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Equità e competizione nell'educazione scolastica

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Academic year: 2021

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Dottorato di ricerca in

Innovazione e Valutazione dei Sistemi

di Istruzione

XXII ciclo

Equità e competizione

nell’educazione scolastica

Dottoranda

Tutore

Paola Mirti

Prof. Benedetto Vertecchi

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(3)
(4)
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i

Indice

Ringraziamenti ... 1

Introduzione ... 3

Perché questa ricerca ... 7

L’articolazione del lavoro ... 8

Parte Prima ... 11

I PUNTI DI VISTA ... 11

Capitolo Primo ... 13

CAMBIA LA SOCIETÁ, CAMBIA L’EDUCAZIONE ... 13

Premessa ... 13

1.1. Il punto di vista storico ... 13

1.1. La leva religiosa ... 14

1.2. La leva economica ... 14

Capitolo Secondo ... 19

CAMBIA L’EDUCAZIONE, CAMBIANO GLI INDIVIDUI ... 19

Premessa ... 19

2.1. Il punto di vista educativo ... 19

2.2. Il principio dell’uguaglianza di tutti gli uomini ... 21

2.3. L’istruzione pubblica, laica e indipendente ... 22

2.4. L’educazione, il cardine della democrazia ... 30

Capitolo Terzo ... 35

IL QUADRO DI RIFERIMENTO CONCETTUALE DELL’EQUITÀ ... 35

Premessa ... 35

3.1. La giustizia in una prospettiva storico-filosofica ... 36

3.2. Il ruolo del sistema educativo ... 40

3.3. Uguaglianza di che cosa? ... 41

3.4. L’origine e lo sviluppo del dibattito sull’equità in educazione ... 43

3.5. Sistema scolastico ed equità ... 46

3.6. Relazione tra uguaglianza di opportunità ed equità ... 49

3.7. Relazione fra merito ed equità ... 50

3.8. Relazione tra utilità ed equità ... 52

3.9. Relazione tra espansione dell’istruzione e riduzione delle disuguaglianze sociali ... 52

3.10. Relazione tra competizione ed equità ... 54

3.11. Un esempio di operazionalizzazione dell’equità ... 56

Capitolo Quarto ... 59

L’EQUITÁ IN EDUCAZIONE: IL PUNTO DI VISTA SOCIOLOGICO ... 59

Premessa ... 59

4.1. Il funzionalismo ... 60

4.2. La teoria della riproduzione ... 62

4.3. La teoria del deficit ... 65

4.4. L’esperienza statunitense ... 66

4.5. Due diverse reazioni ai programmi dell’educazione compensatrice 67 4.6. Altri interpretazioni a confronto sull’intelligenza come fattore di successo ... 70

Capitolo Quinto ... 73

CAMBIA LA SOCIETÀ, CAMBIA LA PROSPETTIVA DI RICERCA ... 73

5.1. Il punto di vista della ricerca educativa: una linea di continuità fra utopia e ricerca ... 73

(6)

ii

5.2. I figli del sogno ... 74

Capitolo Sesto ... 83

LE CONTRADDIZIONI DI OGGI, LE INCERTEZZE DEL DOMANI ... 83

6.1. La ricerca internazionale ... 83

6.2. La scuola in Italia secondo la prospettiva della mobilità sociale ... 88

Parte Seconda... 89

LA RICERCA SUL CAMPO ... 89

Capitolo Primo ... 91

GLI OBIETTIVI DELLA RICERCA ... 91

1.1. Le ipotesi... 91

1.2. Alcune riflessioni sul significato di “atteggiamento” ... 93

Capitolo Secondo ... 99

METODOLOGIA E STRUMENTI ... 99

2.1. La ricerca di sfondo ... 99

2.2. Unità di analisi ... 101

2.3. Gli strumenti della ricerca ... 102

2.3.1. La costruzione del questionario ... 102

2.3.2. La struttura delle domande ... 103

2.3.3. Vantaggi e limiti dello strumento ... 105

2.3.4. La prova sul campo (try-out) ... 106

2.3.5. Il questionario insegnanti ... 108

2.3.6. Il questionario scuola ... 109

2.3.7. L’intervista semi-strutturata ... 113

Parte Terza ... 115

L’ANALISI DEI DATI ... 115

Capitolo Primo ... 117

I SOGGETTI ... 117

1.1. Gli insegnanti ... 117

1.1.1. Informazioni generali, opinioni e atteggiamenti degli insegnanti117 1.1.2. Titolo di studio ... 120

1.1.3. Materie insegnate ... 121

1.1.4. Caratteristiche sociali, economiche e culturali degli studenti ... 121

1.1.5. Fastidio nei confronti di esibizioni vistose da parte degli studenti ... 123

1.1.6. Idea di scuola e di istruzione ... 123

1.1.7. Influenza dei simboli di appartenenza ... 125

1.2. I contesti entro cui si esplica l’azione educativa: variabili scolastiche ed extra scolastiche dal punto di vista del Dirigente Scolastico ... 127

1.2.1. Le risorse della scuola ... 127

1.2.2. Retroterra socio-economico e culturale: tipi di scuole e contesti territoriali ... 128

1.2.3. Provenienza degli studenti... 129

1.2.4. Criteri per la formazione delle classi ... 130

1.2.5. Rapporto tra scuola e risorse territoriali ... 132

1.2.6. Coinvolgimento degli insegnanti ... 133

1.3. Le interviste agli insegnanti ... 135

1.3.1. Liceo classico - Roma centro(a): insegnante di spagnolo dell’indirizzo linguistico ... 136

1.3.2. Liceo classico - Roma periferia: insegnante di Storia e Filosofia ... 138

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iii

1.3.3. Liceo psico-pedagogico - Roma periferia: insegnante di Italiano e

Latino ... 141

1.3.4. Liceo scientifico - Roma centro: insegnante di Inglese ... 143

1.3.5. Liceo classico - Roma centro (b): insegnante di Inglese ... 144

Capitolo Secondo ... 147

GLI INDICI ... 147

Premessa ... 147

2.1. Approccio didattico individualizzato ... 147

2.2. Approccio didattico centrato sulla collaborazione fra studenti ... 148

2.3. Disponibilità a trattare temi con valenza sociale e culturale ... 150

2.4. Collaborazione tra colleghi ... 150

2.5. Coinvolgimento ... 152

2.6. Contesti relazionali e organizzazione... 152

2.7. Condotte trasgressive degli studenti ... 153

Capitolo Terzo ... 155

LE ANALISI STATISTICHE ... 155

Premessa ... 155

3.1. Analisi preliminari ... 155

3.2. Correlazione fra indici ... 157

3.3. Analisi della varianza tra le cinque scuole (ANOVA) ... 160

3.4. Analisi della varianza con l’accorpamento dei tipi di scuola (ANOVA) ... 170

3.5. Analisi della varianza per materie insegnate ... 178

3.6. Analisi della varianza con il test non parametrico di Kruskal e Wallis ... 181

Osservazioni riassuntive... 183

Conclusioni ... 191

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO ... 195

APPENDICE ... 213

Appendice 1. Tabelle insegnanti ... 214

Appendice 2. Tabelle affidabilità indici ... 217

Appendice 3. Correlazioni ... 241

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1

Ringraziamenti

Desidero per prima cosa ringraziare il professor Benedetto Vertecchi per i suoi preziosi insegnamenti durante questi tre anni di dottorato e per le numerose ore dedicate al mio lavoro di ricerca. I frequenti scambi di idee con lui mi hanno sollecitata ad andare sempre più in profondità, a cercare una chiave interpretativa libera dalle strettoie ideologiche e a chiarire a poco a poco il tema che mi accingevo a trattare. La sua supervisione di studioso esperto e di grande cultura, la sua simpatia e la sua cordialità mi hanno permesso di intraprendere con fiducia il difficile cammino dell’avvio alla ricerca.

Ringrazio la professoressa Emma Nardi per avermi offerto molteplici opportunità di collaborare alle attività e ai progetti del Dipartimento di Progettazione Educativa e Didattica. Ciò mi ha consentito di accrescere il mio bagaglio culturale e professionale in un ambiente che lei ha saputo sempre rendere familiare e coinvolgente.

Grazie al professor Bruno Losito per essere stato una fonte inesauribile di incoraggiamento e stimolo a proseguire nel cammino. Lo ringrazio per la fiducia che ha sempre risposto in me introducendomi nei progetti di ricerca che porta avanti con entusiasmo e passione.

Esprimo gratitudine ai miei genitori per avermi educata a studiare e a credere nella cultura come via per comprendere e interpretare la realtà.

Sono grata a mio marito e ai miei figli che mi hanno generosamente permesso di lavorare con serenità, sostituendosi a me nei momenti in cui ero assorbita dalla ricerca. Mi hanno sempre sostenuta, anche nella scelta di intraprendere questo percorso, e mi sono stati vicini con i fatti in ogni momento durante questi anni di lavoro.

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Introduzione

Il presente studio si sviluppa intorno al concetto di equità nel campo dell’educazione scolastica e si poggia sul presupposto della rilevanza, nel contesto di società democratiche e per il loro sviluppo, di un sistema educativo equo ed efficace.

L’uguaglianza, garantita dalle leggi, esclude differenziazioni, in base al genere, alle condizioni personali o sociali, al credo religioso, alla lingua, alle opinioni politiche, in tutti i settori della vita sociale e quindi anche in relazione all’accesso alle opportunità d’istruzione ed educative, per consentire a tutti i cittadini il dispiego, a livello sia personale che sociale, delle loro personalità per una attiva partecipazione alla costruzione della società democratica.

Il principio di eguaglianza e il principio di universalità del sistema educativo costituiscono presupposto fondamentale per assicurare la coesione sociale dei Paesi democratici e per contrastare le conseguenze delle disuguaglianze sociali, derivanti dalle diverse condizioni socio-economiche degli individui. Alla tradizionale idea di eguaglianza in base alla quale gli individui devono venire trattati egualmente, si è progressivamente affiancata la convinzione che gli individui devono essere presi in considerazione per le loro diversità. Tale sviluppo del principio di eguaglianza consente di mettere a fuoco tre diversi ambiti in cui il corollario dell’equità trova concreta realizzazione: l’accesso alle opportunità educative, i risultati riferibili ai singoli soggetti, l’allocazione delle risorse e dei servizi secondo le necessità.

L’equità, in questa prospettiva, non è una questione di competenza esclusiva degli educatori ma è soprattutto una questione politica e culturale. Ad esempio, i principi della Costituzione italiana in materia scolastica, espressi dagli articoli 33 e 34 tracciano le linee portanti di una scuola che si assume il compito di accompagnare lo studente nelle tappe fondamentali del suo percorso formativo e consentire, così, il pieno dispiegamento della sua personalità individuale e sociale.

L’istruzione scolastica non è fine a sé stessa poiché mira a consentire l’integrazione dell’individuo nella comunità sociale, tanto che può parlarsi di una

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educazione integrale dell’individuo. È compito della Repubblica, infatti, garantire l’estensione erga omnes dell’offerta di istruzione nonché la fruibilità di essa con una serie di provvidenze, elargizioni e aiuti finanziari alle famiglie degli studenti bisognosi, realizzando così l’eguaglianza dei "punti di partenza" voluta dall’art. 3, comma 2 della Costituzione.

Scuola e società sono chiamate a condurre, in questa prospettiva, un’azione sinergica interagendo a diversi livelli.

A livello europeo, nelle Conclusioni della presidenza del Consiglio europeo – Bruxelles 23-24 marzo 2006 - sono evidenziati come elementi cruciali per lo sviluppo dell’Unione Europea dal punto di vista della competizione e della coesione sociale l’istruzione e la formazione. Le parole chiave, la promozione dell’eccellenza e l’innovazione accanto all’efficacia e all’equità dei sistemi scolastici, sono riprese e sviluppate nella comunicazione della Commissione europea dell’8.9.2006 al Consiglio e al Parlamento europeo dal titolo Efficienza e equità nei sistemi europei di istruzione e formazione nella quale obiettivi e linee guida sono stati presentati concretamente agli stati membro.

L’efficienza “concerne il rapporto tra le risorse in entrata nel processo e quelle in uscita e i risultati ottenuti. Un sistema è efficiente se i mezzi utilizzati danno un risultato massimo. L'efficienza relativa nell'ambito dei sistemi di istruzione è abitualmente misurata con i risultati delle prove e degli esami, mentre la loro efficienza in rapporto alla società nel suo complesso ed all'economia è misurata con i tassi di rendimento privato e sociale.”

Per equità “s'intende la misura in cui i singoli possono trarre vantaggio da istruzione e formazione in termini di opportunità, accesso, condizioni e risultati. I sistemi equi garantiscono che i risultati di istruzione e formazione siano indipendenti dall'ambiente socio-economico e da altri fattori che causano svantaggi nell'istruzione, e che l'insegnamento risponda alle specifiche necessità di apprendimento dei singoli.”

Molte sono le definizioni date dagli studiosi in questo settore, Denis Meuret,1 ad esempio, definisce l’efficacia come “la capacità di far progredire più di quel che ci si potesse aspettare tenendo conto delle caratteristiche dei ragazzi al momento

1

Denis Meuret, « Efficacité et équité des collèges », in J.L.Derouet, (édité par), Le collège unique en questions, Paris, PUF, 2003, pp. 50-66.

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5

dell’ingresso nella scuola”, e l’equità come “la capacità di far diminuire lo scarto nel rendimento fra gli studenti più deboli e quelli più forti”.

Appare evidente la preoccupazione della Commissione europea e di studiosi internazionali rispetto alla necessità di garantire l’accesso alle persone più sfavorite anche per ridurre i costi a lungo termine che sono la conseguenza delle ineguaglianze dell’istruzione e della formazione per meglio affrontare le sfide sia all'interno che all'esterno dell'Unione Europea.

La questione che il presente lavoro di ricerca si propone di indagare è, in primo, luogo il significato che la mobilità sociale assume in relazione alle opportunità educative dal punto di vista dialettico, scientifico e ideologico. In secondo luogo, si propone di indagare quali siano le prerogative che un approccio innovativo all’insegnamento dovrebbe avere per essere al passo con gli obiettivi di equità ed efficienza posti dai governi di tutti i Paesi democratici, che cosa si intenda per innovazione e quale potrebbe essere il ruolo della scuola e dell’insegnante nel processo di rinnovamento, di inclusione e di mobilità sociale.

Posto il problema della difficoltà dell’educazione scolastica di assicurare a ciascun individuo uguale possibilità, pur nella valorizzazione delle differenze, si è delineata, dunque un’ipotesi di ricerca che poggia sulla relazione tra gli atteggiamenti degli insegnanti e i loro comportamenti, le loro scelte didattiche e la qualità delle relazioni. L’ipotesi di ricerca, nell’ambito delle seguenti tre ipotesi generali:

 Esiste una differenza tra i metodi e gli approcci didattici adottati dagli insegnanti in scuole superiori di indirizzo diverso

 Esiste una differenza tra i metodi e gli approcci didattici adottati dagli insegnanti in scuole superiori collocate in contesti territoriali diversi  Vi è una relazione tra didattica innovativa, qualità dell’interazione,

partecipazione e impegno degli insegnanti, indirizzo di scuola e collocazione territoriale diversa (periferia e centro)

è guidata da quattro ipotesi nulle:

 Non c’è differenza tra i metodi e gli approcci all’insegnamento adottati da insegnanti di istituti di indirizzo diverso.

 Non c’è differenza tra i metodi e gli approcci all’insegnamento adottati da insegnanti di istituti che si collocano in contesti territoriali diversi.

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6

 Non c’è relazione tra le seguenti variabili: didattica innovativa, qualità dell’interazione, partecipazione e impegno degli insegnanti di istituti di indirizzo diverso.

 Non c’è relazione tra le seguenti variabili: didattica innovativa, qualità dell’interazione, partecipazione e impegno degli insegnanti e istituti che si collocano in contesti territoriali diversi.

Il principio “guida” si poggia sull’idea che le aspettative degli insegnanti contengono gli elementi dell’evoluzione della realtà più della realtà stessa. La semplice aspettativa, come hanno dimostrato Rosenthal e Jacobson,2 è già di per se un fattore di risultato.

In quale misura gli insegnanti credono alla possibilità della scuola di trasformare il profilo delle persone e di mutare i loro destini? In quale misura gli educatori riescono a raccogliere la sfida di creare i presupposti per esperienze di apprendimento attraverso le quali sia possibile veicolare conoscenze, abilità e motivazioni ispirati a principi di giustizia sociale che non includono solamente ideali e convinzioni ma anche comportamenti?

La questione è affrontata prendendo in esame le risposte ad un questionario auto compilato dagli insegnanti e dai dirigenti scolastici di cinque licei della città di Roma, afferenti a indirizzi diversi (liceo classico, liceo scientifico e liceo-psico-pedagogico) e collocati in contesti territoriali diversi (centro e periferia).

2

Robert Rosenthal e Lenore Jacobson, Pygmalion in the classroom; Teacher expectation and

pupils' intellectual development, New York, Holt, Rinehart and Winston, 1968; trad. it., Pigmalione in classe. Aspettative degli insegnanti e sviluppo intellettuale degli allievi, Milano,

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Perché questa ricerca

La scelta dell’argomento di ricerca è stata guidata sia dalle esperienze professionali sia da quelle personali. Il far parte del mondo dell’istruzione come docente di scuola secondaria superiore, e soprattutto l’aver insegnato in diversi tipi di scuola, istituto professionale, istituto tecnico e liceo, hanno sollecitato la riflessione sulle differenti opportunità educative di cui fruiscono gli studenti nei diversi ambienti e sulla difficoltà della scuola ad agire come compensatrice delle disuguaglianze dell’ambiente socio-culturale ed economico di provenienza. Un altro spunto di riflessione è stata la propria educazione culturale avvenuta in un periodo in cui, sulla spinta della scolarizzazione di massa iniziata a partire dalla riforma della scuola media inferiore, le famiglie avevano alte aspettative nei confronti dei figli e attribuivano allo studio una forte valenza sociale, culturale ed economica. Le attese delle famiglie, degli insegnanti e della società nel suo complesso si riflettevano sulla determinazione con la quale la maggior parte portava a compimento il percorso intrapreso. Si credeva nella possibilità di poter accedere, attraverso lo studio, ad un gradino più alto della scala sociale. Anche gli studi universitari effettuati per un periodo in una grande città industriale nel cuore della Cina negli anni ’80, subito dopo l’apertura delle “porte” all’Occidente (改革开放) da parte di Deng Xiaoping, hanno costituito un’occasione per riflettere sul tema dell’equità. In quel periodo l’istruzione, in Cina, era considerata fondamentale sia dal governo sia dalla popolazione, ma il conseguimento dei titoli di studio non era collegato ad una differenziazione tra gli individui in termini di remunerazione. Un professore universitario o un ingegnere guadagnavano poco più di un operaio, ma il sistema sociale nel suo complesso aveva come intento primario quello di accrescere nei ragazzi e nelle ragazze la capacità di comprendere e interpretare l’evoluzione del mondo contemporaneo. L’uguaglianza delle condizioni sociali ed economiche di partenza metteva tutti gli studenti sullo stesso piano di fronte all’istruzione. Le aspettative sociali non erano condizionate da alcun pregiudizio e tutti potevano accedere al tipo di studio più congeniale. Abbiamo assistito negli ultimi venti anni, usando le parole di Mao Zedong, al “grande balzo” (大跃进) che ha reso la Cina un Paese dinamico e con la maggiore crescita economica a livello mondiale

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e c’è da chiedersi se, e in quale misura, tale uguaglianza di opportunità educativa abbia contribuito a realizzare tale sviluppo economico, commerciale e tecnologico.

E ancora, la scelte del tipo di scuola e di istituto per i propri figli, effettuata sulla base della consapevolezza della disuguaglianza della qualità delle opportunità educative, ha stimolato a cercare un modello interpretativo che possa dare conto delle differenze tra le scuole e fra gli indirizzi di studio.

Fondamentale, in ultimo, è stata l’opportunità di collaborare con il gruppo di ricerca del Dipartimento di Progettazione Educativa e Didattica dell’Università degli Studi di Roma Tre impegnato nella rilevazione comparativa internazionale sull’educazione civica e alla cittadinanza.

L’articolazione del lavoro

Il lavoro è suddiviso in due parti.

La prima parte sviluppa il quadro di riferimento teorico e adotta un punto di vista evolutivo per tentare di sfuggire alle insidie che si annidano nell’assunzione di definizioni che possono limitare lo spazio interpretativo del presente studio che vuole ricomporre in una visione unitaria e coerente concetti come equità ed efficienza del sistema scolastico.

Nel primo capitolo sono analizzate le fondamentali direttrici di trasformazione che hanno investito l’educazione nei cinque secoli intercorsi dalla Riforma religiosa di Lutero e dalle trasformazioni economiche che si sono verificate a partire dalla rivoluzione industriale.

Il secondo capitolo segue la linea di sviluppo di alcuni esponenti del pensiero educativo e prende in considerazione il punto di vista di Rousseau, Condorcet e Dewey rispetto ai temi della democrazia, della giustizia e dell’uguaglianza in educazione.

Nel terzo capitolo, è analizzato il significato che oggi assume il concetto di uguaglianza delle opportunità educative facendo riferimento ad alcune concezioni generali della giustizia. Il ruolo del sistema educativo è approfondito in relazione alla sfera della giustizia del sistema sociale.

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L’argomentazione è sviluppata con l’obiettivo di porre in evidenza la molteplicità dei punti di vista attraverso cui è possibile interpretare l’uguaglianza in educazione.

Il quarto capitolo prende in considerazione il punto di vista della ricerca sociologica rispetto al concetto di uguaglianza. Il capitolo quinto adotta il punto di vista della ricerca educativa e riporta un esperimento attraverso il quale un ricercatore ha cercato di rispondere all’interrogativo se sia possibile intervenire per modificare l’equilibrio delle differenze.

Nel capitolo sesto è trattato il contributo della ricerca internazionale al tema dell’equità.

La seconda parte del lavoro presenta la ricerca sul campo.

I vari capitoli espongono in successione le ipotesi, la metodologia e gli strumenti della ricerca.

La terza parte illustra l’analisi dei dati qualitativi e quantitativi raccolti, attraverso la descrizione dei soggetti coinvolti, e cioè gli insegnanti e le scuole, e la rielaborazioni delle analisi statistiche.

Seguono le Considerazioni riassuntive, una Bibliografia essenziale e un Appendice nella quale sono riportate alcune tabelle relative ai dati degli insegnanti, le tabelle delle affidabilità degli indici e i testi dei due questionari strutturati predisposti per la ricerca.

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Parte Prima

I PUNTI DI VISTA

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Capitolo Primo

CAMBIA LA SOCIETÁ, CAMBIA L’EDUCAZIONE

Premessa

Prima di passare alla riflessione sul tema dell’equità si analizzano, nel presente capitolo, le principali linee dei processi di alfabetizzazione e scolarizzazione che si sono sviluppate nell’Europa occidentale a partire dalla seconda metà del millennio scorso. Un rovesciamento della realtà, uno “slittamento paradigmatico”3 avvenuto grazie a vere e proprie rivoluzioni che hanno messo in discussione il modo di “leggere” il mondo. La crisi del sistema sociale ha fatto emergere una nuova teoria che si è candidata a diventare un nuovo paradigma. In sostanza, la capacità di vedere cose nuove, guardando “vecchi oggetti con vecchi strumenti”,4 ha consentito di vivere in modo diverso.

1.1. Il punto di vista storico

Da un prospettiva storica, l’accesso all’istruzione in Europa si muove secondo due direttrici principali che si sviluppano con caratteristiche e spinte proprie nell’ambito di due movimenti rivoluzionari: la Riforma protestante e la Rivoluzione Industriale.

Nei Paesi protestanti, la riforma apre l’accesso alla cultura per motivi religiosi senza generare conseguenze sul piano dei rapporti sociali. L’apprendimento, in questi Paesi, è slegato dalla mobilità sociale mentre, nei Paesi europei non protestanti, l’accesso all’educazione si modifica in base a criteri economici. L’istruzione si diffonde non perché, in senso baconiano, migliora la vita, ma perché permette di razionalizzare i processi di produzione. L’apprendimento in questo contesto storico ha una forte relazione con la mobilità sociale.

3 Thomas Kuhn, The Structure of Scientific Revolution, Chicago, The University of Chicago,

1962; trad. it. La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Torino, Einaudi, 1969.

4

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1.1. La leva religiosa

Lutero, come tanti Umanisti, vuole tornare alle fonti originarie del Cristianesimo. Per le Sacre Scritture ciò comportava il riferimento a testi il più possibile fedeli a quelli originali in ebraico o in greco. La Vulgata di San Girolamo, per contro, diventava il simbolo di un testo condizionato dalle scelte ideologiche della Chiesa.

Si capisce perché uno dei primi gesti rivoluzionari di Lutero sia stata la traduzione della Bibbia in tedesco, direttamente dalle fonti ebraiche e greche. Lo scopo è favorire la lettura e la comprensione da parte dei fedeli del testo sacro. Il diritto di interpretare i testi appartiene a tutti i cristiani che possono comprendere la rivelazione direttamente dalle Scritture.

C’era la necessità di creare una forma didattica che rendesse comprensibile anche all’uomo qualunque il rapporto tra legge e grazia.

Lutero vuole abbattere il monopolio dell’interpretazione delle Sacre Scritture da parte della Chiesa di Roma ed eliminare il suo ruolo di mediatrice tra Dio e i fedeli. Ogni fedele è mediatore con Dio, “è sacerdote di sé stesso” e può fare tutto ciò che serve alla sua salvezza senza alcun bisogno della Chiesa e dei suoi rappresentanti. E’ il Verbo stesso che parla Deus ipse loquens, dice Calvino. Per Lutero, la Bibbia diviene la fonte di tutte le rivolte religiose, ma anche sociali. Come diceva Rabelais, Lutero intende restituire alla Bibbia tutta la sua supremazia sulle “bubbole della gagliofferia teologica romana”.

L’apertura dell’accesso alla cultura avviato dalla Riforma Protestante è sostenuta e favorita dall’invenzione della stampa a caratteri mobili che consente una rapida diffusione degli scritti di Lutero in tutta la Germania e rende possibile ad un pubblico più vasto la lettura diretta e la libera interpretazione delle Sacre Scritture.

1.2. La leva economica

La Rivoluzione industriale favorisce, invece, l’allargamento dell’istruzione in senso utilitaristico. I progressi materiali hanno suscitato e stimolato un vasto complesso di cambiamenti economici, sociali, politici e culturali che reciprocamente hanno influito sul ritmo e sull’evoluzione dello sviluppo

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tecnologico. Ma, probabilmente, i vantaggi economici che un sistema di istruzione elementare ampio avrebbe prodotto, e cioè la creazione di professionalità capaci di svolgere un lavoro più avanzato e la sua tendenza a facilitare e a stimolare la mobilità e a promuovere una selezione dei talenti rispondente ai bisogni della società, hanno contribuito alla suo sviluppo e alla sua affermazione. Alla scuola venne affidato il compito di riproduzione della forza-lavoro, sia sotto l’aspetto della qualificazione tecnica che sotto l’aspetto della formazione delle idee, e in questa prospettiva assunse una posizione rilevante “nella riproduzione delle condizioni della produzione”.5 La scuola doveva fornire quelle competenze che rendevano gli individui idonei ad essere inseriti nel processo produttivo e la forza lavoro doveva essere diversificata e qualificata secondo le esigenze della divisione tecnica e sociale del lavoro e riprodotta come tale.

La modernizzazione avviata con l’industrializzazione comprese, oltre allo sviluppo dell’urbanesimo, alla caduta del tasso di mortalità e alla creazione di una burocrazia centralizzata, la creazione di un sistema scolastico capace di istruire e socializzare i giovani sino ad un livello compatibile con le capacità di ciascuno e con il sapere contemporaneo, e l’acquisizione delle capacità e dei mezzi necessari per usare una tecnologia avanzata.

La produzione di massa e l’urbanizzazione resero necessaria la creazione di un migliore sistema scolastico. La rivoluzione industriale offrì l’opportunità di salire la scala sociale più di qualsiasi altro evento storico, la “mobilità verso l’alto” diventò l’essenza del carattere borghese della società dell’epoca. caratterizzata, da una parte, da differenziazioni di reddito, di nascita e di istruzione e da una resistenza contro il pericolo di inclusione o anche solo di confusione con le classi lavoratrici e, dall’altra, da un’irrefrenabile ambizione sociale.

L’apriti-sesamo per un più elevato livello sociale fu rappresentato per molti dalle opportunità di accesso all’istruzione: una società tecnologicamente avanzata richiedeva requisiti funzionali e privilegiava ciò che un uomo sapeva fare e non chi fosse o quali relazioni avesse.

5

Louis Althusser, Ideologia ed apparati ideologici di Stato, in Scuola, potere e ideologia, a cura di Marzio Barbagli, Bologna, il Mulino, 1975, pp. 15-35.

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Mancano per questo periodo studi empirici sui rapporti fra educazione e selezione e fra selezione e rendimento industriale. Esistono solo osservazioni qualitative e dati sulla percentuale di alfabetizzazione, sulla durata e la generalità dell’istruzione. In Inghilterra, ad esempio, il sistema scolastico, sin dai suoi esordi, ero carico di pregiudizi sociali. Era diffusa la convinzione che l’attitudine all’istruzione, o la possibilità di fruire dell’istruzione, fosse una funzione di classe e che il contenuto e il livello dell’insegnamento andassero adattati alla condizione sociale dello studente.6

Le realizzazioni in questo campo di Paesi come Inghilterra e Germania mettono in evidenza uno scarto consistente a livello macroscopico, senza naturalmente negare la complessità delle differenze tra i due Paesi.

In Gran Bretagna l’obbligo fu introdotto nel 1880, dopo che una prima formulazione era stata avanzata nel 1870, ma sebbene l’istruzione avesse, scrive H.G. Wells nel suo Experiment in Autobiography,7 come scopo apparente quello di istruire tutti, la sua funzione latente era quella di integrare la massa crescente di proletari nella società. La prima generazione dell’istruzione obbligatoria fu contrassegnata dall’insistenza sulla sua funzione civilizzatrice, cioè trasformare l’orda di “giovani selvaggi” che si riversavano nella città di Londra.

In alcune regioni della Germania l’istruzione obbligatoria risale al XVI secolo. In Prussia, Federico il Grande, nel 1763, aveva emanato il suo General Landschulereglement. All’inizio dell’Ottocento le scuole tedesche erano rinomate in tutta Europa e la percentuale dei bambini che effettivamente frequentavano le lezioni era altissima, in alcune regioni superiore al 97%. La scuola veniva considerata il luogo dove il popolo potesse essere educato alla moralità e alla forza di spirito e, come testimoniano i visitatori di metà Ottocento, era frequentata da scolari appartenenti a tutte le classi sociali. Kay, un osservatore inglese della metà dell’Ottocento, colpito dalla “democrazia sociale” delle aule tedesche, sottolinea più volte che “bambini dei più alti e dei più bassi ceti sociali erano seduti allo stesso banco”.8

6

David S. Landes, Prometeo liberato. Prometeo liberato. Trasformazioni tecnologiche e

sviluppo industriale nell'Europa dal 1750 ai giorni, Torino, Einaudi, 1978.

7

Herbert G. Wells, Experiment in Autobiography Discoveries And Conclusions of a Very Ordinary Brain Since 1866 (1934), Paperback, Whitefish, MT, Kessinger, 2005.

8

Joseph Kay, The social condition and education of the people in England and Europe; Shewing the results of the primary schools and of the division of landed property, in foreign countries, London, Longman, Brown, Green, and Longmans, 1850.

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17

Nel corso del Settecento, la quantità e la qualità dell’istruzione non costituivano una differenza significativa. Il reclutamento avveniva su altre basi e le opportunità di mobilità sociale venivano offerte sia a persone istruite che agli autodidatti, a coloro che acquisivano dall’esperienza le conoscenze tecniche per il loro lavoro.

Con l’industrializzazione e la costruzione di un impianto burocratico per la gestione degli affari privati e pubblici, tuttavia, l’istruzione regolare diventò la chiave dell’avanzamento sociale e professionale. Se non si può affermare che i contenuti scolastici furono modellati sulla base delle esigenze sociali e dell’economia, si può riconoscere che la scuola diventò, a quel punto, la base del reclutamento della forza lavoro.

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Capitolo Secondo

CAMBIA L’EDUCAZIONE, CAMBIANO GLI

INDIVIDUI

Premessa

In questo capitolo si segue la linea di sviluppo di alcuni esponenti del pensiero educativo che hanno affrontato i temi di democrazia, giustizia e uguaglianza in educazione.

2.1. Il punto di vista educativo

Il secolo dell’illuminismo è caratterizzato dalla sollecitudine per l’individuo, per la sua dignità e la sua educazione. L’infelicità degli uomini deriva dall’ignoranza che è fonte di servitù e rende schiavo l’individuo dei propri pregiudizi. Alla libertà, la principale preoccupazione del XVIII secolo, fa da contrappeso la razionalità che chiama l’uomo all’uso critico della propria ragione. Alla fede nel progresso dell’umanità, grazie allo sviluppo della cultura, corrisponde un nuovo rilievo e valore attribuito al sapere tecnico-scientifico. Si fa strada in questo secolo una concezione laica della cultura, cioè la convinzione di una sua autonomia nei confronti della religione, che è accompagnata da un’aperta critica del ruolo conservatore mantenuto dalle diverse confessioni nei vari Paesi e dalla denuncia dei fenomeni di intolleranza che sono considerati retaggio del passato e un freno alla piena emancipazione dell’uomo.

Le utopie in questo periodo fanno immaginare un miglioramento della vita quotidiana che possa attenuare la miseria umana. L’avvenire diventa il luogo d’incontro degli uomini che aspirano alla felicità e che si propongono, perciò, di riformare profondamente la società politica, i rapporti di convivenza e l’educazione per cercare di realizzare sulla Terra l’utile individuale e il benessere collettivo. Le utopie moderne traggono la loro ispirazione dal modello di stato creato da Platone nella Repubblica in cui era prevista una mobilità sociale da una classe all’altra legata all’accertamento delle qualità degli individui attraverso l’osservazione e la sperimentazione educativa della loro “natura” e condotta. Per

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assegnare ciascuno ad una delle tre classi, Platone ricorre alla “nobile menzogna” del mito esiodeo. La natura degli uomini è d’oro, d’argento o di bronzo: i primi sono destinati alla funzione del governare, i secondi del difendere e i terzi del produrre. Gli uomini però non appartengono alle classi per diritto di nascita ma la selezione avviene sulla base delle qualità individuali e competenze mostrate nel corso delle attività educative. Il ruolo dell’educazione risulta, nel progetto di Platone, decisivo e centrale. Moro descrive un modello di convivenza sociale che appare come un miraggio alla luce dei conflitti religiosi dell’epoca. Lo stato che prefigura costituisce un modello capovolto del reale, un’immagine rovesciata dello stato di cose esistente. Egli raffigura il regno di Utopia come il luogo in cui vige una perfetta uguaglianza fra i cittadini. In Utopia tutto appartiene a tutti e ciascuno si serve dei beni prodotti dalla società in base alle sue reali esigenze perché è sicuro di poter ottenere tutto ciò di cui ha bisogno. “E come si può pensare che voglia ottenere il superfluo uno che sa per certo che nulla gli verrà a mancare in futuro? Ciò che rende avido e rapace è, in tutte le specie viventi, la paura del bisogno; ma nell’uomo soltanto questo effetto nasce dalla superbia, che si gloria di primeggiare grazie all’ostentazione del superfluo”.9 Il lavoro è un valore fondamentale. A nessuno è consentito oziare, tutti, al contrario, devono dedicare tutte le loro energie al lavoro fino a stancarsi, anche in maniera eccessiva. La giornata è scandita dal lavoro, dal tempo libero, che ciascuno può impiegare a suo piacimento, e dal riposo. “Tutti gli intervalli compresi fra le ore dedicate al lavoro, al sonno e ai pasti sono lasciati alla discrezione di ognuno, non perché ne abusi per darsi alle baldorie o a poltrire, ma perché impieghi saviamente il tempo libero in qualcosa che soddisfi le sue inclinazioni”.10

Bacone, nella Nuova Atlantide,11 prefigura un mondo in cui cade la concezione del sapere fine a sé stesso e in cui gli scienziati, dotati di un sapere pratico capace di trasformare la realtà e assicurare una vita migliore, sono messi a capo dello stato. Rovescia l’idea di indifferenza nella vita quotidiana e la trasforma in una centralità della conoscenza per la qualità della vita quotidiana. Bacone,

9

Tommaso Moro, Utopia (1516), Vicenza, Neri Pozza, 1978, p. 117.

10

Tommaso Moro, op. cit., p. 105.

11

Francesco Bacone, La nuova Atlantide (1627), trad., intr. e note di O. Bellini, Roma, Armando, 2007 (3).

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affermando l’idea dell’utilità della cultura, sconvolge l’interpretazione data alla cultura dal medioevo e precorre la rivoluzione industriale del 1700.

2.2. Il principio dell’uguaglianza di tutti gli uomini

La teorizzazione della democrazia, come forma di stato fondata sul potere di tutti i cittadini che stipulano un contratto sociale per garantire i diritti e la libertà di ciascuno e di tutti, si deve senza dubbio a Rousseau. La premessa della democrazia è l’uguaglianza di tutti gli uomini, uguaglianza di diritti, uguaglianza del diritto di governarsi e lo stato che nasce dal contratto sociale garantisce libertà e uguali diritti a tutti i cittadini.

Nell’educazione, come nei rapporti sociali, regna quindi l’esigenza di libertà che Rousseau espresse come diritto e dovere di umanità. « Ils naissent hommes et libres, leur liberté leur appartient, nul n’a droit d’en disposer qu’eux. […] Renoncer à sa liberté c’est renoncer a sa qualité d’homme, aux droits de l’humanité, même a ses devoirs ». 12 Proclama Rousseau, nella prima riga del suo Du contrat social, « l’homme est né libre, et partout il est dans le fers ».13 Gli uomini devono liberarsi dalle catene di ferro cha la società moderna, allontanatasi dalla natura e dall’antichità, impone sugli individui.

La suggestione del pensiero di Rousseau e delle sue idee di libertà, uguaglianza, sviluppo integrale della personalità si è moltiplicata ed estesa oltre l’eloquenza dei suoi scritti.

L’impatto della sua concezione è stato rivoluzionario, il suo pensiero ha ispirato la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino nella Rivoluzione Francese. Nel suo Discours sur l’origine et les fondemens de l’inégalités parmi les hommes, Rousseau afferma: « Je conçois dans l’Espèce humaine deux sortes d’inégalités: l’une que j’appelle naturelle ou physique parce que elle est établie par la nature et qui consiste dans la différence des âge, de la santé, des forces du corps, e des qualités de l’esprit ou de l’âme; l’autre qu’on peut appeler inégalité morale, ou politique, parce que elle dépende d’une sorte de convention, et

12

Jean-Jacques Rousseau, Du contrat social (1762), Paris, Flammarion, 1966, p. 46.

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qu’elle est établie ou du moins autorisé par le consentement des Hommes ».14 La disuguaglianza fra gli uomini che si è affermata nel tempo con il prevalere dell’amor proprio sull’amore di sé può essere recuperata attraverso la politica, la morale e l’educazione.

2.3. L’istruzione pubblica, laica e indipendente

Condorcet scorge l’impellenza di un futuro di perfezionamento per l’umanità e l’eliminazione delle forme più gravi di ineguaglianza tra gli uomini. Egli, con l’elaborazione del suo progetto politico-filosofico sull’istruzione pubblica, si fa interprete del fermento dell’epoca rivoluzionaria in cui vive.

L’istruzione, che contribuisce a garantire l’uguaglianza fra gli uomini, deve essere pubblica, laica, e indipendente da ogni potere politico. Il suo progetto di riforma riguarda tutti e, soprattutto, mira a valorizzare le differenze individuali e di talento e non a livellarle, prevenendo anche il rischio che tali differenze fossero utilizzate per la costruzione di una scala gerarchica politica e sociale. In Cinq mémoires sur l’instruction publique,15 Condorcet affronta un problema di grande attualità che tutti i sistemi scolastici, italiani e non, sono ancora oggi chiamati a dibattere, a studiare e ad affrontare: l’equità come la capacità di individuare disuguaglianze giuste e ingiuste, per realizzare una migliore distribuzione delle conoscenze, per resistere alla privatizzazione del sapere e concorrere alla costruzione di una società giusta.

Pubblicato nel 1791, nel periodico Bibliothèque de l’homme publique, il testo anticipa il Rapport sur l’organisation générale de l’instruction publique che Condorcet stilerà e leggerà l’anno successivo all’Assemblea legislativa come presidente del Comitato dell’istruzione pubblica. Il tema dell’istruzione pubblica è affrontato in modo discorsivo e da una prospettiva più intellettuale che politica. Emerge fin dalle prime righe il progetto di società democratica di Condorcet incentrato sull’inseparabilità tra politica e istruzione pubblica: una città

14 Jean-Jacques Rousseau, Discours sur l'origine et les fondemens de l'inégalité parmi les

hommes, Amsterdam, chez Marc Michel Rey, 1755, http://gallica.bnf.fr., source Bibliothèque

nationale de France, département Réserve des livres rares, RES P-R-1022, p. 74.

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democratica ha infatti bisogno di cittadini istruiti, così come l’istruzione, per essere pubblica, ha bisogno della democrazia.

Il testo va compreso sullo sfondo della Rivoluzione Francese e inserito nel dibattito sull’istruzione e sull’educazione che allora impegnava politici e intellettuali.

l dibattito riguardava la contrapposizione tra educazione e istruzione, la definizione dei concetti di educazione pubblica e istruzione pubblica, gratuità e obbligatorietà dell’istruzione.

Nella visione di Condorcet è escluso il monopolio dello stato sull’educazione che pure deve garantire a tutti i suoi cittadini l’istruzione. Istruzione contro educazione, pubblico contro nazionale. Lo stato deve trasmettere un sapere razionale e gli strumenti della critica, ma non omologare i singoli in una comunità predeterminata. Per “pubblico” l’autore intende condivisione delle risorse e delle possibilità contro “nazionale” inteso come appartenenza e identità. Il paradosso dell’affermazione di Condorcet è che solo lo stato con le sue leggi può garantire l’autonomia delle conoscenze dal potere politico. L’autore si colloca con le sue argomentazioni in un dibattito di grande attualità anche in relazione al concetto della non utilità pratica del sapere, di un’istruzione pubblica che vada oltre le cognizioni pratiche richieste dalle professioni. Ogni individuo ha diritto di accedere ad un sapere più vasto rispetto a quello richiesto dalla sua funzione produttiva e concesso alla sua condizione sociale per eliminare il rischio della schiavitù e subordinazione ai tiranni che vorrebbero mantenere invece nell’ignoranza coloro che sono relegati ad un lavoro esecutivo. Solo in condizione di eccedenza rispetto al necessario e utile ai fini economici è possibile produrre innovazione, e favorire i processi che conducono alla scoperta di nuove verità.

Il suo è un impianto radicalmente democratico che riguarda un’idea complessiva di società e per questo respinto e contrastato dal gruppo dirigente giacobino. La sua istruzione pubblica non è imperniata sull’insegnamento dell’amore per la legge come vorrebbe “l’educazione nazionale” giacobina, ma sulla conoscenza degli strumenti che consentano di giudicare e trasformare perfino la legge. Con la sua proposta, il marchese di Condorcet si inserisce in una serie di interventi sull’istruzione pubblica che per alcuni aspetti si contrappongono

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radicalmente. I protagonisti del dibattito vanno da Talleyrand a Danou che rispettivamente stilano un rapporto nel 1791 e nel 1795.

La Costituzione del 1791 aveva tra i suoi principi fondamentali la creazione di un’istruzione pubblica comune a tutti i cittadini e gratuita per le parti indispensabili a tutti. Il primo progetto viene presentato da Talleyrand. Nel 1791 Condorcet, che aveva già pubblicato le sue Cinq mémoires su l’instruction publique, viene eletto Presidente del Comitato dell’Istruzione pubblica e inizia a predisporre con i suoi colleghi la stesura del Rapport sur l’organisation générale de l’instruction publique da presentare all’Assemblea. Dopo una prima lettura del rapporto nell’aprile del 1792, a causa dell’incipiente guerra con l’Austria, si ritorna a discutere di istruzione pubblica solo alla fine del 1792. Nell’edizione annotata del 1793 del Rapport, Condorcet prende le distanze dalle posizioni in voga in quel momento. In particolare, egli si oppone alle concezioni educative ispirate a Rousseau che ponevano come obiettivo l’integrazione dell’individuo nella comunità. Per Condorcet, come già detto, il compito primario dell’istruzione è di formare un individuo consapevole dei suoi diritti, autonomo nel pensiero, razionale e dotato di senso critico. La sua posizione è controcorrente rispetto agli orientamenti che in seguito prevalsero nelle scelte dei giacobini in campo pedagogico (il piano di Le Peletier presentato da Robespeierre nel 1793 e il piano di Bouquier, adottato infine dalla Convenzione nel dicembre 1793, in pieno Terrore). Quest’ultimo piano istituisce l’istruzione obbligatoria per tutti, avversata da Condorcet più volte nelle sue Cinq mémoires perché potenzialmente lesiva dei diritti naturali all’educazione dei genitori. La sua ferma opposizione alle concezioni educative giacobine che prevedevano un’educazione nazionale che integrasse l’individuo in una comunità predefinita e non prevedeva che l’individuo agisse libero anche di criticare le opinioni correnti e le leggi gli costò una condanna, un periodo di latitanza di otto mesi nel centro di Parigi, la reclusione nelle prigioni di Bourg-la Reine e infine la morte sopraggiunta forse per sfinimento, malattia o suicidio.

I principi strutturali che emergono con forza già dalle prime pagine delle Cinq mémoires sono l’uguaglianza dei diritti, in forte contrapposizione e critica nei confronti della “inégalité” che deve essere contrastata dalla società, dal progresso e dalla tensione di una comunità sociale verso le “perfectionnement”, attraverso la scoperta della verità.

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Quello che ha elaborato Condorcet nel suo progetto sull’istruzione pubblica in sostanza riguarda un progetto complessivo di un società democratica in cui il cittadino è un prodotto politico e al tempo stesso culturale.

Condorcet, nel nuovo spazio politico democratico e razionale creato dalla Rivoluzione Francese, vede come inseparabili la politica e l’istruzione pubblica. Per lui la Città democratica ha bisogno di cittadini istruiti che non dipendano da nessuno così come d’altro canto l’istruzione per essere pubblica è imprescindibile dalla democrazia.

« Mais il suffit au maintien de l’égalité de droits que cette supériorité n’entraîne pas de dépendance réelle et que chacun soit assez instruit pour exercer pour lui-même, et sans se soumettre aveuglément à la raison d’autrui, ceux dont la loi lui a garanti la jouissance ».16

Si tratta per l’autore, in buona sostanza, di garantire a ciascun cittadino un’istruzione di base che lo metta in condizione di esercitare in piena libertà i propri diritti, che assicuri un’uguaglianza di opportunità e che in qualche modo compensi l’ineguaglianza dei talenti, senza per questo, però, arrivare ad un egualitarismo livellatore.

Condorcet argomenta con una serie di postulati e sillogismi che, essendo presupposto della democrazia l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, l’ignoranza, che invece genera servitù e disuguaglianza, deve essere inequivocabilmente eliminata. L’istruzione è, dunque, un dovere della società nei confronti di tutti i cittadini, nessuno escluso neanche delle donne.

La posizione di Condorcet rispetto alla necessità di preparare le donne alla loro promozione civile per avere una futura piena cittadinanza al pari degli uomini assume una risonanza particolare se consideriamo l’epoca in cui l’autore rivendica questa necessità. Nel suo Progetto di Costituzione (1792-1793), egli non chiedeva i diritti politici per le donne ma, rimuovendo l’ostacolo dell’ignoranza, poneva le basi per un pieno sviluppo sociale e politico delle donne. Il discorso sulla necessità di istruire anche le donne si sviluppa intorno al tema centrale della prima memoria, e cioè, che l’uguaglianza, indispensabile soprattutto nelle pareti domestiche, pone le basi di una felicità stabile delle famiglie e della coesione della società. L’educazione permanente degli individui

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si può realizzare solo se nel microcosmo familiare, luogo in cui tutti i componenti condividono interessi, letture e sviluppano sostanzialmente un’affinità intellettuale.

L’incipit della seconda memoria ribadisce il concetto fondamentale che è alla base del suo ambizioso e lungimirante progetto:

« Le premier degré d’instruction commune a pour objet de mettre la généralité des habitants d’un pays en état de connaître leurs droits et leurs devoirs, afin de pouvoir exercer les uns et remplir les autres, sans être obligés de recourir à une raison étrangère ».17 Mette in evidenza l’intreccio fra diritti e doveri che costituiscono le basi per l’esercizio di una cittadinanza libera, autonoma e responsabile. La prima parte riguarda ancora il rapporto fra le istituzioni e l’uomo pubblico piuttosto che con il cittadino privato come nel seguito. L’ignoranza va azzerata attraverso la costruzione del sapere, per permettere agli individui di sfuggire alla dipendenza che essa genera e per preservarli dall’errore. L’istruzione deve garantire « l’imagination active qui combine et qui invente »18 in luogo di una « imagination passive qui réalise des illusions étrangères »19 poiché lo scopo dell’educazione deve essere « de développer, de fortifier, de perfectionner le facultés naturelles ».20 Queste riflessioni sugli scopi dell’educazione e sulla potenzialità sociale e culturale del sapere sono di grande attualità e soprattutto di grande spessore pedagogico che rimandano ai ragionamenti su questi argomenti di illustri pensatori come Quintiliano, Orazio, Comenio, fino ad arrivare al contemporaneo Rousseau. Le idee di coloro che prima di lui si sono occupati dell’educazione soprattutto in relazione al massimo sistema della società sembrano nelle parole di Condorcet, in virtù di un effetto eco, acquisire una risonanza vitale che arriva ai nostri giorni.

Un altro argomento centrale è l’assunzione da parte dello stato delle spese relative all’istruzione: « la puissance publique n’aurait pas rempli le devoir de maintenir l’égalité et de mettre à profit tous les talents naturels, si elle abandonnait à eux-mêmes les enfants des familles pauvres qui en aurait montrer le germe dans leurs premières études ».21 Un effettiva uguaglianza di opportunità

17

Condorcet, op .cit., p. 109.

18

Condorcet, op. cit., p. 130.

19 Ibid. 20 Ibid. 21 Condorcet, op .cit., p. 142.

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di accesso al sapere, l’unica via che conduce alla vera libertà, non può infatti essere garantita a meno che il potere pubblico non si assuma l’onere della spesa dell’istruzione per aprire alle persone di talento, compresi i meno abbienti, le porte di una partecipazione attiva e indipendente nella società. Anche gli insegnanti devono essere remunerati per il loro lavoro, che è in effetti a servizio della società, con fondi pubblici.

Condorcet ritiene si debba prediligere a tutti i livelli di istruzione un’educazione di tipo scientifico e assume una posizione di polemica nei confronti dell’insegnamento delle lingue antiche. Egli afferma che, senza nulla togliere alla scelta dei genitori di far approfondire ai loro figli tali studi, un’istruzione che sia « revêtu en quelque sorte d’une sanction nationale »22 debba necessariamente essere limitata « aux connaissances les plus directement, les plus généralement utiles ».23 Condorcet individua tra le materie da cui non si possa prescindere «l’arithmétique politique »,24 intendendo principalmente la scienza del calcolo che abbraccia tanto la parte morale quanto la parte economica della politica e cioè la statistica, la scienza delle finanze e gli elementi del commercio.

Tutte le scienze hanno il vantaggio di educare al pensiero e di trasmettere il gusto della ricerca della verità e sono quindi un mezzo di felicità per gli individui e, allo stesso tempo, una sorgente di utilità sociale. Le parole caute con cui propone la sua teoria della predominanza delle scienze sugli studi umanistici fa intuire non solo che si tratta di una posizione coraggiosa e anacronistica già al suo tempo ma che sarebbe stata una questione cruciale nel tempo. La contrapposizione fra le due culture ha impegnato eminenti storici, filosofi e pedagogisti anche agli inizi del ‘900. Benedetto Croce e Giovanni Gentile due dei maggiori esponenti dell’idealismo e protagonisti di imponenti cambiamenti nel panorama culturale italiano in generale ma anche in particolare dell’organizzazione degli studi, hanno sancito il predominio della filosofia e delle materie storico letterarie relegando ad un ruolo marginale il sapere scientifico e tecnico che il Positivismo aveva esaltato. La posizione del matematico Federigo Enriquez, epistemologo e storico della scienza, impegnato nel rinnovamento della cultura e della scuola in un periodo di forte

22

Condorcet, op. cit., p. 147.

23 Condorcet, op. cit., p. 147. 24

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contrapposizione alle sue idee che proclamavano l’importanza della cultura scientifica, fu definitivamente relegata ad un ruolo marginale con l’avvento della Riforma Gentile nel 1923.

Condorcet tratta anche il tema dell’educazione degli adulti anticipando problemi che sono, ancora oggi, al centro dell’attenzione. I risultati delle ricerche sulle competenza alfabetica, matematica e sulla capacità di analizzare e risolvere i problemi della popolazione adulta, hanno messo in evidenza che una percentuale significativa della popolazione possiede solo una modesta dotazione simbolica. L’educazione permanente degli adulti ha assunto un ruolo sempre più trainante all’interno delle politiche generali sull’istruzione.

L’istruzione pubblica, secondo Condorcet, « doit offrir un guide et an appui à celui qui manque de lumière ou de force pour avancer seul dans la carrière, rapprocher les moyens de s’instruire de celui que la nécessité a éloigné, les faciliter pour celui dont l’activité languissante ou la faible raison se rebuterait des premières difficultés ».25 Questa proposta relativa agli adulti si inserisce nel suo progetto complessivo come una necessità per lo stato di mettere in grado anche il cittadino che non abbia avuto l’opportunità in età giovanile di ricevere un’educazione che gli conferisse il gusto e l’abitudine dell’applicazione, di essere un uomo libero e indipendente nel pensiero, nelle scelte e nelle azioni, in virtù del principio dell’uguaglianza che è presupposto di una società democratica.

E come per tutti gli altri tipi di istruzione, anche l’istruzione rivolta agli adulti, dovrà tener conto dei bisogni generali del cittadino e quindi vertere su cognizioni di politica, morale, economia domestica e rurale, scienze e educazione fisica e morale della prole.

Condorcet approfondisce il concetto che la conoscenza non è un precetto da trasmettere e da imparare a memoria, ma un atteggiamento e un’abitudine da acquisire e interiorizzare affinché tutti possano essere in grado di riflettere sulle proprie azioni e le sappiano giudicare anche in relazione agli altri.

E’ interessante la posizione dell’autore rispetto alla necessità sociale che gli adulti sappiano istruire i figli perché sono proprio « l’ignorance des parents et

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leurs préjugés au nombre des causes qui dégradent l’espèce humaine »26 e l’accento che pone sull’importanza di insegnare alla prole a non giudicare il prossimo per le ricchezze materiali che possiede.

Uno dei vantaggi immediati che scaturirà da un tipo di istruzione che si poggia sulla fusione della filosofia nella politica per un governo che « s’appuie sur le droit naturel et sur la raison »27 sgombrando il campo da intriganti e impostori che per soddisfare i loro interessi privati e la loro avidità « colorent par des principes de convenance et des prétextes d’utilité » la politica. « Une éducation qui accoutume à sentir le prix de la vérité, à estimer ceux qui la découvrent ou qui savent l’employer, est le seul moyen d’assure la félicité et la liberté d’un peuple » :28 solo l’uomo educato può abbattere le barriere dell’ineguaglianza e “sfuggire alle astuzie degli ambiziosi”.

L’autore afferma con grande energia l’indipendenza della scienza dal potere: «en général, tout pouvoir, de quel nature qu’il soit,[…] est naturellement ennemi des lumière »29, sia che si tratti di Scienze che di Storia è necessario che l’istruzione garantisca obiettività e libertà da legami religiosi o politici. Quest’ultima istruzione dovrà preparare la strada alle generazioni future, garantire il progresso scientifico e sociale con lo scopo di impedire che « nouveaux préjugés ravir encore à l’homme et son indépendance et sa dignité ».30

Le parole con le quali Condorcet esordisce nella Conclusion sono un compendio delle idee chiave del suo pensiero:

« Telles sont sur l’instruction publique, les idées dont j’ai cru devoir l’hommage à mon pays ; elles sont le produit d’une longue suite de réflexions, d’observations constantes sur la marche de l’esprit humain dans le sciences et dans la philosophie. Longtemps j’ai considéré ces vues comme des rêves qui ne devaient se réaliser que dans un advenir indéterminé, et pour un monde ou je n’existerais plus. Un heureux événement a tout coup ouvert une carrière immense aux espérances du genre humain ; un seul instant a mis un siècle de distance entre l’homme du jour et celui du lendemain. Des esclaves, dressés pour le service ou le plaisir d’un maître, se sont réveillés étonnés de n’en plus avoir,

26 Condorcet, op. cit., p. 193. 27

Condorcet, op. cit., p. 221.

28

Condorcet, op. cit., p. 223.

29

Condorcet, op. cit., p. 261.

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de sentir que leur forces, leur industrie, leurs idées, leur volonté, n’appartenaient plus qu’à eux-mêmes. Dans un temps de ténèbres, ce réveil n’eût duré qu’un moment : fatigués de leur indépendance, ils auraient cherché dans de nouveaux fers un sommeil douloureux et pénible ; dans un siècle de lumières, ce réveil sera éternel. Le seul souverain des peuples libres, la vérité, dont les hommes de génie sont les ministres, étendra sur l’univers entier sa douce et irrésistible puissance ; par elle touts le hommes apprendront ce qu’ils doivent vouloir pour leur bonheur, et ils ne voudront plus que le bien commun de tous ».31 In queste parole conclusive ritornano termini che più volte hanno scandito il testo: verità, bene comune, felicità. La Rivoluzione francese è percepita come tempo di accelerazione della storia, un anno di rivoluzione equivale a un secolo che fa ringiovanire gli uomini, la fede nel secolo dei lumi vede irreversibile il cambiamento, il razionalismo individua nella verità il “solo sovrano degli uomini liberi”.

2.4. L’educazione, il cardine della democrazia

John Dewey, propone una nuova pedagogia scientifica che si realizza in una interconnessione continua con la filosofia, intesa come teoria generale dell’educazione, “se siamo disposti a considerare l’educazione come il processo di formazione di certe disposizioni fondamentali, intellettuali ed emotive, verso la natura e gli esseri umani”.32 Per Dewey il cardine della democrazia è l’educazione perché un governo a suffragio popolare prospera solo se coloro che eleggono e seguono i loro governanti sono educati: “la devozione alla democrazia è un fatto ben noto. […] Poiché una società democratica ripudia il principio dell’autorità esterna, deve trovare un surrogato nelle disposizioni e nell’interesse volontari; e questi possono essere creati solo dall’educazione. […] E’ evidente che una società alla quale sarebbe fatale la stratificazione in classi separate deve provvedere a che le opportunità intellettuali siano accessibili a tutti e a condizioni eque e facili. […] Una società mobile, ricca di canali distributori dei cambiamenti deve provvedere all’educazione dei suoi membri in termini di

31

Condorcet, op. cit., p. 271-272.

32

John Dewey, Democracy and Education, New York, Macmillan, 1916; trad. it di E. E. Agnoletti e P. Paduano, .Democrazia e educazione, con un saggio introduttivo di Carlo Sini, Milano, Sansoni, 2004, p. 362, (I ed. it. Firenze, La Nuova Italia, 1949).

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iniziativa personale ed adattabilità”,33 scrive Dewey nel secondo paragrafo del VII capitolo. Una società democratica esige, quindi, una partecipazione collettiva e non elitaria al progetto comunitario e al suo senso condiviso.

L’educazione, in una società democratica, partecipa alla correzione di privilegi ingiusti e non li perpetua. “L’educazione non è un mezzo rispetto a un fine ‘vita’ , ma si identifica con l’atto stesso di vivere una vita che sia feconda e intrinsecamente significativa …”34 e questo vale per tutti gli individui indipendentemente dalle differenze di censo, genere ed estrazione sociale. Il compito dell’educazione in una società democratica è di ricomporre la frammentazione dei vari studi che interpreta e asseconda la storica divisione della società in due classi, l’una colta e l’altra incolta, l’una intellettuale l’altra pratica, l’una libera di godere da colta di una vita oziosa, l’altra costretta a lavorare per la propria sussistenza e per permettere alla classe superiore di vivere agiatamente.

Il valore degli studi risiede nell’unità e nell’integrità dell’esperienza e solo “l’educazione che promuove la capacità di sapere, come fine a sé stessa senza riferimento alla pratica di doveri, nemmeno di quelli civici, è veramente liberale o libera”.35 La democrazia non può esistere e prosperare laddove persiste l’antitesi nell’istruzione fra quella per le masse, caratterizzata da fini utilitari ed economici, e quella per una minoranza caratterizzata da un’educazione ispirata alle tradizioni di una classe colta specializzata. Dewey, a tal proposito, mette in evidenza un aspetto del rapporto fra educazione e democrazia ancora assolutamente attuale. L’emancipazione politica ed economica delle masse si è realizzata attraverso lo sviluppo di un sistema scolastico pubblico e libero sorto per contrastare l’idea dello studio e della cultura come monopolio di pochi eletti, ma la rivoluzione è ancora incompiuta. L’idea prevalente è sempre quella di un’educazione “che contrappone l’utile e il pratico al nutrimento del gusto e alla liberazione del pensiero”.36

La soluzione del dualismo inconciliabile fra un’educazione liberale, dedita al puro sapere, e l’addestramento pratico privo di contenuto intellettuale ed estetico sarà un’educazione che riuscendo a conciliare i due estremi tramite il

33

John Dewey, op. cit., pp. 95-96.

34

John Dewey, op. cit., p. 264.

35

John Dewey, op. cit., p. 280.

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coinvolgimento attivo e partecipe degli uomini nei fini della loro attività unificherebbe, in estrema sintesi, la società stessa. La sottomissione intellettuale e il servilismo necessari per esercitare funzione di controllo sulle masse da parte di una minoranza non sono adatti a una società che tende alla democrazia. In una società progressiva educare significa suscitare la curiosità, l’interesse, sviluppare l’iniziativa e l’intuizione valorizzando le preziose variazioni individuali che costituiscono il motore del suo sviluppo. Già Platone, come abbiamo visto, dichiarava che il compito fondamentale dell’educazione in una società organizzata è scoprire le peculiarità di ciascun individuo e istruirlo affinché possa esprimere il meglio di sé per l’utilità sociale.37

Per Chomsky l'istruzione rappresenta una leva di cambiamento sociale e la democrazia un’utopia irrealizzabile senza educazione. Non c'è società realmente libertaria e illuminata fin quando il fine della produzione è una produzione di beni e non di esseri umani liberi, reciprocamente associati in condizioni di uguaglianza, in cui non si è solo spettatori ma partecipi.38

Ritornando a Dewey, quello che emerge con forza nella sua riflessione pedagogica è la sia straordinaria attualità.

Il suo modello di educazione democratica e antiautoritaria, non solo nei fini ma anche nei metodi, ispirata al riconoscimento della centralità e della dignità dell’allievo, al carattere processuale, problematico dell’apprendere e alla necessità che l’apprendimento, per essere efficace, si basi sempre su interessi autentici del discente. In questo ambito, la mentalità scientifica gioca un ruolo essenziale nello sviluppo di un individuo. L’approccio scientifico alla conoscenza, infatti, aiuta l’individuo a liberarsi da condizionamenti dogmatici, lo porta a riconoscere una varietà di punti di vista, a riconoscere la necessità della tolleranza e a riconoscere la necessità di sottoporre le proprie convinzioni all’esperienza. Il modello educativo di Dewey è ancora un’utopia nella maggior parte delle realtà scolastiche, così come la democrazia da lui auspicata, dopo un secolo dalla pubblicazione di Democracy and Education, si può affermare sia ancora incompiuta. Società in cui siano state abbattute barriere di classe e di razza, in cui effettivamente non esista separazione tra classi privilegiate, in cui

37

Plat, La Repub., libro II, 369, 370.

38

Noam Chomsky, Democrazia e istruzione. Non c'è libertà senza l'educazione, Roma, Edup, 2005.

Figura

Figura 4.1. L’articolazione del questionario proposto
Figura 4.2. L’articolazione del questionario proposto
Figura 1.2. Tasso di rispondenza degli insegnanti per scuola di appartenenza
Figura 1.3. Distribuzione percentuale dei docenti per classi di età
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