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Analisi e valutazione dei rischi Atex. Analisi della sicurezza dei processi produttivi della fabbrica Unilever Sanguinetto con specifico riferimento al rischio esplosione polveri combustibili causato dagli errori umani

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Academic year: 2021

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(1)

PIANIFICAZIONE DELL’IMPIANTO E DELLE TECNOLOGIE

ANALISI E VALUTAZIONE DEI

RISCHI ATEX

ANALISI DELLA SICUREZZA DEI PROCESSI PRODUTTIVI DELLA

FABBRICA UNILEVER SANGUINETTO CON SPECIFICO

RIFERIMENTO AL RISCHIO ESPLOSIONE POLVERI COMBUSTIBILI

CAUSATO DAGLI ERRORI UMANI

RELATORE:

AUGUSTO DI GIULIO

CAROLINA LOPEZ GUTIERREZ

MATRICOLA: 813764

(2)

INDICE

1. CENNI STORICI SUL TEMA DEGLI INCIDENTI DOVUTI ALL’ESPLOSIONE

DI POLVERI ………..

1.1 Premessa storica

1.2 La situazione attuale e i dati statisti

2. LE CARATTERISTICHE DELLE MISCELE DI POLVERE ESPLOSIVE ...………

2.1. Le caratteristiche generali delle miscele di polvere esplosive ………

2.2. I parametri fisici in gioco………...

2.3. Quando si può generare un’esplosione per presenza di polveri combustibili

2.4. L’analisi delle caratteristiche delle polvere combustibili ………

2.5. Effetti delle esplosioni di polveri………...

2.6. Esempio di esplosioni di polveri alimentari……….

3. LA LEGISLAZIONE EUROPEA E LA LEGISLAZIONE NAZIONALE IN MATERIA

DI RISCHIO DI ESPLOSIONE DI ATMOSFERE ESPLOSIVE GENERATE DA POLVERI

INFIAMMABILI……….

3.1La differenza fra direttive di prodotto e direttive sociali………..

3.2 La direttiva 99/92/CE ovvero il titolo XI del D.lgs. 81/2008……….

3.3 La direttiva 94/9/CE……….

4. LA FABBRICA DI SANGUINETTO UNILEVER ITALIA MANUFACTURING S.R.L…

4.1 Cenni storici sulla fabbrica di Sanguinetto………

4.2 La produzione attuale e le materie prime utilizzate in forma di

polvere……….……….……

5. LE POLICY E LE NORME INTERNE DI UNILEVER IN MATERIA DI SICUREZZA

E SALUTE SUL LAVORO………

5.1Le policy generali………

5.2 Il progetto Process Safety……….

6. STATO DELL’ARTE SUL RISCHIO ESPLOSIONE DI POLVERI ALIMENTARI

INFIAMMABILI A UNILEVER SANGUINETTO………..

6.1 La classificazione delle aree esistente………..

6.2 Le regole vigenti………..

6.3 I punti di debolezza dell’attuale gestione del rischio polveri……….

7. STIMA DELLE CONSEGUENZE O DEGLI EFFETTI DELLE ESPLOSIONI ...

7.1 Conseguenze sulle persone ...

7.2 Conseguenze sugli Asset ( danni materiali e costi) ...

7.3 Conseguenze sulla continuità di Business (mancata produzione

e danno d’immagine) ...

7.4. Conseguenze sull’ambiente esterno ...

(3)

8. L’IMPLEMENTAZIONE DI UN SISTEMA DI GESTIONE DEL RISCHIO DI ESPLOSIONE

POLVERI COMBUSTIBILI: ASPETTI TEORICI E IMPOSTAZIONE DEL

LAVORO………...

8.1 Impostazione generale: dal Risk Assessment al sistema di gestione……….…

8.1.1.

Definizione del contesto ………

8.1.2.

Accadimento e gestione del rischio ………

8.2 Scelta del metodo per il Risk Assessment……….…

8.2.1 Acquisizione delle informazioni preliminare ………

8.2.2

Individuazione delle fonte di pericolo e dei potenziali eventi.

8.2.3

Valutazione dei rischi generici.

8.3 Estensione dell’approccio alle miscele di polveri alimentari………

8.4 il Metodo operativo di valutazione (metodo RASE) ………..………

8.4.1 Descrizione del sistema ……… 8.4.2 Identificazione dei pericoli, delle situazioni pericolose e degli eventi

pericolosi

8.4.3 Stima dei rischi

8.5 Il fattore umano: come analizzare e prevenire gli errori.

………

8.5.1. Sicurezza basata sui comportamenti (o Behavior Based Safety – BBS)

9.

ANALISI DEL CASO……….

9.1 Descrizione della sostanze impiegata per l’analisi dei rischi/ elenco dei

parametri di sicurezza ………

9.2 Descrizione dei posti di lavoro e delle aree

………..

9.3 Descrizione delle fasi dei diversi processi produttivi e/o delle attività dove

presente lo zucchero………..

9.4 L’identificazione dei rischi, eventi critici e zone………

9.4.1. Identificazione delle zone e dei pericoli in Reparto DRY

………..

9.4.2. Identificazione delle zone e dei pericoli in Reparto WET-JAMS

9.4.3. Identificazione delle zone e dei pericoli in Reparto WET-MOZART

9.5 Stima e valutazione dei rischi

9.6

Misure di carattere organizzativo

10. CONCLUSIONI……….

11. BIBLIOGRAFIA ...

(4)

1. CENNI STORICI, SITUAZIONE ATTUALE E STATISTICA SUL TEMA DEGLI INCIDENTI

DOVUTI ALL’ESPLOSIONE DI POLVERI

1.1 Premessa storica

Le esplosioni devastatrici che, di tempo in tempo, si verificano nei locali dove si trovano grandi quantità di polveri combustibili già da molti anni hanno attirato l'attenzione e, sia le cause sia i mezzi per evitarle, sono stati oggetto di importanti comunicazioni.

Non è un caso se, storicamente, l'industria carbonifera e quella molitoria dei cereali si trovano associate, in quanto ambedue producono rilevanti quantità di polveri combustibili.

Di seguito sono riportati altri eventi di esplosioni di polveri che hanno portato a conseguenze disastrose:

 14 dicembre 1785 - Da più di 200 anni, si segnalano "scoppi di polveri". Un’esplosione di polveri di farina verificatasi in un deposito a Torino, sarebbe una delle prime notizie riconosciute e riportate in letteratura su esplosione di polveri. Quando nella bottega di un fornaio di Torino, “mentre un garzone era intento a spostare dei sacchi di farina alla luce di una lampada”, si verificò l’esplosione di una nube di farina. In questo periodo i mulini a vento utilizzati dalla metà del 14° secolo per la macinazione dei cereali furono a poco a poco sostituiti con i mulini a vapore nettamente più efficienti.

 2 maggio 1878 - esplosione di farina in un mulino presso Minneapolis (Minnesota); morti 18 lavoratori.

Fig. Rappresentazione stereoscopica del disastro avvenuto nel 1878 in Minnesota.  7 novembre 1887 - Esplosione di farina ad Hameln (Bassa Sassonia). Un’altra

importante esplosione avvenne in Germania, nei Nuovi Mulini della Weser di Hameln, che causarono la morte di una trentina di persone e ne ferirono un gran numero.  1982 - Esplosione di zucchero a Boiry-Sainte-Rictrude, Francia e esplosione di un silos

(5)

 11 dicembre 1995 - esplosione di polveri di nylon in un impianto tessile a Methuen

(Massachusetts); feriti 37 lavoratori.

 1997- In un impianto in Taiwan di produzione di ABS, un terpolimero a base di acrilonitrile, butadiene e stirene, avvenne una violenta esplosione che provocò danni per 3 milioni di dollari. Essa coinvolse sei sili da 330 m di polvere ABS.

 1º febbraio 1999 - esplosione di polveri di carbone a Dearborn (Michigan) in un impianto della Ford Motor Company; 6 morti e 36 feriti.

 2000 - Verbano, Cusio Ossola, Italia; in una fabbrica di pulitura dei metalli situata si è verificata un’esplosione di polvere di alluminio piroforico. Nell'azienda si eseguivano le operazioni di smerigliatura e di finitura superficiale mediante tele abrasive per lucidare le superfici dei manufatti di metallo (caffettiere di alluminio) ed eliminare le sbavature rimaste dai processi di fusione. Nel processo si liberavano fini particelle di metallo che s'incendiarono all'aria con reazione molto esotermica ed esplosiva. Ustionò una decina di operai provocando danni alle strutture, proiettò pezzi di macchinario in un’azienda vicina, allarmando gli abitanti vicini.

 Febbraio 2008 - Esplosione a Port Wentworth, Georgia, nella proprietà della Imperial Sugar. Un'esplosione nella raffineria di zucchero causata da un cuscinetto surriscaldato di un trasportatore sotto i silos di zucchero, che ha innescato la miscela delle polvere di zucchero, poi diffusa con reazione a catena nella zona di confezionamento zucchero causando la morte di 14 persone e oltre 40 ferite.

Fig. L’Imperial Sugar Company distrutta dalle esplosioni e dall'incendio. (Foto: U.S. CHEMICAL SAFETY AND HAZARD INVESTIGATION BOARD, INVESTIGATION REPORT)

 2007 – Biella, Italia, presso uno stabilimento tessile che svolgeva attività per conto terzi di lavaggio, cardatura e pettinatura della lana, si è verificata una deflagrazione di vaste proporzioni per l'accensione del polverino generato dalle lappole; 3 persone morte, 8 ferite e una parte della struttura subì vistosi danni.

(6)

 16 luglio 2007, Cuneo, Italia. Nel molino Cordero di Fossano azienda per la macinazione dei cereali e lo stoccaggio delle farine, nell’operazione di trasferimento pneumatico di farina da un’autocisterna in un silos-fariniera di legno all’interno dello stabilimento, una serie di esplosioni causarono il tragico decesso di cinque persone.

Fig. In incidente nel molino Cordero di Fossano. In alto si vede il Corpo centrale dell’edificio, autocisterna in fiamme e cortile interno del molino. In basso dove il cliente ha scaricato l’eccedenza nel silos-fariniera, collegando lo scarico dell’auto cisterna al condotto di ripompaggio fisso in uscita dallo stabilimento, (indicato nel cerchio giallo), dove è avvenuta l’esplosione (fonte Report Centro Regionale di Documentazione per la Promozione della Salute, ASL TO3).

 17 marzo 2008 - Esplosione di un impianto di stoccaggio e macinazione del grano a

Lumut (Perak); 4 morti e 2 feriti.

 31 gennaio 2011 - esplosione di polveri a Nashville (Tennessee) in un impianto di produzione di polveri metalliche; morto un lavoratore; nello stesso anno (il 29 marzo e il 27 maggio) seguirono altri due eventi di esplosione di polveri nello stesso impianto, portando in totale alla morte di 5 lavoratori.

(7)

A continuazione viene nominato un incidente verificato recentemente, non fa parte di un industria agroalimentare, ma è dovuto a un’esplosione di polvere combustibile, che è posteriormente diventato incendio.

 28 giugno 2015 – Esplosioni di polveri coloranti a Taipei, Taiwan. L'incidente è avvenuto durante la festa della "Color Play Asia" al Formosa Water Park. Feste durante le quali si liberano in aria delle polveri colorate “amido di mais”; 500 persone sono rimaste ferite, di cui 182 in modo grave, riportando ustioni di secondo e terzo grado e 3 morti.

Fig. L'incidente al Formosa Water Parkdi Taiwan. In alto a destra si vedono le persone scappare avvolte dalle fiamme. In basso a destra i primi soccorsi alle vittime molte delle quali sono state adagiate e trasportate dentro dei canotti (fonte Youtube).

1.1 La situazione attuale e statistiche

Le esplosioni di polveri industriali che causano danni estesi restano fenomeni eccezionali, normalmente sono quelli incidenti dove le conseguenze hanno portato all’interruzione parziale o totale dell’attività produttiva per danni significativi agli impianti e per infortuni molto gravi ai lavoratori come lesioni o morte.

Incendi ed esplosioni da polveri meno devastanti accadono frequentemente nelle industrie manifatturiere e nei processi lavorativi che coinvolgono materiali in forma di polvere. Attualmente, si produrrebbe un'esplosione di polveri al giorno. La crescente industrializzazione e la meccanizzazione giocano senza dubbio un ruolo importante in questo fenomeno.

Per l'industria agro-alimentare le ragioni sono più specifiche: aumento delle capacità di stoccaggio, aumento del volume di manutenzione, estensione dell'automazione e, infine, aumento del numero di prodotti presentati sotto forma di polveri, a piccola granulometria. La seguente tabella illustra, per 400 esplosioni registrate, i tipi di impianti colpiti nel settore dell'industria agro-alimentare e dei mangimi per il bestiame.

(8)

esplosioni registrate Trasportatori (Elevatori) 26,7% Silos 22,9% Frantoi 18,1% Spolveratura 9,5% Essiccatoi 7,6% Stacciatura 2,8%

Camera dei forni 1,9%

Altri 10,5%

Tabella 1 - Tipi di installazioni dove si registrano delle esplosioni di polvere combustibile nel settore agro-alimentare. Fonte: Institut National de l'Environnement Industrial et des Risques (INERIS), Parc Technologique ALATA, B.P. 2, 60550 Verneuil-en-Halatte, France Fonte: Unep Industry and Environment

Esempi di esplosioni che si registrano occasionalmente nell’ impianto di Unilever, reparto di fabbricazione marmellate:

 Esplosione interna nel silo S1-S2 di stoccaggio dello zucchero, dovuta al aumento di pressione all’interno del silo; come misura di protezione esplodono le porte antiscoppio del silo che si trovano nella parte superiore.

 Esplosione interna nel silo di zucchero di stoccaggio interno e tubatura di trasporto zucchero; come misura di protezione viene subito rilasciato un gas all’interno de silo e tubazione per fermare l’esplosione.

(9)

Innesco efficace

Polvere in sospensione

Comburente

Confinamento Polvere combustibile con granulometria fine

Campo di esplosione

L’esplosione di polveri possono avvenire in ogni attività in cui si maneggiano materiali solidi finemente suddivisi (metalli, sostanze organiche, polimeri, resine, carboni, legno, ecc.); la polvere può essere il prodotto finale di una lavorazione o di un processo o un sottoprodotto indesiderato. Persino sostanze molto comuni come la farina di grano, la polvere di cacao, lo zucchero a velo, il tè, il caffè, quando sono trattate, sotto forma di polvere, su scala industriale in processi di macinazione, trasporto, separazione, essiccamento, presentano un pericolo d'esplosione, spesso mascherato dal loro aspetto familiare.

2.1 Le caratteristiche generali delle miscele di polvere esplosive

“Un'esplosione di polveri è un evento dannoso causato da una violenta reazione di

combustione di una polverecombustibile, che avviene in presenza di particolari condizioni”

Nel caso delle polveri ci si riferisce al cosiddetto "esagono dell'esplosione", che rappresenta una sorta d’evoluzione del triangolo del fuoco utilizzato per illustrare le problematiche di prevenzione incendi (INERIS, 2008).

Fig. Esagono dell'esplosione primaria delle polvere combustibili

Un’ esplosione di polvere combustibile avviene se si verificano contemporaneamente

le seguenti sei condizioni (NFPA 61-2008):

1. La polvere deve essere combustibile: vuole dire che il materiale, in forma di

polvere, ha la capacita di bruciare in aria, cioè è un solido capace di subire il

processo riguardante alla combustione.

Le sostanze che possono generare ATEX (

ATmosphères ed EXplosibles) sono le

seguenti: a)

Sostanze organiche naturali come grano, zucchero, caffe, legno, ecc.

b) Sostanze organiche sintetiche come plastiche, pigmenti organici, pesticidi,

intermedi farmaceutici, ecc. c) Carbone e coke. d) Metalli come alluminio,

magnesio, Zinco, ecc.

(10)

Tali materiali, ridotti in polvere a causa dei processi industriali subiti, dovranno

possedere frazioni granulometriche non trascurabili con diametri inferiori a

circa 500

µm.

2.

Deve essere presente un comburente nell'ambiente: generalmente il

comburente presente negli impianti di trattamento polveri è l’ossigeno dell’aria,

la concentrazione d’ossigeno inferiore al 7% non alimenta l’esplosione.

3. Le particele devono essere in sospensione: Tale condizione si verifica durante

l’operazione di caricamento, immissione e pulizia maniche filtrati; in questi

situazione, le polvere manifesteranno la tendenza a rimanere in sospensione,

anche dopo avere interrotto l’alimentazione, a causa della presenza di velocita

residue di circolazione all’interno dello spazio confinato. In particolare, in

tempo di persistenza del ATEX risulterà strettamente collegato alla

granulometria. Polveri con densità in volume di circa 2 g/cm3 possiedono una

velocita di sedimentazione pari a 1 m/s se di granulometria pari a 150

µm; tale velocita si riduce di 100 volte (1 cm/s) per le frazioni granulometriche inferiore a 10 µm (INERIS, 2000). Sara per tanto sufficiente un minimo di circolazione di aria per mantenere in sospensione le polveri di granulometria più fine, semplicemente innescabili rispetto alle frazioni granulometriche più grossolane.

4. La concentrazione della polvere deve essere interna al campo di esplosione:

Le polveri manifestano limiti inferiori d’esplosione minimi (LEL) compresi tra 15

e 30 g/m3. Il valore di UEL per le polveri non viene sottoposto a test ma e

comunque pari a circa 2÷3 kg/m3. La regola pratica che consente di

determinare in odo approssimato la concentrazione delle polveri in

sospensione caratterizzata da una concentrazione pari a 40 g/m3, la vista di una

lampadina della potenza di 25 W viene occultata a 2 m di distanza (Eckhoff,

2003). Naturalmente il sistema di illuminazione deve essere marcato CE-ATEX in

categoria conforme alla zona.

5. La polvere deve essere confinata. La polvere deve essere contenuta entro un

volume confinato, ad esempio una attrezzatura industriale. Il confinamento

permette alle polveri di accrescere la loro concentrazione e, al contempo, ne

permette il sostentamento per tempi lunghi.

6. Deve essere presente una sorgente di accensione efficace: Naturalmente

l’innesco della nube di polveri avviene attraverso una sorgente di accensione

che possieda un’energia sufficiente all’innesco.

Mancando anche una sola di queste condizioni, l'esplosione non può avvenire e,

quindi, tutte le misure di prevenzione “si basano quindi sull'eliminazione di una o più di

queste condizioni

(11)

Entrando più nel dettaglio, l'esplosività di una polvere è influenzata di molti fattori,

come: composizione chimica, natura del comburente, reattività e potere calorifico,

distribuzione granulometrica delle particelle e loro forma, grado di dispersione o

agglomerazione, concentrazione di polvere nella nube, grado di turbolenza, condizioni

ambientali (temperatura, pressione, umidità), energia d’innesco e posizione

dell’innesco, geometria del volume nel quale avviene la combustione, ecc.

Composizione chimica e reattività

Quando si propaga un'esplosione da polvere, avviene una reazione tra le particelle di

polvere e l'ossigeno atmosferico; la velocità con cui l'ossigeno è consumato e il potere

calorifico della polvere dipendono dalla natura chimica della polvere.

Per i composti organici, la combustione produce prevalentemente CO

2

e H

2

O. Gli effetti

di sovrappressione risultano quindi dall'espansione di questi gas, oltre che a quella

dell'azoto. Molti materiali contengono sostanze volatili e i pericoli d'esplosione

tendono ad aumentare all'aumentare del contenuto di sostanze volatili. I materiali

polimerici molto spesso contengono additivi che hanno lo scopo di conferire

caratteristiche fisiche specifiche; se tali additivi non sono combustibili, per esempio la

silice, il pericolo d'esplosione delle polveri del materiale è notevolmente ridotto.

Il calore di combustione (potere calorifico) è un parametro importante in quanto

determina la quantità di calore che può essere liberata nell’esplosione. Quanto

maggiore è il potere calorifico di una polvere, tanto più alta sarà la temperatura

raggiunta dai gas di combustione.

Natura del combustibile

L'aumento del tenore d’ossigeno nell'atmosfera comburente accentua la reazione di

combustione nella miscela (velocità dell'esplosione). Al contrario, la riduzione del

tenore d’ossigeno, per aggiunta di gas inerti quali azoto, anidride carbonica, ecc., riduce

il campo d’infiammabilità.

Granulometria

La riduzione della dimensione delle particelle aumenta la superficie di contatto

combustibile comburente, aumentando la velocità di combustione con una energia

d’innesco minori.

L'area superficiale (o superficie specifica, espressa in cm

2

/g o in m

2

/g) aumenta

fortemente con la polverizzazione della sostanza: a parità di forma delle particelle,

l'area superficiale dipende dalle dimensioni delle particele, a parità di massa, dipende

dalla forma delle stesse.

I processi di combustione che avvengono durante un'esplosione di polvere coinvolgono

reazioni chimiche all'interfaccia tra il solido combustibile e il gas comburente. Di

(12)

conseguenza l'area superficiale disponibile per l'ossidazione e il trasferimento di calore

ha un effetto significativo sull'inizio e sulla propagazione di un'esplosione di polvere.

Man mano che le dimensioni delle particelle di una polvere diminuiscono la superficie

specifica aumenta, per cui la polvere brucia più facilmente, è più facilmente

disperdibile e rimane più a lungo in sospensione. Anche la pressione massima

d'esplosione e la velocità massima di aumento della pressione aumentano al diminuire

della granulometria mentre diminuiscono l'energia minima di accensione e la

concentrazione minima esplodibile (limite inferiore).

È difficile indicare una granulometria massima delle particelle al di sopra della quale

non si ha più l'esplosione, poiché le diverse polveri hanno meccanismi di combustione

differenti. Dall'esperienza tuttavia si può presumere che polveri con particelle di

diametro superiore a 500 μm non siano esplodibili. Questo non significa che polveri di

tali dimensioni non costituiscano un pericolo: diverse operazioni (es. trasporto

pneumatico) possono provocare lo sminuzzamento delle particelle con formazione di

frazioni più fini.

Umidità

Diminuisce la tendenza esplosiva, sia per la coesione delle particelle sia a causa della

presenza dell'acqua che sottrae calore per il processo della vaporizzazione.

In generale, ma non per tutte le polveri, la presenza di umidità tende a diminuire

l'esplodibilità. Infatti, all'aumentare dell'umidità le particelle di polvere diventano più

coesive e producono agglomerati che sono più difficili da disperdere e quindi più

difficili da accendere.

Inoltre, parte del calore di combustione è consumato per vaporizzare l'umidità. Un

aumento nella percentuale d'umidità provoca un aumento della temperatura di

accensione, dell'energia di accensione e della concentrazione minima esplodibile.

Turbolenza

Facilita il mescolamento dei reagenti, sviluppando una combustione più veloce ed un

fronte di fiamma più frastagliato.

La presenza di condizioni turbolente nei sistemi industriali è quasi inevitabile,

soprattutto nei casi in cui si utilizza aria per il trasporto pneumatico delle polveri.

All'inizio di un'esplosione da polvere, un certo grado di turbolenza già esiste, tale

turbolenza aumenterà al procedere del fronte di fiamma attraverso la polvere con una

maggiore disponibilità di ossigeno sulla superficie attiva della singola particella. Questo

provoca un aumento della velocità della reazione all'interfaccia solido-gas e un

corrispondente incremento nei processi di trasferimento del calore.

(13)

La turbolenza provoca anche una frammentazione del fronte di fiamma con una

pressione d'esplosione maggiore.

Temperatura

All'aumentare della temperatura diminuisce l'umidità relativa, aumentando quindi la

velocità di reazione.

La propagazione della fiamma accelera all'aumentare della temperatura in quanto:

- aumenta la velocità della reazione chimica

- è ridotto l'effetto del raffreddamento dovuto all'umidità della polvere

La temperatura agisce sulle due fasi della miscela: su quella solida e su quella gassosa.

Per quanto riguarda l'effetto sul solido, specialmente se il tempo di riscaldamento è

prolungato, vengono notevolmente alterate le caratteristiche della polvere: può iniziare

una combustione lenta di materie volatili o una ossidazione superficiale delle particelle.

In ogni caso la reattività della polvere viene esaltata, in quanto diminuisce la differenza

tra la temperatura iniziale e quella di auto infiammabilità. Sulla fase gassosa la

temperatura agisce in duplice modo, preriscaldando il comburente e, a causa della

conseguente dilatazione di questo, alterando la composizione della miscela. In altre

parole, la concentrazione limite di una polvere in aria è fornita a condizione ambiente e

quindi la concentrazione del solido alla temperatura del fluido non è quella effettiva.

Pressione

L'aumento della pressione porta a effetti di entità più rilevante, in quanto, pur

rimanendo immutata l'azione esplosiva della miscela (caratteristica della quantità di

polvere dispersa), la pressione finale risulta più elevata, giacché è costituita dalla

somma della pressione iniziale e dell'aumento prodotto durante l'esplosione.

Un ambiente con sovrappressione potrà verificare un'esplosione più violenta, in quanto

la pressione massima di esplosione si somma alla pressione atmosferica.

Presenza di gas o polveri inerti

Gas o solidi (carbonati, cloruri di metalli alcalini o alcalino-terrosi) in sospensione non

reagenti, sottraggono calore alla reazione nella misura del loro calore specifico; ne

risulta una pressione massima di esplosione minore, e necessita di un'energia di

innesco maggiore; l'effetto inertizzante è tanto maggiore quanto più alto è il calore

specifico del gas inerte; per le polveri metalliche, che ad alte temperature possono

reagire con azoto e anidride carbonica, i gas inerti più efficaci sono argon ed elio.

Una diminuzione del livello di ossigeno porterà ad una riduzione degli effetti esplosivi

(in difetto di ossigeno la quantità di energia rilasciata è insufficiente a sostenere la

propagazione della fiamma). La concentrazione limitante di ossigeno (MOC) varia da

polvere a polvere e dipende anche dal gas inerte utilizzato, come per i gas e vapori.

(14)

Per le polveri metalliche i gas inerti più efficaci sono l'elio e l'argo; ad alta temperatura

alcune polveri metalliche reagiscono con l'azoto e l'anidride carbonica.

Sia la violenza dell’esplosione che la sensibilità all’accensione di una nube di polvere

diminuiscono al diminuire del contenuto di ossigeno dell’atmosfera in cui la polvere è

dispersa.

L'aggiunta di gas inerti generalmente fa diminuire la pressione d'esplosione e la

velocità di aumento della pressione mentre fa aumentare la temperatura di

autoaccensione.

Anche l'aggiunta di polveri inerti (carbonati, cloruri alcalini e alcalino terrosi) può agire

come inibitore dell'esplosione, in quanto interferisce con il processo di diffusione

dell'ossigeno sulla superficie attiva della polvere combustibile e agisce da pozzo di

calore.

Presenza di gas infiammabili

Quando al sistema combustibile-comburente sono aggiunti dei gas o vapori

infiammabili, si parla di "miscele ibride"; è il caso dell'essiccamento di un prodotto di

sintesi esplodibile da un solvente infiammabile; la presenza di tale componente

abbassa il limite inferiore di infiammabilità della miscela anche quando le

concentrazioni dei singoli componenti si trovano al di sotto dei singoli limiti di

infiammabilità; in tali miscele è accentuata la violenza dell'esplosione; oltre al limite di

infiammabilità subiscono un abbassamento anche la temperatura di accensione e

l'energia minima di innesco.

In diverse situazioni industriali può accadere che una polvere combustibile sia dispersa

in un'atmosfera contenente un gas o un vapore infiammabile. Tali miscele sono definite

ibride e l'esplosione ha un decorso combinato (effetto sinergico), coinvolgendo gas e

polvere con effetti più violenti che con il solo gas o la sola polvere.

Sulla base dei risultati sperimentali è generalmente ritenuto che tali sistemi possano

presentare pericoli d'esplosione anche quando le concentrazioni dei singoli

componenti siano al di sotto dei loro limiti inferiori d'infiammabilità. Attualmente c'è

una notevole necessità di informazioni su diversi sistemi ibridi, a causa dell'aumentato

numero di processi industriali in cui tali sistemi sono presenti (per esempio

l'essiccamento di polveri contenenti solventi infiammabili).

(15)

• una polvere combustibile miscelata con aria contenente un vapore infiammabile

esplode più violentemente che nella sola aria, anche se la concentrazione è al di

sotto del suo limite inferiore;

• il limite inferiore delle miscele ibride è più basso di quello della polvere combustibile,

anche se la concentrazione del gas infiammabile è al di sotto del limite inferiore;

• l'energia di accensione e la temperatura di autoaccensione delle miscele ibride sono

più basse di quelle della sola polvere (piccole frazioni di metano nell’atmosfera

comburente riducono il valore MIE di polveri di carbone di un fattore di circa 100

quando il contenuto di metano è aumentato da 0 al 3 %).

2.3 Quando si può generare un’esplosione per presenza di polveri combustibili

ATMOSFERA ESPLOSIVA: Miscela in aria di una sostanza infiammabile sotto forma di

gas, vapore, nebbia infiammabile, polvere, fibra, in condizioni atmosferiche normali, in

cui, dopo l’accensione, la combustione si propaga alla miscela incombusta.

Dopo l’innesco la combustione procede fino all’esaurimento della miscela stessa (UNI

EN 1127-1).

COMBUSTIBILE + COMBURENTE = ATMOSFERA ESPLOSIVA

POLVERE: insieme di particelle solide presenti nell’atmosfera, che si depositano per

propria massa, ma che possono rimanere sospese nell’aria per un certo periodo di

tempo (diametro fino a 0,1 mm).

POLVERE COMBUSTIBILE: “Polveri, fibre o particelle in sospensione che possono

bruciare o incendiarsi nell’aria e potrebbero formare miscele esplosive con l’aria in

condizioni di pressione atmosferica e temperature normali” (EN 61241-14).

Solo polveri con granulometria < 0,5mm:

 Gas, vapori o nebbie infiammabili

 Polveri (o fibre) combustibili

Esplodibilità di polveri

Il termine “polvere” indica lo stato di suddivisione spinta in cui si trova una sostanza

solida. Esplosioni di polveri possono avvenire in ogni attività in cui si maneggiano

materiali solidi finemente suddivisi (metalli, sostanze organiche, polimeri, resine,

carboni, legno, ecc.); la polvere può essere il prodotto finale di una lavorazione o di un

processo o un sottoprodotto indesiderato. Persino sostanze molto comuni come la

farina di grano, la polvere di cacao, lo zucchero a velo, il tè, il caffè, quando sono

trattate, sotto forma di polvere, su scala industriale in processi di macinazione,

trasporto, separazione, essiccamento, presenta un pericolo d'esplosione, spesso

mascherato dal loro aspetto familiare.

Una polvere combustibile o ossidabile può esplodere quando - dispersa in

un'atmosfera contenente sufficiente ossigeno per sostenere la combustione - è

(16)

innescata da una sorgente di accensione di appropriata energia. Pertanto, ogni

materiale solido in polvere che può bruciare in aria, può dar luogo ad un'esplosione

con una violenza e con una velocità di reazione che aumentano con il grado di

suddivisione del materiale. La reazione di ossidazione è chiaramente esotermica:

normalmente, in un solido, il calore generato è facilmente assorbito; in una polvere,

invece, l'area superficiale su cui avviene l'ossidazione è molto estesa e le dimensioni

delle particelle molto piccole perciò si verifica un aumento di temperatura con

conseguente aumento della velocità di ossidazione che genera ulteriore calore in modo

esponenziale.

Le esplosioni di polveri presentano diverse analogie con le esplosioni gassose,

specialmente per quanto riguarda le reazioni coinvolte e quando la polvere ha una

granulometria inferiore a 5 ʯm. Tuttavia, esistono significative differenze che rendono

lo studio delle polveri più difficile rispetto a quello dei gas e vapori.

Perché avvenga, un'esplosione di polvere deve essere presente un certo grado di

turbolenza per disperdere la polvere in una sospensione (nube). Le esplosioni gassose

possono invece avvenire anche con il gas in uno stato quiescente; inoltre le miscele

gassose sono omogenee e consistono di particelle di dimensioni molecolari. Al

contrario le sospensioni di polveri in aria formano un sistema eterogeneo; inoltre

contengono particelle di dimensioni diverse, sempre però molto più grandi e quindi più

pesanti delle molecole gassose e che tendono a redepositarsi a causa della gravità.

Data la differenza di densità tra i due componenti la miscela, la concentrazione di una

sospensione è solitamente espressa come peso di polvere per volume di aria (mg/l o

g/m3). La concentrazione rappresenta un valore medio, statistico, soggetto a variazioni

temporali e spaziali. Nel caso che si formi una nube di polvere, a causa della diversa

velocità di caduta delle particelle, in funzione delle loro dimensioni, si ottiene nella

miscela polvere-aria una separazione: la composizione della miscela subisce variazioni

notevoli con alterazione delle caratteristiche della miscela stessa.

In comune con i gas infiammabili, le polveri miscelate con l'aria esibiscono un limite

inferiore e un limite superiore di infiammabilità o di esplodibilità. Il limite inferiore o

concentrazione minima esplodibile rappresenta la più piccola quantità di una polvere

sospesa in un'unità di volume di aria capace di accendersi e di propagare la fiamma. In

concentrazioni inferiori, le particelle della stessa polvere sono più lontane fra di loro

quindi il calore liberato dall'ossidazione delle singole particelle non è sufficiente a

riscaldare e ad accendere quelle adiacenti. Quando la concentrazione della polvere

supera il limite inferiore e si avvicina al valore stechiometrico, la velocità di

propagazione della fiamma e la “violenza” dell’esplosione aumentano. Una volta

superata la concentrazione stechiometrica, l’effetto di raffreddamento dovuto

all'eccesso di combustibile diventa sempre più marcato e si raggiunge una

concentrazione corrispondente al limite superiore.

La determinazione sperimentale del limite superiore di infiammabilità di una polvere

presenta notevoli difficoltà, in quanto bisogna essere certi che la nube costituente il

sistema eterogeneo polvere-aria abbia concentrazione uniforme e che non si formino

zone in cui la concentrazione della polvere sia inferiore a quella corrispondente al

limite superiore di infiammabilità. Poiché è estremamente raro che negli impianti e

(17)

nelle attività industriali nubi di polvere possano essere mantenute in concentrazioni

sopra il limite superiore di infiammabilità (e quindi al di fuori dell'intervallo pericoloso),

l'interesse per questo limite è piuttosto scarso. Per questo motivo, ben pochi valori

sono stati determinati sperimentalmente e le concentrazioni trovate cadono tra 2 e 6

g/l. Nella Tabella 9 sono confrontati gli intervalli di infiammabilità di alcuni gas/vapori e

di alcune polveri.

Nella Fig. sono confrontati i dati di esplodibilità del metano e della polvere di

polietilene; anche la concentrazione del metano è espressa su base massa per unità di

volume di aria (g/m3). La curva del metano mostra, ben definiti, il limite inferiore e il

limite superiore; quella del polietilene mostra il limite inferiore (uguale a quello del

metano) ma non il limite superiore.

È importante sottolineare che la concentrazione della nube di polvere non è

spazialmente uniforme per cui ritenere che sia possibile impedire un'esplosione

rimanendo al di fuori dell'intervallo di infiammabilità, sebbene logicamente corretto,

da un punto di vista pratico deve essere considerato impraticabile.

Perché una miscela polvere-aria, compresa entro i limiti di infiammabilità, si accenda, è

necessario, come del resto per le miscele gassose, un innesco che può essere di vario

tipo (scintilla, filo caldo, elettricità statica, ecc.).

Tutte le polveri combustibili richiedono un'energia minima di accensione che varia in

funzione della natura chimica della polvere, dell'umidità, della posizione dell'innesco,

della sua granulometria, dell'uniformità e della composizione della sospensione.

(18)

Analogamente alle miscele gassose, l'energia di accensione è minima nei dintorni della

composizione stechiometrica ed aumenta nelle vicinanze dei limiti. Fino a pochi anni fa

si riteneva che l'energia minima di accensione delle polveri fosse di diversi ordini di

grandezza maggiore di quella richiesta dai gas infiammabili. Ulteriori ricerche sui

metodi di determinazione dell'energia di accensione, hanno tuttavia dimostrato che

variando le caratteristiche di scarica della scintilla si ottengono valori prossimi a quelli

dei gas.

Riassumendo, perché si propaghi un'esplosione da polvere devono essere soddisfatte

le seguenti condizioni:

 La polvere deve essere combustibile;

 La polvere deve poter formare una nube in aria (sospensione);

 La polvere deve avere una distribuzione delle particelle (granulometria) capace

di propagare la fiamma;

 La concentrazione della sospensione di polvere deve cadere entro l'intervallo di

infiammabilità;

 Deve essere presente una sorgente di energia (innesco) sufficiente per iniziare

la propagazione della fiamma entro la sospensione;

 L'atmosfera entro cui è sospesa la nube deve contenere sufficiente ossigeno per

sostenere la combustione

Se manca una sola di queste condizioni l'esplosione non può avvenire. Tutte le misure

di prevenzione si basano quindi sull'eliminazione di una o più di queste condizioni.

2.4 L’analisi delle caratteristiche delle polvere combustibili

L’Analisi di rischio polveri combustibili, tra cui polvere di zucchero, risalgono a più di 80 anni. Nel 1924, R.V. Wheeler (Wheeler, 1924) ha diviso le polveri combustibili in tre classi in base a infiammabilità e tassi di ustione relative:

• Classe I - Le polveri che si accendono e che propagano fiamme prontamente, la fonte di calore necessario per l'accensione deve essere relativamente piccola.

• Classe II - Le polveri che sono prontamente accesi, e che, per la propagazione della fiamma, richiedono una sorgente di calore di grandi dimensioni o ad alte temperature.

(19)

• Classe III - Le polveri che non sembrano essere in grado di propagare la fiamma. Nel 1925 la pubblicazione "The Dust Hazard in Industry" (Gibbs) conclude che:

Lo zucchero, la destrina, l'amido e cacao sono i più pericolosi, lo zucchero eccezionalmente così. Lo zucchero si accende quando proiettata come una nube contro una superficie riscaldata a seguito di una fonte d'ignizione o calore, avviene l'accensione, la fiamma viaggia in tutto il polverone con grande rapidità.

The National Fire Protection Association (NFPA) definisce una polvere combustibile come qualsiasi "materiale solido finemente suddiviso, che indipendentemente dalle dimensioni delle particelle e presenta un rischio di incendio o esplosione quando disperso in aria e acceso" (NFPA, 2006).

Procedure di prova standardizzate utilizzate per determinare sperimentalmente importanti proprietà di una polvere combustibile sono elencati nella Tabella.

Proprietà Definizione Metodo Di Prova Applicazione

Kst

Indice deflagrazione

delle polvere

ASTM E 1226

Misura la gravità

dell'esplosione relativa rispetto ad altre polveri.

Pmax

Sovrappressione

massima di esplosione generata nella camera di prova

ASTM E 1226

Utilizzato per progettare custodie e prevedere la gravità delle conseguenze.

(dP/dt) max

Velocità massima di

aumento della pressione

ASTM E 1226

Predice la violenza di una esplosione; utilizzati per il calcolo Kst

MIE

Energia minima di accensione

ASTM E 2019

Prevede la facilità e la probabilità di accensione di una nube di polvere dispersa.

MEC

Concentrazione minima esplosile

ASTM E 1515

Misura la quantità minima di polvere dispersa in aria, necessaria per diffondere un'esplosione.

Analogamente al limite inferiore di infiammabilità (LFL-Lower Flammability limit ) per le miscele di gas / aria

Tabella. Proprietà misurate di polveri combustibili (Dastidar, 2005)

(20)

L'indice di deflagrazione, kst, viene utilizzato per stimare la gravità dell'esplosione relativa della polvere in esame. Per determinare Kst, si ha bisogno di campioni di polvere di dimensioni note, il contenuto di umidità, e la concentrazione si accendono in un apparecchio di prova standard di 20 litri. La pressione della camera di prova è in funzione del tempo rilevato per via di crescenti concentrazioni del campione.

Il valore di Kst si calcola con l'equazione:

Più alto è il valore della Kst, è più energica l’esplosione delle polveri può essere. Alle polvere combustibile viene assegnato uno dei tre classi di pericolo, ST1, ST2, ST3 e, sulla base dell'indice di deflagrazione determinata dai risultati del test (vedi tabella).

Classe di pericolo Kst (bar m / s) Caratteristica

St1 1-200 Esplosione debole

St2 201-300 Esplosione forte

St3 >300 Esplosione molto forte

Tabella. Classi di pericolo polveri combustibili

Molte possono essere le conseguenze di un esplosione che avvenga in un luogo di

lavoro ed è consuetudine differenziare gli scenari di incidente a seconda che essi siano

originati di rilasci di gas, vapori, nebbie, spray oppure da polveri combustibili, che

presentano caratteristiche d’esplosione molto differenti, nonostante la presenza di

proprietà simili in termini di parametri di accensione e combustione (Eckhooff, 2005).

Tutte le sostanze originate da un rilascio accidentale presentano, infatti:

 Campi d’esplodibilità sufficientemente definitivi (LEL, UEL);

 Velocita di combustione laminare;

 Relazione tra turbolenza e velocita di combustione laminare;

 Fenomeno di transizione tra deflagrazione e detonazione;

 Rapporto di incremento di pressione in caso di esplosione isocora;

Queste similarità hanno portato molti autori ed enti a concludere che le esplosioni di

gas/vapori risultino assimilabili a quelle derivanti da ATEX generate da polveri

combustibile. Così non è. A fronte delle analogie indicate sono presenti differenze

sostanziali.

Una prima distinzione è legata all’intima miscelazione che avviene tra gas e vapori con

l’aria comburente, in particolare in zone confinate e ridotta ventilazione. La

concentrazione dei gas e vapori con l’aria permane costante nel tempo in assenza di

ventilazione; tale fenomeno non e analogo per le polveri e le gocce di liquidi (spray e

nebbie) che manifestano invece un moto controllate da forze n’inerzia e gravitazionali

che non hanno alcuna influenza nella miscelazione di gas e vapori. La sensibilità a tale

forza risulta inoltre strettamente dipendente dal diametro di polveri e gocce e della

velocita locale dell’aria.

(21)

Un’ulteriore diversità tra i comportamenti e legata alla presenza di una certa

turbolenza locale dell’aria; questo parametro, mentre nei gas e vapori non modifica le

concentrazioni di regime eventualmente già raggiunte, con le polveri aumenta la durata

della sospensione (e quindi la durata connessa all’esplosività delle stesse).

Inoltre, mentre e possibile trasportare gas e liquidi infiammabili in assenza di

comburente, il convogliamenti delle polveri combustibili necessita sempre di un gas

vettore che generalmente è aria (risulterebbe molto costoso l’utilizzo di gas inerti quali

azoto e CO2)

Infine, lo stoccaggio: per i gas i vapori e possibile effettuare tale operazione tenendo

sotto controllo i parametri sensibili come la concentrazione media della sostanza in

aria, operazione che con le polveri oltre al essere difficoltosa, risulta inaffidabile. Infatti,

mentre la rilevazione localizzata della concentrazione dei gas presenti in uno stoccaggio

può essere sufficientemente rappresentativa della concentrazione che si registra in

tutto il volume chiuso, per le polveri questa considerazione non possiede la medesima

valenza.

Ad ogni modo, a prescindere dalle differenze indicate, nell’ambito dell’analisi delle

esplosioni industriali e consuetudine, comunque, procedere ad una caratterizzazione

delle sostanze pericolose attraverso parametri quantitativi che permettano di

classificare ogni aspetto legato alla stabilita o reattività della sostanza analizzata.

Limiti di esplosione

I limiti di esplosione rappresentano i confini del campo di esplosione nel quale la concentrazione della sostanza infiammabile nell’aria può dar luogo ad un’esplosione (deflagrazione o detonazione). Esiste per tanto un limite inferiore di esplosione (LEL, Lower Explosion Limit) e un limite superiore d’esplosione (UEL, Upper Explosion Limit).

Il LEL e l’UEL sono anche chiamati limiti di esplodibilità e sono così definiti:

- LEL: concentrazione in aria di sostanza infiammabile al disotto della quale l’at-mosfera non esplode;

- UEL: concentrazione in aria di sostanza infiammabile al disopra della quale l’at-mosfera non esplode.

Fig. Range di esplosione

I limiti di esplosione sono misurati in miscela con l’aria. Tali limiti, nel caso di gas, vapori e nebbie, si modificano al variare delle condizioni al contorno nelle quali sono misurati. In particolare:

(22)

 Il aumento della concentrazione di ossigeno ampia notevolmente l’UEL, e quindi il campo di esplosione, mentre ha scarsa influenza sul LEL (vedi figura);

 Un aumento di temperatura tende ad aumentare il campo di esplosione con un incremento dell’UEL;

 Un aumento deciso del campo di esplosione si registra invece con l’aumento della presione che determina un forte spostamento dell’UEL.

Fig. Diagramma di infiammabilità in condizioni di temperatura e pressione ambiente.

I limiti di esplosione (LEL, UEL) si esprimono generalmente in % o in g/m3. Nel caso

delle miscele ATEX composte da più sostanze infiammabili, il LEL (e UEL) complessivo si

determina con l’ausilio della legge di Le Chatelier.

LEL miscela = 1/ ∑con n e i=1 yi/ LELi

Dove yi e la frazione molare o volumetrica della i-esima sostanza.

Per le polveri vengono rispettivamente definite la temperatura di accensione di una

nube e la temperatura di accensione di uno strato di polvere.

La temperatura di accensione di una nube è “la più bassa temperatura di una parete

calda interna ad un forno alla quale si verifica l’accensione in una nube di polvere

nell’aria contenuta al suo interno” (EN 60079-14-2:2010). In genere si considerano

pericolose polveri combustibili che hanno dimensioni delle particelle minori od uguali a

0,5 mm.

La temperatura di accensione di uno strato di polvere è “la più bassa temperatura di

una superficie calda alla quale si verifica l’accensione in uno strato di polvere di

spessore specificato su una superficie calda” (EN 60079-14-2:2010).

Uno strato di polveri è considerato pericoloso sia perché può sollevarsi in nube sia

perché può accendersi e dare origine ad esplosioni successive (effetto domino).

(23)

Tali parametri sono utilizzati, come vedremo più avanti, per la scelta delle

appa-recchiature analogamente a quanto detto per la temperatura di accensione dei gas.

Un altro parametro di notevole interesse è rappresentato dalla classe di

combu-stibilità BZ che rappresenta l’attitudine della polvere a bruciare in strato. Più la polvere

tende a bruciare, maggiori sono le condizioni di rischio sia per la presen-za di sorgenti

di accensione sia per la possibilità che lo strato possa sollevarsi in nube e provocare

esplosioni successive. Nella tabella 3 che segue sono indicate le classi di combustibilità

BZ.

Classe di combustibilità

Descrizione

BZ 1 La polvere non prende fuoco

BZ 2 La polvere prende fuoco brevemente e poi estingue rapidamente.

BZ 3 La polvere diventa incandescente localmente senza propagazione

BZ 4 La polvere diventa incandescente localmente con propagazione

BZ 5 La polvere produce un fuoco vivo che si propaga

BZ 6 La polvere produce una combustione molto rapida

Tabella: Classi di combustibilità

Infine si ricorda l’indice di esplosione K, che indica quanto forte può essere

un’esplosione. Tale parametro si determina sperimentalmente con analisi di laboratorio

in specificate condizioni e riveste una grande importanza soprattutto per le polveri, in

quanto ne caratterizza il comportamento.

Esso è legato alla legge cubica che regola il fenomeno dell’esplosione con la for-mula

seguente:

In particolare i valori dell’indice di esplosione per le polveri Kst sono suddivisi in 4

intervalli ad ognuno dei quali è associata una classe di esplosione St. A valori crescenti

di St corrispondono valori d’intensità crescente dell’esplosione come di seguito

indicato.

(24)

Concentrazione Limite di ossigeno (LOC)

La concentrazione limite di ossigeno (Limiting Oxygen Concetration, LOC) è la massima

concentrazione i ossigeno (determinata in condizioni di prova specificate) in una

miscela di sostanza infiammabile, aria e un gas inerte in corrispondenza della quale non

si verifica un’esplosione.

Al di sotto del LOC la miscela non e in grado di generare una reazione che si

autosostenga e si propaghi all’insieme della miscela incombusta. Come si rivela nella

figura di triangolo di infiammabilità, al di sotto della concentrazione limite di ossigeno,

il campo i esplosione si chiude completamente.

Il LOC dipendera sia dal tipo di sostanza testata sia del gas utilizzato per la generazione

del atmosfera inerte. Le norme tecniche di riferimento per l’esecuzione dei test sono la

ASTM E2079 per i gas i vapori e la ENI 14 034-4 per le polveri combustibili.

La determinazione di questo parametro è posta a fondamento delle operazioni di

prevenzione dell’ATEX definite inertizzazione. Tale tecnica, si suddivide in inertizzazione

per flussaggio e inertizzazione per purgaggio (in pressione o sottovuoto).

Temperatura di accensione

La temperatura di accensione rappresenta, convenzionalmente, la minima temperatura

di una superficie riscaldata in corrispondenza della quale, in condizione specificate,

avviene l’accensione di un’ATEX.

I gas e vapori presentano un’unica temperatura di accensione (Ti, Autoignition

Temperature oppure Tacc secondo la notazione presente in CEI 31-35) mentre le

polvere combustibili possiedono due tipi di temperature di accensione: La temperatura

di accensione della nube di polvere ( Tc] Cluod Temperature) e la Temperatura di

accensione dello strato di polvere ( Tlayer oppure T5mm nel casi di presenza di uno

strato standard di polvere dello spessore pari a 5mm)

Si sottolinea che tale parametro non rappresenta un aspetto univocamente definibile e

sperimentale rilevabile. Esso infatti risulta marcatamente dipendente dalle modalità di

esecuzione del test. In generale, la Temperatura di accensione

Tende a diminuire al crescere della superficie calda esposta all’ATEX e all’aumentare

della velocita con la quale l’ATEX lambisce la superficie calda. Inoltre esistono sostanze

(25)

che manifestano differenti temperature di accensione in funzione del materiale con cui

entrano in contatto.

La normativa a cui fare riferimento per l’esecuzione dei test è la UNI EN 14522 (per

gas/vapori) e CEI EN 50281-2-1 (per le polveri combustibili).

La Temperatura di accensione rappresenta un parametro indispensabile per

l’individuazione delle massime temperature superficiali degli apparecchi (elettrici e non

elettrici) collocati e destinati a funzionare in atmosfera potenzialmente esplosiva.

Minima Energia di accensione (MIE)

La minima energia di accensione (MIE, Minimun Ignition Energy) è l’energia che, in

condizione di prova specificate, risulta in grado d’innescare l’ATEX sottoposta a test.

Essa rappresenta sia per i gas i vapori, sia per le polvere combustibili, un indice di

sensibilità al innesco, utile al dimensionamento degli apparecchi a sicurezza intrinseca

e alla valutazione del rischi elettrostatico.

La MIE, nel caso delle polvere combustibili, risulta correlata alla granulometria; le

frazioni fini tendono a possedere energie di innesco più basse rispetto a polveri

grossolane.

La MIE, inoltre, tende a decrescere con:

-

L’aumento della temperatura

-

L’aumento della percentuale di ossigeno

-

La diminuzione dell’umidita nella polvere.

Sorgenti d’innesco

Le sorgenti di innesco possono essere:

 Scariche elettriche: possono derivare dalla manovra di interruttori, relè, da

correnti vaganti, da protezione catodica, dagli avvolgimenti dei motori elettrici,

etc…

 Scariche elettrostatiche: queste possono essere caratterizzate da energie

dell’ordine di decine di mJ e potenziali di decine di kV.

Le operazioni e le situazioni in cui si possono generare (figura 7a e 7b)

riguardano l’uso di attrezzature di plastica o di fibre sintetiche, di indumenti

isolanti (scarpe di gomma, fibre sintetiche) che si caricano per strofinio,

specialmente su pavimenti isolanti, lo scorrimento di fluidi e polveri

(riempimento di serbatoi, passaggio in tubazioni isolanti, scarico di gas

compressi), l’agitazione di polveri e liquidi in recipienti.

 Scariche atmosferiche: si generano in seguito ai campi elettrici e magnetici

connessi con il fenomeno della scarica atmosferica.

(26)

 Scintille generate meccanicamente: si tratta di particelle metalliche prodotte

per attrito ed urto e incendiate, per esempio durante le lavorazioni meccaniche,

o prodotte a seguito dell’urto fra utensili o arnesi realizzati in metalli leggeri e

pezzi con presenza di ruggine.

 Superfici calde: le superfici calde di apparecchi, tubi radianti, cuscinetti,

essiccatoi, etc. possono generare l’accensione dell’atmosfera esplosiva.

 Reazioni esotermiche: si hanno reazioni chimiche esotermiche con sviluppo di

calore non sufficientemente disperso e produzione di energia sufficiente per

l’innesco, in presenza di depositi di farine (per fermentazione batterica),

gomme, fertilizzanti, incrostazioni piroforiche, sali metallici e organici, olii e

grassi.

 Fiamme libere: presenti per esempio nelle operazioni di taglio e saldatura o nei

bruciatori, sono evidentemente pericolose per il loro alto contenuto energetico.

Tra le operazioni in cui porre maggiore attenzione vi è il taglio di recipienti

chiusi contenenti residui di sostanze infiammabili.

 Impulsi di pressione: generano calore a causa della compressione adiabatica nei

restringimenti o per esempio nella fuoriuscita di gas.

 Onde elettromagnetiche: la pericolosità dipende dalla potenza del campo

emettitore in prossimità delle parti metalliche che fungono da antenna

ricevente e che possono scaldarsi o generare scariche elettriche.

 Radiazioni ionizzanti: la pericolosità è legata all’energia associata alla radiazione

che può essere assorbita.

 Ultrasuoni: le onde acustiche possono riscaldare la sostanza che le assorbe.

Le cariche elettrostatiche come sorgenti di innesco

Tra i principali fattori che possono configurarsi come sorgente di innesco di una atmosfera esplosiva vi è la formazione di campi elettrostatici in prossimità di parti di impianto in cui si formano atmosfere esplosive. Tale fenomeno può essere dovuto a fattori strettamente legati al processo produttivo, ovvero a cause esterne come ad esempio quelle legate a fenomeni di scariche atmosferiche.

Nel caso di aspetti legati a fattori produttivi, il principio di formazione dei campi elettrostatici è dovuto in larga parte al classico fenomeno dello strofinio. Ciò si verifica, nel caso di sostanze solide, durante le procedure di travaso di sostanze tra recipienti diversi o per strofinio durante i processi di lavorazione.

In entrambi i casi, la separazione elettrostatica delle cariche elettriche determina la formazione di un’energia potenziale, o potenziale elettrostatico, che in qualsiasi momento,

(27)

può dare origine ad un arco voltaico e al successivo innesco dell’eventuale atmosfera esplosiva.

Il fenomeno della separazione delle cariche elettrostatiche per strofinio, di per sé non rappresenta un pericolo. Lo diventa nel momento in cui tale accumulo raggiunge livelli tali da riuscire ad innescare l’eventuale atmosfera esplosiva.

Una classica esemplificazione del fenomeno è il caso di un recipiente che, per qualche ragione, si carica positivamente. Qualora l’accumulo di carica superficiale sia tale da superare il potenziale di innesco, la carica elettrostatica viene liberata attraverso la formazione di una scintilla (arco voltaico), che si comporta come una sorgente di innesco. Le attività che possono dare origine a separazione di cariche elettrostatiche hanno quindi come fattore comune lo strofinio. Tra queste, nei processi industriali vi sono:

- travaso di prodotti;

- rotolamento tra nastri trasportatori e pulegge; - flusso di un liquido attraverso le tubazioni; - nebulizzazione di un liquido;

- svuotamento di grosse quantità di prodotti da sacchi o contenitori.

L’obiettivo principale, affinché non si produca una azione di innesco in atmosfera esplosiva, è quello di evitare che tali cariche si formino. Laddove tale fenomeno sia inevitabile, occorre che le cariche vengano disperse attraverso materiali con-duttori mediante il principio della messa a terra.

La messa a terra è una delle metodiche utilizzate per neutralizzare le cariche elettrostatiche, facendo in modo che queste si disperdano verso il terreno attraverso dei conduttori. La caratteristica di questi conduttori è la bassa resistività rispetto agli altri materiali presenti nell’atmosfera potenzialmente esplosiva.

2.5 Effetti delle esplosioni di polveri

Un'esplosione di polvere non è altro che la combustione rapida di una nube di materiale particolato contenuto in uno spazio confinato o parzialmente confinato dove si genera calore con una velocità molto più alta di quella della sua dissipazione. Poiché la reazione avviene in un tempo molto breve, gli effetti risultano concentrati e le conseguenze si estrinsecano nel raggiungimento di alte temperature e di un relativamente rapido aumento di pressione (a causa dell'espansione dei gas di combustione), con formazione di un'onda che si propaga nel mezzo circostante; le velocità di propagazione variano da pochi cm/s a qualche centinaio di m/s.

L'effetto esplosivo è funzione della granulometria della polvere, della percentuale di ossigeno della miscela, del grado di umidità, ecc. Se la miscela si trova in condizioni ambiente e in concentrazione stechiometrica, le pressioni massime che possono essere raggiunte durante l'esplosione sono di circa 8 bar per la maggior parte delle polveri,

(28)

analogamente a quelle raggiunte nelle deflagrazioni gassose. Tal volta sono state misurate anche pressioni superiori (11-13 bar).

I parametri principali che determinano la violenza dell'esplosione sono: la pressione massima di esplosione e la velocità massima di aumento della pressione. Questi dati vengono solitamente usati per la progettazione dei dispositivi di sfogo dell'esplosione (venting). La pressione d'esplosione e la velocità di aumento della pressione dipendono dalla concentrazione di polvere: i valori di tali parametri aumentano man mano che la concentrazione aumenta (partendo dal limite inferiore d’esplosività). In altre parole, questo significa che la violenza di un'esplosione dipende dalla quantità di polvere presente nell'unità di volume.

Esplosione confinate di polvere combustibile

I fenomeni di esplosione derivanti dalla presenza di polvere combustibili risultano nella maggioranza dei casi, generati dall’interno di un sistema di contenimento. Molto rare sono infatti le esplosioni primarie di polveri che hanno origine all’esterno degli impianti.

Come già fatto nel caso dei gas e vapori infiammabili confinati, si rincorrerà al termine esplosione primaria per identificare la deflagrazione che hanno origine all’interno di un contenimento o un'apparecchiatura (silo, filtro, ciclone, ecc). In seguito al cedimento della struttura, la pressione generata può coinvolgere depositi o strati di polvere presenti nelle vicinanze provocando una sospensione al di fuori dell’impianto.

Gli effetti dell’esplosione dovuta a contenimenti di polveri combustibili sono: radiazione termica, rilascio di gas tossici, frammenti proiettati, fiamme generate, sovrappressione, propagazione (interno impianto), Flame Jet Ignition (interno impianto), Pressure Piling (interno impianto).

(29)

Fig. Esplosioni primarie e secondarie dovute a polveri combustibili.

Con il termine esplosione secondaria, nel caso di polveri combustibili, possono essere correlate alla presenza di strati di polveri in deposito all’esterno della parte d’impianto esplosa, all’espulsione di polveri incombuste dal contenimento dovute all’esplosione primaria, e infine, alla propagazione dell’esplosione nelle tubazioni di adduzione e trasporto, con conseguenze spesso più disastrose.

A fini operativi e di analisi si assumerà che le esplosioni secondarie avvengono solo successivamente all’esplosione primaria, come dimostra la (quasi) totalità degli incidenti avvenuti nel passato. Risulta infatti molto improbabile che fenomeni possano accadere in assenza dell’esplosione primaria.

La maggioranza delle esplosioni che coinvolgono polveri combustibili hanno origine

dall’interno dei sistemi di contenimento (esplosioni primarie) ed eventualmente si

propagheranno all’esterno o in altre parti dell’impianto con lo sviluppo di esplosioni

secondarie. In genere l’esplosione che ha origine all’interno del sistema di

contenimento delle polveri inducono esplosioni deflagranti. Il fenomeno

dell’esplosione secondaria nel caso di polveri combustibili e pertanto riassumibile nei

seguenti scenari d’incidenti;

 Esplosione causata dalla dispersione e successivo innesco degli strati di polveri

presenti in adiacenza del contenimento primario esploso.

 Esplosione causata dall’espulsione dal contenimento di polveri non combuste,

accese a loro volta dalla fiamme generate dall’esplosione primaria.

 Accumulo di pressione (PP).

 Transazione Deflagrazione-Detonazione (DDT).

 Innesco con fiamma a getto (FJI).

Il fenomeno di transazione tra deflagrazione e detonazione può avvenire lungo

condotte di trasporto pneumatico non isolate con valori del rapporto L/D (Lunghezza/

Diametro) sufficientemente alti e con polveri ad medio/alto Kst.

Per quanto invece attiene la sola propagazione dell’esplosione nelle tubazione, nel caso

di diametri inferiori a 0,1 m e polveri con classe di Esplodibilità St1, se l’accensione ha

inizio da un contenimento correttamente protetto con venting (P red ≤ 0,5 bar), la

probabilità di propagazione dell’esplosione all’interno del trasporto pneumatico risulta

verosimilmente bassa (Barton, 2002).

Lo stesso autore ritiene in ogni caso improbabile tra propagazione tra contenimenti tra

loro collegati (e non protetti da sistemi di sfogo o soppressione) nel caso siano presenti

diametri di collegamento inferiori a 0,1 m e polveri di classe St1 e St2. D’altro canto e

provata la propagazione del fronte di fiamma all’interno di condotte aventi diametro

compreso tra 0,2 e 0,6 m (NFPA 68), a partire da un innesco proveniente da un

contenitore correttamente protetto con venting calcolato una (P red ≤ 0,5 bar).

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