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Progetto delle opere civili e di inserimento paesistico di una centrale geotermica a Massa Marittima

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Academic year: 2021

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INDICE

1 INTRODUZIONE ... 1

1.1 LE CENTRALI GEOTERMICHE ... 1

1.2 FINALITA’ DI PROGETTO E MOTIVAZIONI STRATEGICHE ... 15

2 AREA D’INTERVENTO ... 17

2.1 UBICAZIONE ... 17

2.2 CARATTERISTICHE GEOMORFOLOGICHE, GEOLOGICHE ED IDROGRAFICHE ... 20

2.3 CARATTERIZZAZIONE PAESAGGISTICA ... 28

3 INTRODUZIONE AL PROGETTO STRUTTURALE ... 30

4 NORMATIVE E SOFTWARE UTILIZZATI ... 31

5 EDIFICIO MACCHINE ... 32

5.1 DESCRIZIONE GENERALE DELL’OPERA ... 32

5.2 MATERIALI UTILIZZATI ... 35

5.3 AZIONI SULLA COSTRUZIONE... 37

5.3.1 PESO PROPRIO DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI ... 37

5.3.2 PESO PROPRIO DELLA COPERTURA ... 37

5.3.3 ANALISI CARICO VENTO ... 38

5.3.4 AZIONE SISMICA ... 43

5.4 ANALISI MODALE ... 52

5.5 IL MODELLO STRUTTURALE ... 55

5.6 VERIFICA DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI ... 58

5.6.1 ARCARECCI HEB160 ... 59 5.6.2 CAPRIATA ... 64 5.6.3 COLONNE HEB 260 ... 69 5.6.4 CONTROVENTI DI FALDA ... 72 5.6.5 CONTROVENTI DI PARETE ... 74 5.6.6 CROCIERA ... 75 5.7 VERIFICHE SISMICHE ... 77 5.8 COLLEGAMENTI ... 82 5.8.1 NODO CAPRIATA-COLONNA ... 82

5.8.2 NODO COLONNA-CONTROVENTO PARETE ... 84

5.8.3 NODO COLONNA-CONTROVENTO FALDA ... 85

(2)

6 MURI DI SOSTEGNO ... 91

6.1 DESCRIZIONE GENERALE DELL’OPERA ... 91

6.2 MATERILAI UTILIZZATI ... 91

6.3 STRATIGRAFIA E CARATTERIZZAZIONE GEOTECNICA ... 92

6.4 CRITERI GENERALI DI PROGETTO ... 93

6.5 VERIFICHE GEOTECNICHE (GEO) ALLO SLU (APPROCCIO STATICO) ... 94

6.6 VERIFICHE GEOTECNICHE (GEO) ALLO SLU (APPROCCIO PSEUDO-STATICO) ... 102

6.7 VERIFICHE STRUTTURALI (STR) ... 108

7 PLATEA DI FONDAZIONE ... 115

7.1 DESCRIZIONE GENERALE DELL’OPERA ... 115

7.2 CRITERI GENERALI DI PROGETTO ... 116

7.3 VERIFICHE STRUTTURALI (STR) ... 116

8 COPERTURA ... 120

8.1 DESCRIZIONE GENERALE DELL’OPERA ... 120

8.2 MATERIALI UTILIZZATI ... 121

8.3 AZIONI SULLA COSTRUZIONE... 122

8.3.1 PESO PROPRIO DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI ... 122

8.3.2 PESO PROPRIO DELLA COPERTURA ... 122

8.3.3 ANALISI CARICO VENTO ... 123

8.3.4 ANALISI CARICO NEVE ... 128

8.3.5 AZIONE SISMICA ... 130

8.4 ANALISI MODALE ... 136

8.5 VERIFICA DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI ... 139

8.5.1 ARCARECCI HEA180 ... 139 8.5.2 CORRENTI 177,8/8 ... 144 8.5.3 DIAGONALI 139,7/8 ... 148 8.5.4 CONTROVENTI 139,7/8 ... 151 8.5.5 CORRENTI 323,9/12 ... 154 8.5.6 MONTANTI 177,8/8 ... 157 8.5.7 COLONNE ... 160 8.6 ANALISI DI BUCKLING ... 167 8.7 COLLEGAMENTI ... 173 9 CONCLUSIONI ... 182 BIBLIOGRAFIA ... 183

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1

INTRODUZIONE

1.1

LE CENTRALI GEOTERMICHE

Il calore è una forma di energia e, in senso stretto, l’energia geotermica è il calore contenuto nell’interno della Terra. Esso è all’origine di molti fenomeni geologici di scala planetaria. Tuttavia, l’espressione “energia geotermica” è generalmente impiegata, nell’uso comune, per indicare quella parte del calore terrestre, che può, o potrebbe essere, estratta dal sottosuolo e sfruttata dall’uomo.

Breve storia della geotermia

I vulcani, le sorgenti termali, le fumarole ed altri fenomeni superficiali di questo genere hanno certamente fatto immaginare ai nostri progenitori che alcune parti dell’interno della Terra sono calde. Soltanto tra il sedicesimo ed il diciassettesimo secolo, tuttavia, quando furono scavate le prime miniere profonde qualche centinaio di metri, ci si rese conto, da semplici sensazioni fisiche, che la temperatura del sottosuolo aumenta con la profondità.

Le prime misure con termometri sono state fatte probabilmente nel 1740 da De Gensanne in una miniera vicino Belfort in Francia (Buffon, 1778). Dal 1870 il regime termico della terra è stato studiato con metodi scientifici moderni (Bullard, 1965), ma soltanto nel ventesimo secolo, dopo la scoperta del ruolo svolto dal calore radiogenico, è stato possibile comprendere pienamente fenomeni come il bilancio termico della Terra e ricostruire la storia termica del nostro pianeta. Tutti i moderni modelli termici della Terra, infatti, devono tener conto del calore prodotto in continuazione dal decadimento degli isotopi radioattivi a lunga vita dell’uranio (U238, U235), del torio (Th232) e del potassio (K40), presenti nell’interno del globo terrestre (Lubimova,1968). A quella radiogenica, si aggiungono, in proporzioni non esattamente definite, altre fonti di calore, come il calore primordiale del pianeta. Comunque, teorie e modelli termici realistici non sono stati disponibili sino agli anni ’80, quando è stato dimostrato che non c’è equilibrio tra il calore prodotto dal decadimento degli isotopi radioattivi presenti nell’interno della Terra ed il calore disperso dalla sua superficie verso lo spazio, e che il nostro pianeta si sta lentamente raffreddando.

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2 Per dare un’idea della grandezza dei fenomeni di cui si parla, si può fare riferimento al bilancio termico di Stacey e Loper (1988), nel quale il flusso di calore totale dalla superficie terrestre è valutato 42x1012W (conduzione, convezione e radiazione). Di questa grandezza, 8x1012W provengono dalla crosta terrestre, che rappresenta soltanto il 2% del volume totale della Terra, ma è ricca di isotopi radioattivi, 32,3x1012W derivano dal mantello, che è l’82% del volume totale della Terra, e 1,7x1012W provengono dal nucleo, che costituisce il 16% del volume totale del pianeta e non contiene isotopi radioattivi (uno schema della struttura interna della Terra è rappresentato nella Figura 1). Poiché il calore radiogenico del mantello è stimato in 22x1012 W, il raffreddamento di questa parte della Terra è 10,3x1012 W. Calcoli più recenti, basati su un numero maggiore di dati, hanno portato ad un valore del flusso di calore totale dalla superficie del 6% più alto di quello utilizzato da Stacey e Loper, modificando leggermente le conclusioni di questi ultimi. Il raffreddamento del pianeta, comunque, è molto lento. La temperatura del mantello (Figura 1) è scesa, al più, di 300°-350°C in tre miliardi di anni e, alla sua base, è di circa 4.000°C.

Figura 1

Schema della struttura interna della Terra: crosta, mantello e nucleo. A destra in alto, un dettaglio della crosta e della parte superiore del mantello.

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3 E’ stato stimato che il calore totale contenuto nella Terra, assumendo una temperatura superficiale media di 15°C, sia dell’ordine di 12,6 x 1024MJ e che quello contenuto nella crosta sia dell’ordine di 5,4 x 1021MJ (Armstead, 1983). Sino ad oggi, l’utilizzazione di questa energia è stata limitata a quelle aree nelle quali le condizioni geologiche permettono ad un vettore (acqua in fase liquida o vapore) di “trasportare” il calore dalle formazioni calde profonde alla superficie o vicino ad essa, formando quelle che chiamiamo risorse geotermiche. Molte risorse, tra queste anche quelle geotermiche, sono state sfruttate, all’inizio, senza conoscerne esattamente la natura e solo in un secondo momento sono state studiate scientificamente e ne è stata sviluppata la tecnologia. I fluidi geotermici erano già utilizzati, per il loro contenuto energetico, nella prima parte del diciannovesimo secolo. In quel periodo, nella zona che poi ha avuto il nome di Larderello (Toscana), era stata costruita una piccola industria chimica per estrarre l’acido borico dalle acque calde boriche, che sgorgavano naturalmente dal suolo o erano estratte da pozzi di piccola profondità. L’acido borico era ottenuto facendo evaporare le acque calde ricche di boro in bollitori metallici, usando, come combustibile, il legname ricavato dei boschi vicini. Nel 1827 Francesco Larderel, proprietario di questa industria, ideò un sistema per sfruttare il calore degli stessi fluidi borici nel processo di evaporazione, invece di bruciare il legname dei boschi, che si andavano esaurendo rapidamente. Nello stesso periodo si cominciò anche ad utilizzare l’energia meccanica del vapore naturale. Questo venne usato per sollevare l’acqua in semplici sistemi a “gas lift” ed in seguito per il funzionamento di pompe ed argani impiegati nelle operazioni di perforazione o nell’industria dell’acido borico. L’industria chimica di Larderello detenne, tra il 1850 ed il 1875, il monopolio della produzione dell’acido borico in Europa. Nella medesima area geotermica, tra il 1910 ed il 1940, si avviò, ampliandosi progressivamente, l’utilizzazione del vapore a bassa pressione per il riscaldamento di edifici residenziali ed industriali, e di serre. Mentre questo accadeva in Italia, anche in altri paesi si sviluppava l’utilizzazione industriale dell’energia geotermica: nel 1892 a Boise (Idaho, USA) veniva inaugurato il primo sistema di riscaldamento urbano; nel 1928 l’Islanda, un altro paese all’avanguardia nell’utilizzazione di questa fonte energetica in Europa, cominciò a sfruttare i fluidi geotermici, soprattutto acqua calda, per il riscaldamento di edifici.

Il primo tentativo di prodeurre elettricità dall’enhergia contenuta nel vapore geotermico è stato fatto a Larderello nel 1904 (Figura 3). Il successo di questo esperimento mostrò il valore industriale dell’energia geotermica e segnò l’inizio di una forma di sfruttamento, che è ora diffuso in molti paesi.

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Figura 2

“Lagone coperto” a Larderello. All’interno di queste strutture in mattoni erano raccolte e fatte evaporare le acque boriche.

Figura 3

Larderello 1904. La prima macchina (un motore alternativo accoppiato ad una dinamo), che ha prodotto elettricità sfruttando il vapore geotermico. A fianco, il Principe Piero Ginori Conti, succeduto a Francesco Larderel nella proprietà dell’industria boracifera.

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5 La produzione di elettricità a Larderello fu un successo commerciale, oltre che della tecnica, tanto che, nel 1942, la potenza geotermoelettrica installata aveva raggiunto 127.650 kW. L’esempio italiano fu seguito da numerosi altri paesi. Nel 1919 venne perforato il primo pozzo geotermico in Giappone, a Beppu, e, nel 1921, negli Stati Uniti, a The Geysers in California. Nel 1958 un primo impianto geotermoelettrico entrò in esercizio in Nuova Zelanda, nel 1959 in Messico, nel 1960 negli Stati Uniti e negli anni seguenti in molti altri paesi.

I sistemi geotermici

Sistemi geotermici possono formarsi in regioni con gradiente geotermico normale o poco più alto e, soprattutto, nelle regioni prossime ai margini delle zolle crostali, dove il valore del gradiente geotermico può essere anche notevolmente superiore a quello medio. Nel primo caso, questi sistemi hanno temperature basse, di solito non più di 100°C a profondità economicamente utili, mentre nel secondo caso, si può avere una vasta gamma di temperature, da basse sino ad oltre 400°C.

Un sistema geotermico può essere definito schematicamente come “un sistema acqueo convettivo, che, in uno spazio confinato della parte superiore della crosta terrestre, trasporta il calore da una sorgente termica al luogo, generalmente la superficie, dove il calore stesso è assorbito (disperso o utilizzato)” (Hochstein, 1990). Un sistema geotermico è formato da tre elementi: la sorgente di calore, il serbatoio ed il fluido, che è il mezzo che trasporta il calore.

La sorgente di calore può essere una intrusione magmatica a temperatura molto alta (›600°C), che si è posizionata a profondità relativamente piccola (5-10 km), oppure, come in certi sistemi a bassa temperatura, il normale calore della Terra.

Il serbatoio è un complesso di rocce calde permeabili nel quale i fluidi possono circolare assorbendo il calore. Il serbatoio generalmente è ricoperto da rocce impermeabili e connesso a zone di ricarica superficiali dalle quali le acque meteoriche possono sostituire, totalmente o parzialmente, i fluidi perduti attraverso vie naturali (per esempio sorgenti) o che sono estratti mediante pozzi.

Il fluido geotermico, nella maggioranza dei casi, è acqua meteorica in fase liquida o vapore, in dipendenza dalla sua temperatura e pressione. Quest’acqua spesso trascina con se sostanze chimiche e gas, come CO2, H2S ed altri. La Figura 6 è la rappresentazione schematica e molto semplificata di un sistema geotermico.

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Figura 6

Rappresentazione schematica di un sistema geotermico (didattica di repertorio)

Le leggi che regolano la convezione dei fluidi sono alla base del meccanismo dei sistemi geotermici. La Figura 7 descrive schematicamente questo meccanismo, prendendo ad esempio un sistema idrotermale a media temperatura. La convezione si attiva in seguito al riscaldamento ed alla conseguente espansione termica del fluido in un campo gravitazionale; il calore alla base del sistema di circolazione è l’energia che alimenta e muove il sistema. Il fluido caldo e di minor densità tende a salire e ad essere sostituito dal fluido più freddo e di densità maggiore, proveniente dai margini del sistema. La convezione, per sua natura, tende a far aumentare la temperatura delle parti alte del sistema, mentre la temperatura delle parti inferiori diminuisce (White, 1973).

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Figura 7

Modello di un sistema geotermico. La curva 1 è la curva di ebollizione dell’acqua; la curva 2 mostra l’andamento della temperatura del fluido lungo il suo percorso dal punto di ingresso A a quello di uscita E.

Il fenomeno descritto può sembrare semplice: in pratica, la costruzione del modello di un sistema geotermico reale non è affatto facile. Essa coinvolge diverse discipline e richiede una vasta esperienza, soprattutto se si ha a che fare con sistemi ad alta temperatura. In natura, inoltre, si possono formare sistemi geotermici in varie combinazioni di situazioni geologiche, fisiche e chimiche, dando origine a tipi diversi di sistemi.

La sorgente di calore è l’unico dei tre elementi di un sistema geotermico che deve essere naturale. Gli altri due elementi, se esistono le condizioni adatte, possono essere “artificiali”. Per esempio, i fluidi geotermici estratti dal serbatoio per alimentare la turbina di una centrale elettrica, dopo averne sfruttato l’energia, possono essere immessi di nuovo nel serbatoio attraverso appositi pozzi di reiniezione. In questo modo la ricarica naturale del serbatoio è integrata dalla ricarica artificiale. Da diversi anni, inoltre, la reiniezione dei fluidi sfruttati è stata adottata per ridurre drasticamente l’impatto ambientale degli impianti geotermici. La ricarica artificiale attraverso pozzi di re-iniezione può essere anche un mezzo per riattivare campi geotermici vecchi o ‘esauriti’.

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8 Classificazione in base alla temperatura

Il più comune criterio di classificazione delle risorse geotermiche si basa sull’entalpia dei fluidi, che trasferiscono il calore dalle rocce calde profonde alla superficie. L’entalpia, che può essere considerata più o meno proporzionale alla temperatura, è usata per esprimere il contenuto termico (energia termica) dei fluidi, e dà un’idea approssimativa del loro “valore”. Le risorse sono divise in risorse a bassa, media ed alta entalpia (o temperatura), secondo diversi criteri. La Tabella 3 riporta le classificazioni proposte da alcuni esperti. Quando si parla di fluidi geotermici è bene, comunque, indicare la loro temperatura, o almeno un intervallo di temperatura, perché i termini bassa, media o alta possono avere significati diversi e creare errori di interpretazione.

Tabella 1 Classificazione delle risorse geotermiche in base alla temperatura (°C).

( a ) ( b ) ( c ) ( d ) ( e ) Risorse a bassa entalpia < 90 <125 <100 ≤150 ≤190 Risorse a media entalpia 90-150 125-225 100-200 - - Risorse ad alta entalpia >150 >225 >200 >150 >190

Rif: (a) Muffler and Cataldi (1978). (b) Hochstein (1990). (c) BenderitterandCormy (1990). (d) Nicholson (1993)

Frequentemente viene fatta una suddivisione tra:  sistemi geotermici ad acqua dominante

 sistemi geotermici a vapore dominante (o a vapore secco).

Nei sistemi ad acqua dominante, l’acqua liquida è la fase continua, che controlla la pressione. Vapore può essere presente, in forma di bolle. Questi sistemi geotermici, la cui temperatura può andare da <125° a >225°C, sono i più diffusi nel mondo. Essi possono produrre, in funzione dalla loro temperatura e pressione, acqua calda, una miscela di acqua e vapore, vapore umido e, in alcuni casi, vapore secco.

Nei sistemi a vapore dominante normalmente coesistono nel serbatoio acqua liquida e vapore, che è la fase continua e controlla la pressione. Sono sistemi ad alta temperatura e normalmente

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9 producono vapore secco o surriscaldato. I sistemi geotermici di questo tipo sono piuttosto rari; i più conosciuti sono Larderello in Italia ed in California.

L’energia geotermica è generalmente definita rinnovabile e sostenibile. Il termine rinnovabile si riferisce ad una proprietà della sorgente di energia, mentre il termine sostenibile descrive come la risorsa è utilizzata.

La ricarica di energia è il fattore critico della rinnovabilità di una risorsa geotermica. Quando si sfrutta un sistema geotermico naturale, la ricarica energetica avviene attraverso l’apporto al sistema di fluidi caldi contemporaneamente (o in tempi comparabili) allo sfruttamento. Questo permette di classificare l’energia geotermica come risorsa energetica rinnovabile. Nel caso delle rocce calde secche e di certi acquiferi caldi in bacini sedimentari (geopressurizzati), la ricarica energetica avviene solo per conduzione termica; a causa della lentezza di questo fenomeno, le rocce calde secche ed alcuni serbatoi sedimentari dovrebbero essere considerati risorse energetiche limitate

L’esplorazione geotermica

Obbiettivi dell’esplorazione

Gli obbiettivi dell’esplorazione geotermica sono:  Identificare i fenomeni geotermici.

 Accertare l’esistenza di aree con produzione geotermica sfruttabile.  Valutare la dimensione delle risorse.

 Determinare il tipo dei campi geotermici.  Localizzare le zone produttive.

 Determinare il contenuto termico dei fluidi.

 Compilare una base di dati, che possa servire di riferimento per i futuri monitoraggi.  Determinare, prima di iniziare lo sfruttamento, i parametri sensibili per l’ambiente.

 Individuare le caratteristiche che potrebbero creare problemi durante lo sfruttamento del campo.

L’importanza relativa di ogni obiettivo dipende da numerosi fattori, la maggior parte dei quali è collegata alla risorsa. Questi fattori comprendono la forma di utilizzazione prevista, la tecnologia disponibile, gli aspetti economici, ed anche la situazione locale, il sito, ed il periodo, tutti elementi che influiscono sul programma di esplorazione. Per esempio, il riconoscimento preliminare delle manifestazioni geotermiche ha un’importanza molto maggiore in un’area remota e non esplorata

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10 di quanto abbia in un’area conosciuta; valutare le dimensioni di una risorsa può avere un’importanza minore, se questa sarà usata per un piccolo impianto richiedente molto meno energia termica di quanta ne viene fornita per vie naturali; se si prevede di utilizzare il calore per il riscaldamento di ambienti o per altre forme d’uso, che richiedono basse temperature, la ricerca di fluidi ad alta entalpia può essere esclusa dagli obbiettivi.

La produzione di energia elettrica

L’energia elettrica è prodotta in impianti convenzionali o a ciclo binario, secondo le caratteristiche delle risorse geotermiche disponibili.

Gli impianti convenzionali richiedono fluidi con una temperatura di almeno 150°C e sono disponibili nel tipo a contropressione (con scarico diretto nell’atmosfera) e a condensazione. Gli impianti a contropressione sono più semplici e meno costosi. Il vapore, proveniente direttamente dai pozzi, se questi producono vapore secco, oppure dopo la separazione della parte liquida, se i pozzi producono vapore umido, passa attraverso la turbina ed è poi scaricato nell’atmosfera (Figura 11). Con questo tipo di impianto il consumo di vapore (alla stessa pressione di ingresso) per kilowattora prodotto è circa il doppio di quello di un impianto a condensazione. Gli impianti a contropressione, tuttavia, sono molto utili come impianti pilota, come impianti temporanei collegati a pozzi isolati di portata modesta, e per produrre elettricità da pozzi sperimentali durante lo sviluppo di un campo geotermico. Essi sono utilizzati anche quando il vapore ha un contenuto elevato di gas incondensabili (›12% in peso). Le unità a contropressione possono essere costruite ed installate molto rapidamente e messe in servizio 13–14 mesi dopo la data dell’ordine o poco più. Questi impianti sono generalmente di piccole dimensioni (2,5–5 MWe).

Figura 11

Rappresentazione schematica di un impianto a contropressione per generazione di elettricità. In rosso il circuito del fluido geotermico.

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11 Le unità a condensazione (Figura 12), che richiedono più impiantistica ausiliaria, sono più complesse di quelle a contropressione e, anche per le loro maggiori dimensioni, è necessario un tempo almeno doppio per la loro costruzione ed installazione. Il consumo specifico delle unità a condensazione è, tuttavia, circa la metà di quelle a contropressione. Attualmente sono molto diffusi impianti a condensazione della potenza di 55–60 MWe, ma recentemente sono state costruite ed installate anche unità da 110 MWe.

Figura 12

Rappresentazione schematica di un impianto a condensazione per generazione di elettricità. In rosso il circuito del fluido geotermico, in blu il circuito di raffreddamento (didattica di repertorio)

I notevoli progressi, realizzati negli ultimi decenni, nella tecnologia dei cicli binari hanno reso possibile produrre elettricità, sfruttando fluidi geotermici a temperatura medio-bassa ed acque calde di scarico emesse dai separatori nei campi geotermici ad acqua dominante. Gli impianti binari utilizzano un fluido secondario di lavoro, di solito un fluido organico (come n-pentano), che ha un basso punto di ebollizione ed un’elevata pressione di vapore a bassa temperatura rispetto al vapore acqueo. Il fluido secondario lavora in un ciclo Rankine convenzionale: il fluido geotermico cede calore al fluido secondario attraverso uno scambiatore di calore, nel quale questo fluido si riscalda e poi vaporizza; il vapore prodotto aziona una normale turbina a flusso assiale collegata ad un generatore, è poi raffreddato, passando allo stato liquido, ed il ciclo comincia di nuovo.

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Figura 13

Rappresentazione schematica di un impianto a ciclo binario per generazione di elettricità. In rosso il circuito del fluido geotermico, in verde il citcuito del fluido secondario, in blu il circuito di raffreddamento.

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13 Centrali geotermiche in Toscana

Nel nostro Paese l'industria geotermoelettrica è presente soltanto in Toscana. Iniziata come attività del monopolista Enel, al quale sono state rilasciate, nel tempo, da parte del Ministero dello Sviluppo Economico, otto concessioni alla coltivazione della geotermia per la produzione di energia elettrica, interessa sedici comuni toscani, distribuiti tra le province di Pisa, Siena e Grosseto. Attualmente le centrali sono 32 e sviluppano una potenza di 711 MW. Annualmente, la produzione supera i 5000 MWh.

Dall'esperienza toscana possiamo trarre alcune importanti osservazioni positive e

negative sulla geotermia. La fonte geotermica riceve in particolar modo una critica:

l’impatto esteriore delle centrali geotermiche può recare qualche problema

paesaggistico. La centrale si presenta, infatti, come un groviglio di tubature anti-estetiche.

Un'immagine che non dista comunque da quella di molti altri siti industriali o fabbriche. Il problema paesaggistico può essere facilmente risolto unendo l'approccio funzionale dei progetti ingegneristici con quello di un'architettura rispettosa del paesaggio e del comune senso estetico.

In seguito verranno riportate alcune foto di centrali geotemiche esistenti nel territorio toscano.

Figura 14

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14

Figura 15

Centrale ‘Bagnore 3’ a Santa Fiora (Grosseto)

Figura 16

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1.2

FINALITA’ DI PROGETTO E MOTIVAZIONI STRATEGICHE

Il progetto nasce dalla considerazione che l‘area in oggetto, alla luce dei numerosi lavori pubblicati riguardanti la geologia e la geotermia della Toscana meridionale, presenta caratteristiche geologiche favorevoli alla coltivazione della risorsa geotermica, con temperature attese del fluido maggiori di 200-250°C a 3.000 m di profondità dal piano campagna. L‘idea che sottende il presente progetto è finalizzata a;

 identificare i siti potenzialmente adatti ad uno sfruttamento delle risorse geotermiche (fluidi geotermici utilizzabili a scopi industriali)

L‘area individuata interessa il margine estremo settentrionale del territorio della Provincia di Grosseto, in particolare il Comune di Massa Marittima e, per meno di 2 ettari (0.06% della superficie) quello di Monterotondo Marittimo.

 adottare un impianto con totale reiniezione di fluido riscontrando numerosi vantaggi soprattutto ambientali;

L’impianto è del tipo a ciclo binario con totale reiniezione del fluido nel terreno e ha una potenza di 20 MWe.

Il fluido geotermico che alimenta la centrale è costituito essenzialmente da una miscela di vapore d’acqua e di gas incondensabili; mediante uno scambiatore di calore il fluido geotermico, previa parziale depurazione, cede calore al fluido di lavoro basso-bollente (isopentano in questo caso) che fluisce secondo il ciclo a vapore di Rankine azionando la turbine, direttamente calettate sull’alternatore che, alla fine, produce energia elettrica. Le centrali a ciclo binario offrono un minor impatto ambientale rispetto a qualsiasi altro tipo di impianto di energia geotermica perché il fluido geotermico può essere sigillato lungo tutto il processo. In questo modo l'emissione di gas o di altre sostanze dannose per l'ambiente può essere evitata, praticamente eliminando i problemi di inquinamento. D’altro canto la completa re immissione di fluido nel sottosuolo oltre a “ricaricare” il serbatoio geotermico profondo, ne impedisce in pratica lo svuotamento, riducendo in modo molto sensibile il rischio di cedimenti del terreno e la micro sismicità indotta da crolli profondi causati dall’emungimento delle acque/vapore negli impianti tradizionali.

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progettare la struttura per l’impianto di produzione riducendo l’impatto ambientale con soluzioni costruttive alternative rispetto ai precedenti edifici industriali rispettando quindi il paesaggio circostante.

Il progetto prevede la realizzazione del fabbricato che accoglie l’impianto di produzione di energia elettrica concepita come struttura seminterrata per minimizzare l’impatto estetico del capannone. Si prevede inoltre una particolare ‘copertura’ dell’edificio che tende ad inserire la struttura industriale in un particolare contesto paesaggistico riprendendo la configurazione tipica collinare ma al tempo stesso evidenziando l’individualità dell’architettura moderna.

INDIVIDUAZIONE DEL SITO INSERIMENTO PAESISTICO PROGETTO STRUTTURALE

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2

AREA D’INTERVENTO

2.1

UBICAZIONE

Il progetto e il relativo Permesso di Ricerca è denominato “Monte Arsenti”.

L’interesse geotermico per quest’area era stato evidenziato fin dalla fine degli anni ’80 grazie ai risultati di specifiche indagini eseguite da Enel in collaborazione con il CNR di Pisa che facevano intravedere il prolungamento verso sud dell’anomalia termica del campo di Larderello.

La zona è compresa in un unico comune e una Provincia: il comune di Massa Marittima (per un frammento di circa 0,02 kmq anche in territorio di Monterotondo Marittimo) e la provincia di Grosseto.

L’area del permesso misura circa 32,77 km2 ed è individuata dal perimetro A-B-C-D-E-F rappresentato in figura;

All‘interno dell‘area in esame non sono disponibili informazioni dirette sulla successione e sugli spessori delle formazioni geologiche effettivamente presenti nel sottosuolo.

Le prospezioni geofisiche previste hanno, quindi, lo scopo di migliorare le conoscenze del substrato e fornire informazioni più attendibili sulla profondità e l‘assetto termico-strutturale delle suddette rocce serbatoio.

Vertice Latitudine Long.Geografica

A 43°06’ 10°51’08” B 43°06’ 10°55’08” C 43°05’ 10°55’08” D 43°05’ 10°54’08” E 43°02’ 10°54’08” F 43°02’ 10°54’08”

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Inquadramento territoriale dell’area d’intervento

Vista dall’altro dell’area d’intervento con punti di vista fotografici

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2.2

CARATTERISTICHE GEOMORFOLOGICHE, GEOLOGICHE ED

IDROGRAFICHE

Suolo e sottosuolo

L'area oggetto del Permesso di Ricerca "Monte Arsenti" rientra, dal punto di vista geologico, nella regione di transizione fra le Colline Metallifere ed il massiccio vulcanico del Monte Amiata, ubicata nella parte centro meriodionale della Toscana. L‘insieme dei sedimenti neogenici e delle Unità Liguri, prevalentemente con litologie argillose ed argillitiche, assicura una efficace copertura impermeabile al sottostante potenziale serbatoio geotermico che è costituito dalle rocce delle Formazioni del Dominio Toscano. Questi, infatti, consentendo l'infiltrazione di acque meteoriche a diverse centinaia di metri di profondità, possono costituire una locale "spina fredda" nell'anomalia termica superficiale. Analogamente, anche gli affioramenti calcarei della Serie Toscana di Poggio di Moscona e Batignano possono avere un simile comportamento idrogeologico, bordando verso ovest la suddetta anomalia termica positiva; i campi geotermici del Monte Amiata (Bagnore e Piancastagnaio) presentano in profondità due serbatoi separati da un setto più o meno impermeabile.

(23)

21 Sono presenti pozzi produttivi a profondità dell’ordine di 2.000 mt dove è possibile riscontrare temperature del fluido di 200-250°C.

(24)

22 La zona in oggetto risulta caratterizzata da una intensa anomalia geotermica positiva, con gradiente geotermico compreso tra i 75 e 100 °C/km e flusso di calore prossimo a 150-180 mW/m2, in presenza di un favorevole assetto geologico-strutturale del sottosuolo.

(25)

23

Stralcio del Foglio 119 Massa Marittima, Servizio Geologico d'Italia, scala 1:100.000

(26)

24

(27)

25 Dissesto idrogeologico

Particolare attenzione per la prevenzione dei dissesti idrogeologici, per la presenza di aree collinari e alto collinari nelle quali è necessaria una azione di presidio territoriale tesa a prevenire il manifestarsi di dissesti locali e a non indurre squilibri per le aree di valle.

(28)

26 Sismicità

I comuni che fanno parte dell’area interessata di Massa Marittima e Monterotondo Marittimo sono classificati in zona a rischio sismico 3.

Classificazione sismica regionale approvata con Del. GRT n° 878 del 8/10/2012

Secondo l'Ordinanza P.C.M. n. 3274 del 20 marzo 2003 della Regione Toscana, i proprietari, pubblici o privati, delle opere di interesse strategico, hanno l’obbligo di effettuare le verifiche tecniche per quanto riguarda la valutazione sismica degli ‘Edifici Strategici e Rilevanti’.

In relazione a quanto specificato dal ‘Bollettino Ufficiale della Regione Toscana’, il progetto delle strutture oggetto della presente tesi, in quanto classificato come ‘edificio strategico’,sono state verificate anche nei riguardi del sima.

(29)

27

(30)

28

2.3

CARATTERIZZAZIONE PAESAGGISTICA

Le caratteristiche paesaggistiche dell‘area del Permesso di Ricerca sono individuabili dall‘esame dei vigenti piani territoriali e paesaggistici, in particolare:

- Piano di Indirizzo Territoriale della Regione Toscana e Piano Paesistico Regionale; - Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Grosseto.

Il perimetro del PR non comprende alcun sito di interesse provinciale o regionale protetto ma è gravata da vincolo idrogeologico, che prevede particolari procedure autorizzative in caso di lavori di movimento terra.

Cartografia regionale: il perimetro del PDR correlato con il sovrapporsi dei vincoli paesaggistici L.1497/39; D.Lgs.42/2004 e architettonici ed il vincolo idrogeologico RD.3267/1923 (viola chiaro)

(31)
(32)

30

3

INTRODUZIONE AL PROGETTO STRUTTURALE

Il seguente lavoro di tesi è nato con l’obiettivo di studiare e analizzare la progettazione strutturale dell’edificio che accoglie l’impianto geotermico, tenendo di conto le esigenze tecniche e valutando allo stesso modo gli aspetti che caratterizzano il territorio circostante.

In particolare sono state studiate e progettate tre tipologie di strutture che caratterizzano la centrale geotermica:

 EDIFICIO MACCHINE

Ha lo scopo di ospitare il gruppo di generazione dell’energia elettrica da 20MW ed è caratterizzato da una struttura portante in acciaio le cui dimensioni sono 36 ml di lunghezza e 18ml di larghezza. In generale questo tipo di fabbricato ha un’altezza di colmo superiore a 10 metri,proprio per contenere i macchinari all’interno. Per minimizzare l’impatto visivo del capannone è stata maturata l’idea di progettare una struttura seminterrata. Il fabbricato in acciaio alto 8 ml sarà disposto su dei muri di sostegno in c.a alti 3ml che poggeranno a loro volta su una platea di fondazione.

 OPERE DI SOSTEGNO

Le opere studiate per la parte interrata riguardano i muri di sostegno in cemento armato alti 3ml di dimensioni idonee a trasferire al terreno i carichi agenti. Il fabbricato in acciaio e i muri di sostegno poggiano su una platea di fondazione in cemento armato che consente di sfruttare meglio la capacità portante del terreno contrastando i cedimenti differenziali provocati da una distribuzione non uniforme dei carichi provenienti dalla sovrastruttura.

 COPERTURA

La copertura è costituita da 6 travi reticolari spaziali in acciaio di 45ml di luce massima. Tutta la struttura portante è rivestita da lastre in acciaio corten. La domanda di ambientazione è stata formulata proponendo un intervento che, mediante la sovrapposizione si una copertura sugli impianti tecnologici, rieuscisse a modificarne l’immagine complessiva. Invece di nascondere la presenza della centrale, le si offre una diversa visibilità dotando i volumi delle turbine di una figura unitaria che dialoga con la scala del paesaggio. Le travi seguono il dislivello del pendio integrando il complesso nel paesaggio e sono dimensionate per dare all’intera struttura un effetto cangiante in rapporto all’angolatura del punto di vista di chi la osserva da lontano.

(33)

31

4

NORMATIVE E SOFTWARE UTILIZZATI

La normativa a cui viene fatto riferimento e’ la seguente: 

DM 14.01.2008

: ‘Norme Tecniche per le costruzioni’

Circolare n°617 del 02.02.2009

: ‘Istruzioni per l’applicazione delle «Nuove norme tecniche per le costruzioni» di cui al decreto ministeriale 14 gennaio 2008’

Eurocodice 1

– EN1991-1-1: ‘Basi della progettazione ed azioni sulle strutture’

Eurocodice 2

– ENV 1992-1-1: ‘Progettazione delle strutture di calcestruzzo’

Eurocodice 3

– ENV 1993-1-1: ‘Progettazione di strutture in acciaio’

CNR-DT 207/2008

: ‘Istruzioni per la valutazione delle azioni e degli effetti del vento sulle costruzioni

CNR 10011/97

: ‘Costruzioni in acciaio. Istruzioni per il calcolo, l’esecuzione, il collaudo e la Manutenzione’

I software utilizzati per le analisi e i calcoli delle strutture sono i seguenti: 

SAP2000

Structural Software

(34)

32 acciaio unità tipo B450C - fyk 450 N/mm² γs 1,15 - fyd 391,3 N/mm² n 15 Es 210000 N/mm² εyd ,86 ‰

5

EDIFICIO MACCHINE

5.1

DESCRIZIONE GENERALE DELL’OPERA

L’edificio, localizzato nel comune di Massa Marittima, è costituito da un solo impalcato ed ha una struttura a pianta rettangolare di dimensioni 36x18 metri e un’altezza massima di 8 metri. La struttura portante in acciaio e’ composta da 7 capriate tipo Warren, poste ad un interasse di 6 m e collegate alle colonne mediante cerniere. Le colonne hanno un’altezza pari a 6 metri e sono incastrate alla base ai muri di sostegno. L’equilibrio orizzontale è assicurato da un sistema di controventatura di parete e di falda. La copertura è realizzata mediante una lamiera grecata che appoggia su degli arcarecci i quali si sviluppano per una lunghezza di 6 metri e sono disposti ad interasse variabile.

La struttura è costituita da:

1. Colonne HEB 260 2. Travi:

1.1.

Capriata 1.1.1. Briglia superiore 2L 90 x 90 x 8 1.1.2. Briglia inferiore 2L 90 x 90 x 8 1.1.3. Diagonale L 65 x 65 x 7

1.2.

Travi di collegamento HEA160

1.3.

Controventi di falda UPN 120

1.4.

Controventi di parete UPN 120

1.5.

Crociera tubolare ø70/6

Ai fini del calcolo, il lato corto coincide con l’asse orizzontale X del riferimento globale, il lato lungo con l’asse Y, l’asse Z è verticale.

(35)
(36)
(37)

35

5.2

MATERIALI UTILIZZATI

L’edificio è realizzato attraverso l’utilizzo dei materiali di seguito elencati di cui vengono indicate le caratteristiche meccaniche come previsto dall’Eurocodice 3.

ACCIAIO STRUTTURALE:

ELEMENTI DI GIUNZIONE:

Scelta dei materiali: Acciaio S275:

fyk = 275 N/mm2 Tensione di snervamento caratteristica ftk = 430 N/mm2 Tensione di rottura caratteristica

(38)

36 Acciaio B450C:

Acciaio per cemento armato:

fyk = 450 N/mm2 Tensione di snervamento caratteristica ftk = 540 N/mm2 Tensione di rottura caratteristica

Calcestruzzo 25/30:

Rck = 30 N/mm2 Resistenza cilindrica del calcestruzzo fck = 25 N/mm2 Resistenza cubica del calcestruzzo fcd =14,17 N/mm2 Resistenza di calcolo a compressione

Bulloni Classe 8.8:

fyb = 649 N/mm2 Tensione di snervamento caratteristica ftb = 800 N/mm2 Tensione di rottura caratteristica

(39)

37

5.3

AZIONI SULLA COSTRUZIONE

5.3.1 PESO PROPRIO DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI

Il peso proprio (G1) di questi profili è stato inserito automaticamente nel calcolo delle sollecitazioni fatto attraverso il programma di calcolo strutturale SAP 2000.

5.3.2 PESO PROPRIO DELLA COPERTURA

Come manto di copertura si è scelto un HI-BOND A55/P600. Si tratta di un pannello sandwich in due strati di lamiera strutturale in acciaio zincato preverniciato che racchiudono uno strato di poliuretano espanso (isolante termico) il cui peso proprio risulta pari a 0,1 KN/m2.

(40)

38

5.3.3 ANALISI CARICO VENTO

Le azioni statiche del vento sono costituite da pressioni e depressioni agenti normalmente alle superfici, sia esterne che interne, degli elementi che compongono la costruzione. L’azione del vento sul singolo elemento viene determinata considerando la combinazione più gravosa della pressione agente sulla superficie esterna e della pressione agente sulla superficie interna dell’elemento. L’azione d’insieme esercitata dal vento su una costruzione è data dalla risultante delle azioni sui singoli elementi, considerando come direzione del vento, quella corrispondente ad uno degli assi principali della pianta della costruzione.

La pressione del vento è data dall’espressione:

p = qb · ce · cp · cd

così come previsto al paragrafo 3.3.4. della normativa.

qb è la pressione cinetica di riferimento [N/m2], la quale è data dall’espressione:

qb= 1/2 vb2 ρ in cui:

- ρ è la densità dell’aria assunta convenzionalmente costante e pari a 1,25 Kg/m3;

- vb è la velocità di riferimento dell’azione del vento, valore caratteristico della velocità del vento a 10 m dal suolo, mediata su 10 minuti e riferita ad un periodo di ritorno di 50 anni.

Secondo quanto previsto dalla normativa, in mancanza di specifiche ed adeguate indagini statistiche vb è data dall’espressione:

vb = vb,0 per as ≤ a0

vb = vb,0 + ka (as – a0) per a0 < as ≤ 1500 m dove:

- vb,0, a0, ka sono parametri forniti legati alla regione in cui è stata costruita la costruzione in esame; - as è l’altitudine sul livello del mare (in m) del sito dove è collocata la costruzione.

Nel nostro caso Massa Marittima si trova nella zona 3, dunque come previsto dalla tabella 3.3.I i valori dei parametri sopra citati sono i seguenti:

vb,0 = 27 m/s a0 = 500 m ka = 0,02 1/s

(41)

39 Si ottiene vb = 27 m/s.

Dunque:

qb= 1/2 · 272 · 1,25 = 455,63 N/m2

- Ce è il coefficiente di esposizione, come previsto dal paragrafo 3.3.7. della normativa, dipende dalla topografia del terreno, dalla categoria di esposizione del sito ove sorge la costruzione, e dall’altezza z sul suolo del punto considerato (ovvero l’altezza fuori terra dell’edificio). In assenza di analisi specifiche che tengano conto della direzione di provenienza del vento e dell’effettiva scabrezza e topografia del terreno che circonda la costruzione, per altezze dal suolo non maggiori di z = 200 m (come nel nostro caso), esso è dato dalla formula:

ce (z) = kr2 ct ln (z/z

0) [7+ ct ln (z/z0)] per z ≥ zmin ce (z) = ce (zmin) per z < zmin

- kr , z0 , zmin sono assegnati in Tab. 3.3.II in funzione della categoria di esposizione del sito ove sorge la costruzione;

- ct è il coefficiente di topografia generalmente posto uguale a 1.

Per individuare il valore del coefficiente di esposizione, bisogna dunque, stabilire la classe di rugosità del terreno e conseguentemente la categoria di esposizione del sito.

Tenendo conto che:

- Massa Marittima appartiene alla Zona 3;

(42)

40 Si conclude che la classe di esposizione del sito, essendo la città distante meno di 30 km dalla costa e situata ad un’altezza non superiore a 500 m dal mare, sia la III (figura 3.3.2. della normativa). I parametri di riferimento sono quindi:

Con z viene intesa l’altezza di gronda, che nel nostro caso è di 8 m. Per semplificare i calcoli abbiamo fatto riferimento ad un andamento lineare del coefficiente di esposizione per tutta l’altezza della struttura. In questo modo si considera valida soltanto la seconda equazione. Si ha dunque:

ce (z) = 0,202 ln (8/0,1) [7+ ln (8/0,1)] = 1,995

- Cp è il coefficiente di forma (o coefficiente aerodinamico), funzione della tipologia e della geometria della costruzione e del suo orientamento rispetto alla direzione del vento. Il suo8valore può essere ricavato da dati comprovati da opportuna documentazione o da prove sperimentali in galleria del vento. In assenza di questi, la Circolare esplicativa n° 617 del 02 febbraio 2009 al paragrafo C3.3.10.1 chiarisce che per la valutazione della pressione esterna di edifici a pianta rettangolare, con coperture piane, a falde, curve, considerando l’inclinazione α (espressa in gradi) del tetto si assumerà:

(43)

41 - per le pareti verticali esterne sopravento (ovvero direttamente investite dal vento) il

coefficiente cp = + 0,8;

- per elementi della copertura sopravento (cioè direttamente investiti dal vento) con inclinazione delle falde α ≤ 60°il coefficiente cp = + 0,8;

- per elementi della copertura sopravento con inclinazione delle falde 0°≤ α ≤ 20° (nel nostro caso α=5°) il coefficiente cp = + 0,4;

- per elementi sottovento (intendendo come tali quelli non direttamente investiti dal vento o quelli investiti da vento radente) il coefficiente cp = - 0,2.

- Cd è il coefficiente dinamico, che tiene in conto degli effetti riduttivi associati alla non contemporaneità delle massime pressioni locali e degli effetti amplificativi dovuti alla risposta dinamica della struttura. Esso può essere assunto cautelativamente pari ad 1 negli edifici di forma regolare non eccedenti 80 m di altezza.

Definiti tutti i coefficienti, è possibile calcolare la pressione che il vento esercita sul tamponamento e sulle falde di copertura secondo la relazione precedentemente definita.

Azione tangenziale del vento

L’azione tangente per unità di superficie parallela alla direzione del vento è data dall’espressione: pf = qb · ce · cf

- cf è il coefficiente d’attrito, funzione della scabrezza della superficie sulla quale il vento

esercita l’azione tangente. Nel nostro caso, cf = 0,01 per superficie liscia (acciaio).

(44)

42 In seguito sono stati riportati i valori finale dell’azione del vento ai fine del calcolo:

α = 5° copertura curva Cpe Cpi -0,40 0,20 0,80 0,20 ELEMENTI SOPRAVENTO p copertura = -0,182 kN/m2 p pareti = 0,909 kN/m2 ELEMENTI SOTTOVENTO p pareti = -0,545 kN/m2 AZIONE TANGENZIALE pf = qb · Cf · Ce 0,036 kN/m2

(45)

43

5.3.4 AZIONE SISMICA

Introduzione

L’azione sismica è un’azione che varia nel tempo e nello spazio. Essa si scinde in tre componenti spaziali:

 Ex , Ey che sono le componenti orizzontali, ortogonali fra loro;

 Ez che è la componente verticale che va presa in considerazione solo per alcuni casi particolari (per esempio fabbricati con travi di luce superiore a 20 m, elementi precompressi, ecc.) che non riguardano l’edificio da noi preso in esame.

La norma individua quattro tipi di analisi da prendere in esame a seconda dei casi: - ANALISI LINEARE statica o dinamica

- l’ANALISI NON LINEARE statica o dinamica.

L’analisi statica lineare consiste nel trasformare le forze d’inerzia che il sisma induce sulla costruzione in un sistema di forze statiche equivalenti applicate nel baricentro delle masse dei vari impalcati.

Questa analisi si applica quando la struttura è regolare in altezza e quando il periodo del modo di vibrare principale nella direzione in esame (T1) non supera 2,5 TC oppure TD.

Nei confronti delle azioni sismiche, la norma definisce quattro stati limite, che si riferiscono alle prestazioni della costruzione nel suo complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali e gli impianti.

Questi sono:

1. SLO (stato limite di operatività) 2. SLD (stato limite di danno)

3. SLV (stato limite di salvaguardia della vita) 4. SLC (stato limite di collasso)

Gli SLE sono soddisfatti se sono soddisfatte le verifiche agli SLD, mentre gli SLU sono soddisfatti se sono soddisfatte le verifiche agli SLV e se sono soddisfatte le indicazioni progettuali della norma. La normativa prevede che in presenza di azioni sismiche, con riferimento alle conseguenze di una interruzione di operatività o di un eventuale collasso, le costruzioni vengano suddivise in cinque classi d’uso.

(46)

44 Le azioni sismiche vengono poi valutate in relazione ad un periodo di riferimento, che si ricava moltiplicando la vita nominale VN per il coefficiente d’uso Cu . Nel nostro:

VR = VN · CU = 200 anni

Le probabilità di eccedenza o di superamento nel periodo di riferimento, cui riferirsi per individuare l’azione sismica agente in ciascuno degli stati limite considerati, sono riportati nella seguente tabella:

Dopodiché è necessario calcolare il periodo di vibrazione fondamentale della struttura, che secondo quanto riportato dalla normativa può essere stimato con la seguente formula:

T1= C1 H3/4

Dove H è l’altezza della costruzione, in metri, dal piano di fondazione, che nel nostro caso è uguale a 8m, mentre C1 vale 0,085 per costruzioni con struttura in acciaio (NTC 7.3.3.2.).

Quindi:

T1= 0,085 · 83/4 = 0,4 s

La norma stabilisce che a livello dei vari impalcati si può considerare un sistema di forze statiche equivalenti all’azione simica complessiva, proporzionali alla distanza dal piano di fondazione e al peso sismico del piano stesso.

Fi = Fh · zi · Wi / Σj zj Wj dove:

- Fh = Sd (T1 ) · W· λ/g;

- Fi è la forza da applicare alla massa i-esima;

- Wi e Wj sono i pesi, rispettivamente, della massa i e della massa j; - zi e zj sono le quote, rispetto al piano di fondazione delle masse i e j; - Sd (T1) è l’ordinata dello spettro di risposta di progetto;

(47)

45 - W è il peso complessivo della costruzione;

- λ è un coefficiente pari a 0,85 se la costruzione ha almeno tre orizzontamenti e se T1 < 2TC, pari a 1,0 in tutti gli altri casi;

- g è l’accelerazione di gravità. -

Calcolo dei pesi sismici

E’ necessario considerare i carichi in combinazione quasi permanente, ovvero:

G1 +G2 + ψ21·QK1 - G1 è il carico strutturale;

- G2 è il carico non strutturale; - Qki è il carico accidentale;

ψ21 è il coefficiente di combinazione fornito dalla normativa che varia a seconda della categoria in cui si ricade; nel nostro caso per gli elementi strutturali appartenenti all’impalcato si ricade nella categoria E (ambienti ad uso industriale) con ψ21=0,8, mentre per gli elementi appartenenti all’impalcato di copertura ci si riferisce alla categoria H (coperture) con ψ21=0.

IMPALCATO 1

ELEMENTO TIPO PESO [kN/m o m²] LUNGHEZZA o AREA n. PESO TOT

copertura HI-BOND A55/P 600 0,1 648 64,8

tamponamento 0,1 648 64,8 arcarecci HEA160 0,3 6 54 97,2 colonna HEB260 0,9 6 14 75,6 corrente sup 90 x 90 x 8 0,22 2,25 56 27,7 corrente inf 90 x 90 x 8 0,22 2,25 56 27,7 diagonale 65x65x7 0,06 1,85 112 12,4

controventi falda UPN 120 0,13 6,45 16 13,4

controventi

parete UPN 120 0,13 8,5 8 8,8

tubolare1 ø70/6 0,08 3 22 5,3

tubolare2 ø70/6 0,08 1,7 48 6,5

(48)

46

Valutazione dello spettro di risposta elastico

Per calcolare la forza sismica che agisce sull’impalcato, abbiamo bisogno di conoscere lo spettro di progetto Sd (T1). La norma prevede che lo spettro da utilizzare per gli stati limite di esercizio sia lo spettro di risposta elastico, riferito alla probabilità di superamento PVR nel periodo di riferimento considerato; per gli stati limite ultimi bisogna utilizzare ugualmente lo spettro di risposta elastico corrispondente, ma con le ordinate ridotte sostituendo η con 1/q, dove q è il fattore di struttura definito più avanti. Gli spettri così definiti possono essere utilizzati per strutture con periodo fondamentale minore o uguale a 4,0 s. Nel nostro caso è rispettato questo requisito. Lo spettro di risposta elastico è, quindi, definito dalle seguenti espressioni, indipendentemente da quale sia la probabilità di superamento considerata nel periodo di riferimento PVR:

- T è il periodo di vibrazione spettrale fondamentale della struttura; - ag è l’accelerazione orizzontale massima del sito;

- F0 è il valore massimo del fattore di amplificazione dello spettro in accelerazione orizzontale su sito di riferimento rigido orizzontale, ed ha valore minimo pari a 2,2;

- TC* è il periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro in accelerazione orizzontale; Questi ultimi tre valori sono desunti direttamente dalla pericolosità di riferimento.

Gli altri parametri sono:

- S è il coefficiente che tiene conto della categoria di sottosuolo e delle condizioni topografiche mediante la relazione S = SS · ST , in cui SS è il coefficiente di amplificazione stratigrafica e ST il coefficiente di amplificazione topografica;

- η è il fattore che altera lo spettro elastico; nel caso di stati limite di esercizio e per smorzamenti compresi fra i valori ξ = 5% e ξ = 28% è considerato uguale a 1; invece, così come definito dalla normativa al paragrafo 3.2.3.5, per le verifiche agli stati limite ultimi che non vengano effettuate tramite l’uso di opportuni accelerogrammi, il fattore η è uguale a 1/q;

- q è il fattore di struttura che dipende dalla tipologia strutturale del fabbricato, dal suo grado di iperstaticità e dai criteri di progettazione adottati. Esso può essere calcolato con l’espressione: q = q0 · KR per gli stati limite ultimi, mentre per gli stati limite di esercizio risulta essere uguale a 1;

(49)

47 - qo è il valore massimo del fattore di struttura che dipende dal livello di duttilità attesa, dalla tipologia strutturale, nonché dal rapporto αu/α1. Questo rapporto dipende, anche esso, dalla tipo di struttura adottata. Per le costruzioni non regolari in pianta, si prendono i valori di αu/α1 pari alla media fra 1,0 ed i valori di volta in volta forniti per le diverse tipologie costruttive;

- KR è un fattore riduttivo che dipende dalle caratteristiche di regolarità in altezza della costruzione, con valore pari ad 1 per costruzioni regolari in altezza e pari a 0,8 per costruzioni non regolari in altezza;

- TC è il periodo corrispondente all’inizio del tratto a velocità costante dello spettro, dato da TC =CC · TC* , dove CC è un coefficiente funzione della categoria di sottosuolo; - TB è il periodo corrispondente all’inizio del tratto dello spettro ad accelerazione costante,

TB = Tc/3 ;

- TD è il periodo corrispondente all’inizio del tratto a spostamento costante dello spettro, espresso in secondi mediante la relazione TD = 4,0 · ag/g + 1,6.

Per determinare i fattori sopra riportati è necessario individuare i parametri necessari che dipendono dal luogo in cui è situato l’edificio.

Località: Monte Arsenti Longitudine: 10˚51'08' Categoria di sottosuolo: B

Comune: Massa Marittima Latitudine: 43˚05' Categoria topografica: T1

Provincia: Grosseto

Tipo di costruzione 2 VN ≥ 100 anni

Classe d'uso IV CU = 2

Periodo di riferimento VR = VN*CU = 200 anni

(50)
(51)

49

Calcolo dello spettro di progetto Sd (T1)

Secondo quanto riportato dalla normativa al paragrafo 3.2.3.2.1. avremo:

Sd = ag S η F0 (Tc/T) SLE SLU SLD SLV PVR 63% 10% TR 101 949 ag [g] 0,072 0,155 F0 [-] 2,562 2,555 Tc* [s] 0,253 0,281 Ss 1,200 1,200 CC 1,447 1,418 ST 1,000 1,000 S 1,200 1,200 ƞ 1,000 0,440 TB 0,123 0,133 TC 0,368 0,398 TD 1,829 2,101 T1 0,400 0,400 Sd(T1) 0,210g 0,211g

(52)

50 Stato limite di salvaguardia della vita

0 ≤ T ≤ TB ag S ƞ F0 [ T/TB + (1/ƞF0 (1 - T/TB))] TB ≤ T ≤ TC ag S ƞ F0 TC ≤ T ≤ TD ag S ƞ F0 T/TC TD ≤ T ag S ƞ F0 TCTD/T² Fattore di struttura: q = q0 · KR

KR = 1 struttura regolare in altezza q0 = 2,3

(53)

51 Sd (T1) = ag S η F0 (Tc/T1) = 0,211 g

Possiamo ora calcolarci la forza totale sismica agente sull’impalcato:

SLD SLV

Fh 84,95 kN 85,38 kN

(54)

52

5.4

ANALISI MODALE

L’analisi modale consiste in un analisi dinamica della struttura dalla quale è possibile ricavare le frequenze proprie, i periodi associati a ciascun modo di vibrare e i fattori di partecipazione delle masse. Una volta noti i periodi attraverso lo spettro di risposta periodo – accelerazione relativi al sito di interesse, è possibile ricavare le accelerazioni modali e date le masse le forze modali equivalenti. Per eseguire questa analisi è stato necessario definire gli elementi strutturali (colonne, travi e solai con ipotesi di rigidezza infinita nel piano) e modellarli all’interno di un programma di calcolo strutturale, nel nostro caso SAP2000.

L’equazione sulla quale si basa il procedimento analitico che caratterizza l’analisi modale è la seguente legge della dinamica per un sistema a molti gradi di libertà (sistema MDOF):

[M] ·{u”(t)} + [C] ·{u’(t)} + [K] ·{u(t)} = - [M] · {R} · x”g(t) Con:

- [M] matrice delle masse, definita dal programma SAP tramite i carichi; - {u”(t)} vettore accelerazione relativa per ogni grado di libertà del sistema; - [C] matrice delle viscosità;

- {u’(t)} vettore velocità relativa per ogni grado di libertà del sistema;

- [K] matrice delle rigidezze, definita dal programma SAP tramite le caratteristiche geometriche; - {u(t)} vettore spostamento relativo per ogni grado di libertà del sistema;

- {R} vettore che considera la direzionalità del moto;

- x”g(t) accelerazione di trascinamento al suolo dovuto all’azione sismica.

Abbiamo proceduto ad eseguire una prima analisi modale tenendo conto di un numero elevato di modi di vibrare. Le richieste di normativa sono le seguenti:

- 85 % di massa partecipante;

(55)

53 Combinazioni sismiche SLV SLV 1x G1 + G2 +ψ21·Qk + ψ22·Qs + sisma x + Mx + 0,3sisma y + 0,3My SLV 2x G1 + G2 +ψ21·Qk + ψ22·Qs + sisma x - Mx + 0,3sisma y + 0,3My SLV 3x G1 + G2 +ψ21·Qk + ψ22·Qs + sisma x + Mx + 0,3sisma y - 0,3My SLV 4x G1 + G2 +ψ21·Qk + ψ22·Qs + sisma x - Mx + 0,3sisma y - 0,3My SLV 1y G1 + G2 +ψ21·Qk + ψ22·Qs + sisma y + My + 0,3sisma x + 0,3Mx SLV 2x G1 + G2 +ψ21·Qk + ψ22·Qs + sisma y – My + 0,3sisma x + 0,3Mx SLV 3x G1 + G2 +ψ21·Qk + ψ22·Qs + sisma y + My + 0,3sisma x - 0,3Mx SLV 4x G1 + G2 + ψ21·Qk + ψ22·Qs + sisma y – My + 0,3sisma x - 0,3Mx

Lo stesse combinazioni devono essere calcolate anche per gli SLD.

Sisma x e sisma y sono definiti dall’analisi modale la quale, dopo aver ricavato i periodi propri di vibrare, ricava attraverso lo spettro di risposta elastico fornito al SAP le accelerazioni e quindi le forze sismiche.

I valori di Mx e My riportati nelle combinazioni sono stati calcolati moltiplicando le forze sismiche di impalcato per le eccentricità, rispettivamente, ex ed ey pari ognuna al 5% della massima lunghezza in tale direzione.

ex = ( Lx · 5 ) /100 = 0,9 m ey = ( Ly · 5 ) /100 = 1,8 m Mt,y (SLV) = Fy (SLV) · ex = 61 kNm Mt,y (SLD) = Fy (SLD) · ex = 58,9 kNm Mt,x (SLV) = Fx (SLV) · ey = 122 kNm Mt,x (SLD) = Fx (SLD) · ey = 117,9 kN

(56)

54

MODO 1

MODO 2

(57)

55

5.5

IL MODELLO STRUTTURALE

Attraverso il programma di calcolo automatico Sap 2000 versione 16 si è proceduto alla creazione di un modello agli elementi finiti che rispecchiasse il più fedelmente possibile quella che è la realtà fisica della struttura reale.

La struttura è schematizzata con elementi resistenti a telaio orditi nelle due direzioni principali. Per ottenere i risultati necessari alla verifica dei vari elementi strutturali, devono essere inseriti nel programma i carichi uniformemente distribuiti agenti sui singoli componenti

precedentemente calcolati. Si effettua quindi il calcolo dei carichi in modo esplicito, lasciando al programma di calcolo la valutazione del solo peso proprio dei profili in funzione della sezione trasversale dell’elemento stesso ed il peso specifico.

VERIFICA OUTPUT

TABLE: Joint Reactions VENTO X

Joint OutputCase CaseType R1 R2 R3 Fx(sopravento) Fx(sottovento) ∑R1 ∑Fx

Text Text Text KN KN KN KN KN KN KN

12 Wx LinStatic -10,269 -2,182 -9,713 8,2 -157,19 157,2 14 Wx LinStatic -10,292 2,093 9,599 4,9 33 Wx LinStatic -10,238 -0,267 -4,047 16,4 35 Wx LinStatic -10,292 0,263 4,165 9,8 54 Wx LinStatic -12,345 0,003762 -8,213 16,4 56 Wx LinStatic -12,395 -0,00505 8,204 9,8 75 Wx LinStatic -12,943 -0,000841 -8,603 16,4 77 Wx LinStatic -13,003 0,0003805 8,66 9,8 96 Wx LinStatic -13,121 -0,0004214 -8,9 16,4 98 Wx LinStatic -13,124 -0,0011 8,547 9,8 117 Wx LinStatic -13,23 -1,417 -9,621 16,4 119 Wx LinStatic -13,375 1,976 10,291 9,8 138 Wx LinStatic -12,393 0,426 -3,302 8,2 140 Wx LinStatic -0,179 -0,888 2,934 4,9

TABLE: Joint Reactions VENTO Y

Joint OutputCase CaseType R1 R2 R3 Fx(sopravento) Fx(sottovento) ∑R2 ∑Fx

Text Text Text KN KN KN KN KN KN KN

12 Wy LinStatic -0,006402 -9,281 -22,104 48,6 29,7 -78,311 78,30 14 Wy LinStatic 0,001642 -9,938 -23,329

(58)

56 33 Wy LinStatic -0,002642 -12,882 22,08 35 Wy LinStatic 0,005279 -13,445 23,306 54 Wy LinStatic 0,0008921 -0,015 0,011 56 Wy LinStatic -0,001162 -0,016 0,01 75 Wy LinStatic -0,0005205 -0,013 0,000124 77 Wy LinStatic -0,0006433 -0,015 0,001858 96 Wy LinStatic -0,003248 -0,013 -0,012 98 Wy LinStatic -0,0002921 -0,016 -0,016 117 Wy LinStatic -0,001042 -9,456 -16,975 119 Wy LinStatic -0,011 -6,444 -15,691 138 Wy LinStatic 0,019 -7,504 17 140 Wy LinStatic -0,00009447 -9,263 15,718

TABLE: Joint Reactions G2

Joint OutputCase CaseType R1 R2 R3 ∑Fz ∑R3

Text Text Text KN KN KN KN KN

12 G2 LinStatic 0,259 0,508 2,493 64,79 64,81 14 G2 LinStatic -0,26 0,409 2,309 33 G2 LinStatic 0,693 -0,242 5,646 35 G2 LinStatic -0,693 -0,326 5,831 54 G2 LinStatic 0,629 4,06E-05 5,358 56 G2 LinStatic -0,63 -0,0003 5,356 75 G2 LinStatic 0,631 -2,3E-05 5,404 77 G2 LinStatic -0,638 -0,00035 5,411 96 G2 LinStatic 0,609 0,000124 5,34 98 G2 LinStatic -0,649 -0,00089 5,362 117 G2 LinStatic 0,617 0,199 5,504 119 G2 LinStatic -0,773 0,839 5,996 138 G2 LinStatic 0,21 -0,553 2,658 140 G2 LinStatic -0,00587 -0,832 2,134

TABLE: Joint Reactions Qk

Joint OutputCase CaseType R1 R2 R3 ∑Fz ∑R3

Text Text Text KN KN KN KN KN

12 Qk LinStatic 3,892 7,621 37,39 972 971,97 14 Qk LinStatic -3,904 6,138 34,632 33 Qk LinStatic 10,396 -3,635 84,697 35 Qk LinStatic -10,399 -4,888 87,471 54 Qk LinStatic 9,437 0,000608 80,365 56 Qk LinStatic -9,451 -0,00445 80,342 75 Qk LinStatic 9,462 -0,00035 81,053 77 Qk LinStatic -9,575 -0,0052 81,163 96 Qk LinStatic 9,138 0,001859 80,098 98 Qk LinStatic -9,728 -0,013 80,432

(59)

57

117 Qk LinStatic 9,254 2,98 82,554

119 Qk LinStatic -11,59 12,585 89,935

138 Qk LinStatic 3,157 -8,301 39,863

140 Qk LinStatic -0,088 -12,479 32,004

TABLE: Joint Reactions SISMA Ex

Joint OutputCase CaseType R1 R2 R3 Fx ∑R1

Text Text Text KN KN KN KN KN

12 Ex LinStatic -4,689 -0,623 -3,456 66,16 -66,15 14 Ex LinStatic -4,762 0,658 3,638 33 Ex LinStatic -4,691 0,314 -2,85 35 Ex LinStatic -4,765 -0,18 2,667 54 Ex LinStatic -4,698 -0,00111 -3,156 56 Ex LinStatic -4,772 0,000582 3,155 75 Ex LinStatic -4,753 -0,00039 -3,196 77 Ex LinStatic -4,831 0,000277 3,222 96 Ex LinStatic -5,057 0,00268 -3,473 98 Ex LinStatic -5,109 -0,00316 3,314 117 Ex LinStatic -6,075 -1,093 -5,428 119 Ex LinStatic -6,191 1,081 5,498 138 Ex LinStatic -5,673 -0,189 -0,492 140 Ex LinStatic -0,084 0,033 0,557

TABLE: Joint Reactions SISMA Ey

Joint OutputCase CaseType R1 R2 R3 Fy ∑R2

Text Text Text KN KN KN KN KN

12 Ey LinStatic 0,001143 -9,371 -21,017 66,16 -66,14 14 Ey LinStatic -0,00472 -9,889 -21,982 33 Ey LinStatic -0,022 -10,483 20,985 35 Ey LinStatic 0,024 -10,925 21,951 54 Ey LinStatic 0,00117 -0,014 0,015 56 Ey LinStatic -0,0013 -0,015 0,014 75 Ey LinStatic -0,00012 -0,012 0,001685 77 Ey LinStatic -0,00042 -0,013 0,002758 96 Ey LinStatic -0,00219 -0,011 -0,015 98 Ey LinStatic 0,001396 -0,014 -0,018 117 Ey LinStatic 0,007612 -6,481 -14,128 119 Ey LinStatic -0,00892 -4,118 -13,132 138 Ey LinStatic 0,004991 -6,71 14,158 140 Ey LinStatic -0,00054 -8,095 13,164

(60)

58

5.6

VERIFICA DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI

Combinazioni delle azioni

Al fine di verificare i vari elementi strutturali, la normativa definisce una serie di combinazioni delle azioni agenti sulla struttura, così classificate:

− Combinazione fondamentale (SLU):

γG1 + G1 + γG2 +G2 + γP + P + γQ1 + Qk1 + γQ2 + ψ02 + Qk2 + γQ3 +ψ03 + Qk3 + …

− Combinazione caratteristica o rara (SLE irreversibili), da utilizzarsi nelle verifiche delle tensioni ammissibili :

G1 + G2 + P + Qk1 + ψ02 +Qk2 + ψ03 + Qk3 + …

− Combinazione frequente (SLE reversibili), da utilizzarsi nelle verifiche delle tensioni ammissibili : G1 + G2 + P + ψ11 + Qk1 + ψ22 + Qk2 + ψ23 + Qk3 + …

− Combinazione quasi permanente (SLE), generalmente impiegata per gli effetti a lungo termine: G1 + G2 + P + ψ21 + Qk1 + ψ22 + Qk2 + ψ23 + Qk3 + …

− Combinazione sismica, generalmente impiegata per gli stati limite ultimi e di esercizio connessi all’azione sismica E:

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