranici, deficit cognitivo, epilessia, deficit di linguaggio)43.

Recenti studi hanno sorprendentemente dimostrato che la ITP è correlata ad un maggior rischio trombotico. Tale rischio diventa clinicamente significativo se associato ad altri fattori predisponenti i fenomeni tromboembolici36.

Non esistono test diagnostici specifici per la ITP, per cui la diagnosi deve basarsi sull’anamnesi, l’esame obiettivo, la conta piastrinica, la valutazione di uno striscio di sangue periferico, i test sierologici per HIV e HCV, il test per Helicobacter pylori, la quantizzazione delle immunoglobuline, il test di Coombs diretto, la tipizzazione Rh e l’eventuale biopsia midollare.

Test per valutare la presenza di autoanticorpi anti-piastrine si sono dimostrati non specifici, per cui non rientrano tra gli esami di routine per la diagnosi di ITP44.

Il trattamento di prima linea per la ITP primaria nell’età adulta è rappresentato dall’utilizzo di corticosteroidi e/o immunoglobuline endovena (IVIg).

Nel caso di ITP secondaria, invece, il trattamento si basa sulla cura della patologia sottostante.

Sono considerati trattamenti di emergenza, oltre ai corticosteroidi ad alte dosi e alle IVIg, le trasfusioni piastriniche, gli alcaloidi della Vinca, trattamenti antifibrinolotici e la splenectomia44.

La splenectomia ad oggi viene praticata in circa il 6% dei pazienti, visti i rischi connessi a questa procedura e le nuove promettenti terapie a bersaglio

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molecolare, come l’anticorpo monoclonale anti-CD20 (rituximab) e l’agonista del recettore della trombopoietina36.

Questi nuovi farmaci sono considerati di seconda linea, come anche l’azatioprina, la ciclosporina, la ciclofosfamide, il danazolo, il dapsone, il micofenolato mofetile44.

Per quanto riguarda il management e il trattamento delle pazienti con ITP in gravidanza abbiamo a disposizione le linee guida dell’American Society of Hematology (ASH) del 1996 e le linee guida della British Committee for Standards in Haematology (BCSH) del 2003.

Le linee guida della ASH suggeriscono di trattare tutte le pazienti con un valore di PLT inferiore a 10 x 10⁹/L indipendentemente dall’epoca gestazionale e le pazienti con un valore di PLT al di sotto di 30 x 10⁹/L sintomatiche o asintomatiche in prossimità del parto.

La ASH suggerisce come trattamento di prima linea l’utilizzo di immunoglobuline endovena, sconsigliando un trattamento con corticosteroidi. I corticosteroidi sono infatti correlati a incremento ponderale, diabete gestazionale, perdita di massa ossea e ipertensione materna.

Nel caso di trombocitopenia severa sintomatica o refrattaria al trattamento medico, può essere necessaria l’esecuzione di splenectomia per via laparoscopica, consigliata nel secondo trimestre di gravidanza.

Le linee guida BCSH differiscono da quelle americane nel valore di PLT al di sotto del quale risulta opportuno intraprendere un trattamento, innalzando tale valore a 20 x 10⁹/L.

Considerano, inoltre, di pari efficacia i due trattamenti con IVIG e corticosteroidi34.

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Non esistono studi comparativi tra questi due trattamenti pertanto la scelta deve essere fatta considerando le caratteristiche cliniche della paziente, la preferenza della stessa, i costi e i rischi connessi a ciascuna terapia.

Anche nella scelta se intraprendere o meno un trattamento è sempre opportuno prendere in considerazione l’eventuale presenza di altri fattori di rischio emorragico.

I corticosteroidi maggiormente utilizzati sono il prednisone e il prednisolone e, sebbene le linee guida ASH consiglino di iniziare il trattamento con una dose di 1 mg/kg/die, non esistono evidenze tali da far ritenere più efficace questo dosaggio rispetto ad uno inferiore. L’International consensus report raccomanda, infatti, una dose iniziale di 10-20 mg al giorno.

Sempre l’International consensus report include tra i trattamenti di prima linea anche la immunoprofilassi anti-D.

La dose convenzionale di IVIG è 0,4 g/kg/die per 5 giorni oppure, in alternativa, 1 g/kg/die per 2 giorni. La durata della risposta al trattamento si mantiene in genere per 2-3 settimane.

L’utilizzo di azatioprina è consigliato nelle forme refrattarie al trattamento di prima linea, mentre non si è ancora dimostrato sicuro l’utilizzo di rituximab e degli agonisti del TPO-R in gravidanza37.

Viene, invece, sconsigliato l’utilizzo durante la gestazione degli alcaloidi della Vinca e di alcuni farmaci immunosoppressivi per il loro possibile effetto teratogeno44.

Anche in gravidanza la diagnosi di ITP è di esclusione, basandosi sull’analisi delle caratteristiche cliniche della piastrinopenia per escludere le altre forme cliniche, in primis la piastrinopenia incidentale o gestazionale (PAT)41.

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Nel passato si è ritenuto che la ITP fosse correlata ad un alto rischio di sviluppo di trombocitopenia neonatale, per cui nel 1976 venne suggerito il taglio cesareo come modalità di parto in queste pazienti nell’ottica di prevenire emorragie cerebrali neonatali.

Ad oggi sappiamo che i neonati nati da madri con ITP hanno un rischio dell’1% di sviluppare ICH e di circa il 3% di avere trombocitopenia. Inoltre, il nadir di conta piastrinica neonatale, ossia il momento in cui il rischio di sviluppare ICH diventa maggiore, si raggiunge circa 24-48 ore dopo il parto44.

La ITP non viene quindi ritenuta un’indicazione valida ad eseguire un taglio cesareo a meno che non sussistano altre indicazioni di tipo ostetrico.

1.3.4. TROMBOCITOPENIA ASSOCIATA A DISORDINI IPERTENSIVI

I disordini ipertensivi che possono determinare piastrinopenia sono la preeclampsia e la sindrome HELLP (hemolysis, elevated liver enzymes, low platelet count).

La piastrinopenia associata a queste forme rappresenta il 15-22% di tutte le forme di piastrinopenia in gravidanza.

La preeclampsia complica il 5-8% di tutte le gravidanze mentre l’incidenza di HELLP si attesta attorno al 0,5-0,9%. Il 10% delle gestanti con preeclampsia sviluppa la sindrome HELLP23.

Un recente studio ha confermato che l’incidenza di preeclampsia severa si attesta intorno a 8 parti su 1000 e l’incidenza di HELLP in questa casistica di pazienti è del 15,1%45.

I classici criteri diagnostici per la diagnosi di preeclampsia sono:

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distanza di almeno 4 ore dopo la 20° settimana di gestazione in pazienti precedentemente normotese;

• proteinuria, ossia l’escrezione urinaria di almeno 300 mg di proteine nell’arco di 24 ore oppure un rapporto proteine/creatinina uguale o superiore a 0,3 oppure un dipstick urinario con risultato 1+.23

Nel 2013 l’American College of Obstetricians and Gynecologist ha revisionato tali criteri, in particolare ha eliminato l’obbligo della presenza di proteinuria per la diagnosi. In assenza di proteinuria è possibile diagnosticare preeclampsia nel caso di ipertensione associata a:

• trombocitopenia;

• alterazione della funzionalità epatica (che si manifesta con l’aumento delle transaminasi);

• nuovo sviluppo di insufficienza renale; • edema polmonare;

• nuovo riscontro di disturbi visivi/neurologici.

La preeclampsia viene definita severa nel momento in cui si verifica almeno uno dei seguenti sintomi:

• pressione arteriosa uguale o superiore a 160/110 mmHg in due rilevazioni distanti almeno 4 ore con la paziente supina a riposo;

• trombocitopenia con PLT<100 x 10⁹/L;

• alterazioni della funzionalità epatica che si manifestano con il raddoppiamento della concentrazione normale di transaminasi e/o dolore ai quadranti superiori dell’addome non responsivo al trattamento medico;

• insufficienza renale acuta progressiva; • edema polmonare;

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• sintomi neurologici/visivi46.

La sindrome HELLP, termine coniato nel 1982 da Weinstein, viene considerata

una variante della preeclampsia e i suoi criteri diagnostici sono tre:

• emolisi valutata tramite anomalie dello striscio di sangue periferico, innalzamento di LDH superiore a 600 U/mL e/o innalzamento bilirubina totale;

• innalzamento degli enzimi epatici (SGOT>70 U/L); • piastrinopenia23,47.

Inoltre, la HELLP viene classificata in base alla severità della piastrinopenia in48,49:

• HELLP di classe 1 per un valore di PLT inferiore a 50 x 10⁹/L;

• HELLP di classe 2 per un valore di PLT compreso tra 50 x 10⁹/L e 100 x 10⁹/L;

• HELLP di classe 3 per un valore di PLT compreso tra 100 x 10⁹/L e 150 x 10⁹/L.

Sia la preeclampsia che la sindrome HELLP sono correlate ad un alto rischio di morbilità e mortalità materna e fetale. Nei paesi in cui le cure prenatali sono inadeguate, la preeclampsia e l’eclampsia sono la causa del 40-80% delle morti materne, determinando circa 50.000 morti ogni anno.

I neonati di madri con preeclampsia hanno un rischio di mortalità cinque volte maggiore rispetto ai bambini nati da madri senza tale disturbo. L’elevato rischio di mortalità neonatale è verosimilmente attribuibile alla nascita prematura di questi bambini tramite taglio cesareo, alla restrizione di crescita intrauterina e agli episodi di asfissia e acidosi che possono verificarsi dopo la nascita50.

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cliniche della preeclampsia e la possiamo ritrovare in circa il 15-50% dei casi, mentre si ritrova obbligatoriamente in tutti i casi di HELLP essendo uno dei tre criteri diagnostici.

A differenza della PAT, la severità della piastrinopenia associata ai disordini ipertensivi (PIH) è strettamente correlata alla morbilità materna e alla mortalità neonatale.

Per un valore di PLT inferiore a 50 x 10⁹/L si ha un rischio di complicanze materne del 64% e una mortalità perinatale del 16,4%; per un valore di PLT compreso tra 50-100 x 10⁹/L i rischi si attestano rispettivamente al 54% e 14,4%, mentre per un valore di PLT tra 100-150 x 10⁹/L i rischi scendono al 40% e 11,7%27.

Questa patologia viene considerata composta da due fasi.

Nella prima fase abbiamo un difetto di placentazione caratterizzato da un’incompleta invasione trofoblastica delle arterie spirali materne che porta ad un’insufficiente perfusione placentare.

Nella seconda fase la patologia diventa sistemica, la disfunzione endoteliale che consegue l’ipossia fetoplacentare determina l’attivazione a livello sistemico del sistema coagulativo e un consumo intravascolare di piastrine e fattori coagulativi.

Nonostante l’inizio del disturbo sia collegato al fenomeno della placentazione, la preeclampsia si rende clinicamente evidente alla fine del secondo trimestre o nel terzo trimestre di gravidanza50.

Nel 90% delle pazienti la sindrome HELLP viene riconosciuta clinicamente in quanto caratterizzata da proteinuria (presente nel 75% delle pazienti), ipertensione (nel 50-60%) e dolore ai quadranti addominali superiori.

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Tale dolore è causato dalla deposizione di fibrina all’interno dei sinusoidi epatici che determina ostruzione del flusso sanguigno23. Nonostante questa

sia la presentazione classica, nel 15-20% delle pazienti la patologia non si manifesta con proteinuria o ipertensione.

Il valore di piastrine raggiunge un nadir circa 23-29 ore dopo il parto e si normalizza dopo 6-11 giorni dallo stesso.

Le caratteristiche cliniche di questa forma sono peculiari per cui la diagnosi differenziale con la PAT e la ITP risulta semplice, mentre può risultare difficile la distinzione con le anemie emolitiche microangiopatiche (MAHA).

La distinzione è però fondamentale per la corretta gestione della paziente. L’American College of Obstetricians and Gynecologist afferma che il management ottimale delle gestanti è la stretta osservazione alla ricerca di segni e sintomi di preeclampsia e, una volta accertata la diagnosi, l’espletamento del parto nel momento più opportuno per la salute del feto e della madre46.

In caso di HELLP oltre la 34° settimana di gestazione è raccomandato l’espletamento del parto, dopo eventuale trasfusione piastrinica nell’eventualità di un valore di PLT inferiore a 50 x 10⁹/L.

La modalità di parto dipende dall’epoca gestazionale, dalla presentazione fetale e dalle condizioni cliniche materne e fatali.

In caso di PIH la percentuale di parti pretermine è di circa il 60%. La preeclampsia, infatti, risulta essere la causa di circa il 15% di tutte le nascite premature.

Nella maggior parte dei casi, quindi, il parto avviene tramite taglio cesareo, il peso alla nascita del neonato risulta più basso e il rischio di mortalità perinatale

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più elevato25,50.

La prematurità, l’oligoidramnios e la restrizione della crescita fetale che caratterizzano la maggior parte delle gravidanze complicate da preeclampsia, sono associate allo sviluppo di piastrinopenia neonatale. Infatti, i bambini nati da madri affette da PIH hanno un rischio più elevato (1,8%) di trombocitopenia. Il rischio di emorragie maggiori nel post partum non è elevato mentre sono più frequenti i sanguinamenti minori che possono, talvolta, rendere necessarie trasfusioni piastriniche. Per queste pazienti risulta, inoltre, più elevato il rischio di sviluppare patologie cardiovascolari, patologie cerebrovascolari, insufficienza epatica, insufficienza renale, distacco di placenta e CID32,45.

1.3.5. ANEMIE EMOLITICHE MICROANGIOPATICHE

All’interno delle anemie emolitiche microangiopatiche si distinguono due forme cliniche: la porpora trombotica trombocitopenica (TTP) e la sindrome emolitico-uremica (HUS). Sono entrambe molto rare con un’incidenza di 1 caso ogni 1.000.000 abitanti e, sebbene non siano forme esclusive della gravidanza, in questa specifica condizione sono più frequenti11,51.

La TTP è legata al deficit congenito o acquisito di ADAMTS13 una disintegrina e metalloproteasi prodotta dagli epatociti, che si occupa del clivaggio dei multimeri del fattore di von Willebrand. La mancata attività di ADAMTS13 determina la presenza in circolo di forme giganti del fattore di von Willebrand, le quali causano una maggiore adesività piastrinica nonché un’alterazione dei meccanismi fibrinolitici.

Tale processo culmina con la formazione di aggregati piastrinici, trombi all’interno della microcircolazione, dai quali consegue un’insufficienza d’organo.

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Nella forma congenita si osserva una mutazione del gene che codifica per ADAMTS13, mentre nella forma acquisita si assiste alla formazione di autoanticorpi diretti contro questa proteina.

Durante la gravidanza, come precedentemente spiegato, si ha un incremento del fattore di von Willebrand che può portare alla slatentizzazione della patologia rimasta fino a quel momento subclinica27.

Inoltre, è stato dimostrato che durante la gravidanza si ha un decremento fisiologico dell’attività di ADAMTS13.

La TTP compare in gravidanza solitamente al secondo trimestre, sebbene alcuni studi riportino un’incidenza maggiore nel terzo trimestre.

Inoltre, le pazienti che hanno sviluppato TTP in gravidanza hanno un rischio aumentato di svilupparla nuovamente nelle gravidanze successive23.

La patogenesi della sindrome emolitico-uremica è invece correlata, nella maggior parte dei casi, all’infezione da parte del ceppo enteroemorragico di Escherichia Coli, produttore della tossina Shiga. Oltre a questa forma classica esiste anche una sindrome emolitico-uremica atipica (aHUS) la cui patogenesi non è legata ad Escherichia Coli ma a difetti genetici nei geni che codificano per il complemento che portano ad una iperattivazione complementare52.

Nonostante la diversa eziologia, le due forme hanno manifestazioni cliniche e caratteristiche laboratoristiche simili, tanto da venir considerate due forme della stessa patologia.

Dal punto di vista clinico abbiamo una pentade di sintomi che però ritroviamo completa in meno del 40% delle pazienti con TTP. I sintomi riscontrati sono:

• anemia emolitica microangiopatica; • trombocitopenia;

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• deficit neurologici; • febbre;

• insufficienza renale.

I sintomi neurologici sono più tipici della TTP, mentre la disfunzione renale caratterizza maggiormente la HUS11.

Accanto a questi sintomi maggiori possono essere presenti: nausea, vomito, dolore addominale, debolezza, sanguinamenti, ematomi, sintomi simil-influenzali.

La diagnosi di TTP può essere supportata dalla misurazione dell’attività di ADAMTS13, in particolare un livello al di sotto del 5% è suggestivo di TTP. Questo test però non viene eseguito in tutti i laboratori e impiega almeno 24-48 ore per dare un risultato, per cui non è utilizzabile nella pratica clinica per fare diagnosi differenziale con altre forme, soprattutto con la sindrome HELLP con cui viene spesso confusa.

Nel caso di TTP e HUS in gravidanza viene praticato lo stesso trattamento utilizzato nella popolazione generale, ossia la plasmaferesi associata a terapie sintomatiche specifiche24.

1.4. TROMBOCITOPENIA NEONATALE

L’incidenza della trombocitopenia neonatale si attesta attorno allo 0,7-5%53.

Il 18-35% dei neonati ricoverati presso i reparti di terapia intensiva sviluppa piastrinopenia, nel 72% dei casi si tratta di neonati pretermine.

Le principali cause di piastrinopenia neonatale sono: • sepsi;

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• restrizione di crescita intrauterina (IUGR);

• patologie materne, come preeclampsia, sindrome HELLP, diabete gestazionale, ITP, LES;

• idrope fetale; • asfissia perinatale;

• farmaci, come ibuprofene e indometacina; • incompatibilità del fattore Rh;

• anomalie congenite, in genere per ridotta produzione di piastrine (come la sindrome di Noonan, la sindrome di Wiskott-Aldrich, la sindrome da trombocitopenia in assenza del radio, l’anemia di Fanconi, la piastrinopenia congenita amegacariocitica);

• trisomia 21; • distacco di placenta; • enterocolite necrotizzante; • ittero neonatale; • patologie metaboliche; • prematurità; • microangiopatie congenite; • CID; • trombocitopenia alloimmune54.

Possiamo distinguere due forme cliniche di piastrinopenia neonatale:

• early onset, una forma che si sviluppa nelle prime 72 ore di vita, legata soprattutto ad asfissia, patologie materne e IUGR;

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32

• late onset, ossia una forma che si sviluppa dopo 72 ore dalla nascita, causata principalmente da sepsi ed enterocolite necrotizzante.

Figura 6: Principali cause di piastrinopenia neonatale nelle prime 72 ore di vita (early onset) e dopo 72 ore dalla nascita (late onset) in uno studio turco del 201354

I meccanismi patogenetici che portano al crollo della conta piastrinica sono gli stessi che si ritrovano nei soggetti adulti: consumo piastrinico, diminuita produzione da parte del midollo osseo, aumentata distruzione per cause immuni o per ipersplenismo.

La gravità della piastrinopenia è, nella maggior parte dei casi, moderata. La prevalenza di trombocitopenia severa, ossia un valore di PLT al di sotto di 50 x 10⁹/L, si attesta attorno al 2,5-25%54.

Uno studio del 2013 effettuato su 134 neonati piastrinopenici ha evidenziato una stretta correlazione tra la severità della trombocitopenia e la necessità di

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ventilazione meccanica, ipotizzando che il calo di piastrine sia determinato dalla patologia di base e dall’insufficienza polmonare.

In questo studio soltanto l’11% dei bambini ha sviluppato sanguinamenti, nell’88% dei casi si trattava di neonati pretermine. Inoltre, il rischio emorragico è maggiore nel caso si tratti di trombocitopenia alloimmune ed enterocolite necrotizzante54.

1.4.1. PIASTRINOPENIA DEL PREMATURO

Tendenzialmente si raggiunge il limite soglia di 150 x 10⁹/L piastrine intorno alla diciassettesima settimana di gestazione.

Nonostante questo, il valore di piastrine incrementa con l’avanzare dell’epoca gestazionale e circa il 22% dei neonati ricoverati presso le terapie intensive neonatali risulta piastrinopenico.

Anche nel caso di neonati prematuri possiamo distinguere una forma di piastrinopenia early onset e late onset.

Nel caso in cui la piastrinopenia si sviluppi nelle prime 72 ore di vita si suppone che la megacariopoiesi sia stata ostacolata da fattori antenatali o patologie materne, in primis l’insufficienza placentare, l’ipossia perinatale e le infezioni fetali.

Nel caso si tratti, invece, di una forma late onset le cause più probabili sono un’infezione postnatale e l’enterocolite necrotizzante55.

Comparando neonati con un peso alla nascita inferiore a 1,5Kg piastrinopenici con neonati con stesso peso ma con valori di PLT nel range della normalità possiamo notare che nel primo caso sono più frequenti sanguinamenti, anche severi come l’emorragia intracranica.

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I meccanismi patogenetici alla base della piastrinopenia del prematuro sono molteplici: un’eccessiva distruzione di piastrine, un’insufficiente produzione sia di piastrine che dei megacariociti.

Questi precursori, infatti, nel neonato risultano più piccoli e con un livello più basso di ploidia rispetto ai megacariociti dell’adulto.

Inoltre, possiamo notare che nel neonato, rispetto al soggetto adulto, si ha una ridotta sensibilità alla trombopoietina.

Questo è il motivo per cui i meccanismi di compenso messi in atto dall’organismo in risposta alla piastrinopenia non sono così efficaci nel neonato come nel soggetto adulto56.

1.4.2. TROMBOCITOPENIA NEONATALE SECONDARIA ALLA TROMBOCITOPENIA AUTOIMMUNE MATERNA (AITP)

Fino a qualche anno fa si riteneva che il rischio di trombocitopenia severa ed emorragia nei bambini nati da madri affette da ITP fosse elevato; ad oggi è stato dimostrato che la ITP è responsabile di circa il 3% di tutte le forme di piastrinopenia neonatale al momento della nascita44.

La AITP è causata dal passaggio di anticorpi materni di tipo IgG contro le piastrine attraverso la placenta57.

Molti studi si sono incentrati sulla ricerca di fattori che potessero predire lo sviluppo di piastrinopenia neonatale in questa casistica di pazienti.

Uno studio condotto nel 2014 ha confermato che non esiste alcuna correlazione tra il valore minimo di piastrine materne in gravidanza e durante il parto e il valore di piastrine neonatale58.

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nella circolazione materna risulta essere un fattore predittivo la piastrinopenia neonatale26.

Da questo studio emerge che i valori di PLT risultano significativamente più elevati nei bambini nati da madri con nuova diagnosi di ITP rispetto ai bambini nati da madri con una diagnosi di ITP formulata prima della gravidanza. Attualmente il miglior fattore predittivo di trombocitopenia neonatale risulta essere il valore di piastrine neonatale nelle precedenti gravidanze e quindi nei fratelli maggiori58.

Accanto a questo ritroviamo una diagnosi di ITP materna formulata prima della gravidanza, mentre non c’è un consenso unanime sul considerare come fattore predittivo una precedente splenectomia26,44.

Resta, comunque, l’indicazione alla valutazione della conta piastrinica neonatale attraverso un prelievo di sangue dal cordone ombelicale al momento della nascita e il suo monitoraggio nei giorni seguenti34.

È, inoltre, indicata l’esecuzione di un’ecografia transcranica nei neonati con un valore di PLT inferiore a 50 x 10⁹/L alla nascita per escludere la presenza di ICH44.

L’incidenza di ICH nei neonati si attesta attorno a 0,46 casi ogni 1000 parti. Il rischio di ICH è maggiormente connesso con la trombocitopenia alloimmune mentre i casi ICH legata a piastrinopenia neonatale transitoria secondaria ad ITP materna descritti in letteratura sono pochi. Tra i fattori predisponenti ritroviamo disordini coagulativi, piastrinopenia, trauma materno e malattie genetiche59.

I neonati piastrinopenici, nella maggior parte dei casi, non richiedono alcun trattamento. La terapia viene somministrata nei piccoli pazienti asintomatici per valori di PLT al di sotto 20 x 10⁹/L oppure nel caso di sanguinamenti e, in

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genere, si basa sull’utilizzo di IVIg in singola dose e/o trasfusioni piastriniche. Nel caso di piastrinopenia severa associata a sanguinamenti è sempre opportuno, comunque, prendere in considerazione una diagnosi alternativa, escludendo la forma alloimmune.

Nel caso di piastrinopenia neonatale associata a ITP materna, il valore di conta piastrinica può rimanere basso per alcuni mesi e richiedere una seconda dose di IVIg44.

Essendo un fenomeno legato al passaggio di anticorpi da madre a feto, la patologia va incontro a risoluzione spontanea, solitamente, nell’arco di due mesi.

Un recente studio ha evidenziato la presenza di anticorpi di tipo IgA contro l’epitopo piastrinico αIIbβ3 all’interno del latte materno. Questo anticorpo, una volta assorbito dall’apparato gastroenterico del neonato, sarebbe la causa di alcune forme di piastrinopenia neonatale persistente57.

1.4.3. TROMBOCITOPENIA ALLOIMMUNE FETO-NEONATALE (AIT)

La trombocitopenia alloimmune feto-neonatale è la forma più frequente di piastrinopenia severa fetale e neonatale, interessando approssimativamente 1 gravidanza ogni 1000. È considerata il corrispettivo piastrinico della malattia emolitica feto-neonatale60,61.

Alla base della patogenesi, infatti, troviamo la produzione di allo-anticorpi materni che reagiscono contro antigeni piastrinici fetali (HPA) di derivazione paterna. Nell’80-95% dei casi si ha la produzione di anticorpi anti-HPA-1a, in circa il 15% dei casi di anticorpi anti-HPA-5b e in circa il 5% dei casi si ha la produzione di anticorpi che reagiscono verso altri HPA.

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Circa il 2% delle donne caucasiche è 1a negativo (solitamente sono HPA-1b1b) e l’8-12% di queste sviluppa, nel corso della gravidanza, allo-anticorpi diretti contro l’antigene HPA-1a fetale, meccanismo che sta alla base della trombocitopenia alloimmune feto-neonatale61,62.

La patologia si manifesta con piastrinopenia severa fetale e neonatale che non trova altra spiegazione e sintomi emorragici. Solitamente si ha lo sviluppo di petecchie e porpora, ma non è infrequente lo sviluppo di sanguinamenti maggiori. La patologia, però, può anche non essere evidente alla nascita e venir diagnosticata incidentalmente con l’esecuzione di un esame emocromocitometrico al neonato per altri motivi, tipicamente per il sospetto di sepsi, con il riscontro di un basso valore di conta piastrinica.

La diagnosi di AIT diventa molto probabile nel riscontro di valori di PLT al di sotto di 50 x 10⁹/L. Fissando questo valore come valore soglia è stato calcolato che vengono diagnosticate correttamente circa il 90% delle AIT60.

Anche in questo caso, il maggior rischio è quello legato allo sviluppo di un’emorragia intracranica (ICH). La ICH si sviluppa in circa l’11-21% dei bambini affetti da AIT e spesso si sviluppa già durante la vita intrauterina.

Questo sanguinamento maggiore può essere visibile, spesso in associazione ad altre anomalie come il distacco di placenta e la restrizione di crescita intrauterina (IUGR), con l’utilizzo di tecniche di imaging (ultrasonografia e RM) applicate al feto.

L’ICH più frequente nei nati pretermine è l’emorragia intraventricolare e periventricolare, distinte in quattro gradi di severità.

Sebbene l’ultrasonografia non sia un esame sensibile per l’individuazione di piccole emorragie periventricolari, è il primo approccio verso questa complicanza che necessita, successivamente, di ulteriore studio tramite la RM.

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Nei nati a termine la forma di ICH più frequente risulta essere, invece, l’emorragia subdurale, subaracnoidea e parenchimale.

Lo sviluppo di ICH è legato alla debolezza dei vasi fetali, sebbene non sia stato chiarito ancora il tipo di insulto che porti poi al sanguinamento.

La ICH è una grave condizione clinica che può portare a morte fetale o a grave disabilità neurologica63.

A differenza della malattia emolitica feto-neonatale, nella AIT abbiamo lo sviluppo di allo-anticorpi già dalla prima gravidanza, nonostante nelle gravidanze successive la patologia risulti più grave con piastrinopenia più severa e precoce e maggior rischio di ICH in utero60.

La AIT viene sospettata in presenza di una conta piastrinica molto bassa (inferiore a 50x 10⁹/L) rilevata nelle prime 72 ore di vita con o senza sintomi emorragici.

In questo caso la diagnosi differenziale deve essere fatta con la sepsi, la coagulopatia intravascolare disseminata, trisomie 13,18, 21, trombocitopenie ereditarie.

Se la piastrinopenia è più lieve, ossia con un valore di PLT superiore a 50 x 10⁹/L bisogna prendere in considerazione anche l’insufficienza placentare come diagnosi differenziale60,64.

La diagnosi viene poi confermata da test laboratoristici atti ad evidenziare la presenza di allo-anticorpi materni (test MAIPA) e l’incompatibilità tra il siero materno e le piastrine paterne.

Il test della ricerca di anticorpi materni può dare falsi negativi. In caso di forte sospetto di AIT, in presenza di un test negativo, è opportuna una sua nuova esecuzione a distanza di qualche settimana, soprattutto in previsione di una

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