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La labiopalatoschisi nel Percorso dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana: analisi di 916 casi primari dal 2009 al 2016 con valutazione dei risultati e delle complicanze

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1 Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in

Medicina e Chirurgia Direttore Prof. Gaetano Pierpaolo Privitera

CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E

CHIRURGIA

La labiopalatoschisi nel Percorso dell’Azienda

Ospedaliero-Universitaria Pisana: analisi di 916 casi primari dal 2009 al 2016 con

valutazione dei risultati e delle complicanze

RELATORE

Chiar.mo Dr. Gian Luca Gatti

CANDIDATO

Marina Montemagni

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2

… a te, che hai reso possibile tutto.

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INDICE

CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA ... 1

INTRODUZIONE ... 6 Definizione e Generalità ... 6 Embriologia ... 7 Anatomia ... 14 Anatomia normale ... 14 Labbro superiore ... 14

Arcata alveolare mascellare (o superiore) ... 15

Palato ... 15

Anatomia Patologica ... 19

Alterazioni scheletriche ... 19

Schisi anteriori ... 19

Schisi anteriore monolaterale ... 19

Schisi anteriore bilaterale ... 20

Schisi posteriore ... 20

Schisi anteriori ... 21

Schisi anteriore monolaterale ... 21

Schisi posteriore ... 23

Casi clinici primari del reparto di Chirurgia Plastica di Pisa ... 26

Classificazione ... 30

Classificazione clinica ... 30

Classificazioni con una prospettiva morfologica e anatomica ... 31

Classificazione di Davis e Ritchie (1922)13 ... 31

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4

Classificazioni con una prospettiva embriologica ... 33

Classificazione di Fogh Andersen (1942)15 ... 33

Classificazione di Kernahan e Stark (1958) ... 33

American cleft palate-craniofacial association Classification ACPA (Harkins at al., 1962) ... 35

Epidemiologia ... 36

Labioschisi con o senza palatoschisi (CL/P) ... 36

Palatoschisi isolata (CPO) ... 37

Eziologia ... 38

Eziologia SCL/P ... 38

Sindrome di Van der Woude e dello pterigio popliteo ... 40

Sindrome di Apert ... 41

Sindrome di DiGeorge ... 42

Sequenza di Pierre Robin ... 42

Eziologia NSCL/P ... 43

Fattori genetici di suscettibilità (o fattori di rischio genetico) NSCL/P ... 44

Fattori di rischio ambientale NSCL/P ... 48

Diagnosi e trattamento labiopalatoschisi ... 53

Protocollo di Approccio Multidisciplinare del Reparto di Chirurgia Plastica di Pisa ... 53

Trattamento chirurgico ... 57

Sinechia labiale preliminare secondo Randall-Graham Modificata ... 58

Cheiloplastica (monolaterale e bilaterale) e periostioplastica ... 60

Cheiloplastica secondo Tennison modificata Massei e periostioplastica secondo Massei ... 60

Periostioplastica contestuale alla cheiloplastica ... 65

Rinoplastica contestuale a cheiloperiostioplastica ... 72

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5

Palatoplastica ... 78

Palatoplastica secondo Bardach96 (“Two -Flap palatoplasty) ... 78

Palatoplastica secondo Von Langenbeck ... 80

Interventi secondari (brevi accenni) ... 82

Innesto osseo nella schisi mascellare ... 82

Correzione delle deformità nasali secondarie ... 82

Correzione deformità del labbro secondarie a cheiloschisi ... 83

SCOPO DELLO STUDIO ... 84

MATERIALI E METODI ... 86 RISULTATI ... 94 DISCUSSIONE ... 96 CONCLUSIONI ... 106 BIBLIOGRAFIA ... 107 RINGRAZIAMENTI ... 113

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6

INTRODUZIONE

Definizione e Generalità

La labiopalatoschisi (LPS) è una malformazione congenita caratterizzata dalla presenza di una schisi, ossia di una fessura, che si realizza a livello del massiccio facciale a causa di una mancata fusione di abbozzi embriologici durante la vita intrauterina. Si può descrivere tale deformità, in modo più corretto, con il termine

cheilognatopalatoschisi, in quanto le strutture coinvolte sono il labbro (suffisso “cheilo”), il mascellare (da cui il suffisso “gnato”) e il palato.

Viste le diverse strutture anatomiche interessate, si può capire come i bambini affetti da questa condizione patologica possano presentare diverse difficoltà, specialmente nei mesi prima della chirurgia, che comprendono le funzioni delle cavità coinvolte. Il trattamento chirurgico della labiopalatoschisi non consiste nell’aggiungere tessuto nella sede della schisi, ma di andare a ricercare, sui due margini di questa, le diverse componenti che non si sono unite (cute, mucosa, muscoli e ossa) riportandole nella corretta sede anatomica in modo da raggiungere un’armonica simmetria del massiccio facciale.

Problematiche di allattamento, di deglutizione, di respirazione, uditive e fonatorie sono solo alcune delle diverse difficoltà che i bambini affetti da labiopalatoschisi possono sperimentare.

Un approccio multidisciplinare è essenziale per trattare le diverse comorbidità e per tale motivo, presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana (AOUP), è operante un gruppo di specialisti che segue i pazienti in tutte le fasi e che cooperano tra loro nel cosiddetto “Percorso Labiopalatoschisi”. I molteplici problemi relativi alle malformazioni fissurali, infatti, si estendono oltre l’ambito chirurgico, comprendendo il dominio di diverse discipline.

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7

Embriologia

L’estremità craniale dell’embrione umano inizia a svilupparsi precocemente alla metà della terza settimana, periodo nel quale i tre strati germinali (ectoderma, mesoderma ed endoderma), della parte craniale dell’embrione, iniziano il loro sviluppo specifico. I tre strati germinali primari formano la base per la differenziazione dei tessuti e degli organi in via di sviluppo.

Il sistema nervoso e cutaneo prendono origine dall’ectoderma e interagendo tra loro danno origine alla cresta neurale. Le cellule della cresta neurale sono uniche in quanto, nonostante la loro origine ectodermica, consistono di tessuto ectomesenchimale pluripotente comparabile ai tre strati germinali primari. Queste cellule, migrando in sede intramesodermica e lungo piani di clivaggio tra gli strati germinali, si dividono e si differenziano nel tipo cellulare finale quando raggiungono la loro destinazione principale.

Lo sviluppo della faccia si verifica in gran parte tra la quarta e l’ottava settimana.

Dalla quarta settimana iniziano a svilupparsi gli archi branchiali, prendendo origine

dagli elementi del tessuto connettivo e muscolare della cresta neurale. Sono in gran parte responsabili della formazione della faccia, del collo, delle cavità nasali, della bocca, della laringe e della faringe.

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Figura 1. Illustrazione dei passaggi dello sviluppo della faccia umana: dal 28° giorno (A) alla 10° settimana di vita embrionale (G) sono illustrate le fasi di progressiva fusione della prominenza frontonasale (in viola), delle prominenze mascellari (in arancione) e delle prominenze mandibolari (in azzurro). Da “Grabb and Smith’s Plastic Surgery7th Edition. Part III”.

Prendendo come centro topografico lo stomodeum, o bocca primitiva dell’embrione, si possono descrivere diverse prominenze che daranno luogo allo sviluppo della faccia. Il primo arco branchiale contribuisce a delimitare i margini laterali e caudali dello

stomodeum grazie alle due prominenze mascellari e alle due prominenze mandibolari

di sua pertinenza (una per ciascun lato). Il limite craniale della bocca primitiva viene ad essere completato dalla prominenza frontonasale (FNP), un processo centrale formato dalla proliferazione del cervello primitivo, che si fonde da entrambi i lati con le prominenze mascellari del primo arco branchiale. Queste cinque prominenze facciali (le due prominenze mascellari e mandibolari e il processo frontonasale), che delimitano lo stomodeum, sono responsabili dello sviluppo dell’aspetto della faccia dell’adulto. La creazione di una struttura facciale simmetrica e senza soluzione di continuità, dipende dalla coordinata crescita di queste prominenze.

Ciascuna prominenza facciale inizialmente è formata da uno strato di tessuto epiteliale che viene poi popolato da tessuto mesodermico e dalle cellule della cresta neurale provenienti dal mesencefalo e romboencefalo. Le cellule della cresta neurale, quindi, hanno un ruolo fondamentale nella formazione dello scheletro facciale e qualsiasi

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9 fattore che impedisce la crescita o la differenziazione, di questa popolazione cellulare, può avere un impatto nello sviluppo delle schisi orofacciali.3

Le prominenze mandibolari derivano dalla porzione più caudale del primo arco branchiale e si fondono direttamente tra loro, intorno alla quarta settimana di gestazione, quando il feto presenta una lunghezza di circa 3-5 mm. L’estrema rarità delle schisi mandibolari indica che questa precoce fusione è un evento molto robusto dello sviluppo e una possibile spiegazione potrebbe ricercarsi nell’esigua dimensione embrionale al momento della fusione3.

La formazione delle strutture centrali della faccia include una serie di eventi di fusione molto più complessa tra le parti laterali del processo frontonasale e ciascuno dei processi mascellari.

La fusione di questi tre processi avviene più tardivamente rispetto alla fusione delle prominenze mandibolari, iniziando durante la quinta settimana e procedendo fino alla

settima settimana3.

A partire dalla quarta settimana iniziano a formarsi i placodi nasali, come ispessimenti bilaterali della superficie ectodermica del FNP (a livello della sua faccia inferiore e laterale), e rappresentano i precursori delle narici4. I margini dei placodi nasali si sollevano nelle prominenze nasali mediale e laterale, concorrendo a circoscrivere ciascuna fossa nasale.

Come precedentemente accennato, la forma della faccia deriva in gran parte dallo sviluppo delle cinque prominenze facciali:

 La fusione della coppia di prominenze mandibolari dà luogo alla mandibola, al labbro inferiore, alla parte inferiore delle guance ed al mento.

 Le prominenze mascellari sono responsabili della maggior parte del labbro superiore, ad esclusione del filtro, e della parte superiore delle guance.

 La prominenza frontonasale (FNP) forma: la fronte, il dorso del naso e le strutture che derivano dalle prominenze nasale, mediale e laterale.

Le prominenze nasali laterali non partecipano alla formazione del labbro superiore ma formano le ali del naso. La continuità anatomica tra naso, labbro superiore e palato è possibile grazie ai processi di fusione che avvengono tra le prominenze nasali (mediali e laterali) del FNP e mascellari.

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10 In particolare:

La fusione delle prominenze nasale mediale e mascellare determina la separazione delle fossette nasali dallo stomodeum e, successivamente, della cavità orale da quella nasale (la separazione tra cavità orale e nasale viene poi completata posteriormente con la formazione del palato secondario).

La fusione delle prominenze nasali mediali forma: il filtro, il tubercolo e la curva di Cupido del labbro superiore, la punta del naso, il palato primario ed il setto nasale.

Figura 2 A. l’immagine raffigura in sezione sagittale la testa dell’embrione alla fine della sesta settimana che mostra il processo palatino mediano, o palato primario. B, D, F. immagine del tetto della bocca dalla 6° alla 12° settimana di vita embrionale che illustra lo sviluppo del palato. Le linee di rottura in (D) e (F)indicano il sito di fusione dei processi palatini, le frecce indicano la crescita mediale e posteriore dei processi palatini. C, E e G: Disegni di sezione frontale della testa che indicano la fusione dei processi palatini laterali tra loro e il setto nasale e la separazione della cavità orale da quelle nasali. Da “Grabb and Smith’s Plastic Surgery7th Edition. Part III”.

A partecipare allo sviluppo del palato concorrono la prominenza frontonasale e le prominenze mascellari. Il FNP contribuisce alla formazione del palato con il processo palatino mediano o palato primario (che deriva dalla fusione delle prominenze nasali mediali), mentre le prominenze mascellari vi contribuiscono con i due processi palatini laterali. Questi tre elementi (processi palatini laterali e processo palatino mediale) sono

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11 inizialmente separati a causa dell’orientamento verticale delle lamine palatine, disposte ai due lati della lingua.

La crescita della camera dello stomodeum, determinata dal maggior prognatismo mandibolare, permette alla lingua di spostarsi nella porzione caudale della bocca primitiva e quindi alle lamine palatine di modificare il loro orientamento da verticale a orizzontale; tale processo avviene circa durante l’ottava settimana di sviluppo

embrionale.

Il passaggio dei processi palatini laterali dalla posizione verticale a quella orizzontale si verifica in poche ore, iniziando prima negli embrioni maschili rispetto a quelli femminili. Questa differenza potrebbe essere chiamata in causa nella diversa incidenza della palatoschisi nei due sessi.

Gli eventi di fusione, richiesti per la normale formazione del palato secondario, iniziano intorno all’ottava settimana e si completano verso la decima; rendendo la formazione del palato secondario l’ultimo processo di fusione che avviene quando la lunghezza fetale è di circa 4 cm3,4. I processi palatini laterali si fondono tra di loro

lungo la linea mediana, superiormente con il setto nasale e anteriormente con il palato primario. Il processo di fusione dei processi palatini laterali avviene grazie a un iniziale contatto, determinato dalle cellule epiteliali dei bordi mediali (Medial Edge Epithelium, MEE), con la formazione di una cucitura epiteliale mediana (Midline Epithelial Seam, MES), che degenerando mediante apoptosi, porta alla fusione delle masse mesenchimali dei processi palatini laterali. Questa fusione avviene in senso antero-posteriore e porta alla formazione del palato secondario5.

L’ossificazione del mesenchima, che si verifica nella parte anteriore, dà luogo alla formazione del palato duro mentre la differenziazione in senso muscolare, nella parte posteriore del palato, dà luogo al palato molle.

Figura 3. Formazione del palato secondario. Si noti come inizialmente i processi palatini laterali siano disposti verticalmente e, con l’abbassamento della lingua, si orizzontalizzano per fondersi, quindi, lungo la linea mediana “Taib. Cleft lip and palate: diagnosis and management. Br J Hosp Med (Lond) 2015”1.

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12 La comprensione della complessa embriologia delle strutture coinvolte nella labiopalatoschisi permette di comprendere come si possano formare i diversi difetti:

 Una schisi labiale unilaterale deriva dalla mancata fusione della prominenza nasale mediale e della prominenza mascellare di un lato.

 Una schisi labiale bilaterale deriva dalla mancata fusione delle prominenze nasali mediali fuse con le prominenze mascellari dell’altro lato. Questa mancata fusione può determinare una proiezione eccessiva della pre-maxilla e del prolabio in particolare in caso di schisi completa bilaterale: infatti i processi mascellari mediali, non essendo frenati dalla fusione laterale con le prominenze mascellari, possono essere abbastanza prominenti.

 Le schisi del palato primario si verificano anteriormente al foramen incisivo e derivano dalla mancata fusione delle masse mesenchimali nei processi palatini laterali con quella del processo palatino mediale.

 Le schisi del palato secondario si verificano posteriormente al foramen incisivo e derivano dalla mancata fusione delle masse mesenchimali dei processi palatini laterali tra loro e con il setto nasale.

Ciascun tipo si schisi, in base al grado di fusione avvenuta durante lo sviluppo embrionario, può essere distinta in completa e incompleta.

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Figura 4 Origine embriologica delle strutture della porzione mediana della faccia (a, b) nello sviluppo embriologico, i processi nasali laterali formano le ali del naso, mentre i processi nasali mediali formano il segmento intermascellare, composto dal filtro del labbro superiore, dal palato primario e dai quattro denti incisivi. I processi mascellari formano il resto del labbro superiore, il palato secondario: costituito da palato duro (compresi i processi alveolari anteriori e posteriori), e dal palato molle. Vari tipi di schisi: (c) schisi unilaterale del labbro, (d) schisi bilaterale del labbro, (e) schisi unilaterale del labbro e del palato primario. (f) schisi bilaterale del labbro e del palato primario, (g) schisi unilaterale completa del palato primario e del labbro, (h)schisi completa bilaterale del labbro e del palato i) schisi isolata del palato secondario, (j) schisi isolata del palato molle, (k) schisi sottomucosa del palato molle). Cobourne MT. The complex genetics of cleft lip and palate. Eur J Orthod 2004 6.

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Anatomia

Anatomia normale

Per comprendere adeguatamente le caratteristiche delle diverse schisi e quindi come l’anatomia possa essere sconvolta, da gradi lievi fino a molto severi, risulta di fondamentale importanza descrivere la normale anatomia delle strutture coinvolte in caso di labiopalatoschisi.

Le strutture che prenderemo brevemente in analisi sono: il labbro superiore, l’arcata alveolare mascellare e il palato (palato duro e palato molle).

Labbro superiore

Le labbra sono due lamine di tessuto molle che circoscrivono e delimitano l’apertura anteriore della cavità orale.

Il labbro superiore e inferiore si uniscono da entrambi i lati nelle commessure labiali mentre con il loro margine libero delimitano la rima buccale.

Il labbro superiore presenta, in posizione impari mediana, un solco verticale poco profondo, il filtro, che è interposto tra due creste di cute in rilievo a forma di “M” schiacciata (definito per questo motivo curva di cupido del labbro superiore).

L’anatomia normale del labbro è caratterizzata dalla presenza di una importante componente muscolare, di cui il muscolo orbicolare della bocca rappresenta una componente essenziale. Si tratta di un muscolo striato di forma ellittica ad asse maggiore trasversale, che è disposto intorno alla rima

orale.

Il muscolo orbicolare della bocca può essere distinto in due porzioni, una interna e una esterna. La prima è di pertinenza esclusiva del labbro mentre la parte esterna, o periferica, è costituita da fasci estrinseci che, originati dai muscoli mimici circostanti, formano due semianelli; questi, dalle commessure labiali di

entrambi i lati, si riuniscono a livello della parte Figura 4. Anatomia normale dei

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15 mediana di ciascun labbro. Il muscolo orbicolare delle labbra svolge essenzialmente una funzione sfinteriale, chiudendo la rima orale.

Arcata alveolare mascellare (o superiore)

Questa regione anatomica è un rilievo arcuato che accoglie i sedici denti dell’arca superiore. Dal punto di vista scheletrico, derivano dalla fusione a livello mediano dei due processi alveolari, che si originano dalla parte inferiore di ciascun osso mascellare. La faccia interna dei processi alveolari risulta in continuità con la faccia inferiore del processo palatino dell’osso mascellare. L’arcata alveolare è rivestita dalla gengiva (gengiva aderente), un tessuto molle che si estende anche a circondare il dente (gengiva libera).

Palato

Il palato, o volta della cavità orale, può essere suddiviso in due parti: palato duro

anteriormente e palato molle posteriormente. Il palato duro è formato dai processi palatini dei mascellari e dalle lamine

orizzontali delle ossa palatine. È delimitato anteriormente e lateralmente dall’arcata alveolare mascellare e dalla rispettiva gengiva, posteriormente continua con il palato molle.

A livello mediano, il palato duro presenta il rafe palatino, una cresta bassa e stretta a decorso antero-posteriore. La cresta palatina superiormente si solleva dal pavimento delle cavità nasali, per articolarsi con il vomere, e termina anteriormente e posteriormente con la spina nasale anteriore e posteriore rispettivamente.

All’estremità anteriore del rafe vi è una sporgenza ovale, rappresentata dalla papilla incisiva che copre la fossa che corrisponde all’orifizio orale del canale incisivo.

Anteriormente rispetto alla papilla incisiva, il palato duro presenta uno spicchio triangolare inizialmente indipendente dal resto del mascellare, chiamato anche osso incisivo o premaxilla che si articola, tramite la sutura incisiva, con il margine anteriore dei processi palatini. La premaxilla deriva dal processo frontonasale, che nello sviluppo embrionale si inserisce tra i due mascellari, che derivano invece dai processi

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16 omonimi. Per distinguere queste due porzioni del palato dal punto di visa embriologico possiamo definire le strutture anteriori rispetto al forame incisivo come palato primario, e come palato secondario le strutture localizzate posteriormente.

Il palato molle rappresenta la prosecuzione posteriore del palato duro. È una piega mobile, sospesa al margine posteriore del palato duro, che si porta in basso e indietro fra il segmento buccale e quello nasale della faringe. Il palato molle è formato da una grossa piega della mucosa, che racchiude un’aponeurosi, fasci muscolari, vasi e nervi, tessuto linfoide e ghiandole mucose. Il margine superiore si attacca al margine posteriore del palato duro e ai lati si continua con la faringe. Il margine inferiore è libero ed è caratterizzato dalla presenza di un processo cilindro-conico, l’ugola. A partire dalla base dell’ugola prendono origine due pieghe arcuate di mucosa che si estendono lateralmente verso il basso e contengono fasci muscolari. La piega anteriore è dovuta al muscolo glossopalatino e quella posteriore al faringopalatino.

L’aponeurosi palatina è una struttura sottile e fibrosa che sostiene i muscoli e rinforza il palato molle, sulla quale si inseriscono i muscoli del palato molle. È costituita dai tendini espansi del muscolo tensore del velo del palato e vicino alla linea mediana si divide in due lamine comprendenti fra loro il muscolo dell’ugola.

Il palato molle ha un’importante componente muscolare, i sei muscoli da cui è costituito sono:

 Il Muscolo elevatore del velo palatino: è un muscolo cilindrico, situato sul versante laterale dell’apertura nasale posteriore. Dalla rocca petrosa dell’osso temporale si porta nel terzo medio del palato molle (a livello del quale le sue fibre si espandono) per inserirsi sulla superficie superiore dell’aponevrosi palatina fino alla linea mediana, dove le sue fibre si intrecciano con quelle del lato opposto. I due muscoli elevatori formano

quindi una sorta di imbracatura subito dietro l’aponevrosi palatina permettendo di sollevare la parte posteriore del palato molle e di tirarla anche un po’

Figura 5. Anatomia normale in cui si dimostra l'anello muscolare formato dal muscolo elevatore del velo palatino (la cui funzione è critica per l'elevazione del velo). Da “Genetics of Cleft Palate and Velopharyngeal Insufficiency. Journal of pediatric genetics 2015”2

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17 indietro. Durante la deglutizione il palato molle, è nel contempo, reso rigido dalla contrazione dei tensori del velo palatino, e viene posto in contatto con la parete posteriore della faringe, separando così il nasofaringe dall’orofaringe. Il muscolo elevatore del velo palatino è, inoltre, un muscolo costrittore della tuba di Eustachio.

 Il Muscolo tensore del velo del palato è un muscolo sottile, triangolare, che si origina dallo sfenoide (fossa scafoide e spina angolare) e dalla cartilagine della tuba di Eustachio; decorre antero-inferiormente e si restringe verso l’hamulus (uncino pterigoideo), dove si inseriscono alcune fibre. La maggior parte di queste forma un tendine che gira ad angolo retto intorno all’hamulus e si allarga a ventaglio verso il centro del palato per fissarsi al margine posteriore della lamina orizzontale dell’osso palatino, costituendo l’aponeurosi palatina (che occupa tutto il terzo anteriore del velo). Questo muscolo quando agisce isolatamente tira verso il proprio lato il palato molle; quando invece agiscono insieme, i due muscoli tensori del velo palatino determinano un aumento di tensione dell’aponevrosi palatina, che viene allungata fino all’hamulus, e ciò comporta un aumento di estensione del palato. Un’altra azione del muscolo tensore è quella di sollevare il palato molle; tuttavia, se inizialmente il palato molle si trova più in alto, le fibre tensori lo abbassano. Il tensore, quindi, può essere sia in sinergia che in antagonismo con il muscolo elevatore, a seconda delle circostanze. Il muscolo tensore del velo palatino è anche il dilatatore più importante dell’orifizio della tuba di Eustachio: durante la deglutizione e lo sbadiglio, l’apertura della tuba di Eustachio permette di regolare la pressione dell’aria tra orecchio medio e nasofaringe.

 Il muscolo dell’ugola è un muscolo bilaterale che si origina dalla spina nasale posteriore delle ossa palatine e dall’aponeurosi palatina, fra le cui due lamine si trovano i due muscoli dell’ugola. Il muscolo si porta indietro sopra le fibre del muscolo elevatore, per inserirsi sulla mucosa dell’ugola. I muscoli separati a livello dell’inserzione prossimale e distale sono uniti per la maggior parte della loro lunghezza. La contrazione determina sollevamento e retrazione dell’ugola. Retraendo la massa dell’ugola e ispessendo il terzo medio del palato molle, collaborano con gli elevatori nel porre in contatto il palato con la faringe.

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18  Il muscolo faringopalatino si origina dalle pareti postero laterali della faringe, decorre nell’arco faringo-palatino e le sue fibre si inseriscono a ventaglio nel rafe, a livello dell’uncino pterigoideo sull’aponevrosi palatina e sul margine inferiore dell’orifizio della tuba di Eustachio.

Il muscolo faringopalatino può essere diviso in tre parti:

 Porzione palatina: si origina dalla cartilagine tiroidea e dalla parte adiacente della parete faringea, attraverso l’arco faringopalatino, si inserisce a ventaglio nel rafe.

 Porzione pterigoidea: nasce dalle pareti faringee posteriore e laterale e si inserisce a livello dell’hamulus e nell’aponeurosi palatina, fondendosi con la porzione pterigoidea del muscolo costrittore superiore faringeo.

 Porzione salpingofaringea: è quella più debole. I suoi fasci muscolari si distaccano dalla porzione precedente per inserirsi sul margine inferiore dell’orifizio della tuba di Eustachio.

Il muscolo faringopalatino ha la funzione di restringere l’istmo rinofaringeo unendo i due archi faringopalatini. Il palato molle viene trascinato postero-inferiormente, poiché le volte faringopalatine si allungano e si restringono allo stesso tempo. La porzione pterigoidea del muscolo faringopalatino solleva laringe e faringe, in particolar modo durante la deglutizione mentre la porzione tubarica facilita la dilatazione della tuba di Eustachio.

 Il muscolo glossopalatino è un muscolo sottile che partecipa alla formazione dell’arco glossopalatino. Prende origine dal muscolo trasverso della lingua, passa nell’arco palatino e prende inserzione, dividendosi a ventaglio, sull’aponevrosi palatina. Insieme al muscolo controlaterale, forma lo sfintere anteriore pretonsillare, la cui contrazione restringe l’istmo orofaringeo. Il muscolo glossopalatino è un muscolo antagonista del muscolo elevatore del velo palatino.

 Il Muscolo costrittore superiore faringeo è un muscolo quadrangolare e circonda, posteriormente e lateralmente, il terzo superiore della parete faringea. Si tratta del più profondo dei muscoli costrittori faringei. Può essere distinto in quattro porzioni in base ai suoi punti di inserzione: pterigofaringea, orofaringea, milofaringea e glossofaringea. Sia in condizioni normali che in

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19 caso di schisi è caratteristica una stretta fusione dei suoi fasci con quelli della porzione pterigofaringea del muscolo faringopalatino.

Anatomia Patologica

Nella descrizione dell’anatomia della labiopalatoschisi (LPS) possiamo identificare essenzialmente anomalie scheletriche e anomalie muscolari. Ciascuna di queste verrà analizzata, in riferimento alle schisi anteriori (anteriori al foramen

incisivo) e alle schisi posteriori (posteriori al foramen incisivo o definite anche del

palato secondario).

Alterazioni scheletriche

Schisi anteriori

Schisi anteriore monolaterale

Le caratteristiche alterazioni scheletriche che si riscontrano in una schisi monolaterale sono: lo spostamento laterale della porzione premaxillare priva di schisi del mascellare, la malformazione del naso e lo spostamento laterale del setto nasale.

Nell’uomo la premaxilla, fatta eccezione per un breve periodo di vita embrionale, non esiste come entità autonoma. È localizzata anteriormente al foramen incisivo e può essere distinta in due componenti:

- Osso alveolare: che ospita i quattro denti incisivi - Osso basale che ha funzione scheletrica.

Nelle forme monolaterali la premaxilla è ruotata verso l’alto e presenta una riduzione di crescita in senso verticale; condizione in parte determinata dalle anomalie del setto cartilagineo nasale.

La deviazione del setto in senso laterale e verso l’alto ne accorcia la lunghezza verticale e in questo modo, fino a che le cartilagini del setto nasale restano inclinate, è compromessa la crescita verticale della premaxilla. Da ciò si evince l’importanza di un intervento chirurgico correttivo volto a ristabilire la normale simmetria del setto nasale.

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20 In caso di schisi anteriore monolaterale estesa al palato secondario, il setto è deviato verso il lato sano e questa condizione favorisce la fusione del palato secondario sul lato non schisato. L’ostruzione delle cavità nasali, alla nascita, avviene nel lato sano a livello della narice e in quello schisato a livello delle conche nasali.

Schisi anteriore bilaterale

Nel caso di una schisi bilaterale completa, spesso si verifica una proiezione anteriore eccessiva della premaxilla rispetto alle cartilagini del setto nasale.

In condizioni normali, l’osso basale della premaxilla è in rapporto superiormente con

le cartilagini del setto, posteriormente con il vomere e lateralmente con il mascellare. Di norma l’osso basale e la spina nasale anteriore sono localizzati posteriormente

rispetto alla porzione infero-anteriore del setto nasale; mentre, in caso di schisi, la porzione basale della premaxilla e la spina nasale anteriore (spostate in avanti dall’allungamento del pilone vomero-intermascellare) vengono a trovarsi al di sopra del margine anteriore del setto. La premaxilla è attaccata al setto nasale e si muove liberamente assieme a queste strutture.

La protrusione del processo alveolare della premaxilla si associa a una dimensione ridotta della columella del naso e all’adesione del prolabio alla punta nasale.

Il vomere, in condizioni normali, si connette inferiormente con i processi infra-vomerini della premaxilla, lungo la sutura inter-premaxillare (che costituisce il terzo anteriore della sutura mediana del palato), supero-anteriormente al setto nasale e posteriormente con lo sfenoide.

In caso di schisi bilaterale l’estremità inferiore del setto nasale non può unirsi con la premaxilla e rimane rinforzata infero-anteriormente solo dal vomere.

Schisi posteriore

Nelle schisi posteriori si ha la mancata fusione delle lamine palatine tra loro e superiormente con il vomere. Si possono distinguere forme monolaterali e bilaterali.

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21 Nelle forme monolaterali si parla di schisi destra e di schisi sinistra a seconda del lato in cui la lamina palatina non si fonde superiormente con il vomere.

Nella porzione di palato interessata dalla schisi, la lamina palatina tende a presentarsi iposviluppata e obliqua verso l’alto, rispetto al piano controlaterale (rendendo anche più evidente la soluzione di continuità del palato).

Nelle forme bilaterali entrambe le lamine palatine non si fondono con l’estremità inferiore del vomere, che rimane ancorato anteriormente solo all’osso mascellare.

Alterazioni muscolari

Schisi anteriori

Schisi anteriore monolaterale

In caso di schisi anteriore monolaterale completa (cheiloschisi completa) le fibre del muscolo orbicolare decorrono orizzontalmente dall’angolo della bocca verso la linea mediana, ruotando verso l’alto lungo i bordi della schisi. Nel margine laterale della schisi, le fibre si inseriscono sotto la base dell’ala del naso; in quello mediale, invece, sotto la base della columella. La maggior parte delle fibre raggiunge il periostio del mascellare, mentre il resto si disperde nello strato

sottocutaneo (figura 6).

Al di sopra della premaxilla, il labbro tende a ruotare poiché viene sottoposto ad una trazione muscolare monolaterale. Le fibre del muscolo orbicolare, infatti, si inseriscono sul bordo della schisi lungo il vermillion, che di conseguenza tende a ruotare.

In caso di schisi incompleta monolaterale, il muscolo attraversa la schisi solo se il ponte di

tessuto molle occupa almeno un terzo dell’altezza del labbro. La porzione di muscolo, localizzata all’interno della schisi, risulta strutturalmente differente; essendo ricca di fibre connettivali. L’interruzione della normale anatomia del labbro si riflette anche sulla vascolarizzazione e i margini della schisi possono presentare una scarsa irrorazione.

Figura 6. Anatomia patologica dei muscoli della bocca in caso di schisi monolaterale.

(22)

22 Nei soggetti con schisi anteriori monolaterali, sono comuni determinate alterazioni nasali come:

 Lo stiramento laterale dell’ala del naso, la depressione della base alare, la rotazione dell’intero naso obliquamente nella direzione della schisi e un accorciamento della columella dal lato schisato.

 A contribuire allo stiramento laterale dell’ala nasale interviene il muscolo orbicolare: l’inserzione anomala nel lato schisato a livello della base alare contribuisce infatti a stirare lateralmente l’ala nasale.

Schisi anteriore bilaterale

In caso di cheiloschisi bilaterale completa le fibre del muscolo orbicolare, dalle commessure labiali, decorrono verso l’alto lungo il margine della schisi per inserirsi sotto la base dell’ala del naso in entrambi i lati della schisi. La parte centrale del labbro, il prolabio, non viene raggiunto, dalle fibre del muscolo orbicolare ed è costituito da tessuto fibroso.

La schisi compromette anche la normale irrorazione della porzione mediale del labbro superiore, che viene vicariata da una ricca rete vascolare, derivante dalle arterie del setto e della columella.

In caso di schisi incompleta (cheiloschisi bilaterale incompleta), il segmento mediale non viene privato completamente delle fibre muscolari, anche se si riscontra un incremento di fibre connettivali.

La schisi, alterando le normali fibre muscolari,

altera anche la normale forma del labbro superiore: la porzione filtrale è notevolmente modificata e la mancanza del sostegno delle fibre muscolari comporta la depressione di tale regione.

Il naso, nella maggior parte dei casi, presenta una columella anteriore ipoplasica e la punta nasale è stirata bilateralmente in basso dalle cartilagini dell’ala del naso che sono soggette alla trazione del muscolo orbicolare

Figura 7. Anatomia patologica dei muscoli della bocca in caso di schisi bilaterale.

(23)

23

Schisi posteriore

Le schisi del palato molle si caratterizzano per la separazione delle strutture muscolari sulla linea mediana e per l’inserzione anomala dei muscoli palatini in prossimità del margine posteriore del palato duro. All’osservazione esterna la presenza della schisi può non essere sempre evidente: nel caso di schisi sottomucosa, infatti, la superficie è intatta mucosa è intatta, ma profondamente le fibre muscolari non si fondono lungo la linea mediana.

Figura 8. Anatomia del palato: nell’immagine viene confrontata l’anatomia normale (destra) e patologica (sinistra). Da:”Chirurgia plastica, Tord Skoog (1976)”.

Le sei paia di muscoli del palato molle si presentano così modificati nella palatoschisi:  Il muscolo tensore del velo palatino si presenta più sottile che nei soggetti

normali. Nella maggior parte dei casi la parte frontale del muscolo si estende, lungo la rudimentale aponeurosi palatina, verso la spina nasale posteriore o lateralmente verso l’estremità posteriore dell’osso palatino; mentre alcune fibre terminano direttamente nell’aponeurosi stessa. La parte principale del tendine si curva verso l’indietro, verso il margine della

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24 schisi del palato molle, e si continua nei fasci anteriori del muscolo elevatore; costituendo con esso come un singolo fascio spesso muscolo-tendineo.

 Il muscolo elevatore del velo appare ipoplasico bilateralmente. I fasci posteriori decorrono postero-lateralmente verso i fasci del muscolo faringopalatino, a cui in parte si

collegano, e penetrano nella volta palatina posteriore in prossimità della base dell’ugola.

 I fasci mediali si aprono a ventaglio fino ai margini della schisi, i fasci anteriori sono collegati all’estremità posteriore del palato duro (mediante un tendine triangolare posto lateralmente e proveniente dalla spina nasale posteriore) e i fasci laterali entrano nella costituzione del tendine tensore, oppure si collegano direttamente alla componente muscolare di quest’ultimo.

 Il muscolo faringopalatino, invece, nella palatoschisi è ben sviluppato anche se presenta alterazioni in modo particolare nella sua porzione palatina.

 La parte palatina del muscolo faringopalatino si inserisce normalmente lungo la linea mediana mentre nelle schisi le sue fibre si inseriscono in punti differenti del palato: una parte esigua si inserisce nel bordo della schisi, alcune fibre avanzano lungo i bordi insieme alle fibre muscolari del muscolo elevatore del palato e la gran parte delle fibre si dirige anteriormente per inserirsi sul margine posteriore del palato duro e sulla spina nasale posteriore.

 Il muscolo glossopalatino è il muscolo più superficiale del palato molle e spesso, nella palatoschisi, la sua inserzione palatina sconfina di circa tre-cinque millimetri oltre l’estremità posteriore del palato duro.

 Il muscolo dell’ugola scorre sul bordo della schisi e i suoi fasci muscolari sono fusi con quelli del muscolo faringopalatino e dell’elevatore.

Figura 9 Anatomia del palato in caso di palatoschisi: le fibre del muscolo elevatore del palato presentano una disposizione verticale e si inseriscono sul palato duro. Genetics of Cleft Palate and Velopharyngeal Insufficiency. Journal of pediatric genetics 20152

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25  Il muscolo costrittore superiore faringeo, indipendentemente dalla presenza di palatoschisi, presenta una stretta fusione dei suoi fasci con quelli del muscolo faringopalatino.

Le tecniche chirurgiche, volte a ristabilire la normale anatomia, sono fondamentali per assicurare l’adeguata funzione e il normale sviluppo muscolare. In caso di palatoschisi, infatti, quei muscoli del palato molle, che normalmente si estendono verso la linea mediana, non possono più collegarsi ad un punto fisso e si inseriscono, di conseguenza, in sedi alternative. Il muscolo, che si inserisce in sedi ectopiche, non può acquisire una completa funzionalità e ciò ne comporta anche uno sviluppo anomalo.

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26

C

ASI CLINICI PRIMARI DEL REPARTO DI

C

HIRURGIA

P

LASTICA DI

P

ISA

Figura 10 immagine 3x3 in cui è possibile apprezzare da sinistra verso destra: schisi sinistra, schisi mediana e schisi destra. Dall’alto verso il basso la gravità aumenta. Esempio. Dall’alto verso il basso nell’utima colonna a sinistra si apprezza: cheiloschisi incompleta sinistra, cheilognatoschisi sinistra e cheilognatopalatoschisi sinistra. Foto:, GL.Gatti, M.Montemagni A.Giacomina, N.Freda.

(27)

27

Figura 11 immagine 3x3 in cui si apprezzano diversi esempi di schisi bilaterali. Da notare come il segmento intermascellare sia protruso nelle forme complete. Foto: GL.Gatti, M.Montemagni,

(28)

28 STRUTTURA

INTERESSATA

DESCRIZIONE DELLE SCHISI

CHEILOSCHISI (CS)

Cheiloschisi sottocutanea: la mucosa e la cute del labbro sono integre, ma il muscolo orbicolare della bocca è interrotto.7,8

Forma minima (microform): la schisi minima è caratterizzata da un solco o da una cicatrice che supera la lunghezza verticale del labbro, una incisione del vermiglio, da imperfezioni del bordo bianco e da vari gradi di accorciamento verticale del labbro9. Nella forma minima può essere presente anche deformità nasale ed è talvolta più estesa del coesistente problema labiale.

Cheiloschisi incomplete monolaterali sono caratterizzate da vari gradi di separazione verticale del labbro senza interessamento del pavimento della narice. La compromissione dell’ala del naso è modesta. Talvolta è presente un lembo cutaneo ad unire i due lati della schisi chiamato Banda di Simonart.

Cheiloschisi complete monolaterali: sono caratterizzate dalla completa separazione del labbro. In questo caso il pavimento nasale è compromesso e l’ala nasale è deformata vistosamente.

Cheiloschisi bilaterali incomplete: interessamento bilaterale del labbro, con pavimento nasale integro e il naso si presenta quasi normale.

Cheiloschisi bilaterale completa: interessamento bilaterale del labbro, con pavimento nasale compromesso. Nella maggioranza dei casi la premaxilla è molto protrudente e la punta del naso è allargata e piatta10.

Le cheiloschisi bilaterali inoltre possono essere miste: ovvero complete in un lato e incomplete nell’altro.

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29

GNATOSCHISI Con questo termine facciamo riferimento alle schisi che interessano il

mascellare. Si associano solitamente alle schisi del labbro. (Cheilognatoschisi; CGS)

SCHISI DEL

PALATO PRIMARIO

Le palatoschisi sono schisi che interessano il palato.

Possono interessare il palato primario e in questo caso si associano, nella maggioranza dei casi, a schisi del labbro e del mascellare vengono definite cheilognatopalatoschisi incomplete (CGPS incompleta)

In alcuni casi il difetto è completo e interessa il palato primario, palato secondario, alveolo e labbro. Sono definite cheilognatopalatoschisi complete (CGPS completa).

Queste due forme sono ulteriormente distinte in monolaterali e bilaterali.

Le schisi del solo palato secondario vengono definite palatoschisi isolate (CPO: Cleft Palate Only) e possono interessare solo il palato molle o entrambe le porzioni del palato secondario (palato duro e palato molle). In alcuni casi la schisi palatina non si apprezza clinicamente con facilità in quanto la mucosa è intatta mentre la muscolatura del palato è schisata. Per descrivere queste forme si parla di schisi sottomucosa.

A seconda della forma della schisi inoltre possiamo distinguere:

- Palatoschisi a forma di “V”: presente maggiormente nelle schisi isolate

- Palatoschisi a forma di “U”: di maggior riscontro nelle schisi sindromiche come la Sequenza di Pierre Robin

SCHISI DEL

PALATO SECONDARIO (palato duro e palato molle)

SCHISI DEL SOLO PALATO MOLLE

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30

Classificazione

Classificazione clinica

Quando si fa riferimento alla labiopalatoschisi possiamo delineare due entità differenti sulla base della differente embriologia, eziologia e fattori di rischio associati:

Labioschisi con o senza palatoschisi (Cleft Lip with or without cleft Palate, CL/P) che colpisce il labbro superiore e può interessare il processo alveolare, palato duro e palato molle.

Palatoschisi isolata o schisi del palato secondario (Cleft Palate Only, CPO o PS), che comprende unicamente le strutture che si originano dal palato secondario (palato duro posteriore al foramen incisivo e palato molle)1.

Clinicamente, quando la schisi compare in associazione ad altre malformazioni in un quadro eziologico conosciuto e riconducibile ad una sola causa; è classificata come sindromica (Syndromic Cleft Lip with or without cleft Palate, SCL/P o Labiopalatoschisi sindromiche). Quando, invece, la schisi compare isolata o non riconducibile ad una sindrome è definita non sindromica (Non-Syndromic Cleft Lip with or without cleft Palate, NSCL/P o labioapalatoschisi non sindromiche)11.

Quando parliamo di una sindrome facciamo riferimento ad un insieme di anomalie multiple che si pensano essere patologicamente correlate. Una malformazione congenita sindromica è caratterizzata da pleiotropia durante lo sviluppo embrionale e le anomalie, a questa associate, si verificano in aree di sviluppo non contigue, o per meglio dire, che non possono essere considerate legate tra loro, dal punto di vista descrittivo della struttura embrionale.

Distinguere le schisi sindromiche da quelle non sindromiche è essenziale negli studi di associazione; in quanto le prime sono tendenzialmente malattie mendeliane, mentre le seconde sono patologie complesse, ad eziologia multifattoriale, in cui sono coinvolti sia fattori genetici sia fattori ambientali6.

Nella pratica clinica è molto importante una chiara classificazione allo scopo di facilitare diagnosi, gestione, trattamento chirurgico e ricerca. Le ambiguità nella descrizione delle schisi possono confondere le analisi e non permettere ulteriori ricerche orientate a comprendere la genetica, l’eziologia delle schisi, e la valutazione

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31 sull’appropriatezza di un determinato approccio chirurgico per un particolare tipo di schisi.12 La descrizione e la definizione delle caratteristiche fenotipiche delle schisi

del palato e del labbro rappresentano la base sulla quale i sistemi di classificazione si differenziano.

La grande diversità di manifestazione fenotipica della labiopalatoschisi (CL/P, CPO) rende difficile l’identificazione di un unico sistema classificativo che sia allo stesso tempo esaustivo e completo. Di seguito sono proposte diverse classificazioni, alcune delle quali ampiamente utilizzate nella pratica clinica altre descritte in virtù della loro importanza storica.

Classificazioni con una prospettiva morfologica e anatomica Classificazione di Davis e Ritchie (1922)13

Davis e Ritchie proposero nel 1922 una classificazione che permetteva di descrivere separatamente il labbro, l’alveolo e il palato; usando come linea di divisione il processo alveolare. In questa classificazione vengono proposti tre gruppi:

- Il primo gruppo comprende le schisi anteriori al processo alveolare (cheiloschisi). Il singolo caso può essere descritto come:

 Cheiloschisi monolaterale (destra/sinistra: completa, incompleta);  Cheiloschisi bilaterale (destra: completa/incompleta; sinistra:

completa, incompleta);

 Cheiloschisi mediana (completa/incompleta).

- Il secondo gruppo raccoglie tutte le schisi localizzate posteriormente al processo alveolare, quindi tutte le palatoschisi. Distinguendo, ulteriormente, le schisi che interessano il palato duro e molle.

- Il terzo gruppo invece descrive tutte le schisi che interessano il processo alveolare. In base alla sede della schisi, si distinguono:

(32)

32  Gnatoschisi bilaterale (destra: completa/incompleta; sinistra:

completa/incompleta);

 Gnatoschisi mediana (completa/incompleta)

In questo sistema classificativo è prevista la sovrapposizione dei vari gruppi: i diversi fenotipi delle schisi del labbro e/o del palato, infatti, possono coinvolgere diverse strutture (e.g. una schisi del labbro e del palato, con alveolo integro, è quindi da considerare nei gruppi I e II rispettivamente). Il vero problema di questa classificazione risiede nel terzo gruppo: quando una schisi interessa l’alveolo, la presenza di un’ulteriore schisi non viene presa in considerazione.14

13

Figura 12. Classificazione di “Davis and Ritchie”. Immagine modificata tratta da: Evaluation and integration of disparate classification systems for clefts of the lip. Frontiers in physiology 2014 12

Classificazione di Veau (1931)

Veau nel suo trattato “Division Palatine” (1931) descrive il suo approccio nella valutazione e trattamento delle schisi palatine. Victor Veau classifica in modo semplice le schisi palatine che divide in 4 gruppi morfologici:

I. Schisi del solo palato molle;

II. Schisi del palato molle e del palato duro che si estendono fino al

foramen incisivo;

III. Schisi del palato molle e del palato duro che si estendono unilateralmente attraverso l’alveolo;

(33)

33 IV. Schisi del palato molle e del palato duro che si estendono

bilateralmente attraverso l’alveolo.

La mancanza di fattori confondenti, come la descrizione della gravità della schisi, rende questa classificazione minimalista dal punto di vista descrittivo; fattore che ha contribuito, insieme alle basi morfologiche e al rilevante approccio clinico della classificazione, ad un ampio utilizzo nella pratica clinica odierna.

Figura 13 Classificazione di Veau, Immagine modificata tratta da: Evaluation and integration of disparate classification systems for clefts of the lip. Frontiers in physiology 2014 12

Classificazioni con una prospettiva embriologica Classificazione di Fogh Andersen (1942)15

Andersen nella sua monografia “Inheritance of Harelip and cleft Palate (1942)” propose una classificazione alternativa a quella di Davis e Ritchie, ritenendo che il

foramen incisivo rappresentasse una linea migliore di demarcazione delle schisi

rispetto al processo alveolare dal punto di vista embriologico. La classificazione di Fogh Andersen distingue quattro gruppi di schisi:

1. Schisi del labbro (monolaterale o bilaterale) che si estende fino al foramen

incisivo;

2. Schisi del labbro con schisi del palato (questo è il gruppo più grande); 3. Schisi isolata del palato (che non va oltre il forame incisivo);

4. Schisi atipiche e rare (è un gruppo opzionale e comprende le schisi mediane).

Classificazione di Kernahan e Stark (1958)

Kernahan e Stark, allo stesso modo di Andersen, supportarono l’uso del foramen

incisivo come una buona linea di divisione per dividere le schisi del labbro e/o del

palato. Ritenendo, dal punto di vista embriologico, diverse le schisi localizzate ai due lati del foramen incisivo, proposero una classificazione basata su tre diversi gruppi:

(34)

34 1. Schisi delle strutture localizzate anteriormente al foramen incisivo;

2. Schisi delle strutture localizzate posteriormente al foramen incisivo; 3. Schisi coinvolgenti le strutture ai due lati del foramen incisivo.

In questa classificazione la completa descrizione si ottiene con l’aggiunta di termini che descrivono la lateralità (monolaterale, bilaterale, mediano) e la severità (totale, subtotale).

Il foramen incisivo rappresenta un punto di riferimento importante nella classificazione delle schisi: il palato localizzato anteriormente a questa struttura è definito palato primario mentre quello localizzato posteriormente prende il nome di palato secondario. Questa distinzione affonda le proprie radici proprio nello sviluppo embrionale del massiccio facciale.

Nel 1971 Kernahan traslò questa classificazione in una forma pittografica ( “ the

striped Y” ). Il diagramma da lui proposto venne creato per semplificare la

registrazione dei dati e rendere la classificazione delle schisi come un processo visivo piuttosto che un processo astratto o un esercizio cognitivo. La rappresentazione grafica utilizzata è una “Y” allungata (Striped Y) in cui il piccolo cerchio, che congiunge i due rami della lettera rappresenta il forame incisivo. Negli anni si sono succedute diverse modificazioni della Striped Y; inizialmente proposta da Kernahan, una di queste, utilizzata anche nell’Azienda Universitaria Ospedialiera Pisana (AUOP), è quella di Millard del 1977(figura 17).

Figura 14. The striped Y by Kernhan 1971 (immagine realizzata con PS) Figura 15. Striped Y modified by Millard 1977 (immagine realizzata con PS)

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American cleft palate-craniofacial association Classification ACPA (Harkins at al., 1962)

Questa classificazione permette di distinguere le schisi in quattro gruppi maggiori e la suddivisione dei difetti prende come riferimento la diversa embriologia delle strutture coinvolte. Si distinguono:

- Schisi del pre-palato (schisi del labbro e del palato primario) Schisi del labbro (cheiloschisis)

Schisi dell’alveolo (alveoloschisis)

Schisi del labbro, alveolo e palato primario (cheiloalveoloschisis) - Schisi del palato (schisi del palato secondario)

Schisi del palato duro (uranoschisis)

- Schisi del palato molle (stafyloschisis or veloschisis)

Schisi del palato duro e del palato molle (urano-stafyloschisis) Schisi del pre-palato e del palato (alveolocheilopalatoschisis) - Altre schisi facciali:

Schisi del processo mandibolare Schisi naso-oculare

Schisi oro-oculare Schisi oro-auricolare.

Ciascuna schisi può essere ulteriormente caratterizzata dalla descrizione della lateralità (destra, sinistra, mediana, bilaterale) e della gravità (1/3, 2/3, 3/3 o in base alla lunghezza delle strutture coinvolte).14

Nel Percorso Labiopalatoschisi della AUOP, la descrizione delle varie deformità avviene per lo più mediante le classificazioni di Veau e di Millard. Le varie schisi, inoltre, sono descritte facendo riferimento a tutte le strutture coinvolte con chiari riferimenti alla classificazione dell’ACPA.

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Epidemiologia

La labiopalatoschisi è una delle più frequenti malformazioni oro-facciali e tale deformità colpisce circa 1 su 700 nati vivi.16,17

Nei soggetti con schisi oro-facciali, i dati della letteratura scientifica riportano un valore approssimativamente del 60% per le CL/P e un valore del 40% per CPO18. All’interno del gruppo delle CL/P (60%) possiamo ulteriormente identificare una maggiore prevalenza di un tipo di schisi rispetto ad un altro: nel 25% dei casi si ha solo cheiloschisi, in un altro 25% si ha una cheilognatopalatoschisi monolaterale e nell’ultimo 10% invece si ha un difetto bilaterale, ovvero una cheilognatopalatoschisi bilaterale.

La distinzione delle schisi nei due gruppi (CL/P; CPO), come precedentemente accennato, è di fondamentale importanza in quanto, questi, differiscono in termini di embriologia, eziologia e fattori di rischio.

Labioschisi con o senza palatoschisi (CL/P)

L’incidenza di CL/P varia largamente a seconda di diversi fattori presi in considerazione negli studi statistici, come il fattore razziale e quello geografico. L’incidenza, prendendo in considerazione il fattore razziale, è in assoluto più frequente negli Indiani di America, in cui si raggiunge un valore di 1:300 nati vivi, mentre nella popolazione Afroamericana la malformazione risulta molto più rara, con valori di circa 1:2500 nati vivi.19 Un’incidenza notevole è presente anche nella popolazione Giapponese e Cinese (con valori rispettivamente di 1:500 e di 1:580) mentre nella popolazione caucasica si riscontrano livelli medi di incidenza (1:1000). Prendendo come riferimento il fattore geografico, possiamo asserire che la malformazione in Europa risulta più rara nei paesi del Nord raggiungendo valori (1: 2000) che sono circa due volte più elevati rispetto a paesi dell’Europa del Sud (Italia 1:830).

CL/P si riscontra con più frequenza nel sesso maschile (con un rapporto di circa 2:1 rispetto al sesso femminile) e interessa prevalentemente il lato sinistro4.

La maggiore prevalenza del lato sinistro nelle schisi, può essere spiegata con un possibile sviluppo più lento delle arterie facciali in tale lato durante l’ontogenesi.

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Palatoschisi isolata (CPO)

L’incidenza di CPO è uniforme nei vari gruppi razziali, con valori di circa 0.5:1000 nati vivi.1 A differenza delle labioschisi con o senza palatoschisi (CL/P) il difetto, come attestato dai dati della letteratura, risulta presente maggiormente nel sesso femminile (rapporto 2:1)20,21.

Approssimativamente nel 35% dei casi le labioschisi con o senza palatoschisi (CL/P) sono associate ad altre anomalie congenite, mentre nel rimanente 65% si presentano isolatamente1. Anche in questo caso si attesta una frequenza differente nei soggetti con palatoschisi isolata (CPO), in cui le forme sindromiche raggiungono il 50% del totale1.

Oltre 200 sindromi sono state associate a CL/P e quasi il doppio a CPO11,4.

La prevalenza di anomalie associate nei pazienti con labiopalatoschisi è elevata22 e le

più frequenti alterazioni riscontrate sono quelle muscoloscheletriche, cardiovascolari e del sistema nervoso centrale.

La presenza di anomalie cerebrali strutturali è rilevante per due ragioni: la prima deriva dal fatto che vi è una stretta relazione nello sviluppo delle strutture craniofacciali e di quelle cerebrali, e la seconda deriva dal riscontro, in molti pazienti con schisi, di vari gradi di ritardo mentale.

Molto interessante è anche l’associazione tra malattie cardiache congenite e anomalie craniofacciali (le anomalie cardiache sono presenti nel 8.9%16 dei pazienti con schisi, con maggiore prevalenza dei difetti del setto interatriale22), che può essere spiegata dal comune sviluppo embriologico del massiccio facciale e del cuore a partire dai precursori delle cellule della cresta neurale.

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Eziologia

L’eziologia delle labiopalatoschisi è molto complessa e prevede l’integrazione di fattori genetici ed ambientali che agiscono durante il periodo ontogenetico intrauterino23-25. La nostra comprensione, circa l’eziologia e patogenesi di questi fattori, rimane ancora relativamente scarsa e ciò è da riferirsi alla complessità e alla grande diversità dei meccanismi coinvolti a livello molecolare durante l’embriogenesi. L’importanza del ruolo genetico nella determinazione delle schisi è stato dimostrato già da molto tempo: il rischio di avere un altro figlio affetto da labiopalatoschisi è approssimativamente quaranta volte superiore rispetto alla prevalenza nella normale popolazione e il tasso di concordanza nei gemelli monozigoti si attesta intorno al 40-60% rispetto al 2-5% dei gemelli dizigoti.6,26,27 La mancanza di una completa concordanza nei gemelli monozigoti dimostra l’importanza dei fattori ambientali nell’eziologia di questa malformazione.

Grazie all’importante evoluzione nel campo della biologia molecolare e ai vari metodi di analisi genetica della popolazione, sono stati fatti grandi progressi nell’identificazione di alcuni geni associati con la labiopalatoschisi e delle modalità con cui, questi, influenzano lo sviluppo embriologico del complesso facciale.

Eziologia SCL/P

La labiopalatoschisi può associarsi a quattro diversi gruppi di sindromi che possiamo distinguere, in base all’eziologia delle singole, in6:

1. Sindromi genetiche ad ereditarietà mendeliana, causate cioè da un singolo gene mutante che può essere autosomico, legato all’X, dominante o recessivo (e.g: sindrome di Van der Woude, sindrome dello pterigio popliteo, sindrome di Apert);

2. Sindromi che derivano da aberrazioni cromosomiche, quindi da alterazioni del numero e della struttura dei cromosomi. (e.g: sindrome DiGeorge);

3. Sindromi determinate da teratogeni noti (alcol, fumo, anticonvulsionanti):

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39 4. Sindromi che non sono ancora ben caratterizzate. (MCA: Multiple

Congenital Anomaly).

Lo spettro patologico di alcune sindromi si può associare, in alcuni casi, prevalentemente o esclusivamente con un tipo di difetto (CL/P; CPO) mentre, in altri casi, si presentano con una frequenza simile sia nelle labioschisi con o senza palatoschisi e nelle schisi del palato secondario (vedi tabella 1).

Tabella 1 Alcuni esempi di sindromi associate con CL/P (cleft lip with/ or Palate) e CPO (cleft Palate Only). Nel 97% dei pazienti con sindrome dello pterigio popliteo possiamo riscontrare una mutazione eterozigote del gene IRF6, che nel 72% dei casi risulta localizzata nell’esone 4 del gene28,29

Tipo di schisi

Eziologia Disordine Gene Ereditarietà

CL/P Mutazione di un singolo gene

Van der Woude, popliteal pterygium IRF 6 IRF6 Autosomica dominante Autosomica dominante Mutazione di un singolo gene CHARGE CHD7 Autosomica dominante ma in molti casi mutazione de novo Mutazione di un singolo gene

Smith-Lemli-Ospitz SLOS Autosomica

recessiva Mutazione di un

singolo gene

Sindrome di Opitz MID 1

SPECCIL X-linked Autosomica dominante Trisomia del cromosoma 13

Sindrome di Patau / Sporadica (può

essere familiare in caso di traslocazione) Delezione

cromosomica

Wolf-Hirschhorn (4p-sindrome) / Sporadica

Teratogena(ambientale) Sindrome feto-alcolica

Embriopatia diabetica / / Sporadica Diabete materno CPO Mutazione di un singolo gene

Van der Woude,

Sindrome dello pterigio popliteo

IRF6 IRF6 Autosomica dominante Delezione cromosomica

Sindrome DiGeorge (possibile

gene coinvolto: TBX1) Autosomica dominante Mutazione di un singolo gene Sindrome di Apert FGFR2 AD

/ Sequenza di Pierre Robin Gene non

noto, possibile ruolo del gene SOX9) Familiare Teratogena (Ambientale) diabete materno (iperglicemia)

Sindrome feto alcolica Embriopatia fetale / / Sporadico Diabete materno

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40 Di seguito sono riportati alcuni esempi di sindromi associate a labiopalatoschisi.

Sindrome di Van der Woude e dello pterigio popliteo

La sindrome di Van der Woude (VDW) è la sindrome maggiormente presente nei soggetti con labiopalatoschisi. I dati in letteratura riportano una prevalenza di circa il 2% nei pazienti affetti da schisi e di 3,6/100.000 nella popolazione generale. 28 Presenta un’ereditarietà autosomica dominante ed è caratterizzata da fistole o fossette paramediane, solitamente bilaterali, a livello del labbro inferiore (presenti in circa l’86% dei casi)30,31 a cui possono associarsi schisi del labbro superiore e/o del palato. È una delle poche sindromi in cui i soggetti affetti possono presentare CL/P o CPO e nel 68% dei casi la sindrome è dovuta a mutazione del gene IRF6. Secondo alcuni studi circa l’80% delle mutazioni del gene IRF6, identificate in questi pazienti, sono presenti a livello degli esoni 3, 4 ,7 e 928.

Il gene IRF6, tuttavia, è coinvolto nell’eziologia anche della sindrome dello pterigio-popliteo (Figura 16). Tale sindrome condivide le caratteristiche cliniche della sindrome di Van der Woude ma presenta in aggiunta: pliche cutanee che si estendono dalle tuberosità dell’ischio ai talloni (pterigio popliteo), scroto bifido e criptorchidismo nei maschi e ipoplasia delle grandi labbra nelle femmine, sindattilia delle dita delle mani e/o dei piedi e anomalie della cute intorno alle unghie.

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Figura 16. Caso primario (Chirurgia Plastica Pisa, 2009-2016) con sindrome dello pterigio popliteo. Il paziente presenta: cheilognatopalatoschisi bilaterale (completa a destra e limitata al labbro a sinistra) con banda di Simonart sinistra, tre sinechie tra palato destro e ramo mandibolare destro, frenulo labiale accessorio a destra, fistole di VDW, sindattilia, pterigio popliteo, scroto bifido e criptorchidismo. Foto: G.L.Gatti, M.Montemagni, A.Giacomina, N.Freda.

Sindrome di Apert

La sindrome di Alpert è causata dalla mutazione nel gene FGFR2 (10q25-10q26). I soggetti affetti, solitamente presentano deficit strutturali e funzionali diffusi, associati a deformità del cranio e degli arti.

Si trasmette con modalità autosomica dominante e circa il 75% dei pazienti presenta palatoschisi o ugola bifida32 (altri autori riportano una frequenza del 30% per il coinvolgimento del palato molle 33,34).

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Sindrome di DiGeorge

Questa sindrome viene anche definita come sindrome da delezione 22q11.2 ed è dovuta ad una aberrazione cromosomica che causa una patologia malformativa congenita; i cui segni comuni comprendono cardiopatie, anomalie del palato, dismorfismi facciali, ritardo dello sviluppo, deficit immunitario e ipocalcemia alla nascita.

Le anormalità del palato sono presenti nel 69% dei casi (11%: palatoschisi, 16% schisi sottomucosa del palato, 2% schisi del labbro o schisi del labbro e del palato 2%). Le molteplici alterazioni del palato possono risultare o essere associate a insufficienza velofaringea (IVP), condizione che colpisce il 27% dei soggetti affetti da delezione 22q11.22,35

Sequenza di Pierre Robin

La sequenza di Pierre Robin (PRS) è una condizione genetica caratterizzata da micronatia, glossoptosi, ostruzione delle vie aeree superiori e palatoschisi a forma di U36. Venne descritta inizialmente dallo stomatologo francese Pierre Robin (1923;1934) che descrisse questa condizione come sindrome; termine poi modificato in sequenza per evidenziare che tali anomalie si verificano in successione.

Il micrognatismo o il prognatismo possono ridurre lo spazio per la crescita della lingua che assumerebbe quindi una posizione più elevata e posteriore a livello dell’orofaringe (glossoptosi), ciò può portare alla ritardata o mancata fusione dei processi palatini (palatoschisi) e a problemi respiratori.

Il 54% dei pazienti con PRS (con o senza palatoschisi) sono sindromici. Tra le sindromi associate quella di Stickler è la più frequente, seguita dalla sindrome di Treacher Collins. Nell’eziopatogenesi della PRS isolata si pensa che abbia un ruolo rilevante l’eccessiva costrizione fetale intrauterina, che si può verificare, ad esempio, in condizioni di oligodramnios o in caso di anomala anatomia uterina; condizioni che potrebbero ostacolare la normale crescita mandibolare.

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Eziologia NSCL/P

La definizione di NSCL/P non risulta facile e ad oggi non sono presenti linee guida specifiche per la definizione di schisi oro-facciali non sindromiche. Una prima

definizione definisce non sindromiche quelle schisi che sono associate con al massimo una anomalia maggiore e al massimo due anomalie minori37. Per anomalia maggiore

si intende quelle anomalie che provocano alterazioni funzionali oppure anomalie estetiche, che però necessitano di interventi chirurgici multipli. Mentre si parla di anomalie minori per fare riferimento a quelle anomalie che non comportano alterazioni funzionali o per descrivere lievi alterazioni estetiche, presenti in meno del 5% della popolazione. La tendenza è quella di considerare nelle labiopalatoschisi non sindromiche quelle condizioni che presentano il fenotipo di schisi isolato. Negli ultimi anni la definizione di schisi non sindromica è stata aggiornata, escludendo la presenza di un’anomalia maggiore da questa categoria.

La labiopalatoschisi non sindromica può essere inquadrata come una malattia complessa ad eziologia multifattoriale, alla quale concorrono fattori genetici di suscettibilità e fattori di rischio ambientale. Una caratteristica peculiare delle malattie complesse è quella di presentare un’aumentata familiarità (presenza in più membri della stessa famiglia di schisi orofacciali) senza riconoscere un determinato pattern di trasmissione mendeliana (autosomico dominante, autosomico recessivo, X-linked).

L’identificazione delle componenti di predisposizione allo sviluppo delle schisi oro-facciali isolate è l’oggetto di linee di ricerca che comprendono studi di associazione di patologia e alleli di geni candidati, analisi di linkage in famiglie con ricorrenza di labiopalatoschisi, studi sui casi associati alle alterazioni citogenetiche e sulle sindromi mendeliane, studi su modelli animali, analisi epidemiologica di fattori di rischio ambientale e studi di interazione gene-ambiente. Per le schisi non sindromiche, vista l’alta complessità e l’oscura eziologia, i fattori di rischio, genetico e ambientale, verranno descritti separatamente; mettendo in luce una possibile interazione tra di essi qualora riscontrata in letteratura.

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