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Applicazione del criterio SAFE a motori elettrici di impiego industriale

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Meccanica

Applicazioni del criterio SAFE a motori elettrici di impiego industriale

Tesi di Laurea Magistrale

Relatori

Candidato

Prof. Ing. Ciro Santus

Alessandro Giacalone

Dott. Ing. Paolo Neri

Dott. Michele Abruzzo

(2)
(3)

Abstract

La diffusione di motori elettrici riguarda ormai ogni settore dell’industria. In alcune applicazioni, oltre al rispetto delle specifiche sulle performance meccaniche, il mo-tore deve anche soddisfare standard di comfort elevati, in particolare per quando riguarda il rumore (si pensi, ad esempio, al settore automobilistico). Il livello di emis-sione acustica in esercizio dipende fortemente dalla risposta dinamica del compo-nente nel range di frequenze di lavoro: per tal motivo, è di fondamentale importanza già in fase di progettazione disporre di metodi adeguati per la previsione delle riso-nanze dei motori e per la valutazione della loro criticità. Essendo l’interazione tra ro-tore e staro-tore delle macchine elettriche apparentemente simile, in termini di simme-trie strutturali, a quelle che avvengono fra statore e rotore nelle turbomacchine, la presente tesi si propone come obbiettivo l’estensione di un metodo comunemente impiegato nell’ambito delle ruote palettate al caso specifico di alcune tipologie di motori elettrici.

Lo studio è consistito in due fasi principali:

 nella prima, si è sviluppato un modello FEM dei motori soggetti allo studio. Tale modello ha permesso la valutazione dell’entità delle interazioni elettromagne-tiche tra rotore e statore e di ottenere una relazione in grado di legare la fre-quenza della forzante agente sullo statore ad alcuni parametri costruttivi del motore in varie condizioni di funzionamento;

 nella seconda, si sono effettuati i test necessari per la validazione del modello precedente e l’accuratezza del metodo SAFE.

(4)

Indice

1

Introduzione

1

1.1 Motore Asincrono 4

1.2 Motore Sincrono a Riluttanza Variabile 11

1.3 Confronto 15

1.4 Obiettivi 17

2

Modellazione FEM elettromagnetico

18

2.1 Introduzione al diagramma di Campbell 18

2.2 Introduzione al diagramma SAFE 20

2.3 FEM elettromagnetico 22

2.4 Modello Motore Asincrono su Maxwell 25

2.5 Modello Motore Sincrono a Riluttanza su Maxwell 38

2.6 Conclusioni sui modelli FEM 45

3

Applicazione criterio SAFE

46

3.1 Applicazione criterio SAFE al Motore Asincrono 46

3.2 Applicazione criterio SAFE al Motore Sincrono a Riluttanza 51

(5)

4

Analisi Modale

59

4.1 Sistema di studio 59

4.2 Modelli geometrici 60

4.3 Analisi FEM statore con avvolgimenti 62

4.4 Analisi FEM statore senza avvolgimenti 68

4.5 Analisi Modale sperimentale 69

4.6 Confronto frequenze proprie sperimentali 79

4.7 Conclusioni sull’analisi modale 87

5

Prove sperimentali su Motore Asincrono

88

5.1 Obiettivi della prova 88

5.2 Esecuzione della prova 91

5.3 Prova numero 1 97

5.4 Prova numero 2 99

5.5 Prova numero 3 101

5.6 Conclusioni sulle prove sperimentali 102

6

Conclusioni

105

6.1 Risultati ottenuti 105

6.2 Sviluppi futuri 106

6.3 Ringraziamenti 107

(6)

1

CAPITOLO 1

Introduzione

Il motore elettrico è la macchina più diffusa in grado di convertire l’energia elettrica in energia meccanica con buoni rendimenti.

L’idea di utilizzare le azioni elettromagnetiche per produrre lavoro meccanico risale alla prima metà dell’Ottocento. Nonostante questo, per incontrare un motore elet-trico efficiente bisognerà aspettare all’incirca il 1864, anno in cui A. Pacinotti costruì la prima macchina elettrica grazie ad un particolare dispositivo, il collettore Pacinotti. Le prime macchine erano ancora caratterizzate da bassi rendimenti e soltanto sul fi-nire dell’Ottocento, grazie ai numerosi studi condotti principalmente da N. Tesla, A. Ampere, M. Faraday ed ai prototipi realizzati da G. Ferraris e G. Westinghouse, si è finalmente giunti ai primi motori elettrici su scala commerciale.

Dagli ultimi anni dell’Ottocento ad oggi sono stati compiuti molti passi in avanti e la necessità di raggiungere rendimenti e affidabilità sempre più elevate pone tuttora nuove e avvincenti sfide alle principali compagnie produttrici di motori elettrici in grado, negli anni, di sviluppare nuove tipologie di macchine, ognuna delle quali carat-terizzata da pro e contro.

A prescindere dalla tipologia e tecnologia del motore elettrico, in fase di progetta-zione particolare attenprogetta-zione viene riposta sul comportamento dinamico del sistema in esame e dei suoi componenti. Uno dei maggiori problemi che si hanno nell’utilizzo dei motori e degli azionamenti elettrici in generale, è la presenza di vibrazioni che possono essere causate da fenomeni di tipo meccanico o elettromagnetico.

Il concetto di vibrazione viene ricondotto alla propagazione di onde elastiche nel par-ticolare mezzo in cui essa si muove. Un’onda può essere definita come una perturba-zione che nasce da una sorgente e si propaga nel tempo e nello spazio senza compor-tare trasferimento di materia, bensì un trasferimento di energia. Le onde di cui più comunemente la meccanica dei materiali si occupa sono quelle che vengono tra-smesse attraverso deformazioni elastiche del mezzo in cui si propagano.

(7)

2 Dato un pacchetto di onde (Figura 1) che si propaga con velocità 𝑣 e considerando sia 𝜆 la lunghezza d’onda, che corrisponde alla distanza tra punti corrispondenti in oscil-lazioni successive, il periodo 𝑇 dell’oscillazione subita da un punto del continuo è dato dal tempo necessario per il passaggio di un’onda completa, per cui vale la relazione 1.1:

𝑇 = 𝜆 𝑣 (1.1)

Figura 1. Schematizzazione di un’onda generica

da cui, introducendo il concetto di frequenza 𝑓 come:

𝑓 = 1 𝑇 (1.2) si ottiene la relazione fondamentale espressa in 1.3.

𝜆 ∙ 𝑓 = 𝑣 (1.3)

È possibile dimostrare come la velocità di propagazione dipenda solo da:  Tipo di onda;

 Proprietà del mezzo.

Ad esempio, nel caso di onde estensionali, la velocità di propagazione 𝑣 è definita dalla 1.4

(8)

3

𝑣 = 𝐸 𝜌 (1.4)

dove 𝐸 e 𝜌 rappresentano il modulo elastico e la densità del materiale, rispettiva-mente.

Un’attenta fase di progettazione della macchina può efficacemente ridurre le vibra-zioni di origine meccanica, mentre quelle di origine elettromagnetica sono più diffi-cilmente trattabili. Queste ultime sono principalmente riconducibili al fatto che la maggior parte degli azionamenti elettrici sono alimentati tramite appositi dispositivi elettronici (es. inverter) che consentono una maggiore facilità di controllo del motore, ma che comportano anche un maggiore inquinamento elettrico dell’energia erogata. Tale inquinamento si traduce in disturbi sulla corrente di alimentazione al motore in grado di generare delle sollecitazioni di natura elettromagnetica a cui il sistema ri-sponde con vibrazioni meccaniche.

Data la difficoltà di controllo e previsione di tale inquinamento, nel presente lavoro non verranno analizzati questi contributi e verrà analizzato il comportamento vibra-torio dovuto a cause elettromeccaniche. La presenza di ulteriori contributi di origine elettromagnetica si suppone che si aggiungano a quello analizzato e che quindi non rendano vano lo studio effettuato.

Le vibrazioni meccaniche generate costituiscono un inconveniente dalla duplice na-tura:

 da un lato, diminuiscono il comfort acustico (ad esempio nella movimentazione elettrica) provocando spesso dei ronzii nella gamma dei rumori udibili, costrin-gendo gli operatori dell’azionamento a ricorrere a mezzi filtranti per prevenire danni all’apparato uditivo. Inoltre, le vibrazioni comportano una maggiore usura delle parti meccaniche in cui sono sottoposte e, propagandosi anche agli apparati contigui la sorgente, possono provocare un maggiore deterioramento degli organi di accoppiamento meccanico. Nelle applicazioni militari marine, ad esempio, le vibrazioni meccaniche degli apparati propulsivi, amplificate dallo

(9)

4 scafo, creano una ‘’firma acustica’’ che permette il tracciamento delle imbarca-zioni anche a notevole distanza, riducendo quindi la loro operatività bellica;  dall’altro lato, le vibrazioni meccaniche in un azionamento elettrico possono

essere utilizzate come segnale di misura dello stato di salute dell’azionamento stesso, potendoli correlare ad alcuni eventi particolarmente influenti nel verifi-carsi dei guasti nei motori elettrici.

Il lavoro della seguente tesi si è focalizzato principalmente su due tipologie di motori elettrici:

 Motore ASINCRONO;

 Motore SINCRONO A RILUTTANZA VARIABILE.

Di seguito verranno mostrate sinteticamente il principio di funzionamento di en-trambi i motori, per un rapido e migliore confronto.

1.1 Motore Asincrono

La macchina elettrica Asincrona trifase o macchina ad Induzione (Figura 2) è una mac-china rotante composta da una parte fissa detta statore e da una parte rotante detta rotore, separate l’una dall’altra da uno strato d’aria, detto traferro, dell’ordine di qualche decimo di millimetro.

Essa può funzionare come motore o come generatore ma, nella quasi totalità dei casi, è utilizzata come motore.

Nel funzionamento classico (da motore), la macchina asincrona assorbe potenza elet-trica dalla rete e la trasforma in potenza meccanica disponibile all’asse.

(10)

5

Figura 2. Descrizione componenti Motore Asincrono

I vantaggi di questa macchina sono:  Costruzione molto semplice;

 Robustezza e bassa manutenzione necessaria;  Ampio range di potenza;

 Costo contenuto. Gli svantaggi sono:

 Bassa coppia ed alte correnti allo spunto;  Controllo non semplice.

Il funzionamento di questi motori si basa sul teorema di Galileo Ferraris, secondo cui: tre avvolgimenti fissi nello spazio, i cui assi sono sfasati meccanicamente di un angolo pari a 120°, e percorsi da una terna equilibrata di correnti trifase (insieme di 3 correnti sinusoidali, isofrequenziali, sfasate tra di loro di un angolo pari a 120° e di uguale valore massimo) danno luogo ad un campo magnetico il cui vettore rappresentativo ruota nello spazio con velocità ed ampiezza costanti.

Uno dei primi studiosi a realizzare un motore elettrico sfruttando il campo magnetico rotante fu proprio G. Ferraris nel 1885, anche se il sistema era bifase, ma chi brevettò il sistema trifase per un uso pratico a livello industriale fu N. Tesla nel 1888.

Per sfruttare al meglio il ferro e permettere un corretto funzionamento della mac-china, gli avvolgimenti vengono formati da più conduttori e sono distribuiti sulla

(11)

6 circonferenza interna dello statore in maniera uniforme. La disposizione di tali avvol-gimenti dipende dal numero di paia polari presenti rispetto ai quali, è possibile defi-nire le seguenti quantità:

 𝑁 n° di cave statoriche

 𝑝 n° paia polari

 𝑚 n° fasi

 𝑁 = 𝑁 2𝑝 n° di cave per polo

 𝑁 = 𝑁 2𝑝 ∙ 𝑚 n° di cave per polo per fase

 𝜏 = 360° 2𝑝 passo polare

Ciascuna fase si ottiene realizzando gli avvolgimenti con un ‘’lato’’ posto in una cava sotto un polo e l’altro in una cava distanziata di 𝜏 gradi elettrici sotto il polo succes-sivo.

Indipendentemente dal numero di poli e dalla distribuzione degli avvolgimenti nelle cave, le tre fasi del motore possono essere collegate a stella o a triangolo, come mo-strato in Figura 3.

Figura 3. Tipologia di collegamento delle fasi

In Figura 4, invece, viene mostrata la disposizione degli avvolgimenti nel caso in cui, ad esempio, vengano fissate:

 il numero di cave 𝑁 = 36;  il numero di fasi 𝑚 = 3;

(12)

7

Figura 4. Disposizione avvolgimenti per 𝑁 = 36, 𝑚 = 3 e 𝑝 = 2

I segni più e meno indicano il verso di inserimento, quindi il verso di percorrenza della corrente, degli avvolgimenti nelle cave.

Dal punto di vista costruttivo, lo statore (Figura 5) è di fatto formato da singoli lamie-rini bullonati l’uno con l’altro fino a formare un pacco di lamielamie-rini statorici.

Tale costruzione permette di ridurre le perdite legate alle correnti parassite, causate dalla variazione nel tempo del flusso magnetico 𝜙(𝐵),che secondo la legge di Fara-day-Lenz (1.5) genera una forza elettromotrice indotta ∆𝑉.

∆𝑉 = 𝜕𝜙(𝐵)

𝜕𝑡 (1.5)

(13)

8 Per ridurre quindi le perdite legate alle correnti parassite è necessario ridurre il per-corso che tali correnti compiono nel conduttore, come nell’esempio di Figura 6, da qui il motivo di comporre lo statore da tanti lamierini.

Figura 6. Riduzione del percorso delle correnti parassite

Il rotore è anch’esso costituito da lamierini di materiale ferromagnetico nelle cui cave è posizionato un sistema di avvolgimenti elettrici.

Esistono due tipi di rotore:  Avvolto;

 A ‘’gabbia di scoiattolo’’.

Il rotore di tipo avvolto, mostrato in Figura 7, è costituito da un sistema di avvolgi-menti simili a quelli di statore. Il loro collegamento è a stella ed i terminali liberi sono fissati a tre anelli conduttori calettati sull’asse di rotore.

Tramite un sistema di spazzole, solidali con lo statore e pressate sugli anelli, gli avvol-gimenti rotorici sono chiusi su un reostato variabile. Tale reostato viene usato nelle fasi di avviamento del motore sotto carico meccanico per aumentare la coppia allo spunto e ridurre le correnti.

Ad avviamento ultimato, il reostato viene escluso con opportuni accorgimenti e gli avvolgimenti rotorici risultano chiusi in cortocircuito.

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9

Figura 7. Rotore di tipo avvolto

Il rotore a gabbia di scoiattolo mostrato in Figura 8 è, invece, il tipo di rotore più dif-fuso. Esso viene costruito tramite pressofusione, iniettando il materiale conduttore fuso nelle cave del rotore. In questo modo, l’avvolgimento di rotore è formato da un certo numero di barre, isolate elettricamente dal ferro dei lamierini solo dall’ossido superficiale. Alle estremità, le barre sono chiuse in cortocircuito tramite due anelli frontali dello stesso materiale.

Per ridurre alcuni fenomeni (come ad esempio l’impuntamento, coppie parassite, ecc.) il numero di cave di rotore è diverso da quello di statore e le sbarre non sono parallele all’asse, ma inclinate opportunamente.

(15)

10 Per spiegare il funzionamento di questo genere di motori, è possibile seguire il se-guente schema concettuale, in cui:

1. Gli avvolgimenti di statore, opportunamente posizionati nello spazio ed alimen-tati con una terna equilibrata di correnti trifase, producono un campo magne-tico rotante secondo il Teorema di Galileo Ferraris;

2. Il campo rotante, integrato sulla superficie delle spire di rotore e derivato nel tempo, produce per la legge di Faraday Lenz (1.5) una forza elettromotrice (F.E.M) indotta negli avvolgimenti di rotore;

3. La F.E.M indotta genera nelle spire di rotore (chiuse in corto circuito dagli anelli) una corrente funzione dell’impedenza del rotore;

4. La corrente nel rotore 𝑗 interagisce con il campo magnetico 𝐵 producendo una forza (quindi una coppia) secondo la legge di Lorentz (1.6)

𝐹⃗ = 𝚥⃗ × 𝐵⃗ (1.6) in grado di mettere in rotazione il rotore.

Tale corrente produce a sua volta un campo magnetico ‘’rotorico’’ (esso tende-rebbe a ruotare alla stessa velocità di quello statorico) alternativo di reazione che si somma vettorialmente con il campo statorico e che si oppone quindi alla causa che lo ha generato;

5. Il motore si adatta automaticamente alla condizione di funzionamento, ‘’richia-mando’’ dalla rete una corrente di statore in grado di bilanciare la corrente di rotore e di equilibrare elettricamente la tensione di alimentazione (equilibrio elettro/meccanico);

6. La F.E.M indotta nelle spire rotoriche, è presente qualora la somma vettoriale del campo magnetico totale (di statore più quello di rotore) risulti essere di-verso da zero, nel caso in cui questa condizione non si verifichi, la variazione di flusso magnetico sarebbe nulla, così anche la F.E.M indotta e la coppia. Il rotore a quel punto inizierebbe a rallentare, la velocità relativa diventerebbe diversa da zero, gli avvolgimenti ‘’vedrebbero’’ un flusso concatenato variabile, quindi una nuova F.E.M e il rotore riaccelererebbe e così via.

(16)

11 Ecco perché questi motori vengono detti asincroni, perché è necessaria una diffe-renza tra velocità meccanica del rotore e velocità di campo magnetico statorico. Affinché tale condizione sia verificata, è necessaria una coppia resistente che, per quanto piccola possa risultare, non può mai essere nulla (basti considerare ad esempio l’attrito sui cuscinetti o la coppia resistente di ventilazione).

Al crescere della coppia resistente, aumenta la velocità relativa tra campo magne-tico di statore e rotore, quindi aumentano le correnti indotte su quest’ultimo. Una relazione che risulta essere fondamentale e che spesso verrà richiamata è la 1.7

𝛺 = 60 ∙ (1 − 𝑠) ∙𝑓 𝑝 [𝑟𝑝𝑚] (1.7) che lega:

 la velocità di rotazione del motore 𝛺;  la frequenza di eccitazione delle fasi 𝑓;

 lo scorrimento 𝑠, che indica proprio la differenza tra velocità di sincronismo del campo magnetico e la velocità meccanica del rotore;

 il numero di coppie polari.

1.2 Motore Sincrono a Riluttanza Variabile

Sotto il nome di Motore Sincrono, sono compresi una larga varietà di macchine, ope-ratrici e motrici, che con l’utilizzo o meno di componenti elettronici permettono l’uti-lizzo di correnti alternate o continue. Il concetto comune, da cui il nome, è che il campo magnetico statorico abbia la medesima velocità, meccanica, di quella del ro-tore.

(17)

12 Nello specifico il Motore Sincrono a Riluttanza Variabile (Figura 9) è un motore di recente introduzione sul mercato (2012) sviluppato per soddisfare al meglio le speci-fiche di efficienza introdotte recentemente dalla comunità Europea.

Figura 9. Motore Sincrono a Riluttanza Variabile

Dal punto di vista costruttivo questa macchina è simile a tutti i Motori Asincroni. La differenza sostanziale risiede nel design del rotore; lo statore, la carcassa esterna e il sistema di ventilazione sono identici a quelli di un Motore Asincrono trifase, mentre il rotore, come mostrato in Figura 10, è formato da un sistema di lamierini sagomati nel quale è possibile identificare dei settori all’interno dei quali sono presenti degli slot di dimensioni e forma differenti.

Questo particolare design permette di avere delle aree ad alta riluttanza ed altre a bassa riluttanza.

Con riluttanza ℛ si intende l’opposizione da parte di un materiale al transito di un flusso magnetico; essa è definita come rapporto tra la forza magnetomotrice ℱ (F.M.M) applicata ad un circuito magnetico e il flusso di induzione da essa generato e concatenato con il circuito 𝜙(𝐵).

(18)

13

Figura 10. Rotore di un Motore a Riluttanza

La relazione lineare tra la forza magnetomotrice ℱ e flusso di induzione 𝜙(𝐵) è detta legge di Hopkinson ed è espressa nella 1.8.

ℱ = ℛ ∙ 𝜙(𝐵) (1.8)

Essa costituisce per i circuiti magnetici l’analogo della legge di Ohm per i circuiti elet-trici.

Quando gli avvolgimenti di statore sono eccitati, un campo magnetico rotante viene generato, ed il flusso magnetico tende a seguire le direzioni preferenziali dove incon-tra la minima riluttanza. In Figura 11, queste vengono indicate con la lettera 𝑑, detto asse diretto, mentre quelle a massima riluttanza con la lettera 𝑞, detto asse in qua-dratura.

(19)

14 Poiché il flusso magnetico tende a scorrere lungo l’asse 𝑑, la configurazione nella quale i due sono paralleli (Figura 12) risulta essere di equilibrio stabile. Data, quindi, la simmetria di distribuzione delle linee di flusso, la coppia risultante prodotta sul rotore è nulla.

Figura 12. Configurazione di equilibrio stabile per il rotore

Quando è applicato un carico, ossia una coppia resistente, il rotore viene spostato dalla posizione di equilibrio (Figura 13) e l’asse d forma con la direzione del flusso un angolo 𝛿 non nullo.

Figura 13. Scostamento dalla posizione di equilibrio in presenza di coppia resistente

(20)

15 Le linee di flusso seguono anche in questo caso la direzione preferenziale a minima riluttanza; tuttavia, persa la simmetria, la loro distribuzione produce sul rotore una coppia motrice risultante non nulla. Coppia motrice che è uguale e contraria alla cop-pia resistente dovuta al carico e che tende a riallineare l’asse 𝑑 con la direzione del flusso. Dal momento che il campo magnetico è però rotante, come detto, il rotore è allora posto in rotazione, con la medesima frequenza del flusso prodotto dallo sta-tore: da qui l’appellativo di Motore Sincrono.

1.3 Confronto

L’impiego del Motore Sincrono a Riluttanza comporta diversi vantaggi rispetto all’uso di un Motore Asincrono tradizionale. Il più importante riguarda l’aumento del rendi-mento come conseguenza della riduzione delle perdite del motore. Se infatti le per-dite negli avvolgimenti di statore, nel ferro di statore e rotore, unite alle perper-dite mec-caniche (per attrito nei cuscinetti e per ventilazione) sono piuttosto simili per en-trambi, nel Motore Sincrono sono assenti le perdite negli avvolgimenti o barre di ro-tore, che invece caratterizzano il Motore Asincrono.

Questo permette, infatti, di ottenere guadagni di efficienza consistenti, dal 10 al 30%. Dato che le perdite rotoriche producono calore per effetto Joule, la loro assenza con-sente inoltre di facilitare il raffreddamento della macchina, ampliandone il range di funzionamento continuativo; livelli di temperatura inferiori garantiscono anche una maggiore durata dei cuscinetti e prolungamento degli intervalli di lubrificazione. Un ulteriore vantaggio è costituito dall’economicità del rotore dato che non è neces-sario utilizzare materiali con particolari caratteristiche, a patto che siano ferrosi. È chiaro che la sagomatura del rotore gode di una notevole importanza; lo studio della geometria dei lamierini, infatti, è piuttosto complesso ed è condotto mediante analisi agli elementi finiti per l’ottimizzazione della forma e la posizione dei gap d’aria. Esistono tuttavia degli svantaggi nell’utilizzo di un Motore a Riluttanza rispetto ad un Asincrono. Quello più rilevante è certamente l’impossibilità di poter essere allacciato direttamente alla rete elettrica; non essendo capace di avviarsi partendo da fermo, è necessario un sistema di controllo che, abbinato ad un inverter, riesca a metterlo in

(21)

16 rotazione partendo da basse frequenze per poi condurlo a regimi più elevati, secondo una specifica modalità.

È proprio per questa ragione che lo sviluppo di questi motori è stato impedito per molto tempo, nonostante l’idea nacque a partire dagli anni Venti del Novecento. Tut-tavia, la mancanza di sistemi per la regolazione della velocità non ha permesso il pro-seguo della progettazione.

Altro elemento a sfavore di questa tipologia di motore consiste nella magnetizzazione del rotore esclusivamente a partire dalle correnti di statore. Questo significa che per motori di grandi dimensioni sarà necessaria una corrente maggiore, rispetto ad un motore di taglia inferiore, per produrre il medesimo valore di coppia.

Infine, il confronto economico tra le due tipologie di motori, vede favorito il Motore Asincrono dato che, su quello a riluttanza, pesa il costo dell’inverter che da solo, è quasi tre volte quello dell’Asincrono.

Procedendo ad un confronto [1] dei dati di targa di un Motore Sincrono a Riluttanza (𝑆𝑦𝑛𝑅𝑀) con due asincroni (𝑀𝐴𝑆) aventi stessa frequenza di sincronismo (Figura 14), si nota che, a parità di dimensione 𝐻 (altezza da terra dell’asse del rotore), il Sincrono dispone di una potenza nominale 𝑃 superiore, mentre, a parità di potenza nominale, la taglia dell’Asincrono è maggiore di quella del Sincrono.

(22)

17

1.4 Obiettivi

Il presente lavoro di tesi si colloca all’interno di tale attività di ricerca e si prefigge come scopo l’applicazione del metodo SAFE, già consolidato per la progettazione delle turbomacchine, ai motori elettrici in considerazione.

Nel primo capitolo viene presentata una piccola panoramica sulle grandezze e rela-zioni caratteristiche dei fenomeni che verranno affrontati nei capitoli seguenti. Nel secondo capitolo vengono illustrati i concetti sui quali il metodo SAFE si basa, ponendo particolare attenzione ai modelli agli elementi finiti che simulano i fenomeni elettromagnetici e dai quali si ottengono le relazioni sulla frequenza della forzante applicata allo statore.

Nel terzo capitolo, utilizzando i risultati del capitolo precedente, viene applicato il metodo SAFE. I diagrammi caratteristici del metodo sono poi confrontati con quelli vengono generalmente ottenuti per le turbomacchine.

Nel quarto capitolo viene descritto il motore oggetto di studio, la modellazione FEM per l’analisi modale eseguita sullo stesso ed il confronto con le prove sperimentali ottenute tramite hammer test.

Nel quinto capitolo viene descritto il metodo sperimentale utilizzato per la convalida-zione del criterio, evidenziando le grandezze misurate e confrontandole con quelle ottenute in fase di simulazione.

Nel sesto capitolo vengono discusse le conclusioni dello studio, riassumendo i risultati raggiunti ed evidenziando gli sviluppi futuri necessari per un migliore approfondi-mento e per una estensione di tale metodo anche ad altre tipologie di motori.

(23)

18

CAPITOLO 2

Modellazione FEM elettromagnetico

2.1 Introduzione al diagramma di Campbell

Quando si progettano organi di macchina rotanti, l’approccio classico nello studio dei fenomeni vibratori consiste nell’impiego del diagramma di Campbell [2].

Noto il fenomeno che funge da sorgente per tali vibrazioni e considerato periodico, si procede effettuando una scomposizione in serie di Fourier della forzante, dalla quale si ottiene una prima armonica con frequenza fondamentale 𝑓 (2.1) che dipende dalla velocità angolare 𝛺 del componente in rotazione e da ulteriori parametri dipen-denti dalla natura del sistema e del tipo di carico. Per semplicità si considererà il loro contributo tramite un fattore 𝑘.

𝑓 = 𝑘𝛺 (2.1)

La frequenza dell’armonica n-esima che compone il carico sarà quindi un multiplo intero della frequenza fondamentale (2.2):

𝑓 = 𝑛𝑘𝛺 (2.2)

Il diagramma di Campbell riporta sull’asse delle ascisse la velocità di rotazione del componente, e sulle ordinate le frequenze delle varie armoniche. La Figura 15 mostra un esempio di diagramma di Campbell: le rette tratteggiate rappresentano l’anda-mento delle frequenze delle varie armoniche del carico al variare della velocità di rotazione della macchina. L’intersezione tra queste linee e la linea verticale corrispon-dente al valore di velocità angolare in esame (𝛺) indica l’effettivo valore di frequenza delle armoniche che compongono il carico studiato.

Utilizzando questo diagramma, è possibile confrontare le frequenze del carico con le frequenze dei modi propri del componente in analisi.

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19 Come tutti i sistemi continui, il componente in esame sarà caratterizzato da un nu-mero infinito di gradi di libertà e, di conseguenza, il corrispondente comportamento dinamico sarà caratterizzato da un numero infinito di modi propri di vibrare. Per ovvie ragioni, lo studio dinamico del comportamento del componente dovrà essere circo-scritto a un numero finito di frequenze proprie; sarà pertanto necessario fissare un valore di soglia delle frequenze proprie (𝑓 ) raggiunto il quale si decide di inter-rompere l’analisi. Una volta stabilito un limite massimo per la velocità di rotazione (𝛺 ), sarà possibile determinare il valore di soglia osservando l’entità dell’am-piezza associata alle varie armoniche dello sviluppo in serie di Fourier del carico: tale ampiezza decresce tipicamente molto rapidamente con l’aumentare del numero d’ordine dell’armonica, rendendo pertanto trascurabile l’effetto che le armoniche di ordine elevato possono avere sulla dinamica del componente in esame.

Una volta stabilito l’intervallo di frequenze che si intende studiare, sarà sufficiente riportare sul diagramma appena costruito le linee orizzontali corrispondenti ai valori di frequenza dei modi propri ritenuti significativi. Secondo l’approccio del diagramma di Campbell si avranno fenomeni di risonanza quando i punti di intersezioni di queste rette orizzontali con le rette tratteggiate hanno un valore dell’ascissa pari a 𝛺 (Figura 15).

(25)

20

2.2 Introduzione al diagramma SAFE

A causa della complessità di forma di alcuni componenti è possibile riscontrare la pre-senza di molte frequenze proprie piuttosto ravvicinate all’interno dell’intervallo di frequenza che si intende studiare. Di conseguenza, la probabilità che ci sia almeno una frequenza propria pericolosamente vicina alla frequenza di eccitazione del carico per ogni regime di rotazione del componente è estremamente elevata.

Per questo motivo il criterio SAFE ben si presta ad essere applicato alle ruote palet-tate delle turbomacchine, proprio perché quest’ultime fanno parte di quei compo-nenti che possiedono molte frequenze proprie riavvicinate.

L’approccio di Campbell risulta quindi essere poco efficace per tipologie di compo-nenti con molte frequenze proprie ravvicinate, in quanto eccessivamente cautelativo. Questo approccio infatti si limita a considerare la frequenza del carico applicato e confrontarla con le frequenze proprie del sistema.

In realtà, l’eventuale verificarsi di fenomeni di risonanza è collegato anche alla dispo-sizione dei carichi sulla struttura e alla fase delle forze agenti su di essa in relazione ai modi propri del sistema.

La Figura 16 riporta uno schema esemplificativo che valuta la combinazione di carichi agenti in punti diversi di una trave appoggiata e sollecitata da una forzante a una frequenza risonante con il secondo modo proprio della struttura.

Figura 16. Condizione di risonanza: costruttiva (a), parzialmente costruttiva (b), distruttiva (c)

Come mostrato nella Figura 16, limitarsi al confronto tra le frequenze proprie della struttura e le frequenze delle armoniche che compongono il carico risulta un approc-cio troppo cautelativo nello studio dei fenomeni di risonanza. Per avere un’analisi più corretta del comportamento dinamico di una struttura sarà quindi fondamentale

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21 concentrarsi anche sulla forma modale della struttura in relazione alla sollecitazione imposta.

Per ottenere un’analisi accurata di eventuali fenomeni di risonanza nelle strutture meccaniche soggette a carichi ciclici è fondamentale sia considerare l’eventuale coin-cidenza tra la frequenza delle forzanti e le frequenze proprie, sia verificare che le forme modali corrispondenti alle frequenze risonanti siano in condizione di composi-zione costruttiva con il carico applicato.

Il diagramma SAFE (Singh’s Advanced Frequency Evaluation) [3] fornisce uno stru-mento di facile implementazione che consente di affrontare in maniera più completa la problematica in questione.

Affinché il fenomeno di risonanza abbia un effetto significativo, è necessario che il sistema di carichi applicato sia tale da accumulare a ogni ciclo una certa quota di la-voro positivo nella struttura.

Questo processo vede la sua massima intensità quando la fase delle forze che agi-scono sul componente è tale da generare una composizione totalmente costruttiva con la forma modale eccitata (Figura 16a). Il diagramma SAFE infatti prende in consi-derazione soltanto questo caso, trascurando l’effetto di una forzante in composizione distruttiva (Figura 16c) o parzialmente costruttiva (Figura 16b) in cui l’effetto di accu-mulo di lavoro può essere compensato dagli smorzamenti e dagli attriti che inevita-bilmente sono contenuti nel sistema analizzato.

Per capire se i carichi agenti sono tali da generare una composizione costruttiva con la forma modale, è necessario studiare lo sviluppo in serie di Fourier della forzante, con la rispettiva fase, agente sui vari punti del sistema analizzato.

Come si vedrà nel capitolo terzo, per l’applicazione del criterio SAFE è quindi indi-spensabile determinare una relazione in grado di stabilire una dipendenza tra la fre-quenza della forzante (o forzanti nel caso in cui sia possibile determinare più contri-buti a più frequenze) e i parametri costruttivi della macchina (statore, ma anche ro-tore) in modo da ottenere delle relazioni che possano essere in qualche modo ricon-dotti al caso delle turbomacchine.

(27)

22 Il costante riferimento a quest’ultime è legato proprio al fatto che l’obiettivo princi-pale di questo lavoro consiste nell’estendere ai motori elettrici il metodo SAFE che proprio nelle ruote palettate trova consueta applicazione e affidabilità.

2.3 FEM elettromagnetico

Il componente di interesse dello studio è lo statore, il quale si ritiene essere, in prima analisi, il principale componente che vibrando trasmette le vibrazioni all’intera strut-tura dove risulta essere vincolato.

La determinazione della frequenza della forzanti che agiscono su ogni settore circo-lare statorico, ognuno dei quali comprende un singolo dente, risulta non di imme-diata individuazione dato che gli effetti elettromagnetici che si instaurano tra rotore e statore rendono il fenomeno complicato da prevedere o da descrivere con modelli analitici.

Se per i Motori Asincroni risultano essere presenti in bibliografia articoli che trattano tale tematica, per i Motori a Riluttanza Variabile (complice anche la recente introdu-zione nel mercato) non è stato possibile trovare fonti bibliografiche che affrontassero il problema di interesse.

Per risolvere tale problematica, sono state condotte delle simulazioni tramite il me-todo degli elementi finiti (FEM), implementato nel software 𝑀𝑎𝑥𝑤𝑒𝑙𝑙®, del

funzio-namento a regime dei due motori sfruttando la possibilità di studiare il sistema tra-mite un modello piano, in modo da ridurre il costo computazionale dell’analisi. Il metodo agli elementi finiti ha origine nel campo strutturale-meccanico a partire dal secondo dopoguerra; solo successivamente si è avuta l’estensione alla soluzione di problemi di campo di tipo termico. L’applicazione ai problemi di tipo elettromagne-tico, invece, comincia a partire dagli anni Settanta e solo per le geometrie bidimen-sionali.

(28)

23 Nel corso degli anni Ottanta, con l’aumento della potenza di calcolo e della memoria dei calcolatori elettronici, si sono implementate anche le formulazioni tridimensio-nali.

Analogamente a quanto accade per il metodo agli elementi finiti applicato a problemi di carattere meccanico, applicando tale tecnica ai sistemi elettromagnetici, i punti cardine del metodo rimangono:

 La suddivisione del dominio in sottodomini di forma semplice (discretizzazione o mesh) chiamati elementi, ognuno dei quali è collegato agli altri attraverso i nodi. Su ciascun elemento, la soluzione del problema è espressa dalla combina-zione lineare di funzioni dette funzioni di forma;

 La sostituzione delle equazioni differenziali alle derivate parziali, nel caso spe-cifico si tratta delle equazioni di Maxwell (2.3), in sistemi di equazioni algebri-che in modo di disporre di soluzioni con un’approssimazione accettabile, altri-menti non ottenibili per altra via.

∇ ∙ 𝐸⃗ = 𝜌 𝜀 (2.3) ∇ ∙ 𝐵⃗ = 0 ∇ × 𝐸⃗ = −𝜕𝐵⃗ 𝜕𝑡 ∇ × 𝐵⃗ = 𝜇 𝐽⃗ + 𝜇 𝜀 𝜕𝐸 𝜕𝑡

La funzione soluzione viene approssimata, e non necessariamente i valori che essa assume nei nodi del reticolo saranno i valori esatti della funzione. I valori che la fun-zione assume nei nodi, infatti, sono quelli che forniranno il minor errore su tutta la soluzione.

I modelli FEM consentono di ottenere le equazioni algebriche basandosi sui potenziali elettrico 𝑉 e magnetico 𝐴 e sulle relazioni (2.4) che li correlano ai campi vettoriali 𝐸⃗ e 𝐵⃗, rispettivamente.

(29)

24 𝐸⃗ = −∇𝑉

(2.4) 𝐵⃗ = ∇ × A

Una volta discretizzato il dominio di definizione del problema in un numero finito di elementi, ciascuno avente la stessa forma e in modo che i lati di due elementi adia-centi siano coincidenti, ognuno di essi è caratterizzato da un certo numero di nodi posizionati ai vertici dell’elemento o anche sui punti intermedi dei suoi lati.

Le incognite del problema sono i valori che questi potenziali assumono sui nodi 𝑉 , mentre, fissata la funzione di forma 𝑁 (𝑥, 𝑦, 𝑧) (che deve garantire determinate pro-prietà di continuità), la loro combinazione descrive il potenziale in ogni punto all’in-terno dell’elemento come mostrato nella 2.5, in cui per semplicità ci si riferisce sol-tanto al potenziale elettrico 𝑉 e per elementi triangolari piani (si ottengono forme analoghe anche riferendosi al potenziale magnetico 𝐴).

𝑉 (𝑥, 𝑦) = 𝑁 (𝑥, 𝑦)𝑉 + 𝑁 (𝑥, 𝑦)𝑉 + 𝑁 (𝑥, 𝑦)𝑉 (2.5) I coefficienti che compongono i termini delle funzioni di forma sono automatica-mente determinati una volta fissata la geometria dell’elemento, quindi si procede all’ottenimento delle equazioni algebriche imponendo il vincolo basato sul principio variazionale, secondo il quale in un sistema isolato le configurazioni di equilibrio sono quelle e solo quelle per le quali è minima l’energia immagazzinata, ossia deve essere minima l’espressione 2.6, dove si è indicato 𝜀 la costante dielettrica del materiale, 𝜏 la regione di superficie.

𝑊 = 1

2𝜀𝐸 𝑑𝜏 (2.6)

Tale punto di minimo dell’energia immagazzinata viene identificato attraverso l’an-nullamento del differenziale dell’energia potenziale associata a quel campo (2.7)

(30)

25 Sfruttando l’equazione 2.4, è possibile scrivere la 2.6 nella seguente maniera (2.8)

𝑊 = 1 2𝜀 𝜕𝑉 𝜕𝑥 + 𝜕𝑉 𝜕𝑦 𝑑𝜏 (2.8)

che a sua volta potrà essere scritta in funzione dei potenziali sui nodi, incogniti e non. Una volta determinata l’energia immagazzinata 𝑊 = 𝑓(𝑉 , 𝑉 , 𝑉 , … 𝑉 ) del si-stema discretizzato, si procede alla risoluzione del sisi-stema di equazioni lineari risul-tanti imponendo la condizione di minima energia, che equivale alla condizione di equilibrio del sistema. Ciò comporta che le derivate parziali della funzione energia 𝑊 rispetto a ogni valore nodale del potenziale 𝑉 incognito sia pari a zero (2.9).

𝜕𝑊

𝜕𝑉 = 0, 𝑘 = 1,2, . , 𝑛 (2.9)

In questo modo si ottiene un sistema di 𝑛 equazioni algebriche le cui incognite sono valori che il potenziale 𝑉 assume in ciascuno degli 𝑛 nodi della maglia, ad eccezione dei nodi sul bordo del dominio, in cui la grandezza di campo e la derivata normale alla grandezza di campo è nota perché fissate dalle condizioni al contorno.

Il metodo FEM per i fenomeni elettromagnetici [4], brevemente riassunto, è quindi implementato sul software 𝐴𝑛𝑠𝑦𝑠 𝑀𝑎𝑥𝑤𝑒𝑙𝑙® sul quale sono state condotte le

simu-lazioni per la determinazione della frequenza della forzante agente sullo statore.

2.4 Modello Motore Asincrono su Maxwell

Il Motore Asincrono, grazia alla sua maggiore diffusione, ha reso più facilmente repe-ribile i suoi dati costruttivi in termini di dimensioni della parte statorica e rotorica. Più modelli geometrici sono stati confrontati al variare delle significative quote geome-triche e dati costruttivi come: diametri, numero denti statorici, numero barre rotori-che, ecc.

(31)

26 Le diverse simulazioni condotte hanno permesso di definire un sorta di sequenza di step da seguire, che si è reputata necessaria per rendere completa e accettabile, se-condo gli scopi prefissati, la simulazione.

In Figura 17 viene riassunto lo schema a blocchi seguito, ognuno dei quali verrà ulte-riormente approfondito.

Figura 17. Schema a blocchi simulazione

La scelta del tipo di risolutore (Figura 18) è strettamente correlata ai termini delle equazioni di Maxwell che è possibile trascurare o meno e quindi alla scelta dei poten-ziali per l’ottenimento delle equazioni algebriche.

(32)

27 La presenza di componenti posti in rotazione obbliga la scelta del tipo di risolutore da utilizzare, che nello specifico è rappresentato dal ‘’Transient’’, dato che non è possi-bile trascurare nessun termine delle equazioni di Maxwell. Inoltre, la presenza di ten-sioni indotte, nel caso specifico sul rotore, giustifica ulteriormente la scelta effet-tuata.

Per quanto riguarda l’assegnazione dei materiali, allo statore e al rotore (Figura 19.a) è stato assegnato il materiale identificato dalla sigla “M19_29G”. La sigla del mate-riale indica alcune proprietà dello stesso: il numero a valle della lettera M, infatti, è un indice delle perdite del materiale sotto opportune condizioni di misura. Tuttavia, tale sigla, utilizzata nel software, fa riferimento alla vecchia norma AISI, sostituita poi dalla “IEC 60404-4-8”; esso risulta inoltre essere il materiale più comune per i motori elettrici per la realizzazione di parti strutturali come statore e rotore a seconda dello spessore di laminazione richiesto, per questo motivo la scelta è ricaduta su questo materiale.

Agli avvolgimenti e alle barre rotoriche (Figura 19.b) è stato assegnato, invece, il ‘’Rame’’ per ovvi motivi.

(33)

28

19.b

Figura 19. Assegnazione dei materiali per statore, rotore, avvolgimenti e barre rotoriche

La disposizione degli avvolgimenti in Figura 20.a, in cui quelli dello stesso colore ap-partengono alla stessa fase, rispecchia il numero di coppie polari usato per il motore. L’alimentazione al motore viene fornita secondo una terna simmetrica inversa di cor-rente, nella quale per ogni avvolgimento si è specificato, al variare della fase, il verso entrante o uscente della corrente (Figura 20.b) e il numero di conduttori presenti nell’avvolgimento.

(34)

29

20.b

Figura 20. Disposizione delle fasi e verso di inserimento

La presenza di oggetti in movimento, che nel caso in esame è limitato alla sola rota-zione del rotore, prevede l’assegnarota-zione di una geometria detta ‘’Band’’ all’interno della quale devono essere compresi tutti i componenti che possiedono un moto ri-spetto al resto dei componenti fissi (Figura 21).

Essendo interessati al funzionamento a regime del motore, si è assegnato alla Band una velocità di rotazione costante, dipendente dalla frequenza di alimentazione della corrente al motore secondo la formula 1.7 e da un valore di scorrimento nullo. Il va-lore di quest’ultimo parametro è coerente con il tipo di prova che si prevede di fare, infatti si ipotizzerà di far girare a vuoto il motore e di trascurare, quindi, la differenza minima di velocità meccanica e del campo magnetico risultante. Inoltre, nell’assegna-zione di questi parametri, non viene considerato alcun valore di inerzia del rotore dato che si è interessati alla condizione di regime.

Non viene inoltre modellata nessuna coppia resistente applicata al rotore, trascu-rando eventuali coppie dovute alla ventilazione o ai cuscinetti.

(35)

30

Figura 21. Assegnazione della Band

Un altro step fondamentale è l’assegnazione delle condizioni al contorno (Figura 22) del modello, che nel caso in esame prevede l’assegnazione del vettore potenziale sul contorno esterno dello statore pari a zero.

Figura 22. Assegnazione condizioni al contorno

Data la tipologia di motore analizzato, la presenza degli anelli frontali in grado di cor-tocircuitare le barre rotoriche, per permettere il passaggio di corrente nel rotore, deve essere prevista anche in fase di simulazione. Per questo motivo viene definito un ‘’End Connection’’ in corrispondenza delle barre rotoriche (Figura 23), grazie alla quale si definiscono le caratteristiche di impedenza che la coppia di anelli frontali (nel caso bidimensionale si parla soltanto di un solo anello) possiede. Tali valori di

(36)

31 impedenza sono stati scelti in base alla generazione di un modello analitico nel soft-ware 𝑅𝑀𝑥𝑝𝑟𝑡®.

Figura 23. Assegnazione End Connection

Si è proceduto poi all’identificazione della parte finale dei denti statorici come oggetti indipendenti, ad ognuno dei quali è stato assegnato un sistema di riferimento cilin-drico. Questa operazione è stata necessaria per far sì che a simulazione avvenuta, il software calcolasse l’entità delle componenti di forza radiale e tangenziale applicata sui settori angolari comprendenti i denti statorici selezionati, che di fatto rappresen-tano l’informazione in output desiderata dalla suddetta simulazione.

Per calcolare le forze applicate sugli oggetti, il programma utilizza il principio dei la-vori virtuali, che è possibile per semplicità (considerando la forza lungo il grado di libertà espresso dalla coordinata lagrangiana 𝑠 ) esprimere nella seguente maniera (2.10):

𝐹 = 𝜕𝑊(𝑠⃗, 𝑖)

𝜕𝑠 (2.10)

dove 𝑊(𝑠⃗, 𝑖) è l’energia magnetica in funzione delle coordinate lagrangiane espresse come componenti del vettore 𝑠⃗ e della corrente 𝑖.

Per rendere più agevole e snella l’operazione, si è scelto di sfruttare le simmetrie, geometriche e non, che il numero di paia polari introduce nel sistema, è per questo

(37)

32 che si sono ottenute le forze agenti soltanto sui denti selezionati e visibili in Figura 24.

Figura 24. Selezione dei denti su cui sono applicate le forze

Si è deciso di parametrizzare alcune principali grandezze, per favorirne le modifiche e garantire un maggior controllo. I dati in questione sono visualizzabili in Figura 25 in cui sono state definite, in sequenza: numero di paia polari, scorrimento, frequenza di alimentazione della corrente, velocità di rotazione, numero di giri del rotore nella simulazione, tempo finale della simulazione, time step, modulo della corrente fornita al motore, parametro di suddivisione temporale.

(38)

33 Il tipo di solutore scelto prevede la definizione di un valore di ‘’Time stop’’ e ‘’Time step’’: il primo rappresenta il tempo dopo il quale la simulazione viene arrestata, che è pari a quello impiegato dal rotore, che ruota ad una velocità “𝑠𝑝𝑒𝑒𝑑_𝑟𝑝𝑚”, per effettuare “𝑛_𝑟𝑒𝑣” rivoluzioni. Il secondo è inteso come l’intervallo di tempo usato dal software per suddividere il “Time stop”, la simulazione viene quindi scomposta in sotto simulazioni (substep), all’interno delle quali vengono aggiornati i parametri in ingresso e la posizione angolare del rotore. I risultati ottenuti delle singole simulazioni vengono aggiunti a quella precedente.

La scelta di questi due parametri risulta essere fondamentale per ottenere il giusto compromesso tra accuratezza dei risultati e il costo computazionale.

Il numero di rivoluzioni che si vuole far fare al rotore, e quindi il tempo finale sul quale verranno poi elaborati i dati, è strettamente dipendente dalla risoluzione in fre-quenza che si desidera avere quando verrà effettuata la trasformata serie di Fourier sull’andamento delle forzanti agente su ogni dente statorico.

Il criterio di convergenza per questo genere di simulazioni è stato definito mediante l’infittimento generale della mesh; questo approccio è stato considerato accettabile dato che la grandezza di interesse non riguarda propriamente i valori di forza appli-cata ai singoli denti statorici, quanto la frequenza con la quale queste grandezze ven-gono ripetute.

Infittendo la mesh, fino ad una lunghezza massima di un lato dell’elemento pari a 2 𝑚𝑚 (Figura 26), il valore della frequenza del carico non risulta, come ci si aspettava, essere influenzato, a differenza del modulo che subisce variazioni ritenute contenute (circa del 10%) e quindi ritenute accettabili per gli scopi.

(39)

34 Figura 26. Mesh di 2mm Motore Asincrono

A simulazione finita, in fase di post-processing è possibile ottenere gli andamenti di diverse grandezze caratteristiche del sistema che vanno da quelle elettriche fino a quelle meccaniche. Essendo interessate a quest’ultime, una delle grandezze accessi-bili è l’andamento nel tempo di simulazione della coppia generata dal rotore, il che può in prima analisi testimoniare la bontà della simulazione.

Se l’andamento della coppia avesse una componente media minore di zero, infatti, non risulterebbe essere coerente con il modello e con i risultati aspettati dato che, in base al tipo di terna di corrente applicata allo statore e al verso di rotazione (asse-gnato in fase di determinazione della ‘’Band’’), non è certamente auspicabile una coppia motrice che tenda a rallentare il rotore stesso. Inoltre, essendo al motore non applicato nessun carico meccanico, il valore della coppia dovrà avere all’incirca com-ponente media nulla.

(40)

35 Figura 27. Andamento della coppia

L’altra grandezza meccanica in grado di essere plottata risulta essere la forza radiale e tangenziale (Figura 28.a e 28.b), previamente inserita come ‘’Parametro’’, dopo aver indicato il sistema di riferimento nel quale questa verrà espressa e l’oggetto sul quale tale forza è applicata.

(41)

36

28.b

Figura 28. Andamento della forza radiale e tangenziale sui denti selezionati

Nel caso specifico non otterremo quindi l’andamento di una sola forza ma l’anda-mento di più forze, ognuno delle quali applicate ad ogni singolo dente statorico sele-zionato, proprio come desiderato.

Dai grafici di Figura 28 risultano dei valori di forza con ampiezza piuttosto elevata. A tal proposito, va sottolineato che si sta fornendo a vuoto una corrente in modulo elevato per rendere ben visibile l’interazione elettromagnetica tra statore e rotore; questo spiega i valori di tali ampiezze.

L’andamento delle forze radiali ottenute è stato ulteriormente elaborato eseguendo la Trasformata Serie di Fourier (Figura 29) nella quale è possibile di distinguere il con-tributo di due principali forzanti (2.11a e 2.11b) aventi frequenze differenti, in ac-cordo con quanto descritto nell’articolo [5].

(42)

37 Figura 29. Contenuto in frequenza (FFT) delle componenti radiali della forza

𝑓 = 2𝑓 (1 − 𝑠) (2.11a)

𝑓 = 𝑓 (1 − 𝑠) ∙ 𝑁

𝑝 (2.11b)

Per confermare il fatto che la forzante a frequenza maggiore non possa essere ricon-dotta ad un’armonica superiore dell’altra forzante, è stata scelta una particolare com-binazione di 𝑁 (numero di barre rotoriche) e di ‘’Time stop’’ (che fissa la risoluzione in frequenza della FFT).

La forzante 𝑓 , a bassa frequenza, è caratterizzata dall’avere moduli elevati ed armo-niche significative fino alla quarta, come visibile in Figura 29; mentre la forzante ad alta frequenza, 𝑓 , è caratterizzata dall’avere moduli significativamente minori e possedere due contributi posti a frequenza maggiore e minore, intervallate da 𝑓 chiamate ‘’sidebands”.

In letteratura a quest’ultima forzante è riconducibile il rumore emesso dal motore. Il numero di armoniche significative delle due forzanti è strettamente dipendente dal ‘’Time step’’ utilizzato, dato che minore risulta essere questo valore, maggiore è la larghezza di banda individuabile.

(43)

38 L’origine fisica di queste due forzanti, a bassa e ad alta frequenza, può essere ricon-dotta:

 La prima, dall’interazione tra campo magnetico di statore e quello complessivo di rotore, generato dalle correnti indotte sul rotore stesso;

 La seconda, deriva invece dall’interazione tra campo magnetico di statore e dal singolo campo magnetico formato dalla corrente che scorre nella singola barra rotorica. In letteratura, questa forzante viene anche chiamata ‘’bar passing’’, dovuta proprio al passaggio della barra rotorica dal singolo dente e legato quindi all’interazione suddetta.

Dai risultati ottenuti e applicando la relazione prevista dal diagramma di Campbell, considerando significative solo le primissime armoniche delle due forzanti, è possibile capire che per effettuare il match di frequenza tra le prime armonica della forzante a bassa frequenza e la frequenza propria dello statore (considerando quest’ultima, per questo genere di sistemi, pari circa ad 1 𝑘𝐻𝑧) è necessario alimentare il motore con una frequenze dell’ordine delle centinaia di 𝐻𝑧, il che corrisponde a velocità angolari (fissato ad esempio il numero di paia polari a due) dell’ordine delle decine di migliaia di giri al minuto. Il raggiungimento di queste velocità risulta essere proibitivo, consi-derando la velocità di targa di questi motori (alimentati cioè a 50 𝐻𝑧) e il discosta-mento da questa di massimo tre volte la stessa.

Da queste considerazioni risulta evidente come il match più plausibile avvenga tra la frequenza propria e la forzante ad alta frequenza, dato che questo può avvenire an-che per velocità relativamente basse, strettamente correlato al numero di barre ro-toriche.

2.5 Modello Motore Sincrono a Riluttanza su Maxwell

Data la recente introduzione nel mercato, i Motori Sincroni a Riluttanza non sono comunemente diffusi come quelli Asincroni, il che ha reso più difficile l’ottenimento di modelli geometrici sui quali basare la simulazione; nonostante questo, si è riusciti a modellare questa tipologia di motori con un’accettabile accuratezza.

(44)

39 La tipologia di simulazione eseguita non è cambiata rispetto a quanto fatto per l’asin-crono, quindi, lo schema di Figura 17 viene comunque rispettato.

Le uniche differenze sostanziali tra le due simulazioni possono essere ricondotte a:  Assenza dell’anello frontale che mette in cortocircuito le barre rotoriche del

Motore Asincrono (i valori di impedenza di questo anello ricavati dai modelli analitici ottenuti dal software 𝑅𝑀𝑥𝑝𝑟𝑡®);

 Definire un angolo iniziale del rotore in modo da allontanarsi dalla posizione di equilibrio stabile del sistema una volta fornita la corrente allo statore. Così fa-cendo la coppia motrice è risultata essere maggiore di zero, coerentemente con il funzionamento classico del motore.

Di seguito verranno mostrate le immagini analoghe a quanto visto per il modello del Motore Asincrono.

In Figura 30 si mostra il modello del Motore Sincrono a Riluttanza importato in am-biente 𝑀𝑎𝑥𝑤𝑒𝑙𝑙, in cui si evidenzia il differente colore negli avvolgimenti, per le sin-gole fasi.

Figura 30. Modello geometrico

Analogamente a quanto visto nella simulazione fatta per i Motori Asincroni, si mo-strano componenti ai quali sono stati assegnati gli stessi materiali visti in precedenza, con l’unica differenza dell’assenza degli avvolgimenti sul rotore, che quindi è

(45)

40 composto da solo “M19_29G” (Figura 31.a). È stato assegnato il ‘’Rame’’ agli avvolgi-menti (Figura 31.b)

31.a

31.b

Figura 31. Assegnazione dei materiali per statore, rotore e avvolgimenti.

In Figura 32 si mostra l’assegnazione delle correnti alle rispettive fasi con i versi di inserimento coerenti degli avvolgimenti.

(46)

41 Figura 32. Assegnazione corrente

In Figura 33 si mostra l’assegnazione della Band.

Figura 33. Assegnazione della band

La condizione al contorno è esattamente uguale a quella utilizzata nella simulazione precedente.

(47)

42 Anche in questo caso si sono individuati i denti statorici (Figura 34) sui quali si sono determinate le forze agenti sugli stessi, tenendo conto della simmetria introdotta dal numero di paia polari.

Figura 34. Selezione dei denti su cui sono applicate le forze

Gli analoghi parametri di input utilizzati nella simulazione precedente sono visibili in Figura 35.

Figura 35. Dati di input per la simulazione

Il criterio di convergenza è il medesimo utilizzato nella simulazione precedente, men-tre la dimensione massima di un lato dell’elemento è scelta pari a 2 𝑚𝑚 (Figura 36).

(48)

43

Figura 36. Mesh di 2mm Motore Sincrono a Riluttanza Variabile

Di seguito si mostrano gli andamenti delle forze radiali (Figura 37.a) e tangenziali (Fi-gura37.b).

(49)

44

37.b

Figura 37. Andamento della forza radiale e tangenziale sui denti selezionati

Analizzando il contenuto in frequenza dell’andamento della componente della forza radiale (Figura 38), l’unica frequenza della forzante che si è in grado di distinguere e correlare ai parametri costruttivi del motore è quella a bassa frequenza, per la quale vale la relazione (2.12).

𝑓 =𝑓 ∙ 𝑁

𝑝 (2.12)

(50)

45 L’analogia con la forzante ad alta frequenza del Motore Asincrono è soltanto appa-rente, dato che nonostante il termine 𝑁 indichi il numero di espansioni polari roto-riche, esso risulta essere di fatto sempre pari al doppio del numero di coppie polari. Tale relazione risulta necessaria per una migliore ottimizzazione del materiale dato che, in caso contrario la disposizione delle cave sul rotore non garantiscono la pre-senza di percorsi a riluttanza minima.

Ponendo quindi:

𝑁 = 2𝑝 (2.13)

ci si riconduce alla frequenza della forzante a bassa frequenza (2.9a) trovata per i Motori Asincroni.

2.6 Conclusioni sui modelli FEM

Le relazioni trovate (2.9a, 2.9b e 2.10) per le due tipologie di motori elettrici non pre-cludono in linea di principio la presenza di ulteriori forzanti di natura elettromagne-tica.

L’elevato costo computazionale delle simulazioni richiede potenze di calcolo non in-differenti il che le rendono piuttosto lunghe; se alla durata delle simulazioni si ag-giunge anche un approccio al problema di tipo ‘’Trial and error’’, vista la mancanza di un’estesa letteratura al riguardo, si è considerato accettabile il livello di approfondi-mento delle opzioni selezionate.

In conseguenza di ciò, nei modelli non sono stati considerati fenomeni di correnti parassite o magnetostrizione nei diversi componenti che compongono il motore, ap-proccio utilizzabile per ulteriori scopi.

(51)

46

CAPITOLO 3

Applicazione criterio SAFE

3.1 Applicazione criterio SAFE al Motore Asincrono

Determinata dalla simulazione FEM, in 𝑀𝑎𝑥𝑤𝑒𝑙𝑙, la frequenza della forzante e vo-lendo utilizzare un approccio analitico per capire se i carichi agenti sono, in prima approssimazione, tali da generare una composizione costruttiva con la forma modale, è necessario studiare lo sviluppo in serie di Fourier della singola forzante. Tale svi-luppo avrà un’espressione analoga per tutti i denti statorici, in quanto tutti i denti sono uguali tra loro e l’interazione con il campo magnetico si ripeterà su ogni dente con le stesse modalità.

Gli effetti delle due forzanti, ad alta e bassa frequenza, sono presi in considerazione all’interno del modello sfruttando la linearità del sistema ed il principio di sovrappo-sizione degli effetti. L’unica differenza, fissata la tipologia di carico in relazione alla frequenza fondamentale, tra una sollecitazione e l’altra consiste nello sfasamento che la forza sul dente i-esimo ha rispetto alle forze sugli altri denti.

Di seguito verranno esplicitati alcuni passaggi del modello analitico, adottati in [6] per le ruote palettate, ed estesi ai motori elettrici.

Per sfruttare l’analogia con le formule adottate per le turbomacchine, si decide di determinare le forzanti in funzione della frequenza di rotazione 𝛺, per le quali è valida la relazione (1.7). Le forzanti, quindi possono essere scritte a partire dalla (2.11a e 2.11b) nella seguente maniera:

𝑓 = 2𝑓 (1 − 𝑠) = 2𝑝𝛺 (3.1)

𝑓 =𝑓 (1 − 𝑠) ∙ 𝑁

(52)

47 Data la natura ciclica del carico, lo sviluppo in serie di Fourier della forza agente sull’ i-esimo dente assume, per la forzante a bassa (3.3) e ad alta frequenza (3.4), la forma:

𝑓_ = 𝐹_ + 𝐹 _ 𝑐𝑜𝑠(2𝑛𝑝(𝛺𝑡 + 𝑖∆𝜗) + 𝜑 _ ) (3.3)

𝑓_ = 𝐹_ + 𝐹 _ 𝑐𝑜𝑠(𝑛𝑁 (𝛺𝑡 + 𝑖∆𝜗) + 𝜑 _ ) (3.4)

dove 𝑛 è il numero d’ordine dell’armonica in esame mentre 𝐹 e 𝜑 sono rispettiva-mente l’ampiezza e la fase dell’n-esima armonica dello sviluppo in serie, in genere diversi per la forzante ad alta e a bassa frequenza.

La risposta oscillatoria del dente statorico sarà esprimibile come sovrapposizione mo-dale, per cui lo spostamento 𝑥 dell’i-esimo dente sarà del tipo:

𝑥 = 𝑋 + 𝑋 𝑐𝑜𝑠(𝜔 𝑡 + 𝜑 ) 𝑐𝑜𝑠 (𝑑 ∆𝜗𝑖 + 𝜑 ) (3.5)

dove 𝑋 , 𝜔 e 𝜑 rappresentano rispettivamente l’ampiezza, la frequenza e lo sfasamento temporale del modo proprio m-esimo, mentre con 𝜑 e 𝑑 si sono in-dicati rispettivamente lo sfasamento angolare e il numero di diametri nodali.

Il diametro nodale è chiaramente un concetto specifico di questa trattazione e rap-presenta il luogo dei punti disposti lungo un diametro dello statore soggetti a sposta-mento radiale nullo in riferisposta-mento al modo proprio in esame.

Il numero di diametri nodali è un numero naturale positivo soggetto a una limitazione superiore data da:

𝑑 _ = 𝑠𝑒 𝑁 è 𝑝𝑎𝑟𝑖 (3.6)

𝑑 _ = 𝑠𝑒 𝑁 è 𝑑𝑖𝑠𝑝𝑎𝑟𝑖 (3.7)

(53)

48 Le espressioni 3.6 e 3.7 possono essere racchiuse in un’unica relazione usando la fun-zione ‘’floor’’ (indicata dalle parentesi ⌊𝑥⌋) che fornisce come risultato un numero intero; questa funzione approssima l’argomento 𝑥 all’intero minore, qualora quest’ultimo non sia un numero intero, mentre lo lascia invariato qualora lo sia. Le due relazioni vengono quindi rispettate dalla 3.9.

𝑑 _ = 𝑁

2 (3.9)

Nonostante le simulazioni FEM forniscano in output le forzanti applicate ai singoli denti, essendo quest’ultimo appartenente ad un determinato settore angolare, la trattazione presente non fa riferimento ai denti statorici, ma ai settori angolari che, ripetuti lungo una circonferenza per un numero di volte pari al numero di denti sta-torici 𝑁 generano la geometria dello statore (Figura 39).

Figura 39. Settore geometrico di ripetizione

In tal modo vengono trascurati tutti i modi propri (e le relative frequenze) legati alle deformazioni dei singoli denti o non coerenti con il concetto di diametro nodale. Abusando quindi del termine ‘’dente statorico’’, in questa trattazione si farà riferi-mento quindi al settore angolare che contiene un singolo dente, come mostrato in Figura 39.

Derivando rispetto al tempo la relazione 3.5, è possibile ricavare un’espressione della velocità di vibrazione del singolo modo proprio e, sovrapponendo la velocità di vibra-zione così ottenute per tutti i modi propri in esame, ottenere l’espressione della ve-locità di vibrazione (𝑣 ) del dente i-esimo.

(54)

49 Il lavoro complessivamente immagazzinato nello statore, ottenibile come somma dei lavori compiuti dal carico sui denti, assume pertanto la seguente forma:

𝑑𝑊 = 𝑓 ∙ 𝑣 (3.10)

𝑊 = 𝑓 ∙ 𝑣 𝑑𝜏 (3.11)

𝑊 = 𝑊 (3.12)

Tali espressioni risultano valide indipendentemente dal tipo di forzante coinvolto, a patto di modificare di conseguenza l’espressione della forzante utilizzata.

Dall’espressione (3.12), è possibile notare che il termine costante 𝐹_ o 𝐹_

pro-duce un lavoro fluttuante con media nulla, che quindi non si accumula nel tempo. Lo stesso vale per qualsiasi coppia di n-esima armonica ed m-esimo modo proprio aventi frequenza diverse. Inoltre, al fine di avere un contributo di lavoro positivo su tutti i denti (composizione costruttiva), è necessario che coincidano i termini di dipendenza angolare su tutti i denti.

Le seguenti relazioni esprimono, rispettivamente, la coincidenza delle frequenze e dei termini di dipendenza angolare per il carico a bassa frequenza:

2𝑛𝑝𝛺 = 𝜔 (3.13)

2𝑛𝑝∆𝜗𝑖 = 𝑑 ∆𝜗𝑖 + 𝑘(2𝜋) (3.14)

2𝑛𝑝∆𝜗𝑖 = −𝑑 ∆𝜗𝑖 + 𝑘(2𝜋) (3.15)

e per il carico ad alta frequenza:

(55)

50

𝑛𝑁 ∆𝜗𝑖 = 𝑑 ∆𝜗𝑖 + 𝑘(2𝜋) (3.17)

𝑛𝑁 ∆𝜗𝑖 = −𝑑 ∆𝜗𝑖 + 𝑘(2𝜋) (3.18)

Le condizioni sulle frequenze (3.13 e 3.16) corrispondono esattamente al criterio adottato per costruire il diagramma di Campbell. L’approccio del diagramma SAFE infatti non si contrappone alle considerazioni tratte dal metodo di Campbell, ma af-fianca ad esse un’ulteriore condizione riguardante il segno del lavoro introdotto nel sistema dalle forzanti nei vari punti.

Per quanto riguarda le ulteriori condizioni 3.14, 3.15, 3.17 e 3.18 è da notare che la dipendenza dall’indice di dente 𝑖 è solo fittizia, in quanto se l’espressione viene veri-ficata per un determinato valore 𝑖 , risulta veriveri-ficata per qualunque altro indice 𝑖 (ba-sterà moltiplicare per 𝑖 l’intero 𝑘 che rendeva vera l’espressione per quel determi-nato valore di 𝑖 ).

Alla luce di queste considerazioni e ricordando che ∆𝜗 = 2𝜋 𝑁⁄ è possibile scrivere la seconda delle condizioni che determinano la composizione costruttiva di forzante a bassa frequenza e modo proprio nella forma:

2𝑛𝑝 ± 𝑑

𝑁 = 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑜 (𝑝𝑜𝑠𝑖𝑡𝑖𝑣𝑜, 𝑛𝑒𝑔𝑎𝑡𝑖𝑣𝑜 𝑜 𝑛𝑢𝑙𝑙𝑜) (3.19)

Mentre per la forzante ad alta frequenza, la stessa condizione consiste in: 𝑛𝑁 ± 𝑑

𝑁 = 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑜 (𝑝𝑜𝑠𝑖𝑡𝑖𝑣𝑜, 𝑛𝑒𝑔𝑎𝑡𝑖𝑣𝑜 𝑜 𝑛𝑢𝑙𝑙𝑜) (3.20)

Provando a manipolare le relazioni 3.19 e 3.20 e sfruttando le considerazioni effet-tuate in [6], è possibile ricondursi ad una relazione in cui, fissati i parametri costruttivi del sistema, viene calcolato il numero di diametri nodali che il modo proprio alla fre-quenza propria considerata (3.12 e 3.16) deve avere per generare una risonanza co-struttiva.

(56)

51 Per la forzante a bassa frequenza questa relazione è esprimibile come:

𝑑 = |2𝑛𝑝 − 𝑁 ⌊(2𝑛𝑝 + ⌊𝑁 ⁄ ⌋ 𝑁2 ⁄ )⌋| (3.21) Per la forzante ad alta frequenza, la stessa relazione viene scritta come:

𝑑 = |𝑛𝑁 − 𝑁 ⌊(𝑛𝑁 + ⌊𝑁 ⁄ ⌋) 𝑁2 ⁄ ⌋| (3.22)

3.2 Applicazione criterio SAFE al Motore Sincrono a

Ri-luttanza Variabile

Analogamente a quanto fatto per il Motore Asincrono, è possibile ottenere le stesse relazioni per il Motore a Riluttanza, tenendo conto che lo statore risulta essere co-struttivamente lo stesso di quello a Induzione e che i fenomeni elettromagnetici, a parte il campo di induzione appunto generato dal rotore, sono i medesimi.

Come mostrato infatti in 2.12 la differenza rispetto alla forzante a bassa frequenza del Motore Asincrono è soltanto apparente, data la 2.13.

Esprimendo quindi la forzante in funzione della frequenza di rotazione si ottiene:

𝑓 =𝑓 ∙ 𝑁

𝑝 = 𝑁 𝛺 = 2𝑝𝛺 (3.23)

Confrontando la 3.23 con la 3.1 le forzanti hanno le stesse espressioni, ragion per cui l’espressione del numero di diametri nodali affinché si abbia il match tra modo pro-prio e forzante è esattamente la stessa della 3.21.

(57)

52

3.3 Formulazione Diagramma SAFE

Sfruttando le equazioni 3.21 e 3.22, è possibile costruire una mappa che permette di sostituire alle relazioni del paragrafo precedente i parametri di input al variare del numero di armonica, in modo da rendere più diretto il confronto con il numero di diametri nodali dei modi propri analizzati.

Considerando contemporaneamente le condizioni riguardante la coincidenza di forma e le condizioni sulla coincidenza della frequenza (nel caso in esame le condi-zioni sono due perché si distinguono forzanti ad alta e a bassa frequenza), è possibile tracciare il diagramma SAFE.

Su questo grafico si riporta in ascissa il numero di diametri nodali, mentre in ordinata si indicano i valori di frequenza; dopodiché si collocano con dei marker il numero di diametri nodali in base alla frequenza propria dello statore (viene individuato quindi il modo proprio) ottenuti dall’analisi modale al FEM del sistema. Viene poi tracciata sul grafico una retta di pendenza pari alla velocità di rotazione del motore seguendo uno schema di riflessioni analogo al caso in Figura 40.

Figura 40. Posizionamento dell’armonica sul diagramma SAFE

Al variare del numero di armonica, il diametro nodale di accoppiamento corrispon-dente è (oltre ad essere definito dalla formula analitica) individuabile contando un numero di passi pari al numero d’ordine dell’armonica moltiplicato per il doppio del numero di paia polari (2𝑛𝑝), nel caso della forzante a bassa frequenza, e per il numero di barre rotoriche (𝑛𝑁 ), nel caso della forzante ad alta frequenza.

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