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Il Controllo di gestione in aziende che operano su commessa

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Academic year: 2021

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Controllo di gestione in aziende che operano su commessa

1 Introduzione 1

1.1 Contesto storico 1

1.2 Definizioni, fonti normative e principi contabili 8

1.3 Tipologie di commesse 13

2 La gestione organizzativa nelle aziende che operano su più

commesse pluriennali 17

2.1 Gestione organizzativa, cenni generali 17

2.2 Modelli organizzativi in aziende che producono su commessa 24

2.3 Relazione sistemica tra singole commesse e azienda 29

2.4 Il ciclo produttivo. Differenze tra produzione in serie e produzione su

commessa 31

2.5 Gestione tecnica delle commesse. Il project manager 34

3 Processi di controllo in aziende che operano su più commesse pluriennali e il caso dell’azienda Alfa 45

3.1 La gestione del rischio connesso all’esecuzione di una commessa 45

3.2 Gestione economica di commessa 53

3.3 Gestione finanziaria dI commessa 70

3.4 Check up 82

3.5 Contabilità generale ed analitica di commessa. Il caso dell’azienda Alfa 86 3.6 Costruzione del budget economico di commessa. Il caso dell’azienda Alfa 103

3.7 Il sistema di controllo 110

3.8 L’analisi degli scostamenti. Il caso dell’azienda Alfa 114

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1 Introduzione

1.1 Contesto storico

Il presente elaborato ha lo scopo di indagare e descrivere le azioni e gli strumenti a disposizione del management di un'impresa di medie dimensioni per supportare al meglio i processi decisionali finalizzati a una corretta gestione aziendale, azioni definite controllo di gestione.

Contestualmente, l'azione di controllo di gestione si calerà nella realtà di un'azienda metallurgica italiana di medie dimensioni.

Si tratta di un'impresa che, nell'ultimo decennio, ha conosciuto una continua espansione. Tra quelle PMI, dunque, che non solo non hanno risentito della crisi che dal 2008 ha falcidiato il sistema industriale italiano ma che hanno tratto, dalle loro specificità produttive e di mercato, alimento per uno sviluppo positivo.

La crisi 2008/2014

Per le PMI italiane il crollo del PIL di quasi 10 punti dall'inizio della crisi ha significato un consistente calo della domanda, accompagnato da contrazione del credito che ha colpito soprattutto le aziende finanziariamente più fragili, ma non le società più affidabili, che hanno invece ottenuto un aumento dei fidi del 4,5 % rispetto all'anno precedente.

L'intensità e la persistenza della crisi ha prodotto, nel periodo, il risultato che un quinto delle PMI attive prima della crisi hanno avviato procedure fallimentari oppure sono state liquidate volontariamente per mancanza di prospettive di profitto.1

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2

Interessanti spunti sono rinvenibili nell’analisi contenuta nel Rapporto 7/2011 prodotto dai ricercatori dell’Istituto di Ricerche economiche e sociali, oggi Fondazione Giuseppe Di Vittorio di Bologna2:

“ Le PMI operano generalmente in pochi o in un solo comparto economico, spesso di nicchia. Non riescono quindi a diversificare rischi, clienti e fornitori e sono frequentemente collegate al destino di un settore o di un’azienda più grande. In molti casi, le PMI sono le vere vittime della crisi del sistema..”

“ I problemi maggiori hanno però interessato il versante finanziario. La crisi dei mutui subprime e dei mercati dei capitali ha colpito rovinosamente il sistema delle PMI, caratterizzato da una struttura finanziaria più debole, scarsamente capitalizzata. Le tensioni e l’irrigidimento del sistema bancario hanno investito drammaticamente le PMI, dotate di un basso rating e incapaci di seguire sentieri di finanziamento alternativi (ad esempio la quotazione in borsa). “

“ Un elemento cruciale nella valutazione dell’impatto della crisi sembra essere la solidità finanziaria del sistema delle PMI e la sua specializzazione settoriale. La crisi ha, infatti, colpito in maniera diversificata i settori di attività economica. Alcuni comparti si sono meglio adattati alla crisi e hanno saputo mantenere una buona redditività, nonostante un fatturato in calo. E’ il caso dei prodotti meno dipendenti dal prezzo di mercato come il settore agroalimentare, solo marginalmente colpito dalla crisi economica grazie a una domanda più rigida e a una stabilità del credito interaziendale.

La presenza di condizioni di pagamento fortemente regolamentate ha limitato le variazioni dei conti clienti/fornitori.

Rapporto CERVED PMI.

2 CUCCULELLI M., DIMA D, GALOSSI E. MORETTINI G., SIMONETTI M., TESELLI A., Le piccole medie imprese al tempo della crisi. Politiche per le PMI, impatto della crisi e ruolo della formazione continua, Bologna, IRES, 2011.

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… le PMI italiane, attive nei settori L/Intensive e ad alta esportazione come tessile e calzature, sono state duramente penalizzate dalla recessione dei mercati globali. Comunque, la crisi ha esercitato l’impatto più significativo sui settori a forte economie di scala come la filiera del legno e della carta, caratterizzata da un annoso eccesso di capacità e da una domanda in calo, a causa del costante e pervasivo processo di digitalizzazione dei dati e informazioni …

l'Unione Europea e la crisi

L’analisi dei ricercatori di IRES prende anche in esame le politiche europee adottate in risposta alla crisi, con particolare riferimento alla realtà delle PMI:

L'importanza delle PMI nel tessuto produttivo, competitivo ed occupazionale dell'UE ha fatto sì che esse siano divenute un riferimento nelle politiche comunitarie, sempre più orientate a rafforzarne la competitività e ridurre i nodi critici nella crescente competizione globale. Anche nel periodo 2002‐2007, segnato da una congiuntura favorevole, le PMI europee, da un lato, hanno sofferto di una produttività inferiore e di uno sviluppo più lento rispetto alle loro omologhe negli USA, dall'altro si sono trovate a competere con le economie dei Paesi emergenti, che offrono prodotti di crescente livello qualitativo e tecnologico.

La Commissione Europea ha deciso di intervenire e nel 2008 crea lo Small Business Act (SBA), un quadro operativo strategico a favore delle PMI e tuttora oggetto di revisione. Tale documento afferma che la crescita economica e lo sviluppo equilibrato della società passano attraverso il migliore sfruttamento del potenziale di crescita e di innovazione delle PMI, di cui bisogna aumentare competitività e valore socio‐economico. Obiettivo primario dell’iniziativa è la creazione di un contesto favorevole alle PMI, grazie alla costruzione di un quadro politico articolato, a livello comunitario e di singoli Stati membri.

Muta quindi la ratio dell’intervento pubblico, che deve anzitutto rispondere al principio del “pensare in piccolo”. In tale ottica, gli interventi amministrativi

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sono sottoposti a un test preventivo, per valutare il loro eventuale impatto sulle PMI. Qualora le conseguenze previste siano negative, è accordata la facoltà ai Paesi membri di utilizzare deroghe, compensazioni o misure transitorie, soprattutto riguardo i più pressanti obblighi burocratici e amministrativi.

Operativamente, la UE indica in 10 principi le linee di intervento su cui i singoli Stati devono operare:

 creare un contesto favorevole per le imprese e gratificante per lo spirito imprenditoriale;

 offrire una seconda possibilità in tempi rapidi agli imprenditori onesti che abbiano sperimentato uno stato di insolvenza;

 formulare regole conformi al principio Pensare anzitutto in piccolo, Think Small First;

 rendere le pubbliche amministrazioni permeabili alle esigenze delle PMI;  adeguare l'intervento politico pubblico alle esigenze delle PMI, facilitando la partecipazione agli appalti pubblici e usando in modo migliore le possibilità degli aiuti di Stato;

 agevolare l’accesso delle PMI al credito e sviluppare un contesto giuridico ed economico che favorisca la puntualità dei pagamenti nelle transazioni commerciali.

 aiutare le PMI a beneficiare delle opportunità offerte dal mercato unico;  promuovere l’aggiornamento delle competenze e ad ogni forma di

innovazione;

 permettere alle PMI di trasformare le sfide ambientali in opportunità;  incoraggiare e sostenere le PMI perché beneficino della crescita dei

mercati.

La risposta italiana alle direttive europee si è concentrata principalmente in provvedimenti legislativi in materia di sblocco dei crediti vantati dalle imprese nei confronti della Pubblica Amministrazione; in materia di incentivazione fiscale per interventi di risparmio energetico e di sicurezza degli edifici; in materia finanziamenti per il rinnovo dei processi produttivi; in materia di lavoro con

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vantaggi fiscali per le assunzioni; in materia di accesso al credito per imprese e famiglie.

Una valutazione di sintesi sulle concrete azioni di policy adottate nel periodo dai Governi italiani in attuazione delle succitate direttive europee si ricava dal Rapporto 2014 redatto dal Ministero dello Sviluppo Economico sulle iniziative a sostegno delle micro, piccole e medie imprese adottate in Italia nel 2013.

La crisi economica che investe il nostro Paese si riflette sull’andamento del fatturato delle imprese intervistate (il 52,4% del campione giudica quello relativo al 2012 peggiorato rispetto all’anno precedente e solo l’8,4% migliorato) e genera incertezza nelle aspettative degli imprenditori (il 72,7% non sa quando uscirà dalla crisi).

Tuttavia, considerate le previsioni ancora negative sul futuro immediato della nostra economia, il fatto che il 67,5% delle imprese intervistate non si aspetta un peggioramento del proprio fatturato può essere interpretato come un segnale lievemente positivo.

In particolar modo, il saldo tra la percentuale delle imprese che esprime un giudizio positivo e quella delle imprese che esprime un giudizio negativo riguardo all’andamento del fatturato nel 2013 rispetto al 2012 e pari a -19,7, sensibilmente migliore rispetto a quello relativo all’evoluzione delle vendite nel 2012 sul 2011 (il relativo saldo pari a -44). Sono, soprattutto, le medie imprese e quelle operanti nell’area settentrionale del Paese ad evidenziare migliori prospettive sull’andamento del fatturato.

Per il 2013 si conferma da parte delle imprese una politica di sostanziale tenuta dell’occupazione; l’81,9% prevede che nel 2013 non ci saranno variazioni nel proprio organico (tale quota si posiziona intorno all’80% tra le micro e piccole imprese e scende sensibilmente al 46,2% tra le imprese di medie dimensioni).

Emerge, tuttavia, tra le imprese, un’elevata incertezza sui tempi di uscita dalla crisi: circa il 73% del campione, infatti, indica di non sapere quando ritornerà ad una situazione di normalità. Tale quota diminuisce al crescere delle dimensioni; sono, in particolar modo, le imprese di medie dimensioni a segnalare una minore incertezza circa i tempi di uscita dalla crisi. E' altresì opportuno sottolineare

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come circa il 7% delle imprese dichiari di essere uscito dalla crisi (tale quota è pari a poco meno del 19% tra le medie imprese) mentre è pari al 12,2% la quota di imprenditori che prevede di uscire dalle tempeste recessive entro il prossimo anno.

Il nuovo scenario

Il processo di selezione innescato dalla crisi ha reso, paradossalmente, la condizione delle PMI sopravvissute più solida. Seppure le nubi della crisi non siano ancora dissolte, sussistono squarci di schiarite, in particolare, sull'orizzonte delle PMI.

Così il Rapporto OCSE 2014 Le politiche per le PMI e l'imprenditorialità in Italia. Roma 9/9/2014:

Le PMI in Italia rappresentano un traino all'innovazione, alla crescita economica e alla creazione di impiego.

I numeri:

Le PMI in Italia rappresentano in numero il 99,9% delle imprese, l'80% dell'occupazione e il 67% del valore aggiunto- tra i più alti nell'area OCSE - e mostrano una notevole capacità di reazione alla crisi specie sui mercati internazionali, dove pesano per il 54% dell'export totale.

Le performances:

Le medie imprese italiane ( tra 50 e 249 dipendenti ), sottolinea l'OCSE, spesso eccellono nelle loro nicchie di mercato e hanno produttività superiori alle loro simili in Germania e Francia. Le PMI italiane hanno anche una forte propensione alla collaborazione, come mostrano i tanti distretti industriali che competono ai più alti livelli internazionali.

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Nel corso della seguente trattazione, senza alcuna pretesa di esaustività, ci soffermeremo sulle peculiarità dei business operanti su grandi commesse pluriennali e sulle qualità che un sistema di controllo gestionale dovrebbe possedere per risultare idoneo ed efficace in questo genere di impresa. Illustreremo inoltre, durante l’analisi di alcuni dei più delicati passaggi del controllo di gestione, il caso di un’azienda metalmeccanica toscana, che chiameremo Alfa, di modo da ottenere anche un riscontro di valenza pratica.

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1.2 Definizioni, fonti normative e principi contabili

Un lavoro in corso su ordinazione (o commessa) si riferisce ad un contratto, di durata normalmente ultrannuale, per la realizzazione di un bene (o una combinazione di beni) o per la fornitura di beni o servizi non di serie che insieme formino un unico progetto, ovvero siano strettamente connessi o interdipendenti per ciò che riguarda la loro progettazione, tecnologia e funzione o la loro utilizzazione finale. I lavori su ordinazione sono eseguiti su ordinazione del committente secondo le tecniche da questi richieste. 3

Con l’espressione lavorazione su commessa si è soliti indicare un modo di produrre beni o servizi finalizzato all’allestimento di un prodotto secondo le indicazioni richieste dal cliente che lo ha commissionato. I due soggetti attori della transazione sono il committente (cliente), colui che avanza la richiesta per uno preciso bene, e il commissionario, il fornitore nella posizione di esecutore della commessa. L’oggetto della transazione è la commessa, vale a dire una ordinazione proveniente dal cliente in accordo con il fornitore per ottenere uno specifico prodotto con determinate caratteristiche dietro pagamento di un corrispettivo. Nella maggior parte dei casi oggetto di tali commesse sono opere di grandi dimensioni e di lunga durata che generano notevole complessità gestionale ed organizzativa. Talvolta invece possono essere commesse di piccole dimensioni, per esempio di solo engeneering (engeneering to order ETO).

Le caratteristiche del prodotto definite di concerto dal cliente con il fornitore, sono dette specifiche. Il produttore dovrà rispettare tali specifiche nel corso della realizzazione del prodotto per non incorrere in eventuali penali previste dal contratto. Si tratta di caratteristiche del prodotto come la qualità, le dimensioni, la forma, il peso, la funzionalità se si tratta di beni, oppure la fruibilità se si tratta di

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9 servizi.

Oggetto dell’ordinazione può essere un singolo bene o un complesso di beni omogenei, oppure un servizio o un pacchetto organizzato di servizi.

Dal punto di vista giuridico il contratto tipico a cui ci si riferisce per questa tipologia di transazione economica è l’appalto, disciplinato dagli articoli del Codice Civile dal 1655 al 1677:

L’appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro4.

Andando a vedere invece ciò che prevedono i principi contabili nazionali ci accorgiamo di come il tema dei lavori in corso su ordinazione venga affrontato in modo assai più completo e approfondito. Gli aspetti trattati dall’Organismo Italiano di Contabilità, in merito al tema delle commesse, ci aiutano a meglio comprendere le dinamiche contabili di questa tipologia di lavorazioni. I capitoli principali affrontati dall’OIC 23 sono i seguenti:

 finalità del principio: definire i criteri di rilevazione, classificazione e valutazione dei lavori in corso su ordinazione, suggerendo di adottare un efficace sistema di previsione e rendicontazione interna;

 ambito di applicazione: il principio si applica alle società appaltatrici che redigono un bilancio civilistico;

 definizioni: significato dei termini e classificazione delle diverse tipologie di commesse;

 classificazione e contenuto delle voci di bilancio: indicazioni sul collocamento delle diverse componenti reddituali e patrimoniali nei documenti di bilancio;

 criteri di valutazione: i criteri previsti per la valutazione dei lavori in

4 C.C. Libro IV – Delle obbligazioni. Titolo III – Dei singoli contratti. Capo IV – Dell’appalto.

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corso tra cui l’azienda può scegliere sono due, la percentuale di completamento e la commessa completata.

 rilevazione dei costi e ricavi di commessa: modalità di applicazione dei criteri di valutazione citati pocanzi al fine di rilevare le rimanenze di lavori in corso, costi e ricavi di commessa. Indicazioni sulle principali metodologie per la determinazione dello stato di avanzamento;

 rilevazione di perdite probabili: la perdita probabile per il completamento della commessa è rilevata a decremento dei lavori in corso su ordinazione;

 preventivi di costo e di ricavo: strumenti indispensabili per la gestione del contratto, per l’applicazione del metodo della percentuale di completamento e per la tempestiva rilevazione delle perdite probabili per il completamento dei lavori.

Con la nuova edizione dell’OIC 235 l’istituto Italiano di Contabilità ha provveduto a renderne più agevole la lettura e l’utilizzo. Le variazioni apportate hanno comportato un riordino generale della tematica e un miglior coordinamento con le disposizioni degli altri principi contabili nazionali OIC. Le principali modifiche sono servite a:

 stralciare i paragrafi riguardanti le commesse in valuta estera, trattate nel nuovo OIC 26 Operazioni, attività e passività in valuta estera;

 aggiungere per esigenza di chiarezza alcune definizioni, tra cui: ricavi e costi di commessa, ricavo maturato, revisione prezzo, varianti, stato avanzamento lavori, incentivi;

 definire in modo puntuale i requisiti necessari per l’applicazione del criterio della percentuale di completamento: esistenza di un contratto vincolante tra le parti, risultato della commessa stimato attendibilmente, diritto al corrispettivo che matura con ragionevole certezza con l’esecuzione dei lavori, non vi sono incertezze relative a condizioni

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contrattuali o fattori esterni che rendano dubbia la capacità dei contraenti di adempiere le proprie obbligazioni;

 chiarire che, in presenza di commesse di breve termine, è possibile applicare o il criterio della commessa completata, in quanto non produce normalmente effettivi discorsivi, o il criterio della percentuale di completamento;

 con riguardo agli anticipi ed acconti, chiarire che al momento della rilevazione iniziale sono iscritti nel passivo patrimoniale, mentre al momento della fatturazione definitiva dei lavori, essi sono stornati dal passivo con contropartita la rilevazione di un ricavo alla voce A1 “ ricavi delle vendite e delle prestazioni “. La rilevazione a ricavo è effettuata solo quando vi è la certezza che il ricavo maturato sia definitivamente riconosciuto all’appaltatore quale corrispettivo dei lavori eseguiti. Viceversa, fino a quando non vi è questa certezza, gli anticipi e gli acconti continuano ad essere rilevati nelle passività;

 prevedere che la perdita probabile per il completamento della commessa è rilevata a decremento del valore dei lavori in corso su ordinazione; solo nel caso in cui la perdita è superiore a tale valore si rileva un fondo rischi ed oneri. Rispetto alla precedente versione dell’OIC 23, si elimina dunque l’alternativa di rilevare la perdita probabile al fondo rischi oneri, anche quando la perdita è inferiore al valore dei lavori in corso;

 introdurre nuovi indicazioni relativamente agli incentivi e alla richieste di corrispettivi aggiuntivi, prevedendo che essi siano inclusi tra i ricavi di commessa quando: a) entro la data del bilancio e dell’esperienza storica vi è l’accettazione formale del committente degli incentivi o delle richieste di corrispettivi aggiuntivi; ovvero b) pur in assenza di una formale accettazione, alla data del bilancio è altamente probabile che l’incentivo o la richiesta di corrispettivi aggiuntivi sia accettata sulla base delle più recenti informazioni e dell’esperienza storica;

 modificare il trattamento contabile dei costi per l’acquisizione della commessa e dei costi pre-operativi; il nuovo principio prevede che, al rispetto di determinate condizioni, essi siano inclusi tra i costi della

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commessa e non più capitalizzati ed ammortizzati come immobilizzazioni immateriali.

 è stato precisato che il termine appaltatore o società appaltatrice è sinonimo di esecutore del lavoro;

 è stato previsto che, nel caso di lavori in corso su ordinazione di durata ultrannuale si applica il criterio della percentuale di completamento quando sono soddisfatte determinate condizioni; quando tali condizioni non sono soddisfatte, la valutazione dei lavori è effettuata secondo il criterio della commessa completata. Nella versione OIC23 si prevedeva che nel caso di rispetto delle condizioni era “ preferibile “ applicare il criterio della percentuale di completamento; in caso contrario, era applicato il criterio della commessa completata;

 è stato precisato che i costi pre-operativi e i costi per l’acquisizione della commessa, inclusi tra i costi della commessa, partecipano al margine di commessa in funzione dell'avanzamento dei lavori;

 sono state inserite alcune indicazioni con riguardo alla capitalizzazione degli oneri finanziari nel caso di applicazione del metodo della percentuale di completamento.

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13 1.3 tipologie di commesse

E’ possibile individuare 5 elementi caratterizzanti di una commessa: le specifiche del prodotto, il prezzo, i tempi di esecuzione, il costo totale del progetto e la disponibilità favorevole da parte dell’esecutore6.

Particolarità di una commessa è il fatto che le specifiche e i tempi di esecuzione vengono decisi prima di iniziare i lavori, cioè già in fase di stipula del contratto. Questo permette al produttore di predeterminare la mole di risorse e lavoro necessario alla realizzazione del bene e quindi, contestualmente, avere una idea di quale sarà il costo complessivo del lavoro. Da qui, la possibilità da parte dell’esecutore di stabilire il prezzo di vendita sulla base dei costi di commessa previsti.

Da diversi anni ormai questa tipologia produttiva ha raggiunto notevole grado di diffusione. Questo perché consente di ottenere diversi vantaggi da ambo le parti che andremo rapidamente ad analizzare.

 Lavorare per un cliente già acquisito attenua i rischio di realizzare prodotti che rimarranno invenduti.

 Il dialogo tra offerente e richiedente, al fine di chiarire le reciproche richieste, limita il sorgere di controversie.

 Permette all’azienda di godere di anticipazioni nei pagamenti dal cliente, riducendo così il fabbisogno finanziario.

Dall’altra parte però abbiamo un incremento della complessità produttiva dovuta all’esigenza di condizioni di elasticità produttiva necessarie a soddisfare richieste della clientela potenzialmente sempre diverse. Le caratteristiche di questa tipologia di contratto spinge il cliente a personalizzare il prodotto sulla base delle proprie esigenze costringendo l’azienda ad adattarsi in funzione delle specifiche

6Manca F. – Fotzi S. Il controllo di gestione nelle aziende che producono su

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che riceverà. Ciò detto si rileva che le produzioni su commissione, storicamente caratterizzate da prodotti originali dai costi elevati e lunghi tempi di lavorazione, si sono adattate anche per prodotti relativamente standardizzati, dai modesti costi unitari e tempi di lavorazione ben più brevi.

Per questi e altri motivi, l’azienda ha la possibilità di programmare in anticipo le operazioni di gestione e quindi di prevenire possibili difficoltà. A ben vedere questo genere di attività si presta più di altre all’effettuazione del controllo di gestione, in modo da preventivare i vari aspetti della realizzazione della commessa.

In relazione ai diversi aspetti delle commesse è possibile effettuare diverse classificazioni.

Se prendiamo in considerazione il tipo di prodotto si possono distinguere commesse di beni oppure di servizi. Infatti per prodotto di una commessa si può intendere un bene (mobile o immobile, materiale o immateriale) oppure una prestazione d’opera, riconducibile alla categoria dei servizi, quindi caratterizzata da immaterialità e immagazzinabilità.

Ancora rispetto all’oggetto si possono distinguere due tipologie di prestazione: prestazioni divisibili ( ad esempio km di strada, tonnellate di materiali, lotti di prodotti, etc.) per cui l’adempimento del contratto avviene in più tranches; oppure indivisibili (ad esempio un impianto) per cui si fa riferimento ad un oggetto unico e pertanto l’adempimento del contratto è subordinato alla consegna del bene oppure alla sottoposizione del livello di avanzamento dei lavori al controllo da parte di tecnici inviati dall’appaltante.

Rispetto alla fase di progettazione il prodotto può essere:

Fabbricato a fabbisogno, ma si attende l’ordine del cliente per mettere a punto la versione finale; Progettato, ma il ciclo produttivo inizia con l’ordine del cliente; Progettato e si attende l’ordine del cliente non solo per la produzione ma anche per la progettazione; Progettato dal cliente e deve essere solo realizzato.

Se consideriamo il soggetto ordinante si possono distinguere commesse interne oppure esterne. Anche il soggetto destinatario cambia in funzione di quello

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ordinante. Se la commessa è interna significa che una unità aziendale richiede un bene o servizio ad un’altra, quindi entrambe le parti sono interne all’azienda. Viceversa se il richiedente è esterno all’impresa ovviamente anche la destinazione della commessa non sarà interna all’azienda ma esterna. In relazione alla durata, si possono separare le commesse infrannuali da quelle pluriennali a seconda che i tempi di esecuzione dei lavori superino o meno l’anno solare. Questa differenza comporta notevoli conseguenze, sia in termini di programmazione dei lavori (più lunghi sono più è difficile organizzarli e gestirli) sia dal punto di vista della rendicontazione di bilancio. Le commesse pluriennali comportano l’obbligo di riportare in bilancio l’ammontare dei lavori in corso, voce di bilancio particolarmente influenzata dalla discrezionalità del redattore e quindi passibile di essere in contrasto con il principio contabile di correttezza nella valutazione.

In relazione alla localizzazione delle strutture che realizzano l’opera si possono distinguere commesse accentrate oppure decentrate. L’elemento discriminante è l’esecuzione materiale delle operazioni, se queste avvengono in un medesimo sito oppure in luoghi diversi. Appartengono alla seconda categoria quelle commesse che hanno ad oggetto la realizzazione di beni inamovibili, come un edificio ad esempio, che devono essere forzatamente realizzate nel sito scelto dal cliente.

In relazione al valore, infine, si possono classificare commesse di piccole, medie o grandi dimensioni. Il valore dell’opera viene quantificato dal punto di vista economico, più in termini assoluti che relativi alle dimensioni del fatturato dell’azienda.

Infine, rispetto alle modalità di fissazione del prezzo si possono distinguere due differenti tipologie: fixed price contract o cost plus contract. La tipologia fixed price contract7 è una tipologia di contratto per cui l’appaltatore pattuisce un prezzo della commessa predeterminato con possibilità di revisione del medesimo. In questo caso il ricavo è certo, mentre non lo sono l’ammontare dei costi e quindi

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il risultato economico. Adottando la tipologia cost plus contracto8 all’appaltatore vengono rimborsati tutti i costi concordati con l’aggiunta di una percentuale che costituirà il margine di sicurezza per coprire eventuali costi rimasti scoperti dagli accordi e il margine di profitto finale. Queste due tipologie di pagamento possono in realtà trovarsi entrambi contemporaneamente in uno stesso contratto. Le differenze che si evidenziano ai fini della nostra trattazione riguardano per lo più un differente livello di aleatorietà che influisce certamente sul controllo gestionale della commessa.

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2 La gestione organizzativa nelle aziende che operano su più

commesse pluriennali

2.1 Gestione organizzativa, cenni generali.

Abbiamo visto e sinteticamente descritto le qualità necessarie al Project Management per governare i processi inerenti la gestione delle commesse.

Tali qualità non sono altro che un riflesso di una più generale organizzazione aziendale che, soprattutto nelle aziende medie e grandi, è essenziale al raggiungimento degli scopi industriali.

Organizzare significa dunque guidare le persone che operano in azienda verso il fine comune ricercando l’ottimizzazione in termini di efficienza ed efficacia.

Ci pare utile, a questo punto, svolgere una breve indagine sulle principali teorie dell’organizzazione che si sono sviluppate nel secolo scorso, individuando quelle che paiono stabilire dei confini teorici e culturali all’interno dei quali prende sostanza la dimensione organizzativa ottimale di un’azienda che lavora su commessa.

Frederick Taylor, prima operaio, poi dirigente e consulente aziendale, nel 1911 pubblicò L’organizzazione scientifica del lavoro, The Principles of Scientific Management.

Il suo contributo teorico all’organizzazione del lavoro ebbe un’influenza immensa in tutti i paesi industrializzati.

E’ utile, prima di accennare alla sua teoria, richiamare alcune premesse ideologiche del suo lavoro:

Lo scopo principale dell’organizzazione del lavoro dovrebbe essere quello di garantire la massima prosperità tanto del datore di lavoro quanto dei propri dipendenti… L’organizzazione scientifica del lavoro muove dal presupposto che

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… la prosperità dell’imprenditore non può durare a lungo senza che ad essa si accompagni quella dei lavoratori..9

Per Taylor la massima prosperità può esistere soltanto come risultato della massima produttività. Ma nella realtà industriale, americana e non solo, a cavallo tra ‘800 e ‘900, l’organizzazione del lavoro obbediva ad impulsi empirici, poggiava sulla iniziativa volontaria della manodopera, che si auto-organizzava, sollecitata unicamente dalla promessa di incentivi di carattere economico. Per Taylor, al contrario, compito del management era quello di dare un’impostazione scientifica a tutte le operazioni inerenti a qualsiasi lavoro svolto dalla manodopera, in spirito di profonda intesa e collaborazione, giovandosi di uno specifico ufficio programmazione, con il compito di perseguire, nell’organizzazione aziendale, il massimo della resa con il minimo impiego di tempo e di sforzo. Per perseguire il massimo di efficienza era necessario scomporre il lavoro nei suoi elementi costitutivi ed elementari, studiare con il cronometro il tempo richiesto da ciascuno di questi elementi e scegliere il procedimento più rapido per compiere ogni singola operazione elementare, eliminare i movimenti errati e inutili, ricomporre il lavoro studiato con le modalità più razionali individuate per ciascun elemento e operarne la standardizzazione.

Le circostanze economico sociali dell’epoca in Nord America facilitarono l’immediato successo del taylorismo, ma anche il suo travisamento estremistico.

Il primo a intuire le potenzialità del taylorismo fu lo statunitense Henry Ford che, nel 1913, introdusse nei suoi stabilimenti di automobili la catena di montaggio, in base alla quale, durante tutta la giornata lavorativa, gli operai dovevano ripetere all’infinito sempre gli stessi gesti. Ai lavoratori specializzati – figure ancora molto simili agli artigiani di bottega – subentrava in tal modo manodopera generica, impiegata in singoli passaggi della produzione industriale.

9 Taylor F. L’organizzazione scientifica del lavoro (The Principles of Scientific Management)

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Questa situazione era favorita dalla forte immigrazione e dalla conseguente abbondante disponibilità di manodopera.

Si può concludere che il taylorismo, nella suddetta formulazione fordiana, si caratterizza per forte parcellizzazione del lavoro, metodi di lavoro predeterminati, ripetizione di movimenti semplici, richiesta di capacità ed esperienza minime, esigenze minime di addestramento, ricorso esclusivo all’incentivo monetario.

Tale realtà e le teorie tayloriane, forse perché lette con la lente del fordismo, furono oggetto, successivamente, dagli anni ’30 del ‘900, di aspre critiche: la ripetitività del lavoro provocava forti disturbi, sia fisici sia mentali. In certi periodi l’assenteismo per malattia toccava il 25% della forza-lavoro. Gli operai utilizzavano sempre e solo gli stessi muscoli, che sovraccaricavano eccessivamente, mentre ne lasciavano altri inutilizzati, che si atrofizzavano. La ripetitività dei gesti provocava, inoltre, anche un senso di alienazione. Gli scioperi contro l’applicazione del metodo scientifico nelle fabbriche furono numerosi e contribuirono alla nascita di un forte sindacato operaio.

Intanto, il taylorismo risultò essere altamente funzionale ai cambiamenti imposti dalla nascente società di massa, che chiedeva beni di consumo durevoli, in gran quantità e che costassero poco.

Oggi le mansioni ripetitive sono sempre più affidate a robot meccanici computerizzati e la manodopera è tornata, almeno in parte, a essere specializzata.

Il modello burocratico si rifà agli studi di Max Weber, che nel 1924, pubblicando Economia e società10, definì un vero e proprio manifesto dell’organizzazione razionale legale.

Per Weber la struttura organizzativa deve essere conformata in modo tale da eliminare ogni arbitrarietà e ogni occasione di conflitto nelle relazioni interpersonali e tra gruppi. A tale scopo l’organizzazione deve essere fondata su una divisione del lavoro basata sulla individuazione delle responsabilità, dei diritti

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e dei doveri, disciplinata in modo generale mediante regole e il ricorso a persone dotate della qualificazione richiesta. La struttura è verticale, gerarchica, basata su un sistema di sovra-ordinazione e di sub-ordinazione, che definisce gli ambiti di controllo e di dipendenza nonché il percorso che debbono seguire le comunicazioni. L’organizzazione è permeata da un sistema di norme che governano le decisioni e le azioni. L’organizzazione è altresì caratterizzata dalla impersonalità delle relazioni esterne e interne, per evitare l’interferenza dei sentimenti privati nell’assolvimento razionale dei doveri di ufficio. Il lavoro nella struttura burocratica è una professione, conseguente ad una selezione per competenze tecniche e che produce una carriera basata sulle prestazioni e/o sull’anzianità maturata.

Evidenti i punti di forza del modello burocratico:

 maggiore rapidità di risposta dovuta alla gerarchia e alle procedure predefinite di comunicazione;

 maggiore efficacia derivante dal rispetto del principio di unicità del comando;

 maggiore precisione, univocità, uniformità e prevedibilità dovuta alla formalizzazione ovvero al ricorso a regole scritte e generali.

Altrettanto evidente il fondamentale punto di debolezza del modello burocratico: la rigidità dei comportamenti.

Quando, accanto alle conseguenze attese ovvero agli standard il cui rispetto rende adeguata l’azione per il dipendente e per l’organizzazione, si hanno delle conseguenze inattese, si instaura un circolo vizioso.

Partendo dall’analisi di Robert K. Merton sulle fonti strutturali dell’ultraconformismo11, l’adozione di un sistema normativo generale e capillare rigido comporta la interiorizzazione delle norme, che assumono un valore indipendente dal fine perseguito e spinge a ricondurre i casi che si presentano a quelli previsti dalle norme: In questo modo le condizioni che normalmente

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21 portano all’efficienza … producono inefficienza.

La conseguente inadeguatezza delle risposte genera proteste, alle quali si risponde con la difesa della posizione, in attesa dell’emanazione di nuove norme e regole, a loro volta soggette a stridere con la realtà in cambiamento.

Altri autori hanno successivamente rilevato le disfunzioni del modello burocratico, sottolineando come l’uso del controllo e di regole generali ed impersonali determinano bassi livelli di prestazione perché tendono a suggerire comportamenti minimi accettabili e inducono ad una acritica interiorizzazione delle norme, con la conseguente rigidità di comportamento e difficoltà di rapporti con i clienti.

La teoria delle contingenze

Sviluppatasi tra gli anni ’60 e ’70 del ‘900, stabilisce che la struttura di un’organizzazione varia in relazione al tipo di ambiente in cui si trova ad operare e risulta tanto più efficiente quanto più risulti flessibile e adattabile alle condizioni tecnologiche ed ambientali esterne.

Henry Mintzberg, nel suo studio del 1983 sulle diverse strutture ipotizzabili per un’organizzazione aziendale12, individua cinque configurazioni organizzative. Mintzberg precisa che 5 può essere inteso come numero magico ma che non è esaustivo. Le configurazioni sono una rappresentazione semplice ma utile per descrivere le diverse realtà aziendali. Si manifestano come spinte organizzative orientate in direzioni diverse verso tipizzazioni pure, ma possono anche piegare verso forme ibride o verso transizioni da un tipo a un altro di configurazione. Ma Mintzberg non si ferma qui: in conclusione ipotizza che alcune aziende debbano procedere a creare un nuovo modello organizzativo, capace di guardare oltre i seguenti cinque modelli.

La struttura semplice, caratterizzata da forte controllo al vertice, divisione del lavoro non rigida, gerarchia manageriale poco sviluppata, comportamenti poco

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formalizzati, ridotta pianificazione, ridotta formazione. Il processo decisionale è flessibile e rapido ed esiste una forte identificazione nell’impresa e un marcato senso della missione.

La burocrazia meccanica, quando la crescita dell’organizzazione attiva il complesso della tecnostruttura che si occupa di programmazione, di analisi di tempi e metodi, di definizione e standardizzazione delle procedure di lavoro; Il processo decisionale è accentrato, i compiti operativi sono molto specializzati e di routine con procedure formalizzate in nuclei operativi inseriti in unità di grandi dimensioni raggruppate su base funzionale. Il coordinamento si ha con la supervisione diretta. La burocrazia meccanica ha avuto diffusione nelle produzioni industriali di grande serie, in contesto stabile e semplice, in aziende mature di dimensioni elevate.

La burocrazia professionale, dove il nucleo operativo, composto da professionisti, è la parte fondamentale: controllano il proprio lavoro ma anche le decisioni che le riguardano. E’ un’organizzazione decentrata orizzontalmente e verticalmente. Il nucleo operativo dedica tempo alla gestione delle varianze che si manifestano nell’organizzazione e svolge anche una funzione di rappresentanza con l’ambiente esterno. Necessita del supporto di uno staff. Ha la caratteristica di lavorare a diretto contatto con il pubblico, con la conseguenza che i singoli soggetti sono controllati più dal pubblico che dall’organizzazione. E’ una configurazione tipica di strutture quali quelle ospedaliere e universitarie.

La soluzione divisionale, dove il principale meccanismo di coordinamento è la standardizzazione dei risultati ( output ) e dove il parametro di progettazione organizzativa è il sistema di controllo delle performance. La direzione controlla le divisioni con la supervisione diretta. La scarsa interazione tra divisioni minimizza la necessità di coordinamento. Al proprio interno le divisioni tendono ad organizzarsi come burocrazia meccanica. Domina una forte divisione del lavoro tra la direzione centrale e le singole divisioni che, godendo di autonomia per la realizzazione degli obiettivi, tendono a rafforzarla. Si appalesa una sorta di organizzazione, quella centrale, sovrapposta ad altre organizzazioni, le divisioni, tra sé indipendenti.

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L’Adhocrazia è il meccanismo organizzativo dell’adattamento reciproco. E’ un meccanismo non gerarchico, immediato e informale. E’ la risposta organizzativa all’esigenza di innovazioni complesse perché in grado di associare esperti di discipline diverse in gruppi di progetto creati ad hoc. Il decentramento è sia orizzontale che verticale, è di tipo selettivo, investendo manager o altro personale in relazione alla natura delle decisioni da adottare. Il coordinamento è attuato tramite reciproco adattamento, non esiste unità di comando, si attua un decentramento selettivo ai gruppi in una organizzazione a matrice, i processi informatici e decisionali sono flessibili e informali. Questa configurazione non è stabile, si adatta alle prime fasi di vita delle organizzazioni e con l’età tende a burocratizzarsi. A fronte della variabilità del prodotto a causa della competitività del mercato e della rapida obsolescenza dei prodotti, si ha una adhocrazia competitiva, fondata su tempi di risposta rapidissimi determinati da una perfetta conoscenza dei mercati. I punti di debolezza si possono individuare in una certa ambiguità rispetto alle mansioni, all’assenza di unicità di comando, alla poca attenzione verso le attività ordinarie e di routine, alla gestione dei tempi di lavoro del personale e, soprattutto, nel tempo, al rischio di trasformazione dell’organizzazione verso forme non più rispondenti alla vocazione innovativa.

Dal concetto di divisione del lavoro l’organizzatore aziendale trae lo strumento razionale che consente di suddividere la realtà aziendale in elementi meno complessi, consentendo in tal modo di individuare le funzioni, i processi e i progetti da programmare e controllare.

Al crescere dell’azienda, verrà la necessità di formalizzare la struttura aziendale e la suddivisione del lavoro, individuare compiti e mansioni, attribuire responsabilità e obiettivi, assicurare il rispetto dell’unicità di comando.

Quando l’azienda si trova esposta alle turbolenze e alla variabilità del mercato tende ad orientare la propria organizzazione all’output, sempre più concentrata sul risultato finale, adattandosi alle esigenze della domanda proveniente dal mercato. In questo caso i prodotti sono considerati alla stregua di progetti, diversi da commessa a commessa, soggetti ad attività di programmazione e di controllo.

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2.2 Modelli organizzativi in aziende che producono su commessa Avendo riguardo alle aziende che producono su commessa, focalizziamo l’attenzione su tre modelli organizzativi: il modello plurifunzionale, l’organizzazione per progetti , la struttura a matrice13.

Il modello plurifunzionale è basato sulla specializzazione dei dipendenti per funzioni omogenee – progettazione, produzione, marketing, finanza, approvvigionamento, vendita – e si sviluppa sulla linea verticale gerarchica e si struttura su tre livelli fondamentali, la Direzione Generale, le Direzioni dei dipartimentali funzionali e le Unità Operative.

Figura 1: Struttura funzionale

Fonte: Manca, Fotzi, pag. 121, 2008.

13 R. D’Anna, Caratteri e problemi di progettazione delle struttura organizzativa Giappichelli

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La Direzione Generale è responsabile della gestione globale e dei risultati. Le Direzioni dei dipartimenti funzionali guidano e coordinano unità specializzate in specifiche funzioni, coinvolte spesso in team di coordinamento con le altre funzioni. Le Unità Operative svolgono compiti meramente esecutivi. A tali livelli si affiancano organi di staff, a supporto della linea gerarchica.

I vantaggi della struttura plurifunzionale si concentrano soprattutto sull’elevato grado di efficienza garantito dalla unicità del comando e dalla concentrazione di risorse e competenze.

I difetti della struttura plurifunzionale si evidenziano soprattutto nel caso di aumento della dimensione dell’azienda. Allora l’elevata settorialità dell’organizzazione rende difficili le relazioni e le comunicazioni tra i reparti.

L’organizzazione per progetti è un modello adatto ad imprese impegnate nella realizzazione di prodotti selezionati e concepiti per le specifiche esigenze di categorie particolari di clienti. Il cliente riveste dunque un ruolo di assoluto protagonista in ogni fase di programmazione e di esecuzione del prodotto. L’azienda è spinta ad adottare soluzioni organizzative orientate alla flessibilità, per attenuare l’impatto di un ambiente esterno fortemente dinamico.

Figura 2: Struttura per progetti

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Il modello implica il ruolo del Project Manager. L’azienda, per rispondere alla commessa, chiama competenze eterogenee provenienti da varie funzioni che vengono assemblate in un unico organo. L’unità di comando è quindi garantita dal Project Manager posto a capo di ogni commessa. Esso dovrà sovrintendere alla fase di concepimento della commessa, alla definizione del piano di lavoro, alla formazione della squadra di progetto, al reperimento delle risorse materiali e umane necessarie, alla concreta esecuzione del progetto.

Quella del Project Manager è una figura innovativa e strategica, perché è insieme centrale nella rete aziendale coinvolta nel progetto e anello di congiunzione con i fattori esterni coinvolti, in primis il cliente.

Il vantaggio immediatamente apprezzabile dell’organizzazione per progetti è una costante attenzione ai fattori di mutamento presenti sul mercato, stimolata dal continuo contatto con la clientela. A fronte, c’è il rischio di una dispersione delle competenze nei vari progetti con il personale costretto a spostarsi frequentemente da progetto a progetto in base alle priorità da rispettare.

La struttura a matrice è la struttura che meglio si adatta alle aziende che lavorano su commesse innovative.

Quando un’impresa specializzata e organizzata sul modello funzionale deve affrontare una commessa per la quale non è attrezzata può incontrare difficoltà ad adattarsi. Il modello a matrice offre la possibilità di affiancare alla struttura verticale delle funzioni una suddivisione di tipo orizzontale, che tende a realizzare un coordinamento e un’integrazione tra competenze allocate in funzioni diverse, individuate in Unità di progetto e affidate alla responsabilità di un Project Manager.

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Figura 3: Struttura matrice

Fonte: Manca, Fotzi, pag. 122, 2008.

Mentre la dimensione orizzontale è orientata all’output, con l’individuazione delle risorse impiegate per l’ottenimento di ciascuna commessa, la dimensione verticale è orientata all’input, con la ripartizione delle risorse, presenti in ciascuna funzione, tra i vari progetti.

Prima visibile conseguenza della struttura a matrice è la duplicità della linea di comando. Chi opera nelle Unità di progetto dipende da due manager, quello di funzione e quello di progetto. Per evitare che salti il caposaldo dell’unicità di comando, è necessario che ognuno dei responsabili rispetti i propri confini di competenza e che la Direzione Generale vigili e operi per prevenire e dirimere i contrasti.

I vantaggi della struttura a matrice sono proprio direttamente proporzionali al grado di implementazione della specializzazione funzionale con il coordinamento orizzontale per output, che garantisce la gestione integrata delle risorse. Inversamente, lo svantaggio maggiore è proprio dato dai conflitti determinati dalla molteplicità degli organi di comando.

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ruoli, quali quelli del Direttore Generale e del Project Manager e comportamenti, quali quello del personale tecnico coinvolto in progetti e obiettivi innovativi, che richiedono all’azienda l’introduzione di strumenti organizzativi che risultano decisivi per la gestione che tanto sarà ottimizzata quanto questi strumenti saranno adottati.

Lo strumento della delega consente al Direttore Generale, a sua volta destinatario di delega di poteri da parte della proprietà, di liberarsi di decisioni meramente esecutive e di sfruttare, nel contempo, le potenzialità di competenza, professionalità e iniziativa del personale subordinato.

L’aggiornamento e la formazione continua del personale risulta necessario, in particolare, nelle aziende che lavorano per progetti, per mantenere elevato il grado di conoscenze e competenze interne, ciò che costituisce il know-how aziendale e il suo fondamentale patrimonio immateriale.

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2.3 Relazione sistemica tra singole commesse e azienda

Un’azienda può cimentarsi nella realizzazione di una o più commesse contemporaneamente. Ogni commessa può essere inquadrabile separatamente e può corrispondere ad un centro di ricavo o anche un centro di investimento ben definito. Ciò non toglie che l’azienda che opera è unica e gli effetti che può avere l’andamento di un progetto su di essa possono ripercuotersi anche sulle altre commesse. L’azienda, come spesso viene definita, va intesa come un sistema di elementi tra loro interdipendenti e orientati verso obiettivi comuni. Questo concetto contrasta con l’idea di un’impresa divisa in parti completamente autonome e distinte, perché le singole parti, spinte da obiettivi diversi, potrebbero confliggere con l’interesse comune. La condivisione dei fattori produttivi da parte delle diverse commesse fa sì che non possano essere considerate effettivamente indipendenti, sprechi o eccessi possono creare problemi all’intera macchina aziendale.

Il Portafoglio commesse è un contenitore ideale di sintesi di tutte le commesse attive dell’impresa e ha come obiettivo quello di favorirne una visione di insieme. Questo servirà:

 a facilitare la comparazione tra le commesse, in modo da individuare e diffondere le best practice;

 a rilevare il livello di performance durante l’arco di vita di ogni lavorazione; a coordinare l’approvvigionamento delle risorse e la loro ripartizione in funzione delle diverse necessità e priorità;

 ad aver chiare le tempistiche per la conclusione delle diverse lavorazioni e la gestione efficiente delle risorse nei momenti e nei tempi che in questo modo diventano prevedibili, evitando periodi con risorse in eccesso e, viceversa, risorse in difetto;

Attraverso una logica di portafoglio continuiamo a ribadire l’importanza di una visione di insieme. Visione di insieme vuol dire anche mirare alla massimizzazione del risultato complessivo. Questo, per intenderci, può andar contro agli interessi delle singole lavorazioni. Alcuni esempi possono essere:

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accettare una commessa poco redditizia pur di acquisire un nuovo cliente verso cui avviare futuri progetti ben più favorevoli; privilegiare la conclusione di una commessa ritardando le altre al fine di liberare risorse che saranno poi importanti. Un esempio di portafoglio commesse esemplificativo di quanto abbiamo appena scritto può essere il seguente.

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31 2.4 Il ciclo produttivo.

Differenze tra produzione in serie e produzione su commessa Il ciclo produttivo tipico per la realizzazione di una commessa pone la fase della vendita all’inizio anziché alla fine della catena14.

Esattamente il contrario avviene nelle produzioni per il magazzino15 dove la vendita si pone in coda all’approvvigionamento e alla combinazione dei fattori produttivi16.

Dunque, mentre queste ultime pongono la vendita in coda alla produzione, avviata unicamente sulla base di indagini di mercato relative alle preferenze del committente, nelle aziende commissionate, generalmente, la troviamo all’inizio del ciclo produttivo, orientato interamente sugli specifici ordini del cliente.

14 M. Zito, Il controllo di gestione nelle aziende che operano su commessa e l’informativa di

bilancio sui lavori in corso, pag 11, Aracne, 2009.

15 Detto anche produzione su previsione, è lo schema più classico di ciclo produttivo.

16 M. Zito, Il controllo di gestione nelle aziende che operano su commessa e l’informativa di

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Figura 5: Principali differenze tra produzione in serie e su commessa

Produzione in serie Produzione per commesse

Enfasi sui centri di

responsabilità Enfasi sulle commesse Impiego dei costi standard Impiego dei preventivi di costo Rilevanza analisi dei costi fissi

e variabili

Rilevanza analisi dei costi diretti e indiretti

Analisi scostamenti ad intervalli periodici regolari

Analisi scostamenti ad intervalli periodici irregolari Facilità nel confronto di

preventivi/consuntivi

Difficoltà nel confronto dati preventivi/consuntivi Controllo dei costi

indipendente da altre variabili

Controllo dei costi legato ai tempi e alla qualità

Data una tale specificità di richiesta, capiamo bene come il processo produttivo delle aziende da noi esaminate presenti caratteri molto peculiari come, ad esempio: la non ripetitività della lavorazione; la precisa durata della stessa in base alle esigenze temporali del richiedente; la mancata generazione di rimanenze di magazzino e del conseguente immobilizzo finanziario alla consegna finale del prodotto. Quindi, più in generale, una produzione che si pone come primario obiettivo la realizzazione dello specifico prodotto commissionato, da effettuarsi secondo le specifiche tecniche ed esigenze concordate contrattualmente con il cliente. Nella struttura organizzativa dell’azienda è altresì prevista la figura del project manager a capo di un centro di responsabilità economica, a cui corrispondono i ruoli di coordinatore e responsabile di una specifica commessa, o di una sua parte se è divisibile, del suo completamento, dei tempi, dei costi e delle qualità previste dal contratto, utilizzando le risorse dei vari uffici funzionali, quali produzione, marketing, programmazione, etc. Anche nel prodotto generato da questo tipo di produzione si possono individuare specifiche peculiarità, come ad esempio: tipicità, cioè non è riproducibile in serie; identificabilità e unicità, il

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prodotto ha specifiche uniche e non ripetibili; materialità, nella maggior marte dei casi si tratta di grandi opere che necessitano di grandi risorse.

La figura del cliente diventa parte attiva in questo tipo di operazioni. L’azienda commissionata deve trovare il suo successo attraverso la capacità di comprendere e soddisfare il suo cliente, con il quale intraprende uno stretto rapporto di dialogo e collaborazione. Così, anche il committente vede aumentare la coincidenza delle proprie aspettative con il prodotto finale, dando massima soddisfazione alle proprie esigenze.

L’organizzazione dei reparti aziendali si deve adattare anch’essa alle esigenze operative e produttive di questo modello. La capacità produttiva deve essere flessibile: non è possibile programmare l’attività nel lungo periodo e la produzione subirà oscillazioni tali da non poter certo sperare in economie di scala e massimo sfruttamento dei mezzi produttivi e forza lavoro in maniera costante nel tempo. Sia le quantità prodotte e, quindi, gli approvvigionamenti, non sono programmabili perché vengono decisi dai clienti di volta in volta. Fondamentale per questo tipo di aziende è affermarsi sul mercato valorizzando la propria immagine e cercando di sfruttare un portafoglio ordini in grado di non interrompere mai la produzione aziendale, riducendo in questo modo le fluttuazioni dello sfruttamento di capacità produttiva. Anche la data di consegna della merce non è conoscibile fintanto che non è stato ricevuto l’ordine da parte del cliente.

Questo tipo di organizzazione produttiva dovrebbe costringere il management a orientarsi al futuro, pianificare e organizzare la gestione delle attività da svolgere lungo tutto l’arco della vita della commessa. Spesso però questo non accade.

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2.5 Gestione tecnica delle commesse. Il project manager.

L’azione di un’azienda che lavora su commessa, per essere coronata dal successo atteso, deve affrontare alcune pregiudiziali criticità, la cui corretta disamina è determinante non solo per la valutazione di fattibilità ma per la gestione dell’intero ciclo produttivo della commessa stessa.

Esse sono individuabili nei costi e nei tempi di esecuzione della commessa. Tali criticità sono valutabili in sé, ma, necessariamente, sul terreno, sono concetti interconnessi e, a loro volta, implicano l’ulteriore criticità delle risorse impiegate.

E’ comprensibile che la presenza di un prezzo contrattuale di riferimento, in genere non modificabile, impone all’azienda uno sforzo esiziale di contenimento dei costi a salvaguardia del margine atteso.

Ad una corretta elaborazione progettuale, che tenga conto di tutte le variabili di costo incidenti sui fattori produttivi, si accompagna pertanto la necessità di una programmazione che tenga conto di tempi e risorse, fisiche e finanziarie.

Vi è necessità di organizzare il complesso delle azioni in progetti e di sottoporre i progetti a guida e controllo.

Il Project Management non è semplicemente una tecnica di approccio, ma una filosofia impiegata dal management di ogni organizzazione, a ogni livello e per ogni funzione, al fine di raggiungere determinati obiettivi in presenza di rischio e di vincoli complessi.17

Ciò che caratterizza un progetto è, in sostanza, la visione coordinata di un complesso di azioni pianificate per raggiungere un obiettivo predeterminato. Il progetto dovrà tenere conto di un complesso di vincoli, rappresentati dalle risorse

17S. Barile, in Mario Liguori, Corso di Economia e gestione delle imprese

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disponibili, dalle variabili di costo e di tempo e dal fattore qualità.

La corretta gestione del progetto implica la programmazione delle azioni, con la descrizione degli obiettivi, senza la quale non sarebbe possibile la funzione di controllo.

Ciò consente:

 di avere una visione plastica e realistica del progetto nelle varie fasi di sviluppo,

 di responsabilizzare i diversi attori coinvolti nelle varie fasi,

 di cogliere le criticità e proporre tempestivamente le soluzioni idonee,  di definire una normativa comune a tutti gli attori coinvolti,

 assicurare coerenza tra gli obiettivi parziali assegnati e quelli generali di progetto.

Rileva inoltre evidenziare che la gestione del progetto non implica solamente questioni di natura razionale, attinenti ai costi, alle risorse da impiegare e agli obiettivi da raggiungere, ma anche di natura relazionale, riguardanti i rapporti intercorrenti tra i soggetti che intervengono nell’esecuzione del progetto.

Qui entrano in gioco fattori, quali quello umano e quello motivazionale, che attingono a variabili tipicamente immateriali, quali l’esperienza, la competenza, l’abilità, la credibilità.

Il P.M. si compone di una funzione tecnica, che consiste nella individuazione delle procedure da attivare per individuare le singole attività da svolgere e le risorse ad esse connesse;

una funzione organizzativa, che consiste nella definizione dei ruoli all’interno del progetto, nella assegnazione delle funzioni e dei poteri tra i vari soggetti e nella gestione delle dinamiche emergenti nel gruppo di lavoro;

una funzione informativa, che implica la strutturazione di un sistema di raccolta ed elaborazione di dati e gestione dei flussi informativi verso i soggetti coinvolti;

una funzione economico-finanziaria, che consente la valorizzazione delle azioni in funzione dei tempi di esecuzione e dei risultati attesi.

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Sono pertanto molteplici i benefici attesi dall’adozione del Project Management:  il miglioramento dei risultati del progetto in termini di tempo, costi e

qualità,

 il miglioramento della comunicazione nel progetto,  il miglioramento dei processi decisionali aziendali,

 la migliore integrazione tra tutti gli attori coinvolti nel progetto,  la trasparenza del progetto e la diffusione delle conoscenze;  la riduzione dei rischi di progetto.

Individuato l’oggetto della commessa, occorre procedere alla definizione di tempi e modi di lavorazione e alla stima delle risorse umane e finanziarie necessarie a coprire il ciclo di vita del progetto.

E’ possibile strutturare il Project Management in fasi concettualmente sequenziali ma praticamente complementari e interconnesse:

 la fase di concezione della commessa, che comprende l’esame di fattibilità, in base ai tempi e alle risorse disponibili, la valutazione dei costi/benefici, la formalizzazione dell’offerta, in caso di commessa esterna;

 la fase di programmazione, nella quale sono definiti, con il massimo dettaglio, i tempi e le risorse necessarie per raggiungere l’obiettivo nel modo più efficiente possibile. In questa fase va impostato il sistema di monitoraggio sull’andamento dei costi che dovrà tener conto di tutte le variazioni che dovessero intervenire nelle varie fasi rispetto al progetto originario ( ad es. in caso di necessità di impiego di maggiori risorse rispetto a quelle previste o in caso di commesse analoghe a precedenti, con possibilità di ottimizzazione delle attività );

 la fase di esecuzione, dove si registra il massimo di sforzo nell’impiego delle risorse, che risulterà tanto più efficace quanto più attentamente saranno state espletate le fasi precedenti;

 la fase di controllo, che implica una valutazione complessiva dell’attività svolta, con la rilevazione dei tempi e dei costi effettivi, l’approvazione e il consolidamento dei dati raccolti, l’analisi degli scostamenti dalle

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previsioni e l’analisi delle cause che li hanno determinati, l’eventuale ri-pianificazione con attuazione dei correttivi e l’adeguamento delle stime finali;

 la fase di chiusura, che si accompagna ai test e al collaudo del prodotto prima della consegna e comprende l’esame critico dei risultati, la storicizzazione e l’adeguamento degli standard.

Lo strumento tipico per gestire la pianificazione temporale del singolo progetto è il diagramma di Gantt o cronoprogramma.

Vedremo come si possa utilmente ricorrere al diagramma di Gantt per gestire l’intero portafoglio commesse.

Per arrivare a costruire correttamente il diagramma è necessario individuare tutti i gruppi di operazioni che devono essere compiute, i relativi tempi e anche i nessi causali esistenti tra una lavorazione e l’altra, al fine di conoscere quali di esse debbano essere completate prima che inizi la successiva.

E’ dunque necessario procedere alla scomposizione del progetto, che può avvenire con le seguenti procedure:

Il WBS Work Breakdown Structure consiste nella scomposizione gerarchica del progetto nei suoi elementi ed azioni costitutive, suddiviso in obiettivi e sub-obiettivi, generata allo scopo di migliorarne la gestione e il controllo. Lo strumento in oggetto serve:

 ad aiutare la gestione del progetto,

 a non dimenticare parti di lavoro ed evitare duplicazioni,  a fare chiarezza e trasparenza da subito,

 a facilitare la comunicazione tra gli stakeholders,

 a permettere a tutti di riferirsi in maniera omogenea ed inequivocabile al lavoro da eseguirsi,

 ad operare aggregazioni di dati elementari, riferiti ai tempi, ai costi, ai ricavi etc., sulle pari di lavoro.

La OBS Organization Breakdown Structure è una scomposizione gerarchica delle responsabilità di progetto, generata allo scopo di individuare univocamente i

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responsabili dei vari elementi del lavoro previsto. Questa procedura serve:  ad ufficializzare le persone impegnate nella gestione del progetto,

 a facilitare il Project Manager nel lavoro di coordinamento e di monitoraggio,

 a responsabilizzare gli attori del progetto,

 a migliorare le comunicazioni tra le parti in campo,

 ad impostare la matrice di responsabilità ( RAM ) di progetto.

La RAM Responsability Assignement Matrix è l’ufficializzazione delle responsabilità di progetto. Nasce dall’incrocio della WBS e della OBS e obbliga ad assegnare una responsabilità univoca e nominale per ciascuno degli elementi di lavoro individuati nella WBS. Questa procedura serve:

 ad ufficializzare le responsabilità delle fasi di progetto e delle deliverable,

 a responsabilizzare gli attori del progetto sul dettaglio del lavoro di progetto,

 a facilitare il Project Manager nell’indirizzamento al responsabile della particolare fase,

 ad evitare l’insorgere del fenomeno degli alibi;  a chiarire tutti i livelli di responsabilità,

 ad aumentare il livello di presenza costruttiva nel progetto.

Il reticolo di progetto, o Project Network, costituisce il modello logico/funzionale del progetto. Mette in risalto le reciproche dipendenze tra le attività di progetto, mostrando attività elementari, i legami logici tra le attività, enfatizzando eventi particolari e passaggi salienti del progetto. Il reticolo di progetto richiede la partecipazione collegiale di tutti gli interpreti, ciascuno con le proprie competenze. Il reticolo di progetto serve a:

 costruire le basi di una gestione integrata del progetto e a facilitare il livello di collegialità e di comunicazione tra gli esecutori del progetto;  facilitare il Project Manager nell’avere un quadro logico dell’evoluzione

del progetto;

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e migliorare il livello di responsabilità reciproca tra esecutori delle attività;

 aumentare il livello di simulazione gestionale del progetto;

 porre le basi delle costruzione di una pianificazione temporale affidabile e dinamica anche tramite l’uso del P.E.R.T. Project Evaluetion and Review Technique, e Metodo del Cammino Critico, Crithical Path Method.

Entrambi questi metodi evidenziano quelle attività che, se concluse in ritardo rispetto ai tempi stabiliti, provocano ritardi sulla fine dell’intera lavorazione.

Il PERT considera la durata delle attività come variabili aleatorie, che vengono stimate con logica probabilistica.

Il CPM si basa su stime deterministiche della durata delle attività.

Il grafico che segue prevede, convenzionalmente, che ogni attività sia conclusa prima di iniziare la successiva e indica i giorni di durata stimati per ogni attività.

Figura 6 Rappresentazione del Cammino critico di un progetto

Fonte: Manca, Fotzi, pag. 96, 2008.

Il grafico stima quattro percorsi che vanno da H ad M per concludere che il percorso critico è quello più lungo ( cioè H-I-F-G-M ), poiché ogni giorno in più

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