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LA REVISIONE DEL BILANCIO CONSOLIDATO: IL "CASO" DEL COMUNE DI PISTOIA

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea in Strategia, Management e Controllo

TESI DI LAUREA

LA REVISIONE DEL BILANCIO CONSOLIDATO:

IL “CASO” DEL COMUNE DI PISTOIA

RELATORE

Prof. Gian Piero Renato Conti

CONTRORELATORE

Prof. Alessandro Capodaglio

CANDIDATO

Dott. Francesco Petri

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Indice

INTRODUZIONE ... 3

CAPITOLO I: L’ARMONIZZAZIONE E IL RUOLO DEGLI ENTI LOCALI 1.1 Riferimenti normativi: la legge delega 42/2009 e i decreti attuativi ... 5

1.2 L’armonizzazione e le sue ragioni ... 6

1.3 La contabilità economico-patrimoniale e il piano dei conti integrato ... 8

1.4 Il periodo di sperimentazione e le principali difficoltà emerse ... 11

1.5 Le esternalizzazioni, il ruolo dell’ente locale e alcune criticità ... 14

1.6 La governance e l’ente locale ... 17

CAPITOLO II: IL BILANCIO CONSOLIDATO 2.1 Il bilancio consolidato e la sua evoluzione normativa ... 23

2.2 Le funzioni, le finalità e i destinatari del bilancio consolidato ... 25

2.3 Le tappe per la redazione del bilancio consolidato ... 28

2.3.1 Il Gruppo Amministrazione Pubblica e l’area di consolidamento ... 30

2.3.2 Rettifiche di pre-consolidamento: uniformità formale, sostanziale e temporale ... 36

2.3.3 Eliminazione delle operazioni infragruppo ... 38

2.3.4 Aggregazione dei conti: integrazione globale, proporzionale e del patrimonio netto ... 40

2.3.5 Stato patrimoniale, conto economico e relazione sulla gestione ... 42

2.3.6 La relazione dei revisori, l’approvazione e la diffusione del bilancio consolidato ... 46

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CAPITOLO III: IL “CASO PISTOIA”

3.1 Premessa ... 52

3.2 Il gruppo amministrazione pubblica e l’area di consolidamento ... 53

3.2.1 Il “caso” Publiservizi a l’area di consolidamento a “maglia larga” ... 56

3.2.2 Limitazioni al principio della comparabilità ... 58

3.3 Verifica dell’uniformità formale, sostanziale e temporale dei bilanci ... 61

3.4 La scelta del metodo di consolidamento ... 63

3.5 Eliminazione ed elisione delle operazioni infragruppo ... 65

3.5.1 Il software e la contabilità economico-patrimoniale ... 68

3.6 La rettifica dei bilanci delle società appartenenti all’area di consolidamento ... 70

3.7 Conto Economico e Stato Patrimoniale consolidati ... 75

3.8 Riclassificazione e analisi di bilancio ... 81

3.9 La Relazione sulla Gestione e la Nota Integrativa ... 88

3.10 La Relazione dei Revisori e l’approvazione del bilancio ... 91

CONCLUSIONI ... 94

BIBLIOGRAFIA ... 96

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INTRODUZIONE

Dall’inizio degli anni ’90 ad oggi i Comuni hanno esternalizzato molti dei servizi pubblici locali che prima gestivano ed erogavano in maniera diretta attraverso le gestioni in economia con lo scopo di creare maggiore efficienza e controllabilità delle attività stesse. Questo processo ha portato nel corso degli anni alla creazione di migliaia di società partecipate.

Nel documento del 7 agosto 2014, dell’allora commissario alla revisione della spesa pubblica Carlo Cottarelli, denominato “Programma di razionalizzazione delle partecipate locali”, sono state stimate 10 mila società partecipate dagli enti locali.

Gli enti pubblici tradizionali sono stati quindi sottoposti ad una vera e propria trasformazione radicale.

Riprendendo una definizione utilizzata da Luca Anselmi, possiamo configurare i Comuni come delle vere e proprie “holding”, a cui fanno capo innumerevoli società; ai Comuni rimangono solo i poteri di indirizzo e controllo esercitati nei confronti delle società partecipate con il fine di soddisfare pienamente le esigenze e i bisogni dei cittadini. (2. Anselmi, 2014, p. 43)

È in questo contesto che bisogna andare a riflettere su un elemento di accountability per eccellenza, ovvero il rendiconto del Comune, che ha tra le sue funzioni quella di poter permettere anche al singolo cittadino di verificare l’operato del Comune stesso. Una verifica che negli ultimi anni, attraverso il succitato processo di esternalizzazione, sta diventando sempre più difficile da effettuare poiché nel bilancio dell’ente troviamo solo le operazioni direttamente svolte dall’ente stesso e il valore delle partecipazioni nelle varie società e non tutte le informazioni contabili di riferimento.

L’evoluzione normativa introdotta dalla legge n°42 del 2009 di “Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della costituzione” ha dato inizio ad una vera e propria rivoluzione nell’ordinamento contabile degli enti pubblici. È stato poi uno dei decreti attuativi della legge delega, il decreto legislativo n°118 del 23 giugno 2011 recante “disposizioni in

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materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi”, a legiferare il nuovo sistema contabile delle Regioni e degli enti locali. Questo decreto attuativo ha anche previsto, tra le altre cose, l’obbligo di redigere il bilancio consolidato da parte degli enti, in modo tale da poter supplire alla carenza informativa del rendiconto e a dare una rappresentazione più completa di tutta l’attività svolta dall’ente. Dopo aver esposto il quadro normativo di riferimento e le novità introdotte dalla riforma, si presenteranno le problematiche applicative e di revisione del bilancio consolidato riscontrate nel “caso” del Comune di Pistoia, uno dei Comuni cosiddetti “sperimentatori”.

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CAPITOLO I:

L’ARMONIZZAZIONE E IL RUOLO DEGLI ENTI LOCALI

1.1 Riferimenti normativi: la legge delega 42/2009 e i decreti attuativi

La legge delega n°42 del 5 maggio 2009 ha dato il via alla riforma del nuovo ordinamento finanziario e contabile degli enti locali, con la finalità di attuare l’articolo 119 della Costituzione in merito “all’autonomia finanziaria e di spesa” e “all’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione Europea”.

In seguito alla delega concessa al governo, alla data in cui scriviamo, sono stati emanati 11 decreti attuativi (tavola 1.1):

1) D.lgs. n°85/2010 sul “federalismo demaniale”; 2) D.lgs. n°156/2010 riguardante Roma Capitale;

3) D.lgs. n°216/2010 relativo alla determinazione dei fabbisogni standard; 4) D.lgs. n°23/2011 sul “federalismo municipale”;

5) D.lgs. n°68/2011 sul federalismo regionale;

6) D.lgs. n°88/2011 sulla perequazione infrastrutturale;

7) D.lgs. n°118/2011 sull’armonizzazione dei sistemi contabili e dei bilanci delle Regioni, delle Province e degli enti locali;

8) D.lgs. n°149/2011 relativo ai “meccanismi sanzionatori e premiali relativi a Regioni, Province e Comuni”;

9) D.lgs. n°61/2012 recante ulteriori disposizioni in materia di ordinamento di Roma Capitale;

10) D.lgs. n°51/2013 recante ulteriori disposizioni in materia di ordinamento di Roma Capitale;

11) D.lgs. n°126/2014 inerente a "Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118”.

Ai fini del nostro elaborato ci concentreremo sul decreto legislativo in materia di armonizzazione dei sistemi contabili (D.lgs. 118/2011) e le successive modifiche e integrazioni sancite dal D.lgs. 126/2014.

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1.2 L’armonizzazione e le sue ragioni

L’armonizzazione del nuovo ordinamento contabile e finanziario nasce con la finalità di rendere omogenei, e quindi confrontabili, i bilanci delle Pubbliche Amministrazioni sia in senso orizzontale, tra enti appartenenti alla solita categoria (ad es. tra più Comuni), che in senso verticale tra amministrazioni di livelli diversi tra loro (ad es. Comuni e Regioni).

L’armonizzazione dei sistemi contabili fa inoltre parte del più grande processo di riforma del federalismo fiscale e dell’appartenenza del nostro paese all’Unione

LEGGE DELEGA

N°42/2009

Armonizzazione dei sistemi contabili n°118/2011 n° 126/2014 Federalismo regionale n° 68/2011 Perequazione infrastrutturale n° 88/2011 Sanzioni e premi n° 149/2011 Roma Capitale n° 156/2010 n° 61/2012 n° 51/2013 Federalismo demaniale n°85/2010 Fabbisogni standard n° 216/2010 Federalismo municipale n° 23/2011 Tavola 1.1: I decreti attuativi della legge delega n°42 del 2009

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Europea e all’Unione Economica e Monetaria. L’appartenenza all’Unione impone infatti di realizzare un coordinamento delle politiche economiche e di bilancio a livello europeo, rispettando una serie di parametri economici e finanziari.

Questo coordinamento può essere effettuato in maniera efficiente ed efficace solamente se in possesso di un sistema di contabilità pubblica che riesca a coprire in modo uniforme, omogeneo e completo tutti i sotto-settori dell’amministrazione pubblica.

Prima dell’armonizzazione trovavamo, a seconda dei livelli istituzionali di riferimento, più sistemi contabili e di bilancio. Gli enti locali avevano un’imputazione esclusivamente per competenza finanziaria, le Regioni e lo Stato un’imputazione per competenza e per cassa, e i principi dell’Osservatorio sulla finanza e contabilità guidavano le sole rilevazioni degli enti locali.

L’armonizzazione, per riuscire nel suo scopo, va ad agire lungo 4 direttrici. Queste direttrici sono:

- l’adozione di schemi di bilancio;

- l’affiancamento ai fini conoscitivi di una contabilità economico-patrimoniale; - l’utilizzo di principi contabili uniformi;

- l’adozione di un piano dei conti integrato per superare le diversità tra competenza giuridico-autorizzatoria, economica e per cassa. (4. Cavallini, 2014, p. 11-14)

La corretta applicazione di tutti i principi consentirà di: • conoscere i debiti effettivi delle amministrazioni pubbliche; • evitare l’accertamento di entrate future e di impegni inesistenti; • rafforzare la programmazione di bilancio;

• favorire la modulazione dei debiti secondo gli effettivi fabbisogni; • avvicinare la competenza finanziaria a quella economica.

(12. www.rgs.mef.gov.it, ultima consultazione: 29.04.2017)

Il nuovo ordinamento contabile dovrebbe porre rimedio anche ad altre criticità che si manifestavano molto spesso nei bilanci e nella gestione degli enti, come un’elevata presenza di residui attivi attinenti a gestioni precedenti e quindi di

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dubbia esigibilità, che consentivano agli enti di avere un attivo maggiore e di consentire avanzi di amministrazione più elevati grazie all’ausilio di questa voce.

1.3 La contabilità economico-patrimoniale e il piano dei conti integrato

La riforma introdotta dal Decreto 118/2011 sull’armonizzazione ha previsto, all’art. 2, per le Regioni e per gli enti locali un affiancamento, ai fini conoscitivi, di una contabilità economico-patrimoniale alla contabilità finanziaria in maniera tale da garantire la rilevazione unitaria dei fatti gestionali sia sotto il profilo finanziario che sotto il profilo economico-patrimoniale.

Queste disposizioni, volte per l’adozione di sistemi contabili omogenei, valgono anche per le istituzioni, gli enti e gli altri organismi strumentali.

La previsione della contabilità economica e patrimoniale trova poi conferma in più articoli del Testo Unico degli Enti Locali (D.lgs. 267/2000) che hanno recepito il D.lgs. 118. Ad esempio la troviamo all’art. 151, comma 4, dove si prevede che il sistema contabile dell’ente locale garantisca la rilevazione unitaria dei fatti gestionali sotto il profilo finanziario, economico e patrimoniale, attraverso l'adozione:

“a) della contabilità finanziaria, che ha natura autorizzatoria e consente la rendicontazione della gestione finanziaria;

b) della contabilità economico-patrimoniale ai fini conoscitivi, per la rilevazione degli effetti economici e patrimoniali dei fatti gestionali e per consentire la rendicontazione economico e patrimoniale”.

La contabilità economica e patrimoniale è disciplinata, oltre che dal TUEL e dal Decreto armonizzazione sopra richiamati, anche dal principio contabile generale n°17 della competenza economica e dal principio contabile applicato n°3. (1. Cavallini, 2014, p. 57)

Il fatto che si preveda espressamente una rilevazione “unitaria” e ai “fini conoscitivi” della contabilità economico-patrimoniale segna un profondo cambiamento con il passato, quando la maggior parte degli enti riclassificavano ex-post i valori finanziari in poste economico-patrimoniali ai soli scopi della

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rendicontazione. Adesso gli enti per poter ottemperare al nuovo ordinamento contabile devono movimentare congiuntamente e simultaneamente sia i conti del piano finanziario che quelli del piano economico e patrimoniale.

Questa rilevazione unitaria passa anche attraverso l’adozione di un piano dei conti integrato, articolato in piano dei conti finanziario, economico e patrimoniale come previsto dall’art. 157, comma 1-bis del TUEL. Lo stesso articolo prevede a tal fine l’utilizzo di uno schema previsto dall’Allegato 6 al D.lgs. 118.

Non possiamo considerare la contabilità economica-patrimoniale prevista dal processo di armonizzazione, una sorta di contabilità analoga a quella civilistica effettuata attraverso il metodo della partita doppia, poiché l’armonizzazione mantiene in capo alla contabilità finanziaria la funzione giuridica autorizzatoria e di rendicontazione dei risultati della gestione finanziaria, e identifica la contabilità economico-patrimoniale solamente come di affiancamento a quella finanziaria.

Il principio contabile applicato, concernente la contabilità economico e patrimoniale degli enti in contabilità finanziaria (Allegato 4/3 al D.lgs.118/2011), identifica nella contabilità economica e patrimoniale il fine di:

“- predisporre il conto economico per rappresentare le ‘utilità economiche’ acquisite ed impiegate nel corso dell'esercizio, anche se non direttamente misurate dai relativi movimenti finanziari, e per alimentare il processo di programmazione;

- consentire la predisposizione dello stato patrimoniale (e rilevare, in particolare, le variazioni del patrimonio dell'ente che costituiscono un indicatore dei risultati della gestione);

- permettere l'elaborazione del bilancio consolidato di ciascuna amministrazione pubblica con i propri enti e organismi strumentali, aziende e società; - predisporre la base informativa necessaria per la determinazione analitica dei costi;

- consentire la verifica nel corso dell'esercizio della situazione patrimoniale ed economica dell'ente e del processo di provvista e di impiego delle risorse;

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- conseguire le altre finalità previste dalla legge e, in particolare, consentire ai vari portatori d'interesse di acquisire ulteriori informazioni concernenti la gestione delle singole amministrazioni pubbliche”.

Il principio della competenza economica consente di imputare a ciascun esercizio costi/oneri e ricavi/proventi, indipendentemente dalla loro manifestazione finanziaria.

La competenza economica dei costi e dei ricavi direttamente conseguenti a operazioni di acquisti e vendite nel mercato è riconducibile al principio contabile n. 11 dell'Organismo Italiano di Contabilità (OIC), che stabilisce che “l'effetto delle operazioni e degli altri eventi deve essere rilevato contabilmente ed attribuito all'esercizio al quale tali operazioni si riferiscono e non a quello in cui si concretizzano i relativi movimenti di numerario (incassi e pagamenti)”. I proventi correlati all’attività istituzionale sono di competenza economica dell'esercizio in cui è stato completato il processo attraverso il quale sono stati prodotti i beni (o erogati i servizi) dall'amministrazione pubblica, e l'erogazione del bene (o del servizio) è avvenuta. L’erogazione del bene o del servizio si considera effettuata quando si concretizza il passaggio sostanziale del titolo di proprietà del bene, oppure i servizi sono stati resi.

Per gli oneri derivanti dall’attività istituzionale, il principio della competenza economica si realizza:

“ - per associazione di causa ad effetto, effettuata analiticamente e direttamente o sulla base di assunzioni del flusso dei costi, tra costi ed erogazione di servizi o cessione di beni realizzati. L'associazione può essere effettuata analiticamente e direttamente o sulla base di assunzioni del flusso dei costi;

- per ripartizione dell’utilità o funzionalità pluriennale su base razionale e sistematica, in mancanza di una più diretta associazione. Tipico esempio è rappresentato dal processo di ammortamento;

- per imputazione diretta di costi al conto economico dell'esercizio perché' associati a funzioni istituzionali o al tempo, ovvero perché' sia venuta meno l’utilità o la funzionalità del costo”. (Allegato 4/3, D.lgs. 118/2011)

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La contabilità economica e patrimoniale è anche un elemento essenziale per poter successivamente andare ad effettuare il consolidamento dei conti all’interno del gruppo pubblico, e la redazione del bilancio consolidato. (4. Cavallini, 2014, pp. 60-61)

Per questo motivo, come già detto precedentemente, la tenuta della contabilità economico-patrimoniale è prevista anche per le istituzioni e per gli enti e organismi strumentali dell’amministrazione pubblica di cui fanno parte.

1.4 Il periodo di sperimentazione e le principali difficoltà emerse

Prima dell’entrata in vigore di questa riforma, e quindi del passaggio al nuovo ordinamento contabile, il legislatore ha previsto un periodo cosiddetto “di sperimentazione” di questi nuovi principi in cui gli enti locali aderenti alla sperimentazione si sarebbero fatti carico di applicarli.

L’approccio che adotta per la prima volta il legislatore è, come scrive Cavallini, un approccio di natura “bottom up”, ovvero dal basso verso l’alto, anziché un approccio tradizionale “top down” (dall’alto verso il basso) utilizzato nelle precedenti riforme. (4. Cavallini, 2014, p. 77)

Il periodo di sperimentazione è iniziato nel 2012, ed è stato ideato con l’intento di poter far emergere eventuali difficoltà tecniche e applicative della nuova riforma.

Il processo sperimentale è stato previsto al comma 1, dell’art.36, della prima versione del D.lgs. 118/2011, il quale recitava:

“al fine di verificare l'effettiva rispondenza del nuovo assetto contabile definito dal presente decreto alle esigenze conoscitive della finanza pubblica e per individuare eventuali criticità del sistema e le conseguenti modifiche intese a realizzare una più efficace disciplina della materia, a decorrere dal 2012 è avviata una sperimentazione, della durata di due esercizi finanziari, riguardante l'attuazione delle disposizioni di cui al titolo I, con particolare riguardo all'adozione del bilancio di previsione finanziario annuale di competenza e di cassa, e della classificazione per missioni e programmi di cui all'articolo 33”.

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Il secondo comma rimandava la regolamentazione della modalità di sperimentazione ad un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM 28 dicembre 2011) da adottare entro 120 giorni dall’entrata in vigore del decreto 118/2011.

Sempre lo stesso DPCM avrebbe anche individuato “un sistema premiante, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, a favore delle amministrazioni pubbliche che partecipano alla sperimentazione”. (art. 78, comma 8, D.lgs. 118/2001)

Bisogna inoltre aggiungere che la sperimentazione, inizialmente prevista per il biennio 2012-2013, è stata estesa, con l'art. 9, comma 1, lettera a) del Decreto Legge 102/2013, anche all’esercizio 2014.

Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 dicembre 2011 ha individuato, sulla base di criteri che tengono conto della collocazione geografica e della dimensione demografica le amministrazioni coinvolte nella sperimentazione per un totale di 5 Regioni, 12 Province e 54 Comuni, e ha normato le modalità applicative della sperimentazione.

In una delle disposizioni finali del decreto sulla disciplina dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio, proprio per sottolineare la natura sperimentativa e valutativa del nuovo ordinamento, all’art. 24 è stato previsto di comunicare tempestivamente al “Gruppo Bilanci” costituito presso la Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale “le criticità e le difficoltà incontrate nel dare attuazione alle disposizioni concernenti la sperimentazione”. La sperimentazione è iniziata con il coinvolgimento di 71 enti nel 2012, riducendosi a 65 nel 2013 e conclusa nel 2014, arrivandone a coinvolgere circa 400.

La fase di sperimentazione ha consentito di poter apportare diverse modifiche all’impianto originario del 118, modifiche che si sono concretizzate con la formulazione del d.lgs. n. 126/2014 che ha ampiamente rivisitato il testo varato nel 2011. Questo Decreto ha tenuto conto delle criticità emerse nei 3 anni precedenti da parte degli enti sperimentatori.

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Lo stesso decreto ha introdotto l’art. 3-bis al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, che ha previsto la creazione di un’apposita commissione (Commissione ARCONET) a cui sia affidato il compito di promuovere l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio degli enti territoriali e dei loro organismi e enti strumentali. Questa commissione propone anche gli aggiornamenti degli allegati del Decreto 118 che dovranno essere adottati con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze.

La Corte dei Conti sezione delle autonomie, all’interno della delibera 4 del 2015 ha tirato le somme su quello che è stato il triennio di sperimentazione atto a verificare l’effettiva rispondenza del nuovo sistema contabile alle esigenze conoscitive della finanza pubblica.

Attraverso il periodo di sperimentazione sono potute emergere numerose difficoltà applicative. Come riporta la Corte dei Conti, sezione delle autonomie, al punto 3 della delibera 4/2015, quelle principali hanno riguardato:

- i profili organizzativi;

- la carenza di risorse umane professionalmente formate; - l’adeguamento delle procedure informatiche.

Infine, come riportato sempre dalla delibera in questione, “I nodi tecnici, in particolare, hanno riguardato – come del resto era prevedibile – il corretto svolgimento dell’operazione di riaccertamento straordinario dei residui, la costruzione del Fondo svalutazione crediti (ora Fondo crediti di dubbia esigibilità), nonché la determinazione del Fondo pluriennale vincolato. Le difficoltà incontrate nell’adozione dei nuovi schemi di bilancio, sia dagli enti locali che dalle Regioni, hanno riguardato, tra l’altro, le attività di riclassificazione dei capitoli e il loro ‘spacchettamento’; adempimenti, questi, da realizzare con tempestività in quanto propedeutici all’armonizzazione”.

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1.5 Le esternalizzazioni, il ruolo dell’ente locale e alcune criticità

Attraverso il fenomeno delle esternalizzazioni, che, come abbiamo detto in premessa, ha preso il via intorno ai primi anni Novanta, sono cambiati radicalmente i modelli organizzativi e le strutture degli enti locali.

Si è passati dalle innumerevoli gestioni in economia dei servizi, erogati direttamente da parte dell’ente, all’affidamento esterno ad aziende e società controllate dallo stesso ente pubblico. Esternalizzare significa infatti trasferire, mediante contratti o convenzioni, funzioni, servizi e attività strumentali di propria competenza ad altri soggetti.

Questo fenomeno è stato dovuto, in parte alle crescenti necessità di riduzione della spesa pubblica e dal rispetto dei vincoli imposti a livello comunitario, ma anche dal pensiero diffuso che così facendo si potesse migliorare e rendere più efficiente il servizio offerto alla cittadinanza. In questo modo, il controllo e l’indirizzo della gestione da parte dell’ente locale, è risultato più sfumato e più difficile ed è diventata sempre più importante, la parte di pianificazione, di controllo e di rendicontazione dell’operato degli organismi partecipati.

Questo processo di esternalizzazione, coincide con un altro processo di riforma, che ha investito le amministrazioni pubbliche a partire dagli anni ’90 e chiamato new public management (NPM).

Il framework del NPM permeava molteplici aspetti di matrice aziendale nelle amministrazioni pubbliche, ponendo un’attenzione sempre maggiore al ruolo del management e alle loro responsabilità e autonomie.

I tratti principali di questo fenomeno sono riconducibili ad una: - riduzione della dimensione dei grandi apparati pubblici;

- riduzione del ruolo e dell’intervento pubblico ricorrendo ad estesi processi di privatizzazione di servizi;

- introduzione di logiche competitive;

- possibilità di riconoscere ambiti crescenti di autonomia e responsabilizzazione sia agli enti, sia alla dirigenza;

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- manifestazione di azioni rivolte al contenimento della spesa pubblica, ed alla correlazione, in termini di efficienza ed efficacia, tra risorse impiegate e risultati in una tensione alla valutazione complessiva della performance aziendale. (9. Lazzini, 2008, p. 24-27)

Se incrociamo la dottrina del new public management con il fenomeno delle esternalizzazioni, vediamo come il minimo comune denominatore si riscontra in una maggiore attenzione al controllo della spesa pubblica, in una crescente attenzione ai risultati in termini di efficacia e di efficienza, e in una responsabilità volta al soddisfacimento dei bisogni dei cittadini.

È in questo contesto che l’ente locale ha assunto nei confronti dei soggetti partecipati, 3 ruoli fondamentali come quelli di:

- azionista;

- titolare dei servizi;

- pubblica amministrazione.

Nello specifico, il primo ruolo identifica il Comune come promotore delle linee di indirizzo da attuare per poter raggiungere determinati obiettivi atti a soddisfare le attese degli stakeholder, bilanciandole con buoni livelli di efficienza produttiva e di economicità.

L’ente, deve inoltre farsi promotore della creazione di sinergie tra le varie partecipate, in maniera tale da creare vantaggi e benefici per tutto il gruppo. Il secondo ruolo, quello di titolare dei servizi, corrisponde al controllo da parte dell’ente locale della qualità, dell’efficienza dei servizi erogati e al controllo dei risultati in termini di obiettivi e standard prefissati.

Infine il ruolo di pubblica amministrazione identifica nell’ente la responsabilità che detiene nei confronti di tutta la collettività amministrata. (4. Cavallini, 2014, p. 371)

Questo quadro generale, ci spiega perché sia diventato importantissimo, introdurre uno strumento contabile in grado di poter racchiudere tutte le operazioni e le informazioni dei vari organismi partecipati in un unico documento, in maniera tale da poter avere un’ottica completa di quelli che sono i risultati conseguiti dalla gestione. Questo strumento, in grado di far sintesi della

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situazione economica, patrimoniale e finanziaria, si identifica proprio nel bilancio consolidato. Oltre alla sintesi dei risultati raggiunti, il bilancio consolidato, ha anche un intento di prevenire o contenere i fenomeni elusivi dei vincoli di finanza pubblica.

Da alcuni anni infatti, la gestione delle società partecipate da parte degli enti territoriali, che costituisce un nodo cruciale nel coordinamento della finanza pubblica, è al centro dei controlli della Corte dei Conti.

Nella deliberazione N. 15/SEZAUT/2014/FRG è sottolineato che l’esternalizzazione dei servizi e delle attività attraverso la costituzione di società od enti partecipati, non sempre risponde ad esigenze di definizione di nuovi assetti organizzativi e gestionali, ma corrisponde piuttosto ad una risposta per far fronte alle criticità derivanti dal rispetto degli obblighi comunitari in tema di finanza pubblica.

La Corte dei Conti ha infatti individuato le seguenti criticità:

“a) l’espansione delle spese per il personale impiegato presso i principali organismi partecipati, per effetto dell’aumento del numero dei dipendenti e dei relativi costi;

b) l’aumento delle spese per studi ed incarichi di consulenza; c) l’incremento dei compensi percepiti dagli amministratori; d) la diffusa presenza di società i cui bilanci chiudono in perdita;

e) l’elevato livello di indebitamento, in alcuni casi interamente riferito a posizioni debitorie verso l’ente controllante;

f) la carenza di interventi di carattere strutturale, con riferimento al versamento a copertura delle perdite;

g) l’omessa esplicitazione, nei singoli statuti o nelle leggi regionali, dei poteri di indirizzo, verifica e coordinamento spettanti agli enti proprietari;

h) la perdurante inerzia delle amministrazioni a dar corso alle verifiche in ordine al mantenimento delle partecipazioni non ‘strettamente necessarie’; i) la forte dipendenza degli organismi dalle Regioni partecipanti”.

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1.6 La governance e l’ente locale

La governance è un tema molto importante nelle aziende private dove già da alcuni anni sta ricevendo un peso e un’attenzione sempre più rilevante.

La governance aziendale (o corporate governance), riprendendo la definizione di G. Romano, “identifica un articolato complesso di regole, relazioni, ruoli e funzioni che lega i soci, le strutture di vertice e gli altri attori aziendali, concorrendo a determinare i caratteri di struttura e di funzionamento delle aziende e, in ultima istanza, le sue performance. Essa è il risultato di norme e tradizioni, di comportamenti e consuetudini, generati nei singoli sistemi industriali nell’ambito delle tradizioni giuridiche e culturali sviluppate nei diversi paesi e che hanno giustificato, sinora, il mantenimento di alcune sostanziali diversità nei modelli di governo e controllo aziendale di fatto adottati”. (3. Bianchi Martini, Romano, Di Stefano, 2006, p. 11)

Il tema della governance si sta sviluppando e sta diventando sempre più rilevante anche in ambito pubblico, in virtù degli importanti processi di esternalizzazione e di crescita dei livelli di governo, a cui sono stati sottoposti in questi ultimi anni i nostri enti. La crescita dei soggetti e delle società partecipate appartenenti al gruppo pubblico, ha creato infatti un crescente problema di coordinamento e di gestione dell’ente in senso lato. Questo coordinamento, per essere effettuato nella maniera corretta, necessita di un inevitabile sistema di regole, relazioni, ruoli e funzioni.

Vediamo quindi che anche la governance di un ente locale si può ricondurre alla definizione di corporate governance sopra richiamata.

In un gruppo pubblico locale, l’attore per eccellenza a cui viene attribuito il ruolo di coordinatore è l’ente locale. L’ente locale, a differenza di un gruppo aziendale privato, deve sempre agire secondo trasparenza, correttezza ed equità, in maniera tale da tutelare anche tutti gli interessi della diversissima platea degli stakeholder. La sua governance, consiste nell’individuare gli organi istituzionali di proprietà, di amministrazione, di controllo, dei loro compiti, delle loro responsabilità, e infine dei rapporti interorganici. L’ente capogruppo deve poi indicare alle varie società e soggetti partecipati, le strategie da seguire per raggiungere adeguati

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livelli di economicità, efficienza, efficacia e qualità dei servizi. Dovrà infine rendicontare le attività e i risultati raggiunti ai propri cittadini. Il raggiungimento di un adeguato livello di governance è collegato alla capacità dell’ente di organizzare una chiara e unitaria strategia di gruppo, assieme ad un forte complesso di legami e collaborazioni.

Nei fatti e operativamente parlando, una buona parte degli enti agisce in maniera non strutturata e non formalizzata, senza avvalersi di una vision e una strategia di gruppo adeguata. (10. Pozzoli, Gori, Fissi, 2015, pp. 88-87)

Nel diritto commerciale, affinché si possa parlare di gruppo aziendale, si devono presentare congiuntamente 3 condizioni:

1) Esistenza di una pluralità di imprese;

2) Controllo diretto o indiretto, da parte di un unico soggetto economico; 3) Unità di indirizzo.

L’unità di indirizzo si realizza tramite una direzione economica unitaria. (8. Montrone, 2000, p.11)

Le prime due condizioni sono facilmente individuabili, e sono inoltre necessarie ma non sufficienti a garantire che si possa parlare di gruppo aziendale. È la terza condizione, quella che assume più rilevanza e quella a cui dobbiamo guardare con più attenzione, perché solo in presenza di una strategia e un indirizzo di gruppo unitario e condiviso si può parlare di gruppo aziendale.

Tornando ai gruppi pubblici locali, che per definirli possiamo riprendere la definizione dei gruppi aziendali esposta antecedentemente, vale la pena soffermarci un attimo sulla loro genesi e sul loro sviluppo.

Come abbiamo già richiamato, i gruppi pubblici locali sono nati e cresciuti con il processo di esternalizzazione posto in essere dai vari enti locali. Questo processo di esternalizzazione e di crescita degli organismi partecipati, ha portato alla creazione di veri e propri gruppi di tipo conglomerato.

All’interno di questi gruppi infatti, si trovano entità estremamente eterogenee, che vanno dall’erogazione di servizi pubblici locali di natura economica, a servizi commerciali (che operano guardando al conseguimento di profitti), passando da servizi privi di rilevanza economica (che operano senza avere come

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finalità il conseguimento di un profitto ma solamente una finalità di tipo sociale) e dai servizi strumentali. (10. Pozzoli, Gori, Fissi, 2015, pp. 89)

I gruppi pubblici locali sono cresciuti molto spesso senza che venisse rispettata la condizione di unità di indirizzo. Tutto ciò ha portato ad avere dei grandi gruppi senza un efficace, efficiente e strutturato modello di governance.

In quest’ottica, facciamo adesso un breve richiamo ai 3 modelli di governance che possiamo individuare nei gruppi pubblici locali.

Questi 3 modelli di governance sono rispettivamente: - il modello tradizionale;

- il modello specialistico; - il modello innovativo.

Il modello tradizionale (tavola 1.2) si caratterizza per una direzione divisa e frammentata, in cui ogni azienda partecipata fa riferimento ad un interlocutore specifico.

Ad esempio, l’associazione teatrale, si trova ad interfacciarsi con gli uffici comunali attinenti al servizio della cultura che fanno capo all’assessorato alla cultura, mentre la società di trasporto pubblico urbano, fa riferimento alle

GIUNTA COMUNALE ASSESSORATO ALL’AMBIENTE ASSESSORATO ALLA MOBILITA’ ASSESSORATO ALLA CULTURA SERVIZIO AMBIENTE SERVIZIO TRASPORTO

URBANO

SERVIZIO CULTURA

SOCIETA’ “A” DI IGIENE AMBIENTALE

SOCIETA’ “B” DI TRASPORTO

PUBBLICO URBANO ASSOCIAZIONE

TEATRALE

Fonte: 10. Pozzoli, Gori, Fissi, 2015, p. 94

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strutture attinenti al servizio trasporto urbano che a sua volta dipendono dall’assessorato alla mobilità. Questo tipo di governance, fa sì che l’organo politico ed esecutivo (la giunta comunale), si avvalga di strutture diverse a seconda delle aree di attività in cui operano le partecipate. Tutto ciò fa sì che la gestione unitaria risulti molto più difficoltosa e più frammentata.

Per quanto riguarda il modello specialistico, questo, a differenza del precedente, prevede l’implementazione di una specifica unità organizzativa che si occupi della cura e della gestione dei rapporti con i soggetti partecipati (tavola 1.3). Questa struttura fa capo all’assessorato alle partecipate e agevola notevolmente l’elaborazione e l’attuazione di strategie unitarie di gruppo, assieme ad un efficace ed efficiente sistema di pianificazione, gestione e controllo di tutti gli organismi partecipati.

Infine il modello innovativo prevede che le funzioni di indirizzo e coordinamento delle aziende partecipate siano attuate da un’apposita società, propria delle realtà aziendali, a cui sia affidato l’apposito compito di gestire le partecipazioni dell’ente. Questa società si configura come una holding operativa se eroga servizi

Tavola 1.3: Il modello di governance specialistico

GIUNTA COMUNALE ASSESSORATO ALLE PARTECIPATE SERVIZIO TRASPORTO URBANO SERVIZIO AMBIENTE SERVIZIO PIANIFICAZIONE E PROGRAMMAZIONE STRATEGICA SERVIZIO CULTURA SOCIETA’ “A” DI IGIENE AMBIENTALE SOCIETA’ “B” DI TRASPORTO PUBBLICO URBANO ASSOCIAZIONE TEATRALE

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oltre alla mera gestione di tutti i soggetti, in caso contrario si configura come holding finanziaria.

Questa holding comunale fa riferimento, come nel caso del modello specialistico, all’assessorato alle partecipate (tavola 1.4) e agevola notevolmente la gestione economica e finanziaria di tutte le risorse del gruppo.

La holding comunale, d’altro canto, è a tutti gli effetti un soggetto di tipo privatistico, pertanto svolgerà la sua funzione solamente nei confronti delle società di capitali. Questo può portare a problematiche di tipo organizzativo e di coordinamento, nei confronti di tutti quei soggetti che non rispondono direttamente alla holding, ma che fanno sempre riferimento in maniera diretta all’assessorato alle partecipate.

In generale ad oggi, in Italia e in Europa, il modello tradizionale di governance risulta più diffuso nei Comuni di piccola dimensione, mentre quelli di medie e grandi dimensioni, stanno passando dal modello specialistico a quello innovativo. (10. Pozzoli, Gori, Fissi, 2015, pp. 97)

Tavola 1.4: Il modello di governance innovativo

GIUNTA COMUNALE ASSESSORATO ALLE PARTECIPATE HOLDING COMUNALE SPA SOCIETA’ “A” DI IGIENE AMBIENTALE SOCIETA’ “B” DI TRASPORTO PUBBLICO URBANO ASSOCIAZIONE TEATRALE

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I modelli di governance che abbiamo appena visto vanno ad impattare, oltre che sulla gestione dell’ente, anche sul controllo e sulla revisione dell’ente stesso. La revisione delle aziende e delle amministrazioni pubbliche infatti, secondo Marchi, “include l’insieme dei procedimenti di controllo amministrativo, contabile e gestionale realizzati mediante l’analisi e la valutazione dei sistemi di controllo preesistenti e la verifica successiva dei dati utilizzati, delle informazioni prodotte e delle operazioni programmate e attuate”. (5. Marchi, 1997, p. 13) Il controllo amministrativo, contabile e gestionale non sarà identico per tutti e 3 i modelli di governance. Il modello di governance tradizionale, proprio per la sua caratterizzazione data da una direzione divisa e frammentata, può complicare il compito del revisore nella ricerca e nella verifica delle informazioni e delle operazioni svolte, con un inevitabile aumento del rischio di revisione. Dal lato opposto, il modello di governance innovativo, grazie all’unitarietà di funzioni di indirizzo e coordinamento delle aziende partecipate esercitate dalla holding comunale, può consentire un controllo più facilitato e più accurato che porta quindi anche ad una diminuzione del rischio di revisione.

Il rischio di revisione per quanto riguarda l’area contabile si estrinseca nel formulare una decisione finale errata.

Altri organi funzionali al controllo dell’operato dell’ente locale sono le commissioni consiliari. Queste commissioni, si occupano di studi, verifiche, indagini e approfondimenti nelle materie di loro competenza.

Gli enti con molte aziende partecipate, dovrebbero prevedere l’istituzione di una commissione ad hoc, con compiti in materia di vigilanza e controllo sulle aziende partecipate. Anche in questo caso, il lavoro della commissione in un ente che adotta il modello di governance innovativo, dovrebbe essere favorito rispetto al lavoro in un ente dove è adottato il modello di tipo tradizionale.

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CAPITOLO II:

IL BILANCIO CONSOLIDATO

2.1 Il bilancio consolidato e la sua evoluzione normativa

Il bilancio consolidato è, riprendendo la definizione data dal principio numero 17 dell’Organismo Italiano di Contabilità, un “bilancio che espone la situazione patrimoniale e finanziaria e il risultato economico di un gruppo di imprese considerate come un’unica impresa, superando così le distinte personalità giuridiche delle imprese del gruppo”.

Come abbiamo già accennato nella premessa, il bilancio consolidato è quindi uno strumento che consente, tra le altre cose, di avere un’ottica allargata a tutte le attività effettuate da un ente e dalle sue società partecipate, in un certo arco temporale.

La sua adozione obbligatoria nei gruppi di società private risale al D.lgs. 127/1991 che recepiva le due direttive europee (la IV e la VI). Per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione e gli enti locali, il bilancio consolidato è stato previsto, anche se in maniera del tutto volontaria, con il D.lgs. 267/2000.

Solo con il Decreto 118/2011 e successive modifiche ed integrazioni, il legislatore ha sancito la sua obbligatorietà a tutti gli EE.LL. prevedendo:

- l’adozione di “comuni schemi di bilancio consolidato con i propri enti ed organismi strumentali, aziende, società controllate e partecipate e altri organismi controllati”; (art. 11, comma 1)

- che “il rendiconto consolidato di cui al comma 8, predisposto nel rispetto dello schema previsto dal comma 1, lettera b), è costituito dal conto del bilancio, dai relativi riepiloghi, dai prospetti riguardanti il quadro generale riassuntivo e la verifica degli equilibri, dallo stato patrimoniale e dal conto economico, ed è elaborato aggiungendo alle risultanze riguardanti la gestione dell’ente, quelle dei suoi organismi strumentali ed eliminando le risultanze relative ai trasferimenti interni. Al rendiconto consolidato sono allegati i prospetti di cui al comma 4, lettere da a) a g). Al fine di consentire l’elaborazione del rendiconto

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consolidato l’ente disciplina tempi e modalità di approvazione e acquisizione dei rendiconti dei suoi organismi strumentali”; (art. 11, comma 9)

- Le Regioni e gli enti locali, “redigono il bilancio consolidato con i propri enti ed organismi strumentali, aziende, società controllate e partecipate, secondo le modalità ed i criteri individuati nel principio applicato del bilancio consolidato di cui all’allegato n. 4/4.

Il bilancio consolidato è costituito dal conto economico consolidato, dallo stato patrimoniale consolidato e dai seguenti allegati:

a) la relazione sulla gestione consolidata che comprende la nota integrativa; b) la relazione del collegio dei revisori dei conti.

Ai fini dell’inclusione nel bilancio consolidato, si considera qualsiasi ente strumentale, azienda, società controllata e partecipata, indipendentemente dalla sua forma giuridica pubblica o privata, anche se le attività che svolge sono dissimili da quelle degli altri componenti del gruppo, con l’esclusione degli enti cui si applica il titolo II.

Gli enti di cui al comma 1 possono rinviare l’adozione del bilancio consolidato con riferimento all’esercizio 2016, salvo gli enti che, nel 2014, hanno partecipato alla sperimentazione” (art. 11 bis).

- “Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 1, approvano: … c) il bilancio consolidato entro il 30 settembre dell'anno successivo” (art. 18, comma 1).

Per quanto riguarda la sua entrata in vigore, si possono individuare 3 gruppi di pubbliche amministrazioni a cui corrispondono altrettanti termini di adozione diversi (tabella 2.1):

1) Le Regioni e gli EE.LL. che hanno partecipato alla sperimentazione dall’anno 2012, hanno redatto il bilancio consolidato a partire dall’esercizio 2013, mentre quelli che hanno aderito alla sperimentazione nel 2014, hanno redatto il loro primo consolidato nel 2015 con riferimento all’anno 2014;

2) Le altre amministrazioni pubbliche relative a Regioni ed enti locali con popolazione superiore ai 5000 abitanti e che non hanno aderito alla sperimentazione, hanno potuto rinviare l’adozione del bilancio consolidato

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all’esercizio; 2016;

3) Gli enti locali, con popolazione inferiore ai 5000 abitanti, possono rinviare l’adozione del consolidato fino all’esercizio 2017.

Tabella 2.1: Termini per la redazione del bilancio consolidato

Esercizio in cui deve essere approvato il bilancio consolidato con riferimento all’esercizio precedente

2014 2015 2016 2017 2018

Enti sperimentatori dal 2012

> 5000 abitanti 30/06 30/09 30/09 30/09 30/09 Enti sperimentatori dal 2012

< 5000 abitanti 30/09 30/09 30/09 30/09

Enti sperimentatori dal 2014 30/09 30/09 30/09 30/09 Enti non sperimentatori dal 1/01/2015

> 5000 abitanti 30/09 30/09

Enti non sperimentatori dal 1/01/2015

< 5000 abitanti 30/09

Fonte: DPCM 28/12/2011 e D.lgs. 118/2011, elaborazione a cura dell’autore

2.2 Le funzioni, le finalità e i destinatari del bilancio consolidato

Il bilancio di esercizio, come scrive Allegrini, “ha per oggetto prevalentemente dati e informazioni di tipo economico e finanziario, che nel complesso rivelano lo “stato di salute” dell’azienda stessa”. (1. Allegrini et al., 2016, p.1)

Questa funzione la ritroviamo anche nel bilancio consolidato, infatti il legislatore vuole, secondo Fissi, “fornire una rappresentazione veritiera e corretta della situazione finanziaria e patrimoniale e del risultato economico della complessiva

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attività svolta dall’ente attraverso le proprie articolazioni organizzative, i suoi enti strumentali e le società controllate e partecipate”. (10. Pozzoli, Gori, Fissi, 2015, p. 74)

Le funzioni attribuite al bilancio consolidato sono specificate dall’allegato 4/4 al D.lgs. 118/2011. In particolare esso deve:

“a) sopperire alle carenze informative e valutative dei bilanci degli enti che perseguono le proprie funzioni anche attraverso enti strumentali e detengono rilevanti partecipazioni in società, dando una rappresentazione, anche di natura contabile, delle proprie scelte di indirizzo, pianificazione e controllo;

b) attribuire alla amministrazione capogruppo un nuovo strumento per programmare, gestire e controllare con maggiore efficacia il proprio gruppo comprensivo di enti e società;

c) ottenere una visione completa delle consistenze patrimoniali e finanziarie di un gruppo di enti e società che fa capo ad un’amministrazione pubblica, incluso il risultato economico”.

Dopo questo inquadramento fatto dal legislatore, dobbiamo chiederci se il consolidato è, come nei gruppi privati, uno strumento più a sostegno delle decisioni da prendere (decision usefulness), oppure uno strumento di trasparenza, responsabilità e di informazione (strumento di accountability) nei confronti degli stakeholder destinatari. (4. Cavallini, 2014, p. 374)

Per fare ciò, come prima cosa elenchiamo tutti i soggetti portatori di interesse (o stakeholder) nei confronti del bilancio (tavola 2.1).

Una prima categoria sicuramente interessata a questo tipo di strumento, sarà quella del vertice politico dell’ente locale capogruppo, poiché potrà verificare l’attività effettivamente svolta nell’anno di riferimento rispetto a quella preventivata.

Altre due categorie sono rispettivamente il management dell’ente locale e quello delle società partecipate. I primi sono molto attenti ai risultati ottenuti nel consolidato, poiché hanno bisogno di capire se gli obiettivi strategici imposti dall’organo volitivo sono stati effettivamente raggiunti, oppure ci sono dei gap da colmare. I management delle società del gruppo, hanno come fine primario, il

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controllo degli obiettivi inerenti alla loro società, pertanto l’interesse di questa categoria per il bilancio consolidato risulta essere più sfumato.

Creditori e dipendenti sono altri due stakeholder interessati all’andamento complessivo del gruppo poiché un buono stato di salute di esso può rappresentare più rassicurazione nei confronti di questi due soggetti.

Abbiamo poi studiosi e ricercatori interessati ai risultati per finalità di ricerca o studio e l’amministrazione centrale (lo Stato). Lo Stato, in linea con i principi fondamentali ispiratori di tutta la riforma sull’armonizzazione contabile, ha come finalità principale quella del controllo della spesa pubblica italiana da parte della Pubblica Amministrazione, in modo tale da poter rispettare gli impegni e gli obblighi presi a livello europeo.

Infine come ultima categoria, ma non meno importante, troviamo anche i cittadini, per i quali il bilancio, è prima di tutto uno strumento di accountability

Tavola 2.1: Gli stakeholder del bilancio del GAP

Fonte: 10. Pozzoli, Gori, Fissi, 2015, p. 57

STATO MANAGEMENT ENTE LOCALE ORGANO VOLITIVO ENTE LOCALE STUDIOSI / RICERCATORI DIPENDENTI CREDITORI CITTADINI MANAGEMENT SOCIETA’ PARTECIPATE BILANCIO CONSOLIDATO DEL GAP

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attraverso il quale possono verificare i risultati effettivamente raggiunti rispetto a quelle che erano state le promesse da parte degli organi politici. (10. Pozzoli, Gori, Fissi, 2015, pp. 55-57)

Si può arrivare alla conclusione, in linea con quanto appena esposto, che il bilancio consolidato abbia molto più una funzione di accountability, e quindi una funzione di accountability alle varie categorie di stakeholder che una funzione di decision usefulness che troviamo più nei gruppi delle società private.

2.3 Le tappe per la redazione del bilancio consolidato

Per arrivare alla redazione del consolidato si devono affrontare, nel corso dell’anno, una serie di fasi e un processo articolato e ben definito. Il percorso da seguire da parte dell’ente si può racchiudere in 9 fasi, ognuna propedeutica all’altra (tavola 2.2):

1) individuare il portafoglio delle partecipazioni detenute;

2) definire “gli enti, le aziende e le società” compresi nei confini del consolidamento e le loro modalità;

3) in caso di bilanci caratterizzati da schemi diversi, criteri di valutazione diversi o riferiti a date di chiusura diverse, si dovrà provvedere ad effettuare delle rettifiche di pre-consolidamento, in maniera tale da rispettare uniformità formale, uniformità sostanziale e uniformità temporale;

4) identificazione dei metodi e delle procedure per procedere alla fase di consolidamento dei conti, che potrà essere effettuata mediante integrazione globale, proporzionale o tramite il metodo del patrimonio netto;

5) eliminare le operazioni effettuate all’interno del perimetro del gruppo (operazioni infra-gruppo);

6) elisione del valore della partecipazione posseduta dall’ente capogruppo contro la corrispondente quota di patrimonio netto;

7) ripartizione del patrimonio consolidato e risultato consolidato tra capogruppo e terzi;

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8) redazione dello stato patrimoniale, conto economico, relazione sulla gestione e relazione dell’organo di revisione dei conti;

Individuazione del portafoglio delle partecipazioni detenute dall’ente locale

Definizione dell’area e dei metodi di consolidamento

Rettifiche di pre-consolidamento per garantire uniformità formale, sostanziale e temporale

Aggregazione dei conti: integrazione globale, proporzionale e del patrimonio netto

Eliminazione operazioni infra-gruppo

Sostituzione valore della partecipazione con frazione del patrimonio netto

Ripartizione del patrimonio consolidato e risultato consolidato tra Capogruppo e Terzi

Redazione di stato patrimoniale, conto economico, relazione sulla gestione e relazione dei revisori

Approvazione da parte dell’organo consiliare entro il 30/09

Fonte: 10. Pozzoli, Gori, Fissi, 2015, p. 79; 4. Cavallini, 2014, p. 393

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9) approvazione da parte del consiglio comunale entro il 30 settembre. (10. Pozzoli, Gori, Fissi, 2015, pp. 78-79)

2.3.1 Il Gruppo Amministrazione Pubblica e l’area di consolidamento

I criteri e le modalità di redazione del bilancio consolidato sono contenuti nell’allegato n°4 al decreto 118/2011.

Per procedere alla redazione del consolidato il primo passo da affrontare, dalla capogruppo Regione od ente locale, è quello della creazione di un elenco di tutte le società, gli enti e le aziende appartenenti al gruppo amministrazione pubblica (anche detto GAP), evidenziando tra questi soggetti quelli che a loro volta sono a capo di un altro gruppo di imprese o di amministrazioni pubbliche.

Il secondo passo da affrontare, è la predisposizione di un sotto-elenco di questi soggetti appartenenti al GAP che saranno compresi nel bilancio consolidato. Entrambi gli elenchi sono aggiornati a fine dell'esercizio, sono oggetto di approvazione da parte della giunta e sono inseriti nella nota integrativa al bilancio consolidato.

Procedendo per ordine dobbiamo prima di tutto dire che il legislatore al punto 2 dell’allegato 4/4 definisce che il GAP comprende:

- gli enti e gli organismi strumentali;

- le società controllate e partecipate da un'amministrazione pubblica come definito dal presente decreto.

Per quanto riguarda la loro inclusione all’interno del gruppo ente locale, “la definizione del gruppo amministrazione pubblica fa riferimento ad una nozione di controllo di ‘diritto’, di ‘fatto’ e ‘contrattuale’, anche nei casi in cui non è presente un legame di partecipazione, diretta o indiretta, al capitale delle controllate ed a una nozione di partecipazione”.

Scendendo più nel dettaglio, i componenti del GAP (tavola 2.3) sono definiti, sempre al paragrafo 2 dell’allegato, nella seguente maniera:

“1) gli organismi strumentali dell'amministrazione pubblica capogruppo come definiti dall'articolo 1 comma 2, lettera b) del presente decreto, in quanto trattasi

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delle articolazioni organizzative della capogruppo stessa e, di conseguenza, già compresi nel rendiconto consolidato della capogruppo;

2) gli enti strumentali controllati dell'amministrazione pubblica capogruppo (tabella 2.2), come definiti dall'art. 11-ter, comma 1, costituiti dagli enti pubblici e privati e dalle aziende nei cui confronti la capogruppo: a) ha il possesso, diretto o indiretto, della maggioranza dei voti esercitabili nell'ente o nell'azienda;

b) ha il potere assegnato da legge, statuto o convenzione di nominare o rimuovere la maggioranza dei componenti degli organi decisionali, competenti a definire le scelte strategiche e le politiche di settore, nonché a decidere in ordine all'indirizzo, alla pianificazione ed alla programmazione dell’attività di un ente o di un'azienda;

c) esercita, direttamente o indirettamente la maggioranza dei diritti di voto nelle sedute degli organi decisionali, competenti a definire le scelte strategiche e le politiche di settore, nonché a decidere in ordine all'indirizzo, alla pianificazione

GAP

ENTE CAPOGRUPPO (regione/ente locale) ORGANISMI STRUMENTALI ENTI STRUMENTALI CONTROLLATI

Fonte: Allegato 4/4 D.lgs. 118/2011, elaborazione grafica a cura dell’autore Tavola 2.3: I soggetti del gruppo amministrazione pubblica

ENTI STRUMENTALI PARTECIPATI

SOCIETA’ CONTROLLATE

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ed alla programmazione dell’attività dell'ente o dell'azienda; d) ha l'obbligo di ripianare i disavanzi nei casi consentiti dalla legge, per percentuali superiori alla quota di partecipazione;

e) esercita un'influenza dominante in virtù di contratti o clausole statutarie, nei casi in cui la legge consente tali contratti o clausole. I contratti di servizio pubblico e di concessione stipulati con enti o aziende che svolgono prevalentemente l’attività oggetto di tali contratti presuppongono l'esercizio di influenza dominante.

Tabella 2.2: Enti strumentali controllati dall’amministrazione pubblica

Requisiti Nome azienda del gruppo Possesso della maggioranza dei voti Potere di nomina la maggioranza dei componenti degli organi decisionali Maggioranza dei diritti di voto nelle sedute degli organi decisionali Ripiano disavanzi per percentuali superiori alla quota di partecipazione Esercizio di un’influenza dominante Società Alfa Società Beta

Fonte: Punto 2, par. 2, Allegato 4/4 D.lgs. 118/2011, elaborazione grafica a cura dell’autore

3) gli enti strumentali partecipati di un'amministrazione pubbliche, come definiti dall'articolo 11- ter, comma 2, costituiti dagli enti pubblici e private e dalle aziende nei cui confronti la capogruppo ha una partecipazione in assenza delle condizioni di cui al punto 2.

4) le società controllate dall'amministrazione pubblica capogruppo (tabella 2.3), nei cui confronti la capogruppo:

a) ha il possesso, diretto o indiretto, anche sulla scorta di patti parasociali, della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria o dispone di voti sufficienti per esercitare una influenza dominante sull'assemblea ordinaria; b) ha il diritto, in virtu' di un contratto o di una clausola statutaria, di esercitare un'influenza dominante, quando la legge consente tali contratti o clausole. I

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contratti di servizio pubblico e di concessione stipulati con società che svolgono prevalentemente l’attività oggetto di tali contratti presuppongono l'esercizio di influenza dominante.

In fase di prima applicazione del presente decreto, con riferimento agli esercizi 2015 - 2017, non sono considerate le società quotate e quelle da esse controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile. A tal fine, per società quotate si intendono le società emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati.

Tabella 2.3: Società controllate dall’amministrazione pubblica

Requisiti

Nome azienda del gruppo Possesso della maggioranza dei voti

Esercizio di influenza dominante

Società Alfa Società Beta

Fonte: Punto 4, par. 2, Allegato 4/4 D.lgs. 118/2011, elaborazione grafica a cura dell’autore

5) le società partecipate dell'amministrazione pubblica capogruppo (tabella 2.4), costituite dalle società a totale partecipazione pubblica affidatarie dirette di servizi pubblici locali della Regione o dell'ente locale indipendentemente dalla quota di partecipazione.

Tabella 2.4: Società partecipate dell’amministrazione pubblica

Requisiti

Nome azienda del gruppo

Società a totale partecipazione pubblica con affidamento diretto di servizi pubblici locali Estensione a partecipazione diretta o indiretta >20% (10% se quotate) Valido dal 01.01.2017 Società Alfa Società Beta

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A decorrere dal 2018, con riferimento all'esercizio 2017 la definizione di società partecipata è estesa alle società nelle quali la Regione o l'ente locale, direttamente o indirettamente, dispone di una quota significativa di voti, esercitabili in assemblea, pari o superiore al 20 per cento, o al 10 per cento se trattasi di società quotata”. Una volta steso l’elenco di tutti i soggetti appartenenti al Gruppo Amministrazione Pubblica in osservanza dei criteri sopra esposti, al fine di consentire la predisposizione del bilancio consolidato, l’ente capogruppo deve provvedere alla stesura del secondo elenco richiamato al punto 3 dell’allegato 4 individuando: “gli enti, le aziende e le società componenti del gruppo compresi nel bilancio consolidato”.

Non tutti gli organismi partecipati però verranno consolidati poiché la legge riconosce due casi in cui si possono escludere:

a) per irrilevanza;

b) per impossibilità di reperire le informazioni.

Per quanto concerne il primo punto, un componente del gruppo viene definito irrilevante “ai fini della rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria del risultato economico del gruppo” quando il suo bilancio non supera il 10% per gli enti locali (5% per le Regioni e le Province autonome) rispetto alla posizione patrimoniale, economico e finanziaria della capogruppo:

- totale dell'attivo; - patrimonio netto;

- totale dei ricavi caratteristici. (Allegato 4 al D.lgs. 118/2011, paragrafo 3.1) Queste soglie identificate dal legislatore in realtà, come scrive Pozzoli, sono soglie “oggettivamente enormi”, che in ordine alle quali probabilmente si potrebbe verificare un fenomeno per cui moltissime Province, Città Metropolitane o Comuni come Roma Capitale potrebbero non aver bisogno di redigere il consolidato. (10. Pozzoli, Gori, Fissi, 2015, p.130)

Le prime esperienze di consolidamento, come riporta la Corte dei Conti sezione delle autonomie nella sentenza numero 09/SEZAUT/2016/INPR, “hanno dimostrato che, a fronte della previsione normativa (art. 11-bis, d.lgs. n.

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118/2011), nel cui perimetro rientra un gran numero di organismi (aziende, società controllate e partecipate, enti e organismi strumentali degli enti territoriali), l’applicazione della soglia di rilevanza prevista dal principio contabile applicato, di fatto, potrebbe comportare l’effetto distorsivo dell’esclusione dall’area di consolidamento di un gran numero di società, tra cui proprio quelle che godono di affidamenti in house e che, comunque, ricavano dal pubblico le risorse per il proprio sostentamento”.

Questa esclusione dall’area di consolidamento è supportata dall’esempio del Comune di Lecce, uno degli enti sperimentatori, che per l’anno 2014 ha deciso di avvalersi del principio dell’irrilevanza per le società appartenenti al GAP, non procedendo quindi alla redazione del consolidato.

Al fine di garantire la significatività del bilancio consolidato, gli enti però possono, come prosegue il paragrafo 3.1, “considerare non irrilevanti i bilanci degli enti e delle società che presentano percentuali inferiori a quelle sopra richiamate. La percentuale di irrilevanza riferita ai ‘ricavi caratteristici’ è determinata rapportando i componenti positivi di reddito che concorrono alla determinazione del valore della produzione dell'ente o società controllata o partecipata al totale dei ‘A) Componenti positivi della gestione’ dell'ente”. Sono comunque in ogni caso considerate irrilevanti e quindi non oggetto di consolidamento tutte le quote di partecipazione inferiori all'1% del capitale della partecipata.

Il secondo caso di esclusione, sicuramente di casistica più limitato, è relativo all’impossibilità “di reperire le informazioni necessarie al consolidamento in tempi ragionevoli e senza spese sproporzionate”.

I casi di esclusione del consolidamento riguardano eventi di natura straordinaria come terremoti, alluvioni e altre calamità naturali.

Bisogna aggiungere anche che, nel caso in cui nel gruppo amministrazione pubblica siano presenti enti e aziende per i quali sia stata avviata una procedura concorsuale, essi devono essere esclusi dal perimetro di consolidamento come precisato dalla riunione della Commissione ARCONET del 6 luglio 2016. Devono essere invece compresi nell’area di consolidamento gli enti in

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liquidazione.

Infine il paragrafo 3.1 conclude dicendo che “nel caso in cui non risultino enti o società controllate o partecipate oggetto di consolidamento, la delibera di approvazione del rendiconto dichiara formalmente che l'ente non ha enti o società, controllate o partecipate, che, nel rispetto del principio applicato del bilancio consolidato, sono oggetto di consolidamento e che, conseguentemente, non procede all'approvazione del bilancio consolidato relativo all'esercizio precedente”.

2.3.2 Rettifiche di pre-consolidamento: uniformità formale, sostanziale e temporale

Dopo aver individuato l’elenco dei soggetti appartenenti al GAP che saranno oggetto di consolidamento bisogna controllare e assicurare, prima di procedere all’aggregazione dei conti, il rispetto delle condizioni di uniformità:

- temporale; - sostanziale; - formale.

Queste operazioni da effettuare sono anche chiamate operazioni di pre-consolidamento.

L’uniformità formale, deve essere rispettata al fine di poter consentire l’aggregazione dei bilanci delle partecipate con quello della capogruppo ente locale o Regione. Se così non fosse, in caso di bilanci caratterizzati da schemi diversi, diventerebbe un problema procedere alla sommatoria, voce per voce, linea per linea, dei corrispondenti valori dell’attivo/patrimonio netto, dei proventi e degli oneri. L’Allegato 11 del D.lgs. 118/2011, prevede anche uno schema di bilancio consolidato di raccordo che consente di aggregare e riconciliare le singole voci dei bilanci della capogruppo e degli altri soggetti partecipati all’interno di un unico schema.

L’uniformità sostanziale, fa invece riferimento ai criteri di valutazione adottati che ai fini del consolidamento dei conti devono essere i medesimi.

Riferimenti

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126 del 2014 che ha sancito l’entrata a regime dal 1 gennaio 2015 dell’armonizzazione contabile degli enti territoriali, Ministero Economia e Finanze-Rgs, ANCI, IFEL, UPI,