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Il diritto all'istruzione degli alunni con bisogni educativi speciali. Dall'esclusione all'inclusione scolastica alla luce della riforma della "Buona Scuola"

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(1)

U

NIVERSITÀ DI

P

ISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

TESI DI LAUREA

Il diritto all’istruzione degli alunni con

bisogni educativi speciali

Dall’esclusione all’inclusione scolastica alla luce della riforma della “Buona Scuola”

Candidata:

Relatore:

Debora Bonini Prof. Francesco Dal Canto

(2)

“Che cos’è normale? Niente Chi è normale? Nessuno”

G. Pontiggia Nati due volte. Mondadori. Milano. 2000

(3)

Indice

Introduzione……….4

Capitolo primo

Il diritto all’istruzione e all’integrazione scolastica dei disabili nel diritto internazionale, europeo e nella Costituzione Italiana

1. La disabilità negli atti di diritto internazionale………..8 2. I principi europei in materia di istruzione e disabilità………19 3. La disabilità nella Costituzione e nell'evoluzione normativa……….30 4. I principi costituzionali in materia di istruzione e disabilità: la necessità dell'integrazione scolastica dei disabili……….36 5. L'evoluzione della nozione di disabilità: le nuove aree di svantaggio scolastico. I disturbi nell'apprendimento scolastico e i bisogni educativi speciali……….46

Capitolo secondo

L’evoluzione della legislazione italiana in materia di integrazione scolastica dei diversamente abili

(4)

1. I primi provvedimenti normativi in materia: la disabilità come esclusione………61 2. Verso una nuova concezione della disabilità: la rilevanza della "Relazione Falcucci"………66 3. Il contributo della Corte Costituzionale ad una nuova visione della disabilità: la sentenza n. 215/1987………75 4. L'integrazione scolastica come diritto essenziale per la valorizzazione della dignità umana e dell'inclusione sociale: la legge quadro n. 104/1992 e le "Linee guida per l'integrazione scolastica"………82

Capitolo terzo

I profili applicativi e le problematiche inerenti l'area dei bisogni educativi speciali

1. I bisogni educativi speciali e i loro profili critici……….91 2. La valutazione degli alunni con disabili, BES e DSA nella giurisprudenza amministrativa……….97 3. Il piano didattico personalizzato: funzione, adozione ed attuazione………..112 4. Tipologie di BES, rapporto scuola famiglia e diritto al risarcimento del danno………...…………....122

(5)

Capitolo quarto

La riforma della "Buona Scuola" e la nuova inclusione scolastica tra disabilità e bisogni educativi speciali

1. Premessa: i profili critici della disciplina previgente……...130

2. La riforma della "Buona scuola" e l'inclusione scolastica: gli obiettivi del legislatore……….145

3. Analisi degli obiettivi del legislatore………..153

4. BES e Buona Scuola………..163

Osservazioni conclusive……….168

(6)

Introduzione

Nonostante l’espressione “Stato sociale” non si rivenga nel nostro testo costituzionale, il suo utilizzo è ampio e costante sia in dottrina che in giurisprudenza , in quanto considerata espressione implicita e agevolmente ricavabile dall’art. 3, secondo comma, Cost., combinato con i principi di solidarietà e promozione umana e con le più specifiche norme sui diritti sociali.

Nel settore dell’istruzione, uno Stato sociale attivo è necessario più che mai. In tempi non troppo lontani, infatti, come si vedrà, le persone con gravi menomazioni vivevano in totale emarginazione, ed in particolare i disabili psichici erano nascosti in istituti o lasciati in stato di abbandono. Nessun movimento politico tendeva a farsi portavoce dei loro bisogni, né tantomeno si prefiggeva come scopo quello di favorirne la partecipazione alla vita sociale ed alle scelte della società. Il motivo, invero, era piuttosto semplice: i disabili erano considerati soggetti del tutto incapaci di svolgere attività produttive, e nella società del tempo l’obiettivo primario non era quello della giustizia sociale, quanto quello dello sviluppo economico e dell’efficienza.

Oggi, tuttavia, non è più ammissibile una emarginazione dei soggetti diversamente abili, anche alla luce dell'emergere di

(7)

nuovi e diversi soggetti che necessitano di interventi mirati e finalizzati alla inclusione.

L'indagine mira a ricostruire tali problematiche, con particolare riguardo ai bambini che richiedono bisogni educativi speciali. A tal fine, essa è suddivisa in quattro capitoli: il primo ha carattere introduttivo, essendo diretto ad analizzare i principi di diritto internazionale, europeo e costituzionale in materia di disabilità. Va segnalato, in proposito, che in ambito internazionale ed europeo la tematica dell'integrazione dei disabili ha acquisito nel corso degli anni una rilevanza sempre maggiore, perché è mutata la sensibilità nei confronti di tale categoria.

Per quanto concerne i principi costituzionali italiani, anch'essi testimoniano la notevole importanza che già i costituenti attribuivano alla necessità di garantire l'integrazione dei disabili, anche se i diversi legislatore li hanno attuati con colpevole ritardo, sebbene comunque la normativa italiana sia oggi assai all'avanguardia rispetto agli standard degli altri Paesi europei.

Il secondo capitolo, invece, ripercorre la politica italiana in materia di integrazione scolastica dei soggetti diversamente abili, mostrando come negli anni sia progressivamente mutato l'approccio, che non è più di tipo medico, bensì pedagogico. Nel corso degli anni, infatti, il legislatore ha preso atto del fatto

(8)

che il disabile non è un soggetto da curare, quanto, piuttosto, un soggetto a cui garantire una vita normale alla pari di tutti gli altri soggetti dell'ordinamento..

I disabili non hanno bisogno di una cura, bensì di essere inclusi nella società, ossia di essere messi in condizione di avere le stesse opportunità di tutti gli altri soggetti dell'ordinamento, anche in materia di istruzione.

Il terzo capitolo effettua una disamina dettagliata, con una corposa rassegna normativa e giurisprudenziale, dei percorsi educativi pensati per i soggetti BES: la giurisprudenza, soprattutto quella amministrativa, nel corso degli anni è stata chiamata in molteplici occasioni ad occuparsi di vicende interne alla scuola, e nella risoluzione delle diverse questioni ha mostrato una spiccata sensibilità nei confronti dei diversamente abili, pur cercando di non invadere le competenze dei diversi consigli di classe e delle diverse istituzioni scolastiche.

L'ultimo capitolo, invece, esamina la recente riforma della "Buona Scuola": il legislatore ha sentito nuovamente il bisogno di intervenire in maniera organica su tutto il sistema scolastico, e ovviamente non ha potuto che occuparsi anche delle diverse aree della disabilità.

Va segnalato, in proposito, che la normativa precedente mostrava delle lacune soprattutto in relazione ai soggetti

(9)

disabili, ai quali sono state tradizionalmente frapposte le più difficili ed insormontabili barriere all'inclusione: allo stesso tempo, però, il legislatore non ha comunque sottovalutato le nuove e più recenti aree della disabilità, quelle riguardanti i disturbi dell'apprendimento e le aree di svantaggio linguistico, culturale, sociale ecc.

(10)

Capitolo primo

Il diritto all’istruzione e all’integrazione scolastica dei disabili nel diritto internazionale, europeo e nella Costituzione Italiana

Sommario: 1. La disabilità negli atti di diritto internazionale; 2. I principi europei in materia di istruzione e disabilità; 3. La disabilità nella Costituzione e nell'evoluzione normativa; 4. I principi costituzionali in materia di istruzione e disabilità: la necessità dell'integrazione scolastica dei disabili; 5. L'evoluzione della nozione di disabilità: le nuove aree di svantaggio scolastico. I disturbi nell'apprendimento scolastico e i bisogni educativi speciali

1. La disabilità negli atti di diritto internazionale

Solo nell’ultimo decennio è maturata la consapevolezza, in ambito internazionale, della necessità di dover guardare ai diversamente abili partendo soprattutto dai diritti che devono essere loro riconosciuti1.

1

Per un excursus dell’evoluzione normativa sul tema si v. MARRA, A. La protezione dei minori con disabilità in Italia dopo la Convenzione delle Nazioni Unite del 2006, in Minorigiustizia 3, 2011, 25 ss.

(11)

Dopo le affermazioni di carattere generale contenute nelle Carta delle Nazioni Unite del 1945, nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 19482, e nella Dichiarazione

dei diritti del fanciullo del 19593, è soprattutto a partire dagli

anni sessanta del secolo scorso che si assiste ad un cambiamento della politica internazionale sul tema, finalizzata principalmente all’integrazione dei diversamente abili4.

2

Cfr. art. 1: tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza; art. 2: ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del Paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità; art. 25, comma 1: ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.

3

In cui vi è, per la prima volta, uno specifico riferimento alla condizione di disabilità, nel Principio quinto: il fanciullo che si trova in una situazione di minoranza fisica, mentale o sociale ha diritto a ricevere il trattamento, l'educazione e le cure speciali di cui esso abbisogna per il suo stato o la sua condizione.

4

Cfr. VIGILANTI, C. Il diritto all’istruzione dei disabili come paradigma della tutela dei diritti sociali, in Forum di Quaderni Costituzionali, 7 marzo 2012, 10.

(12)

In particolare, nella Dichiarazione sul progresso e lo sviluppo sociale, risalente al 1969 e adottata dall’Assemblea generale dell’ONU, si sottolinea che il progresso e lo sviluppo in campo sociale debbono mirare al continuo elevamento dei livelli di vita, materiale e spirituale, di tutti i membri della società, nel rispetto e nell'applicazione dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, attraverso la realizzazione anche della «protezione dei diritti e la garanzia del benessere dei fanciulli, dei vecchi e degli inabili; la garanzia della protezione dei disadattati fisici e mentali».

Gli anni settanta del secolo scorso, tuttavia, segnano una vera e propria svolta in materia, in quanto l’Assemblea generale dell’ONU approva due dichiarazioni di grandissima rilevanza, anche se prive di carattere vincolante: ci si riferisce anzitutto alla “Dichiarazione sui diritti delle persone con ritardi mentali”, approvata il 20 dicembre 19715, la quale prevede che alle

persone con ritardo mentale sono accordati gli stessi diritti degli altri esseri umani e, in particolare, si fa riferimento ai diritti in ambito sanitario, educativo e sociale. L’enfasi è stata

5

La Dichiarazione proclama che il “Il subnormale mentale deve, nella maggiore misura possibile, beneficiare dei diritti fondamentali dell’uomo alla stregua degli altri esseri umani. Il subnormale mentale ha diritto alle cure mediche e alle terapie più appropriate al suo stato, nonché all’educazione, all’istruzione, alla formazione, alla riabilitazione, alla consulenza che lo aiuteranno a sviluppare al massimo le sue capacità e attitudini

(13)

concentrata soprattutto sul bisogno di proteggere le persone con disabilità e fornire loro assistenza legale6.

Il secondo atto rilevante è la Dichiarazione sui diritti delle persone diversamente abili, approvata il 9 dicembre 1975, la quale, oltre a ribadire i diritti di tali soggetti all’istruzione e all’accesso ai servizi pubblici, riconosce l’importanza di misure finalizzate a favorirne l’autosufficienza, la sicurezza economica e sociale, il diritto al lavoro e quello a vivere nel contesto familiare, sottolineando di nuovo l’esigenza di strumenti che impediscano forme di sfruttamento e di ogni forma di discriminazione.

L’insieme delle dichiarazioni, risoluzioni, raccomandazioni

«segnala l’affermarsi di un sempre più convinto

riconoscimento del diritto dei portatori di handicap a godere di una piena cittadinanza sociale e consente di rilevare il progressivo abbandono di una concezione prevalentemente

medicalizzante in favore di una considerazione

antropologicamente molto più ricca, capace di distinguere la

6

Cfr. WATKINS, A. (a cura di), Principi guida all’integrazione scolastica

degli studenti in situazione di handicap, trad. it., Bruxelles, Verlag, 2003, 77

(14)

persona dai suoi deficit e di mettere in luce le responsabilità che una società civile e politica illuminata devono assumersi»7.

Nel 1991 vengono adottati, poi, i “Principi a protezione delle persone con malattie mentali e per il miglioramento della cura della salute mentale”, i quali hanno contributo in maniera decisiva a convogliare l’attenzione sui diritti umani dei soggetti colpiti da tali malattie, ma sembrano perpetuare il riferimento al modello medico nell’approccio alla disabilità.

Nel 1993 l’Assemblea generale dell’ONU, non esistendo, fino a quel momento, alcuno strumento giuridico di rilevanza internazionale specificamente indirizzato alla tutela dei diritti delle persone diversamente abili, adotta le “Regole standard per l’uguaglianza di opportunità delle persone con disabilità”8.

7

TROILO, S. Tutti per uno o uno contro tutti? Il diritto all’istruzione e all’integrazione scolastica dei disabili nella crisi dello Stato sociale, Milano, Giuffrè, 2012, 36.

8

Regole per le pari opportunità delle persone diversamente abili, 20 dicembre 1993. Cfr. soprattutto i punti 1-4: 1. Ci sono persone con disabilità in ogni parte del mondo e a tutti i livelli in ogni società. Il numero di persone con disabilità nel mondo è grande e sta aumentando. 2. Sia le cause che le conseguenze della disabilità variano nel mondo. Queste variazioni sono il risultato di variazioni socioeconomiche differenti e dei diversi provvedimenti che gli Stati prendono per il benessere dei cittadini. 3. L'attuale politica sulla disabilità è il risultato degli sviluppi degli ultimi 200 anni. In molti modi riflette le condizioni generali di vita e le politiche economiche e sociali dei vari periodi. Nel campo della disabilità, tuttavia, ci sono anche delle circostanze specifiche che hanno influenzato le condizioni di vita delle persone con disabilità. L'ignoranza, la negligenza, la superstizione e la paura sono fattori sociali che attraverso tutta la storia

(15)

Il Consiglio Nazionale sulla disabilità ha osservato che «le Regole presentano le direttive di cambiamento sociale che dovrebbero permettere a tutti i cittadini, senza eccezione, di partecipare in maniera egualitaria alla vita della società. Il ruolo più importante delle Regole è di servire da strumento internazionale e da meccanismo di controllo per garantire il rispetto dei diritti umani e civili attraverso la loro applicazione e la loro efficacia. Anche se non è possibile forzare legalmente gli Stati ad applicarle, le Regole sono divenute uno standard internazionale accettato da tutti i Paesi che le hanno sottoscritte. Infatti esse richiedono un impegno forte politico e pratico perché l'uguaglianza di opportunità per le persone con disabilità diventi reale. Esse sottolineano che la condizione di disabilità è una questione di diritti umani, che la violazione di questi diritti avviene in tutti i paesi del mondo, che queste

della disabilità hanno isolato le persone con disabilità e ritardato la loro evoluzione. 4. Nel corso degli anni, la politica di sostegno alla disabilità ha ampliato il suo raggio di intervento da un interesse limitato verso le istituzioni all'educazione dei bambini con disabilità e alla riabilitazione per persone che sono divenute disabili in età adulta. Attraverso l'educazione e la riabilitazione, le persone con disabilità sono diventate non solo più attive ma anche motori portanti per ulteriori sviluppi nella politica a sostegno della disabilità. Sono state create organizzazioni formate da persone con disabilità, dalle loro famiglie e da avvocati, che hanno reclamato condizioni di vita migliori per i disabili Dopo la Seconda Guerra Mondiale sono stati introdotti concetti di integrazione e normalizzazione che riflettevano una cresciuta consapevolezza delle capacità delle persone con disabilità.

(16)

violazioni si basano su pregiudizi vecchi che persistono nei sistemi amministrativi e giuridici di molti paesi»9.

L’atto più importante, però, è sicuramente la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, approvata dall’Assemblea generale nel dicembre del 2006 ed entrata in vigore il 3 maggio del 2008, che costituisce un evento sul piano culturale prima ancora che su quello normativo10.

In realtà la Convenzione «non rappresenta solo il primo strumento vincolante a tutela dei diritti dei disabili»11 e la «first

human rights Convention of the new century»12 aperta all’adesione «da parte di organizzazioni sovranazionali, ma appare una vera e propria novità nel panorama normativo per l’approccio alla disabilità che essa propone»13. Come

sottolineato da tanta parte della dottrina, «questo testo ha il

9

Consultabile in www.tuttinsieme.org.

10

Cfr. su tale provvedimento SAULE, M.R. Il lungo cammino dei diritti dei disabili, in Affari sociali internazionali, 2008, 5 ss.; TROILO, S. Tutti per uno o uno contro tutti? Il diritto all’istruzione e all’integrazione scolastica dei disabili nella crisi dello Stato sociale, cit. 41 ss.

11

FERRI, D. Brevi note a margine della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle persone con Disabilità, in www.fermi.univr.it., 2007, 2.

12

WADDINGTON, L. A New Era in Human Rights Protection in the European Community: The Implications of the United Nations’ Convention on the Rights of Persons with Disabilities in the European Community, in

Maastricht Faculty of Law Working Papers 4, 2007, 5.

13

FERRI, D. Brevi note a margine della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle persone con Disabilità, cit., 2.

(17)

grande pregio di discostarsi dal modello cosiddetto “medico”, che configura la disabilità come mero stato di menomazione e di malattia»14, e, invece, «strongly reflects the social model of

disability»15.

Già dal Preambolo emerge che la disabilità non è più concepita quale deficienza rispetto alla normalità: essa appare invece come una diversa condizione dell’individuo, condizione che «è il risultato dell’interazione tra persone con minorazioni e barriere attitudinali ed ambientali, che impedisce la loro piena ed efficace partecipazione nella società su una base di parità con gli altri»16.

Il grande pregio della Convenzione risiede primariamente nello spostare l’asse di tutela della disabilità dalla mera assistenza medica ad una comprensiva azione volta ad eliminare ogni forma di discriminazione intesa come «qualsivoglia distinzione, esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l’effetto di pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento e l’esercizio, su base di eguaglianza con gli altri, di

14

FERRI, D. Brevi note a margine della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle persone con Disabilità, cit., 3.

15

WADDINGTON, L. A New Era in Human Rights Protection in the European Community: The Implications of the United Nations’ Convention on the Rights of Persons with Disabilities in the European Community, cit., 4.

16

PARIOTTI, E. Disabilità, diritti umani e azioni positive, relazione tenuta a

Bologna il 24 aprile 2008, reperibile al sito

(18)

tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo»17.

In altri termini, come ha sottolineato Pariotti, «la Convenzione ha riformulato i bisogni delle persone con disabilità in termini di diritti umani, così esprimendo una svolta e un allontanamento dalla risposta a tali bisogni in termini di welfare state»18.

La Convenzione, nonostante non abbia introdotto alcun nuovo diritto in Paesi già abbastanza all’avanguardia sul fronte come l’Italia, ha comunque il merito di discostarsi dalla Dichiarazione sui diritti degli handicappati del 1975 e di seguire un’ottica più moderna in materia di disabilità. La Convenzione, infatti, si muove in una logica inclusiva, ponendo al centro il riconoscimento dei diritti dei diversamente abili ed impegnando i Paesi firmatari a perseguire questa strada con politiche adeguate.

Lo scopo dichiarato della Convenzione è quello di promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità. Per persone con disabilità si

17

FERRI, D. Brevi note a margine della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle persone con Disabilità, cit., 4.

18

(19)

intendono coloro che «presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri»19.

La Convenzione, inoltre, riconoscendo l’importanza per le persone con disabilità della loro autonomia ed indipendenza individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte, considerando che le persone con disabilità dovrebbero avere l’opportunità di essere coinvolte attivamente nei processi decisionali relativi alle politiche ed ai programmi, inclusi quelli che li riguardano direttamente, si mostra estremamente preoccupata «delle difficili condizioni affrontate dalle persone con disabilità, che sono soggette a molteplici o più gravi forme di discriminazione sulla base della razza, colore della pelle, sesso, lingua, religione, opinioni politiche o di altra natura, origine nazionale, etnica, indigena o sociale, patrimonio, nascita, età o altra condizione»20.

Per quanto concerne il contenuto precettivo, la Convenzione contiene norme assai dettagliate, tali da determinare un rilevante vincolo contenutistico alle leggi nazionali. In

19

Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, art. 2.

20

Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, preambolo.

(20)

particolare, per rendere effettivo il diritto all’istruzione dei diversamente abili, è necessario fornire a ciascuno di essi un accomodamento ragionevole in funzione dei bisogni di ciascuno; per accomodamento ragionevole si intendono «le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali»21; gli Stati, pertanto, sono tenuti a predisporre

ogni strumento idoneo a tal fine, tra cui le attività di sostegno personalizzato.

In generale, «al di là delle carenze testuali per quanto riguarda meccanismi di enforcement, la Convenzione pare implicare la predisposizione di un quadro normativo nuovo e più

complesso, obbligando, nel contempo, le pubbliche

amministrazioni generalmente intese a rimodellare i propri procedimenti, aprendo all’intervento di terzi portatori degli interessi dei diversamente abili, ponendo le basi per un ruolo pregnante della società civile nell’implementazione delle

21

Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, art. 2.

(21)

norme convenzionali e avvalorando meccanismi collaborativo-convenzionali»22.

2. I principi europei in materia di istruzione e disabilità

L’art. 2 del Trattato sull’Unione europea enuncia che «l'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini».

Al fine di evitare che l’art. 2 resti una mera disposizione di principio, è necessario che l’Unione utilizzi tutti gli strumenti necessari per migliorare la qualità della vita dei diversamente abili23.

Un primo passo in tal senso è stato effettuato con la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori24 che,

22

FERRI, D. Brevi note a margine della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle persone con Disabilità, cit., 5.

23

Cfr. BIFULCO, D. L’inviolabilità dei diritti sociali, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2003, 1 ss.; CANEVARO, A. Pedagogia speciale. La riduzione dell’handicap, Milano, Giuffrè, 1999, 1 ss.

24

La Carta è stata adottata dagli undici dei dodici Paesi membri che all’epoca formavano l’Unione europea il 9 dicembre 1989.

(22)

pur essendo priva di efficacia vincolante dal punto di vista giuridico, dispone, all’art. 26, che «ogni persona portatrice di handicap, a prescindere dall'origine e dalla natura dell'handicap, deve poter beneficiare di concrete misure aggiuntive intese a favorire l'inserimento sociale e professionale. Tali misure devono riguardare la formazione professionale, l'ergonomia, l'accessibilità, la mobilità, i mezzi di trasporto e l'alloggio, e devono essere in funzione delle capacità degli interessati»25.

In relazione all’istruzione, poi, è opportuno ricordare le conclusioni del Consiglio e dei Ministri dell’Istruzione degli Stati membri del 14 maggio 1987, relative alla necessità di

adottare un programma di collaborazione europea

sull’integrazione dei portatori di handicap in ambito scolastico, nonché la risoluzione del Consiglio e dei Ministri dell’Istruzione dei Paesi membri del 31 maggio 1990, in relazione all’integrazione dei bambini e dei giovani minorati nel sistema scolastico ordinario26.

25

In generale, sulle politiche europee in materia di istruzione e formazione si v. VARI, F. La politica dell’istruzione e della formazione professionale, in MANGIAMELI, S. (a cura di), L’ordinamento europeo III. Le politiche

dell’Unione, Milano, Giuffrè, 2008, 889 ss.

26

L’art. 2 di tale risoluzione prevede che «la completa integrazione nel sistema di istruzione tradizionale dovrebbe essere ritenuta una scelta prioritaria in tutte le situazioni appropriate e tutti gli istituti scolastici dovrebbero essere in grado di rispondere alle esigenze di allievi e studenti

(23)

Inizialmente, tuttavia, la politica europea in materia di disabilità ed istruzione era unicamente finalizzata ad un reciproco scambio di informazioni tra gli Stati membri, senza che ci fosse una vera e proprio attività di coordinazione in materia; solo nel momento in cui l’ONU ha preso una posizione molto decisa sul tema in esame, le istituzioni europee, quasi di inerzia, hanno deciso di fare altrettanto. In particolare, con il Libro bianco “Politica sociale europea. Uno strumento di progresso per l’Unione”, adottato il 27 luglio 1994, la Commissione europea evidenzia la volontà di fare proprie le summenzionate regole standard emanate dalle Nazioni Unite27.

Due anni dopo, poi, fu emanata la comunicazione della Commissione europea su “Parità di opportunità delle persone con disabilità. Una nuova strategia della Comunità europea nei confronti dei disabili”28, la quale ha segnato una vera e propria

svolta per le politiche europee in materia di disabilità.

minorati. In questo contesto dovrebbero essere sviluppati e favoriti i legami tra la famiglia, la scuola, la comunità, il tempo libero e il mondo del lavoro. Il fatto di assicurare il livello qualitativo più elevato possibile di istruzione agli allievi minorati nell'ambito del sistema di istruzione tradizionale dev'essere considerato come un elemento importante e fondamentale della promozione dell'integrazione e dell'autonomia degli individui minorati».

27

Si v. CARTABIA, M. Principi inviolabili e integrazione europea, Milano, Giuffrè, 1995, 12 ss.; CAVALIERE, B. Il diritto allo studio e all’istruzione dei soggetti handicappati, in Rivista giuridica della scuola, 1992, 653 ss.

28

(24)

In materia di istruzione, in particolare, si evidenzia che «numerosi bambini continuano ad essere esclusi dalle scuole ordinarie unicamente a causa della limitata mobilità, della menomazione sensoriale o di difficoltà di comunicazione e di apprendimento e anche per il fatto che le autorità responsabili non sono adeguatamente coscienti o, insensibili, alle loro capacità e al loro potenziale. Troppo spesso i bambini diversamente abili sono confinati nella loro carriera scolastica (e anche dopo) in istituzioni le quali, mentre forniscono speciale assistenza, nondimeno li isolano e non offrono loro opportunità o opportunità drasticamente ridotte di impegno sociale normale».

Tale comunicazione è stata poi seguita dalla “Strategia culturale e politica”, da cui sono scaturite la risoluzione del Consiglio del 20 dicembre 1996 sulla parità di opportunità delle persone con disabilità, che ha il merito di aver recepito le regole standard dell’ONU e di aver considerato la disabilità non più come un problema ma come un fattore normale ed inevitabile della società, ed il Trattato di Amsterdam che, all’art. 13, dispone il divieto di qualsiasi discriminazione basata sull’handicap e prevede che, nel caso in cui la Comunità adotti misure per il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati

(25)

membri in materia, le istituzioni europee debbano tenere conto delle necessità dei portatori di handicap29.

Gli anni successivi vedono l’Unione europea insistere su una strategia tesa a considerare la disabilità non più un fenomeno cui approcciarsi con una assistenza passiva, bensì ricorrendo ai concetti di integrazione e di partecipazione attiva dei diversamente abili nella vita economica e sociale30.

Il fenomeno della disabilità comincia ad abbracciare in maniera trasversale tutti gli ambiti in cui si manifesta, in quanto non risulta più concepibile pensare, ad esempio, politiche per l’istruzione delle persone diversamente abili senza considerare

29

Si v. sul tema TROILO, S. Tutti per uno o uno contro tutti? Il diritto all’istruzione e all’integrazione scolastica dei disabili nella crisi dello Stato sociale, cit., 52 ss.; D'ALOIA, A. Eguaglianza sostanziale e diritto

diseguale, Padova, Cedam, 2002, 222 ss.

30

In particolare, la direttiva n. 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, riconosce che «gli orientamenti in materia di occupazione per il 2000, approvati dal Consiglio europeo a Helsinki il 10 e 11 dicembre 1999, ribadiscono la necessità di promuovere un mercato del lavoro che agevoli l'inserimento sociale formulando un insieme coerente di politiche volte a combattere la discriminazione nei confronti di gruppi quali i diversamente abili. Esse rilevano la necessità di aiutare in particolar modo i lavoratori anziani, onde accrescere la loro partecipazione alla vita professionale», in quanto «l'occupazione e le condizioni di lavoro sono elementi chiave per garantire pari opportunità a tutti i cittadini e contribuiscono notevolmente alla piena partecipazione degli stessi alla vita economica, culturale e sociale e alla realizzazione personale».

(26)

politiche per la famiglia, per il lavoro, per l’abbattimento delle barriere architettoniche31.

In tale prospettiva l’Unione europea ha elaborato la nuova strategia per il decennio 2010-2020 in materia di disabilità. Tale strategia è suddivisa in otto diversi ambiti di intervento: accessibilità, partecipazione, parità di trattamento, occupazione, istruzione e formazione, previdenza sociale, protezione sociale e azioni esterne. L’idea è quella di una strategia che funga da punto di riferimento e supporto per tutte le politiche sulla disabilità, a livello continentale e nazionale, per il decennio considerato ma anche per il futuro32.

La protezione dei diritti delle persone diversamente abili, inoltre, è garantita anche dal Consiglio d’Europa, che, si badi bene, è organo ben diverso dalle istituzioni europee. Si tratta infatti di una istituzione internazionale alla quale aderiscono attualmente ben quarantasette Paesi che costituiscono una vera e propria Europa allargata rispetto all’Unione europea, rivestendo sostanzialmente il ruolo di più alta espressione delle politiche governative degli Stati che vi aderiscono.

31

Si v. FERRO, A.G. Diritto allo studio e integrazione scolastica dei soggetti diversamente abili, in AA.VV., Studi in onore di Luigi Arcidiacono III, Torino, Giappichelli, 2010, 1373 ss.; GIUBBONI, S. Diritti sociali e mercato. La dimensione social dell’integrazione europea, Bologna, Zanichelli, 2003, 44 ss.

32

Cfr. GUERRI, M. Istruzione: profili comunitari, in MARZUOLI, C. (a cura di), Istruzione e servizio pubblico, Bologna, Zanichelli, 2003, 36 ss.

(27)

Il Consiglio d'Europa, da ultimo, ha adottato il Piano d’Azione sulle Disabilità 2006-2015 al fine di trasferire le finalità del Consiglio d’Europa in materia di diritti umani, non-discriminazione, pari opportunità, piena cittadinanza e partecipazione delle persone con disabilità in un quadro politico europeo sulla disabilità.

Questo Piano d’Azione era finalizzato a fornire un quadro completo sia flessibile che adattabile in modo da soddisfare le condizioni specifiche per ciascun Paese. Doveva fungere da piano d’azione per i responsabili delle politiche, al fine di permettere loro di progettare, regolare, rimettere a fuoco ed attuare adeguati piani, programmi e strategie innovativi33.

33

L’obiettivo chiave del Piano d’Azione sulle Disabilità era «quello di fungere da strumento pratico per sviluppare ed attuare strategie fattibili per realizzare la piena partecipazione delle persone con disabilità nella società e, in ultimo, includere il tema della disabilità in tutte le politiche degli stati membri. Il Piano d’Azione mira a soddisfare le condizioni specifiche di ciascuno Stato membro, nonché ad adeguarsi ai processi di transizione che hanno attualmente luogo in diversi Stati membri». Il Piano d’Azione mirava pertanto a «fornire un’utile fonte di ispirazione per le imprese private, le organizzazioni non governative ed altre organizzazioni internazionali. Considera le organizzazioni non governative che si occupano di persone con disabilità partner competenti ed esperti nello sviluppo delle politiche, i quali dovrebbero essere consultati in quanto partecipanti nei processi decisionali che influenzano le loro vite». L’attuazione del Piano d’Azione è stata oggetto di una attività di monitoraggio della quale non si conoscono ancora i risultati, al fine di individuare i progressi a livello nazionale, nonché per condividere le procedure più valide.

(28)

Tra le linee d’azione, un particolare riguardo trova l’istruzione, la quale rappresenta un fattore fondamentale ai fini dell’inserimento sociale e l’indipendenza per tutte le persone, incluse quelle con disabilità. L’influenza sociale, ad esempio, proveniente da famiglie ed amici, contribuisce anch’essa, ma ai fini di questa linea d’azione l’istruzione dovrà coprire tutte le fasi della vita, inclusa l’istruzione prescolare, elementare, media, superiore e la formazione professionale, nonché l’apprendimento che dura tutta la vita.

La creazione di opportunità per i diversamente abili che consentano loro la partecipazione all’istruzione tradizionale non è solo importante per i diversamente abili, ma ne beneficerà anche la comprensione della diversità umana da parte dei non diversamente abili. La maggior parte dei sistemi di istruzione forniscono accesso all’istruzione tradizionale ed a strutture scolastiche specializzate per i diversamente abili, ove indicato. Si dovrebbe incoraggiare la combinazione di strutture tradizionali e specializzate, al fine di sostenere i diversamente abili nelle comunità locali, ma ciò dovrebbe essere coerente all’obiettivo del pieno inserimento34.

34

Cfr. Piano di azione 3.4.1. Cfr. sul punto PERSECHINO, B., LAURANO, P., CHIARELLO CIARDO, S., MANCA, S., Le strategie degli organismi sovranazionali ed internazionali per l'accessibilità al lavoro delle persone con disabilità, in Rivista degli infortuni e delle malattie professionali 1-2, 2013, 161 ss.

(29)

A tale fine sono definiti una serie di obiettivi: assicurare che tutte le persone, indipendentemente dalla natura e dal grado di disabilità, abbiano pari accesso all’istruzione e sviluppino la propria personalità, il proprio talento, la propria creatività e le proprie capacità intellettive e fisiche al meglio; assicurare che i diversamente abili abbiano l’opportunità di cercare un posto nell’istruzione tradizionale incoraggiando le autorità competenti a formulare provvedimenti in materia di istruzione che soddisfino le necessità della popolazione disabile; sostenere e promuovere l’apprendimento che duri tutta la vita per i disabili di tutte le età ed agevolare passaggi efficaci ed efficienti tra ciascuna fase della loro istruzione e tra l’istruzione ed il lavoro; promuovere a tutti i livelli del sistema di istruzione, anche in tutti i bambini dalla prima infanzia, un atteggiamento di rispetto per i diritti delle persone con disabilità35.

In tale prospettiva, gli Stati membri sono tenuti a compiere specifiche azioni: promuovere legislazione, politiche e pianificazione volte a prevenire la discriminazione contro bambini, giovani ed adulti con disabilità nell’accesso a tutte le

35

Cfr. sul punto SIMONETTI, L. La Convenzione ONU sui diritti dei disabili Commento alla Convenzione ONU sui diritti dei disabili, in I Diritti

dell'uomo: cronache e battaglie 3, 2007, 72 ss.; PERSECHINO, B.,

LAURANO, P., CHIARELLO CIARDO, S., MANCA, S., Le strategie degli organismi sovranazionali ed internazionali per l'accessibilità al lavoro delle persone con disabilità, cit., 166 ss.

(30)

fasi della loro istruzione, dalla prima infanzia alla fase adulta. Nel fare ciò, è opportuno consultarsi – se necessario – con i fruitori, i genitori e gli assistenti domiciliari, le organizzazioni volontarie e le altre autorità competenti; incoraggiare e sostenere lo sviluppo di un sistema di istruzione unificato, che includa la valorizzazione dell'istruzione tradizionale e specializzata, che promuova la condivisione di competenze ed un maggiore inserimento dei bambini, dei giovani e degli adulti diversamente abili nella comunità; consentire la preventiva giusta valutazione delle necessità speciali in materia di istruzione dei bambini, dei giovani e degli adulti diversamente abili, al fine di dare forma all'implementazione ed alla pianificazione nel settore dell’istruzione; monitorare l’attuazione dei singoli piani in materia di istruzione ed agevolare un approccio coordinato alla valorizzazione dell’istruzione durante e verso l’impiego; assicurare che le persone con disabilità, inclusi i bambini, ricevano il sostegno richiesto, nell’ambito del sistema di istruzione tradizionale, al fine di agevolare la presenza di un’istruzione efficace. In casi eccezionali, ove le loro necessità speciali in materia di istruzione valutate sul piano professionale non siano soddisfatte nell’ambito del sistema di istruzione tradizionale, gli stati membri sono tenuti ad assicurare la presenza di efficaci

(31)

misure di supporto alternative coerenti con l’obiettivo del pieno inserimento36.

Inoltre, è necessario ancora che l'impartizione dell'istruzione, sia speciale che tradizionale, incoraggi il passaggio all’istruzione tradizionale e rifletta gli stessi obiettivi e criteri; bisogna, inoltre, incoraggiare lo sviluppo di una formazione iniziale e continua per tutti i professionisti ed il personale che operano in tutte le fasi dell’istruzione, al fine di incorporare la consapevolezza delle disabilità e l’uso delle tecniche e dei materiali adatti per il sostegno, ove indicato, degli scolari e degli studenti diversamente abili; assicurare che tutto il materiale e gli schemi in materia di istruzione forniti attraverso il sistema di istruzione generale siano accessibili alle persone con disabilità; includere, nei programmi scolastici di educazione civica, temi relativi alle persone con disabilità considerate persone con gli stessi diritti degli altri; assicurare che la sensibilizzazione sulla disabilità sia un elemento chiave dei programmi didattici nelle scuole e nelle istituzioni tradizionali; prendere provvedimenti per rendere i luoghi di istruzione e formazione accessibili alle persone con disabilità, fornendo sostegno personale ed accorgimenti necessari

36

Cfr. CATALANO, R. Studenti disabili, riduzione delle ore del sostegno e divieto di discriminazione: brevi note sulle tecniche della persona e sui costi relativi alla loro attuazione, in Diritto e giurisprudenza 2, 2011, 163 ss.

(32)

(incluse attrezzature) per soddisfare le loro necessità; assicurare che i genitori dei bambini diversamente abili siano partner attivi nel processo di sviluppo dei piani didattici personalizzati dei loro figli; garantire l’accesso all’istruzione non formale che consenta ai giovani diversamente abili di sviluppare le capacità richieste altrimenti non raggiungibili attraverso l’istruzione formale.

3. La disabilità nella Costituzione e nell'evoluzione normativa

L'art. 38 Cost. mira a rendere concreto il nucleo forte dell'idea di Stato sociale voluta dai costituenti che, «progettando una complessa rete di sicurezza sociale attraverso la previsione dei diritti all'assistenza, alla previdenza, oltre alla salute e all'istruzione, vollero garantire condizioni adeguate di vita ai cittadini nelle condizioni di maggiore debolezza economica e sociali, per affrancarli da quella schiavitù del bisogno che impedisce il pieno godimento dei diritti civili e politici»37.

La protezione sociale, quindi, in attuazione del principio di uguaglianza formale e sostanziale di cui all'art. 3 Cost., diviene

37

TRIPODINA, C. Commento all'art. 38 Cost., in CELOTTO A., OLIVETTI M., BIFULCO R. (a cura di), Commentario alla Costituzione. I. Artt. 1-54, Torino Utet, 2006, 285.

(33)

interesse di tutta la collettività e, per tale ragione, compito fondamentale dello Stato.

La disposizione costituzionale di cui all'art. 38 è espressione di solidarietà sociale nei confronti, tra gli altri, dei disabili e dei minorati. Ci si chiede che cosa si intende, oggi, per disabilità e, quindi, quale significato abbia la nozione di disabilità per la nostra Costituzione. Va segnalato, in proposito, che, come molte delle disposizioni costituzionali, anche l'art. 38, terzo comma, ha subito una trasformazione dal punto di visto interpretativo, adeguandosi al mutato sentire sociale nei confronti dei disabili.

Il fenomeno della disabilità nelle società moderne è stato variamente ricostruito: «la visione tradizionale muoveva dall'assunto che le persone con menomazioni, avendo difficoltà nel compiere semplici attività della vita quotidiana, non fossero in grado di adempiere ai normali ruoli sociali, e che pertanto tali soggetti fossero inevitabilmente destinati a essere relegati ai margini della società. Il tipo di svantaggio sociale di consueto associato con la disabilità veniva generalmente qualificato come questione individuale. Secondo questa interpretazione, l'intervento richiesto dal problema doveva necessariamente consistere nella correzione della

(34)

menomazione individuale ovvero, da un punto di vista giuridico, nell'assistenza»38.

I modelli sociali, invece, «concentrano l'attenzione sui processi e sulle forze sociali che fanno sì che le persone affette da menomazioni evidenti vengano emarginate dalla società, relegate a un ruolo subalterno e non autonomo, escluse dal contesto sociale o da certi suoi ambiti, e per via del processo di esclusione dalla società vengano rese disabili»39.

Ne deriva, sostanzialmente, che mentre in precedenza il disabile era considerato sostanzialmente un soggetto malato e minorato, nella società moderna è cambiata la percezione della disabilità: il disabile, infatti, è considerato un individuo titolare di un vero e proprio diritto soggettivo alla rimozione di tutti quegli ostacoli che si frappongono ad un pieno inserimento nella società.

L'interpretazione della disposizione costituzionale ha favorito l'abbandono della logica meramente assistenzialista di tipo medico-individualistico, a favore di una concezione più dignitosa e socialmente evoluta della nozione di disabilità: quest'ultima, infatti, a partire dagli anni sessanta del secolo

38

MARRA, A. Barriere architettoniche, in Enciclopedia del diritto, IV, 2011, 160.

39

(35)

scorso ha cominciato ad essere studiata all'interno dello studio dei diritti fondamentali dell'individuo40.

In tale prospettiva, dunque, dal terzo comma dell'art. 38 Cost., in combinato disposto con l'art. 3 Cost., emerge il principio di non discriminazione, il quale, deve ispirare ed informare tutta la politica del legislatore, a prescindere dalle (pur fondamentali) ipotesi espressamente tipizzate dal Costituente. Proprio il nesso, molto stringente, tra il principio di non discriminazione e l’evoluzione sociale e culturale della società, impone una interpretazione sostanzialmente obbligata del disposto costituzionale, nel senso che i divieti di discriminazione espressamente previsti, più che disporre la non rilevanza di determinate qualità soggettive, paiono,

40

Cfr. sul punto MARRA, A. Le barriere architettoniche, cit., 161, secondo cui «la disabilità cominciò a essere studiata come questione inerente ai diritti della persona in seno agli ambienti culturali che fiorirono particolarmente negli anni Sessanta e Settanta negli Stati Uniti, e dai quali emersero i movimenti civili a sostegno dei diritti delle minoranze (movimenti improntati al femminismo, alla lotta alla discriminazione razziale, al sostegno della diffusione dei diritti civili, fra cui - tra gli altri - il Civil Rights

Movement). Uno dei primi movimenti civili a farsi promotore di un concetto

moderno di disabilità fu l'Independent Living Movement, originatosi a Berkeley in California. Dal complesso di suggestioni sorte nell'ambito dei movimenti civili e culturali tesi alla valorizzazione delle minoranze emerse una sensibilità nuova per il fenomeno della disabilità, e in seno a tali fermenti di rinnovamento culturale è da ravvisarsi la matrice della materia oggi nota come Disability Studies.

(36)

diversamente, dirette ad evitare che esse finiscono col generare situazioni discriminatorie41.

Ne discende, pertanto, che il divieto di non discriminazione, in quanto corollario del principio di uguaglianza, ma pur sempre dotato di una propria autonomia, deve essere interpretato in una dimensione funzionale e non psicologica-soggettiva. Il divieto di non discriminazione ha avuto una evidente influenza sull'evoluzione normativa in materia di disabilità, che può essere suddivisa in tre fasi.

Inizialmente lo Stato è intervenuto soprattutto sotto il profilo economico. Il disabile, infatti, era considerato unicamente come un soggetto inidoneo totalmente o parzialmente al lavoro, per cui era necessario intervenire con forme di assistenzialismo finalizzate a garantire la possibilità per essi di accedere al mondo del lavoro nonostante l'handicap. In tal senso si collocano, in particolare, le leggi n. 482/6842, n.

381/7043, n. 382/7044, n. 118/7145, tutte finalizzate a garantire

41

Cfr. RESCIGNO, P. Il principio di eguaglianza nella Costituzione italiana, in AA.VV., Eguaglianza e legalità nella pluralità degli ordinamenti giuridici, Padova, Cedam, 1999, 83 ss.

42

Legge 2 aprile 1968, n. 482, "Disciplina generale delle assunzioni

obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private".

43

Legge 26 maggio 1970, n. 380, "Aumento del contributo ordinario dello

Stato a favore dell'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza ai sordomuti e delle misure dell'assegno di assistenza ai sordomuti".

(37)

trattamenti economico-assistenziali ai disabili e a riservare loro delle quote ben definite nel mercato del lavoro.

In tale ambito si colloca anche la legge 18/1980, che introduce l'indennità di accompagnamento, anche se tale provvedimento legislativo, nel richiamare la non autonomia del soggetto destinatario dell'indennità, pone le basi per la seconda fase della politica legislativa in materia di disabilità, in quanto è espressione della presa di coscienza del legislatore che i disabili sono soggetti che vanno aiutati ad esplicare la propria personalità.

La seconda fase è il frutto di una crescente attenzione nei confronti del tema della disabilità, sia in ambito internazionale che interno, e vede il suo epilogo nella legge quadro n. 104/1992. Si tratta di una legge molto importante, che riconosce la necessità di garantire al disabile una integrazione ed inclusione sociale, ma allo stesso tempo è connotata ancora da un approccio medico-individualizzante, in quanto il

44

Cfr. Legge 26 maggio 1970, n. 381 "Aumento del contributo ordinario

dello Stato a favore dell'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza ai sordomuti e delle misure dell'assegno di assistenza ai sordomuti".

45

Cfr. Legge 30 marzo 1971, n. 118, recante "Conversione in legge del

D.L. 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili".

(38)

disabile è pur sempre considerato esclusivamente un minorato fisico46.

Infine, questo orientamento, come ben si vedrà, è mutato a seguito dell'approvazione, da parte dell'ONU, della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, la cui filosofia è stata seguita in Italia con la legge n. 18/2009, che ha dato avvio alla terza fase in materia di disabilità, quella cioè in cui la prospettiva non è più individuale ma sociale. Il punto di vista non è più quello del disabile minorato, ma quello di una società che deve garantire a tutti i cittadini l'accesso al mercato del lavoro ed il godimento dei beni e dei servizi, indipendentemente dalla loro condizione fisica o sociale47.

4. I principi costituzionali in materia di istruzione e disabilità: la necessità dell'integrazione scolastica dei disabili

La Costituzione italiana, analogamente alle altre Costituzioni emanate nel dopoguerra in tutta Europa, è connotata da una forte antropologia che la distingue, in misura notevole, dalla

46

In tal senso CRAPANZANO, C. La tutela giudiziaria dei disabili. La difesa

contro le discriminazioni prevista dalla legge n. 67/2006, Milano, Franco

Angeli, 2007, 57 ss.

47

Cfr. PIGLIACAMPO, R. Nuovo dizionario della disabilità, dell'handicap e

(39)

tradizione settecentesca ed ottocentesca, per effetto della quale titolare delle libertà costituzionalmente garantite viene ad essere «l’uomo nell’intera gamma delle sue potenzialità d’azione, sia in quelle inerenti alla propria sfera privata, sia in quelle che si esprimono sul versante delle relazioni sociali e politiche»48.

La Costituzione, pertanto, riconosce la primazia dell’individuo rispetto allo Stato, segnando, per tale via, anche un netto distacco dalla visione fascista dell'ordinamento, che ha dolorosamente segnato la nostra storia49. Il principio

personalista, dunque, si pone alla base della nostra Costituzione, ed ha come fine ultimo dell’organizzazione sociale lo sviluppo della persona umana50.

L'individuo, dunque, è al centro dell'ordinamento, e non lo Stato, in ossequio «al principio personalistico che anima la nostra Costituzione, la quale vede nella persona umana un valore etico in sé, vieta ogni strumentalizzazione della

48

DE VERGOTTINI, G. Diritto costituzionale comparato, Padova, Cedam, 2007, 238. Cfr. ampiamente sul tema, nella copiosa produzione scientifica, ANDREUCCI, M. Il principio personalistico nel diritto scolastico, Milano, Giuffrè, 1969, 77 ss.; PIZZOLATO, F. Finalismo dello Stato e sistema dei diritti nella Costituzione italiana, Milano, Vita e pensiero, 1999, 151 ss.

49

Cfr., in tal senso, CRISAFULLI, V. La sovranità popolare nella Costituzione italiana (note preliminari), in AA.VV., Stato, popolo, Governo.

Illusioni e delusioni costituzionali, Milano, Giuffrè, 1985, 191.

50

In tal senso si v. Corte Costituzionale, 10 maggio 1999, n. 167, in

(40)

medesima per alcun fine eteronomo ed assorbente, concepisce l’intervento solidaristico e sociale in funzione della persona e del suo sviluppo e non viceversa, e guarda al limite del “rispetto della persona umana” in riferimento al singolo individuo, in qualsiasi momento della sua vita e nell’integralità della sua persona, in considerazione del fascio di convinzioni etiche, religiose, culturali e filosofiche che orientano le sue determinazioni volitive»51.

Nel rispetto di tale principio personalista, ogni persona diviene titolare di quei diritti fondamentali costituenti il patrimonio irriducibile della dignità umana, che la Repubblica si impegna a salvaguardare52. La dignità dei cittadini è riconosciuta quale

dignità sociale perché nello Stato contemporaneo essa ha una spiccata connotazione incentrata sulla concretezza delle condizioni di vita53.

Affinché tali obiettivi possano essere raggiunti, tuttavia, è necessario rimuovere non solo gli ostacoli di ordine economico e sociale, ma anche quelli di carattere culturale, considerato

51

Cass. civ., 16 ottobre 2007, n. 21748, in Giustizia civile, 2008, 1298.

52

Così MANGIAMELI, S. Il contributo dell’esperienza costituzionale italiana alla dommatica europea della tutela dei diritti fondamentali, in PACE, A. (a cura di), Corte Costituzionale e processo costituzionale, Milano, Giuffrè, 2006, 478 s.

53

In tal senso RIDOLA, P. Libertà e diritti nello sviluppo storico del costituzionalismo, in NANIA, R., RIDOLA, P. (a cura di), I diritti

(41)

che la cultura può essere intesa come l’acquisizione di parametri mentali di giudizio e di valutazione54, i quali

permettono la realizzazione della persona umana ed una effettiva e, soprattutto, consapevole partecipazione alla vita pubblica.

L’art. 9 Cost., non a caso, ha collocato tra i principi fondamentali il compito della Repubblica di promuovere lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica, anche se nulla dispone, tale previsione, circa le modalità con cui tutto questo deve avvenire55.

L’art. 33 Cost., tuttavia, viene in soccorso, in quanto, mediante la definizione dell’arte e della scienza come scienze libere, così come libero deve essere il loro insegnamento, chiarisce che il principio in esame non ammette alcuna ingerenza di tipo politico o, comunque, intromissioni esterne alla premesse tecniche e scientifiche dell’insegnamento.

La Repubblica, dunque, è tenuta a fare in modo che tutti i soggetti dell’ordinamento acquisiscano un adeguato livello di cultura e, conseguentemente, una adeguata educazione, che

54

Così MATTIONI, A. Cultura e persona nella Costituzione, in DEGRASSI L,. (a cura di), Cultura e istituzioni. La valorizzazione dei beni culturali negli

ordinamenti giuridici, Milano, Giuffrè, 2008, 8.

55

Cfr. sul punto MORANDI, M. Il sistema nazionale della pubblica istruzione: una storia italiana, in MATUCCI, G., RIGANO, F. (a cura di),

(42)

altro non è che «l’effetto finale complessivo e formativo della persona in tutti i suoi aspetti»56.

L’educazione, a sua volta, viene conseguita anzitutto attraverso l’istruzione che, pertanto, «è uno dei settori più delicati della vita sociale, in quanto attiene alla formazione delle giovani generazioni, le quali, da un lato perché rappresentano la continuità della Nazione, dall'altro perché l'inesperienza dell'età le espone maggiormente, abbisognano di più intensa protezione»57.

La Costituzione, a tal proposito, dichiara che la scuola è aperta a tutti, e questo principio rappresenta l’emblema dell’interesse

del Costituente a creare un nuovo ordine anche

nell’ordinamento scolastico, come espressione di quel nuovo tipo di società definito dall’art. 3 Cost58. L’art. 34, per tale via,

richiama implicitamente l’art. 2 Cost., considerando la comunità scolastica una formazione sociale in cui si sviluppa la personalità individuale e garantendo, al contempo, anche al suo interno i diritti inviolabili dell’uomo.

56

Corte Cost. 4 febbraio 1967, n. 7, in www.giurcost.org. Cfr. sul punto CELOTTO, A. Recentissime dalla Corte Costituzionale. Rassegna di giurisprudenza, in Giurisprudenza italiana 4, 2001, 103 s.

57

Corte Cost. 19 giugno 1959, n. 36, in www.giurcost.org.

58

Si v. ATRIPALDI, V. Diritto allo studio, Napoli, Guida, 1974, 30. Cfr. anche SORESI, S., NOTA, L. La facilitazione dell'integrazione scolastica, Roma, Erip, 2001, 39 ss.

(43)

Vi è però un implicito richiamo anche all’art. 3 Cost., che garantisce l’uguaglianza tra tutti i cittadini, e all’art. 9 Cost. L’obiettivo della Repubblica, pertanto, è quello di garantire il diritto all’istruzione nonostante qualunque possibile ostacolo idoneo ad impedire il pieno sviluppo della persona umana. L’effettività del diritto all’istruzione è assicurato, anzitutto, dalla sua gratuità; quella superiore, inoltre, è garantita anche a chi è privo di mezzi, attraverso il ricorso a borse di studio.

L’accento, come è evidente, è posto anzitutto sulle barriere economiche che possono frapporsi tra i cittadini e il diritto all’istruzione. Ma vi sono anche altri ostacoli che, se non adeguatamente eliminati, possono costituire un baluardo insormontabile per l’accesso all’istruzione.

Ci si riferisce, ovviamente, alla condizione di disabilità. Il diritto all’istruzione, pertanto, va garantito a tutti i soggetti dell’ordinamento, e, quindi, soprattutto a chi versa in condizioni di disabilità.

Va segnalato, in proposito, che l'art. 34, primo comma, Cost., afferma che la scuola è aperta a tutti. Il principio, come è di per sé evidente, ha lo scopo di rimuovere ogni ostacolo e discriminazione affinché la scuola sia accessibile a tutti, e si ricollega all'art. 3 della stessa Costituzione, che proclama, al primo comma, il principio dell'eguaglianza (formale) di fronte alla legge, «senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di

(44)

religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali», e, al secondo comma, il principio dell'eguaglianza sostanziale, ponendo a carico dello Stato il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana59.

Non può esservi dubbio - considerata l'importanza che lo Stato annette al conseguimento da parte di tutti di un minimo di istruzione, presupposto indispensabile per una effettiva partecipazione dei lavoratori alla organizzazione politica, economica e sociale del Paese - «che non dovrebbero esistere impedimenti di natura oggettiva alla utilizzazione del servizio scolastico da parte di coloro che sono "obbligati" a goderne»60.

Non va dimenticato al riguardo che «non solo è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana, ma che la Repubblica stessa è tenuta ad istituire scuole statali

59

In tal senso si v. SALAZAR, M. Pubblica istruzione (diritto alla), in

Digesto delle discipline pubblicistiche, XIV, Torino, 1997, 1102. Cfr. sul

punto anche CASALE, A. Il bambino handicappato e la scuola, Torino, Bollati Boringhieri, Torino, 1991, 1 ss.; CENDON, P. Handicap e diritto, Torino, Giappichelli, 1997, 60 ss.

60

(45)

per tutti gli ordini e gradi, al fine di aprire veramente la scuola a tutti, e ai capaci e meritevoli consentire di raggiungere i gradi più alti degli studi»61.

Sotto questo profilo, dunque, il principio di obbligatorietà sembra connotare l'istruzione, considerato che quest'ultima non è solo un dovere verso lo Stato, ma un bene fondamentale di ogni cittadino, che ha diritto di goderne, senza restrizioni, nell'interesse proprio ed in quello della collettività, in quanto la struttura dello Stato democratico presuppone il pieno sviluppo della personalità umana. Il diritto all'istruzione, dunque, non può essere disgiunto da quello alle pari opportunità, come si desume dall'art. 3 Cost.

Non vi è alcun dubbio, del resto, che se l'accesso all'istruzione subisce delle limitazioni a causa della presenza di barriere di tipo economico o sociale, si produce una lesione del principio di uguaglianza, in quanto non tutti i cittadini usufruirebbero del diritto all'istruzione62.

61

SALAZAR, M. Pubblica istruzione (diritto alla), cit., 1103. Cfr., per i rapporti fra obbligo scolastico e dovere dello Stato di provvedere alla istituzione di scuole, DE SIMONE, S. Sistema del diritto scolastico italiano, Milano, Giuffrè, 1973, 316 ss., 357 ss.

62

In tal senso SCIANCALEPORE, C. Il trasporto scolastico, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2012, 123. Cfr. anche STAIANO, R., TURCO, V., Invalidità civile, disabilità ed handicap, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 58 ss.

(46)

Una barriera sociale evidente è rappresentata dalla disabilità. Essa, costituisce, allo stato attuale, un'area rilevante di svantaggio scolastico, in quanto gli studenti disabili si trovano spesso in una condizione di emarginazione non solo fisica, ma soprattutto psicologica. Tale condizione, in uno Stato democratico, è inammissibile, e richiede un costante e concreto impegno per porvi rimedio63.

Del resto, onde sgombrare ogni dubbio, è la Costituzione, all'art. 38, terzo comma, a disporre che «gli inabili e i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale». A tal fine, è indispensabile l'integrazione scolastica, che ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell'apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione.

Il diritto all'istruzione è talmente importante che non è garantito solo a riguardo della scuola dell'obbligo. Come chiarito dalla Corte Costituzionale, infatti, «la frequenza scolastica costituisce un essenziale fattore di recupero del portatore di handicap e di superamento della sua emarginazione, concorrendo al complessivo sviluppo della sua personalità; e l'arresto di questa frequenza, nel passaggio dalla scuola dell'obbligo alla scuola secondaria, comporta rischi di arresto,

63

Così CAVALIERE, B. Il diritto allo studio e all’istruzione dei soggetti handicappati, in Rivista giuridica della scuola, 1992, 657.

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