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CARCINOMA FOLLICOLARE DELLA TIROIDE IN BAMBINI, ADOLESCENTI E GIOVANI ADULTI: ASPETTI CLINICI, DIAGNOSTICI, TERAPIA CHIRURGICA E FOLLOW UP.

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica

in Medicina e Chirurgia

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN MEDICINA E CHIRURGIA

TESI DI LAUREA

CARCINOMA FOLLICOLARE DELLA TIROIDE IN BAMBINI,

ADOLESCENTI E GIOVANI ADULTI: ASPETTI CLINICI,

DIAGNOSTICI, CHIRURGICI E FOLLOW-UP

RELATORE

Chiar.mo Prof. Claudio SPINELLI

CANDIDATO

Leonardo RALLO

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INDICE

1. RIASSUNTO 5 2. INTRODUZIONE 7 2.1. TIROIDE 7 2.1.1. Anatomia 7 2.1.2. Embriologia 16 2.1.3. Fisiologia 18

2.2. CARCINOMA FOLLICOLARE DELLA TIROIDE 24

2.2.1. Generalità ed epidemiologia 24

2.2.2. Eziopatogenesi e fattori di rischio 25 2.2.3. Classificazione dei tumori maligni della tiroide 27

2.2.4. Caratteristiche del FTC 28 2.2.5. Morfologia 29 2.2.6. Evoluzione clinica 30 2.2.7. Diagnosi 31 2.2.8. Prognosi 40 2.2.9. Stadiazione 42 2.2.10. Terapia 44 2.2.11. Trattamento post-operatorio 53

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4 2.2.12. Follow-up 54 3. MATERIALI E METODI 57 4. RISULTATI 64 5. DISCUSSIONE 77 6. CONCLUSIONI 88

7. REVISIONE DELLA LETTERATURA 90

8. BIBLIOGRAFIA 93

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1. RIASSUNTO

Il carcinoma follicolare della tiroide è una neoplasia rara nei bambini e in generale in età pediatrica. Scopo di studio del nostro lavoro è la conoscenza del tumore in tutte le sue caratteristiche, morfologiche e cliniche, e di valutare il miglior approccio diagnostico, terapeutico e di follow-up sulla base dei dati clinici in nostro possesso e della letteratura a nostra disposizione. Nella prima parte della tesi, ci siamo occupati di fornire al lettore tutti gli strumenti utili alla comprensione dello studio, fornendo informazioni sulla tiroide (anatomia, embriologia, fisiologia) e sul carcinoma follicolare della tiroide, sviluppandolo in tutti i suoi aspetti, dalle generalità al follow-up, soffermandoci di più sul trattamento chirurgico, materia della nostra tesi. Inoltre durante la stesura si sono fatte tutte le possibili correlazioni dello stesso tumore nell’adulto.

La seconda parte della tesi, consiste nello studio. Abbiamo selezionato 28 pazienti di età compresa tra i 5 e 20 anni con diagnosi istologica di carcinoma follicolare della tiroide con tutti i suoi istotipi. Tali pazienti sono stati diagnosticati e trattati tra Gennaio 2000 e Dicembre 2016 nei principali Centri Chirurgici Universitari Nazionali Italiani e abbiamo posto la nostra attenzione sulle caratteristiche cliniche ed anatomo-patologiche del tumore alla diagnosi, sul tipo di diagnosi eseguita, sul tipo di chirurgia effettuata, sulla terapia post-chirurgica, sulle complicanze, sugli esiti dell’intervento e infine sulla durata del follow-up.

Dai dati emersi risulta, che in termini di incidenza e nel rapporto fra i due sessi, non vi sono sostanziali differenze fra l’età pediatrica e l’età adulta, in quanto viene rispettato il rapporto di 3:1 a favore del sesso femminile. Abbiamo notato che il FTC solitamente, non metastatizza a livello linfonodale e sebbene prediliga la via vascolare, dai nostri dati non è emerso alcun paziente con metastasi a distanza. Inoltre malgrado il FTC possa apparire

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6 aggressivo in termini di invasione capsulare e vascolare, la sopravvivenza a 5 anni risulta ottima con un overall survival del 100%, indipendentemente dal tipo di chirurgia utilizzato. La differenza sostanziale tra il tipo conservativo e radicale, si può osservare in termini di complicanze post-chirurgiche più comuni nelle tiroidectomie totali. Altro interessante punto sviluppato è stata la comparazione fra i pazienti con FTC e i pazienti con PTC, ricavati dallo stesso database, per ricavare informazioni dettagliate riguardo i vari aspetti della neoplasia nelle due forme. Abbiamo infine effettuato una revisione della letteratura e riportato per via schematica i dati dei lavori più significativi, aventi il nostro stesso oggetto di studio.

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2. INTRODUZIONE

2.1 TIROIDE

2.1.1 ANATOMIA DELLA TIROIDE

Figura 1.1. Regione cervicale. In evidenza la Tiroide. Museo di Anatomia Umana Normale F.Civinini. FONTE: Spinelli C.; Cisti del dotto tireoglosso. Aracne Editore (2015)

La tiroide è una ghiandola endocrina situata in posizione ben apprezzabile al tatto nella regione anteriore mediana del collo.

Forma, posizione e rapporti

La tiroide è costituita da due lobi laterali riuniti da un istmo impari e mediano. I due lobi hanno forma conica a base inferiore, si estendono, nell’adulto, per circa 3 cm da metà altezza della cartilagine tiroide sino a circa il 5° anello tracheale. Il loro spessore varia tra 0,5

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8 cm verso l’apice a 2 cm verso la base. L’istmo collega i due lobi in prossimità della loro base ed è applicato ai primi due anelli tracheali. In totale la distanza massima tra i margini laterali dei due lobi si aggira attorno ai 7 cm. In circa la metà dei casi dal margine superiore dell’istmo si diparte un prolungamento ghiandolare, di forma e dimensioni molto variabili, che si dirige in alto e verso sinistra, raggiungendo l’osso ioide e talvolta superandolo verso la radice della lingua. Prende il nome di lobo piramidale (o piramide di Morgagni) e rappresenta una testimonianza del percorso compiuto dalla ghiandola durante la sua organogenesi. La tiroide presenta una superficie liscia, colorito rosso bruno, e consistenza piuttosto molle. Le sue dimensioni variano molto con l’età, il sesso e sono anche influenzate dall’ambiente in cui si vive. Di norma alla nascita è piuttosto piccola e non supera gli 0,2 grammi, mentre nell’adulto il suo peso può aggirarsi attorno ai 20 grammi con possibili variazioni.

La tiroide è applicata anteriormente e lateralmente alla giunzione laringo-tracheale. In questa posizione, la tiroide abbraccia circa il 75% del diametro di tale giunzione.

É parzialmente ricoperta dai muscoli sternocleidoioideo, sternotiroideo e omoioideo, appartenenti al gruppo muscolare sottoioideo, e della fascia cervicale media che li avvolge. Per la caratteristica direzione obliqua dei suddetti muscoli la ghiandola risulta scoperta da questo rapporto lungo la linea mediana, dove solo le due fasce cervicali, media e superficiale, giustapposte la separano dai tegumenti. Lateralmente, invece, la ghiandola è anche ricoperta dai due muscoli sternocleidomastoidei e, più superficialmente, dai fasci del muscolo platisma. La ghiandola si trova compresa all’interno di una guaina fibrosa, guaina peritiroidea, considerata una dipendenza della fascia cervicale media, per mezzo della quale entra in rapporto con gli organi circostanti. Dalla faccia posteriore della guaina si prolungano tralci connettivali che formano veri e propri legamenti che assicurano l’organo alla cartilagine

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9 Figura 1.2. Tavola raffigurante la regione Latero-Cervicale. Museo di Anatomia Umana Normale F.Civinini. FONTE: Spinelli C.; Cisti del dotto tireoglosso. Aracne Editore (2015)

tiroide della laringe (legamento sospensore o mediano di Berry), alla cartilagine cricoide della laringe e ai primi anelli tracheali (legamenti laterali interni) e alla guaina fibrosa che contorna il fascio vascolo-nervoso del collo (legamenti laterali esterni). Il legamento di Berry ha notevole importanza in ambito chirurgico per i suoi rapporti con il nervo laringeo ricorrente . Spesso il costituente più mediale del fascio vascolo-nervoso del collo, l’arteria carotide comune, decorre tanto vicino alla ghiandola da lasciarle un piccolo solco lungo il versante posterolaterale. A causa di queste intime connessioni, la tiroide è piuttosto solidale con il condotto laringotracheale di cui segue tutte le escursioni durante la deglutizione e nei movimenti della testa rispetto al tronco. Posteriormente, inoltre, il lobo sinistro viene in

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10 contatto con una piccola porzione della faccia anteriore del tubo faringo-esofageo. In questo interstizio decorre il nervo laringeo inferiore.

La guaina peritiroidea circoscrive un ambito all’interno del quale è contenuta la ghiandola, rivestita dalla propria capsula connettivale, che è separata dalla superficie interna della guaina stessa da un complicato intreccio vascolare cui contribuiscono le arterie e le vene dell’organo; per ovvie ragioni, questo interstizio viene classicamente denominato come spazio pericoloso peritiroideo. In questo spazio, lungo il versante posteriore dell’organo, talvolta all’interno di esso, sono situate le quattro ghiandole paratiroidi. [1-2]

Vasi e linfatici

Figura 1.3. Viscera Tabula IX, Paolo Mascagni. Museo di Anatomia Umana Normale F.Civinini. FONTE: Spinelli C.; Cisti del dotto tireoglosso. Aracne Editore (2015)

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11 La tiroide è irrorata dalle arterie tiroidee superiori destra e sinistra, rami delle carotidi esterne, che raggiungono l’organo dall’alto, dalle arterie tiroidee inferiori, rami del tronco tireocervicale della rispettiva succlavia, che lo raggiungono dal basso e, laddove esiste, dall’arteria tiroidea ima, ramo dell’arteria branchiocefalica oppure dell’arteria carotide comune, che lo raggiunge dal basso a livello dell’istmo, decorrendo lungo la linea mediana sulla faccia ventrale della trachea. Il drenaggio venoso è provvisto da tre paia di vene. Il drenaggio venoso superiore è immediatamente adiacente alle arterie superiori ed è tributario della vena giugulare interna a livello della biforcazione carotidea. Le vene tiroidee medie sono presenti in più di metà dei pazienti e decorrono subito lateralmente alla vena giugulare interna. Le vene tiroidee inferiori sono di solito in numero di due o tre e discendono direttamente dal polo inferiore della ghiandola nelle vene anonima e brachiocefalica. Queste vene spesso discendono all’interno dell’appendice timica.

I rapporti della tiroide con il suo drenaggio linfatico rivestono grande importanza nel trattamento del carcinoma tiroideo. La tiroide e le strutture circostanti hanno un ricco supporto linfatico che drena la tiroide quasi in ogni direzione. All’interno della ghiandola, i linfatici decorrono immediatamente al di sotto della capsula e comunicano attraverso l’istmo. Tale drenaggio connette a strutture immediatamente adiacenti la tiroide attraverso numerosi linfatici fino ai linfonodi regionali. Questi comprendono: linfonodi pretracheali subito sopra l’istmo; linfonodi paratracheali; linfonodi del solco tracheoesofageo; linfonodi mediastinici anteriori e posteriori; linfonodi giugulari superiori, medi e inferiori; linfonodi retrofaringei ed esofagei. Lateralmente, nei pazienti con cancro tiroideo diffuso possono essere coinvolti i linfonodi cervicali all’interno del triangolo posteriore. Inoltre, metastasi linfonodali possono coinvolgere i linfonodi nel triangolo sottomascellare. Il carcinoma papillare della tiroide è

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12 usualmente associato a metastasi dei linfonodi adiacenti. Il carcinoma midollare ha una notevole tendenza alla metastatizzazione linfatica, di solito nel compartimento centrale [1;2].

Innervazione

La tiroide riceve nervi dal simpatico cervicale e dai due nervi laringei del nervo vago, il nervo laringeo superiore e il nervo laringeo inferiore (o ricorrente). I due nervi sono importanti soprattutto in ambito chirurgico, in quanto una lesione a questo livello può essere causa di complicanze post-chirurgiche [1;2;3].

Nervo laringeo superiore

Il nervo laringeo superiore origina dal vago a livello del cranio e discende verso il polo superiore della tiroide decorrendo lungo l’arteria carotide interna. A livello dell’osso ioide si divide in due rami; il ramo interno maggiore ha funzione sensitiva, ed entra nella membrana tiroioidea, dove innerva la laringe. Il ramo esterno, più piccolo, si continua lungo la superficie laterale del muscolo costrittore faringeo inferiore e usualmente discende anteriormente e medialmente, accompagnando l’arteria tiroidea superiore. A 1 cm dall’ingresso in capsula tiroidea dell’arteria tiroidea superiore, il nervo di solito assume un andamento mediale per entrare nel muscolo cricotiroideo. Questo è un rapporto di grande importanza perché, durante la lobectomia, la branca esterna non viene solitamente visualizzata dato che è già entrata nella fascia muscolare faringea inferiore. Il nervo è tuttavia a rischio di essere sezionato o intrappolato se i vasi del polo superiore vengono legati troppo in alto rispetto al polo superiore della tiroide. Benché il danno non sia clinicamente rilevante come nel caso del ricorrente, può essere estremamente fastidioso nei pazienti la cui professione richiede una buona qualità della voce.

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Nervo laringeo ricorrente

I nervi laringei ricorrenti salgono su ciascun lato della trachea, e ciascuno di essi è sito lateralmente al legamento di Berry nel punto in cui comincia a entrare in trachea. Ci sono diverse importanti varianti anatomiche. In circa il 25% dei pazienti, il nervo laringeo ricorrente è contenuto all’interno del legamento là dove esso entra nella laringe. A destra, il nervo si distacca dal vago al punto di incrocio con l’arteria succlavia, passa posteriormente e sale lateralmente alla trachea lungo il solco tracheo-esofageo. Il nervo laringeo ricorrente destro di solito si trova non più di 1 cm lateralmente o all’interno del solco tracheo-esofageo, a livello del margine inferiore della tiroide. A questo livello il nervo può dividersi in una, due o più rami al suo ingresso fra primo e secondo anello tracheale, e il ramo più importante solitamente scompare al bordo inferiore del muscolo cricotiroideo. Il nervo può essere repertato immediatamente davanti o dietro un tronco principale dell’arteria tiroidea inferiore a questo livello. Talvolta, un nervo laringeo destro non ricorrente può originarsi direttamente dal vago e decorrere direttamente medialmente all’interno della laringe. L’anatomia non ricorrente si osserva nello 0,5-1% dei pazienti. Ancor più raramente, si possono osservare sul lato destro sia un nervo laringeo ricorrente che uno non ricorrente. Usualmente tali due nervi si congiungono al di sotto del margine inferiore della tiroide. A sinistra, il nervo laringeo ricorrente si separa dal vago quando questo incrocia l’arco dell’aorta. Il nervo laringeo ricorrente sinistro passa poi inferiormente e medialmente all’aorta e comincia a salire verso la laringe, decorrendo nel solco tracheo-esofageo a livello del lobo inferiore della tiroide. Entrambi i nervi ricorrenti, a distanza di circa 2,5 cm dal loro ingresso in laringe, decorrono lungo i solchi tracheo-esofagei. Tali nervi decorrono inferiormente o posteriormente a un ramo arterioso dell’arteria tiroidea inferiore, ed infine entrano in laringe a livello dell’articolazione cricotiroidea sul margine caudale del muscolo cricotiroideo. Qui il nervo è

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14 immediatamente contiguo alla paratiroide superiore, all’arteria tiroidea inferiore e alla parte più posteriore della tiroide. La dissezione chirurgica di questa regione deve essere condotta con grande attenzione, perché il nervo è tenacemente adeso là dove entra al di sotto del muscolo cricotiroideo, e può essere coartato da una dissezione eccessivamente vigorosa. La funzione motoria del nervo laringeo ricorrente è l’abduzione dalla linea mediana delle corde vocali. Una sua lesione può determinare paralisi della corda omolaterale, con permanenza della corda in posizione mediana o appena laterale. Se la corda funzionante controlaterale è in grado di avvicinare la corda paretica, può rimanere una voce normale o di poco indebolita. Se la corda rimane ferma in abduzione, ne può risultare un grave danno vocale e una tosse inefficace. Se i ricorrenti sono danneggiati bilateralmente, ne segue una perdita completa della voce e una ostruzione delle vie aeree che può rendere necessaria l’intubazione e la tracheostomia. Talvolta, un danno bilaterale può determinare paralisi delle corde in abduzione, consentendo un normale passaggio dell’aria ma con infezioni respiratorie superiori dovute all’inefficacia del riflesso della tosse. [2]

Struttura

Dalla capsula connettivale che riveste intimamente la ghiandola si dipartono esili tralci che si approfondano nel contesto dell’organo e lo suddividono in aree irregolari denominati lobuli. Con i tralci connettivali si fanno strada le suddivisioni dei vasi e dei nervi che raggiungono le singole unità funzionali della ghiandola.

Follicoli

La tiroide è una tipica ghiandola a organizzazione follicolare. É infatti costituita da una serie di vescicole chiuse, i follicoli tiroidei, la cui parete è costituita da un epitelio, epitelio

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follicolare, formato da un singolo strato di cellule follicolari (o tireociti), che circoscrive una cavità ripiena di un materiale amorfo, la colloide. I tireociti sono responsabili della sintesi e immissione in circolo degli ormoni T3 e T4. L’epitelio da esso costituito riposa su una membrana basale a ridosso della quale si organizzano i capillari sanguigni che vi giungono seguendo gli esili tralci connettivali dello stroma. Oltre ai tireociti, la tiroide possiede anche un altro tipo cellulare, le cellule parafollicolari (o cellule C), intercalate tra i tireociti o sparse nell’interstizio tra i follicoli, che sono responsabili della produzione di un altro ormone, la calcitonina.

Le dimensioni dei follicoli variano molto in ragione dello stadio funzionale in cui si trovano e all’interno dell’organo si possono riscontrare macrofollicoli, microfollicoli e tutte le forme intermedie tra questi due estremi. I macrofollicoli sono quelli la cui cavità, è fortemente dilatata in quanto molto ripiena di colloide e la cui parete è rappresentata da un monostrato di cellule epiteliali molto appiattite. È questa una condizione di ipofunzionalità in cui il follicolo non contribuisce con la propria attività a fornire ormoni al circolo sanguigno, ma ha immesso nella propria cavità la colloide che appare molto colorabile e densa e rappresenta una forma di accumulo o di riserva da utilizzare in caso di richiesta di ormoni da riservare in circolo. Come è noto, una tale richiesta proviene dall’azione dell’ormone tireotropo ipofisario (TSH) sui recettori dei tireociti cui consegue la trasformazione dei macrofollicoli. In questo caso, lungo il contorno della superficie luminale dell’epitelio follicolare si creano, in maniera proporzionale all’intensità del TSH, delle aree, chiamate segmenti escretori, in cui i tireociti divengono più alti fino ad assumere forma cilindrica e la colloide si fluidifica. Quando tutto l’epitelio sarà costituito da elementi cilindrici e il lume del follicolo sarà molto ridotto si sarà raggiunta la condizione del microfollicolo. [1]

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2.1.2 CENNI EMBRIOLOGICI DELLA TIROIDE

Lo sviluppo della tiroide è controllato dall’espressione coordinata di una serie di fattori di trascrizione. Il fattore di trascrizione tiroideo (thyroid transcription factor) TTF-1, il TTF-2 e il PAX-8 (paired homeobox-8) sono espressi selettivamente, nella tiroide. Insieme così, orchestrano lo sviluppo della cellula tiroidea e l’induzione di geni tiroide-specifici come quelli per la tireoglobulina (Tg), la tireoperossidasi (TPO), il trasportatore sodio/ioduro (Na+/I symporter, NIS) e il recettore dell’ormone tireostimolante (TSH-R). Mutazioni a carico di questi fattori trascrizionali di sviluppo, o a livello dei loro geni bersaglio, sono cause rare di agenesia tiroidea o di disormonogenesi. La tiroide comincia ad abbozzarsi, nell’embrione di tre settimane, come un piccolo diverticolo entodermico della parete ventrale dell’intestino branchiale collocato tra gli abbozzi del corpo e della radice della lingua. Con l’evolversi della gravidanza, intorno alla 7a settimana il cordone si canalizza (dotto tireoglosso) e si spinge verso

il basso ove giunge a ridosso dell’abbozzo laringo-tracheale. Giunto qui si divide in due gemme che rappresentano i primi abbozzi dei lobi tiroidei. Il dotto tireoglosso può essere topograficamente suddiviso in due porzioni: il dotto craniale (o linguale), e il dotto tiroideo situato al di sotto di esso. In condizioni fisiologiche normali, già durante la quarta settimana di gestazione, le due porzioni del dotto tireoglosso si riassorbono completamente e della loro presenza rimane solo il forame cieco posto all’apice della v linguale come tratto da cui è originato, e il lobo piramidale come tratto più caudale. Talvolta rimangono altri residui sotto forma di ghiandole tiroidi accessorie oppure di formazioni cistiche a varia evoluzione (in alcuni casi considerate come condizioni francamente patologiche). I follicoli tiroidei appaiono microscopicamente al momento dello sviluppo dei lobi laterali. Quando l’embrione ha una lunghezza di circa 6 cm, questi follicoli possono cominciare a sviluppare colloide. Al terzo mese, le cellule follicolari cominciano a captare lo iodio e inizia la secrezione di ormone

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17 tiroideo. Le cellule C producenti calcitonina originano dalla quarta tasca faringea e migrano dalla cresta neurale fino ai lobi laterali della tiroide. La conoscenza dell’embriologia di base è essenziale per capire la natura di alcune malformazioni congenite, fra cui le cisti e le fistole del dotto tireoglosso, conseguenti alla permanenza di tessuto lungo il decorso del dotto tireoglosso. [1-4]

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2.1.3 FISIOLOGIA DELLA GHIANDOLA TIROIDEA

La tiroide è responsabile della produzione di due famiglie di ormoni metabolici: gli ormoni tiroidei triiodotironina (T3) e tiroxina (T4) e l’ormone calcitonina. L’unità funzionale tiroidea, il follicolo, è l’importante sede di produzione degli ormoni tiroidei e allo stesso tempo di immagazzinamento. Gli ormoni tiroidei derivano dalla tireoglobulina (Tg), una grossa glicoproteina iodata. Dopo la secrezione all’interno del follicolo tiroideo, la Tg viene iodata a livello di specifici residui di tirosina che vengono successivamente uniti per mezzo di un legame estereo. Il riassorbimento della Tg nella cellula follicolare tiroidea consente la proteolisi e il rilascio di T4 e T3 di nuova sintesi. [2;3]

Metabolismo dello iodio e sintesi degli ormoni tiroidei

Lo iodio viene efficacemente assorbito dal tratto intestinale in forma di iodio inorganico, ed entra rapidamente nel pool iodico extracellulare. La tiroide immagazzina in ogni momento circa il 90% dello iodio complessivo, lasciandone meno del 10% nel pool extracellulare. Quest’ultimo consiste di iodio appena assorbito oppure derivante dal catabolismo di ormoni tiroidei precedentemente formati. All’interno della tiroide, lo iodio è immagazzinato sotto forma di ormone tiroideo preformato o come aminoacidi iodati. Il trasporto dello iodio all’interno delle cellule follicolari è regolato dall’ormone stimolante la tiroide (TSH) e dal contenuto in iodio del follicolo. Il trasporto attivo comporta la formazione di un significativo gradiente di iodio attraverso la cellula. Sebbene questo processo di trasporto non sia ancora del tutto chiarito, sembra collegato a un sistema di sodio-potassio adenosin-trifosfatasi. La relazione fra apporto di iodio e malattia tiroidea è nota da più di cento anni. All’inizio di questo secolo, un attento studio delle zone dove l’insufficienza iodica era stata dimostrata associarsi a gozzo endemico portò alla pratica di aggiungere iodio agli

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19 alimenti e all’acqua. Un significativo deficit iodico è ancora presente in diverse aree sottosviluppate del mondo. Un deficit di iodio può portare a gozzo nodulare, ipotiroidismo e cretinismo, e probabilmente anche al carcinoma follicolare della tiroide. L’apporto giornaliero di iodio raccomandato è di 150-250 μg/die per gli adulti, da 90-120 μg/die per i bambini e 250 μg/die per le donne in gravidanza e allattamento. Al suo ingresso nella cellula follicolare, lo iodio inorganico è efficacemente ossidato e accoppiato con tirosina a formare iodotirosina in forma singola (monoiodotirosina, MIT) o doppia (diiodotirosina, DIT). Tali forme sono contenute nel follicolosotto forma di tireoglobulina, una proteina di immagazzinamento. La formazione di DIT e MIT dipende da un importante agente catalitico intracellulare, la perossidasi tiroidea. Questa importante proteina catalitica regolatrice è stata ben caratterizzata, ed è una parte importante del processo iniziale di organificazione e immagazzinamento dello iodio inorganico. Essa è stata localizzata nella porzione apicale della cellula follicolare, dove reagisce sull’interfaccia cellula-colloide. MIT e DIT sono biologicamente inerti. Il loro accoppiamento dà origine ai due ormoni tiroidei attivi: T4 è formato accoppiando due molecole di DIT; T3 accoppiando una molecola di MIT con una molecola di DIT. In condizioni normali, la via preferenziale è quella che porta alla formazione di T4. Sia T3 che T4 sono legati alla tireoglobulina e immagazzinati nella colloide al centro dell’unità follicolare. Questo processo rapido e metabolicamente attivo consente l’immagazzinamento di ormone tiroideo utile per circa 2 settimane in circostanze normali. Il rilascio di T4 e T3 è regolato dalla membrana apicale della cellula follicolare, che determina una idrolisi lisosomiale della colloide contenente gli ormoni legati in forma di tireoglobulina. La membrana apicale della cellula tiroidea forma pseudopolipi multipli e incorpora la tireoglobulina in piccole vescicole, che vengono poi trasportate attraverso l’apparato cellulare. All’interno delle vescicole, l’idrolisi lisosomiale comporta la riduzione dei legami

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20 disulfidici, e sia il T3 che il T4 sono così liberi di passare attraverso la membrana basale ed essere assorbiti dalla circolazione. Questo processo metabolico è efficace nel rilasciare T3 e T4, così come nel mantenere i componenti immagazzinati di tireoglobulina e colloide all’interno dell’apparato follicolare.Sebbene i prelievi di sangue periferico possano dosare la tireoglobulina, questo valore rappresenta solo una frazione minima della tireoglobulina totale. La iodotirosina residua va incontro a lisi periferica, deiodizzazione e riciclaggio, e può essere aggiunta ai depositi di iodio di recente assunzione e divenire nuovamente disponibile per la neosintesi ormonale.

Regolazione della secrezione degli ormoni tiroidei

L’attività della tiroide è prevalente regolata dall’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide.

TSH (Thyroid Stimulating Hormone o tireotropina)

Il maggior regolatore è il TSH, glicoproteina di 28 kDA, sintetizzata dalle cellule tireotrope dell’adenoipofisi e costituita da due subunità peptidiche α e β legate non covalentemente l’una all’altra. Di esse solo la β è fornita di attività ormonale specifica, in quanto la α è identica a quella presente in altri ormoni, come l’LH, l’FSH e la gonadotropina corionica umana (hCG). L’azione del TSH sulle cellule follicolari tiroidee ha inizio con l’interazione della subunità β ai recettori espressi sulla membrana plasmatica di queste (ma perché la sua azione risulti efficace è indispensabile la presenza della subunità α. La trasduzione avviene l’attivazione dell’adenilatociclasi con incremento della c-AMP. Tra gli effeti immediati il più importante è l’incremento della sintesi ormonale, tra i tardivi l’aumento della captazione di iodio, che inizia almeno 4 ore dopo la stimolazione. Tardivamente risulta incrementata la sintesi della Tg. La stimolazione protratta con TSH induce anche fenomeni di iperplasia e ipertrofia. Mutazioni attivanti del TSH-R possono inoltre avvenire a livello

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21 somatico, portando alla selezione di un clone e conseguentemente alla formazione di noduli autonomamente funzionanti. La secrezione è inibita con meccanismo di feedback negativo da T3 e T4; in realtà, se è pur vero che la concentrazione ematica di T4 sembra ostacolare in maggiore misura il rilascio di TSH, è altrettanto vero che solo T3 è attiva, in quanto tutta la T4 che supera la membrana plasmatica delle cellule tireotrope viene deiodata a T3 da una deiodasi. Inoltre T3 riduce nelle cellule tireotrope dell’adenoipofisi l’espressione dei recettori per il TRH e blocca la sintesi di questo ormone nei nuclei ipotalamici.

TRH (Thyrotropin Releasing Hormone)

Il TRH è un tripeptide sintetizzato e secreto con ritmo pulsatile di circa 2 ore dai neuroni dei nuclei dorsomediali dell’ipotalamo, che raggiunge tramite il sistema portale ipofisario l’adenoipofisi, sulle cui cellule tireotrope trova recettori con cui interagisce stimolando la biosintesi e la secrezione di TSH, alle quali consegue l’incremento degli ormoni tiroidei. Gli ormoni tiroidei sono attivi sui neuroni producenti TRH, inducendo negli stessi un blocco della sua sintesi e del suo rilascio.

Altri fattori

Esperimenti condotti sia su animali che su cellule in coltura hanno dimostrato che anche la somatostatina, la dopamina, gli ormoni glicoattivi del surrene e le prostaglandine contribuiscono a modulare il rilascio di ormoni tiroidei. Inoltre svariati fattori di crescita, la maggior parte prodotti dalla tiroide, come IGF-1 (Insulin-like growth factor), l’EGF (epidermal growth factor), TGFβ (trasforming growth-factor β), le endoteline e numerose citohine sono attivi sulla sintesi e liberazione degli ormoni tiroidei. Infine sistemi di autoregolazione della tiroide mettono in atto dei meccanismi tali da regolare la produzione e il rilascio a seconda

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22 delle circostanze. Un esempio tipico è il blocco di Wolff-Chaikoff, consistente nell’inibizione dell’intrappolamento dello iodio, del rilascio di T3 e di T4 e dell’organizzazione dello iodio, provocata da un eccesso di ioduro nel parenchima ghiandolare. In condizioni fisiologiche la tiroide sfugge al blocco di Wolff-Chaikoff, che comporterebbe l’insorgenza di ipotiroidismo.

Principali effetti metabolici degli ormoni tiroidei

Gli effetti degli ormoni tiroidei sono stati studiati sia in vivo, osservando le variazioni che subentrano a breve ed a lungo termine in animali previamente tiroidectomizzati e, sottoposti al trattamento con ormoni tiroidei, sia in vitro, analizzando le modificazioni di varie funzioni biochimiche in cellule o in tessuti in coltura. Fra le funzioni conosciute si riconosce l’aumento del consumo di ossigeno in condizioni di riposo, che diventa responsabile dell’aumento del metabolismo basale e della produzione endogena di calore. Il fenomeno si manifesta dopo un periodo di latenza e interessa tutti i tessuti ad eccezione delle cellule nervose, spleniche e testicolari. A livello di metabolismo proteico, gli ormoni tiroidei in piccola dose stimolano la sintesi proteica e fanno ridurre l’escrezione di azoto, mentre, a dosi elevate, determinano un effetto opposto, caratterizzato da blocco della sintesi proteica e da incrementato catabolismo proteico, che comporta l’aumento del contenuto in aminoacidi liberi del plasma, nel fegato e nel muscolo. A livello di metabolismo glucidico, si tratta di un aspetto regolatorio, che si estrinseca con la modulazione della sensibilità cellulare e, quindi, della risposta ad altri ormoni che sono più direttamente coinvolti nella regolazione del metabolismo glucidico. A piccole dosi, per esempio, T3 favorisce la glicogenosintesi epatica in presenza di insulina mentre, a dosi elevate, provoca glicogenolisi con un complessivo effetto iperglicemizzante. Inoltre gli ormoni tiroidei favoriscono l’assorbimento intestinale di alcuni

(23)

23 zuccheri, e facilitano la penetrazione del glucosio nelle cellule adipose e muscolari, potenziando in tal modo l’effetto dell’insulina. Infine gli ormoni T3 e T4 hanno un’azione nei confronti del metabolismo lipidico, in ogni suo effetto di sintesi, mobilizzazione e degradazione. Come conseguenza di ciò, nell’ipertiroidismo avremo un incremento dell’attività lipolitica con depaurimento del deposito lipidico e riduzione della concentrazione di molti lipidi nel sangue. L’opposto si verifica nell’ipotiroidismo. [2;3; 5-9]

(24)

24 2.2 CARCINOMA FOLLICOLARE DELLA TIROIDE

2.2.1 Generalità ed epidemiologia

Il carcinoma follicolare della tiroide (FTC) è un tumore estremamente raro in età pediatrica ed adolescenziale. È un tumore che presenta il picco di incidenza oltre i 60 anni. I tumori della tiroide rappresentano la terza neoplasia in età pediatrica per incidenza, la più comune fra i tumori del sistema endocrino. Considerando la popolazione adolescenziale e del giovane adulto (AYA), il cancro della tiroide è uno dei tumori più comuni, pari al 13% di tutti i tumori invasivi e l'11% di tutti i tumori, invasivi e in situ, a differenza di proporzioni corrispondenti del 2,4% e 2,1% per tutte le età. Nei bambini in età inferiore ai 15 anni, è un tumore maligno molto più raro ed è stato riportato che il carcinoma papillare della tiroide sporadico costituisce solo lo 0,57% di tutti i tumori maligni nei bambini sotto i 15 anni in Europa. Il tasso d’incidenza è compreso tra lo 0.2-0.4 per milione di bambini l’anno, senza differenza tra paesi europei ed extraeuropei. Fra i paesi scartati dal dato epidemiologico appena visto, si escludono l’Ucraina e la Bielorussia che, con il disastro di Chernobyl hanno incrementato l’incidenza di tumori nei bambini di circa 62 volte. Fortunatamente, in giovani pazienti con diagnosi di carcinoma della tiroide, il tasso di sopravvivenza a cinque anni globale è 98-100%. Secondo solo al carcinoma papillare della tiroide, è stato stimato che circa il 10-20% di tutti i tumori della tiroide in pazienti con età inferiore ai 21 anni sia rappresentato dal carcinoma follicolare della tiroide, sebbene l’esatta incidenza di questo tipo di neoplasia sia sconosciuta. Negli ultimi anni si è assistito ad un incremento di circa l’1% l’anno di diagnosi in età pediatrica. [4; 10-16]

(25)

25 Figure 2. Annual incidence of thyroid cancer overall and by stage and of thyroid cancer deaths among 15 to 39 year olds since 1975 in SEER regions by sex. FONTE:Massimino M, Podda M, Spinelli C, Bleyer A. Thyroid cancer. Adolescents and Joung Adult Cancer. – Second Edition (2017) – Springer U.S.A

2.2.2 Eziopatogenesi e fattori di rischio

Per quanto concerne l’eziologia del carcinoma follicolare del tumore, l’unico fattore di rischio certo è l’esposizione alle radiazioni ionizzanti durante l’età pediatrica. I bambini con età inferiore ai 5 anni sono più sensibili all’effetto tumorogenetico delle radiazioni. Questi potrebbero infatti presentare la lesione in età adulta. Inoltre negli FTC, è stata individuata nella carenza di iodio, un possibile fattore di rischio. Altri possibili fattori di rischio sono i seguenti:

o Tiroidite autoimmune. Negli ultimi 20 anni e aumentata l’incidenza di tiroidite di Hashimoto, la causa più comune di ipotiroidismo primario. E’ stato ipotizzato un suo ruolo quale fattore di rischio per lo sviluppo di carcinoma tiroideo attraverso due meccanismi mediati, rispettivamente, dal TSH e dal processo autoimmune “per se”. Il TSH, secondo evidenze scientifiche recenti in soggetti con struma nodulare associato a TSH

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26 elevato o, viceversa, con ipertiroidismo o trattati con L-Tiroxina, correla positivamente col rischio di sviluppare un tumore della tiroide; l’autoimmunita tiroidea potrebbe favorire la carcinogenesi tiroidea attraverso la produzione di citochine pro-infiammatorie e stress ossidativo, tuttavia non è stata trovata una correlazione fra la presenza di anticorpi anti-tiroidei e rischio di sviluppare una neoplasia.

o Patologia nodulare. Non è chiaro se la prevalenza di carcinoma tiroideo sia maggiore nella patologia uninodulare o nel plurinodulare: le più recenti linee guida suggeriscono che il rischio sia analogo per entrambe le entità cliniche, variabile fra il 5% e il 15% (secondo l’esposizione a diversi fattori di rischio). Peraltro, una recente meta-analisi avrebbe evidenziato una minor prevalenza di carcinoma tiroideo nella patologia multinodulare rispetto all’uninodulare.

o Obesità. Benché sia stata descritta una maggior incidenza di carcinoma tiroideo nei soggetti obesi, non è stato ancora stabilito attraverso quale meccanismo; è stata invocata l’insulino-resistenza o il concorso di plurimi fattori fra cui la composizione della dieta (iperproteica e iperglucidica), i valori mediamente più elevati del TSH nei soggetti obesi e la scarsa attività fisica.

Nella patogenesi del FTC sono coinvolti eventi distinti. Le alterazioni genetiche delle neoplasie maligne derivate dalle cellule follicolari sono concentrate lungo due vie oncogene – la via della protein-chinasi mitogeno-attivata (MAP) e la via della fosfatidil-inositolo-3chinasi (PI-3K)/AKT. Le mutazioni con acquisizione di funzione lungo componenti di queste vie portano ad attivazione costitutiva anche in assenza di ligando, promuovendo in tal modo la cancerogenesi. Da un terzo alla metà dei carcinomi tiroidei follicolari ha mutazioni nella via di regolazione PI3K/AKT che portano all’attivazione di questa via oncogena. Questo sottogruppo di casi comprende tumori aventi mutazioni puntiformi con acquisizione di funzione di RAS e

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27 PIK3CA, amplificazione di PIK3CA e tumori con perdita di funzione di PTEN, un gene oncosoppressore e regolatore negativo di questa via. LE alterazioni genetiche che attivano la via PI3K/AKT sono quasi sempre reciprocamente esclusive nei carcinomi follicolari. Il progressivo aumento nella prevalenza delle mutazioni di RAS e PIK3CA da adenomi follicolari benigni a carcinomi folllicolari a carcinomi anaplastici suggerisce un’istopatogenesi e un’evoluzione molecolare condivisa tra questi tumori derivati dalle cellule follicolari. Una traslocazione specifica (2;3) (q13;p25) è stata descritta in una quota di carcinomi follicolari compresa tra un terzo e metà. Questa traslocazione crea un gene di fusione costituito da porzioni di PAX-8, un gene omeobox importante nello sviluppo tiroideo, e il Peroxisome Proliferator-Activated Receptor (PPARG), un recettore ormonale implicato nella differenziazione terminale delle cellule. Questa traslocazione a tutt’oggi non è ancora stata documentata in altre neoplasie. [ 4; 6; 17-19; 21-24]

2.2.3 Classificazione dei tumori maligni della tiroide

Il carcinoma follicolare della tiroide fa parte dei tumori maligni ben differenziati. I tumori maligni della tiroide vengono distinti dalla WHO in:

 Carcinoma di derivazione dall’epitelio follicolare

 Carcinoma di derivazione dalle cellule parafollicolari della tiroide (Cellule C), dalla quale hanno origine i carcinomi midollari (MTC);

 Altri tumori maligni: linfomi, sarcomi, metastasi, ecc.

A loro volta i carcinomi derivati dall’epitelio follicolare vengono distinti in:

 Carcinomi ben differenziati;

(28)

28 Fra i carcinomi ben differenziati (DTC) si distinguono:

 Carcinoma Papillare della Tiroide (PTC) che rappresenta l’80-90% dei DTC;  Carcinoma Follicolare della Tiroide con circa il 10% dei pazienti con DTC. [3;14]

2.2.4 Caratteristiche

Il carcinoma follicolare della tiroide è un tumore raro, con un rapporto 3:1 solitamente fra donne e uomini, sebbene oltre i 60 anni o in età pediatrica i due sessi tendono ad uniformarsi. Sebbene per alcuni autori l’andamento della malattia tende a essere più veloce nella giovane età e di conseguenza occorre considerare la malattia in maniera diversa rispetta alla stessa negli adulti, è stato visto di recente che l’outcome del paziente e l’evoluzione della neoplasia non è differente rispetto all’adulto, ma sicuramente si distingue in termini di sopravvivenza. L’FTC è più frequente nelle aree a carenza di iodio alimentare (il 25-40% dei carcinomi della tiroide), mentre la sua incidenza è inferiore o stabile nelle aree del mondo con sufficiente apporto di iodio. Sebbene sia considerato come tumore differenziato della tiroide, e sia trattato in maniera simile al PTC, rispetto a quest’ultimo ha una maggiore tendenza all’invasione vascolare e alla metastasi a distanza (i principali organi interessati sono i polmoni e le ossa). Le metastasi ossee sono sostanzialmente lesioni di tipo osteolitico soprattutto a carico del cingolo scapolo-omerale, dello sterno e del cranio. Le metastasi possono comparire soprattutto a carico del cingolo scapolo-omerale, dello sterno, del cranio. Sia le metastasi che il tumore primitivo hanno spesso la capacità di captare e trattenere iodio radioattivo, consentendo talora di utilizzare questa metodica a scopo terapeutico. Le metastasi possono comparire anche dopo 10-20 anni dall’exeresi chirurgica della lesione primitiva. [3;6;20]

(29)

29 2.2.5 Morfologia

L’FTC si presenta solitamente come un nodulo singolo, che può essere ben circoscritto o ampiamente infiltrante. All’esame macroscopico può essere difficile distinguere le lesioni maligne ben demarcate dagli adenomi follicolari. Le lesioni più grandi possono penetrare la capsula e infiltrare i tessuti adiacenti del collo ben oltre la capsula tiroidea. Alla superficie di taglio hanno un colore che va dal grigio al rosa e, talora, quando sono ripieni di colloide sono lievemente traslucidi. A volte sono presenti alterazioni degenerative, come fibrosi centrale e focolai calcifici.

Microscopicamente, la maggior parte dei carcinomi follicolari è costituita da cellule uniformi che compongono piccoli follicoli contenenti colloide, che ricordano la tiroide normale. In altri casi, la differenziazione follicolare può essere meno evidente, e possono esservi nidi o lamine di cellule prive di colloide. In alcuni tumori possono prevalere cellule con abbondante citoplasma granulare eosinofilo (variante oncocitica o cellule di Hürtle del carcinoma follicolare). Qualunque sia l’architettura, i nuclei non mostrano le caratteristiche tipiche del carcinoma papillare e mancano i corpi psammomatosi. Mentre le caratteristiche nucleari sono importanti per distinguere gli FTC dai PTC, esse sono di scarso valore per differenziare l’adenoma follicolare dal carcinoma follicolare minimamente invasivo (FTMI). Questa distinzione richiede un ampio campionamento istologico dell’interfaccia tra la capsula del tumore e la tiroide circostante per escludere invasione vascolare e capsulare. Il criterio dell’invasione vascolare è applicabile solo ai vasi capsulari e agli spazi vascolari presenti oltre la capsula. La presenza di emboli neoplastici nei vasi sanguigni intramurali ha scarso significato prognostico. A differenza dei PTC, gli FTC non diffondono quasi mai per via linfatica, pertanto quasi mai troveremo interessamento linfonodale.

(30)

30 Contrariamente ai carcinomi follicolari minimamente invasivi, la diagnosi di carcinoma follicolare ampiamente invasivo è ovvia, in quanto infiltrano il parenchima tiroideo e i tessuti molli extra tiroidei. Solitamente tendono ad avere strutture di tipo solido o trabecolare, una minore differenziazione follicolare e una maggiore attività mitotica. [6]

In sintesi, è quindi possibile distinguere gli FTC, in ambito puramente anatomo-patologico in:

 Carcinoma follicolare minimamente invasivo;  Carcinoma follicolare ampiamente invasivo;  Carcinoma a cellule di Hürtle.

2.2.6 Evoluzione clinica

I carcinomi follicolari tendono a presentarsi come noduli non dolenti a lento accrescimento. Alla scintigrafia spesso si evidenziano come noduli freddi. Hanno una scarsa tendenza a invadere i linfatici, perciò i linfonodi regionali non sono quasi mai interessati, mentre l’invasione vascolare (ematogena) è più frequente. Durante l'infanzia, DTC di solito si presenta come una massa collo asintomatica. Di tanto in tanto, la diagnosi può essere fatta casualmente con la scoperta di noduli polmonari mediante una radiografia del torace effettuata magari per un altro motivo. In ogni individuo di età inferiore ai 20 anni di età che presentano con un nodulo tiroideo solitario, vi è una maggiore probabilità di malignità. La prevalenza di carcinoma tiroideo è circa il 20-25% dei noduli tiroidei nei bambini, rispetto al 5% negli adulti. I tumori della tiroide sintomatici (vale a dire, quelli associati a raucedine, disfagia, o tosse, suggerendo quindi più malattia localmente avanzata) sono rari nei giovani individui. Sporadicamente, il carcinoma tiroideo si pone ectopicamente in un residuo del dotto

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31 tireoglosso. Probabilmente, questa sarebbe una presentazione insolita di carcinoma tiroideo dell’infanzia, ma deve essere tenuto a mente per i pazienti che presentano una massa lungo la linea mediana del collo nella regione dell’osso ioide. [4; 6; 18; 25-31]

2.2.7 Diagnosi

L’iter diagnostico di un paziente bambino o adolescente con un nodulo tiroideo solitario, inizia con un’attenta anamnesi ed un accurato esame obiettivo. La probabilità che un nodulo sia maligno, per quanto riguarda gli FTC, è massima fra i 40 e i 60 anni, ma non esente dalla presenza anche in bambini, adolescenti e giovani adulti. La crescita rapida e la sintomatologia di infiltrazione locale, depongono per una diagnosi di malignità. Un’attenta anamnesi può considerare l’esposizione a radiazioni, sia a causa del tipo di professione, sia a seguito ad esami radiologici alla testa o al collo, specialmente nell’età infantile. Inoltre è opportuno considerare la familiarità per malattie endocrine specifiche.

All’esame obiettivo è importante effettuare un’accurata palpazione della tiroide e delle stazioni linfonodali laterocervicale, del compartimento centrale del collo e sovraclaveare. È importante, ove possibile, stabilire il diametro e la consistenza del nodulo. I noduli multipli o la nodularità diffusa sono spesso associati con una diagnosi di benignità. Un nodulo fisso, propende verso una diagnosi di malignità. Il passo successivo è la valutazione diretta o indiretta della laringe e/o dell'esofago, attraverso la valutazione della loro eventuale alterazione funzionale (ad esempio disfonia e disfagia), in quanto in alcuni casi risultano coinvolti da parte della neoplasia. L’ecografia della tiroide può essere estremamente d’aiuto nel determinare se un nodulo è cistico o solido, se ci sia multifocalità, se siano presenti

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32 linfonodi laterocervicali aumentati di volume. È importante tener presente che esistono eccezioni alla regola.

Figura 3. Iter diagnostico del nodulo tiroideo singolo.

Dosaggio della Tg sierica

Secondo le linee guida AIOM 2016, non è indicato il dosaggio della Tg sierica o degli anticorpi anti-Tg a scopo diagnostico nel pre-operatorio. La concentrazione della Tg sierica riflette l’attività secretoria della ghiandola tiroide e può essere di ausilio: nella diagnosi di alcuni errori congeniti della ormono-genesi, nel follow-up di pazienti con carcinoma tiroideo (la sua presenza, infatti, dopo ablazione della tiroide è indicativa di recidiva o metastasi nel 90% dei pazienti), mentre bassi livelli segnalano una favorevole risposta alla terapia (ma può essere normale nel 10% dei pazienti).

(33)

33

Ecografia

Di notevole utilità si è dimostrata l’indagine ultrasonica applicata alla tiroide, per la facilità di esecuzione, l’assenza di effetti collaterali e la possibilità di avere un’immagine tridimensionale della ghiandola. L’esame non richiede alcuna preparazione preliminare e viene eseguito a paziente supino a capo iperesteso. La ghiandola può essere esaminata con vari piani di scansione: trasversale, longitudinale, obliqui. La definizione anatomica si presta bene per eseguire biopsie in corso di esame ecografico (biopsia ecoguidata). Per le sue piccole dimensioni è scarsamente definibile, invece, l’istmo tiroideo. Tutte le più recenti linee guida raccomandano di effettuare la valutazione ecografica del collo in presenza di fattori di rischio per tumore della tiroide (pregressa irradiazione al collo, familiarità per neoplasia tiroidea, noduli clinicamente in rapido accrescimento, noduli fissi e di consistenza aumentata, linfonodi clinicamente patologici, comparsa di alterazione stabile del timbro della voce). L’ecografia permette un bilancio preoperatorio delle stazioni linfonodali soprattutto laterocervicali. Secondo casistiche anatomo-patologiche e cliniche, metastasi di carcinoma tiroideo (soprattutto da PTC) sono riscontrabili nel 20 – 50% dei casi (anche quando la neoplasia primitiva è di minime dimensioni o anche occulta) ed è dimostrata l’utilità dell’ecografia nell’identificare linfonodi metastatici altrimenti non evidenti alla sola palpazione, condizionando così un approccio chirurgico più mirato, una migliore risposta al successivo trattamento ablativo con radioiodio e un minor tasso di ricorrenze. L’ecografia non è in grado di valutare con accuratezza il comparto linfonodale centrale in quanto mascherato dalla tiroide. È noto comunque che l’ecografia identifica la presenza di una metastasi linfonodale (VI livello e/o laterocervicale) nel 20 – 31% dei casi (condizionando l’estensione della resezione chirurgica in circa il 20% dei pazienti) e che nella metà dei casi si rinvengono all’istologia linfonodi metastatici (soprattutto nel comparto centrale) non riconosciuti all’ecografia.

(34)

34

Agoaspirato ed esame citologico (FNAC)

L’agoaspirato tiroideo con aghi sottili è divenuto sempre più popolare e attualmente rappresenta una delle prime indagini diagnostiche utilizzate su pazienti con noduli tiroidei. L’uso di aghi sottili ha permesso di diminuire nettamente il tasso di complicanze dovute all’uso di aghi di grosso calibro, mantenendo però l’efficacia diagnostica. La diagnosi accurata di lesione benigna ha ridotto significativamente la percentuale di intervento chirurgico in pazienti con noduli tiroidei. Inoltre, l’agoaspirato preoperatorio sta sostituendo l’esame istologico estemporaneo intraoperatorio. La diagnosi di malignità sulla base dell’agoaspirato è associata ad una elevata percentuale di accuratezza, vicina al 100%. Le precise caratteristiche citologiche del carcinoma papillare permettono di fare una diagnosi certa mediante l’uso dell’ago-aspirato. La diagnosi di carcinoma follicolare non può essere effettuata mediante ago-aspirato. Quando l’ago-aspirato rivela la presenza di “cellule follicolari” si deve prendere una decisione importante. Sebbene nella maggior parte dei casi si tratti di lesioni benigne (adenoma follicolare), la diagnosi non può essere certa e dipende dal completo esame istologico della lesione nel pezzo operatorio. Delle lesioni tiroidee in cui l’FNA rivela la presenza di cellule follicolari, si ha diagnosi definitiva di malignità nel 6-20% dei casi. La percentuale di falsi negativi dell’FNA viene riportata tra l’1% e il 6%. Rimane qualche polemica circa la gestione definitiva dei noduli tiroidei nei bambini. Ad esempio, la biopsia (spesso utilizzando le linee guida degli Stati Uniti) è la procedura iniziale raccomandata negli adulti e può essere facilmente eseguita in adolescenti e giovani adulti maturi. Anche se FNA può anche essere facilmente eseguita nei bambini più piccoli, può essere necessaria la sedazione cosciente. D'altra parte, molti esperti ritengono che il passo diagnostico iniziale dovrebbe essere chirurgia (cioè lobectomia e istmectomia), data la maggiore probabilità che un nodulo tiroideo in un bambino, soprattutto se accompagnata da linfoadenopatia palpabile,

(35)

35 è un carcinoma. Anche se questo è un approccio ragionevole, è la sensazione di alcuni studiosi che una FNA preoperatoria (e la successiva diagnosi patologica) consenta una migliore pianificazione operativa e riduca al minimo la necessità di un secondo intervento chirurgico, in particolare nei bambini che si presentano con un nodulo singolo tiroideo. Benché si tratti di una metodica caratterizzata da elevata sensibilità, soffre di due limiti: campionamenti “inadeguati” e diagnosi “indeterminate” (diagnosi differenziale fra neoplasie follicolari benigne e maligne fra cui la variante follicolare del PTC). Per ridurre il numero di campionamenti errati, l’agoaspirato deve essere eseguito mediante guida ecografica, piuttosto che “a mano libera” , modalità che permette di selezionare i noduli da esaminare in un contesto plurinodulare; di mirare il prelievo nel singolo nodulo (per esempio la porzione solida di un nodulo parzialmente cistico); di ridurre il rischio di complicanze per danno da puntura accidentale di vasi, nervi e trachea; la lettura dei preparati deve essere affidata ad un patologo Per quanto riguarda i criteri dimensionali, le più recenti linee guida non raccomandano l’esame citologico sui noduli di dimensioni <1 cm, indipendentemente dalle caratteristiche ecografiche. Fanno eccezione quei casi in cui ci sia evidenza ecografica di estensione extratiroidea del nodulo o di linfonodi sospetti loco-regionali.

Categorie citologiche. In anni recenti si è avvertita l’esigenza di uniformare le descrizioni e le terminologie citologiche in modo da permettere al patologo e al clinico di interagire più efficacemente fra loro a garanzia di una miglior selezione dei soggetti da avviare a chirurgia. I sistemi classificativi più utilizzati sono basati su schemi a 5 o 6 categorie: nel 2014 è stata aggiornata la classificazione Italiana, mantenendo lo schema a 5 categorie (associate al suggerimento di un comportamento clinico in relazione al rischio atteso di malignità) con importanti variazioni relativamente alla categoria TIR1 e TIR3, e rendendola confrontabile con

(36)

36 le altre principali classificazioni utilizzate: quella Americana (Bethesda System) e quella Inglese (UKRCP). (Tabella 1, Tabella 2)

Tabella 1. Classificazione Italiana della Citologia Tiroidea

Codice Categoria diagnostica Rischio atteso di malignità (%)

Suggerimento clinico

TIR1 Non diagnostico Non definito Ripetizione di FNA US

dopo almeno un mese

TIR1 C Non diagnostico,

cistico

Basso, variabile in base

al quadro clinico

Secondo il contesto clinico e/o ripetere FNA

TIR2 Non maligno / benigno < 3 Follow–up

TIR3 A Lesione indeterminata

a

basso rischio

< 10 Follow–up / ripetere FNA

TIR3 B Lesione indeterminata

ad alto rischio

15 – 30 Exeresi chirurgica

TIR4 Sospetto di malignità 60 – 80 Exeresi chirurgica /

eventuale istologia intraoperatoria

TIR5 Maligno 95 Exeresi chirurgica;

approfondimento diagnostico in casi selezionati

(37)

37

Tabella 2. Confronto fra la classificazione citologica Italiana, Americana e Inglese ITALIA: SIAPEC-IAP, AIT,

AME, SIE

USA: Bethesda UK: RCPath

TIR1. Non diagnostico

TIR1 C. Non diagnostico cistico

I. non diagnostico. Cistico. Thy 1 / Thy 1c. Non

diagnostico. Cistico

TIR2. Non maligno II. Benigno Thy 2 / Thy 2c. Non neoplastico

TIR3 A. Lesione indeterminata

a basso rischio

III. Atipie di significato

indeterminato o lesione follicolare

(AUS / FLUS)*

Thy 3a. Possibile neoplasia –

atipia / non diagnostico

TIR3 B. Lesione indeterminata

ad alto rischio

IV. Neoplasia follicolare o

sospetta per neoplasia follicolare

Thy 3f. Possibile neoplasia /

suggestivo di neoplasia follicolare

TIR4. Sospetto di malignità V. Sospetto di malignità Thy 4. Sospetto di malignità

TIR5. Maligno VI. Maligno Thy 5. Maligno

* AUS (atypia of undetermined significance); FLUS (follicular lesion of undetermined significance)

Nella classificazione Italiana i codici TIR2, TIR4 e TIR5 non sono sostanzialmente differenti rispetto alla classificazione precedente del 2007; sono state invece introdotte modifiche relativamente alle categorie TIR1 e TIR3 che comportano anche un aggiornamento dei possibili comportamenti clinici da adottare. Nella categoria TIR 1, che comprende i campioni cellulari non rappresentativi e/o inadeguati (non dovrebbero superare il 10% dei casi, escluse le lesioni cistiche), viene introdotta la categoria TIR 1C. Quest’ultima e rappresentativa di lesioni parzialmente cistiche con colloide scarsa e cellularità non adeguata che sono generalmente di natura benigna e richiedono la ripetizione dell’agoaspirato solo in presenza di un sospetto clinico (per escludere un PTC cistico). Va inoltre precisato che i campioni scarsamente cellulati

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38 che presentino atipie vengono classificati nelle categorie a rischio e non nella TIR1. La categoria TIR3, che nella precedente classificazione poneva l’indicazione all’intervento chirurgico, e stata suddivisa in due sottoclassi:

o TIR3A che comprende le lesioni indeterminate con basso rischio atteso di malignità (< 10%) per le quali è possibile attuare una sorveglianza clinica che prevede la rivalutazione ecografica ed eventualmente la ripetizione dell’ago aspirato;

o TIR3B che include le lesioni indeterminate ad alto rischio atteso di malignità (15 – 30%) con il suggerimento di provvedere all’exeresi chirurgica.

La suddivisione della categoria TIR3 nelle due sottocategorie A e B ha l’obiettivo di ridurre il numero di soggetti candidati alla chirurgia per patologia benigna. Va tuttavia precisato che questa sottoclassificazione deriva soprattutto dall’esperienza clinica ed e parzialmente sostenuta da evidenze scientifiche. Per tal motivo la nuova classificazione italiana richiederà di essere validata da uno studio multicentrico e sarà sottoposta a revisione. In entrambe le categorie citologiche, la decisione terapeutica (sorveglianza vs. lobectomia vs. tiroidectomia totale) va integrata con l’eventuale presenza di fattori di rischio clinici (es., familiarita di primo grado per carcinoma tiroideo, esposizione a radiazioni), le caratteristiche ecografiche e le dimensioni del nodulo, il riscontro di noduli tiroidei controlaterali alla lesione oggetto di valutazione citologica, la volontà del paziente o nel caso del bambino o dell’adolescenti dei genitori.

La diagnosi citologica TIR4 e TIR5, in assenza di evidenza radiologica di localizzazioni linfonodali, pone l’indicazione all’exeresi chirurgica, o mediante lobectomia o mediante tiroidectomia totale.

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39 La tiroidectomia totale è da preferire per:

o noduli con diametro massimo superiore a 4 cm; o evidenza di estensione extratiroidea della neoplasia; o evidenza di multifocalità del carcinoma;

o evidenza di metastasi linfonodali del collo;

o presenza di familiarità di primo grado per carcinoma tiroideo; o storia personale di irradiazione al collo.

Scintigrafia

Viene comunemente eseguita somministrando per os 30-50 microCi di Iodio-131 o 1 microCi di Tecnezio-99m endovena. Normalmente, il tracciante si distribuisce uniformemente, mostrando l’immagine anatomica della tiroide. Con tale metodo si può visualizzare la presenza di un carcinoma tiroideo che si presenta con un’area di acaptazione, circondata da parenchima normocaptante (“nodulo freddo”); il nodulo freddo diventa “caldo” alla scintigrafia con

131CsCl, che è un indicatore positivo per le neoplasie tiroidee. Se il nodulo resta freddo ciò

depone per una formazione cistica a scarsa cellularità.

Tomografia computerizzata (TC), Risonanza magnetica (RMN), PET-FDG/PET-FDG TC

Sicuramente oggi la TC rappresenta la tecnica complementare per lo studio della tiroide, soprattutto nella sua posizione endotoracica, e per la valutazione preoperatoria. Nella maggior parte dei casi l’ecografia e l’unica indagine raccomandata in preparazione all’intervento chirurgico purché effettuata da un operatore esperto. In alcuni settings clinici è

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40 indicato associare all’ecografia ulteriori indagini radiologiche (TAC, Risonanza e PET) non tanto per l’identificazione delle adenopatie laterocervicali e del comparto centrale, perché la sensibilità di queste indagini è relativamente bassa (30 – 40%), quanto per uno studio dell’estensione extratiroidea della malattia nei casi di neoplasie a rapido accrescimento o che si “impegnano” nel mediastino superiore per una migliore pianificazione dell’estensione dell’intervento chirurgico. Si sottolinea come la somministrazione di mezzo di contrasto iodato durante la Tac non permetta successivamente l’impiego di radioterapia metabolica con iodio-131 per i successivi 40-60 giorni. [2; 24; 33-44]

Prognosi

Sebbene nel bambino o nell’adolescente, il carcinoma follicolare della tiroide, per ragioni non conosciute sia caratterizzato da un’alta invasività sia locale ma soprattutto a distanza, la prognosi dei pazienti in età pediatrica è ottima con una overall survival del 100%, al contrario della prognosi della stessa neoplasia negli adulti, in cui si attesta un tasso di sopravvivenza osservato a 10 anni che varia tra il 98.5% (stadio I) al 63% (stadio IVC). Diversi articoli recenti hanno identificato fattori prognostici per il FTC non diversi da quelli degli adulti come l’età (il rischio di recidiva e di morte aumenta con l’avanzare dell’età, mentre il rischio di trovare un nodulo maligno si attesta intorno al 50% fra i 15-35 anni e circa il 75% al di sotto dei 15 anni), il sesso, l’invasione capsulare e/o vascolare. Altri fattori sono l’estensione del tumore (dimensioni, istologia). Le varianti più aggressive come il carcinoma oncocitario (a cellule di Hurtle) e la variante più aggressiva del FTC hanno una prognosi peggiore rispetta alla controparte differenziata. [4; 45;46-53;56-58]

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41

Stratificazione del rischio di recidiva

La stratificazione del rischio di recidiva, secondo le linee guida ATA, prevede tre livelli basati su criteri chirurgici, istologici, medico – nucleari, se disponibili, e laboratoristici:

Basso rischio  non evidenza di metastasi locali o a distanza

 resezione macroscopica completa del tumore  non evidenza di invasività locale del tumore

 Istologia non “aggressiva” e assenza di invasione vascolare  In caso di trattamento ablativo con 131I, la scintigrafia total

body non deve evidenziare captazioni extratiroidea

Rischio intermedio

 Evidenza microscopica di invasione dei tessuti peritiroidei

 Metastasi linfonodali della regione cervicale o

captazione extratiroidea dello 131I successiva al primo trattamento ablativo

 Istologia “aggressiva” o invasione vascolare

Rischio elevato  Tumore caratterizzato da invasione macroscopica

 Resezione incompleta  Metastasi a distanza

 Valori di tireoglobulina elevati (compatibili con la presenza di metastasi a distanza) o in rapido aumento oppure sproporzionatamente elevati rispetto ai rilievi della scintigrafia post terapeutica

La stratificazione del rischio ATA è rilevante dal punto di vista clinico perché fornisce orientamenti circa l’indicazione al trattamento ablativo con radioiodio, l’intensità e quali esami effettuare nel follow up (vedi oltre). Tuttavia, sebbene rappresenti un ottimo punto di partenza per le decisioni da adottare inizialmente, soffre il limite di essere relativamente poco accurata sul lungo termine in quanto oltre la metà dei pazienti classificati a “rischio intermedio” e “alto rischio” hanno un outcome migliore di quello atteso probabilmente perché non si tiene conto dell’effetto terapeutico del primo trattamento. Ciò suggerisce l’opportunità di ri-stratificare i pazienti a distanza di tempo (8-12 mesi) dall’iniziale

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42 trattamento in modo da modulare il follow–up in modo meno intensivo laddove non più necessario e personalizzarlo con “stratificazione dinamica del rischio di recidiva”. [59-62]

Stadiazione

Sono stati proposti diversi sistemi di stadiazione del carcinoma tiroideo (TNM, AMES, MACIS – solo per PTC, EORTC, AGES, MSKCC, NTCTCS) ma nessuno si è dimostrato superiore ad un altro. La classificazione TNM, largamente impiegata, è maggiormente utile nel fornire informazioni prognostiche relativamente al rischio di morte ma non prende in considerazione le risposte individuali al trattamento e non predice il rischio di recidiva. Essa prende in considerazione le dimensioni del tumore primitivo (T), la sua invasività locale e l’istotipo differenziando PTC/FTC dal carcinoma midollare e dal carcinoma anaplastico, il coinvolgimento e la sede delle localizzazioni linfonodali (N) e la presenza o meno di metastasi a distanza (M); informazione aggiuntiva è il cut-off dell’eta < 45 anni e > 45 anni per PTC e FTC.

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Stadiazione TNM (AJCC VII ed.)

T- Tumore Primitivo

Tx Tumore non valutabile

T0 Nessuna evidenza di tumore

T1 Tumore di < 2 cm limitato alla tiroide

T1a Tumore di < 1 cm

T1b Tumore > 1 cm ma < 2 cm

T2 Tumore > 2 cm e < 4 cm, limitato alla tiroide

T3 Tumore > 4 cm limitato alla tiroide o qualsiasi

T con minima estensione extratiroidea (ad esempio, esteso ai tessuti molli peritiroidei o esteso al muscolo sternotiroideo)

T4a Tumore esteso al di là della capsula tiroidea

e con invasione di una delle seguenti strutture: tessuti molli sottocutanei, laringe, trachea, esofago, nervi laringei ricorrenti

T4b Tumore che invade la fascia prevertebrale,

vasi mediastinici o ingloba la carotide

N- Linfonodi (LN) regionali

NX LN regionali non valutabili

N0 No metastasi ai LN regionali

N1 Metastasi ai LN regionali

N1a metastasi ai LN del VI livello (pretracheali,

paratracheali, e pre-laringei/LN Delfici)

N1b metastasi ai LN del collo omolaterale,

bilaterale o controlaterale (Livelli I, II, III, IV o V) o LN retrofaringei o mediastinici superiori

M-metastasi a distanza

M0 Assenza di metastasi a distanza

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Raggruppamento in stadi

Raggruppamento in stadi < 45 anni

Stadio I qualsiasi T qualsiasi N M0

Stadio II qualsiasi T qualsiasi N M1

Raggruppamento in stadi > 45 anni

Stadio I T1a,b N0 M0 Stadio II T2 N0 M0 Stadio III T1,T2,T3 T3 N1a N0 M0 M0 Stadio IVA T1,T2,T3 T4a N0, N1 N1b M0

Stadio IVB T4b qualsiasi N M0

Stadio IVC qualsiasi T qualsiasi N M1

Terapia

Il trattamento iniziale in un paziente adulto con carcinoma differenziato della tiroide, tiene conto delle linee guida che possono aiutare il medico a gestire al meglio il caso clinico. Tuttavia, quando si tratta di bambini, adolescenti e giovani adulti, la scelta terapeutica per il medico diventa più complessa in quanto studi in età pediatrica sono minori rispetto agli adulti. È imperativo notare che studi clinici prospettici randomizzati con domande, sono stati intrapresi nei bambini per determinare l'approccio terapeutico ottimale. L’intervento chirurgico e la terapia ormonale soppressiva costituiscono, nei bambini così come negli adulti, i cardini della strategia terapeutica dei carcinomi differenziati della tiroide. La chirurgia è fortemente indicata, se non obbligatoria, in tutti i casi in cui la clinica e le indagini diagnostiche abbiano evidenziato una lesione tiroidea maligna o fortemente sospetta. La terapia ormonale

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