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7. STIMA DELLE CONSEGUENZE O DEGLI EFFETTI DELLE ESPLOSIONI

8.4 il Metodo operativo di valutazione (metodo RASE)

8.4.2 Identificazione dei pericoli, delle situazioni pericolose e degli event

L’identificazione dei pericoli è la parte più importante di ogni valutazione del rischio. Una volta che un pericolo è stato identificato, il progetto può essere cambiato, o possono essere fatti interventi sull’impianto per minimizzare il pericolo, che il grado di rischio (inteso come combinazione di probabilità e di danno) sia stato stimato o no. In questa fase è di primaria importanza anche una piena comprensione degli usi previsti e degli usi scorretti ragionevolmente prevedibili.

Un impianto o un processo ha una progettazione accettabilmente sicura quando si giudica che siano state prese adeguate misure preventive o protettive. Il termine “misure adeguate” si riferisce a procedure di sicurezza, ingegneristiche, scientifiche, di produzione, operative e di manutenzione generalmente accettate in relazione ai rischi coinvolti. I rischi considerati possono essere di danni alle persone, allo stabilimento o all’ambiente.

Il sistema deve essere esaminato per determinare quali sorgenti di ignizione sono presenti. La tabella 3.3 a contiene un elenco di possibili sorgenti di ignizione fornito dalla norma UNI EN 1127.

Dove un certo tipo di sorgente di ignizione può presentarsi nel sistema questo deve essere annotato nella colonna “Pertinente” della tabella. Le singole sorgenti di ignizione pertinenti deve essere poi considerate rispetto alle atmosfere potenzialmente esplosive presenti e, dove appropriato, bisogna decidere se sono significative per il sistema e devono essere considerate nella valutazione del rischio. Per esempio, se sono possibili scariche elettrostatiche a spazzola ma non sono presenti atmosfere esplosive di gas o vapori e l’energia minima di ignizione dell’atmosfera esplosiva di polveri in esame è 100 mJ (molto maggiore di quella fornita da questo tipo di scarica) verrà inserito un “SI” nella colonna “Pertinente” e “NO – MIE della nube di polveri 100 mJ” nella colonna “Significativa”.

Il risultato principale della fase di identificazione dei pericoli è un elenco numerato di eventi pericolosi registrati come nella tabella 3.3 b, che possono risultare dalle unità operative e dagli impianti coinvolti come un dato di ingresso per la successiva fase di stima del rischio.

L’identificazione dei pericoli deve analizzare il sistema per identificare tutte le possibili situazioni di presenza di un’atmosfera potenzialmente esplosiva.

Il tipo di atmosfera esplosiva che si può presentare deve essere indicato nella colonna “Tipo” della tabella. L’operazione che la causa e un’indicazione della frequenza o di quando è presente è indicata nella colonna “Frequenza di presenza o rilascio”, mentre la posizione dove si presenta è indicata nella colonna “Posizione”. Il principale riferimento per il reperimento di queste informazioni è la classificazione dell’impianto/area nelle zone di cui all’Allegato XV- bis D.L.vo 626/94, redatta secondo le norme CEI 31-30 e/o 31-52.

Similarmente, ogni sorgente di ignizione significativa che potrebbe causare l’accensione dell’atmosfera esplosiva deve essere inserita nella colonna “Tipo” corrispondente con la causa e la probabilità di presenza. Infine, l’efficacia della sorgente di ignizione nel causare l’accensione dell’atmosfera esplosiva (classificata come alta, media, bassa) è inserita, insieme alla ragione, nella colonna finale.

Sorgenti di ignizione

Possibile Pertinente (Sì/No) Significativa (specificare i motivi) Superfici calde

Fiamme e gas caldi (comprese le particelle calde)

Scintille di origine meccanica Impianti elettrici

Correnti elettriche vaganti, protezione catodica contro la corrosione Elettricità statica: Scariche a corona Scariche a spazzola Scariche a spazzola propagante Scariche a cono Scariche a scintilla Fulmini Onde elettromagnetiche in radiofrequenza (RF) da 104 Hz a 31012 Hz Onde elettromagnetiche da 31011 Hz a 31015 Hz Radiazioni ionizzanti Ultrasuoni Compressioni adiabatiche e onde d’urto Reazioni esotermiche, compresa l’autoaccensione delle polveri Tabella 3.3 a

Atmosfera esplosiva Sorgente di ignizione

Rif

. Tipo Frequenza di presenza o rilascio

Posizione Tipo Causa Probabil

ità Efficacia della sorgente di

ignizione

vapori esano con aria breve periodo alla fine del riempimen to del boccaport o di riempimen to del motore dell’agitat ore co del motore occasione di guasti la temperatur a della superficie è > della temperatur a di ignizione 2 Nube esplosiva di polvere di zucchero Presente di frequente nella normale operatività All’interno dell’alloggi a-mento dell’elevat ore Scintille per attrito nell’elevat ore a tazze Strofiname nto tra tazze e alloggiam ento Occasion ale nella normale operativit à Bassa per la bassa velocità delle tazze Et c. Tabella 3.3 b

Quando deve essere svolta la valutazione dei rischi di un sistema protettivo, questa valutazione deve includere l’identificazione e le possibili conseguenze di guasti nell’operatività del sistema di protezione, al fine di determinare se esiste la possibilità che sia lo stesso sistema di protezione a causare l’innesco dell’atmosfera esplosiva.

Come risultato aggiuntivo dell’identificazione dei pericoli, ci può essere un elenco di possibili misure protettive contro i pericoli che sono stati identificati. Questo elenco può poi essere usato anche nelle fasi di valutazione dei rischi e di riduzione dei rischi.

8.4.3 Stima dei rischi

In linea di principio, la stima dei rischi deve essere portata a termine per ogni pericolo di esplosione identificato nella fase di identificazione dei pericoli.

Il rischio, per quanto riguarda la sicurezza contro le esplosioni, è fondamentalmente costituito da due elementi: la gravità del possibile danno e la probabilità che quel danno si verifichi. Il rischio è generalmente espresso in tre possibili modi:

Qualitativamente, per esempio come alto, medio, basso, tollerabile, intollerabile, accettabile. Quantitativamente, calcolando la frequenza o la probabilità che un determinato evento si verifichi.

Semi-quantitativamente, attribuendo a elementi di rischio come le conseguenze, l’esposizione e la probabilità un punteggio numerico; questi punteggi vengono poi combinati in qualche modo per dare un valore pseudo-quantitativo del rischio, che permette di confrontare i rischi tra loro e stilare una classifica.

In molte situazioni, non è possibile determinare esattamente tutti i fattori che influenzano il rischio, in particolare quelli che contribuiscono alla probabilità che uno specifico evento si verifichi. Perciò il rischio viene spesso espresso in maniera qualitativa piuttosto che quantitativa.

La gravità del danno può essere espressa attraverso livelli definiti, uno o più dei quali può risultare da ogni evento pericoloso. Quindi, in termini di infortuni o danni alla salute delle persone o agli impianti, l’entità del danno può essere espressa come segue:

 Catastrofico  Maggiore  Minore  Trascurabile

Al fine di stimare la frequenza di ogni livello di gravità può essere applicata una tecnica di valutazione per determinare la probabilità di ogni evento pericoloso. La frequenza può essere espressa qualitativamente come:

 Frequente  Probabile  Occasionale  Remoto  Improbabile

Le definizioni dei differenti livelli di severità del danno e delle diverse frequenze sono schematizzate nelle tabelle 3.3 c e 3.3 d.

Tabella 3.3 c GRAVITÀ

Descrizione

Definizione degli effetti negativi

CATASTROFICO MAGGIORE MINORE

TRASCURABILE

Morte o distruzione totale dell’impianto

Grave infortunio, malattia professionale grave, o danno grave all’impianto

Infortunio lieve, malattia professionale non grave, o danno minore al sistema

Infortunio, malattia professionale o danno all’impianto meno che lieve Tabella 3.3

FREQUENZA

Descrizione

Frequenza specifica

Frequenza basata su dati

FREQUENTE PROBABILE OCCASIONALE REMOTO IMPROBABILE Probabile che si verifichi frequentemente Si verificherà varie volte nella vita di un impianto

È probabile che si verifichi qualche volta nella vita di un

impianto

Improbabile ma possibile nella vita di un impianto

Così improbabile che si può assumere che possa non verificarsi mai

Registrato continuamente Succede

frequentemente Succede varie volte Improbabile ma ci si può ragionevolmente aspettare che succeda Improbabile che succeda, ma è possibile

Tabella 3.3 d

Frequenza Gravità del danno

Catastrofic

o Maggiore Minore Trascurabile

Frequente A A A C Probabile A A B C Occasionale A B B D Remoto A B C D Improbabile B C C D Tabella 3.3 e

La connessione tra livello di gravità da una parte e frequenza dall’altra è fornita da una matrice (tabella 3.3 e). I punti di corrispondenza in questa matrice sono assegnati ai livelli di rischio A, B, C e D.

I livelli di rischio rappresentano una classificazione del rischio che rende possibile una valutazione su quali azioni ulteriori sono richieste, se necessario.

Quindi:

Livello di rischio A: Livello di rischio alto

Livello di rischio B:

Livello di rischio C:

Livello di rischio D: Livello di rischio basso

A seguito della stima del rischio, deve essere portata a termine la valutazione del rischio per stabilire se è necessaria una riduzione del rischio o se è stata raggiunto un livello accettabile di sicurezza.

È evidente che se la stima porta ad un livello di rischio A, il rischio è così alto da essere considerato intollerabile e sono richieste misure di riduzione del rischio addizionali.

Similarmente, un livello di rischio D può essere considerato accettabile e non è richiesta alcuna ulteriore riduzione. Perciò il rischio può essere descritto come:

 Intollerabile: se il rischio ricade in questa categoria devono essere prese misure di sicurezza appropriate per ridurlo.

 Accettabile: se il rischio ricade in questa categoria non è richiesta una riduzione del rischio e la valutazione del rischio è completa.

I livelli di rischio B e C sono livelli intermedi, che normalmente richiedono qualche forma di riduzione del rischio, attraverso misure di prevenzione e/o protezione, per rendere il rischio stesso accettabile. Il grado di severità di queste misure sarà minore rispetto al caso di livello A e nel caso di un livello di rischio C saranno spesso sufficienti misure di riduzione del rischio di tipo organizzativo.

Una volta che il rischio è stato stimato e valutato, l’analisi delle scelte adottate per la riduzione del rischio porta alla decisione finale che stabilisce se le soluzioni adottate riducono il rischio ad un livello accettabile. Dopo che tutte le misure di prevenzione e protezione per ridurre la probabilità e le conseguenze di uno specifico evento pericoloso sono state prese, bisogna gestire i rischi residui.

I rischi residui sono quelli contro i quali la riduzione attraverso misure progettuali e tecniche di salvaguardia non è, o non è totalmente, efficace. I rischi residui devono essere documentati e

inclusi nelle istruzioni per l’uso degli impianti. Se tutti i rischi sono classificati come accettabili, allora non è richiesta alcuna riduzione del rischio e la valutazione del rischio è completa. Quando rimangono rischi giudicati inaccettabili, la valutazione del rischio deve essere ripetuta. Questo dovrà essere fatto in maniera iterativa, dopo aver modificato la situazione di sicurezza prevista per l’impianto o il suo uso previsto, finché tutti i rischi siano stati ridotti ad un livello accettabile.

8.5 Il fattore umano: come analizzare e prevenire gli errori

Il progresso tecnologico ha spostato l’intervento umano da un diretto impegno manuale al controllo dei processi automatici della macchina e, dunque, l’affidabilità delle macchine si è proporzionalmente innalzata così come i sistemi di protezione.

In questa situazione l’importanza di studiare il fattore umano “scaturisce dalla necessità di portare allo stesso livello di affidabilità l’operatore che deve condurre, sorvegliare e prendere decisioni relativamente alla macchina in una complessità dei sistemi produttivi e del numero dei singoli elementi che li compongono”.

Infatti “un’interazione tra lavoratore e fonte di pericolo (macchina, impianto, attrezzatura, ambiente di lavoro) non corretta a causa di errori dovuti a lacune cognitive e/o mancata percezione della situazione di pericolo, decisioni sbagliate e incomprensioni, decisioni corrette ma fallite, può causare un rischio per la salute e per la sicurezza dello stesso”: la prevenzione

degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali è “possibile se esiste un adattamento e un equilibrio reciproci tra le componenti fondamentali di un sistema complesso costituito dall’uomo, dalla macchina e dall’ambiente”.

L’intervento ricorda che la “casistica relativa agli infortuni sul lavoro attribuisce al fattore umano una responsabilità predominante nella maggior parte degli infortuni, degli incidenti o dei quasi-incidenti”.

Spesso la ridotta efficacia delle misure di prevenzione nei luoghi di lavoro è dovuta proprio “alla mancanza di attribuzione della qualifica di ‘componente del sistema’ all’uomo ed all’organizzazione”.

L’errore umano – continuano gli autori – “avviene spesso a causa di una mancata percezione

degli stessi rischi a livello individuale e/o dell’organizzazione” e la percezione del rischio è “un fenomeno cognitivo complesso” influenzato da diversi fattori: fattori sociali, comunicativi, culturali.

L’accettabilità di un rischio non dipende solo da vincoli di legge, regolamenti o norme tecniche “ma anche da fattori non razionali connessi con la percezione dello stesso, la cultura, l’emotività, l’atteggiamento psicologico, le convinzioni politiche o l’esperienza del singolo e/o della collettività a cui appartiene. Essa dipende da considerazioni soggettive ed oggettive legate alla natura volontaria o involontaria del rischio, alla familiarità con la situazione, al numero di persone coinvolte in un eventuale evento dannoso, al tipo di evento, al valore che il singolo o la collettività attribuisce alla vita e all’immediatezza ed alla gravità delle conseguenze: maggiormente vicine all’evento e più gravi sono le conseguenze, maggiore è la percezione del rischio”.

In particolare nel campo della sicurezza sul lavoro “viene spesso invocato l’errore umano come generica chiave di interpretazione di molti incidenti, ma dagli studi sull’errore umano e sulle condizioni in cui si verifica si è visto come questo, nella maggior parte dei casi, sia in realtà un ‘errore organizzativo’, dove la componente umana agisce in seguito a una non adeguata progettazione della sua attività”.

Infatti le costrizioni organizzative “giocano un ruolo importante nell’induzione degli errori, in quanto sono in grado di ridurre la soglia di attenzione necessaria per svolgere le operazioni in sicurezza”.

Riguardo alla prevenzione e “partendo dal presupposto che condizioni organizzative che causano stress, affaticamento mentale o sottocarico mentale sono spesso propedeutiche al verificarsi di errori”, l’accurata “valutazione di queste condizioni nell’ambito dell’organizzazione del lavoro può aiutare a ridurre il rischio”.

Inoltre “si può intervenire sugli errori dovuti a conoscenze tramite una formazione adeguata, e verificando che le informazioni e l’addestramento forniti entrino a far parte del patrimonio culturale degli operatori: in questo modo essi saranno in grado di riconoscere le situazioni di rischio e le azioni da compiere per evitarlo”.

Riguardo agli errori dovuti a distrazioni “l’addestramento deve essere mirato a rendere gli operatori coscienti delle loro azioni, svolte spesso per abitudine, ma possono anche essere effettuati interventi che individuino le cause della mancata attenzione per correggerle (lavoro monotono, lavoro con scarsa necessità di attenzione), mentre nel caso di errori basati sulle regole, una costante supervisione di queste, l’aggiornamento e la diffusione delle informazioni sono metodi per evitare l’applicazione di procedure inadeguate o obsolete”.

Nel caso invece di violazioni coscienti delle regole o procedure , “l’analisi deve valutare le motivazioni alla base dell’errore, definendo se si tratta di una procedura comunque sicura, e che quindi può essere adottata in sicurezza riformulando le procedure previste, oppure se si tratta di una procedura insicura che non deve essere applicata, e in questo caso la valutazione dell’errore e delle sue motivazioni deve permettere di intraprendere azioni che evitino il ripetersi dell’errore (adeguata formazione alla sicurezza, ma anche interventi strutturali o organizzativi)”.

Per rendere più efficaci le misure di prevenzione è necessario “non solo agire su macchine, impianti ed ambienti di lavoro, ma anche intervenire per diminuire il verificarsi di comportamenti caratterizzati da inosservanza di norme operative o regolamentari o comunque non conformi alle comuni pratiche di sicurezza, ed al tempo stesso incrementare comportamenti ‘positivi’ in relazione a tali ambiti”.