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Malattia diverticolare sintomatica non complicata: studio multicentrico

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ di PISA

FACOLTA’ di MEDICINA E CHIRURGIA

CORSO di LAUREA SPECIALISTICA

in MEDICINA E CHIRURGIA

MALATTIA DIVERTICOLARE

NON COMPLICATA SINTOMATICA

Studio Multicentrico

Relatore

Chiar.mo Prof. Santino MARCHI

Candidato

G.M. (SAN) Angelo MANLIO

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INDICE

INDICE ... 4 RIASSUNTO ... 8 INTRODUZIONE ... 11 EPIDEMIOLOGIA ... 11 ANATOMIA PATOLOGICA ... 12 EZIOLOGIA E PATOGENESI ... 15

STRUTTURA DELLA PARETE COLICA ... 15

MOTILITÀ ... 17

FIBRE ALIMENTARI ... 19

DIVERTICOLOSI NON COMPLICATA ... 20

DIVERTICOLOSI ASINTOMATICA ... 21

MALATTIA DIVERTICOLARE NON COMPLICATA SINTOMATICA ... 22

Caratteristiche cliniche ... 22

DIVERTICOLOSI COMPLICATA ... 29

DIVERTICOLITE NON COMPLICATA ... 29

Fisiopatologia ... 29 Caratteristiche cliniche ... 32 DIVERTICOLITE COMPLICATA ... 34 ASCESSO ... 34 FISTOLA ... 37 PERITONITE GENERALIZZATA ... 40 DIAGNOSI ... 42 TRATTAMENTO ... 47 RIFAXIMINA ... 48 CRUSCA E ISPAGULA ... 48 PARTE SPERIMENTALE ... 51 SCOPO ... 51 PAZIENTI E METODI ... 51

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ANALISI STATISTICHE ... 55

RISULTATI ... 56

SINTOMI ADDOMINALI ... 60

SINTOMI DISPEPTICI ... 62

CONFRONTO TRA PAZIENTI CON E SENZA ATTACCHI DI DOLORE ADDOMINALE PROLUNGATO ... 63

DISCUSSIONE ... 67

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RIASSUNTO

La malattia diverticolare è una malattia frequente nei paesi industrializzati. È caratterizzata dalla presenza a livello del colon di diverticoli, piccole estroflessioni sacciformi della mucosa, che ernia oltre gli strati muscolari attraverso loci minoris resistentiae che frequentemente coincidono con i punti di passaggio dei vasa recta. Tra i fattori eziopatogenetici è possibile individuare una dieta a scarso contenuto di fibre, la perdita di elasticità della parete del colon e un’alterazione della motilità colica, con prevalenza delle contrazioni di tipo segmentario. La diverticolosi e la diverticolite sono le due varianti cliniche della malattia diverticolare.. La prima indica la semplice presenza di diverticoli, in genere asintomatici, mentre la seconda indica l’evoluzione flogistica della malattia, in genere dovuta al ristagno di materiale fecale. In questo caso la malattia diverticolare sarà sintomatica, caratterizzata da sintomi aspecifici e incostanti. La clinica è caratterizzata da dolore addominale, spesso localizzato al fianco sinistro, esacerbato dai pasti ed alleviato dall’evacuazione. Sono spesso presenti gonfiore addominale ed alterazioni dell’alvo in senso stitico o diarroico. La malattia diverticolare sintomatica può evolvere nella forma complicata con la formazione di ascessi o fistole, fino alla perforazione e la peritonite.

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Il nostro studio si è posto l’obiettivo di valutare l’importanza del quadro clinico nella diagnosi differenziale tra malattia diverticolare sintomatica non complicata e la sindrome del colon irritabile.

Il campione di 598 pazienti è stato analizzato in base alla presenza di gonfiore addominale, alterazioni dell’alvo, tipo delle feci, dolore addominale e sue caratteristiche, in particolare la durata maggiore o minore delle 24 ore, oltre che parametri demografici quali la variabilità dei suddetti sintomi in base al sesso, all’età e al BMI.

Il gonfiore addominale è stato osservato nel 61% dei pazienti. Il 58% dei pazienti riferiva feci normali, feci poco formate o dure sono state riferite rispettivamente dal 29% e dal 13% dei pazienti. Sintomi di tipo funzionale simil-IBS o simil-dispepsia funzionale erano riportati dal 59% e 7% dei pazienti. Il dolore addominale di breve durata (<24 ore) era presente nel 70%, mentre quello di tipo prolungato (>24 ore) nel 27%. I sintomi simil-IBS tendevano ad associarsi (OR 4.3) ai pazienti con dolore di tipo prolungato.

Il dato che il tipo di dolore caratteristico della malattia diverticolare sintomatica non complicata sia quello di breve durata e che i sintomi simil-IBS tendano ad essere più rappresentati nei pazienti con dolore addominale di tipo prolungato, induce a supporre che la malattia

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diverticolare presenti caratteristiche cliniche analoghe all’IBS, piuttosto che sovrapporvisi. Questo dato è ulteriormente confermato dalla bassa associazione con i sintomi da dispepsia funzionale e da un rapporto maschi/femmine 1:1 nei pazienti con malattia diverticolare sintomatica non complicata, laddove l’IBS tende a prevalere nel sesso femminile.

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INTRODUZIONE

EPIDEMIOLOGIA

E’ difficile determinare la reale prevalenza della diverticolosi dal momento che la maggior parte dei pazienti è asintomatica. I dati autoptici possono sottostimare l’effettiva prevalenza in caso di mancata rilevazione da parte del patologo, mentre i dati provenienti dalla radiodiagnostica possono sovrastimarla poiché si tratta in genere di un esame effettuato in pazienti sintomatici1. Recenti studi indicano un aumento di prevalenza della malattia diverticolare in base all’età: risulta inferiore al 10% entro i 40 anni e maggiore del 50-66% sopra gli 802. Non sembrano esservi differenze di prevalenza tra i sessi3, tuttavia negli uomini sono più frequenti gli episodi di sanguinamento e nelle donne complicanze di tipo stenosante con conseguenti episodi di occlusione4.

La diverticolosi è stata definita una malattia occidentale. È estremamente rara in Africa e in Asia al contrario di Stati Uniti, Europa e Australia dove sono stati rilevati i maggiori tassi di prevalenza5.

L’aumento d’incidenza della diverticolosi sembra essere legato all’urbanizzazione di un paese ed associato all’occidentalizzazione della

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dieta, che comporta un aumento del consumo di carne associato ad un minore introito di fibre. Un importante fattore di rischio, infatti, sembra essere costituito da una dieta povera di fibre. Attualmente mancano evidenze di un’associazione della malattia diverticolare con il carcinoma colo-rettale.

La maggior parte degli studi epidemiologici sulla storia naturale della diverticolosi risalgono agli anni ’60 e ’70, ad opera di Parks6,7

. Il rilievo di un maggior numero di diverticoli in pazienti anziani ha fatto ipotizzare che il loro numero aumentasse in maniera direttamente proporzionale all’età. Al contrario, Parks evidenziò che pazienti con coinvolgimento colico totale erano in media più giovani di quelli con malattia segmentale, deducendo che il pattern di coinvolgimento colico può essere determinato precocemente e che rimane all’incirca sempre costante. Uno studio con clisma opaco eseguito in una media di 4.4 anni in pazienti con diverticolosi, non ha dimostrato apparente progressione di malattia nella maggior parte dei pazienti8.

ANATOMIA PATOLOGICA

La definizione di diverticolo vero identifica un’estroflessione sacciforme costituita da tutti i quattro strati –mucosa, sottomucosa,

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muscolare, sierosa– della parete di un viscere. I diverticoli che si repertano a livello colico sono invece quasi sempre rappresentati da pseudo diverticoli, ossia erniazioni di mucosa e sottomucosa attraverso lo strato muscolare. Ciò avviene più frequentemente in prossimità della tenia mesenterica e delle due antimesenteriche. A questo livello, infatti, le arterie nutritizie (Vasa recta) e le terminazioni nervose perforano lo strato circolare creando un locus

minoris resistenziae. Nella maggioranza dei pazienti con diverticolosi del

sigma, entrambi gli strati muscolari sono aumentati di volume. Tale fenomeno, definito miocosi, non è dovuto ad ipertrofia dello strato muscolare, ma è una conseguenza dell’accorciamento delle tenie, con conseguente ispessimento parietale e restringimento del lume.

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Il numero dei diverticoli presenti in un colon può variare da pochi a centinaia e la loro dimensione in genere oscilla tra 3 e 10 mm in diametro, ma possono anche raggiungere e superare i 2 cm. Eccezionalmente sono stati osservati diverticoli giganti di 25 cm. Più frequentemente accade che i diverticoli siano singoli, asintomatici e situati nel sigma e il loro reperto è spesso occasionale.

I diverticoli possono formarsi ovunque nel colon, ma sono state notate variazioni in base all’area geografica analizzata:

 nei paesi occidentali insorgono principalmente nel colon sinistro e fino al 90% dei pazienti ha un coinvolgimento del sigma; solo il 15% presenta un coinvolgimento della parte destra con o senza la contro-laterale9,10,11;

 il coinvolgimento destro è più frequente nelle aree Asiatiche; in uno studio effettuato su pazienti di Singapore12,13 si è visto che il colon ascendente è coinvolto nel 75% dei casi e solo nel 25% è coinvolto il tratto sigmoideo.

Sebbene non siano ancora noti i precisi fattori che determinano la predominanza a sinistra nei paesi occidentali e a destra in Asia, si crede che fattori ambientali (es. dietetici) e genetici giochino un ruolo fondamentale. Inoltre il concorso di fattori genetici e culturali può

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spiegare il motivo per il quale molti Americani sviluppino diverticolosi pan-colica.

EZIOLOGIA E PATOGENESI

Indagini dirette al chiarimento delle cause della diverticolosi colica hanno identificato tre ipotesi:

● alterata struttura della parete colica;

● anomala motilità che determina una aumento della pressione endo-luminale;

● ridotto introito di fibre con la dieta;

probabilmente tutti e tre i meccanismi contribuiscono all’insorgenza dei diverticoli.

STRUTTURA DELLA PARETE COLICA

Le iniziali descrizioni anatomo-patologiche riportavano ispessimento della parete muscolare dei tratti di colon interessati dalla diverticolosi. Tale aspetto, definito miocosi (dal Greco myo “muscolo” e

chosis “accumulare”), è dovuto ad un accorciamento delle tenie ed è

confermato dalle visioni endoscopiche, che descrivono un consensuale ispessimento delle austrature coliche. Caratteristico di questa condizione è

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l’aspetto istologico, che non è caratterizzato da iperplasia delle cellule muscolari.

Un ruolo fondamentale pare essere rivestito dai cambiamenti del tessuto connettivo (elastosi) a causa dei quali si assiste ad un aumento progressivo del deposito di elastina e collagene nella parete colica che comporta diminuzione della tensione parietale. Studi al microscopio elettronico confermano, infatti, che le pareti coliche di pazienti con diverticolosi sono composte da cellule muscolari normali ma, comparate ai controlli, contengono un aumento del deposito di elastina tra il muscolo e la tenia di più del 200%14. Inoltre l’elastina è depositata in una forma anomala, più rigida, favorendo l’accorciamento delle tenie e un ispessimento per sovrapposizione delle cellule dello strato muscolare circolare. Nei pazienti con diverticolosi è stato anche descritto un aumento della sintesi di collagene di tipo III. L’insieme di questi dati rafforza l’ipotesi che il cambiamento della composizione del collagene legato all’età giochi un ruolo eziologico15

.

In colon con diverticolosi, oltre ad un aumento totale del contenuto di collagene, è stata identificata anche la sovra-espressione di un tessuto inibitore delle metalloproteinasi16,17. Venendo meno il fattore di degradazione del collagene, le metallo proteinasi, l’esito è un aumento

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della quota totale di matrice extracellulare. L’importanza del tessuto connettivale della parete intestinale è sottolineato dagli alti tassi di diverticolosi riportati in pazienti con collagenopatie quali la sindrome di Ehlers-Danlos, la sindrome di Marfan e la sclerodermia18.

MOTILITÀ

Le indagini iniziali che utilizzavano la manometria colica - a riposo, postprandiale e neostigmina-stimolato - hanno dimostrato valori pressori intra-luminali più alti in pazienti con diverticolosi rispetto ai controlli19,20. Basandosi sulla manometria simultanea e sulla cineradiografia, Painter propose la teoria della segmentazione, secondo la quale, la contrazione segmentaria del colon al livello delle pieghe australi determina la formazione di una serie di “piccole vesciche” separate, con la genesi di segmenti a pressione eccessivamente alta21,22. Egli ha inoltre ipotizzato un ruolo della dieta Occidentale nell’indurre l’incremento delle contrazioni segmentarie e di conseguenza nel favorire la formazione dei diverticoli.

Più recentemente indagini manometriche condotte mediante il posizionamento dei cateteri in maniera più precisa e lungo tutta l’estensione del colon, grazie all’ausilio della colonscopia, ha consentito di confermare la presenza delle anomalie motorie precedentemente ipotizzate23. Inoltre pazienti con malattia diverticolare sintomatica hanno

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dimostrato di avere maggiori valori pressori colici rispetto ai pazienti asintomatici o ai controlli sani24. Si è osservato che, oltre ad una maggiore ampiezza delle contrazioni, nei segmenti colici interessati dalla diverticolosi è presente una retro-propagazione delle onde contrattili; ciò indica che in questi pazienti la motilità può essere anormale sia in grandezza che in direzione25. Tuttavia le basi fisiologiche di queste anomalie sono ancora poco chiare. Non sono state registrate alterazioni del trasporto di ioni attraverso la membrana epiteliale dei diverticoli26. Anche il numero di neuroni del plesso mioenterico e sottomucoso è normale nei colon interessati da diverticolosi. Rispetto a controlli normali, nei colon diverticolari sono stati riscontrati una riduzione del numero delle cellule di Cajal27, un’aumentata attività delle fibre nervose colinergiche eccitatorie e una diminuita attività di quelle inibitorie adrenergiche e non-colinergiche28.

I dettagli precisi di tali alterazioni neurochimiche inerenti la diverticolosi devono ancora essere chiariti, ma sembra che l’evento ultimo sia un’incongruenza tra stimoli eccitatori ed inibitori che determina un aumento delle contrazioni coliche e della pressione intra-luminale.

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FIBRE ALIMENTARI

L’ampia variazione geografica della malattia diverticolare, con alta prevalenza nei paesi con diete occidentali, ha portato il fattore dietetico ad assumere un ruolo chiave nella patogenesi. E’ stato fortemente sospettato che il basso apporto di fibre alimentari sia il principale fattore dietetico alla base di queste differenti distribuzioni geografiche. Burkitt e Painter sono stati i primi sostenitori di questa teoria e hanno definito la diverticolosi una “malattia da carenza” che, così come lo scorbuto, può essere evitata mediante il cambiamento delle abitudini alimentari29. In un importante studio dimostrarono che gli Inglesi che conducevano una dieta occidentalizzata, raffinata, a basso introito di fibre, avevano valori inferiori sia in termini di peso che di tempi di transito fecale rispetto a Ugandesi di campagna che osservavano una dieta ricca di fibre30. I prolungati tempi di transito e il minor peso fecale si crede siano dovuti all’aumentata pressione endo-luminale, che predispone ad erniazioni diverticolari, laddove feci di maggior volume, invece, erano associate a minori contrazioni coliche e minori pressioni endo-luminali. Sebbene recenti studi su coorti di pazienti occidentali abbiano smentito che questi dati siano costanti nell’uomo, esistono dati corroboranti sugli animali. Topi Wistar alimentati con una dieta a basso contenuto di fibre sviluppano diverticoli nel 45% dei casi, contro il 9% riportato in quelli alimentati ad

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alto contenuto di fibre31. Un altro studio epidemiologico sull’uomo condotto negli USA ha riscontrato una correlazione tra la riduzione dell’apporto dietetico di fibre - diminuito del 28% dal 1909 al 1975 - e l’aumento della prevalenza della malattia diverticolare32

. In uno studio inglese è stato visto che un gruppo di vegetariani con alto introito di fibre ha una minore prevalenza di diverticolosi dei non vegetariani, nelle percentuali del 12% contro il 33%33.

Le influenze della dieta per la diverticolosi possono avere diversi effetti sul colon destro e sinistro. Nell’ambito di uno studio asiatico è stato dimostrato che l’introito di frutta, verdura o altre fibre non ha alcuna relazione con l’interessamento destro del colon affetto da diverticolosi, bensì questo era fortemente associato all’assunzione di carne34

.

DIVERTICOLOSI NON COMPLICATA

La maggior parte dei pazienti con diverticolosi non presenta sintomi o è talmente pauci-sintomatica da non aver mai necessitato di attenzione medica: alcuni pazienti rimangono non diagnosticati, altri manifestano sintomi quali dolore addominale intermittente, gonfiore, flatulenza eccessiva e defecazione irregolare.

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DIVERTICOLOSI ASINTOMATICA

La diverticolosi asintomatica viene solitamente diagnosticata in maniera incidentale in pazienti che si sottopongono ad altri controlli quali ricerca di sangue occulto o colonscopia. Con l’aumento del numero di persone che si sottopongono a screening colonscopico per il carcinoma colo-rettale (CRC), è probabile che si assista ad un aumento delle diagnosi di pazienti che rimangono comunque asintomatici. Per questi pazienti non è stata determinata una chiara indicazione terapeutica, né un determinato follow-up.

Un possibile ruolo benefico di una dieta ricca di fibre è stato suggerito da due pubblicazioni su 47.888 pazienti, seguiti per 4 anni, nei quali sono stati identificati 385 nuovi casi (0.75%) di malattia diverticolare sintomatica35,36. Uno studio sui fattori dietetici ha dimostrato che una dieta ricca di fibre è inversamente proporzionale al rischio di sviluppare malattia diverticolare sintomatica. E’ stato inoltre evidenziato un maggior effetto protettivo da parte delle fibre contenute nella frutta e nella verdura rispetto a quelle contenute nei cereali. Contrariamente, diete ricche di grassi animali e carne rossa sono associate ad un aumentato rischio di malattia diverticolare. I risultati suggeriscono che i pazienti con diverticolosi asintomatica e con malattia diverticolare non complicata

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sintomatica (SUDD) possono trarre benefici dall’osservazione di diete ricche in fibre (frutta e verdura) e povere di grassi animali e carni rosse, un considerevole cambio di stile di vita che, probabilmente, avrebbe ulteriori effetti benefici.

MALATTIA DIVERTICOLARE NON COMPLICATA SINTOMATICA

Caratteristiche cliniche

Il decorso della diverticolosi, come precedentemente accennato, è asintomatico, tuttavia il 15% dei pazienti sviluppa sintomatologia a carico dell’apparato gastrointestinale: questa condizione viene definita malattia diverticolare non complicata. Sintomo principale ne è il dolore addominale associato o meno a gonfiore addominale e alterazioni dell’alvo.

E’ spesso difficile stabilire un nesso di causalità tra i sintomi addominali e la diverticolosi, tuttavia la malattia può essere inquadrata come malattia diverticolare non complicata sintomatica qualora siano presenti concreti indizi di una diverticolite in assenza di un grave interessamento infiammatorio. La maggior parte dei pazienti con malattia diverticolare non complicata sintomatica si presenta con dolore al quadrante inferiore sinistro. Tale carattere ha portato gli inglesi a definirla come “malattia diverticolare dolorosa”. Il dolore è spesso esacerbato dai

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pasti e smorzato dalla defecazione o dal passaggio di aria. I pazienti possono anche riportare sintomi di disfunzione colica inclusi gonfiore, costipazione, diarrea o mucorrea. All’esame obiettivo il quadrante inferiore sinistro può risultare regolarmente trattabile, con Blumberg negativo e assenza di contrattura antalgica. I tassi di positività del sangue occulto fecale nella diverticolosi sono sovrapponibili a quelli dei pazienti sani37.

In passato il clisma opaco veniva comunemente usato su molti pazienti come esame iniziale poiché era in grado di identificare il numero, la sede e la dimensione dei diverticoli. Questo però non era sufficiente a escludere in pazienti con diverticolosi la presenza di malattie associate o sovrapposte, come il carcinoma del colon. Nei pazienti nei quali il clisma opaco mostrava diverticolosi sigmoidea, la successiva colonscopia confermava solo il 55% delle lesioni neoplastiche che erano state ipotizzate dalla lettura del clisma opaco ed identificava lesioni polipoidi che il clisma non aveva evidenziato (tasso del 24% di falsi negativi)38.

La valutazione endoscopica ha assunto un ruolo di primordine, specie nell’escludere la neoplasia. Il clisma opaco può comunque essere utile in certi casi, soprattutto qualora la colonscopia non si possa condurre con sufficiente sicurezza e accuratezza. Inizialmente si credeva che la

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colonscopia non fosse sicura in pazienti con diverticolosi a causa dell’aumentato rischio di perforazione. Successivamente è stato dimostrato, invece, che le pressioni alle quali i diverticoli possono rompersi - misurate con manometro - sono di gran lunga superiori a quelle alle quali viene condotta l’endoscopia, anche nei casi in cui si verifichi una pressione dell’endoscopio sulla parete o una consistente insufflazione d’aria39

. I dati sovraesposti, congiuntamente ai diversi anni di esperienza clinica, hanno dimostrato la relativa sicurezza dell’utilizzo della colonscopia nella valutazione di pazienti con sintomi addominali.

Si deve comunque procedere con molta cautela in pazienti con diverticolite sospetta o diagnosticata a causa del potenziale rischio di perforazione della parete di un diverticolo che, a causa dell’infiammazione, potrebbe aver perso la sua integrità. In ogni paziente dovrebbe essere ridotta l’insufflazione dell’aria ed evitata l’eccessiva forza durante la progressione dell’endoscopio. Colon pieni di diverticoli, per l’endoscopista, possono essere difficoltosi da indagare a causa di spasmo, restringimento del lume, aderenze per precedenti stati infiammatori e fibrosi o errori di riconoscimento tra il lume e le aperture diverticolari.

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Sono state proposte diverse soluzioni per risolvere tale problema. Nello studio di colon difficilmente esplorabili, potrebbe essere d’aiuto l’uso di un endoscopio pediatrico dal diametro minore. Un gruppo di pazienti con sigma non esplorabili tramite un endoscopio per adulti è stato esaminato con endoscopio pediatrico: ha riportato tassi di successo maggiori del 90% e difatti il 44% di loro aveva diverticolosi40. Uno studio di comparazione tra la colonscopia con strumento pediatrico e quella con strumento classico ha portato a pensare che la causa ostativa alla riuscita dell’esame risiedesse nella stenosi dovuta alla malattia diverticolare riscontrata in dodici pazienti su quattordici dell’endoscopia con strumento classico a fronte dei due su otto dell’endoscopia con strumento pediatrico41. Pare che la sigmoid floatation maneuver - tecnica che prevede la distensione del lume grazie all’istillazione di 100/300 ml di acqua - abbia facilitato l’esecuzione della colonscopia in sei casi di malattia diverticolare severa tecnicamente difficili da indagare42.

Occasionalmente gli endoscopisti possono incontrare diverticoli invertiti, ossia diverticoli che invece di protrudere al di fuori, si aggettano verso l’interno del lume. Endoscopicamente tale morfologia diverticolare assomiglia a quella dei polipi, sebbene sia possibile distinguerla da quest’ultima sulla base della normale mucosa che li riveste, dell’ampia base e della localizzazione all’interno di gruppi di diverticoli. Quando

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manipolati con la sonda endoscopica o con le pinze da biopsia, questi possono facilmente spostarsi e ridursi. Al clisma opaco i diverticoli invertiti appaiono come polipi sessili ad ampia base d’impianto provvisti di una tipica ombelicatura centrale43. Non sempre è possibile differenziare un diverticolo invertito da un polipo; ma è bene ricordare che quando si incontrano diverticoli invertiti la loro rimozione dovrebbe essere evitata. Sono riportate diverticolotomie endoscopiche involontarie44, in seguito alle quali i pazienti hanno subito dei regolari ricoveri associati a terapia conservativa.

La presentazione dei sintomi di malattia diverticolare non complicata sintomatica si sovrappone considerevolmente a quella della sindrome del colon irritabile - irritable bowel syndrom - IBS. Alcuni autori hanno infatti supposto che i diverticoli siano una conseguenza tardiva dell’ IBS. In uno studio su una coorte danese di pazienti con IBS, un terzo dei quali presentava diverticoli, non sono state trovate differenze nei sintomi o nella prognosi tra i pazienti con i diverticoli rispetto a quelli senza, nemmeno durante i cinque anni di follow-up45.

Le osservazioni hanno portato alla conclusione che non esistono basi per considerare la malattia diverticolare non complicata sintomatica come un’entità separata dall’IBS. Ritchie riportò che c’è una somiglianza

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della sensazione dolorosa da distensione di pallone rettale tra i pazienti con IBS e quelli con diverticolosi46. La mancanza di una chiara indicazione sulla coincidenza o la sovrapposizione tra le due condizioni cliniche tuttavia non modifica la gestione clinica quotidiana, che attualmente consiste nel trattamento sintomatico ed è caratterizzata, per entrambi i disturbi, da una buona prognosi.

Nonostante la malattia diverticolare sia una malattia abbastanza comune, esistono pochi studi che delineano le caratteristiche cliniche della malattia diverticolare non complicata sintomatica e permangono dubbi come sintomi specifici associati e fattori inducenti la diverticolite che la rendono tutt’ora argomento di chiarificazione. Un recente studio prospettico della durata di cinque anni ha mostrato come la malattia diverticolare non complicata sintomatica abbia un decorso benigno con bassa incidenza di complicanze (1.4%) e che diverticolite e malattia diverticolare sembrino costituire due entità cliniche differenti con un minimo crossover tra i gruppi47.

I sintomi addominali, comunemente osservati nella malattia diverticolare non complicata sintomatica, possono risultare indistinguibili da quelli dell’ IBS e, ad oggi, esistono pochi dati per separare i complessi sintomatologici dei due disordini che, anzi, sembrano essere ampiamente

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sovrapposti48,49. In ogni caso rimane ancora argomento di dibattito se i sintomi della malattia diverticolare non complicata sintomatica possano essere considerati separatamente o se riflettano l’IBS. Tra i pazienti con malattia diverticolare non complicata sintomatica reclutati per un trattamento di protocollo, i sintomi addominali più comunemente riportati sono i seguenti: gonfiore, seguito da dolore addominale basso o sensazione di malessere, tenesmo e diarrea o perdita di feci liquide50; sintomi comunemente riferiti anche da pazienti con IBS. Un recente studio51 sulla popolazione di una comunità americana ha mostrato che c’è un consistente aumento della frequenza di malattia diverticolare in soggetti con IBS rispetto a quelli senza. Uno studio che indirizza i pattern di dolore addominale verso la malattia diverticolare ha riportato che episodi di dolore addominale prolungato, di presunta origine infiammatoria da diverticolite, sono frequentemente seguiti nel tempo da dolore passeggero simil-IBS52. Ciò suggerisce che l’infiammazione acuta mucosale possa comportare prolungati cambi della motilità e sensibilità intestinale come probabilmente succede nell’ IBS post-infettiva53

. In pazienti con sintomi addominali bassi, spesso coesistono sintomi dispeptici che peggiorano il quadro clinico54,55, ma ad oggi non esistono dati sulla coesistenza e sul ruolo dei sintomi dispeptici in pazienti con malattia diverticolare non complicata sintomatica.

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DIVERTICOLOSI COMPLICATA

La diverticolite, definita come infiammazione, infezione o entrambe, associata ai diverticoli, che coinvolge dal 10 al 25% dei pazienti con diverticolosi, è la manifestazione clinica più frequente di tale disordine56. Generalmente si crede sia il risultato della perforazione di un singolo diverticolo57, quando questo evolve in flemmone localizzato si utilizza il termine di diverticolite non complicata. Essa si riferisce ai casi associati ad ascesso, perforazione libera con peritonite, fistola o ostruzione58. L’altra maggiore espressione di malattia diverticolare complicata oltre alla diverticolite è rappresentate dal sanguinamento.

DIVERTICOLITE NON COMPLICATA Fisiopatologia

Il processo in seguito al quale un diverticolo si infiamma è stato paragonato a ciò che provoca l’appendicite, nella quale il sacco diverticolare si ostruisce a causa dell’addensamento di feci a livello del collo e le feci erodono la mucosa del sacco causando una leggera infiammazione e un ulteriore blocco del drenaggio. Istologicamente uno dei segni più precoci di infiammazione è dato dall’iperplasia del tessuto linfoide della mucosa con l’aggregazione del medesimo tessuto a livello dell’apice del sacco coinvolto59. L’ostruzione del diverticolo predispone

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all’espansione della normale flora batterica, al diminuito deflusso venoso con ischemia localizzata e ad alterazioni dei meccanismi di difesa della mucosa. Una tale alterazione è rappresentata da un difetto della via apoptotica CD2-indotta, difetto che è stato rilevato in linfociti della lamina propria di pazienti con diverticolite. Questa alterazione probabilmente determina una up-regulation della risposta immunitaria in questi pazienti simile a quella vista nei pazienti con IBD60. Attualmente si ritiene che anche la riattivazione del citomegalovirus (CMV) possa contribuire all’attività infiammatoria locale. Questo è suggerito dal riscontro di un’attiva replicazione del virus nel colon dei 2/3 dei pazienti con diverticolite61.

La cascata di eventi scatenata dall’ostruzione fecale, probabilmente peggiorata dalla presenza di anormalità congenite o acquisite, permette ai batteri di infiltrarsi nella mucosa e di dare coinvolgimento trans-murale portando fino alla perforazione62. L’estensione e la localizzazione della perforazione determinano il suo andamento clinico. Micro perforazioni possono rimanere facilmente localizzate, contenute dal grasso pericolico e mesenterico e causare piccoli ascessi pericolici. Una perforazione di maggiori dimensioni può portare alla formazione di un ascesso più grande che può espandersi longitudinalmente attorno alla parete intestinale. Questo processo può portare alla formazione di una grande massa

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infiammatoria o di fistole, a fibrosi o ad estensione agli organi circostanti. La perforazione libera nel peritoneo può portare a peritonite batterica o fecale, con pericolo di morte, ma fortunatamente è rara (4 casi su 100.000 all’anno)63,64

. Hinchey e altri autori hanno descritto un grado di stadiazione che riflette l’andamento della perforazione65.

STADIO 0 Ispessimento parietale diverticolare < 4 mm (flogosi) STADIO 1

Ascesso pericolico Ascesso o flemmone pericolino < 3cm con iperdensità del grasso pericolico (flogosi)

STADIO 2

Ascesso pelvico Ascesso pelvico da 5 a 15 cm di diametro in contiguità con gli organi pelvici

STADIO 3

Ascessi peritoneali Ascessi multipli nella cavità peritoneale e nel retroperitoneo

STADIO 4 Perforazione diverticolare e peritonite stercoracea

Presenza di feci ed aria in cavità peritoneale.

DIVERTICOLITE ACUTA: stadiazione chirurgica (Hinchey 1978)e TC (Courtney 1989).

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Caratteristiche cliniche

Nei paesi occidentali, i pazienti con diverticolite acuta riferiscono tipicamente dolore al quadrante inferiore sinistro, aspetto che riflette la tendenza di questa malattia a verificarsi soprattutto nel sigma in queste aree geografiche. In caso di dolico-sigma, tuttavia, il dolore può presentare sedi atipiche, arrivando anche a destra o in regione sovra-pubica. Al contrario, nei paesi asiatici più frequentemente i pazienti riferiscono il dolore a destra, corrispondente alla sede più frequente di presentazione dei diverticoli, in questi paesi66.

Il dolore può essere costante o intermittente e frequentemente è associato ad alterazioni dell’alvo, sia in senso diarroico che stitico67

, e possono presentarsi anche anoressia, nausea e vomito. Disuria ed alterazioni della frequenza minzionale possono derivare da irritazione vescicale, in seguito a trasmissione per contiguità con il sigma.

L’esame obiettivo solitamente rivela dolorabilità soprattutto alla fossa iliaca sinistra. La presenza di dolore addominale ai quadranti destri, tuttavia, non deve far escludere la presenza di diverticolite. Possono essere presenti i seguenti reperti: contrattura da difesa, segno di Blumberg o una massa palpabile, cilindrica, di consistenza morbida. Sarà presente ipo-peristaltismo, ma la peristalsi può essere normale nei casi di diverticolite

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lieve. In caso di occlusione si potrebbe riscontrare iper-peristaltismo. L’esplorazione rettale è una fase importante dell’esame obiettivo nel sospetto di diverticolite: un’esplorazione dolorosa può essere un segno di peritonite, se si apprezza dolorabilità al contatto con lo scavo di Douglas. È inoltre possibile riscontrare la presenza di una massa palpabile, espressione di un eventuale ascesso pelvico basso. E' raro il riscontro di shock o ipotensione, mentre risultano frequenti la febbre e la leucocitosi, nonostante alcuni studi riportino il mancato aumento dei globuli bianchi nel 46% dei casi68. Gli altri esami di laboratorio peccano di utilità, anche se possono aiutarci nell'escludere altre ipotesi diagnostiche.

Diverse sono le patologie con le quali la diverticolite entra in diagnosi differenziale. L'appendicite acuta costituisce il più tipico esempio di errore, specialmente in pazienti con diverticolite a prevalente interessamento destro. Ad Hong Kong, dove è lecito aspettarsi un'alta prevalenza di diverticolite nel colon destro, è stato registrato un tasso di diagnosi erronee di appendicite acuta di 34 su 35 pazienti con diverticolite destra69. Sebbene l'appendicite sia una malattia che colpisce pazienti più giovani, il range d'età interessata può variare ampiamente per entrambe le patologie. Tra le diagnosi da escludere, dobbiamo tenere in considerazione la sindrome dell’intestino irritabile (IBD), altre forme di colite (infettiva o ischemica), il cancro colo-rettale e patologie di interesse ginecologico

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quali la malattia infiammatoria pelvica e la rottura o torsione di cisti ovariche.

DIVERTICOLITE COMPLICATA

ASCESSO

Quando si verifica la perforazione di un diverticolo colico tanto il decorso clinico quanto il trattamento sono legati alla capacità del grasso peri-colico di controllare espansione del processo infiammatorio. Inizialmente si sviluppa un flemmone localizzato a espansione limitata. Successivamente si può assistere alla formazione di un ascesso di maggiori dimensioni, locale o anche a distanza. Se il contenuto di tale ascesso dovesse diffondere nel peritoneo, causerebbe una peritonite purulenta o stercoracea (stadi III e IV di Hinchey) con sepsi e morte se il paziente non venisse sottoposto a chirurgia d’urgenza. L’esame obiettivo dell’addome può rivelare una massa nel quadrante inferiore sinistro. Sono inoltre presenti, e correlati al grado di infiammazione, febbre, tachicardia e leucocitosi. Il trattamento iniziale consiste nella somministrazione endovenosa di antibiotici ad ampio spettro (es. cefalosporine di II e III generazione) e nella messa a riposo dell’intestino. Se non dovesse

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verificarsi un miglioramento clinico entro 48-72 ore o addirittura la sintomatologia del paziente dovesse peggiorare, andrebbe sospettata la presenza di un ascesso addominale. Un ascesso può essere diagnosticato e differenziato da un flemmone per mezzo dell’ecografia o, meglio, della TC che è utile sia in senso diagnostico che terapeutico. In precedenza, quando veniva sospettato o diagnosticato un ascesso, si procedeva con l’intervento chirurgico con la tecnica di Hartmann in due tempi. Più recentemente, l’applicazione della TC per localizzare e drenare percutaneamente ascessi ha avuto successo nel convertire una situazione di emergenza in una semi-elettiva70,71,72. Con l’ecografia è stato eseguito anche il riscontro di un ascesso diverticolare seguito dall’efficace drenaggio percutaneo73. Una volta che l’ascesso viene drenato, può essere eseguita l’iniezione di mezzo di contrasto idrosolubile per valutare la risoluzione della cavità ascessuale così come per svelare la presenza di una eventuale fistola.

La resezione precoce viene eseguita 10-14 giorni dopo il drenaggio della cavità ascessuale; in questo periodo il paziente viene mantenuto in nutrizione parenterale totale e gli vengono somministrati antibiotici endovenosi ad ampio spettro. Questo lasso di tempo è necessario perché il processo infiammatorio si risolva e permetta una procedura chirurgica più

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efficace, che è più probabile venga completata in un singolo stadio con ripristino consensuale della continuità intestinale.

Un’ulteriore strategia di approccio consiste nel drenaggio palliativo di un ascesso mediante guida TC. Questa procedura consente di controllare rapidamente la sepsi e stabilizzare il paziente, potendo rinviare l’intervento chirurgico ad un secondo momento - dopo circa 3-4 settimane - quando esso potrà essere eseguito in maniera più sicura e in un singolo tempo.

L’ascesso pelvico si verifica quando la perforazione è contenuta dalle strutture adiacenti che circondano la cavità pelvica. La presentazione clinica è simile a quella descritta. Comunque segni e sintomi possono essere più sfumati per la protezione data dalle pareti contigue, mascherando così la presenza dell’ascesso. L’esplorazione rettale o vaginale può rivelare una massa prominente o dolente. Se l’ascesso è posto nella pelvi mediana o superiore non sarà palpabile alcuna massa. Il trattamento dell’asceso pelvico è il medesimo descritto sopra. Nell’ipotesi in cui il drenaggio trans-pelvico risultasse difficile, si può eseguire un drenaggio trans-vaginale o trans-rettale. Questo può essere guidato per le rispettive vie ecografiche condotte al fine di localizzare con certezza la cavità ascessuale e permettere di drenarla in sicurezza.

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FISTOLA

La fistola è un tramite che si genera tra due visceri cavi o tra un viscere cavo e la superficie cutanea o un tramite a partenza da un viscere cavo e a fondo cieco. La sua genesi è connessa ai processi infiammatori che determinano una progressiva erosione della parete del viscere ed adesione con gli organi adiacenti. La fistolizzazione è una complicanza frequente in presenza di ascessi, riportata nel 5-33% dei pazienti con malattia diverticolare che richiedono l’intervento. E’ importante anche in presenza di fistole effettuare una diagnosi differenziale con altre condizioni che possono essere alla base della complicanza, come il carcinoma del colon o una Malattia di Crohn. La colonscopia è il gold standard per effettuare una diagnosi differenziale, in quanto consente di effettuare campionamenti bioptici delle aree interessate dalla patologia. Gli effetti sulla scelta della strategia chirurgica da operare sono significativi: in caso di diagnosi istologica di fistola inserita nel contesto di una lesione neoplastica, sarà indicata una resezione chirurgica più ampia con toilette linfonodale.

Le fistole che possono formarsi in presenza di malattia diverticolare possono interessare numerosi organi e sedi diverse: vescicale, cutanea, vaginale, enterica, ureterale, uterina,

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colo-38

salpingea, colo-perineale, colo-appendicolare e colo-venosa. Le fistole colo-vescicali sono più frequenti negli uomini (2-6:1)74,75; nelle donne, invece, tra vescica e colon s’interpone l’utero che agisce probabilmente come scudo protettivo. Tale effetto protettivo viene rimarcato dal riscontro che l’83% di pazienti femmine che sviluppano una fistola colo-vescicale ha avuto una precedente isterectomia76.

Pazienti con fistole da malattia diverticolare possono presentarsi con i segni e sintomi della diverticolite che precedono lo sviluppo della fistola oppure con i segni e sintomi collegati alla fistola stessa; in quest’ultima evenienza i sintomi sono dovuti all’organo in cui termina il tramite fistoloso. I pazienti con fistola colo-vescicale si presenteranno spesso con i sintomi di una infezione delle vie urinarie (75%) e pneumaturia (60%). Raramente il paziente si presenterà con perdita di urine dal retto77. Il 95% delle fistole colo-cutanee associate a diverticolite è di natura iatrogena, solo il 5% si sviluppa spontaneamente78. Una stomia di derivazione non previene la formazione della fistola, tuttavia è stata dimostrata diminuirne la morbidità. La diagnosi di fistola colica associata a diverticolite può essere al contempo semplice e difficile, a seconda delle dimensioni della fistola e dell’organo con il quale essa comunica. La TC il più delle volte conferma con accuratezza una fistola colo-vescicale dimostrando aria in vescica. Questa indagine è utile anche per valutare

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estensione e grado dell’infiammazione peri-colica, reperto che ci aiuta sia nella diagnosi che nella pianificazione dell’intervento. Il clisma opaco pare dimostri la comunicazione solo nel 50% dei pazienti ma conferma la presenza della malattia diverticolare. La cistografia è stata dimostrata identificare la fistola in circa il 30% dei pazienti79. La cistoscopia mostra l’orifizio interno in meno del 50% dei pazienti, anche se sono state notate anomalie nel 90% di essi, con il riscontro di edema bolloso o cistite localizzata nell’area della fistola80

. Fistole colo-enteriche possono essere solitamente dimostrate mediante clisma opaco. Una vaginografia svelerà una fistola colo-vaginale e l’isterografia una colo-uterina.

L’intervento chirurgico di emergenza è raramente necessario in presenza di una fistola provocata da diverticolite. Spesso la formazione delle fistole porta a un miglioramento della condizione clinica del paziente poiché permette il drenaggio naturale di un ascesso addominale. Il trattamento iniziale deve essere diretto verso l’identificazione ed il controllo della sepsi associata; quest’ultima può essere presente nel paziente che abbia una cavità ascessuale persistente o solo parzialmente drenata. In un paziente con fistola sigmoido-vescicale ed occlusione del tratto urinario distale, la sepsi va trattata mediante sollievo dell’occlusione con catetere di Foley o mediante cistostomia sovra-pubica e somministrazione di adeguati antibiotici endovenosi.

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Il principio generale del trattamento delle fistole è rimuovere la fonte di flogosi dalla sede di primario interessamento. Una volta controllata la sepsi, la maggioranza di questi pazienti può essere sottoposta ad una preparazione pre-operatoria dell’intestino e sarà, perciò, candidata adatta ad una resezione in un tempo singolo81. Il colon è solitamente aderente al viscere con il quale la fistola comunica. In genere è possibile riuscire ad effettuare un’adesiolisi e separare il colon fonte di flogosi dall’organo a cui è adeso, senza effettuare resezioni anche a carico del viscere secondariamente interessato.

PERITONITE GENERALIZZATA

Una perforazione libera nella cavità peritoneale produce una peritonite generalizzata. Riscontri su prelievi di liquido peritoneale consentono di identificare la presenza di una peritonite purulenta o di una peritonite stercoracea. La peritonite purulenta può sorgere dalla rottura improvvisa di un ascesso pelvico o peri-colico precedentemente capsulato o da una persistente perforazione diverticolare che drena continuamente materiale in cavità peritoneale. Spesso non si riesce ad identificare la sede della perforazione. I pazienti lamentano un forte dolore addominale, spesso ad insorgenza acuta. Lungo l’intero addome è presente riflesso di difesa, volontario e non. Radiografie addominali possono mostrare aria

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libera in peritoneo, ma la sua assenza non può escludere la diagnosi. Viene generalmente osservata leucocitosi, benché in alcuni pazienti una leucopenia possa accompagnare quadri di sepsi severa, specialmente in soggetti anziani, immunocompromessi o profondamente disidratati. In questo caso l’intervento chirurgico andrà eseguito in urgenza, in seguito alla stabilizzazione dei parametri vitali.

Le linee guida per operazioni di emergenza su paziente con peritonite generalizzata, secondaria a diverticolite perforata, includono una limitazione dell’estensione della resezione al segmento perforato, il che eviterà di aprire ulteriori vie di sepsi derivanti da una estesa dissezione peritoneale o mobilizzazione colica. È importante effettuare un esame istologico intra-operatorio; nel caso di riscontro di una neoplasia a livello del tratto asportato, sarà necessario procedere ad una resezione più ampia se le condizioni generali del paziente lo consentono. Dopo la resezione bisogna lavare abbondantemente la cavità peritoneale con soluzione fisiologica calda. Se è presente una cavità ascessuale bisogna lasciare posizionato un drenaggio. Viene in genere confezionata una colostomia terminale su colon discendente. Su pazienti selezionati è stata adottata la resezione primaria con anastomosi immediata, ma non è una procedura ampiamente accettata82. I principi alla base dell’estensione della resezione, come precedentemente descritti, vanno applicati nel corso del secondo

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tempo, quando viene demolita la colostomia e ripristinata la continuità intestinale.

La manifestazione più catastrofica, benché meno comune, di diverticolite perforata, è rappresentata dalla peritonite stercoracea. In questo caso, il paziente sviluppa rapidamente una peritonite generalizzata per lo stillicidio di materiale fecale. La più alta percentuale di mortalità si associa a questa condizione. Tra i pazienti con peritonite diffusa, è stata registrata una mortalità del 6%, paragonata al 35% di quelli con peritonite stercoracea83,84. Fattori identificati con l’aumento del rischio di mortalità includono la sepsi persistente, la peritonite fecale e l’ipotensione pre-operatoria, nonché la prolungata durata dei sintomi. Una stabilizzazione dei parametri vitali pre-operatoria, seguita da resezione di emergenza senza anastomosi, rimane il trattamento di scelta85.

DIAGNOSI

La maggior parte dei pazienti con diverticolite acuta si presenta con segni e sintomi sufficienti a porre il sospetto diagnostico ed esortare il paziente ad iniziare una terapia empirica. La diagnosi clinica, però, ha i suoi limiti: le diagnosi di diverticolite, effettuate in urgenza, in un a percentuale che varia dal 34 al 67% vengono smentite sul tavolo

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operatorio86. Pertanto di fondamentale importanza è l’ausilio degli esami radiologici per confermare la diagnosi, soprattutto nei casi in cui potrebbe essere richiesto l'intervento.

Nel paziente con diverticolosi le radiografie dirette dell'addome sono normali. La diagnosi viene più spesso ottenuta grazie al clisma opaco che è anche la miglior via per esaminare l'estensione e la gravità della malattia. I diverticoli possono essere distribuiti lungo l'intero colon, ma le sedi più spesso interessate nelle nostre aree geografiche sono il colon sinistro ed in particolare il sigma. Comuni reperti radiologici accessori sono spasmo colico, sacculazione ed intrappolamento di mezzo di contrasto nel diverticolo.

Lo studio del colon viene eseguito per confermare il sospetto diagnostico o per escludere altre diagnosi, in particolare di tipo oncologico.

Nei pazienti con diverticolosi il clisma opaco sembrerebbe essere più affidabile ed accurato della colonscopia nel rilevare tanto la presenza o l'assenza dei diverticoli quanto la loro distribuzione. Nonostante ciò, alcune casistiche riportano valori di accuratezza del clisma opaco inferiori al 50%87,88. Ciò può essere dovuto alla sovrapposizione di un dolico-sigma, a una scarsa visualizzazione o alla morfologia di un segmento (es.

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ristretto, spastico o a zig-zag) in cui sia difficile identificare il profilo endo-luminale. Inoltre, in alcuni casi, i diverticoli possono mimare dei polipi per la loro inversione o come risultato di un accumulo di feci aderenti89,90. Il clisma opaco è venuto in disuso per la valutazione di una diverticolite acuta dopo l'introduzione della TC. Benché si impieghi mezzo di contrasto idro-solubile, l'iniezione sotto pressione dello stesso nel colon comporta il rischio di diffondere l'infezione attraverso un diverticolo perforato.

La TC ha ormai preso il posto del clisma opaco come indagine diagnostica di prima scelta in caso di diverticolite acuta, anche perché ha la capacità di indagare l'interessamento parietale ed extra-luminale della malattia o la presenza di ascessi. La scansione della pelvi e dell'addome viene solitamente eseguita tramite l'instillazione di un mezzo di contrasto idro-solubile somministrato sia per os che per via rettale, oltre che di un mezzo di contrasto endovenoso se non contrariamente indicato. I criteri diagnostici di diverticolite includono la presenza di diverticoli con infiammazione del grasso peri-colico, l’ispessimento della parete colica e la formazione di ascessi.

I primi risultati di studi tomografici su diverticolite riportano la presenza di infiammazione del grasso peri-colico nel 98% dei casi,

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presenza di diverticoli nell'84%, un ispessimento della parete colica maggiore di 4 mm nel 70% ed un ascesso nel 35%91. Il clisma opaco eseguito negli stessi pazienti sottostima l'estensione della malattia in 15 pazienti su 37 (41%). Ulteriori studi condotti in seguito per comparare queste due tecniche hanno dimostrato che la TC vanta una sensibilità del 95-98% ed una specificità del 75-100%, dimostrandosi più accurata del clisma opaco92,93,94. La TC ha anche dimostrato di essere altamente specifica e sensibile in caso di diverticolite destra e nella diagnosi differenziale con il cancro colo-rettale del colon ascendente95,96. Nonostante alcuni risultati mostrino una ridotta sensibilità della TC per la diverticolite97,98, è sempre più accreditata l'idea che essa rappresenti l'indagine diagnostica di riferimento per la diagnosi di questa malattia, specie in casi dubbi o di peggioramento sintomatologico.

La colonscopia si è dimostrata essere utile soprattutto nella diagnosi differenziale tra malattia diverticolare e carcinoma. Tuttavia questa tecnica presenta dei limiti soprattutto nel sospetto di diverticolite. Nella valutazione iniziale di un paziente con sospetta diverticolite, l’endoscopia viene generalmente evitata, a causa del fatto che lo strumento stesso, o l’aria insufflata, possano favorire una perforazione. Nei casi dubbi, una sigmoidoscopia a minima insufflazione può essere utile per escludere diagnosi alternative come IBD, neoplasie o coliti ischemiche.

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Tuttavia i dati statistici riportano che solo nel 50-73% dei casi il clisma opaco è stato sufficiente a visualizzare tutti i segmenti interessati da diverticolite99,100. Una valutazione su 125 pazienti con malattia diverticolare complicata ha identificato un carcinoma associato solo nel 17% degli stessi101. Per questo motivo, a scopo preventivo, è utile che una colonscopia venga sempre eseguita in pazienti con diagnosi sospetta o confermata di diverticolite, in elezione, ad almeno tre mesi di distanza dall’evento acuto.

La risonanza magnetica fornisce un quadro chiaro dei tessuti molli dell'addome, tuttavia il costo di questo esame spesso supera di gran lunga i vantaggi che presenta rispetto alla TC con contrasto o alla colonscopia.

Una angiografia può essere utile in tutti quei pazienti nei quali vi è evidenza di un sanguinamento grave e che possono richiedere un intervento chirurgico. Affinché questa procedura sia diagnostica, l'entità del sanguinamento deve essere almeno di 0,5 ml al minuto.

Non esiste un esame del sangue specifico ed indicativo di diverticolosi.

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TRATTAMENTO

Nella prevenzione delle complicanze della malattia diverticolare non esistono studi randomizzati che confrontino gli effetti di una dieta ricca di fibre o di una dieta associata a supplementi di fibre rispetto al placebo. Per una questione di logica, una dieta con le fibre aiuta la peristalsi intestinale e previene la formazione di tasche diverticolari, a meno che un soggetto non sia affetto da malattie infiammatorie intestinali. Tale patologia, infatti, non consente l’impiego di fibre le quali avrebbero un’azione irritativa e lesionante sulle mucose già fragili ed infiammate. Di seguito sono riportati i farmaci solitamente utilizzati e le loro indicazioni:

 Rifamixina  Glucomannano  Crusca  Ispagula  Metilcellulosa  Lattulosio

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RIFAXIMINA

Uno studio randomizzato ha trovato che l'associazione di rifaximina e glucomannano, rispetto a glucomannano più placebo, aumentava significativamente il numero di soggetti liberi da sintomi dopo 12 settimane di trattamento.

Un altro studio randomizzato, effettuato su 168 soggetti con malattia diverticolare non complicata, ha permesso il confronto tra gli effetti di una dieta con supplemento di fibre (glucomannano 2 g/die) più rifaximina somministrata per bocca (400 mg 2 volte al giorno) e gli effetti di una dieta con supplemento di fibre (glucomannano 2 g/die) più placebo. Tali trattamenti sono stati somministrati per 7 giorni al mese per un anno e dopo 12 mesi la rifaximina, rispetto al placebo, ha incrementato il numero di soggetti che non lamentavano sintomi o lamentavano solo sintomi minori (69% con rifaximina vs 39% con placebo). Pertanto l’impiego di rifamixina a cicli di 7 giorni al mese, trova attualmente indicazione con evidenza clinica nel trattamento della malattia diverticolare.

CRUSCA E ISPAGULA

Due studi randomizzati non hanno ottenuto risultati omogenei sugli effetti della crusca o del tegumento di ispagula rispetto al placebo sui sintomi della malattia diverticolare non complicata.

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Alcuni studi condotti in doppio cieco - 76 soggetti con malattia diverticolare non complicata senza altri disturbi gastroenterici e nessun precedente intervento chirurgico sull’addome - hanno messo a confronto tre trattamenti:

 pane a base di crusca (6.99 g fibre/die);

 bevanda di tegumento di ispagula, cioè un lassativo volto ad aumentare la massa fecale (9.04 g fibre/die);

 placebo (2.34 g fibre/die).

Non sono state trovate differenze significative in termini di dolore addominale, sintomi colo-rettali - dolore associato a sensazione d’evacuazione incompleta, difficoltà all’evacuazione, consistenza aumentata delle feci, meteorismo e assunzione di lassativi - e sintomi di carattere generale, inclusi nausea, vomito, dispepsia, eruttazione e distensione addominale.

Si aveva un elevato introito di fibre che determinava una significativa riduzione della difficoltà all’evacuazione (crusca vs placebo P<0.01; ispagula vs placebo P<0.001), con un incremento della componente acquosa delle feci (P<0.001 per entrambi i trattamenti rispetto a placebo) e della frequenza delle evacuazioni (P<0.001 per entrambi i trattamenti rispetto a placebo) e rendevano significativamente più morbide

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le feci (P<0.001 per entrambi i trattamenti rispetto a placebo) a 16 settimane di follow up. In generale si poteva asserire che le fibre miglioravano significativamente, rispetto al placebo, i sintomi di carattere generale, come per esempio il dolore addominale. Non controllavano, invece, i sintomi di natura funzionale, ossia flatulenza, sforzo e frequenza delle evacuazioni, consistenza delle feci, presenza di dolore anale all’evacuazione, sensazione di evacuazione incompleta, presenza di sangue o muco, uso di lassativi, così come i sintomi dispeptici, quali nausea, vomito, pirosi, eruttazione, distensione addominale.

Per quanto riguarda i rimanenti non è stato dimostrato alcun significativo miglioramento della sintomatologia.

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PARTE SPERIMENTALE

SCOPO

Scopo del presente studio è stato quello di effettuare un’analisi su scala nazionale italiana per valutare le caratteristiche demografiche, lo stile di vita e gli aspetti clinici, con attenzione particolare all’aspetto sintomatico dei pazienti affetti da malattia diverticolare non complicata sintomatica.

PAZIENTI E METODI

Il presente studio, portato avanti dall’Ottobre del 2006 ad oggi, è un’indagine multicentrica condotta a livello nazionale sulla malattia diverticolare non complicata sintomatica. I pazienti ambulatoriali con malattia diverticolare non complicata sintomatica, sia ex-novo che precedentemente diagnosticati, sono stati consecutivamente selezionati da reparti di gastroenterologia universitari e non a livello nazionale per un totale di 19 unità (vedi appendice, centri di partecipazione). I dati sono stati analizzati da gastroenterologi ricercatori e raccolti in maniera individuale, tramite colloqui faccia a faccia con i pazienti affetti da

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malattia diverticolare non complicata sintomatica e tramite la compilazione di un questionario su dati demografici, stile di vita e caratteristiche cliniche. In nove centri è stata utilizzata la versione completa del questionario, mentre nei rimanenti dieci, la versione ridotta (non comprendente lo stile di vita, le comorbidità, e/o i sintomi del tratto gastrointestinale superiore).

La diagnosi di malattia diverticolare non complicata sintomatica era basata sulla presenza di diverticoli associata a dolore addominale e/o sensazione di malessere/disagio da almeno sei mesi prima dell’inserimento nel progetto e su una ulteriore indagine per escludere la presenza tanto di malattia diverticolare complicata, quanto di altri disordini del basso tratto gastro-intestinale. Tutti i pazienti si sono sottoposti a clisma opaco o colonscopia per identificare e quantificare l’estensione delle lesioni oltre che a dettagliati esami ematochimici (conta eritrocitaria globale, VES, PCR, elettroforesi proteica) al fine di escludere la presenza di segni acuti dell’infiammazione.

Sono stati stabiliti i seguenti criteri di esclusione: evidenza radiologica di un numero di diverticoli inferiore a cinque, evidenza clinica attuale o precedente (da massimo un mese) di malattia diverticolare complicata, (diverticolite acuta o stenosi colica, diagnosi fatta tramite la rilevazione di

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febbre, leucocitosi, alterazioni endoscopiche o TC, o aumento degli indici di flogosi), precedente chirurgia colica e coesistenza di una malattia infiammatoria cronica intestinale.

I sintomi sono stati valutati all’inizio dello studio tramite l’analisi di un dettagliato e convalidato questionario sui sintomi addominali e sulla dispepsia funzionale in accordo con i criteri Roma III102. In particolare abbiamo valutato la presenza e l’intensità di prolungati episodi dolorosi, probabilmente di origine infiammatoria, della durata sia maggiore che inferiore di 24 ore103, di gonfiore addominale e di sintomi dispeptici, quali dolore e bruciore epigastrico, pienezza post-prandiale e sazietà precoce. Ai pazienti è stato chiesto di classificare l’intensità dei sintomi dispeptici ed addominali in base ad una scala visuale analogica (VAS), rappresentata da una linea lunga 10 cm dove a 0 corrispondeva assenza di sintomi e a 10 il dolore più forte mai provato prima. Il tipo di feci veniva registrato secondo la Bristol Stool Form Scale che permette di classificare le feci in 7 tipi, dall’1 nel quale troviamo grumi duri separati simili a nocciole, per arrivare al 7 in cui le feci sono del tutto liquide senza parti solide104. I sintomi addominali e dispeptici sono stati classificati da 0 a 3 in base alla loro influenza sulle attività quotidiane del paziente:

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1) lieve (non influenza le attività quotidiane);

2) moderato (sintomi presenti, in grado di distogliere, ma non impedire lo svolgimento delle attività quotidiane);

3) grave (sintomi importanti che limitano le attività quotidiane del paziente).

I soggetti sono stati classificati come aventi sintomi simli-IBS e simil-dispeptici in base ai sintomi registrati nel questionario relativo ai criteri Roma III105. La definizione di IBS richiedeva la presenza di dolore/malessere addominale ricorrente per più di sei mesi e per più di tre giorni al mese, associato con almeno due tra i seguenti:

I. sollievo alla defecazione;

II. esordio associato con una modifica della frequenza evacuativa; III. alterazione della forma delle feci.

La definizione per la dispepsia funzionale richiedeva la presenza, negli ultimi tre mesi, di:

I. dolore e bruciore epigastrico ricorrente per la sindrome

epigastrica dolorosa;

II. pienezza post-prandiale ricorrente e/o sazietà precoce per la

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I sintomi d’esordio dovevano essere presenti già sei mesi prima dell’inizio dello studio e manifestarsi più di otto volte al mese. La partecipazione allo studio è stata riconosciuta dai Comitati Etici o dalle Commissioni di Revisione dell’Istituzione di ogni centro che ha partecipato e tutti i pazienti hanno firmato il consenso informato.

ANALISI STATISTICHE

I dati ottenuti dai singoli centri partecipanti allo studio, sono stati raggruppati in un unico file ed è stata stilata un’analisi statistica su tutte le possibili variabili. I dati sono stati espressi come percentuale del totale o come mediana. Le caratteristiche demografiche e cliniche di pazienti che presentavano episodi prolungati di dolore addominale di durata maggiore di un giorno sono stati comparati a quelle di pazienti asintomatici mediante il test Chi quadrato e il test di Mann-Whitney per le variabili continue e categoriche al fine di delinearne le differenze. Per epurare il campione da possibili fattori confondenti (es. trattamento per malattia diverticolare sintomatica non complicata, assunzione di fibre alimentari) è stata eseguita una regressione logistica tramite l’introduzione della variabile “presenza di dolore continuativo per almeno una giornata” come variabile indipendente. Sono considerate come variabili dipendenti ed

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incluse nel modello tutte le variabili che hanno mostrato significative differenze tra i gruppi su analisi non aggiustate, così come quelle che su basi teoriche potevano essere considerate possibili fattori confondenti. Il totale dei pazienti analizzati ammontava a 598; il campione per la regressione logistica constava di 281, dal momento che 317 erano stati esclusi poiché mancavano uno o più dati sulle variabili d’ingresso. E’ stato stabilito un livello di significatività p<0,05, utilizzando un tipo di test a due code. La statistica descrittiva e la regressione logistica sono state effettuate mediante un software dedicato (MedCalc Software, Mariakerke, Belgium, version 11.4.4.0).

RISULTATI

Complessivamente sono stati reclutati consecutivamente un totale di 598 pazienti con malattia diverticolare non complicata sintomatica, tutti caucasici. La Tabella 1 mostra i dati demografici, le abitudini di vita e la

terapia medica. La metà dei pazienti considerati erano donne, la mediana d’età era di 69 anni (range 24 - 100) e 452 pazienti (75.6%) avevano più di 60 anni.

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La Figura 1 rappresenta l’età dei gruppi di pazienti rispetto al sesso e mostra che il rapporto tra donne e uomini tende ad aumentare progressivamente con l’età (Chi-square trend: p=0.0004). Quanto al Body

Mass Index (BMI), il 61,5 dei pazienti presentava valori maggiori di 25, il

12.7% valori maggiori di 30 e la mediana era di 25.9 (con range tra 15.5 e 46.2) chiaro segno di pre-obesità, ma non vi era differenza tra donne (mediana 25.9 e range 15.6-42.2) e uomini (mediana 26 e range 19.5-46.2). Tabella 1 <40 2.2% 40-49 6.5% 50-59 15.7% 60-69 28.9% 70-79 32.3% >80 14.4% 61.5% 19.0% 11.8% 39.1% 76.1% 58.1% Non fumatori 61.6% Ex fumatori 19.4% Fumatori 19.0% Malattie cardiovascolari 40.1% Dislipidemie 32.5% Diabete 18.3% Epatopatie 13.5% 35.6% 9.7% Familiarità di 1°grado per malattia

diverticolare

Familiarità di 1° grado per CRC del basso tratto

Assunzione di alcolici

Comorbidità

Uso di FANS

Uso di agenti anti-coagulanti Età gruppi

BMI ≥ 26

Assunzione di caffè

Introito di fibre alimantari Fumo

(55)

58 Figura 1. Gruppi d’età dei 598 pazienti con SUDD rispetto al genere.

In merito alle abitudini di vita, il 38.4% era costituito da fumatori o ex-fumatori, il 39.1% beveva alcolici (di cui il 59.3% un drink/die, il 35.4% 2-3 drink/die e il 5.3% più di 3 drink/die) e il 76.1% consumava caffè (di cui il 33.6% uno al giorno, il 42.3% 2 o 3 tazzine al giorno e il 24.1% più di 3 tazzine al giorno). Tra tutti i 598 pazienti, 347 (58%) hanno dichiarato di assumere un adeguato introito di fibre dalla frutta e dalla verdura. Per quanto concerne la familiarità, il 19% dei pazienti riferiva di avere un parente di primo grado con malattia diverticolare e il 12% con neoplasia colo-rettale.

0% 20% 40% 60% 80% 100% < 40 41 - 50 51 - 60 61 - 70 71 - 80 > 80 Donne

Figura

Figura 1. Gruppi d’età dei 598 pazienti con SUDD rispetto al genere.
Figura 2. Presenza ed intensità di dolore addominale nei 598 pazienti con  SUDD.
Figura 3. Presenza di sintomi simil-IBS o simil-dispepsia in pazienti con  SUDD con o senza dolore prolungato oltre le 24 ore
Figura 4. Tipo di feci secondo la scala di Bristol nei pazienti con SUDD  in presenza o meno di dolore addominale prolungato oltre le 24 ore

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