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Crioglobulinemia HCV-correlata: aspetti clinici e sierologici

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INDICE Pagina RIASSUNTO 3 1. INTRODUZIONE 5 1.1 Definizioni 5 1.1.1 Crioglobulinemia e crioglobuline 5

Il fenomeno della crioprecipitazione 6

1.1.2 Crioglobulinemia Mista 8 1.2 Epidemiologia 9 1.3 Eziopatogenesi 10 1.4 Quadro clinico 12 1.4.1 Porpora 13 1.4.2 Fenomeno di Raynaud 15 1.4.3 Artralgie e artrite 16 1.4.4 Interessamento renale 17

1.4.5 Interessamento del sistema nervoso periferico 22

1.4.6 Interessamento epatico 23 1.4.7 Malattia linfoproliferativa 23 1.4.8 Sindrome di Sjogren 24 1.4.9 Altre manifestazioni 26 1.5 Diagnosi 30 1.6 Prognosi 32 1.7 Trattamento 33 1.7.1 Terapia di supporto 34 1.7.2 Terapia eziologica 34 1.7.3 Terapia immunosoppressiva 36 1.7.4 Terapia antiproliferativa 38 1.7.5 Terapia ipoantigenica 39

1.7.6 Terapia per la rimozione degli immunocomplessi circolanti (plasmaferesi)

40

1.7.7 Terapia antinfiammatoria 41

1.8 L’alfa-enolasi e gli anticorpi specifici per essa 43

SCOPO DELLA TESI 45

(2)

2.2 Estrazione dell’alfa-enolasi 47

2.3 Elettroforesi 49

2.4 Immunoblotting 51

2.5 Chemiluminescenza 52

3. RISULTATI 53

3.1 Analisi della casistica clinica 53

3.2 Ricerca di anticorpi anti-enolasi 57

4. DISCUSSIONE 60

(3)

Riassunto

La crioglobulinemia mista (CM) è una vasculite dei piccoli vasi

associata a infezione da virus dell'epatite C. In questa tesi sono stati

esaminati 100 pazienti affetti da CM seguiti presso la Reumatologia e la

Immuno-Allergologia dell'Università di Pisa.

La porpora rappresenta il segno d’esordio più frequente assieme alle

artralgie e all’astenia, configurando la classica triade nella metà dei

pazienti. In 70% dei pazienti è presente interessamento epatico e nel

65% dei casi interessamento del sistema nervoso periferico, clinicamente

evidente con parestesie agli arti e documentato dalla compromissione

della velocità di conduzione del nervo. In 22 pazienti si riscontra

interessamento renale, con valori di creatininemia e proteinuria nelle 24

ore alterati; in 4 casi sottoposti a biopsia renale è stata riscontrata una

glomerulonefrite membrano-proliferativa.

La sindrome sicca si presenta in una buona percentuale (46%) di pazienti

mentre il fenomeno di Raynaud è più scarsamente rappresentato (23%).

Da un punto di vista sierologico, la totalità dei pazienti presenta

positività del fattore reumatoide e marcata riduzione della componente

(4)

È stata recentemente descritta la presenza nei soggetti con CM di una

nuova specificità anticorpale, gli anticorpi anti-alfa enolasi.

Abbiamo misurato gli anticorpi anti-alfa enolasi nei sieri di 22 dei 100

pazienti mediante immunoblot su un estratto di rene umano e su enolasi

ricombinante. Complessivamente sono risultati positivi 10/22 sieri (1

con entrambe le enolasi, 4 solo su enolasi da rene, 5 solo su enolasi

ricombinante). In 6/22 pazienti era presente interessamento renale; 4/6

pazienti hanno anticorpi anti-alfa enolasi. Questi anticorpi sono presenti

in 6 dei 16 senza interessamento renale. Di interesse appare anche la

possibile associazione con forme linfoproliferative: 3/22 pazienti sono

affetti da linfoma e tutti hanno anticorpi anti-alfa enolasi.

Questi autoanticorpi possono quindi costituire un utile marker nel

(5)

Introduzione

1.1 Definizioni

1.1.1 Crioglobulinemia e crioglobuline

Con il termine crioglobulinemia si indica la presenza in circolo di

immunoglobuline (crioglobuline) che precipitano reversibilmente in

vitro a temperature inferiori a 37°C [1].

Il fenomeno è stato descritto per la prima volta nel 1933 da Wintrobe e

Buell in un caso di mieloma multiplo [2]. Nel 1947 Lerner e Watson

sono stati i primi ad usare il termine di “crioglobuline”, successivamente

distinte da altri autori in monoclonali (o solo IgG o solo IgM) e miste

(sia IgG che IgM in forma di immunocomplessi).

Questo fenomeno è stato osservato in un ampio spettro di malattie

infettive acute e croniche, stati infiammatori, disordini immunologici e

neoplastici.

La crioglobulinemia è classificata, a seconda della composizione del

crioprecipitato, in tre sottotipi:

- Tipo I : caratterizzata da un unico tipo di immunoglobulina monoclonale (IgG o IgM);

(6)

- Tipo II : caratterizzata da immunocomplessi formati da immunoglobuline policlonali di tipo IgG e immunoglobuline

monoclonali di tipo IgM con attività di fattore reumatoide;

- Tipo III : caratterizzata dagli stessi immunocomplessi del tipo II con la differenza che le IgM con attività di fattore reumatoide sono

policlonali.

La crioglobulinemia di tipo I o monoclonale è associata spesso a

disordini di tipo ematologico come la macroglobulinemia di

Waldestrom, il Mieloma Multiplo e altre affezioni

mielodisplastiche/linfoproliferative.

La crioglobulinemia di tipo II o III può presentarsi in corso di malattie

infettive o autoimmuni o costituire un’entità a se stante denominata

Crioglobulinemia Mista [1].

Il fenomeno della crioprecipitazione

I meccanismi della crioprecipitazione non sono ancora chiaramente

definiti. Nelle crioglobuline di tipo I la crioprecipitazione sembra essere

una caratteristica intrinseca delle immunoglobuline monoclonali,

(7)

frammenti Fc e Fab separati perdono solitamente la precipitabilità alle

basse temperature. Il processo di crioprecipitazione potrebbe essere

innescato da modificazioni della composizione aminoacidica o del

contenuto in carboidrati delle catene leggere e pesanti delle

immunoglobuline. Ne deriverebbe un complessivo aumento della

idrofobicità delle molecole con perdita della loro solubilità.

Nelle CM di tipo II e III la crioprecipitazione appare legata più

all'interazione fra immunoglobuline che alle caratteristiche delle singole

componenti immunoglobuliniche. Nelle crioglobulinemie miste IgG-IgM

la specifica componente che determina la crioprecipitazione è l’IgM

anti-IgG. Nessuna delle due globuline può crioprecipitare isolatamente,

tuttavia la componente IgM si comporta come una crioglobulina

incompleta, essendo in grado di crioprecipitare IgG di soggetti normali,

mentre non si osserva crioprecipitazione quando la componente IgG è

fatta reagire con un’IgM normale.

Un possibile ruolo crioprecipitante è stato attribuito alla fibronectina,

una proteina della fase acuta della flogosi, che è frequentemente ritrovata

nelle CM, specialmente in quelle associate a processi flogistici

autoimmuni, nelle quali le crioglobuline sono per lo più di tipo III.

Sembra, tuttavia, che tale glicoproteina, pur potendo svolgere un'azione

(8)

1.1.2 Crioglobulinemia Mista

La Crioglobulinemia Mista (CM) è inquadrata tra le vasculiti sistemiche,

nel sottogruppo delle vasculiti a carico dei piccoli vasi mediate da

immunocomplessi. Questo tipo di vasculiti sono anche chiamate

leucocitoclastiche per le caratteristiche dell’infiltrato flogistico formato

principalmente da polimorfonucleati con nuclei in carioressi. Ne fanno

parte, oltre alla CM, la porpora di Shonlein-Henoch, l’angioite cutanea

leucocitoclastica, vasculiti associate a connettiviti ed altre.

La CM viene ulteriormente suddivisa in secondaria, associata cioè ad

altre condizioni patologiche, e in essenziale, senza correlazione con altre

patologie.

La dizione di essenziale non ha più ragione di essere dalla scoperta,

nell’anno 1990, della correlazione molto stretta con l’infezione da virus

dell’epatite C (HCV).

Il quadro clinico della CM, descritto per la prima volta da Meltzer e

Franklin [4] nel 1966 come sindrome caratterizzata da porpora, astenia

ed artralgie, non si limita a questa triade, ma assume connotati più vasti,

comprendendo numerose patologie d’organo come la nefropatia,

l’epatopatia, la neuropatia ed altre, visto il carattere sistemico della

(9)

Nella trattazione della seguente tesi verrà presa in considerazione proprio

questa forma di crioglobulinemia [1].

1.2 Epidemiologia

La CM è un’affezione con una particolare distribuzione geografica,

essendo maggiormente frequente nell’Europa meridionale. Questo fatto,

assieme al frequente coinvolgimento del fegato e alla possibile

associazione con un ben determinato aplotipo HLA, hanno suggerito che

un fattore ambientale fosse l’evento scatenante la patologia. Sebbene il

primo candidato eziologico fosse il virus dell’epatite B (anni ’70), a

seguito di numerose ricerche il fattore ambientale è stato individuato nel

virus epatotropo HCV. Infatti, in una percentuale maggiore del 95% di

soggetti affetti da CM sono dimostrabili anticorpi rivolti contro vari

costituenti del virus e nel 90% dei pazienti HCV-RNA, indice di

infezione in atto ed inoltre anticorpi anti-GOR, proteina prodotta

dall’epatocita in risposta all’infezione. Quindi, quando andiamo a

considerare l’incidenza della CM, è giusto considerare lo stato endemico

(10)

I portatori di HCV, infatti, sono stimati essere a livello mondiale pari a

250 milioni, mentre in Italia ammontano a circa 2 milioni.

La presenza di crioglobuline è rilevabile in circa un terzo dei pazienti

affetti da infezione da HCV, ma le manifestazioni cliniche compaiono

solo nell'1-2% dei casi [1].

1.3 Eziopatogenesi

Nell’eziologia di questa vasculite un ruolo importante è svolto quindi dal

virus C dell’epatite [6] [7] [8]. Le possibili cause sono state ricercate

soprattutto nelle specifiche caratteristiche dell’agente infettivo, cioè nei

suoi diversi genotipi, e/o in una particolare predisposizione genetica

dell’ospite. Per quanto riguarda l’espressione genotipica dell’HCV nella

CM, è stata dimostrata una prevalenza significativa del genotipo 2a,

presente nel 40% dei pazienti. Per quanto riguarda invece l’influenza del

terreno genotipico del soggetto è stata evidenziata la prevalenza

significativa dell’aplotipo HLA B8/DR3. E’ stato inoltre valutata la

variabilità della risposta immune dell’ospite nei confronti del virus come

(11)

degli anticorpi rivolti contro la proteina virale NSA potrebbe essere

correlata con le manifestazioni cliniche della malattia (impegno epatico).

La patogenesi della vasculite è mediata da immunocomplessi; sono,

infatti, quest’ultimi i responsabili del danno vascolare. Il punto di

partenza nella patogenesi della CM è rappresentato dal virus dell’epatite

C. Difatti l’HCV è un virus epatotropo e linfotropo. L’interazione tra

l’HCV e il linfocita B avviene mediante il legame tra la proteina

dell’envelope virale E2 e il recettore cellulare CD81 del linfocita B. I

linfociti così infettati vanno incontro ad espansione policlonale. Si

assiste, infatti, ad un rimaneggiamento genetico durante lo sviluppo

precoce delle cellule B ed in particolare si verifica una traslocazione (14;

18) che conduce all’attivazione del gene bcl-2 con conseguente

inibizione dell’apoptosi dei linfociti B che vanno quindi a produrre

un’ampia quantità di immunoglobuline [9]. Le immunoglobuline così

prodotte si legano tra loro e vanno a formare immunocomplessi

(crioglobuline miste). La deposizione intravasale degli

immunocomplessi porta quindi al processo vasculitico. A seguito di tale

deposizione, viene attivato il complemento prevalentemente secondo la

via classica e vengono rilasciati fattori chemiotattici per i

(12)

radicali liberi dell’ossigeno, proteasi ed enzimi lisosomiali rilasciati da

parte dei leucociti stessi [1].

1.4 Quadro clinico

La storia naturale della malattia è caratterizzata di solito da una lenta

progressione, con periodi di riacutizzazione e periodi di remissione; solo

raramente si riscontrano delle emergenze cliniche. Il quadro

sintomatologico è assai variabile, potendo palesarsi con fenomeni

attenuati (scarse lesioni purpuriche, saltuarie artralgie) o manifestazioni

cliniche severe, come la glomerulonefrite rapidamente progressiva e la

vasculite sistemica.

L’età di insorgenza più comune è in genere la quinta decade di vita. E’

una malattia che interessa più frequentemente il sesso femminile, con un

rapporto F/M di 5/1.

Il quadro clinico si caratterizza per uno spiccato polimorfismo tanto che

la diagnosi è spesso tardiva o misconosciuta. La reale prevalenza di

questa patologia è dunque sottostimata.

Le principali manifestazioni cliniche sono costituite da astenia, porpora,

(13)

si riscontrano in associazione ad una malattia linfoproliferativa benigna

che si presenta sotto forma di aggregati linfocitari a livello epatico,

splenico e del midollo osseo [5] [6].

1.4.1 Porpora

La porpora rappresenta una delle manifestazioni più precoci e frequenti

della crioglobulinemia mista, essendo rilevabile in oltre l’80% dei

pazienti e rappresenta spesso proprio la prima manifestazione della

malattia. Intermittente, palpabile, non pruriginosa, ha carattere

ortostatico, localizzandosi preferenzialmente agli arti inferiori con la

caratteristica disposizione “a calzino”. Può estendersi anche alle cosce e,

seppur raramente, al tronco soprattutto in sedi oggetto di compressione

elastica da parte degli indumenti. Si sussegue in poussées, generalmente

ad intervalli variabili di 7-10 giorni. Le aree in cui le gittate purpuriche

tendono a ripetersi assumono col tempo una pigmentazione

bruno-ocracea.

Le caratteristiche localizzazioni sono dovute probabilmente alla più

(14)

In una certa percentuale di pazienti si possono presentare, come segno

iniziale di malattia, ulcere alle gambe associate alla porpora, che spesso

mostrano un carattere ingravescente e sono di difficile guarigione.

La biopsia cutanea dimostra una vasculite leucocitoclastica dei capillari

e delle venule post-capillari del derma superficiale con variabile

coinvolgimento dei vasi sottocutanei. L'immunofluorescenza rivela

depositi vascolari d’immunoglobuline (IgG, IgM) e/o complemento

(C4). Nei pazienti crioglobulinemici con infezione da HCV la vasculite

cutanea si caratterizza per la deposizione di immunocomplessi costituiti

da HCV, IgM FR e IgG [5].

(15)

1.4.2 Fenomeno di Raynaud

Il fenomeno di Raynaud rappresenta un’altra manifestazione della

malattia, riscontrabile nel 25% dei pazienti al momento della diagnosi. Si

presenta di lieve intensità e seppur coinvolgendo tutte le estremità, solo

raramente può portare a disturbi distrofici fino ad una vera e propria

gangrena delle dita delle mani e/o dei piedi [10].

Si tratta di un’ischemia acrale parossistica, scatenata dal freddo o dalle

brusche riduzioni della temperatura, che si manifesta con una variazione

del colorito cutaneo. In genere compare dapprima il pallore, seguito dalla

cianosi e quindi dalla comparsa di un colorito rosso cupo (presentazione

a “bandiera francese”), ma possono manifestarsi anche la sola fase di

pallore (fase sincopale pura) o la cianosi in assenza della fase di

(16)

Fig. 2.Fenomeno di Raynaud con la caratteristica presentazione “a bandiera francese”.

1.4.3 Artralgie e artrite

L’interessamento articolare è presente in oltre il 70% dei casi. Le

artralgie hanno un carattere intermittente, prive di ritmo notturno e

rigidità mattutina, a scarsa o nulla obiettività flogistica. Interessano

maggiormente mani, ginocchia, caviglie e gomiti.

L'artrite colpisce essenzialmente le articolazioni "satelliti" della porpora,

quindi ginocchia e caviglie; non è erosiva e non porta a deformità

(17)

1.4.4 Interessamento renale

Le manifestazioni renali [12] sono presenti nel decorso della

crioglobulinemia in oltre il 50% dei casi. Nel 30-40% dei casi si assiste

ad un esordio con sindrome nefritica acuta, talora di tipo rapidamente

evolutivo, nel 20% si tratta di una sindrome nefrosica e nel 40-50% dei

casi si presenta proteinuria, microematuria, ipertensione ed insufficienza

renale progressiva.

Istologicamente la nefropatia presenta gli aspetti di una glomerulonefrite

membranoproliferativa di tipo I, caratterizzata quindi da depositi

elettrondensi subendoteliali.

Alla microscopia ottica si rileva notevole infiltrazione intraglomerulare

di monociti e polimorfonucleati, trombi intracapillari, ispessimento della

(18)

Fig. 3.Glomerulonefrite crioglobulinemica: lesioni membranoproliferative con notevole ipercellularità, aumento di volume e lobulazione glomerulare (in M.O.)

Fig.4.Glomerulonefrite crioglobulinemica: ipercellularità glomerulare, ispessimento della parete capillare e aumento della matrice con lobulazione. Trombi intracapillari di crioglobuline, presenti anche in un capillare interstiziale (frecce)(in M.O.)

(19)

All’immunofluorescenza si repertano depositi contenenti le

immunoglobuline presenti nelle crioglobuline circolanti, complemento

(C3) a minore intensità e C1q nel 30% dei casi.

fig. 5.Depositi di C3, prevalentemente sulle anse periferiche (Immunofluorescenza)

(20)

Alla microscopia elettronica si evidenziano depositi subendoteliali

amorfi od organizzati in microtubuli, monociti e cellule endoteliali

contenenti corpi lisosomiali elettrondensi.

fig. 7.Piccoli depositi elettrondensi subepiteliali e mesangiali (frecce). Macrofagi contenenti vacuoli elettrondensi .

La patogenesi del danno renale rimane al momento non ancora chiara.

Possono essere chiamati in causa due possibili meccanismi di danno

glomerulare [13]. Il primo è rappresentato dalla deposizione a livello

renale di immunocomplessi circolanti; il secondo dalla formazione di

(21)

direttamente con gli antigeni tissutali intrinseci o con antigeni circolanti

“impiantati” nel glomerulo.

Diversi fattori influenzano la localizzazione glomerulare di antigeni,

anticorpi e immunocomplessi. La carica e la dimensione delle molecole

sono naturalmente importanti. Sostanze immunogene altamente

cationiche tendono ad attraversare la membrana basale del glomerulo ed

i complessi risultanti si localizzano in sede subepiteliale. Macromolecole

altamente anioniche, invece, non riescono ad attraversare la membrana e

pertanto vengono intrappolate a livello subendoteliale oppure non sono

affatto nefrolesive. Molecole con una carica neutra ed immunocomplessi

contenenti queste molecole tendono ad accumularsi nel mesangio.

Grandi complessi circolanti, come riscontriamo nella CM, non sono di

solito nefritogeni poiché vengono eliminati dagli elementi

monocito-macrofagici al contrario di quelli di più piccole dimensioni che sfuggono

alla clearance e vanno a depositarsi a livello renale. Da questo si evince

che teoricamente, e spesso anche in pratica, l’impegno renale esclude

quello epatico e viceversa. Difatti nella CM l’impegno epatico è tre volte

più frequente di quello renale in accordo al fatto che gli

immunocomplessi che si formano sono di grosse dimensioni, essendo

(22)

1.4.5 Interessamento del sistema nervoso periferico

Un coinvolgimento nervoso periferico è abbastanza comune nei soggetti

crioglobulinemici anche se la frequenza effettiva viene sottostimata per

il fatto che il quadro clinico è spesso sfumato.

Una compromissione delle fibre sensitive è la manifestazione clinica

neurologica più frequente. Sintomi clinici suggestivi per un danno

neurologico sono presenti nella maggior parte (91%) dei pazienti tuttavia

dati clinici obiettivabili, come una riduzione della velocità di

conduzione, si riscontrano solamente nella metà dei pazienti. Una

neuropatia motoria è molto più rara, essendo riscontrata solo nel 5% dei

casi.

Il danno neurologico può essere causato da una demielinizzazione

mediata da immunocomplessi o autoanticorpi, da una vasculite dei vasa

nervorum o da un’ostruzione vascolare legata a crioprecipitati. Studi

istologici documentano un danno vascolare ed una degenerazione

assonale.

La correlazione esistente tra livelli di crioglobuline sieriche e varie

manifestazioni neurologiche suggerisce che un meccanismo

(23)

1.4.6 Interessamento epatico

Un coinvolgimento epatico è riportato in oltre i due terzi di tutte le

crioglobulinemie e virtualmente in tutte le CM di tipo II associate ad

infezione cronica da HCV. Generalmente l'epatopatia è clinicamente

asintomatica. I marcatori bioumorali di danno epatocitario sono normali

o moderatamente elevati, ma non risultano correlati con il quadro

istologico. Infatti, in tutti i casi si riscontrano vari gradi di danno

epatocellulare con infiammazione periportale, fibrosi, riarrangiamento

dell’architettura epatica e cirrosi in un terzo dei casi [5].

1.4.7 Malattia linfoproliferativa

I soggetti con CM presentano una più alta incidenza di disturbi

linfoproliferativi.

Nelle Crioglobulinemie miste di tipo II associate all'infezione da HCV

sono frequentemente documentati a livello epatico, splenico e midollare

infiltrati linfoidi benigni. Meno frequentemente, i pazienti possono

sviluppare un linfoma Non-Hodgkin a cellule B. L’incidenza di linfoma

(24)

pazienti a più del 40% con la comparsa a 5-10 anni dalla diagnosi di

crioglobulinemia [15] [16].

Il virus C dell’epatite è stato riscontrato in cellule mononucleari presenti

sia nel sangue periferico che nel midollo osseo e cosa molto interessante,

in cellule linfomatose di pazienti con crioglobulinemia mista di tipo II o

con infezione cronica da virus C dell’epatite in evoluzione verso un

linfoma Non-Hodgkin. Tali osservazioni suggeriscono un possibile ruolo

patogenetico del virus C dell’epatite in alcune malattie linfoproliferative.

Tale ipotesi è suffragata anche dal fatto che un’alta incidenza di

infezione cronica da parte del virus C dell’epatite è stata riscontrata in

almeno un terzo dei casi di pazienti non selezionati affetti da linfoma

Non-Hodgkin [5].

1.4.8 Sindrome di Sjogren

Una sindrome sicca con xerostomia e xeroftalmia è presente in una

significativa percentuale di pazienti [10]. Il virus C dell’epatite è infatti

scialotropo e può localizzarsi a livello delle ghiandole esocrine, in

particolar modo delle salivari. In questi pazienti può essere riscontrata

(25)

sierologico questi soggetti si caratterizzano, frequentemente, per la

presenza di anticorpi anti ENA di tipo SSA ed SSB. Quando la porpora e

l’interessamento epatico sono più sfumati, può risultare difficile una

diagnosi differenziale fra una crioglobulinemia con sindrome di Sjogren

secondaria ed una sindrome di Sjogren primitiva con manifestazioni

sistemiche.

Negli ultimi criteri classificativi della sindrome di Sjogren pubblicati, la

presenza di infezione da HCV esclude la diagnosi. Si tratta però di criteri

classificativi e non diagnostici. Si tende a formulare la diagnosi di

sindrome di Sjogren quando la sindrome sicca è prevalente, quando il

danno epatico è assente o moderato e quando si riscontrano anticorpi

(26)

fig. 8.Secchezza ed arrossamento della mucosa orale in corso di sindrome sicca.

1.4.9 Altre manifestazioni

Tra i vari organi che possono essere interessati nella crioglobulinemia

sono da ricordare l’intestino, i polmoni, le sierose ed infine il SNC.

Per quanto riguarda il coinvolgimento gastroenterico, si possono

manifestare in una certa percentuale di pazienti dolori addominali talora

così violenti da configurare il quadro di addome acuto con ileo

paralitico. Alla base di tale patologia vi è una vasculite mesenterica che

(27)

pareti addominali oppure con un’estesa necrosi intestinale tale da

rendere necessaria una resezione chirurgica.

fig. 9. Petecchie emorragiche sulla mucosa intestinale di paziente con CM

L’interessamento polmonare [17] [18] si può presentare con un quadro di

interstiziopatia verosimilmente dovuta a deposizione di

immunocomplessi che raramente evolve verso la fibrosi.

In una percentuale molto esigua di pazienti si può riscontrare una

(28)

Rivestono inoltre notevole importanza le numerose malattie che possono

associarsi con la presenza di crioglobuline nel siero; si può trattare di

malattie linfoproliferative, infettive e molto frequentemente con altre

(29)

Malattie linfoproliferative

- Linfoma non-Hodgkin - Mieloma Multiplo

- Macroglobulinemia di Waldenström - Leucemia linfatica cronica

- Linfoadenopatia angioimmunoblasti-ca

Malattie infettive

Virali

- Epatite B e C

- Virus dell'immunodeficienza umana (HIV)

- Citomegalovirus (CMV) - Mononucleosi (EBV)

Batteriche

- Lebbra

- Endocardite batterica subacuta - Sifilide - Linfogranuloma venereo Parassitarie - Echinococcosi - Malaria - Toxoplasmosi - Leismaniosi - Schistosomiasi Fungine - Coccidioidomicosi Malattie autoimmuni e da immunocomplessi

- Lupus Eritematoso Sistemico - Artrite Reumatoide

- Sindrome di Sjögren - Sindrome di Felty - Sclerosi sistemica - Polimiosite

- Poliarterite nodosa (HBsAg positiva e negativa) - Sindrome di Behçet - Porpora di Henoch-Schönlein - Vasculite autoimmune - Glomerulonefrite - Tiroidite autoimmune - Sarcoidosi - Malattia celiaca - Pemfigo volgare

(30)

1.5 Diagnosi

Il sospetto diagnostico di crioglobulinemia deve insorgere in un paziente

che presenta i sintomi sistemici descritti in precedenza ed in cui

compaiono le manifestazioni cutanee agli arti inferiori associate a segni

d’interessamento renale ed epatico. L’aumento degli indici di flogosi

(VES e PCR) associato alla positività del fattore reumatoide, all’aumento

delle transaminasi ed eventualmente a segni di danno renale, suggerisce

l’esecuzione della sierologia per il virus C dell’epatite. Inoltre

l’ipocomplementemia (soprattutto della frazione C4) accompagnata dalla

negatività degli anticorpi anti-antigeni nucleari (ANA) e dalla positività

della determinazione qualitativa e quantitativa delle crioglobuline

indirizza correttamente la diagnosi.

Esistono dei criteri classificativi attraverso i quali è possibile fare una

diagnosi di certezza o di probabilità di crioglobulinemia. Sono suddivisi

in criteri maggiori e minori e questi a loro volta in criteri sierologici,

(31)

CRITERI MAGGIORI CRITERI MINORI CRITERI SIEROLOGICI • crioglobuline miste • ipocomplementemia (C4) • FR + • HCV + • HBV + CRITERI ISTOLOGICI • vasculite leucocitoclastica • Infiltrati B-cellulari • (epatici, midollari) CRITERI CLINICI

• porpora • epatite cronica

• glomerulonefrite membranoproliferativa • neuropatia periferica • ulcere cutanee

Tab 2.Criteri classificativi per la diagnosi di crioglobulinemia mista

DIAGNOSI DI CERTEZZA: 3 criteri maggiori oppure 1 criterio sierologico

maggiore + 2 minori clinici + 2 minori istologici/sierologici.

DIAGNOSI DI PROBABILITA’:

• 1 criterio sierologico maggiore + 1 clinico minore + 1 minore sierologico o istologico

• porpora o vasculite leucocitoclastica + 1 sintomo clinico minore + 1 minore sierologico o istologico

(32)

1.6 Prognosi

Il decorso clinico della CM è generalmente benigno: la malattia è spesso

oligosintomatica anche per lunghi intervalli di tempo, caratterizzati

primariamente da astenia, artralgie e saltuari episodi di porpora

ortostatica. Tuttavia, in alcuni pazienti la qualità della vita è spesso

compromessa a causa di un’intensa astenia e/o neuropatia periferica

generalmente di tipo sensitivo. In una percentuale inferiore di casi può

esordire od evolvere verso complicanze particolarmente gravi come la

glomerulonefrite, la neuropatia periferica sensitivo-motoria, la vasculite

diffusa, l’epatite cronica/cirrosi, le neoplasie. Come precedentemente

riportato, una percentuale tutt’altro che indifferente (40%) di pazienti

affetti da CM può sviluppare un linfoma maligno.

La sopravvivenza, valutata a 10 anni dalla diagnosi, risulta

significativamente ridotta rispetto alla popolazione generale. I principali

fattori prognosticamente negativi sono il sesso maschile, la presenza di

nefropatia cronica ed ovviamente l’insorgenza di complicanze

(33)

1.7 Trattamento

Lo scopo della terapia della CM è quello di:

1. contrastare gli agenti eziologici responsabili della CM;

2. inibire la sintesi delle crioglobuline da parte dei linfociti B;

3. ridurre la formazione degli immunocomplessi circolanti;

4. rimuovere gli immunocomplessi circolanti;

5. ridurre la componente infiammatoria.

La terapia della sindrome crioglobulinemica si avvale delle seguenti

opzioni terapeutiche:

1. Terapia di supporto;

2. Terapia eziologica;

3. Terapia immunosoppressiva;

4. Terapia antiproliferativa;

5.Terapia per la rimozione degli immunocomplessi circolanti

(plasmaferesi);

6. Terapia ipoantigenica;

(34)

1.7.1 Terapia di supporto

La terapia di supporto si avvale di semplici regole di vita, come ad

esempio evitare l’esposizione alle basse temperature o al freddo,

proteggendo le estremità del corpo con indumenti adeguati, evitare

un’eccessiva attività fisica ed evitare una stazione eretta per periodi

prolungati.

1.7.2 Terapia eziologica

L’impiego dell’interferone alfa (IFN) [19] [20] nella CM iniziò nel

1987 non appena questa classe di farmaci si rese disponibile. Non

essendo ancora nota l’eziologia della malattia, l’IFN veniva utilizzato

per la sua azione antiproliferativa e immunomodulante e il successo

terapeutico venne

attribuito alla capacità del farmaco di inibire selettivamente i cloni B

linfocitari produttori delle crioglobuline. Dopo la scoperta dell’HCV e i

successi ottenuti con l’IFN nella terapia dell’epatite cronica

HCV-positiva, è sembrato razionale l’impiego di tale farmaco nella CM.

L’IFN infatti costituisce la terapia d’elezione della malattia in quanto è

(35)

però non è da attribuire soltanto alla sua attività antivirale, ma

probabilmente anche alla sua azione immunomodulante, in quanto si

riscontra un miglioramento della sintomatologia anche nei soggetti in cui

non si ottiene l’eradicazione dell’HCV. Nei primi studi, la risposta

primaria dell’IFN in monoterapia variava, secondo i vari autori, dal 30 al

60% ma l’eradicazione dell’HCV si verificava soltanto in una piccola

percentuale di casi (15-20%), e inoltre, alla sospensione del trattamento,

la grande maggioranza dei pazienti presentava una recidiva clinica e la

ricomparsa dell’HCV-RNA. Anche se i successi con l’IFN in

monoterapia erano limitati, si intuì subito che l’IFN risultava comunque

l’unico trattamento in grado di portare a remissione completa la CM.

Dopo la dimostrazione che, nelle epatiti croniche da HCV, l’inserimento

di nuovo farmaco antivirale, la ribavirina, risultava particolarmente

utile nel trattamento dei soggetti non responsivi o ricaduti, la terapia di

combinazione è stata utilizzata, con le medesime indicazioni, anche nella

terapia della CM [21].

Il trattamento antivirale inoltre, contestualmente all’eradicazione

dell’HCV, determina una regressione della linfoproliferazione

monoclonale presente a livello del midollo o nel sangue periferico,

prevenendo l’ulteriore sviluppo di tale patologia verso malattie più

(36)

1.7.3 Terapia immunosoppressiva

L’uso degli steroidi costituisce la terapia tradizionale della CM. Questi

farmaci sono indicati nelle CM paucisintomatiche, oppure in quelle con

esteso e grave impegno viscerale. Infatti, anche a basso dosaggio, i

cortisonici sono in grado di controllare gran parte delle manifestazioni

cliniche della CM per periodi prolungati. Sono utili per controllare la

sintomatologia purpurica e artralgica, ma funzionano più per la loro

attività anti-infiammatoria che per l’inibizione della sintesi delle

crioglobuline, infatti il miglioramento clinico dei pazienti trattati non

sembra correlato con una riduzione della concentrazione delle

crioglobuline. Inoltre in nessun studio è stato dimostrato che tale classe

di farmaci sia in grado di modificare la storia naturale della malattia.

Anche questi farmaci presentano una serie di effetti collaterali importanti

(diabete, ulcera ed osteoporosi per citarne i più comuni) accentuati dal

fatto che vengono utilizzati per periodi molto lunghi. Vi sono

osservazioni di aumento della viremia nei pazienti trattati con steroidi e

pertanto questi vengono consigliati soltanto nelle forme in cui vi siano

manifestazioni vasculitiche acute o nella fase di acuzie della

glomerulonefrite crioglobulinemica. Recentemente sono stati introdotti

(37)

anticorpi rappresentano un’evoluzione “estrema” della terapia

immunosoppressiva in quanto in grado di distruggere le cellule B CD20

positive, che sono le cellule che producono anticorpi. Il meccanismo

d’azione comprende lisi complemento-mediata, citotossicità

anticorpo-dipendente ed induzione di apoptosi delle cellule suddette. Il grande

vantaggio di tale terapia è quello di non avere gli effetti collaterali degli

steroidi e di essere altrettanto efficace dei trattamenti immunosoppressivi

convenzionali. Vi sono 2 recentissimi studi sulla efficacia e tollerabilità

di tali anticorpi nella CM [22] [23]. Sebbene con sfumature diverse,

entrambi indicano l’ottima tollerabilità della terapia e la grande efficacia

nella risoluzione dei fenomeni vasculitici e della sintomatologia

soggettiva. Dibattuta è l’efficacia della terapia a lungo termine. Alcuni

autori [22] affermano che, nel tempo, la malattia tenderà sempre a

ripresentarsi, dal

momento che il trattamento non solo non elimina il virus, ma tende ad

aumentarne la replicazione. Altri autori [24] sostengono invece che il

rituximab sia un’opzione terapeutica sicura ed efficace nel trattamento di

pazienti sintomatici con glomerulonefrite e segni di vasculite sistemica.

Infatti si assiste, oltre alla scomparsa o al miglioramento della

sintomatologia, alla riduzione dei livelli di proteinuria, del criocrito e del

(38)

livelli di C4 da 2 a 6 mesi ma, cosa molto importante, il livello della

carica virale rimane stabile.

1.7.4 Terapia antiproliferativa

Nella terapia della CM si possono utilizzare anche farmaci citostatici

che, per la loro azione litica sulle cellule B, sono in grado di ridurre la

concentrazione plasmatica delle crioglobuline. I farmaci citostatici si

sono dimostrati particolarmente efficaci nelle CM di tipo I e II, dove in

effetti è quasi sempre presente una patologia linfoproliferativa

monoclonale. In assenza di studi clinici controllati, le terapie citostatiche

venivano in genere utilizzate quando la terapia steroidea non risultava

più efficace. I citostatici più utilizzati sono il clorambucil e soprattutto la

ciclofosfamide. Attualmente, vista la stretta associazione tra l’HCV e la

CM, l’uso di questi farmaci risulta ristretto solamente ai casi di CM di

tipo I, e a quelli in cui la patologia linfoproliferativa evolve verso un

linfoma conclamato, oppure ancora nei casi in cui è presente una

(39)

1.7.5 Terapia ipoantigenica

Una dieta a basso contenuto di antigeni alimentari si è dimostrata

efficace nel controllare le manifestazioni cliniche minori della malattia.

Il razionale della dieta consiste nel fatto che comporta la riduzione del

numero di macromolecole esogene che, tramite il sangue portale,

giungono al fegato, ove vengono processate dalle cellule di Kupfer,

riducendone la capacità di clearance nei confronti degli

immunocomplessi circolanti. Ecco allora che fornendo una dieta a basso

contenuto di macromolecole, risulta alleviata la funzione del sistema

monocitomacrofagico, con una migliore capacità di clearance degli

immunocomplessi, tra cui anche le crioglobuline. La dieta, basata

sull’assunzione di riso, pasta, carni bianche e poche verdure e

somministrata in modo intermittente, sembra determinare un beneficio

solo sulle manifestazioni minori della CM, ma gli effetti sui parametri di

laboratorio (criocrito e fattore reumatoide) sono modestissimi. La dieta è

efficace nei casi paucisintomatici, ma vi sono notevoli problemi di

(40)

1.7.6 Terapia per la rimozione degli immunocomplessi circolanti (plasmaferesi)

La plasmaferesi tradizionale (PE) o selettiva (DFPP), è una metodica

che consente la sostituzione del plasma del paziente con emocomponenti

o succedanei, permettendo la rimozione di sostanze patogene esogene

(tossici, veleni), o endogene (autoanticorpi, immunocomplessi, e

crioglobuline). La plasmaferesi presenta scarsi effetti collaterali, quali

modesta anemia e deplezione proteica, la quale può essere corretta

somministrando albumina o plasma a secondo delle diverse tecniche

usate. Vi sono una serie di studi non controllati che evidenziano come la

plasmaferesi sia di particolare utilità nella CM [27]. Il meccanismo

d’azione è ovviamente la rimozione delle crioglobuline assieme ad

un’azione favorente sulla attività del sistema reticolo-endoteliale. La

plasmaferesi ha efficacia limitata nel tempo e se non è associata ad altre

terapie farmacologiche fornisce risultati del tutto temporanei. In genere

durante o subito dopo le aferesi, il paziente viene trattato con

ciclofosfamide (2 mg/kg/die) o con una combinazione di ciclofosfamide

e corticosteroidi per ridurre l’effetto rebound provocato alla sottrazione

delle crioglobuline dal circolo [28]. Poiché si è dimostrata

(41)

della CM, le indicazioni attuali alla plasmaferesi sono la

glomerulonefrite crioglobulinemica, la sindrome da iperviscosità, la

neuropatia periferica sensitivo-motoria grave e le ulcere cutanee.

1.7.7 Terapia antinfiammatoria

Nella vasculite crioglobulinemica un’utile opzione terapeutica è

rappresentata dalla colchicina e dagli antinfiammatori non steroidei

(FANS). La colchicina è un farmaco usato nell’artrite acuta gottosa, in

cui ha un’efficacia straordinaria. Il farmaco ha molteplici azioni:

interferendo con la formazione dei microtubuli impedisce le mitosi dei

linfociti e dei monociti, riduce la chemiotassi e l’adesività dei granulociti

neutrofili e blocca la secrezione delle immunoglobuline. In

considerazioni di tali proprietà anche la colchicina è stata utilizzata in

passato nella CM. Si evidenziavano risultati soddisfacenti dal punto di

vista clinico, mentre scarsa era stata l’efficacia sui livelli di criocrito e di

fattore reumatoide. Poiché il farmaco presenta effetti collaterali non

trascurabili sia a livello gastroenterico (diarrea, epigastralgie, ecc.) che

ematologico (leuco-piastrinopenia) un trattamento con colchicina può

essere raccomandato solo nel caso di fallimento o di intolleranza verso

(42)

Gli anti-infiammatori non steroidei vengono usati dai pazienti nei casi

di riacutizzazioni delle artralgie a scopo esclusivamente antalgico.

Sicuramente un loro uso esteso e prolungato non è consigliabile stante il

frequente coinvolgimento renale in corso di CM. Inoltre i noti effetti

collaterali dei FANS a livello gastrico ne consigliano un uso molto

(43)

1.8 L’alfa-enolasi e gli anticorpi specifici per essa

Nei soggetti con CM è stata recentemente descritta una nuova specificità

anticorpale, gli anticorpi anti-alfa enolasi [30].

L’enolasi è un’enzima glicolitico, di peso molecolare di circa 50 kDa,

coinvolto nella deidratazione dell'acido 2-fosfoglicerico a

fosfoenolpiruvato.

Nella specie umana esistono 3 differenti isoenzimi dell’enolasi che

possono associarsi tra loro a formare omodimeri oppure eterodimeri

[31].

La beta-enolasi è associata al tessuto muscolare mentre la

(44)

L’alfa-enolasi è invece ubiquitaria, e sebbene sia virtualmente espressa

in ogni tessuto, essa è maggiormente espressa nel timo e nel tessuto

renale.

E' un enzima citoplasmatico, espresso inoltre sulla membrana di diversi

tipi di cellule comprese cellule endoteliali e cellule linfo-monocitarie

attivate.

L'alfa enolasi, oltre alla sua funzione principale nel ciclo glicolitico

agisce anche come heat shock protein (nel lievito) e come proteina

indotta dall'ipossia (nelle cellule endoteliali); come proteina strutturale

nella lente del cristallino; come fattore di virulenza capace di facilitare la

penetrazione di microrganismi (p.e. Streptococcus pneumoniae); come

recettore di membrana del plasminogeno quando espressa sulla

superficie delle cellule.

Infine, una forma troncata dell'alfa-enolasi di 38 kDa agisce come fattore

(45)

Scopo della tesi

Lo scopo della tesi è di analizzare le caratteristiche cliniche di un gruppo

di pazienti (n=100) seguiti presso gli ambulatori dell’U.O. di

Reumatologia ed Immunoallergologia dell’Università di Pisa in cui è

stata diagnosticata una crioglobulinemia mista. E’ stata ricercata, in un

sottogruppo di 22 pazienti, la presenza di anticorpi specifici per

l’alfa-enolasi con la metodica dell’immunoblot su un estratto renale e su

enolasi ricombinante e successiva rilevazione tramite

chemiluminescenza. Inoltre è stata indagata un’eventuale correlazione

(46)

Materiale e metodi

2.1 Lisato totale di rene umano

Corticale renale umana è stata ottenuta da reni rimossi a causa di

carcinoma renale. Il tessuto da noi utilizzato proveniva da zone non

interessate dal carcinoma.

Il tessuto ottenuto è stato ridotto in frammenti, congelato in azoto liquido

e omogenizzato in un "blender". Il tessuto polverizzato è stato poi

risospeso in Tris-HCl 50 mM pH 6.8, NaCl 150 mM, EDTA 20 mM,

Triton X-100 1% in presenza di inibitori delle protasi.

La concentrazione proteica delle varie frazioni è stata determinata con

metodo BCA (acido bicinconinico), basata sulla reazione delle proteine

con Cu++ che formano un complesso con il colorante BCA in ambiente

alcalino, mediante lettura spettrofotometrica a λ=562 nm; dal confronto dell'assorbanza dei campioni con quella di una curva standard è stata

(47)

2.2 Estrazione dell'alfa-enolasi

L'alfa-enolasi utilizzata in immunoblotting è una proteina ricombinante

prodotta da E. coli.

Il cDNA corrispondente al segmento 10-434 aa dell'alfa-enolasi umana è

clonato ed inserito nel vettore pGex.

Il DNA viene inserito a valle di una sequenza che codifica per la

Glutation-S-Trasferasi (GST), che viene indotta insieme all'alfa-enolasi

risultando in un unico prodotto di fusione di circa 75 kDa.

La presenza della GST permette la purificazione della proteina di fusione

mediante resina di Sepharoso-Glutatione ed eluizione con Glutatione.

L'espressione di alti livelli della proteina è resa possibile dalla presenza

nel plasmide del promotore T7.

Il vettore pRset. è transfettato in E. coli del ceppo BLRI(DE3)p LysS che

contiene un lisogeno esprimente la polimerasi T7 sotto il controllo del

promotore lacU5.

In presenza di iso-propil-tio-galactoside (IPTG) le cellule sono indotte

ad esprimere alti livelli di RNA polimerasi T7, che permette l'elevata

trascrizione della proteina ricombinante sotto la guida del promotore T7.

I batteri E. coli BLRI(DE3)p LysS transfettati sono prima piastrati su LB

(48)

Successivamente 3 ml di SOB (un terreno di coltura non selettivo)

contenente ampicillina 50 µg/ml e cloramfenicolo 35 µg/ml sono

inoculati con una singola colonia di batteri ricombinanti e fatti crescere

over night in agitazione.

Il giorno successivo i 3 ml sono diluiti con 250 ml di SOB contenente

ampicillina 50 µg/ml e fatti crescere a 30° C in agitazione fino ad una

OD600 =0,4 - 0,6.

A questo punto viene aggiunto IPTG che induce la produzione di

alfa-enolasi ricombinante e i batteri vengono lasciati a 30° C per 4 ore.

Trascorso il periodo di induzione il mezzo contenente i batteri indotti

viene centrifugato per 30 minuti a 2500 rpm a temperatura ambiente. Il

surnatante della centrifugazione viene eliminato e i pellet contenti i

batteri indotti vengono congelati a - 20 ° C.

Per la purificazione della proteina ricombinante, il pellet dei batteri

indotti è risospeso in NaH2PO4 50 mM, NaCl 500 mM,

ß-mercaptoetanolo 5mM + inibitori delle proteasi.

Vengono quindi effettuati 3 cicli di congelamento e scongelamento per

favorire la lisi dei batteri.

Al termine di tali cicli, i batteri vengono incubati 30' a + 4° C con

(49)

Tween-20 1%; il lisato batterico è, infine, centrifugato a 15000 rpm per

30' a + 4° C.

Poichè durante la lisi l'alfa-enolasi-GST precipita in strutture chiamate

"corpi di inclusione", che in queste condizioni di centrifugazione si

ritrovano nel pellet, e viene solubilizzata solo da forti condizioni

denaturanti, il surnatante viene eliminato ed il pellet è risospeso in

NaH2PO4 100 mM, Tris 10 mM, Guanidina 3 M pH 8 e dializzato tutta

la notte contro PBS.

Il dializzato è, quindi, caricato su una resina di Sepharoso-Glutatione che

interagisce con la GST, trattenendo la proteina di fusione.

Dopo alcuni lavaggi con NaH2PO4 20 mM (fino a che OD280 = 0.01) e

con NaH2PO4 20 mM, GST 60mM, per eliminare ciò che si lega in

modo aspecifico, la proteina viene eluita con Tris 50 mM, GST 15mM.

2.3 Elettroforesi

I campioni di alfa-enolasi e di lisato totale di rene prima di venire

sottoposti ad elettroforesi sono stati trattati con sodio dodecilsolfato

(SDS) e 2-beta-mercaptoetanolo. Il SDS, detergente fortemente anionico,

(50)

proteina una carica netta negativa; il 2-beta-mercaptoetanolo riduce i

ponti disolfuro tagliandoli. In questo modo le proteine tendono ad avere

lo stesso rapporto carica-massa e la stessa forma: infatti, si dissociano in

subunità acquisendo una conformazione a bastoncino, in cui il diametro

è costante, mentre la lunghezza varia in rapporto al peso molecolare, per

cui la separazione elettroforetica avverrà sulla base della loro massa. Il

peso molecolare può essere determinato comparando la mobilità

elettroforetica di una data proteina con la mobilità di proteine note usate

come markers: il logaritmo del peso molecolare è linearmente correlato

con la mobilità relativa. La densità delle maglie del gel varia a seconda

delle concentrazioni di acrilamide e del rapporto tra il monomero ed il

suo dimero che al momento della polimerizzazione forma dei legami

trasversali. Per separare le nostre proteine abbiamo usato un gel di

poliacrilamide secondo la tecnica descritta da Laemmli. Il gel è costituito

in realtà da due tipi di gel: stacking gel e separating gel. Il primo serve a

far arrivare le proteine alla stessa altezza; il secondo, le cui maglie

variano a seconda del tipo di proteine da separare, è il vero gel di

separazione. Un volume di estratto proteico è stato mescolato a metà

volume di "Laemmli sample buffer" (Tris HCl 0,25 M pH 6,8, SDS

20%, glicerolo 10%, 2-beta-mercaptoetanolo 5%, blu di bromofenolo

(51)

per favorire l'azione dell'SDS e del 2b-mercaptoetanolo, sono stati fatti

raffreddare e caricati sul gel. Al termine della corsa, la massa delle

proteine è determinata per confronto con la relativa mobilità delle

proteine standard.

2.4 Immunoblotting

Le proteine sono state trasferite dal gel alla nitrocellulosa mediante

"Western blotting". Il foglio di nitrocellulosa è stato posto a contatto con

il gel in un tampone di trasferimento (blotting buffer: Tris 50 mM,

glicina 4 mM, metanolo 20%) ed è stata effettuata una seconda

elettroforesi perpendicolare al gel (50 mA costanti per 2 ore). Al termine

dell'elettroblotting, l'avvenuto trasferimento delle proteine su

nitrocellulosa è stato controllato mediante la colorazione a base di Rosso

Ponceau. Quindi la nitrocellulosa è stata tagliata a strisce di 5 mm di

spessore e la residua capacità di assorbimento del supporto è stata

saturata con 5% latte in polvere magro in TBS 1X (Tris 10 mM, NaCl

150 mM pH 7,4). Lo stesso tampone è stata usato per diluire i sieri o gli

anticorpi purificati ed il secondo anticorpo marcato. Le strisce di

(52)

CM e con sieri di soggetti di controllo diluiti 1/250 in TBS, 5% FCS,

0.05% Tween-20 per tutta la notte a + 4 °C, in agitazione.

Al termine del periodo di incubazione sono stati effettuati tre lavaggi con

TBS 0.1% Tween-20 (T-TBS) e le strisce sono state incubate con un

anticorpo anti-human IgG marcato con Perossidasi di Rafano e poste in

agitazione a RT per 3 ore.

2.5 Chemiluminescenza

L'avvenuta reazione è stata evidenziata mediante chemiluminescenza

incubando le strisce con un substrato a base di luminolo e acquisendo la

luminescenza emessa mediante una fotocamera digitale (sistema di

acquisizione dell'immagine Versadoc 1000 - Biorad)

In ogni esperimento, oltre ai controlli negativi è stato inserito anche un

controllo positivo costituito da un anticorpo monoclonale

anti-alfa-enolasi.

La positività dei sieri è stata ottenuta grazie al confronto con la reattività

(53)

Risultati

3.1 Analisi della casistica clinica

Sono stati esaminati i dati clinici di un gruppo di 100 pazienti con

diagnosi di crioglobulinemia mista e positività per il virus HCV.

La distribuzione per sesso è la seguente:

maschi : 15% femmine : 85%

E’ stata fatta quindi una distribuzione dei pazienti in base agli elementi

clinici predominanti nel decorso della malattia.

Gli elementi presi in esame sono i seguenti :

- porpora - astenia - artralgie/artrite - interessamento epatico - interessamento renale - ipertensione arteriosa

(54)

- interessamento del sistema nervoso periferico (parestesie/disestesie)

- sindrome sicca

- fenomeno di Raynaud

- interessamento tiroideo

- ulcere agli arti inferiori

- linfoproliferazione/linfoma

I risultati ottenuti sono riportati nel grafico sottostante.

83 66 74 70 26 58 65 46 23 15 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 porpora astenia artralgie fegato rene ipertensione SNP s.sicca f.Raynaud tiroide

Dal grafico si può dedurre che l’elemento clinico predominante nella

(55)

rappresentato il segno d’esordio più frequente assieme alle artralgie e

all’astenia configurando la classica triade nella metà dei pazienti.

Molto importante è l’interessamento epatico che ricorre in circa il 70%

dei pazienti. In 54 pazienti, i valori di transaminasi sono pari al doppio

del normale; in 16 i valori di transaminasi sono 3-4 volte maggiori

rispetto al normale.

In 19 pazienti è stata eseguita una biopsia epatica che ha dimostrato

epatite cronica persistente in 12, cronica attiva in 5 e cirrosi in 2.

Ben rappresentato è anche l’interessamento del sistema nervoso

periferico (65%) che si presenta clinicamente come parestesie soprattutto

a mani e piedi. Nella maggior parte dei casi risulta confermato dalla

positività dello studio di velocità di conduzione del nervo. E’

prevalentemente se non esclusivamente la componente sensitiva del

nervo ad essere coinvolta.

In circa un quarto dei pazienti (22/100), si ha un coinvolgimento renale

più o meno importante.

Nell’interessamento renale, sono stati inclusi i pazienti con valori di

(56)

I valori di creatininemia si attestano in un range tra 1.4 mg % e 3.1 mg%

mentre i valori della proteinuria nelle 24 ore tra 0.2 g e 1.4 g. In 4

pazienti è stata eseguita biopsia renale che ha dimostrato una

glomerulonefrite membranoproliferativa.

Da non sottovalutare inoltre è la percentuale (58%) dei pazienti con

ipertensione arteriosa. Quest’ultima può far parte del quadro della

nefropatia oppure essere un’entità indipendente dall’interessamento

renale.

E’ stata anche indagata l’associazione con due patologie particolarmente

frequenti nel campo dell’immunologia clinica: la sindrome sicca ed il

fenomeno di Raynaud.

La sindrome sicca si presenta in una buona percentuale (46%) di pazienti

mentre il fenomeno di Raynaud è più scarsamente rappresentato (23%).

Nel coinvolgimento tiroideo, sono state riportate le seguenti patologie :

- gozzo multinodulare : 8/15 - nodulo tiroideo solitario : 3/15 - tiroidite di Hashimoto : 2/15 - ipotiroidismo : 2/15

(57)

E’ stata esaminata inoltre la presenza di altre manifestazioni cliniche

come le ulcere (localizzate prevalentemente agli arti inferiori), artriti,

linfoproliferazione fino ad un vero e proprio linfoma.

Le ulcere sono state riportate in 15 pazienti, segni di franca artrite in 6

pazienti, segni di linfoproliferazione in 3 pazienti mentre 7 pazienti

hanno sviluppato un linfoma nel decorso della malattia.

Nel gruppo di pazienti che hanno sviluppato un linfoma, si è trattato di

linfoma Non Hodgkin a basso grado e in un caso di linfoma cutaneo.

3.2 Ricerca di anticorpi anti-enolasi

Abbiamo misurato gli anticorpi anti-alfa enolasi nei sieri di 22 dei 100

pazienti mediante immunoblot su un estratto di rene umano e su

alfa-enolasi ricombinante.

Complessivamente sono risultati positivi 10/22 sieri (45.4%).

Dei 10 sieri positivi per anti-enolasi, 1 reagiva sia con l’enolasi da

estratto renale sia con l’enolasi ricombinante, 4 solo con l’enolasi da

(58)

In 6/22 pazienti era presente interessamento renale al momento del

prelievo; 4/6 pazienti hanno anticorpi anti-alfa enolasi.

Anticorpi anti-enolasi sono presenti inoltre in 6 dei 16 senza

interessamento renale. Non esiste quindi associazione tra presenza di

anticorpi anti-enolasi e coinvolgimento renale (χ2 = 1.49, p>0.05)

Per valutare se potesse esistere associazione tra coinvolgimento renale e

forma di enolasi riconosciuta (ricombinante vs. estrattiva) abbiamo

suddiviso ulteriormente i pazienti.

Dei 4 con nefrite ed anticorpi anti-enolasi, 2 reagivano con l’alfa enolasi

ricombinante, 1 con l’enolasi da rene ed 1 con entrambe. Dei 6 pazienti

senza nefrite, 3 riconoscevano l’enolasi ricombinante e 3 l’enolasi da

rene.

Tali risultati suggeriscono che non c’è associazione tra presenza di

nefrite e la forma di enolasi riconosciuta dagli anticorpi.

Di interesse appare, invece, la possibile associazione con forme

linfoproliferative: 3/22 pazienti presi in esame risultavano affetti da

linfoma e tutti presentavano anticorpi anti-alfa enolasi. La bassa

(59)

ma i risultati ottenuti suggeriscono un’associazione, da confermare con

(60)

Discussione

La casistica di CM da noi studiata è paragonabile, dal punto di vista

epidemiologico e per quanto concerne il tipo e la frequenza

dell’interessamento d’organo e delle differenti manifestazioni cliniche

con quanto riportato in letteratura.

L’incidenza della porpora, delle artralgie, dell’interessamento epatico,

dell’interessamento del sistema nervoso e l’associazione con la sindrome

sicca ed il fenomeno di Raynaud sono del tutto simili a quanto descritto

in altri lavori in cui la numerosità dei pazienti sia simile. Leggermente

inferiore appare invece la frequenza di coinvolgimento renale e la

prevalenza di linfoma.

Per quanto riguarda gli aspetti sierologici, alla fine degli anni ’90 è stata

descritta la presenza in sieri di pazienti con CM di anticorpi anti-alfa

enolasi. Mediante esperimenti di immunoblot su estratti tissutali di rene,

tali anticorpi risultarono presenti nel 30% dei pazienti con CM ed

interessamento renale, mentre erano assenti nei pazienti con CM senza

(61)

I risultati ottenuti in questo studio, effettuato su un gruppo indipendente

di pazienti, differiscono dai risultati del lavoro precedente sotto diversi

punti di vista.

La frequenza degli anticorpi anti-enolasi è in questo studio molto più

elevata (45% vs 18%): questo risultato è in parte dovuto all'utilizzo

dell'enolasi ricombinante, non impiegata in precedenza. Alcuni sieri

reagiscono infatti con l'enolasi ricombinante ma non con quella estratta

da tessuto. E' quindi evidente che gli epitopi presenti sulle due molecole

sono almeno in parte distinti.

Le molecole ricombinanti prodotte nei batteri, come l'enolasi

ricombinante impiegata in questo studio, non contengono le modifiche

post-traslazionali presenti sulle proteine "naturali"; possono quindi

esprimere epitopi, non tutti necessariamente lineari ma comunque

dipendenti dalla struttura primaria della proteina, non mascherati dalle

modifiche post-traslazionali.

L'enolasi estratta da tessuti porta invece una serie di queste modifiche

che danno origine a più isoforme (5-7 a seconda dei tessuti) con uguale

peso molecolare e differente punto isoelettrico. La natura delle

modifiche post-traslazionali che generano queste isoforme dell'enolasi

non è ancora stata stabilita, ma è noto che anticorpi presenti nei sieri di

(62)

Studi preliminari indicano che le quantità relative delle varie isoforme

differiscono da soggetto a soggetto: l'uso di tessuto renale di altro

donatore potrebbe avere quindi influenzato il risultato del test,

consentendo di determinare anticorpi in un numero di pazienti più

elevato. Gli anticorpi che sono stati misurati sono però differenti anche

dal punto di vista qualitativo, poiché in questo studio non è stata trovata

una correlazione fra anticorpi anti-enolasi e danno renale. Ulteriori studi

sono quindi necessari per meglio caratterizzare la specificità di questi

anticorpi e sviluppare metodi semplici e riproducibili per la loro misura.

Di interesse appare l'associazione fra presenza di anticorpi anti-enolasi e

malattia linfoproliferativa, che deve essere confermata in una casistica

più ampia di pazienti. Studi di follow-up sarebbero di estremo interesse,

per stabilire se la comparsa di questi anticorpi è temporalmente legata a

segni di linfoproliferazione. La produzione di una nuova specificità

anticorpale potrebbe essere l'espressione di un'attivazione policlonale (se

associata all'aumento di titolo di altri anticorpi) o invece essere

dipendente dall'espansione dei cloni neoplastici.

Nel complesso, possiamo quindi concludere che la determinazione degli

autoanticorpi anti-alfa enolasi può essere utile nel follow-up di pazienti

(63)

reumatoide. Ulteriori studi sono però necessari per chiarirne il valore

(64)

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Figura

Fig. 1.Porpora agli arti inferiori in paziente crioglobulinemico
Fig. 2.Fenomeno di Raynaud con la caratteristica presentazione “a bandiera francese”.
Fig.   3.Glomerulonefrite   crioglobulinemica:   lesioni   membranoproliferative   con   notevole  ipercellularità, aumento di volume e lobulazione glomerulare (in M.O.)
fig. 5.Depositi di C3, prevalentemente sulle anse periferiche (Immunofluorescenza)
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