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La sorveglianza ambientale nel controllo della legionellosiin varie tipologie di strutture presenti sul territorio fiorentino

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Academic year: 2021

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1. INTRODUZIONE ... 3

1.1MALATTIEIDRODIFFUSE ... 7

1.1.1 Sorgenti di microrganismi ... 8

1.1.2 Fattori di rischio associati alla comparsa di infezioni idrodiffuse emergenti e riemegentI ... 12

1.2PRINCIPALIAGENTIETIOLOGICIDELLEINFEZIONIIDRODIFFUSE ... 15

1.3LEGIONELLA ... 18

1.3.1 Caratteristiche microbiologiche ... 20

1.3.2 Ecologia e habitat ... 24

1.3.3 Fattori che influenzano la crescita di legionella ... 26

1.4LEGIONELLOSI... 36

1.4.1 Specie e sierogruppi associati con la malattia... 36

1.4.2 Virulenza e patogenicità... 38 1.4.3 Fattori di virulenza ... 40 1.4.4 Difese dell’ospite... 42 1.4.5 Trasmissione ... 43 1.4.6 Fattori di rischio ... 44 1.5MANIFESTAZIONICLINICHE... 45

1.5.1 Malattia del legionario ... 45

1.5.2 Febbre di Pontiac... 50

1.5.3 Sindrome extrapolmonare... 51

1.6EPIDEMIOLOGIA ... 53

1.6.1 Definizione di caso... 53

1.6.2 Diagnostica... 54

1.6.3 Sistema di notifica e sorveglianza nazionale ... 58

1.6.4 Sorveglianza internazionale della legionellosi nei viaggiatori ... 69

1.7PREVENZIONEECONTROLLODELLALEGIONELLOSI... 73

1.7.1 Confronto Linee Guida... 74

1.8METODIDIBONIFICA ... 80

1.9VALUTAZIONEEGESTIONEDELRISCHIO... 87

1.9.1 Sistemi di distribuzione dell’acqua potabile ... 87

1.9.2 Torri di raffreddamento e condensatori evaporativi ... 92

1.9.3 Strutture sanitarie ... 100

1.9.4 Hotel: sistema di distribuzione dell’acqua calda e fredda. Fattori di rischio e misure di controllo ... 103

2. SCOPO ... 105

3. MATERIALI E METODI ... 107

3.1RACCOLTADELCAMPIONE ... 107

3.2CONCENTRAZIONEDELCAMPIONE ... 108

3.3RICERCADILEGIONELLASPP... 110

3.3.1 Coltura... 110

3.4ISOLAMENTO ... 111

3.5COLORAZIONEDIGRAM ... 113

3.6IDENTIFICAZIONEDELLESPECIEEDELSIEROTIPO ... 113

3.6.1 Procedimento ... 114

3.6.2 Sierotipizzazione... 115

3.6.3 Tipizzazione Legionella pneumophila sierogruppo 15 e identificazione Legionelle spp. ... 116

3.7CONTADELLACARICABATTERICATOTALEA22°C E37°C ... 117

3.8RICERCADIPSEUDOMONASSPP... 118

3.8.1 Isolamento ... 118

3.9PROTOCOLLOSPERIMENTALEPERLARESISTENZAALCLORURODICALCIO ... 120

(2)

3.9.2. Titolazione del Cloro libero... 120

3.9.3. Inoculo dei pozzetti ... 120

3.9.4. Conta dei microrganismi ... 122

3.10ANALISISTATISTICADEIDATI ... 123

4. RISULTATI... 124

4.1CONTAMINAZIONEDALEGIONELLANEISITIDISTALIMONITORATI ... 124

4.1.1 Isolamento di Legionella nei siti distali monitorati... 127

4.1.2 Distribuzione e isolamento di Legionella spp ... 131

4.1.3 Distribuzione e isolamento di Legionella pneumophila ... 134

4.1.4 Valutazione del profilo di rischio delle categorie di strutture positive a legionella ... 138

4.1.5 Valutazione del profilo di rischio delle categorie di strutture positive a Legionella pneumophila sierogruppo 1 ... 141

4.1.6 Legionella spp e Carica batterica totale a 22°C e 37°C... 143

4.1.7 Legionella spp e Pseudomonas spp ... 144

4.1.8 Legionella spp e andamento nel tempo ... 144

4.1.9 Legionella spp e temperature registrate ai siti distali monitorati ... 145

4.2RISULTATIDELLAVALUTAZIONEDELLARESISTENZAALCLORURODI CALCIO ... 146

4.2.1 Legionella pneumophila sg 1 ... 146

4.3.LEGIONELLAPNEUMOPHILA SG.3 ... 150

4.4LEGIONELLAPNEUMOPHILA SG.6 ... 155

4.5.LEGIONELLAPNEUMOPHILA SG 1ATCC... 158

5. CONCLUSIONI ... 161

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1. INTRODUZIONE

A tutt’oggi le malattie idrodiffuse (waterborne disease, WBD) permangono fra le principali cause di morbosità e mortalità in tutto il mondo. Oltre il 95% delle malattie trasmesse dall’acqua sono prevenibili e la loro eliminazione rappresenta uno degli obiettivi del Nuovo Millennio 1.

Già a partire dagli anni ’70-’80 sono state effettuate molte indagini riguardanti il rischio chimico associato alle acque potabilizzate come ad esempio la ricerca di solventi clorurati ed erbicidi, e l’attenzione del mondo scientifico è stata rivolta prevalentemente al controllo delle sostanze chimiche potenzialmente pericolose presenti nelle acque destinate al consumo umano, mentre è stato trascurato il rischio legato alla componente microbiologica. Nei Paesi industrializzati tale rischio è stato successivamente contenuto, , con l’introduzione del moderno concetto di protezione delle risorse idriche e tramite lo sviluppo di tecniche di potabilizzazione sempre più efficaci (disinfezione, chiariflocculazione e filtrazione). Tali trattamenti, particolarmente efficaci sui microrganismi di origine fecale, con il merito di risolvere non pochi problemi di Sanità Pubblica riducendo gli episodi infettivi epidemici dovuti al consumo di acque contaminate, hanno portato all’eradicazione virtuale delle WBD, eliminando quelle infezioni causate dai cosiddetti “patogeni classici”, come Salmonella tiphy o Vibrio cholerae, ma possono non essere in grado di contenere altri fattori che hanno contribuito a determinare una nuova situazione nel settore di produzione e distribuzione dell’acqua potabile.

Negli ultimi anni nei Paesi industrializzati è stata posta una maggiore attenzione verso le problematiche connesse alla presenza di microrganismi patogeni nelle risorse idriche, anche potabilizzate, a causa dell’aumento del numero di epidemie correlate al consumo di acqua potabile, dell’eccessivo sfruttamento delle fonti di approvvigionamento e dell’invecchiamento e deterioramento sia degli impianti di trattamento che della rete idrica. A questi fattori se ne aggiungono altri che riguardano la permanenza di sorgenti di inquinamento microbiologico nelle acque (scarichi municipali, effluenti dei depuratori, scarichi industriali ed agricoli, ecc.) e le conseguenze sulle risorse idriche di alcune attività antropiche (es. eutrofizzazione)2. Quindi se da un lato il rischio infettivo è stato superato da quando si sono attuati i trattamenti di potabilizzazione dell’acqua, allo stato attuale tuttavia sta emergendo una nuova problematica connessa alla contaminazione microbica degli impianti idrici da parte di “microrganismi patogeni emergenti (come Legionella pneumophila), riemergenti

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e opportunisti”, che risultano particolarmente resistenti alle normali dosi di cloro impiegate per la disinfezione delle acque destinate al consumo umano.

Sono considerate patologie infettive “emergenti” sia le infezioni che compaiono per la prima volta in una popolazione perché causate da un microrganismo nuovo (come quelle dovute a E. coli O157:H7 negli USA), sia patologie già esistenti che, per svariati fattori, subiscono un improvviso incremento dell’incidenza o della diffusione geografica in aree dove prima non erano presenti, come quelle legate a Criptosporidium. parvum, Legionella spp, Helicobacter pylori, Campylobacter, Calicivirus, in USA, Canada e Europa (WHO, 1997). “Riemergenti” invece sono quelle infezioni che, dopo un periodo variabile di scomparsa in un territorio, ricompaiono con un aumento di frequenza come risulta da cambiamenti a lungo termine nella loro epidemiologia 3.

Con il termine di patogeni “opportunisti” si intendono microrganismi commensali, saprofiti o ambientali, che possono determinare infezione in soggetti appartenenti ai sottogruppi più suscettibili della popolazione come neonati, anziani e soggetti immunodepressi. Tra gli opportunisti si annoverano specie batteriche che hanno come habitat anche l’ambiente acquatico, come Aeromonas hydrophila, Pseudomonas aeruginosa, Pseudomonas stutzeri e Flavobacterium spp. 2. In base a questi criteri sono classificati come patogeni emergenti 175 specie di agenti infettivi derivanti da 96 generi diversi.(WHO, 2003).

A tutt’oggi le maggiori sfide riguardano la lotta ai patogeni emergenti, resistenti ai convenzionali trattamenti dell’acqua destinata all’uso umano, la lotta ai contaminanti chimici, la comprensione delle relazioni con l’ambiente e la capacità di quantificare sia le malattie idrodiffuse endemiche che quelle epidemiche 1.

Una questione critica per i Paesi industrializzati, infatti, è comprendere se l’incidenza delle WBD sia realmente in aumento. Il 35% delle epidemie causate da una contaminazione microbica è stato attribuito a parassiti (Giardia duodenalis e Cryptosporidium parvum), il 45% a batteri (Escherichia coli O157:H7, Salmonella spp., Campylobacter jejuni) e il 20% a virus (Calicivirus) 4. In uno studio del 1995, Morris e Levin 5 hanno calcolato un’incidenza annua di WBD negli USA piuttosto elevata, con una stima di 7 100 000 di casi di patologie di bassa gravità, 560 000 casi di media gravità e 1200 decessi. L’aumento dell’incidenza riscontrato potrebbe essere attribuibile ad una più attenta sorveglianza e notifica rispetto al passato, oppure ad un effettivo aumento dei fattori di rischio associati alle risorse idriche. L’aumento dell’incidenza delle epidemie idrodiffuse nei Paesi industrializzati è associabile oltre che a fattori che riguardano i microrganismi, come la comparsa di patogeni resistenti ai trattamenti di potabilizzazione e di microrganismi resistenti agli antibiotici, anche a fattori socio-demografici che hanno contribuito ad un aumento dei soggetti suscettibili nella

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popolazione, come la minore immunizzazione rispetto al passato contro i microrganismi di più comune riscontro, dovuta al miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie, all’invecchiamento della popolazione ed all’incremento del numero degli immunodepressi (soggetti trapiantati, sottoposti a terapia immunosoppressiva, soggetti con AIDS).

Anche la tendenza a centralizzare la gestione del ciclo delle acque e la produzione di acqua potabile hanno sicuramente contribuito al problema, se non altro per quanto riguarda l’aumento del numero dei casi coinvolti nelle epidemie. Di contro tuttavia, deve essere considerata l’esistenza di una situazione di sottostima delle epidemie idrodiffuse causata sia da sottonotifica che dalla presenza di microepidemie, condizioni che rendono difficile la stima dei reali livelli di incidenza. Inoltre, solo le infezioni sintomatiche vengono in parte notificate, mentre quelle asintomatiche sfuggono completamente. L’importanza di quest’ultima considerazione è legata al fatto che molti dei microrganismi agenti eziologici di WBD, quando sono presenti nell’acqua in basse concentrazioni, possono determinare infezioni asintomatiche.

In questo contesto bisogna tenere in considerazione che anche il miglioramento delle tecniche di determinazione sia diagnostiche che di controllo microbiologico delle matrici ambientali, avvenuto negli ultimi anni, può aver incrementato la percezione di questo problema.

Complessivamente, si ritiene che l’incidenza delle patologie idrodiffuse nei Paesi industrializzati sia sottostimata. In un’indagine pubblicata nel 2002 congiuntamente dall’European Environmental Agency e dal WHO-Regional Office for Europe, nella quale sono stati analizzati i dati relativi alla sorveglianza delle gastroenteriti in 18 Paesi europei nel periodo 1986-1996, solo il 2%, su un totale di 2 567 210 casi di gastroenterite riportati, è stato attribuito all’acqua (tabella 1.1). Sempre nel 2002, Poullis e coll. affermano che il sistema di sorveglianza delle WBD a livello Europeo non è sufficientemente organizzato e che la variabilità nelle modalità di notifica tra gli Stati Membri comporta una condizione generale di sottonotifica per queste patologie.6.

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Paese n. epidemie

n.

casi Agente etiologico o malattia

Albania 14 59 Dissenteria amebica, febbre tifoide, colera

Croazia 29 1931 Dissenteria batterica, gastroenterite, epatite A, tifo, criptosporidosi

Estonia 12 1010 Dissenteria batterica, epatite A

Germania 0 0 Non sono state riportate epidemie

Grecia 2 16 Dissenteria batterica, tifo

Islanda 1 10 Dissenteria batterica

Lettonia 1 863 epatite A

Lituania 0 0 Non sono state riportate epidemie

Malta 162 19 Gastroenterite, Dissenteria batterica, epatite A, tifo

Norvegia 0 0 Non sono state riportate epidemie

Regno Unito

20 2810 Criptosporidosi, gastroenterite, giardiasi

Rep. Ceca 18 76 Gastroenterite, Dissenteria batterica, epatite A Rep.

Slovacca

61 5173 Dissenteria batterica, epatite A, gastroenterite

Romania 57 745 Dissenteria batterica, epatite A, gastroenterite, tifo Slovenia 45 n.d Dissenteria batterica, epatite A, gastroenterite,

dissenteria amebica, giardiasi

Spagna 208 n.d Dissenteria batterica, gastroenterite, epatite A, tifo, criptosporidosi, giardiasi

Svezia 53 27074 Gastroenterite, campilobacteriosi, Norwalk like virus, giardiasi, criptosporidosi, dissenteria amebica, Aeromonas sp.

Ungheria 27 4884 Dissenteria batterica, gastroenterite, salmonellosi

Tabella 1 Epidemie idrodiffuse associate all’acqua a scopo potabile e balneare riportate in 18 paesi europei nel periodo 1986-96.

Anche se la manifestazione associata più spesso al consumo d’acqua potabile rimane la gastroenterite, è importante ricordare che vi sono altre patologie determinate dall’esposizione ad acqua contaminata. Esistono infatti numerose altre patologie trasmissibili con l’acqua potabile, come polmoniti (Legionella pneumophila) e infezioni localizzate in diversi distretti, causate da patogeni e patogeni opportunisti (es. Pseudomonas aeruginosa), che assumono una notevole importanza in Sanità Pubblica e per le quali è molto spesso difficile riconoscere l’acqua quale sorgente d’infezione. 2

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1.1 MALATTIE IDRODIFFUSE

L'acqua è un bene primario per la vita e una risorsa rinnovabile del nostro pianeta. Ogni forma di vita è legata all'acqua e ogni attività umana è vincolata alla possibilità di accedervi. Negli anni si è assistito ad un continuo aumento del consumo idrico mondiale che è in costante crescita a causa dell’aumentato uso civile, industriale e agricolo.

Per quanto riguarda l’uso civile dell’acqua, è necessaria una distinzione, in base al tipo d’impego, in acqua potabile e in acqua a uso non potabile 27. L’acqua potabile, è acqua che dopo essere stata trattata o lasciata naturale, è destinata ad essere bevuta (alimento) o utilizzata per preparare cibi e per pulire utensili e attrezzature che entrano in contatto con derrate alimentari, e pertanto deve essere idonea al consumo dal punto di vista microbiologico, chimico e fisico. Per acque ad uso non potabile, invece, si intendono principalmente le acque ad uso ricreativo, la cui popolarità è aumentata in tutto il mondo per le tante attività ad esse legate; questa tipologia di acque include acque di piscine (fra cui, vasche calde e stazioni termali), di fontane nonchè acque marine o dolci (laghi, fiumi, torrenti).

Le acque ad uso civile possono essere classificate, in base ai trattamenti che subiscono, in due ulteriori categorie:

acque non trattate: a questa categoria appartengono le acque minerali naturali, che non subiscono alcun trattamento perché già di buona qualità, le acque di mari, fiumi e laghi, perché non trattabili;

acque trattate: acque che subiscono trattamenti di potabilizzazione, allo scopo di migliorarne le caratteristiche chimico-fisiche e microbiologiche. In questa categoria sono comprese le acque potabilizzate che circolano nella rete idrica, quelle delle piscine e di alcune fontane. (www.epicentro.iss.it)

Il metodo più comune di disinfezione delle acque è il trattamento con il cloro (clorazione), che elimina gli agenti patogeni (soprattutto batteri e virus), rompendo i legami chimici delle loro molecole; tale azione persiste durante il trasporto dell’acqua trattata grazie ai residui di cloro disciolto. La clorazione però non elimina del tutto il problema; ci sono infatti alcuni microrganismi che resistono al cloro per ore o addirittura giorni e talvolta nella rete idrica possono verificarsi carenze di cloro residuo o situazioni che lo rendono inefficace.

Sia le acque trattate che non trattate possono dunque risultare contaminate da microrganismi; tuttavia affinchè il rischio biologico si concretizzi, devono verificarsi due condizioni imprescindibili: la trasmissione dell’agente infettivo dall’acqua all’ospite e la suscettibilità di quest’ultimo.

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I microrganismi contaminanti possono essere trasferiti all’ospite in vario modo:

per ingestione volontaria di acqua contaminata, come nel caso delle acque potabili, oppure per ingestione accidentale, come può accadere durante attività ricreative o l’esercizio di sport acquatici (www.epa.gov). In tal caso le patologie che possono generarsi interessano il tratto gastrointestinale;

per inalazione di aerosol generatosi da acque contaminate, sia trattate come quelle presenti nelle reti idriche, sia non trattate come le acque di balneazione. Le patologie trasmesse mediante questa via provocano sintomi a livello delle vie respiratorie;

per contatto, durante bagni o balneazione in acque trattate o non trattate, ma anche con le superfici circostanti che possono essere contaminate (WHO, 2005. www.epicentro.iss.it). In questo caso le malattie che ne derivano interessano la cute (verruche) e le mucose più esposte (occhi).

1.1.1 Sorgenti di microrganismi

Le diverse tipologie di acqua spesso non sono contaminate all’origine, ma esistono sorgenti di microrganismi, diverse a seconda del tipo di acqua, che ne possono determinare la contaminazione.

Per quanto riguarda le acque potabili (o più precisamente le acque di rete), un discreto numero di malattie sono associate a carenze nei sistemi idrici di distribuzione. Sebbene l’acqua prodotta negli impianti di trattamento sia microbiologicamente di buona qualità, questa può essere soggetta a contaminazioni nella rete di distribuzione, risultando così alterata all’utenza. Le ragioni per cui si realizza un aumento del carico batterico durante la distribuzione sono attribuibili ad una contaminazione microbiologica cronica o episodica dell’acqua e si possono individuare più fattori 8.

Uno di questi è l’insorgere di problemi meccanici negli impianti: i batteri possono accedere alla rete di distribuzione da sorgenti esterne come serbatoi aperti, rotture nelle condutture (e altre componenti della linea) causate dall’invecchiamento dei tubi, oppure dovute alla costruzione di nuove tubazioni, che possono interferire con il sistema di distribuzione esistente. Altro problema che può contribuire alla contaminazione, è la fluttuazione (anche temporanea) della pressione dell’acqua che genera onde di pressione che attraversano i tubi del sistema di distribuzione. Durante la parte negativa dell’onda di pressione, una significativa quantità di acqua contaminata può essere aspirata dall’esterno nelle tubazioni attraverso piccole fessure. Questo problema e quello delle rotture sono aggravati quando le tubazioni sono interrate, in prossimità e non isolate dalle linee delle fognature 9 (www.epa.gov) 10. I microrganismi possono anche essere già presenti nell’acqua trattata erogata e ciò può essere dovuto

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al fenomeno del “breakthrough”, ovvero dell’elusione del trattamento di potabilizzazione da parte di alcuni microorganismi (protozoi, virus e batteri) presenti nell’acqua grezza. Alcuni microrganismi possono attraversare illesi il processo di potabilizzazione perché resistenti a specifici trattamenti e sembra addirittura che il trattamento determini una pressione selettiva sui patogeni che sviluppano un’ampia gamma di strategie di sopravvivenza. Altri microrganismi possono sopravvivere al trattamento di potabilizzazione rimanendo danneggiati (injured) e in uno stato quiescente che non ne consente la crescita nei comuni terreni di coltura, determinando una condizione detta “viable but non culturable” (VBNC); quest’ultimo fenomeno è stato dimostrato prevalentemente per i batteri del gruppo dei coliformi, ma anche per altri batteri come Legionella pneumophila. 111213.

Le cellule di Legionella spp. VBNC rappresentano un rischio per la salute pubblica, in quanto possono recuperare la capacità di crescita in nuove e più vantaggiose condizioni.1415. 1617. I batteri danneggiati, manifestano il danno subito con l’incapacità di crescere sui terreni selettivi, determinando risultati “falsi negativi” all’analisi microbiologica, tuttavia, quando questi batteri giungono nella rete di distribuzione, trasportati dall’acqua in zone favorevoli e protette, come fondi rete, tubercoli, depositi nelle tubature e biofilm, dove spesso trovano una bassa concentrazione di cloro residuo e presenza di nutrienti, possono subire un processo di rivitalizzazione, che li rende nuovamente attivi ed in grado di moltiplicarsi.

Qualunque sia la loro origine nell’acqua potabile, i microrganismi possono andare incontro a moltiplicazione nella rete di distribuzione che, nel caso del fenomeno del breakthrough o di contaminazione dovuta ad un incidente, è indicata come crescita nella rete di distribuzione, mentre nel caso di microrganismi injured la moltiplicazione è indicata come ricrescita. 8.

La moltiplicazione batterica porta alla formazione di un biofilm costituito da cellule microbiche, prodotti extracellulari, residui organici ed inorganici, che può provocare occlusione e corrosione delle tubature che necessitano pertanto di manutenzione o sostituzione. Il biofilm consente la crescita dei microrganismi in grado di moltiplicarsi nell’ambiente perché ricco di nutrienti e protettivo nei confronti dei disinfettanti utilizzati nella potabilizzazione. È anche un sito potenziale per il trasferimento della virulenza e della resistenza agli antibiotici tra i batteri. 8. Anche la maggior parte dei virus idrodiffusi è resistente ai trattamenti di disinfezione con cloro che non sempre si riesce ad eliminarli dall’acqua.

La contaminazione dell’acqua potabile può essere causata anche da un incidente durante il trattamento di potabilizzazione, oppure da determinate caratteristiche dell’acqua grezza da potabilizzare (www.epa.gov):

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può infatti essere eccessivamente contaminata, ed il trattamento può non riuscire ad abbattere totalmente la carica di contaminanti;

le caratteristiche fisiche dell’acqua grezza, come contenuto di solidi dissolti o sospesi, possono ostacolare il processo di disinfezione;

il contenuto chimico, naturale o antropogenico, può interferire con le reazioni chimiche volute durante il trattamento;

i patogeni associati con organismi superiori (alghe, protozoi o vermi) possono essere protetti dall’azione dei disinfettanti.

Qualunque sia la loro via d’accesso alla rete idrica, i microrganismi una volta entrati possono andare incontro a crescita o ricrescita, fenomeno che risulta più marcato in zone a ristagno d’acqua, sia nei serbatoi che nelle tubazioni, a causa della carenza di cloro.

Questi processi avvengono sulle pareti del sistema di distribuzione, formando i cosiddetti biofilm, oppure nell’acqua nel caso dei batteri a vita libera (planctonici) o di cellule legate a solidi sospesi (www.epa.gov). Queste modalità di proliferazione sono state ampiamente associate a batteri eterotrofi: quei batteri, inclusi i patogeni, che per la crescita richiedono la presenza di composti organici carboniosi e fonti di energia. Essi sono influenzati principalmente da temperatura, tempo di permanenza nelle condutture o serbatoi, efficacia della disinfezione e concentrazione di nutrienti, in particolar modo di carbonio organico assimilabile cioè la porzione del carbonio organico totale dissolto nell’acqua, che è facilmente utilizzato dai microrganismi, come fonte di carbonio.

Altra tipologia di acqua, molto popolare nel mondo occidentale è quella ad uso ricreativo trattata, in particolar modo le piscine e vasche d’acqua calda, molto frequentate per sport e attività ricreative. Le piscine, possono essere soggette ad un elevato carico di bagnanti in relazione al volume d’acqua, i quali introducono un’elevata quantità di microrganismi per unità di volume 2. Piscine che contengono acque clorate, possono essere considerate sicure per la balneazione, ma solo se il livello di disinfettanti e di pH sono mantenuti a livelli appropriati. Tuttavia la presenza di elevate temperature e la rapida agitazione dell’acqua, rende difficile mantenere un’adeguata quantità residua di disinfettante e un pH soddisfacente (pH ottimale compreso fra 5.5 e 7.5) e quindi anche una adeguata qualità microbiologica (www.who.int). Inoltre, mentre la clorazione riduce significativamente la concentrazione di batteri fecali, non ha nessun impatto su alcuni protozoi parassiti (Cryptosporidium parvum, Giardia lamblia, Amebe) e virus (Virus dell’epatite A, e Norovirus) che hanno una resistenza anche molto elevata ai livelli di cloro comunemente riscontrati in piscine trattate (www.who.int). 18. Le

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epidemie idrodiffuse, associate ad acque clorate, sono più frequentemente causate da questi microrganismi piuttosto che dai batteri di origine fecale.

Piscine di acque termali o con acque aventi caratteristiche particolari allo scopo di preservare le caratteristiche di queste acque spesso non sono sottoposte ad alcun trattamento o comunque solo interventi molto blandi (trattamenti fisici), esponendo però i fruitori del servizio ad un più alto rischio microbiologico, legato a patogeni presenti nell’acqua o a trasmissione interpersonale (www.who.int).

Diversa è la situazione delle acque ricreative non trattate, cioè bacini acquiferi naturali come mare, laghi, fiumi e torrenti. Per quanto riguarda questa tipologia di acqua, le principali sorgenti di contaminanti includono scarichi fognari e industriali non trattati e sversamenti di varia origine (www.epicentro.iss.it). L’acqua può essere contaminata anche dai bagnanti (anche se le concentrazioni non raggiungono quelle delle piscine) e da acque derivanti da allevamenti 18. Anche le superfici urbane, contribuiscono significativamente al carico contaminante, mediante contaminanti presenti sulle superfici dilavate dall’acqua piovana, inclusi contaminanti chimici e feci di animali (www.epicentro.iss.it). Il materiale fecale è trasportato fino ai fiumi, laghi e torrenti attraverso le fogne, per poi arrivare fino all’ambiente costiero.

Il trasporto di microbi e altri contaminanti dipende dal flusso delle acque, il cui cambiamento è legato alle piogge ed a caratteristiche idrogeologiche. Tali contaminanti sono presenti anche nel sedimento e tornano in sospensione quando aumenta il flusso o l’agitazione dell’acqua.

La sopravvivenza di microrganismi in questi corpi d’acqua è influenzata dalla temperatura, intensità della luce, salinità e altre qualità dell’acqua, inoltre va sottolineato che queste acque non essendo trattate, non pongono alcun limite alla proliferazione dei microrganismi che quindi dipende unicamente dalle condizioni suddette (www.who.int).

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1.1.2 Fattori di rischio associati alla comparsa di infezioni idrodiffuse emergenti e riemegentI

È possibile riconoscere una serie di fattori di carattere generale implicati sia nella comparsa di nuovi microrganismi patogeni che nei cambiamenti della diffusione delle infezioni nelle popolazioni dei diversi Paesi; tra questi i cambiamenti demografici verificatisi nei Paesi industrializzati influiscono in modo determinante sulla diffusione delle patologie.

Fattori importanti che aumentano la suscettibilità ad infezioni da parte di microrganismi che non causano malattia nei soggetti immunocompetenti, si stanno verificando nei Paesi industrializzati e hanno portato all’aumento del numero di soggetti suscettibili a patogeni opportunisti 2. Fra questi fattori vi sono la tendenza all’invecchiamento della popolazione e l’incremento dell’incidenza e della prevalenza sia di patologie che di condizioni associate a immunosoppressione (malattie ereditarie, infezione da HIV, trapianti d’organo, trattamenti immunosoppressivi per patologia cancerosa e reumatoide, ecc.), legati entrambi all’aumento della speranza di vita.

Molti dei patogeni agenti etiologici di WBD sono in realtà “nuovi” microrganismi caratterizzati, in primo luogo, dall’abilità di acquisire facilmente la resistenza nei confronti di uno o più antibiotici e, in secondo luogo, dalla capacità di trasferimento tra diversi microrganismi del patrimonio genetico responsabile della patogenicità (le cosiddette pathogenicity islands) 19; l’esempio più evidente è rappresentato dal ceppo patogeno di E. coli (EHEC) enteroemorragico che si suppone abbia acquisito i geni della virulenza attraverso sistemi di trasferimento genico (lisogenia) 20.

La comparsa di nuovi organismi patogeni è legata anche a cambiamenti ecologici legati allo sviluppo economico ed agricolo dei territori (disboscamento, fertirrigazione, riuso delle acque in agricoltura, ecc.) che hanno comportato continui cambiamenti a livello degli ecosistemi, andando a influire anche sulla diffusione dei microrganismi. 21.

Un altro aspetto importante è rappresentato dall’intensificazione dei viaggi: solo nel 1990 il numero di viaggiatori sulle rotte aeree internazionali è stato di 280 milioni, arrivando a 600 milioni nell’anno 2000. 22

Da non sottovalutare, inoltre, i cambiamenti degli stili di vita e l’assunzione di nuovi comportamenti, come la diffusione dell’uso della doccia al posto della vasca da bagno e l’uso degli impianti di condizionamento dell’aria, che, causando aerosolizzazione dell’acqua, hanno certamente favorito la diffusione dell’infezione da Legionella pneumophila e da Mycobacterium avium 2.

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Dato il largo utilizzo e l’estrema varietà di impieghi possibili dell’acqua, risulta molto probabile l’esposizione ad eventuali microrganismi contaminanti presenti in essa. La probabilità di contrarre una malattia idrodiffusa dipende da vari fattori, per questo si possono individuare categorie di individui a più alto rischio di contrarre un’infezione veicolata dall’acqua.

Fattori di rischio per le malattie idrodiffuse sono 2; (www.who.int):

caratteristiche dell’acqua utilizzata: sia microbiologiche (presenza di determinate specie microbiche patogene e la loro concentrazione), sia chimico-fisiche, in quanto temperatura, concentrazione di cloro o altri disinfettanti possono influire sulla qualità microbiologica dell’acqua;

stato immunitario del fruitore: l’appartenenza dei soggetti a sottogruppi più suscettibili della popolazione come neonati, anziani e soggetti immunodepressi, espone maggiormente questi individui a infezioni da microrganismi idrodiffusi. E’ importante la qualità microbiologica dell’acqua e delle reti di distribuzione di strutture sanitarie, in particolar modo nelle unità in cui sono ospitati pazienti immunocompromessi (unità di terapia intensiva, trapianti, oncologia);

durata dell’esposizione: il rischio di contrarre malattie idrodiffuse è direttamente proporzionale al periodo di permanenza in contatto con corpi idrici contaminati;

modalità d’uso dell’acqua: ci sono dei comportamenti che aumentano il rischio di trasmissione di malattie idrodiffuse. Fra questi hanno una particolare rilevanza quelli che causano l’ingestione di acqua, come ad esempio attività ludiche acquatiche e sport acquatici (in quelli a livello agonistico all’ingestione si aggiunge il lungo tempo di permanenza); l’ingestione involontaria di acqua contaminata è la causa principale delle infezioni (in particolar modo gastroenteriti) registrate tra gli utenti delle piscine.

Quindi oltre a pazienti ospedalizzati immunocompromessi che sono il gruppo a maggior rischio di infezione, anche i bambini sono fra le categorie a più alto rischio per contrarre malattie idrodiffuse, perché hanno maggiori opportunità di esposizione, tendono ad usare più frequentemente acque ricreative e per un tempo più lungo rispetto a gruppi di età superiore; il gioco stesso spesso porta a ingestione accidentale di acqua da parte di bambini (WHO 2005).

La situazione relativa al rischio microbiologico associato all’acqua, può essere diversa nei vari Paesi, in relazione al fatto che l’epidemiologia delle patologie idrodiffuse è influenzata dall’ interazione di una serie di fattori che determinano condizioni favorevoli o meno alla diffusione di microrganismi patogeni differenti in aree diverse. Tali fattori comprendono la presenza/assenza originaria di un microrganismo in un’area, le sue caratteristiche intrinseche (resistenza, infettività, dose infettante, ecc.) e le condizioni climatiche che possono favorirne la sopravvivenza ed eventualmente la moltiplicazione.

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La pressione che determina la selezione di specifici microrganismi patogeni idrodiffusibili e la loro circolazione in un’area, è dovuta alla presenza di sorgenti di contaminazione microbica e di attività antropiche che ne favoriscono la diffusione sul territorio, come la presenza di pascoli e la circolazione di animali selvatici, l’impiego di fertilizzanti organici naturali in agricoltura, le modalità di trattamento e smaltimento dei reflui civili e degli allevamenti, il trattamento effettuato sulle acque destinate ad uso potabile, la qualità dell’acqua impiegata a scopo irriguo, ecc. Anche la morfologia del territorio e le condizioni meteoclimatiche dell’area, sono fondamentali per la idrodiffusione di microrganismi patogeni 2.

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1.2 PRINCIPALI AGENTI ETIOLOGICI DELLE INFEZIONI

IDRODIFFUSE

Le malattie idrodiffuse sono veicolate dai rappresentanti, siano essi patogeni emergenti, riemergenti od opportunisti, dei tre principali gruppi di organismi: batteri, virus e protozoi23. Variegata è anche la gamma delle patologie provocate da questi patogeni (tabelle 1.2, 1.3, 1.4), che può andare da alterazioni gastro-intestinali, a complicanze polmonari, fino anche alla morte di individui particolarmente suscettibili (immunocompromessi).

I microrganismi maggiormente presenti nelle acque sono i batteri e fra questi gran parte dei patogeni idrodiffusi ha origine fecale (es. Campylobacter spp., E. coli O157:H7, Helicobacter pylori); vi sono anche specie ambientali in grado di moltiplicarsi nell’acqua e nelle reti di distribuzione idrica, come Aeromonas spp., Pseudomonas aeruginosa, Legionella spp., Mycobacterium spp. e altri batteri gram negativi, specialmente bacilli non fermentanti 224.

I patogeni opportunisti, presenti nelle acque e ambienti umidi, possono rappresentare fino al 30% della popolazione batterica di tali ambienti, ed hanno alcune caratteristiche in comune:

capacità di sopravvivere fuori dall’ospite;

proliferazione in acqua e ambienti umidi, anche in presenza di un basso livello di nutrienti;

crescita in biofilm, resistenti alle comuni procedure di disinfezione, incluse alte temperature e biocidi chimici;

resistenza a un largo spettro di antibiotici.

Diversamente i virus (Rotavirus, Calicivirus) e i protozoi enterici idrodiffusibili (es. Cryptosporidium parvum, Giardia duodenalis), non sono in grado di moltiplicarsi nelle acque, ma hanno una dose infettante tipicamente bassa, da unità a decine di unità infettanti e sono resistenti sia all’ambiente acquatico, sia ai trattamenti di potabilizzazione 2; in particolare, alcune specie di protozoi per sopravvivere alle condizioni ambientali avverse, secernono una barriera protettiva e restano in uno stadio di latenza denominato ciste, che li protegge dalla disinfezione, facilitando così il diffondersi di malattie 9 (www.epa.gov).

Fra i microrganismi emergenti, occupa un posto di rilievo Legionella pneumophila: agente etiologico della legionellosi, una malattia infettiva grave e a letalità elevata, considerata un problema emergente di Sanità Pubblica, sia perché i casi notificati sono in aumento anche nel nostro Paese, sia perché si tratta di un microrganismo ubiquitario

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negli ambienti acquatici naturali (laghi, corsi d’acqua, acque termali, bacini idrici) e artificiali (acqua condottata cittadina, impianti idrici di singoli edifici e di comunità, piscine, impianti di condizionamento), dai quali si diffonde attraverso la formazione di aerosol dall’acqua contaminata.

Le infezioni provocate da questo microrganismo, sono sottoposte a sorveglianza speciale da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e della Comunità Europea. In Italia, la malattia è soggetta a notifica obbligatoria in classe II e viene anche sorvegliata attraverso un sistema di segnalazione che raccoglie dettagliate informazioni in un registro nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità.

Tab. 1.2 Caratteristiche di alcuni batteri patogeni idrodiffusi nei Paesi industrializzati

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1.3 LEGIONELLA

Da quando sono stati identificati dal punto di vista etiologico i primi casi di Malattia del Legionario, la caratterizzazione dei ceppi isolati da pazienti ha portato alla creazione di un nuovo genere di batteri appartenente alla famiglia delle Legionellaceae, Legionella. 25.

Sulla base dei bassi valori di ibridizzazione del DNA ottenuti fra alcune specie di legionella 26, alcuni ricercatori 27 hanno proposto di inserire legionella in tre separati generi, legionella, Fluoribacter e Tatlockia. Recenti studi hanno comunque mostrato che la famiglia delle Legionellaceae forma un singolo sottogruppo che condivide un antenato comune con la suddivisione gamma dei Proteobacteria e con l’analisi dell’RNA ribosomiale 16S è stata supportata la teoria dell’ appartenenza a una singola Famiglia, mostrando che tutte le legionelle studiate sono correlate per più del 95% 28 e, sebbene all'interno del genere legionella, la parentela tra il DNA dei ceppi di una determinata specie sia insolitamente alta (> 90%), la parentela tra il DNA di una specie e un’altra è inferiore al 70% 29.

Filogeneticamente la più vicina alla famiglia delle Legionellaceae è Coxiella burnettii (Marti, Garcia e Bustillo, 1990. 30. 31, l’agente etiologico della febbre Q. Le Legionellaceae e C. burnettii hanno gli stessi “stili di vita” intracellulari e sembrano avere geni comuni associati ai processi di infezione nei rispettivi ospiti.

Il numero di specie e sierogruppi del genere legionella è in continuo aumento (tabella 1.5).

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1 L. adelaidensis 21 L. gresilensis 41 L. rowbothamii

2 L. anisa 22 L. hackeliae 42 L. rubrilucens

3 L. beliardensis 23 L. israelensis 43 L. sainthelensi 4 L. birminghamensis 24 L. impletisoli 44 L. santicrucis 5 L. bozemanae 25 L. jamestowniensis 45 L. shakespearei 6 L. bozemanii 26 L. jordanis 46 L. spiritensis 7 L. brunensis 27 L. lansingensis 47 L. steigerwaltii 8 L. busanensis 28 L. londiniensis 48 L. taurinensis 9 L. cherrii 29 L. longbeachae 49 L. tucsonensis 10 L. cincinnatiensis 30 L. lytica 50 L. wadsworthii 11 L. drancourtii 31 L. maceachernii 51 L. waltersii 12 L. drozanskii 32 L. micdadei 52 L. worsleiensis 13 L. dumoffii 33 L. moravica 53 L. yabuuchiae 14 L. erythra 34 L. nautarum 15 L. fairfieldensis 35 L. oakridgensis 16 L. fallonii 36 L. parisiensis 17 L. feeleii 37 L. pittsburghensis 18 L. geestiana 38 L. pneumophila 19 L. gormanii 39 L. quateirensis 20 L. gratiana 40 L. quinlivanii

Tab. 1.5 Specie di Legionella. Source: German Collection of Microorganisms and Cell Cultures.

Attualmente si conoscono più di 50 specie e almeno 16 differenti sierogruppi di L. pneumophila 32 e inoltre, sono state identificate con il nome di patogeni amebici legionella-simili (Legionella-like amoebal pathogens, LLAPs) 33 alcune legionelle che non sono capaci di crescere nei terreni di routine specifici per legionella, perchè crescono in specifiche specie di ospiti amebici. Tra queste, un ceppo LLAP, isolato per arricchimento nell’ameba da sputum di un paziente affetto da polmonite, è considerato patogeno umano estremamente raro. 32. Fry NK et al. 1999.; 34. Sebbene recentemente siano stati classificati come appartenenti a L.spp tre ceppi LLAPs 35 36 37, data la difficoltà di isolamento tramite le tecniche convenzionali utilizzate per legionella, risulta difficile dimostrare l’appartenenza di altri ceppi LLAPs a tale categoria dei patogeni.

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1.3.1 Caratteristiche microbiologiche

La famiglia delle Legionellaceae, composta unicamente dal genere legionella attualmente comprende più di 50 specie, suddivise in 70 sierogruppi 32. 38. Per la specie Legionella pneumophila, sono stati individuati ad oggi 16 sierogruppi 32.

I batteri appartenenti a questo genere sono cocco-bacilli Gram negativi che misurano 0.3-0.9µm in ampiezza e 2-20 µm in lunghezza. Nei tessuti e nei campioni clinici i microrganismi, sempre di forma coccobacillare, misurano 1-2 µm, mentre dopo la crescita su alcuni terreni di coltura possono essere osservate forme filamentose allungate.

Per il primo isolamento e una crescita ottimale sia da campioni clinici che ambientali, a differenza altri batteri acquatici, è richiesta l’aggiunta di ferro solubile e, come fonte energetica, sono utilizzati gli amminoacidi piuttosto che i carboidrati 38. Il terreno di crescita di scelta per l'isolamento clinico è il BCYEα (Buffered Charcoal yest extract) agar costituito da ferro, l’amminoacido L-cisteina, α-chetoglutarato, e carbone contenente estratto di lievito tamponato con buffer organico. Occasionalmente, alcune rare specie isolate da campioni clinici (L. jordanis, L. oakridgensis and L. spiritensis) possono perdere la dipendenza dall’L-cisteina 39. Questa caratteristica deriva dalla mutazione di un gene non essenziale per la sopravvivenza e avviene esclusivamente in seguito a passaggi seriali quando i ceppi di legionella, isolati da un ospite infetto, sono utilizzati per infettare un secondo ospite. Tali ceppi crescono in modo più vigoroso nei terreni contenenti L-cisteina 37.

Per sostenere la crescita batterica è inoltre fondamentale il pH del terreno che deve essere regolato a 6,9 con l'aggiunta di N-2-acetamino-2-acido aminoetansulfonico (ACES) 40. Il valore ottimale di pH è leggermente acido tra 6,85 e 6,95, ma può sopportare anche pH più acidi sino a 5,5. Legionelle sono batteri acido-tolleranti (possono resistere per brevi periodi all’esposizione di un pH=2.0) e sono state isolate da fonti ambientali con range di pH da 2.7 a 8.3. 41. 42.

Le legionelle sono asporigene, aerobi obbligati e crescono a temperature che variano da 20° a 42° C. Le specie di legionella clinicament e importanti si sviluppano in maniera ottimale dopo l’incubazione delle piastre di BCYEα in atmosfera umida a 35° C, di solito in 2-5 giorni. Molto raramente può essere richiesta, per l'isolamento di specie insolite di legionella, un'incubazione fino a 10 giorni 32.

Sui terreni di coltura le colonie si sviluppano meglio in condizioni di microaerofilia (2,5 % di CO2 soprattutto per il primo isolamento) e mostrano un notevole pleomorfismo:

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inizialmente sono colonie piccole, puntiformi, mentre dopo diversi giorni di incubazione crescono aumentando di diametro, fino a raggiungere i 3-4 mm. Si presentano in forma circolare, con la parte centrale bianca molto luminosa a superficie speculata, margini netti con superficie leggermente convessa, di colore bianco grigiastro lucido e con consistenza mucosa (figura 1.1).

Fig. 1.1 Legionella pneumophila si BCYE agar

Su terreno di coltura contenente coloranti come il porpora di bromocresolo ed il blu di bromotimolo, le colonie possono assumere le seguenti colorazioni (figura 1.2):

- bianco verde per L. pneumophila, L. longbeach e L. jordanis - verde per L. bozemanii, L. dumoffii e L.gormanii

- blu grigio per L.micdadei

Le colonie di Legionella pneumophila appaiono di colore dal bianco-grigio al blu-grigio e con fluorescenza giallo-verde se osservate con lampada UV. Colonie di Legionella bozemanii appaiono di colore dal bianco-grigio al grigio e con fluorescenza blu-bianca alla luce UV; colonie di Legionella micdadei non presentano, invece, fluorescenza.

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Fig. 1.2 Colonie fluorescenti di Legionella dumoffii su BCYE agar.

Legionella è un batterio Gram negativo con una sottile parete cellulare, che si colora debolmente alla colorazione di Gram se sono utilizzati come coloranti di contrasto rosso neutro o safranina (figura 1.3). Questa caratteristica è dovuta probabilmente alla composizione della parete cellulare, che contiene una grande quantità di acidi grassi ramificati e ubichinoni con lunghe catene isopropeniche. 4344.

Utilizzando come colorante di contrasto la Fucsina basica, legionella isolata da aspirato transtracheale, da biopsia polmonare o dai fluidi pleurici, appare come piccoli cocchi Gram negativi. Esistono altri metodi alternativi alla colorazione, come l’impregnazione argentica di Dieterle 45 o metodi più sensibili e specifici come anticorpi accoppiati a coloranti fluorescenti o colorazioni con l’immunoperossidasi. 37.

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Generalmente L. pneumophila che ha uno o due flagelli polari, la cui espressione è in funzione della temperatura 46, possiede una limitata motilità e alcuni ceppi sono completamente non-motili 47. Fatta eccezione per L. pneumophila, i dati biochimici a disposizione, sono pochi. Il profilo enzimatico all‘interno della famiglia delle Legionellaceae è piuttosto omogeneo: non riducono i nitrati, né l’urea, la maggior parte è gelatinasi positiva, mentre il test per l’ossidasi è talvolta positivo solo per L.pneumophila e L.micdadei in colture di 48 ore, divenendo negativo in colture più vecchie 48.

L’assenza di attività glicosidasica conferma l’incapacità di questi microrganismi di utilizzare i carboidrati, mentre le proprietà leucina, valina e cisteina aminopeptidasiche, dimostrano come possono utilizzare diversi amminoacidi per la loro crescita. Il largo margine di pH (5,5-8,5) dell’attività fosfatasica, indica che questa svolge un ruolo essenziale nel loro metabolismo in un ampio range di condizioni ambientali. Numerose specie producono l’enzima β-lattamasi che determina una loro completa resistenza sia in vivo che in vitro, agli antibiotici β-lattamici. I ceppi appartenenti a tutti i sierogruppi di L.pn, eccetto i sierogruppi 4 e 15, mostrano una forte idrolisi dell’ippurato. Come altri piccoli batteri Gram negativi, le Legionellaceae possiedono un doppio involucro cellulare molto sottile, formato da due o tre strati. Uno strato più esterno elettron-denso, ondulato e staccato dalla cellula batterica, e uno strato più interno, meno opaco agli elettroni del precedente, che rappresenta la membrana citoplasmatica vera e propria. Tra i due strati è infine presente uno strato discontinuo di peptidoglicano. Il citoplasma contiene numerosi ribosomi liberi, inclusioni lipidiche Sudanofile e materiale nucleare filamentoso. In molti stipiti delle diverse specie, isolate sia dall’ambiente che da alcuni casi clinici, sono presenti uno o più plasmidi 29.

La parete batterica delle Legionellaceae, presenta un alto contenuto di acidi grassi a catena ramificata che costituiscono l’80-90% degli acidi grassi totali, mentre sono del tutto assenti gli acidi grassi con gruppi idrossilici 43. Questa proprietà, insolita per le altre specie di Gram negativi, conferma la completa distinzione tassonomica della famiglia delle Legionellaceae, in quanto la composizione in acidi grassi della parete dipende esclusivamente da informazioni genomiche e non da quelle plasmidiche. La membrana citoplasmatica è particolarmente ricca di ubichinoni contenenti lunghe catene laterali costituite da 9 a 16 unità di isoprene 38, il cui numero può variare notevolmente tra le diverse specie di legionella: ulteriore criterio chemotassonomico nella distinzione delle varie specie 49. Gli acidi grassi e i profili degli ubichinoni permettono quindi di assegnare al genere tutti gli appartenenti alla famiglia delle Legionellaceae.

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La membrana è costituita da lipopolisaccaridi termostabili (LPS, lipopolysaccharides heat-stable) la cui natura determina le caratteristiche degli antigeni somatici “O”.

Le legionelle sono state caratterizzate sulla base dell’analisi dei peptidi solubili per mezzo dell’elettroforesi su gel di sodio dodecil-solfato di poliacrilammide (SDS-PAGE) e tramite il profilo proteico delle proteine native con gel di poliacrilammide (PAGE) 50. 51, dimostrando che questo metodo, prima dell’avvento delle tecniche di ibridazione DNA-DNA, per l'identificazione di Legionella spp è complementare alle tecniche che utilizzano reazioni di immunofluorescenza, valutazione della quantità di acidi grassi, e analisi degli ubiquinoni.

La tecnica più frequentemente utilizzata per l’identificazione delle specie di legionella è quella che si basa su metodi sierologici. I laboratori dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) utilizzano antisieri prodotti da conigli, preparati contro tutte le specie e sierogruppi di legionella, al fine di identificare la maggior parte dei ceppi 3352. Va notato che questi sieri presentano cross-reazione con nuovi sierogruppi o specie non individuate in precedenza e che comunque sono state riportate reazioni crociate con batteri non-legionella. 535455

La procedura definitiva per stabilire l’appartenenza di un ceppo a legionella o a una nuova specie è la tecnica di ibridazione DNA-DNA. Questa procedura richiede che il DNA del ceppo batterico in esame venga ibridato con il DNA di tutte le specie conosciute di legionella. Pertanto, solo un numero molto limitato di laboratori specializzati è in grado di eseguire questa procedura.38

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1.3.2 Ecologia e habitat

Conoscere l’ecologia di legionella come ad esempio i meccanismi secondo i quali interagisce con il suo ambiente naturale e con altre specie, aiuta a comprendere i fattori che ne favoriscono la sopravvivenza e la crescita nei sistemi idrici artificiali.

Legionella è ubiquitaria negli ambienti acquatici naturali e artificiali e può sopravvivere in un range di condizioni ambientali molto vasto 56. E’ normalmente associata alla presenza d’acqua (laghi, corsi d’acqua, torrenti, fanghi, zone termali e ambienti umidi), 56 e seguendone il percorso, è in grado di colonizzare anche habitat artificiali come impianti idrici (condutture dell’acqua potabile), centrali di riscaldamento, sistemi di raffreddamento e di umidificazione dell’aria condizionata di ospedali, alberghi, industrie e case private. All’interno di questi impianti, sulle superfici di diversi materiali e strutture esposte al contatto prolungato con l’acqua, si formano biofilm in cui le legionelle possono trovare un microhabitat favorevole alla propria crescita. Da queste nicchie ecologiche il microrganismo può diffondere contaminando la rete idrica, fino a raggiungere rubinetti, miscelatori e docce, i quali generano all’apertura un fine aerosol, le cui goccioline d’acqua contaminate possono essere facilmente inalate e raggiungere le basse vie respiratorie.

A conferma della loro ubiquitarietà vi è il fatto di essere state isolate da sorgenti diverse dall’acqua come le piante delle foreste pluviali, in acque sotterranee57. 58 e in acqua di mare 59. In alcuni ambienti acquatici naturali (ad esempio in acque sotterranee contaminate da suoli o sottosuoli e che hanno una temperatura inferiore a 20º C), legionella, può essere presente in concentrazioni troppo basse per essere isolata tramite i comuni metodi colturali. Tale acqua può potenzialmente introdurre il batterio nei sistemi di stoccaggio idrico, dove le condizioni chimico-fisiche possono favorirne la crescita. 60. L’acqua resta comunque il pricipale serbatoio di legionella: Legionelle sono state isolate dalle acque dolci tramite coltura nel 40% casi e tramite PCR in più dell’80% 61.

Una sola eccezione è rappresentata da Legionella longbeachae, frequentemente isolata da terriccio 62. Questa specie è la principale causa di legionellosi in Australia nei giardinieri e nei soggetti addetti alla vendita del terriccio 63. Negli Stati Uniti i primi casi di infezione da L. longbeachae associati terriccio, sono stati segnalati nel 2000 (CDC. 2000).

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1.3.3 Fattori che influenzano la crescita di legionella 1.3.3.1 Temperatura

La temperatura dell’acqua svolge un ruolo fondamentale sui livelli di sopravvivenza e moltiplicazione di L. spp nel mezzo acqua.

Ceppi di Legionelle possono essere facilmente isolati da diverse fonti acquatiche ambientali, con temperature tra i 30 ºC e 70 ºC 56. Per esempio, legionella è stata isolata da fiumi ghiacciati, stagni e sorgenti termali e fonti acquatiche nelle vicinanze di un vulcano 64. 65 hanno mostrato che naturalmente L. pneumophila sopravvive e si moltiplica in acqua a temperature comprese tra 25 °C e 45 ºC, con un range ottimale di temperatura di 32-42 ºC. Lo studio ha inoltre rilevato che legionelle sono più frequentemente isolate a temperature comprese tra i 35 ºC e i 45 ºC, con il massimo aumento della conta vitale tra i 37 ºC e 42 ºC 66; 67. Come la temperatura scende sotto i 37 ºC, i batteri riducono il loro tasso riproduttivo; il tasso è basso se non del tutto assente a temperature inferiori ai 20 º C.

L. pneumophila si moltiplica a temperature comprese tra i 25 ei 42°C, con una temperatura ottimale di crescita di 35°C 6865.

In uno studio Kusnetsov 69 hanno rilevato che la crescita di tutti i ceppi testati diminuiva a temperature superiori a 44-45 ºC, con limitazione della crescita a temperature comprese tra i 48,4 ºC e 50,0 °C. I ceppi di legion ella studiati producevano anidride carbonica fino a 51,6 ºC, e questo suggerisce che alcuni enzimi respiratori possono rimanere attivi a tali temperature. Sistemi idrici complessi, come l’acqua calda della rete idrica, i condizionatori d'aria e vasche d'acqua calda delle piscine termali, utilizzano l'acqua nel range di temperatura che favorisce la crescita di legionella. Inoltre, questi sistemi di acqua sono potenzialmente in grado di produrre aerosol, aumentando così la diffusione dei batteri.

E’ stato dimostrato che alcuni ceppi di L. pneumophila hanno un tempo di riduzione decimale D (unità di resistenza microbica al calore, definito come il tempo richiesto per uccidere il 90% di una popolazione di microrganismi a temperatura costante e in particolari condizioni) di 80-124 minuti a 50 ºC, e di 2 minuti a 60 ºC 7067 e per ottenere una considerevole riduzione numerica, fino ad una totale distruzione di questi batteri, devono essere raggiunti i 70° C 71.

L’ identificazione di Legionella spp. nei serbatoi dell’acqua calda sottolinea che la temperatura è un fattore cruciale per la colonizzazione dei sistemi di distribuzione dell'acqua 72, la proliferazione di legionella nell’ambiente e il conseguente rischio di infezione da legionella. Pertanto, per prevenire l'infezione da legionella, la temperatura

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consigliata per la conservazione e distribuzione di acqua fredda è inferiore a 25 °C, e idealmente inferiore a 20 °C, anche se recenti stud i di laboratorio su ceppi mutanti di legionella hanno mostrato che i batteri possono crescere, in determinate condizioni anche a temperature inferiori ai 20 ºC 73.

Non solo la temperatura, ma anche altri fattori come acqua stagnante (tubature a fondo cieco e serbatoi di raccolta), presenza di sedimenti, incrostazioni calcaree e uso di particolari materiali idraulici (plastica e pvc) che permettono la formazione di biofilm, favoriscono la colonizzazione di impianti idrici da parte di Legionella.

La legionellosi è una malattia che è emersa nella seconda metà del 20° secolo a causa di modificazioni ambientali indotte dall’uomo. Nel suo stato naturale, legionella sarebbe una causa molto rara di malattia, come risulta dal fatto che gli ambienti naturali di acqua dolce non sono mai stati coinvolti in casi di epidemie di legionellosi. Alcuni focolai di legionellosi sono stati associati con la presenza di cantieri edili, e inizialmente si è creduto che i batteri potessero sopravvivere ed essere trasmessi all’uomo attraverso il suolo. Tuttavia, L. pneumophila non è in grado di sopravvivere negli ambienti asciutti, quindi è più probabile che questi focolai fossero il risultato di una massiccia disincrostazione degli impianti idraulici a causa di cambiamenti nella pressione dell'acqua durante la costruzione 68.

La maggior parte dei casi di legionellosi sono associati agli ambienti acquatici artificiali dove la temperatura dell'acqua è più alta rispetto alla temperatura ambiente. Gli ambienti acquatici alterati termicamente possono spostare l'equilibrio tra protozoi e batteri, con conseguente rapida moltiplicazione di legionella, che può tradursi in casi di malattia.

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1.3.3.2 Richiesta di nutrienti

L'acqua da sola è insufficiente per consentire la proliferazione di L. pneumophila; ne sono prova studi effettuati con acqua distillata sterile e con acqua di rubinetto sterile, dai quali è emerso che L. pneumophila può sopravvivere per lunghi periodi in questi mezzi, ma non vi si può moltiplicare 7475.

Le sostanze nutritive possono essere fornite, direttamente o indirettamente, da altre specie di batteri o altri microrganismi, sotto forma di costituenti organici disciolti, attraverso la produzione in eccesso di sostanze organiche o attraverso i prodotti derivati dal decadimento dei microrganismi stessi 76 6577, e questo concorda con gli studi che mostrano come gli amminoacidi siano i principali nutrienti richiesti per la crescita di L. pneumophila. 787980.

1.3.3.3 Associazione con altri microrganismi

Raramente nell’acqua dolce si ritrova una concentrazione di nutrienti tale da favorire la crescita di legionella e, se presenti, tali nutrienti sono utilizzati da altri batteri per crescere più velocemente e competere così con legionella stessa 38. La distribuzione ubiquitaria delle Legionellaceae nell’ambiente, dovuta alle capacità di adattamento ad un ampio range di condizioni chimico-fisiche, contrasta quindi con la scarsa adattabilità ai comuni sistemi di coltura e con l’esigenza di condizioni particolari per la crescita. Tale contraddizione è spiegata dalla capacità di questo batterio di stabilire rapporti di simbiosi con altri organismi acquatici saprofiti (microalghe, cianobatteri e anche Pseudomonas) che fornirebbero i substrati nutritivi per la crescita 81.

La facilità con cui legionella si riproduce negli ambienti acquatici naturali e nei suoli umidi, è in buona parte dovuta anche alla sua capacità di moltiplicarsi all’interno di protozoi ciliati (Tetrahymena) e amebe (Acanthamoeba, Naegleria, Hartamennella, Vahlkampfia), con cui condivide gli stessi ambienti acquatici. 82, 83. E’ la contemporanea presenza, dimostrata 56768466808586, di altri microrganismi, oltre che di nutrienti, che permette a legionella di moltiplicarsi, come risulta dalla sua capacità di sopravvivenza e di moltiplicazione in acqua di rubinetto non-sterile 65. E’ stato dimostrato, infatti che questi batteri si moltiplicano in 14 specie di Amoebae (come Acanthamoeba, Naeglerea, Hartamennella), 2 specie di protozoi ciliati (come Tetrahymena pyriformis, Tetrahymena vorax 83 87 75 85 88 e una specie di muffa 83 38, mentre la crescita di legionella in assenza di protozoi è stata documentata solo in laboratorio. 82838990.

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La prima osservazione sulla crescita di legionella associata alla presenza di altri microrganismi risale al 1980, quando da un tappeto algale prelevato da un lago temperato fu isolata L. pneumophila. Fu osservato che rimuovendo le alghe da una coltura cellulare di Legionelle spp., il numero di legionelle vitali nella coltura diminuiva, dando spiegazione della necessità di particolari condizioni per la crescita e lo sviluppo in ambiente artificiale 81.

Fu proprio Rowbotham nel 1980 il primo scienziato a provare la relazione tra Amoebae e L. pneumophila osservando per la prima volta la capacità replicativa della legionella nelle cellule ospiti. Questo batterio ha la capacità di riprodursi all’interno di protozoi ciliati che costituiscono una fonte di nutrimento e di protezione nel momento in cui le condizioni ambientali diventano sfavorevoli, (acidità e temperatura sfavorevoli, presenza di biocidi ecc.) sfruttando anche la caratteristica delle amebe di produrre forme di resistenza come le cisti 83. A dimostrazione di ciò sono stati condotti vari studi in cui è stato confrontata la crescita di legionella in presenza e in assenza di amebe. I protozoi proteggono legionella dagli effetti di biocidi 91 e dai trattamenti di disinfezione termica 92.

Una volta che è stata ingerita da un’ameba, la sopravvivenza di L. pneumophila dipende dalla temperatura dell'acqua. A 22 °C i bat teri sono digeriti dall'ameba 93, mentre a 35 °C possono proliferare all'interno dell ’ameba stessa. 83. La temperatura influisce anche sull'espressione dei flagelli che hanno un ruolo importante nella patogenicità di molti organismi, determinando un maggior numero di batteri flagellati presenti a 30 ºC rispetto che a 37 ºC 46. Heuner e Steinert 94 hanno constatato che legionelle non flagellate erano meno efficienti nell’infettare protozoi e macrofagi rispetto ai ceppi wild-type.

Le amebe si nutrono di batteri ma anche di funghi e alghe per cui legionella, appena viene fagocitata, dovrebbe essere digerita. La proprietà che legionella possiede, rispetto alla maggior parte di batteri che vengono digeriti dalle amebe, la classifica tra i batteri resistenti alle amebe (ARB) fra i quali si trovano molti patogeni importanti come Listeria monocytogenes e Pseudomonas aeruginosa 95. Essendo un microrganismo intracellulare opportunista, appena trova una cellula ospite, sia essa un protozoo o un macrofago, vi aderisce e penetra all’interno grazie all’azione fagocitaria della cellula stessa. All’interno della cellula ospite legionella non rimane in forma silente ma, in primo luogo, evita la fusione del fagosoma con il lisosoma in modo da evitare la sua eliminazione e, dopo ciò, inizia a reclutare vescicole provenienti dal reticolo endoplasmatico ricche di nutrienti e mitocondri, in modo da creare un ambiente favorevole alla sua moltiplicazione. Il fagosoma a questo punto è una bomba ad orologeria in quanto libera batteri ciliati e mobili pronti ad infettare nuove cellule ospiti.

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Per liberare le nuove forme infettanti, i protozoi vengono distrutti per necrosi mentre i macrofagi e le cellule alveolari vengono distrutti per necrosi o apoptosi. Non sempre si ha la distruzione delle cellule ospiti che possono rimanere intatte e piene di legionelle dopo l’espulsione di vescicole contenenti cellule batteriche 96. In figura 1.4 è schematizzato il ciclo vitale di Legionella pneumophila.

Fig 1.4 Ciclo di vitale di Legionella pneumophila

Le amebe rappresentano un fattore favorente la moltiplicazione delle legionelle ma, ancora più grave, possono selezionare ceppi di legionella che riescono a sopravvivere all’interno dei macrofagi alveolari e a provocare lisi cellulare. Possiamo quindi ipotizzare che batteri del genere Legionella, come altri microrganismi che esplicano la loro patogenicità attraverso il parassitismo intracellulare, abbiano secondariamente acquisito la capacità d’infettare le cellule eucariote umane (linfociti, monociti, macrofagi alveolari) essendo già adattati alla vita intracellulare nei protozoi. Sembra inoltre che L.pneumophila utilizzi gli stessi geni per la crescita intracellulare sia nelle amebe che nei macrofagi umani 97.

Da quanto detto fin’ora, la flora batterica acquatica può assumere un ruolo influente lo sviluppo di legionella. Vari studi hanno portato alla scoperta di interazioni che possono essere:

favorenti lo sviluppo di legionella, nel caso in cui questi fungono da nutrimento per i protozoi e per cui, indirettamente, favoriscono lo sviluppo di legionella

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limitanti lo sviluppo di legionella, nel caso in cui la flora batterica acquatica produca sostanze batteriocine-simili (BLS) contro legionella. Da una ricerca effettuata su 72 ceppi di Pseudomonadacee risulta che il 64% dei ceppi era produttore di batteriocine contro legionella. 98.

Proprio lo studio della produzione di BLSs e l’effetto che queste hanno sulla formazione o meno del biofilm, può contribuire a determinare il destino di legionella nelle varie nicchie ecologiche. Recenti studi hanno infatti sottolineato l’importanza della relazione fra L. pneumphlia e altre specie batteriche produttrici di BLS. Pseudomonas fluorescens, la miglior produttrice di BLS, risulta avere il maggiore effetto inibente sulla formazione di biofilm. Pseudomonas aeruginosa, Burkholderia cepacia, Pseudomonas putida, Aeromonas hydrophila e Stenotrophomonas maltophilia, pur producendo BLS a diversi livelli, sono invece meno inibenti sulla formazione di biofilm; mentre Acinetobacter lwoffii, che non produce alcun composto antagonista, è risultato essere l'unico in grado di potenziare fortemente la formazione del biofilm. 99

1.3.3.4 Il biofilm

La scoperta nel 1901 che l’adesione alle superfici aumenta l’attività replicativa dei microrganismi di origine acquatica, ha aperto la strada per ulteriori studi sull’attività e colonizzazione microbica associata alle superfici (o formazione di biofilm) 60. I microrganismi più studiati per quanto riguarda la formazione di biofilm sono Pseudomonas aeruginosa e Staphylococcus aureus.

I biofilm microbici, complessi sistemi estremamente eterogenei composti da batteri, alghe e protozoi, sono ubiquitari, presenti in ambienti di diversa natura e possono presentare struttura diversa in base ai microrganismi che lo generano ed alle condizioni ambientali in cui viene generato. Uno dei primi biofilm studiati fin dagli anni 70 è stata la placca dentale, vista la sua importanza dal punto di vista biomedico. Si pensava che la formazione dei biofilm fosse legata al solo ambiente della mucosa boccale umana, ma più di recente, fine anni 80 inizi anni 90, si è scoperto che il biofilm rappresenta la forma più comune di sopravvivenza delle comunità microbiche in natura 10099.

L’importanza dei biofilm si riscontra soprattutto in campo medico ma non va sottovalutata l’importanza assunta negli ultimi anni in campo industriale e civile in quanto la sua formazione nelle tubature può rallentare il flusso dell’acqua e accelerare la loro corrosione.

La formazione del biofilm è ampiamente presente sia in ambienti naturali che artificiali e assume importanza nei meccanismi utili per resistere alle condizioni più avverse. Molti microrganismi, come L. pn., per sopravvivere nell’ambiente aderiscono alle

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