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IL PROBLEMA LINFONODALE NEI TUMORI MALIGNI DELLA PAROTIDE

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Cap. 1 INTRODUZIONE

E’ difficile raccogliere una casistica congrua sugli svuotamenti laterocervicali nei pazienti affetti da carcinoma parotideo considerato che in letteratura abbiamo dati esigui sia per la bassa incidenza dei carcinomi parotidei e sia per la eterogeneità e la complessità degli istotipi neoplastici.

Il problema che si pone è legato all’esecuzione o meno dello svuotamento laterocervicale nei pazienti con collo clinicamente indenne; su tale problema le casistiche sono eterogenee e spesso poco chiare. Molte delle controversie e dei differenti approcci nascono dal fatto che si cerca di uniformare il trattamento di patologie definite “tumori maligni”, entità nosologiche dal comportamento biologico estremamente diversificato. A tale dato si associa il fatto che, per la relativa scarsa frequenza dei tumori maligni rispetto ai benigni, per i diversi criteri adottati per l’indicazione a terapie adiuvanti, per la ovvia mancanza di studi prospettici randomizzati che mettano a confronto i risultati delle diverse opzioni terapeutiche,è difficile trarre delle conclusioni,inconfutabili dal punto di vista statistico,sul trattamento ottimale.

La stima esatta della reale incidenza delle ripetizioni linfonodali risulta inoltre difficile per la discreta percentuale di metastasi occulte e per il generale ritardo nella comparsa delle recidive locoregionali. Mentre per il trattamento chirurgico del tumore primitivo abbiamo un generale consenso, per quanto riguarda le linee guida del trattamento del collo non si è ancora trovato un accordo, d’altro canto la metastatizzazione linfatica cervicale loco- regionale agisce in senso prognostico negativo come variabile indipendente.

Dal punto di vista clinico le metastasi linfonodali da primitività salivare possono interessare aree limitate del linfonodo, non sovvertendone la struttura, risultando clinicamente non evidenti per lunghi periodi o possono modificare la struttura linfonodale

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in modo piuttosto aspecifico provocando un modesto aumento di volume con linfonodi ancora mobili;questo spiega come le metodiche strumentali non invasive quali l’ecografia,la TC e la RMN mostrino una sensibilità e specificità nell’individuare le linfoadenopatie che non supera l’80%, di poco superiore risulta l’esame citologico su agoaspirato.

Cap. 2 PATOLOGIA NEOPLASTICA DELLE GHIANDOLE SALIVARI

2.1 Incidenza delle metastasi linfonodali.

L’incidenza di metastasi conclamate varia dal 25% al 28% (Kelley e Spiro 1996), mentre le metastasi linfonodali occulte, di difficile rilevazione,variano dal 18% al 49 %.

(De Brito Santos e al 2001; Zbaren e al 2005; Harish 2004).

L’incidenza delle metastasi occulte presenta un range di variabilità alto.

Questa notevole variabilità dipende non solo dall’esperienza dell’esaminatore e dalle peculiarità anatomiche del collo del paziente,ma anche da eventuali precedenti trattamenti chirurgici o radianti. Le tecniche d’immagine contribuiscono ad incrementare l’accuratezza diagnostica della stadiazione del collo negativo alla palpazione ,anche se tra le varie metodiche utilizzate come l’ecografia associata o meno alla agobiopsia, la TC e la RM,non è ancora certa quale offra i vantaggi maggiori. In ogni caso il 10-20% delle metastasi occulte alla palpazione,restano tali nonostante l’impiego di tali metodiche anche in associazione. La diagnosi di TC o RM si basa su criteri morfologici,che comprendono uno o più parametri di identificazione dei linfonodi metastatici, come le dimensioni dei diametri maggiore e/o minore del linfonodo,la forma arrotondata rispetto alla forma ovoidale,il raggruppamento di tre o più linfonodi con dimensioni borderline o l’evidenza di aree di necrosi centrale (lucentezza centrale). La diversità dei criteri e la varietà dei parametri di identificazione adottati dagli autori ha determinato una notevole variabilità dei valori di sensibilità e specificità dell’imaging TC o RM per questa diagnosi, riportata nelle diverse casistiche. Tra i diversi parametri di identificazione,quello dimensionale incide più degli altri sulla variabilità dei valori. Friedman e colleghi, considerando patologico

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ogni linfonodo più grande di 10 mm, rilevano che la diagnosi TC di metastasi linfonodale nel collo clinicamente N0 ha una elevata sensibilità (95%) ma una specificità del (77%).

Al contrario Feinmesser e colleghi,usando come unico criterio di malignità,le dimensioni linfonodali maggiori di 15 mm,rilevano una sensibilità scarsa (60%) ed una specificità elevata (85%).Anche la lucentezza centrale del linfonodo,come segno radiologico indicante la necrosi dovuta a metastasi,può portare ad errori diagnostici,indicando talvolta la metaplasia adiposa del linfonodo o una arteria con neoformazione ateromatosa.

Gli istotipi della parotide con elevata tendenza a diffusione linfatica sono il carcinoma duttale, il carcinoma indifferenziato, il carcinoma squamoso e il carcinoma mucoepidermoide ad alto grado.

2.2 Fattori prognostici nella metastatizzazione linfonodale

I lunghi periodi di follow-up ed il caratteristico diverso comportamento evolutivo di questi tumori fanno sì che sia necessario identificare caratteristiche cliniche e istologiche che consentano di definire classi di pazienti con prognosi diverse.

I fattori prognostici si dividono classicamente in 3 gruppi:

a) legati al tumore:dimensioni, caratteristiche di diffusione, caratteristiche istologiche ed immunoistochimiche.

b) legati al paziente: sesso, razza ed età.

c) legati al trattamento : resezione radicale o non radicale.

I fattori prognostici legati al tumore correlabili con un maggiore rischio di metastatizzazione linfonodale regionale sono: dimensioni del tumore (classe di T), epifenomeni clinici relativi alla diffusione tumorale quali la paralisi del nervo facciale e l’estensione extraghiandolare, criteri istologici(istotipo,grado,demoplasia,necrosi tumorale, angioinvasività,neuroinvasività) e caratteristiche immunoistochimiche.

Ognuno di questi parametri agisce come variabile indipendente,con diversi gradi di significatività, nella stratificazione di classi di rischio di metastatizzazione linfonodale.

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2.2.1 Dimensioni del tumore

Le dimensioni del tumore risultano ben correlate all’incidenza di metastasi linfonodali.

Un significativo incremento di metastasi si ha oltre i 3 cm di diametro massimo;al di sotto dei 3 cm l’incidenza varia tra il 4 ed il 9%. Per i T1,considerando nel loro insieme tutti gli istotipi,l’incidenza media di metastasi confermata istologicamente è del 14,5 %, per i T2 del 20,25%,per i T3 del 33%,per i T4 del 42,6%. Nella casistica di Regis de Brito risultava significativa la correlazione tra la classe di T ed incidenza di metastasi con cN+ nei T1-T2 pari all’11,5%(3 su 26 casi),nei T3 e T4 al 52,2 %(44 su 83 casi). Da Cruz Perez riporta percentuali di metastatizzazione linfonodale, rapportata alle dimensioni di T, essenzialmente concordi con gli autori precedenti con un’incidenza di metastasi linfonodali per i T1 di 10,5%,T2 18,5%,T3 24,2%,T4 46,8%. Queste valutazioni sono comunque condizionate dall’istologia, con l’osservazione di tumori più grossi nei casi ad alta malignità, come osservato da Fu, che nel carcinoma indifferenziato riportava una incidenza di metastasi in 3 su 4 pazienti osservati in classe T3. Classe Fu (1977) Armstrong (1992) Frankenthaler (1993) Regis DeBrito(2001) Stennert (2003) D a C r u z Perez(2005) T1 13% 7% 10% 29% 10,5% T2 13% 7% 7% 54% 18,5% T1-T2 16% T3 33% 16% 19% 64% 24,2% T4 24% 50% 54% 46,8% T3-T4 52%

Incidenza di metastatizzazione linfatica per dimensioni del tumore.

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L’istotipo condiziona fortemente l’incidenza di metastasi linfonodale come anche in generale la prognosi. L’adenocarcinoma,i carcinomi indifferenziati,il mucoepidermoide ad alto grado a cellule squamose e dei dotti salivari sono gli istotipi più frequentemente associati alla comparsa di metastasi linfonodali.

Frankenthaler valutando 11 variabili prognostiche evidenzia come a seconda dei vari

istotipi ci fosse una alta variabilità nell’incidenza di metastasi linfonodali.

Armstrong riporta come pazienti con neoplasie ad alto grado di malignità in classe

T3-T4,abbiano un rischio di metastasi linfonodali significativamente più alto.

Spiro riporta metastasi linfonodali nel 40% dei carcinomi squamosi e nel 16% dei

carcinomi mucoepidermoidali ad alto grado. Calearo riferisce una incidenza del 17% di metastasi occulte sia nel carcinoma mucoepidermoide che nell’indifferenziato e nello squamocellulare. Nella casistica di Poulsen si rileva il 24,4% di metastasi in 237 pazienti concordando che l’incidenza aumenta non solo con l’aumentare dell’età(oltre i 60 anni) e dopo exeresi non radicali,ma anche in caso di tumori poco differenziati;infatti in 13 su 17 erano affetti da tumori ad alto grado T3 e T4 pari al 76,5% presentavano metastasi linfonodali. I risultati di una analisi multivariata riportata da Regis de Brito evidenzia come il grado istologico abbia una significatività statistica,con p < 0,001,e con indici di metastatizzazione linfonodale del 11,5% (3 casi su 26) nei tumori a basso grado,del 23,6% (13 casi su 55) nei tumori a grado intermedio e del 64% ( 41 casi su 64) nei tumori ad alto grado.

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Istotipo Spiro 1986 Kane 1991 Armstrong 1992 Frankenthaler 1993 Stennert 2003 Re B 2001 Johns 1989 Media Ca dot salivari 80% 86% 83% Mucoep 44% 23% 14% 23% 34% 57% 44% 34% Ad cisti 10% 0 0 38% 9% 5% 14,3% Cel acin 18% 5% 4% 0 47% 23% 13% 19,7% Adenoca 36% 24% 18% 25% 61% 55% 26% 38,2% Ca ex pl 21% 15% 21% 15% Ca squa 70% 36% 41% 50% 69% 79% 37% 55,7% Indiffere 67% 100 89% 56% 23% 70,5%

Incidenza di metastasi linfonodali per tipo istologico

2.2.3 Grading della neoplasia

Il grado della neoplasia è definito esclusivamente da criteri istologici della neoformazione valutati microscopicamente dopo colorazione con ematossilina ed eosina ed ingenerale ad un alto grado è associata una scarsa differenziazione con una progressiva perdita delle caratteristiche morfologiche del tessuto d’origine. Tale caratteristica è associata ad un comportamento più aggressivo ed una tendenza alla metastatizzazione maggiore. Il valore prognostico rimane comunque controverso a causa della scarsa uniformità dei criteri utilizzati nella definizione del grading stesso. In genere la definizione del grado viene utilizzata solo per tre tipi istologici : l’adenocarcinoma,carcinoma mucoepidermoide ed il carcinoma a cellule aciniche.

Grado Armstrong (1992) Frankenthaler (1993) Regis de Brito (2001)

Low 2% 3% 9%-17%

Intermediate 14% 21%-35%

High 49% 18% 54%-86%

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Accanto alle classificazioni istologiche che identificano numerosi istotipi,non sempre facili da diagnosticare e talora contraddistinti da un comportamento clinico e biologico non univoco,è stata introdotta una classificazione dell’AFIP che divide i tumori maligni in tre categorie: ad alto,intermendio e basso grado di malignità. A questa suddivisione sono state apportate differenti modifiche includendo di volta in volta alcuni istotipi ad un sottogruppo o ad un altro,fino ad arrivare ad una ulteriore semplificazione in due gruppi: carcinomi low-grade e high low-grade.

I clinici riconoscono una certa praticità nell’utilizzo di tale classificazione,ma in realtà i criteri usati giustificano qualche confusione dal momento che alcuni istotipi come il carcinoma mucoepidermoide,l’adenocarcinoma (NOS) o addirittura il carcinoma adenoideocistico possono comparire in tutte le categorie ed inoltre non sempre il grading della neoplasia è indicativo di una prognosi fausta o infausta.

Le casistiche più numerose come quella della Memorial Sloan Kettering Cancer Center tendono ad attribuire un importante significato prognostico a tale parametro piuttosto che al grading (low,intermediate,high) (p< 0.0001),anche se la stadiazione clinica sembra essere ancora più importante, infatti, Spiro e colleghi prendendo in esame i due parametri contemporaneamente ha documentato che lesioni iniziali (Stadio I-II) high grade presentano una sopravvivenza non molto dissimile dalle lesioni low-grade,mentre la prognosi è pessima per forme avanzate (Stadio III-IV) high grade con una sopravvivenza intorno al 20% a 10 anni (Spiro 1986).

Gli ultimi cinque fattori prognostici sopraelencati,fanno riferimento a parametri clinici globali presi in esame nella recente classificazione AJCC-UICC 2002 per la stadiazione delle neoplasie maligne delle ghiandole salivari,di seguito riportata. Il criterio per la stadiazione fa riferimento al T, all’N e all’M. In particolare ai fini della stadiazione importante appaiono le dimensioni del T alla diagnosi,la presenza di segni di infiltrazione di strutture quali la cute, il muscolo,l’osso o di infiltrazione di una o più branche del VII

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nervo cranico,con l’attribuzione di uno stadio di T molto alto (T4a e T4b, rispettivamente),che insieme con lo status di N ed M alla diagnosi condizionano categorie di Stadio alte (Stadio IV) a prognosi infausta.

Tra i fattori a maggiore impatto prognostico vengono solitamente riportati la presenza di metastasi loco-regionali ed,ovviamente,di metastasi a distanza. Si tratta ovviamente di segni di diffusione della lesione che indicano l’aggressività biologica e clinica della lesione di origine,che appare estremamente variabile in rapporto a parametri clinici quali lo stadio di T,la presenza di coinvolgimento del nervo facciale e soprattutto più frequenti per alcune forme istologiche tipicamente high grade.Se la predittività del coinvolgimento linfonodale occulto o clinicamente conclamato consentono di estendere il trattamento chirurgico alle stazioni linfonodali laterocervicali,meno chiaro è l’atteggiamento diagnostico terapeutico da tenere in forme ad alto rischio di metastasi ematogena.Si tratta di un problema di non poco conto se pensiamo che mentre nei carcinomi squamosi del testa-collo,il problema delle metastasi a distanza è alto (30-50%) e talora precoce. In un originale lavoro pubblicato nel 1997 (Gallo e al 1997) sono stati valutati tali risultati in 124 pazienti affetti da carcinoma parotideo consecutivamente trattati presso l’Università di Firenze, evidenziando come alcuni istotipi (rischio <30% nel carcinoma indifferenziato ed adenocarcinomi NOS,in particolare) e soprattutto la presenza di segni di infiltrazione locale della malattia (in particolare l’infiltrazione del VII nervo cranico),condizionino la comparsa di metastasi a distanza e quindi la prognosi in questi pazienti.

Caso a sé è rappresentato dal carcinoma adenoideo cistico per il quale la stadiazione clinica rappresenta il più importante fattore prognostico (Spiro et al 1992 Am J Surg Stage means more than grade in adcst carcinoma) ed il cui rischio di diffusione metastatica a distanza,in particolare polmonare ed osseo,è elevatissimo soprattutto se valutato a lungo termine (10-20 anni) (>50%).Tali metastasi spesso numerosissime talora presentano una evoluzione molto lenta anche se inesorabile consentendo a lungo la sopravvivenza del paziente e non

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sembrano suscettibili di alcuna terapia,fatta eccezione per forme isolate polmonari trattabili con chirurgia. La relativa rarità delle neoplasie maligne salivari ha spinto di recente alcuni gruppi ad unificare casistiche di singole istituzioni per ottenere numeri statisticamente congrui per un analisi multivariata di potenziali fattori prognostici. Questa filosofia ha consentito al Dutch Head and Neck Oncology Cooperative Group di pubblicare una casistica cumulativa tra le più numerose,costituita da 565 pazienti con carcinomi a partenza da ghiandole salivari (332 dalla parotide,76 sottomandibolari,129 del cavo orale,28 a partenza faringolaringea) ( Terhaard et al Head &Neck 2004),in cui oltre ai parametri sopra elencati sono stati inclusi nell’analisi statistica altri fattori del tumore quali:

- lo status dei margini di sezione;

- l’eventuale disseminazione intra-operatoria della neoplasia; - infiltrazione perivascolare e/o perineurale;

- il numero di linfonodi coinvolti;

- malattia metastatica extranodale.

Nella casistica esaminata,le percentuali di controllo locale,regionale e la percentuale di pazienti liberi da metastasi a distanza a 10 anni risultavano rispettivamente di 78%,87% e 67%,mentre la sopravvivenza globale a 10 anni era del 50%. Mentre il controllo locale risultava influenzato da fattori quali: lo stadio clinico di T,l’invasione ossea,la sede di sviluppo della malignità,la presenza di paralisi del VII nc,la positività dei margini ed il tipo di terapia (chirurgia,chirurgia + radioterapia, radioterapia esclusiva),il controllo regionale risultava influenzato in maniera significativa da stadio di N,paralisi del VII nc e tipo di terapia utilizzata. Infine la sopravvivenza globale risultava legata statisticamente a: età,sesso,stadio di T ed N,sede di sviluppo della neoplasia,invasione della cute e dell’osso.

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2.2.4 Rapporto tumore-ospite

La reazione infiammatoria nello stroma immediatamente prossimo al tumore,come anche la reazione peritumorale(desmoplasia) sono un rilievo frequente nei tumori maligni dei vari distretti corporei anche se il significato prognostico è controverso.

Lewis evidenziò come la presenza o meno di desmoplasia era in 1/3 dei casi correlabile con una prognosi peggiore(p< 0,01).La metastatizzazione linfatica è correlata strettamente al grado di desmoplasia (reazione fibro-adesiva correlata alla produzione di abbondante stroma collageno) nel 66,7%.Altri fattori quali la necrosi tumorale,l’estensione extraparotidea e l’invasione perineurale e perivascolare sono correlabili sia ad una maggiore aggressività locale del tumore che alla sua tendenza a lla metastatizzazione.L’infiltrazione perineurale,la necrosi tumorale agiscono anch’esse come variabili indipendenti quando correlate ad una maggiore incidenza di metastasi linfonodali.Più controverso è il paramentro dell’estensione extraparotidea in quanto è fortemente correlato con un maggiore grado di T e ha quindi un minor significato come variabile indipendente. La tabella che segue riporta il lavoro di Regis de Brito con l’incidenza di metastasi per diverse variabili.

Variabili % Estensione extraparotidea - 33 Estensione extraparotidea + 53 Infiltrazione perineurale - 34 Infiltrazione perineurale + 57 Desmoplasia -/+ 33 Desmoplasia +++ 66 Necrosi tumorale -/+ 31 Necrosi tumorale +++ 56

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2.2.5 Paralisi del nervo facciale

Il riscontro di una paralisi del facciale è associabile nella quasi totalità dei casi ad un istotipo maligno e correlata in modo statisticamente significativo con il riscontro di metastasi linfonodali.

Paralisi Conley (1975) Frankenthaler (1993) Regis de Brito (2001)

Assente 8% 36%

Presente 60% 33% 67%

Incidenza di metastasi linfonodali per paralisi del facciale

2.2.6 Caratteristiche immunoistochimiche

L’applicazione di tecniche di immunoistochimica alla patologia delle ghiandole salivari inizia nei primi anni 80 con gli studi di filamenti intermedi della cheratina,della vimentina e della desmina. Oggi è possibile utilizzare tutta una serie di anticorpi monoclinali (mAbs) per identificare le subclassi delle citocheratine(CKs). Nei tumori delle ghiandole salivari la CK8 è presente nel carcinoma a cellule aciniche,la CKs7 e 14 nei mioepiteliomi,la CK8 nell’adenocarcinoma a basso grado,nel carcinoma adenoidocistico,nell’adenoma pleomorfo,la CKs 7,8,14,18 e 19 nel carcinoma adenoidocistico.Tali dati,anche se forniscono indicazioni fondamentali sulla tipizzazione istologica non sono chiaramente correlabili ai differenti comportamenti biologici ed in ultima analisi alla tendenza alla metastatizzazione linfatica.

L’espressione dell’antigene nucleare di proliferazione cellulare (PCNA) e del Ki-67 (MIB-1) sono correlati con un comportamento più aggressivo anche se questo dato non è univocamente confermato dai dati in letteratura. L’espressione della p-53,presente comunque anche nel 36% delle neoformazioni benigne,è presente nel 54% dei carcinomi.L’espressione più alta della p53 è stata riscontrata nel carcinoma adenoidocistico (69%) seguito dal mucoepidermoide (67%),anche se tale iperespressione non risulta significativamente correlata alla recidiva locoregionale ed alla

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sopravvivenza. Gallo conferma che l’espressione della p53 nei tumori della parotide è associata ad un aumento dell’incidenza di metastasi linfonodali.

2.2.7 Fattori legati al Paziente

Non vi sono in letteratura segnalazioni di una differente metastatizzazione linfonodale nei due sessi. Per quanto riguarda la razza non vi sono differenze nella metastatizzazione linfonodale,anche se,in generale, l’incidenza di tumori delle ghiandole salivari è più alta nei caucasici rispetto alla razza nera dove inoltre nei carcinomi squamosi, l’incidenza di metastasi linfonodali è più alta 3,7/1.

L’incidenza di metastasi linfonodali è correlata con l’età più avanzata al contrario di quanto avviene nei carcinomi squamosi delle prime vie aeree dove l’età più giovane è gravata da un maggiore tasso di metastatizzazione linfonodale locoregionale.

Frankenthaler ha riscontrato una differenza statisticamente significativa nell’incidenza di

metastasi linfonodali in pazienti di età superiore ai 54 anni,anche se non sono spiegabili le ragioni. Poulsen invece segnala un “cut-off” di 60 anni a dividere i pazienti a minore o maggiore rischio.

2.2.8 Fattori legati al trattamento

La chirurgia non radicale,con margini chirurgici di resezione infiltrati,è correlata,come per la maggior parte delle neoplasie del corpo umano,con una peggiore prognosi ed una maggiore incidenza di metastasi.La tabella seguente riassume il grado di certezza dei principali parametri studiati.

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Fattori certi Fattori con grado di certezza intermedio Fattori non correl ati

all’incidenza di metastasi linfonodali

Età Interessamento perilinfatico- perivascolare Sesso,razza

Tipo istologico Desmoplasia Non differenze fra parotide- sottomascellare sottolinguale

Interessamento del n. facciale Interessamento della cute Genetici Estensione extraghiandolare Marke rs im munoistochim ic i Ki 67,

P C N A , f i b r o b l a s t g r o w fac tor, p53, c - Erb 2 , r i d o t t a espressione della E-cadeina

Voluttuari-alcool-fumo- sostanze chimiche

Dimensioni del tumore

Fattori prognostici di metastatizzazione linfonodale

Cap.3 TRATTAMENTO DEL COLLO

In caso di metastasi linfonodale laterocervicale rilevabile clinicamente (cN+) o con l’ausilio di metodiche strumentali quali l’ecografia,la Tac o la RMN c’è un assoluto consenso in letteratura sulla necessità del trattamento del collo e le metodiche chirurgiche sono preferite a quelle radioterapiche.La procedura da adottare è in relazione al livello delle metastasi linfonodali,alle loro dimensioni e numero ed ai rapporti di vicinanza, adesione ed infiltrazione,con le strutture anatomiche del collo. Il livello più interessato è il II A e B seguito dal III e dal IV per i tumori parotidei,mentre per la ghiandola sottomascellare il livello I.

Lo svuotamento selettivo I-IV può essere impiegato nei casi N1,anche se il classico svuotamento radicale modificato (livelli I-V) viene più utilizzato. Le classiche indicazioni sono rappresentate dalla presenza di metastasi inferiori a 3 cm di diametro massimo o in meno di 3 linfonodali. Nei casi a maggiore interessamento metastatico (N2a,N2b, e N3) è consigliato lo svuotamento radicale classico. Nella pratica clinica sono spesso possibili varianti a queste classiche raccomandazioni per il riscontro intraoperatorio di assenza o di presenza di fenomeni infiltrativi delle metastasi nei confronti delle strutture vascolari,muscolari o nervose,con preservazione della

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vena giugulare interna o del nervo accessorio spinale. La vicinanza del capo mastoideo dello sternocleidomastoideo al polo inferiore della parotide e la quasi costante presenza della metastasi al II livello rendono ragione del fatto che molti autori consigliano la rimozione del muscolo stesso.

Le linee guida del NCCN v. 1. 2004 prevedono lo svuotamento del collo contemporaneamente al trattamento di T e successiva radioterapia su N in caso di pN+.

La radioterapia sul T è comunque indicata nei carcinomi di dimensioni superiori a 3 cm,con grado di malignità alto o intermedio,in caso di margini di resezione “close”,invasione neurale o perineurale,invasione linfatica o vascolare. Il campo di irradiazione su T comprende anche il I e II livello laterocervicale,le stazioni linfonodali che sono più frequentemente sede di metastasi,quindi anche nei casi N1 si sovrappongono trattamento chirurgico (anche se radicale) e trattamento radioterapico.Le metastasi nei tumori salivari sono raramente singole,di grosse dimensioni e fisse,ma più spesso multiple ed a vari livelli.Il vantaggio della radioterapia nell’incrementare il controllo loco-regionale è stato ampiamente dimostrato nei tumori in stadio avanzato;infatti nello studio retrospettivo condotto allo Sloan Kettering Cancer Center di New

York,su una casistica collezionata dal 1966 al 1982,confrontando due gruppi di pazienti di cui il

primo sottoposto a chirurgia + radioterapia ed il secondo solo a chirurgia,la sopravvivenza a 5 anni è stata negli stadi I-II rispettivamente dell’81,9% e 95,8%,ma negli stadi III-IV del 51,3% e 16,8% rispettivamente con differenza altamente significativa. Nei casi N+ l’aggiunta della radioterapia post-operatoria si è dimostrata significativamente utile nel miglioramento della sopravvivenza: 48,9% e 18,7%.

I dati presentati dal Dutch Head and Neck Oncology Cooperative Group (NWHHT) nel 2005,una delle più ampie serie sui tumori delle ghiandole salivari con 478 pazienti,confermano che la radioterapia post-operatoria nei tumori T3-T4,con margini close e con metastasi linfonodali migliora significativamente il controllo di malattia rispetto alla sola chirurgia.

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Alle stesse conclusioni giunge l’esperienza condotta al Johns Hopkins nel 1990 su 87 pazienti trattati dal 1975 al 1987.

3.1 Trattamento dei colli N0.

Il trattamento del collo N0 nei pazienti con carcinomi del distretto testa collo e della parotide, nel nostro caso, è uno degli argomenti ancora oggi controverso. Le linee guida terapeutiche che si confrontano sono sostanzialmente tre: l’astensione dal trattamento (la politica del” wait and see”), lo svuotamento preventivo,oppure la radioterapia.

Per quanto riguarda il trattamento chirurgico profilattico del collo cN0 le opinioni dei diversi autori sono differenti.

A favore di uno svuotamento profilattico del collo vi sono alcune considerazioni: 1) identificazione delle metastasi linfonodali occulte( stadiazione patologica);

2) sconfinamento della diffusione per via linfatica,come nelle neoplasie squamose delle vie aeree e digestive superiori;

3) indicazione guidata alla radioterapia post-operatoria (campi e dosi) su N; 4) morbilità aggiuntiva limitata.

A sfavore del trattamento profilattico del collo abbiamo:

1) la discutibilità che lo svuotamento laterocervicale elettivo possa essere efficace nel ridurre le ricadute su N e su M in quanto la prognosi della malattia è condizionata più dalle recidive del tumore primitivo e dalle metastasi a distanza;

2) l’indicazione a l trattamento radioterapico post-operatorio s u T,correlato alla dimensione,tipo istologico,grading coincide con le indicazioni allo svuotamento elettivo del collo,con il vantaggio di poter disporre di tali parametri prognostici sull’esame definitivo del pezzo operatorio,pertanto è possibile allargare il campo di irradiazione a comprendere le stazioni linfonodali cervicali realizzando l’irradiazione profilattica del collo;

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3) il pattern di diffusione locoregionale specialmente per alcuni istotipi (carcinoma adenoido-cistico) è condizionata dalla necrofilia e non avviene per via linfatica;

4) lo svuotamento è correlato con una morbilità,anche se accettabile,comunque presente anche nei casi irradiati.

Le opzioni sono:

1)Osservazione con trattamento curativo alla comparsa delle metastasi tardive; 2)Linfoadenectomia al livello IIa o svuotamento limitato al II livello con esame

Estemporaneo; 3)Svuotamento elettivo; 4)Irradiazione elettiva.

In caso di metastasi laterocervicali clinicamente non evidenti in tumori di piccole dimensioni e con istologia a basso grado di malignità l’opinione prevalente è quella di non effettuare uno svuotamento laterocervicale profilattico di routine.

La scelta della linfoadenectomia del livello IIb con esame estemporaneo è molto utilizzata perché l’esposizione del campo operatorio permette questa dissezione senza ampliamenti dell’accesso chirurgico,perché tale livello è il più interessato dalle metastasi,la morbilità aggiuntiva è irrilevante,perché essendo eseguita prima della dissezione parotidea non allunga i tempi chirurgici. Tali motivi la rendono perseguibile soprattutto nei tumori in stadio iniziale o nei casi ad incerta diagnosi citologica pre-operatoria.Ovviamente in caso di positività è opinione condivisa la necessità di una dissezione completa.

Valutando i dati in letteratura emergono comunque alcune precise indicazioni al trattamento clinico chirurgico o radioterapico.Infatti Frankenthaler in caso di collo

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clinicamente negativo propone un trattamento radioterapico nei tumori ad alto rischio. Simili sono le indicazioni poste da Kelley e Spiro.

Byers e Vander Poorten propongono di effettuare lo svuotamento selettivo del II livello

con esame estemporaneo in tutti i casi e di procedere ad uno svuotamento radicale del collo solo in caso di positività. Medina ha revisionato vari dati a riguardo e ha evidenziato un atteggiamento terapeutico nel collo cN0 piuttosto variegato.

Bardwil 1967 No svuotamento profilattico del collo

Svuotamento selettivo del II livello in tutti i casi

Johns 1980 T1-T2 No svuotamento profilattico ( T ad alto grado → radioterapia

postoperatoria

T3-T4 svuotamento profilattico del collo e radioterapia postoperatoria

Byers 1982 Svuotamento del II livello in tutti i casi

Spiro 1989 Svuotamento profilattico nei tumori ad alto r i schio

(anaplastico,carcinoma squamoso,alto grado)

Armstrong 1992 Svuotamento profilattico o radioterapia postoperatoria per i tumori

ad alto rischio

Califano 1993 S v u o t a m e n t o p r o f i l a t t i c o n e i t u m o r i a d a l t o rischio(mucoepidermoide,anaplastico,carcinoma squamoso)

Ball 1995 Svuotamento del collo in caso di tumori ad alto grado con positività

confermata estemporaneamente al II livello

Frankenthaler 1991 No svuotamento profilattico.Radioterapia nei tumori ad alto rischio Kelley & Spiro 1996 Svuotamento profilattico nei tumori maggiori di 4 cm o ad alto

grado

Il trattamento del collo nei casi N0 secondo diversi autori

L’autore conclude che sono indicazioni ad uno svuotamento elettivo del collo i tumori ad alto grado di malignità,i tumori classificati come T3-T4,associati a paralisi del facciale,in p a z i e n t i d i e t à su peri ore a 5 4 anni,con estensione extraparotidea,invasione perilinfatica.Sono indicazioni alla radioterapia post-operatoria l’alto grado della

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neoplasia,la classe pT3-T4,l’estensione extraparotidea,l’invasione perilinfatica e/o del lobo profondo,il residuo microscopico o il tumore vicino al VII n.c. Secondo Medina le indicazioni al trattamento elettivo di N si sovrappongono a quelle per la radioterapia adiuvante su T per cui la dissezione profilattica del collo può essere sostituita dall’irradiazione profilattica del collo stesso ampliando i campi di irradiazione.

Nel tentativo di standardizzare il comportamento più congruo dobbiamo innanzitutto tenere in conto che il criterio utilizzato per decidere il trattamento precauzionale delle aree linfatiche nei carcinomi squamosi delle vie aeree superiori è basato su un “cut-off” di rischio di presenza di metastasi occulte che solitamente è fissato al 15%. La grande differenza rispetto ai carcinomi squamosi delle mucose dove la sede e la classe di T vengono utilizzate per graduare tale rischio nei carcinomi salivari la variante istologica è preponderante. Il carcinoma adenoidocistico costituisce l’istotipo che pone le principali controversie in quanto è ancora dubbio se la sua diffusione avvenga realmente per via linfatica o per via neurale e comunque in questo istotipo l’incidenza di metastasi linfatiche risulta ben superiore al 15%.

Sono da considerare ad alto rischio di metastatizzazione locoregionale certamente i tumori di dimensioni superiori a 4 cm,con istologia di alto grado a cui vanno aggiunti i casi con invasione perilinfatica,estensione extraghiandolare,invasione del facciale,primitività nel lobo profondo della parotide e in pazienti con età superiore a 54 anni; per questi casi c’è un generale consenso ad effettuare uno svuotamento laterocervicale o,in alternativa,la radioterapia.

Lo studio UCSF del 2007 (1960-2004) valuta in modo retrospettivo 251 pazienti N0 con c a r c i n o m a delle ghiandole salivari (adenoidocistico 33%,mucoepidermoide 24%,adenocarcinoma 23%),resezione macroscopica radicale,non trattati con svuotamento

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laterocervicale radicale modificato,ma solo con linfoadenectomia del II livello,contiguo alla sede di T,e radioterapia con una dose media di irradiazione di 63 Gy solo nel 52% dei pazienti (monolaterale nel 69% e bilaterale nel 31%).

La percentuale di recidive su N globale è stata a 10 anni: per i T1 il 7% ,T2 5%, T3 12%, T4 16%.nel gruppo trattato con radioterapia sul collo (52% dei casi) la percentuale di recidive su n è stata prossima allo 0. Gli autori concludono che l’irradiazione profilattica riduce o azzera il rischio di recidiva su N nei colli cN0 all’esordio clinico.

In realtà quindi l’alternativa della radioterapia elettiva sul collo come estensione dei campi dell’irradiazione sul letto operatorio appare condivisibile.

Per tali motivi,alla luce della necessità di una accurata diagnosi istologica (ottenibile solo dopo l’intervento) il più attuale orientamento,in assenza dei fattori di rischio già identificati,è quello di trattare il collo cN0 con la radioterapia. Bisogna comunque tenere in considerazione che non esistono dati statistici che comparino l’efficacia dello svuotamento elettivo del collo verso la radioterapia elettiva nel controllo delle metastasi occulte cervicali. Mentre l’impatto della radioterapia post-operatoria tanto sull’incidenza di recidive locoregionali che sulla sopravvivenza globale è marcato.

Per concludere il comportamento da adottare è il seguente:

 T1-T2 N0 a basso grado di malignità: svuotamento selettivo del II livello ,esame istologico estemporaneo,se positivo svuotamento e radioterapia,se negativo niente.

 T1-T2 N0 ad alto grado di malignità e T3-T4 N0: svuotamento e radioterapia anche su N se pN+

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In assenza di sufficiente evidenza,considerato il peggioramento prognostico della presenza di metastatizzazione linfonodale regionale,questo comportamento appare prudente e cautelativo anche nei casi senza evidenza clinica di metastasi linfonodale considerando che la comparsa di una recidiva su N spesso è preludio ad una prognosi infausta.

CAP 4. ANATOMIA DELLA PAROTIDE E DEGLI SPAZI LATEROFARINGEI

Nella trattazione delle controversie nell’approccio chirurgico alla parotide,l’aspetto anatomico degli spazi laterofaringei riveste un ruolo fondamentale dato il loro frequente coinvolgimento nella patologia parotidea che spesso si estrinseca in essi causando sintomi e segni clinici in stretta relazione con la collocazione topografica.

La complessità dell’anatomia sistematica e topografica degli spazi laterofaringei,ancora oggetto di trattazioni e controversie ,in particolare sui limiti dello spazio masticatorio ,è dovuta alla loro suddivisione,da parte di consistenti strutture muscolo aponeurotiche ,in compartimenti dotati ciascuno di una differente via di fuga che obbligano la patologia in essi contenuta ad avere manifestazioni cliniche differenti.

La corretta conoscenza di tali manifestazioni e quindi la loro correlazione al rispettivo spazio anatomico,consentono al chirurgo di pianificare la strategia di approccio più adeguata per ottenere l’asportazione della patologia attraverso la luce migliore in funzione del tipo di patologia evitando inutili demolizioni di strutture nobili e riducendo quindi al minimo indispensabile il danno collaterale dovuto alla via di approccio.

Schematicamente lo spazio laterofaringeo si può definire con una classica forma di piramide rovesciata delimitata:

superiormente dal basicranio comprendente la base della rocca petrosa con il canale carotideo e il foro giugulare,il canale condiloideo del XII n c,fino alla fossetta scafoidea della lamina mediale del processo pterigoideo,la base mediale dell’apofisi mastoidea. Inferiormente l’apice tronco delimitato anteriormente da m. digastrico,osso ioide e setto interghiandolare,mentre posteriormente si apre libero nelle logge cervicali.

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Anteriormente dal legamento pterigo-mandibolare e dalla linea miloidea della mandibola dove si inseriscono i muscoli pterigoidei,il costrittore superiore e il muscolo buccinatore. Medialmente dalla fascia faringo basilare,dall’aponeurosi perifaringea e dalla membrana di Charpy che lo separa dallo spazio retrofaringeo all’altezza del pilastro tonsillare posteriore.

Lateralmente dal muscolo pterigoideo interno,dalla branca montante della mandibola,dalla parotide,dal ventre posteriore del digastrico,dalla faccia mediale del muscolo sternocleidomastoideo.

Posteriormente dalla fascia prevertebrale e dai muscoli retti ed elevatore della scapola. Gli spazi laterofaringei sono suddivisi in 3 compartimenti dal setto stilofaringeo o ala faringeo che dal fascio di Riolano,costituito dai muscoli stilieni e dai legamenti stiloioideo e stilomandibolare,si porta medialmente al muscolo tensore del velo assumendo una forma triangolare con base sul basicranio ed apice che si continua nella aponeurosi perifaringea delimitando lo spazio retrostiloideo posteriormente,lo spazio prestiloideo anteriormente e la loggia parotidea lateralmente.

4.1 La loggia parotidea

Contiene la ghiandola parotide che provenendo da un gettone ectodermico dello stomodeo ha uno sviluppo centripeto e multifocale rispetto al nervo facciale.

I lobi ghiandolari separati da tralci connettivali,crescono attorno alle strutture vascolari e nervose,avvolgendo progressivamente il nervo facciale e i vasi arteriosi e venosi,situandosi profondamente al ramo facciale temporale e superficialmente al ramo cervicale,data la differente profondità di sviluppo di questi 2 rami,espandendosi progressivamente durante la crescita ad occupare lo spazio a disposizione tra le strutture anatomiche circostanti. Questo tipo di struttura consente quindi di individuare grossolanamente tre porzioni ghiandolari rispetto ai tronchi nervosi principali:laterale ( lobo superficiale),mediale (lobo

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profondo) ed inferiore ( da cui origina quando presente il cosiddetto prolungamento faringeo).

Sulla base di tali riscontri risulta quindi di valore puramente empirico la suddivisione classica in lobo superficiale e profondo in quanto,in condizioni normali,le strutture ghiandolari risultano facilmente dissociabili dal nervo facciale in virtù della presenza dei tralci connettivali che lo circondano,consentendo così di asportare la parte di parotide esterna al piano del nervo facciale definita comunemente ma impropriamente lobo superficiale.

4.2 Il nervo facciale

Dopo l’emergenza dal foro stilomastoideo,dietro la base dell’apofisi stiloide,il nervo facciale si dirige verso la loggia parotidea con tragitto obliquo in basso in avanti e in fuori attraversando il diaframma fibroso stilieno. All’uscita da questo incrocia la faccia laterale del processo stiloide,affiancato dall’arteria stilo-mastoidea ponendosi come bisettrice dell’angolo tra osso timpanico e processo mastoideo. Si immerge nel connettivo lasso ricco di tessuto adiposo posto immediatamente in profondità rispetto al tessuto fibroso che unisce la faccia posteriore della parotide al processo mastoideo e all’inserzione del muscolo sternocleidomastoideo,nonché all’inserzione del ventre posteriore del muscolo digastrico e all’osso timpanico.

L’interfaccia tra questo tessuto fibroso nella sua porzione tra mastoide e osso timpanico e il connettivo lasso in cui è immerso il nervo è ,da un punto di vista strettamente

chirurgico,il vero punto di repere del nervo facciale prima del suo ingresso nella parotide. Il nervo facciale ,impegnandosi nel tessuto ghiandolare,si dirige obliquamente da dietro in avanti,dall’indietro all’esterno e un poco dall’alto in basso ,situandosi comunque sempre lateralmente all’arteria carotide esterna e alla vena giugulare esterna.

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La carotide esterna e le relative ramificazioni si trovano su di un piano mediale rispetto alla ghiandola;la giugulare esterna e le relative confluenti si trovano su un piano mediale rispetto ai rami nervosi ,a stretto contatto con essi; in una minoranza dei casi è tuttavia possibile che le strutture venose si trovino lateralmente rispetto ai rami nervosi.

Questi incroci tra nervi e vene sia intra che extra ghiandolari costituiscono un preciso punto di repere nella dissezione del nervo facciale,in particolare nella dissezione retrograda.

All’interno della ghiandola il nervo facciale dà origine a un ramo superiore,il ramo temporo-facciale,e a un ramo inferiore cervico-facciale.Questi a loro volta danno origine a numerosi collaterali seguendo diverse modalità di suddivisione.

Più frequentemente dal ramo temporo-facciale derivano il ramo temporale ,lo zigomatico e il buccale superiore,mentre dal ramo cervico-facciale derivano il buccale inferiore,il marginale della mandibola e il ramo cervicale. I diversi rami sono tra loro collegati da numerosi anastomosi che sono maggiormente rappresentative nei rami che derivano dalla branca temporo-facciale. Comunque siano le variazioni anatomiche dei differenti rami,loro comune caratteristica è il decorso radiale che può essere rappresentato con linee immaginarie che si estendono a partire dal bordo anteriore del trago verso la sutura coronale,la fronte,la commissura palpebrale,l’ala del naso,la commissura labiale,il mento e il grande corno dell’osso ioide.

Oltre al nervo facciale,nella loggia parotidea o in stretto rapporto con essa,si trovano:

i l nervo auricolo-temporale ,ramo del nervo mandibolare,che attraversa la porzione superiore della ghiandola.Entra nella parotide posteriormente al condilo mandibolare e,decorrendo in alto,indietro e in fuori emerge sotto l’arcata zigomatica;

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i l nervo grande auricolare che si stacca dall’ansa cervicale media. Dirigendosi in alto lungo il margine posteriore del muscolo sternocleidomastoideo,dà origine a rami cutanei per la regione parotidea e a rami sensitivi che si anastomizzano coi rami del facciale. Termina in corrispondenza del padiglione auricolare con rami sensitivi per la cute del lobulo;

4.3 Vasi e nervi della ghiandola parotide

la arteria carotide esterna,che provenendo dalla loggia carotidea,attraversa la ghiandola dirigendosi in alto,lateralmente e indietro. All’interno del parenchima ghiandolare,in corrispondenza del condilo della mandibola,si divide nei suoi rami terminali: l’arteria temporale superficiale e la mascellare interna. La temporale superficiale dà origine all’arteria traversa della faccia che si porta in avanti decorrendo insieme al ramo buccale superiore e al dotto parotideo. Dalla mascellare interna derivano alcuni rami parotidei e l’arteria timpanica;

la vena giugulare esterna origina sotto il condilo della mandibola dall’unione della vena auricolare posteriore con un ramo venoso anastomotico proveniente dalla vena facciale posteriore.Decorre in basso e indietro coperta dal muscolo platisma;

l a vena facciale posteriore origina all’interno della parotide per la confluenza di una radice superficiale e una profonda. La radice superficiale si forma davanti al meato acustico esterno per la confluenza delle vene temporali superficiali e medie,delle auricolari posteriori,delle articolari,della trasversa della faccia e della vena

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stilomastoidea.La radice profonda drena parte del circolo venoso proveniente dal plesso pterigoideo.

Consideriamo per ultima la carotide interna che,pur non appartenendo alla regione parotidea,riveste un ruolo importante nella chirurgia dei tumori maligni che interessano la porzione profonda della ghiandola. Infatti dalla sua origine si porta in profondità decorrendo dietro al muscolo stiloideo e al ventre posteriore del digastrico;raggiunge quindi gli spazi laterofaringei ponendosi in rapporto anteriormente con il prolungamento faringeo della parotide.

4.4 Anatomia topografica della parotide

La parotide ha all’incirca la forma di una piramide triangolare con base esterna in rapporto con la cute e apice mediale in rapporto con la faringe.

La faccia anteriore entra in rapporto con il muscolo massetere,con il margine posteriore della branca mandibolare e con il muscolo pterigoideo interno.

La faccia posteriore è in rapporto dall’esterno all’interno con il processo mastoideo,il muscolo sternocleidomastoideo, il ventre posteriore del muscolo digastrico e il fascio di Riolano.

La faccia superiore è in rapporto con l’articolazione temporo-mandibolare e con il condotto uditivo esterno. L’apice ghiandolare o processo faringeo,si estende in profondità raggiungendo l o s p a z i o laterofaringeo f r a i l e g a m e n t i stilomandibolare e sfenomandibolare.A questo livello l’ala faringea e il fascio di Riolano separano la ghiandola dalle strutture contenute nello spazio retrostiloideo:la carotide interna,la vena giugulare interna,i nervi vago,accessorio,glossofaringeo,ipoglosso e il simpatico cervicale. Dal prolungamento masseterino della ghiandola,all’unione tra il terzo medio e il terzo superiore del margine anteriore,si diparte il dotto di Stenone che decorre in avanti

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appoggiandosi alla fascia masseterina,seguendo una linea che unisce il lobulo dell’orecchio alla commissura labiale.

Esso è affiancato da uno o più rami del nervo facciale (rami buccali superiori) e dall’arteria traversa della faccia.

A livello del margine anteriore del muscolo massetere il dotto attraversa la fascia masseterina,il muscolo buccinatore e la mucosa della guancia per terminare nel vestibolo buccale in corrispondenza del secondo molare superiore.

Di particolare interesse dal punto di vista chirurgico è lo SMAS(sistema muscolo aponeurotico superficiale),che è il complesso delle formazioni fasciali e muscolari (muscoli pellicciai) contenuto nel sottocute. Il platisma,infatti,pur occupando gran parte del sottocutaneo cervicale,manca nella porzione mediana e nelle porzioni superolaterali del collo,dove sono invece presenti formazioni fasciali che rappresentano la sua continuazione in direzione mediale e supero-laterale costituendo la fascia superficialis o platisma fibroso.

4.5 Anatomia chirurgica della parotide

L’atteggiamento del chirurgo nei confronti del nervo facciale non dovrà necessariamente comportare il sacrificio di principio del nervo,ma solo di necessità in caso di infiltrazione.L’identificazione del nervo facciale verrà condotta con tecnica centripeta in caso di neoplasia non dissociabile dalla regione del forame stilomastoideo oppure con tecnica combinata in caso di tumore posto a cavallo tra l’emergenza del nervo dall’osso temporale e l’apofisi mastoidea.Questa ultima tecnica associa l’identificazione del nervo con tecnica centripeta a partire da uno dei suoi rami terminali di divisione con l’esposizione del tratto mastoideo della porzione intratemporale del facciale.L’eventuale resezione di un tratto più o meno ampio del nervo facciale sarà immediatamente seguita dalla sua anastomosi mediante interposizione di innesto nervoso autologo( nervo surale).

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Oltre al problema del nervo facciale vi è il problema degli spazi e delle strutture esterne alla loggia stessa.Se entriamo nel dettaglio dei confini e partiamo dalla superficie la prima struttura che può essere interessata è la cute.Il tumore può averla infiltrata su una area più o meno estesa e perciò deve essere resecata con ampio margine di sicurezza.Anteriormente si t r o v a il r a m o verticale d e l l a mandibola,posteriormente il condotto uditivo esterno,cartilagineo e osseo,il muscolo sternocleidomastoideo e la mastoide.In alto vi è l’arco zigomatico,la fossa temporale e la grande ala dello sfenoide.Caudalmente si trova il ventre posteriore del di gastrico e,medialmente,gli spazi parafaringei,con possibile interessamento del muscolo costrittore del faringe,dei grossi vasi del collo e,talvolta,anche della mucosa dell’oro-rinofaringe.Quando vi è infiltrazione cutanea una ampia resezione non è più un problema poiché i lembi miocutanei peduncolati di gran pettorale o di trapezio sono oggi molto utilizzati e frequenti nei casi in sui si associa la parotidectomia a uno svuotamento linfonodale laterocervicale.Quando il tumore infiltra il muscolo massetere e o lo pterigoideo interno,circondando il margine posteriore del ramo verticale della mandibola,è necessario far rientrare questa struttura nel volume di resezione ,anche quando essa non sia microscopicamente infiltrata dalla neoplasia.La branca montante della mandibola può non essere infiltrata,né aderente al tumore,soprattutto quando esso è localizzato negli spazi parafaringei.Essa però rappresenta un ostacolo al perfetto dominio della neoplasia.In questi casi la mandibola deve essere divaricata.Due sono le tecniche: la prima prevede l’esposizione della branca orizzontale della mandibola e per fare ciò si esegue una labiotomia inferiore,si seziona la mucosa del pavimento orale antero-laterale fino al piede del pilastro anteriore.Il secondo intervento non prevede l’apertura del labbro inferiore,ma si seziona la mucosa del fornice ,così si libera la mandibola sia dalla lingua che la mucosa geniena e poterla divaricare;lo svantaggio rispetto alla tecnica precedente è la necessità di sezionare il nervo mentoniero.Quando ci troviamo di fronte ad una estensione del tumore alla mastoide,al condotto uditivo e alla base cranica è necessario valutare quando e quanto valga la pena di eseguire interventi così estesi.Si può quindi

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dover eseguire una semplice mastoidectomia,con o senza svuotamento della cassa timpanica,o arrivare ad una petrosectomia subtotale o totale.In caso di estensione del tumore alla fossa infratemporale si deve s p e s s o asportare la grande ala dello sfenoide,sacrificando la III branca del trigemino.La stessa dura madre del lobo temporale non rappresenta una barriera insormontabile e deve essere resecata quando il tumore,eroso l’osso,vi arrivi a contatto.Spesso i tumori così estesi,soprattutto quando si tratta di un carcinoma adenoideo-cistico,si diffondono lungo la terza branca del trigemino fino al ganglio di Gasser e al seno cavernoso.Anche queste estensioni tumorali possono essere resecate per via intradurale.Tali demolizioni richiedono,generalmente,riparazioni con l’apporto di lembi peduncolati o rivascolarizzati.

Le neoplasie maligne della parotide ad accrescimento postero-superiore vanno trattate con parotidectomia totale allargata alle strutture coinvolte dal processo tumorale.Possono esserci estensioni alla mastoide,al condotto uditivo esterno e alla regione del forame stilomastoideo.Queste neoplasie richiedono la rimozione di quel settore di osso temporale situato lateralmente ad un piano ideale passante tangenzialmente al canale di Falloppio e che comprende il condotto uditivo esterno sia osseo che membranoso,la membrana timpanica,l’apofisi mastoidea e le inserzioni muscolari di quella regione ( ventre posteriore del muscolo digastrico,muscolo sternocleidomastoideo).Tale demolizione prende il nome di resezione laterale del temporale.Si tratta di un intervento cranio-cervicale comprendente un tempo cervico-facciale (parotidectomia,svuotamento linfonodale cervicale) ed un tempo transtemporale microchirurgico.L’incisione viene eseguita in alto in sede pre e retroauricolare e successivamente prolungata v e r s o i l b a s s o fino alla fossa sovraclaveare.La sezione del condotto uditivo esterno a livello della conca permette di sollevare verso l’alto l’intero padiglione auricolare,la cui vascolarizzazione è garantita dalla preservazione dei vasi che dal peduncolo temporale superficiale si portano alla porzione antero-superiore del padiglione.Nel caso di neoplasie estese all’orecchio medio la resezione laterale del temporale non sarà sufficiente a garantite una buona radicalità

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oncologica.In questi casi la demolizione del temporale sarà allargata in profondità alla coclea fino all’apice petroso con sacrificio sia del bulbo della giugulare che del seno laterale.Nel caso invece di estensione posterosuperiore verso la fossa glenoidea e la fossa infratemporale la resezione chirurgica comporterà l’exeresi in monoblocco del condilo della mandibola e del contenuto della fossa infratemporale.

Cap. 5 ISTOPATOLOGIA

I carcinomi delle ghiandole salivari costituiscono circa lo 0,3 % di tutti i tumori maligni ed il 15% delle neoplasie della parotide.

In linea di principio tutti i carcinomi che originano dalle ghiandole salivari dovrebbero essere considerati degli adenocarcinomi;tuttavia pochi di questi assomigliano a dei tipici adenocarcinomi,come quelli che originano dal tratto gastrointestinale.I principali autori legano l’origine ed il comportamento dei carcinomi salivari ai vari elementi del sistema duttale.Di conseguenza ritengono che il carcinoma duttale,l’adenocarcinoma papillare e non papillare,il carcinoma mucoepidermoide ad alto grado ,il carcinoma squamoso,il carcinoma oncocitico e il carcinoma ad alto grado ex-adenoma pleomorfo,originano dal dotto escretore.Il tumore di Warthin e l’oncocitoma originerebbero dai dotti striati.

I rimanenti adenoma pleomorfo e monomorfo,carcinoma a cellule aciniche,carcinoma adenoido-cistico,carcinoma epiteliale-mioepiteliale,adenocarcinoma polimorfo a basso grado,carcinoma ex-adenoma pleomorfo e monomorfo a basso grado originerebbero dai dotti intercalari.

Dal punto di vista clinico i tumori maligni possono avere un accrescimento più rapido ,ma gli elementi che ne fanno sospettare la malignità quali la fissità della massa,l’infiltrazione e l’ulcerazione della cute,il dolore,l’interessamento dei linfonodi e la paralisi del facciale compaiono in stadio avanzato: di conseguenza un tumore maligno risulta per lungo tempo clinicamente indistinguibile da un tumore benigno.

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Dal punto di vista istomorfologico numerose sono state le classificazioni istopatologiche proposte negli anni,alcune estremamente semplificate,mascherando però differenze istomorfologiche e prognostiche,altre invece talmente complesse da renderle del tutto inutilizzabili e con scarso valore clinico-prognostico.Tra le varie classificazioni proposte negli ultimi 50 anni ,sicuramente le più comprensibili e di facile applicazione sono sostanzialmente due,quella dell’Armed Forces Institute of Pathology (AFIP) e quella del WHO proposta da Thackray e Sobin nel 1972 e rivista successivamente da Seifert e Sobin nel 1992 fino alla più recente formulata nel 2011 dalla World Health Organizzation (WHO).

Quest’ultima rappresenta una elaborazione della classificazione del 1992,che ai più è apparsa relativamente concise,facilmente applicabile dai patologi chirurghi.

L’ultima edizione appare più estesa e dettagliata della precedente e tiene conto di nuove entità istomorfologiche con caratteristiche di comportamento e prognosi solitamente ben definite.

Le forme maligne comprendono i carcinomi,i tumori maligni non epiteliali,i linfomi maligni ed i tumori secondari o metastatici.Entità distinte rispetto alle prime classificazioni includono: adenocarcinoma polimorfo a basso grado,l’adenocarcinoma a cellule basali,il carcinoma dei dotti salivari ed il mioepitelioma maligno. Una ulteriore novità è rappresentata dal carcinoma su adenoma pleomorfo,del quale,se ne distingue una variante non invasiva o in situ ed una invasiva. Tale forma maligna deriva dalla progressiva trasformazione nel tempo della variante benigna in quella maligna,progressione che passa attraverso una fase caratterizzata dalla comparsa di cellule displastiche nel contesto della massa tumorale con caratteristiche tipiche dell’adenoma pleomorfo (carcinoma in situ),senza invadere strutture circostanti e con un comportamento clinico-prognostico sovrapponibile a quello dell’adenoma benigno.

Tra le forme maligne non epiteliali vanno considerate soprattutto l’istiocitoma fibroso maligno,lo schwannoma maligno ed il rabdomiosarcoma.Tra le forme di origine linfatica,la

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maggioranza è rappresentata dai linfomi non-Hodgkin,sovente altamente differenziati, talora associati a scialoadenite cronica autoimmune o sindrome di Sjogren.

Tra le neoplasie che metastatizzano a livello del parenchima ghiandolare salivare,in particolare parotideo,vanno considerati i carcinomi spinocellulari o i melanomi della cute del volto,mentre metastasi ematogene derivano da carcinomi renali,mammari o polmonari. Oltre alla classificazione WHO va tenuta in considerazione quella dell’AFIP che divide I tumori maligni in tre categorie:ad alto,basso ed intermedio grado di malignità. I clinici riconoscono una certa praticità nell’utilizzo di tale classificazione,ma in realtà questa netta distinzione tra forme aggressive e forme a comportamento relativamente benigno può generare confusione

perché,ad esempio, il carcinoma a cellule acinose o il polymorphous low-grade adenocarcinoma,generalmente classificati tra le forme a basso grado,possono suggerire un inappropriato trattamento conservativo della lesione,talora non correlabile con il comportamento biologico,essendo tumori potenzialmente metastatizzanti.

In effetti i tumori parotidei vanno valutati non solo per l’aspetto istopatologico ;

in molti casi ,aspetti clinici come la sede anatomica di sviluppo,lo stadio o il coinvolgimento del nervo facciale o la presenza di metastasi linfonodali alla diagnosi,sono più importanti nel pianificare la terapia e nel determinare la prognosi.

Cap. 6 INCIDENZA ED EPIDEMIOLOGIA DEI TUMORI MALIGNI DELLA GHIANDOLA PAROTIDE

Nell’ambito dei tumori maligni il più frequente è il carcinoma mucoepidermoide che costituisce il 5,9% di tutte le neoplasie salivari;nel 45-70% dei casi origina dalla parotide. La distribuzione dei casi per età è piuttosto uniforme con ampio range (da 20 a 70 anni) con un modesto picco di incidenza intorno ai 50 anni; pur essendo raro prima dei 20 anni,è comunque il più frequente tumore salivare maligno in età pediatrica. Si manifesta più frequentemente nelle donne e nella razza caucasica. L’aspetto macroscopico del tumore varia a seconda del grado di differenziazione,ma in generale è costituito da una massa

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irregolare scarsamente delimitata. Diversamente dalla maggior parte degli altri tumori è usuale la formazione di cisti che sono solitamente numerose e di piccole dimensioni ma talvolta se ne può trovare una singola e voluminosa.

L’aspetto microscopico è caratterizzato dalla giustapposizione di cellule mucose ed epidermoidi e multiple microcisti.

Batsakis e Luna (1990) hanno suggerito i seguenti criteri per classificare i carcinomi mucoepidermoidi in 3 gradi:

GRADO I : caratterizzato da macro e microcisti, proliferazione di cisti figlie da quelle di

dimensioni maggiori,cellule epiteliali e m u c o s e differenziate ed in eguali proporzioni,scarso pleomorfismo e rare mitosi.

GRADO II : assenza di macrocisti,poche microcisti,preponderanza di cellule intermedie

con o senza differenziazione epidermoide,maggior pleomorfismo e mitosi più numerose.

GRADO III : tumore prevalentemente solido,scarsa differenziazione cellulare, elevato

pleomorfismo,numerosi mitosi.

I tre gradi del tumore sono correlati alla storia naturale ed alla prognosi: il carcinoma mucoepidermoide a basso grado si dimostra meno aggressivo mentre quello scarsamente differenziato dà metastasi ai linfonodi locoregionali nel 50% e nel 25% metastasi a distanza.

In uno studio di Jensen e colleghi (1988) la sopravvivenza a 15 anni è risultata del 92% per i mucoepidermoidi a basso grado,del 35,5 % per il grado intermedio e zero per i tumori ad alto grado di malignità.

Il carcinoma adenoideo cistico è il secondo tumore salivare maligno in assoluto ma il più frequente nella sottomandibolare,nella sottolinguale e nelle ghiandole salivari minori;si manifesta con eguale frequenza in entrambi i sessi con un picco intorno ai 50-60 anni.Si presenta come una massa solida ,indolente a lento accrescimento.

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Microscopicamente il tumore è costituito da elementi epiteliali basalioidi che formano strutture cilindriche.Il tumore è classificato in relazione alla sua architettura generale in 3 varietà:

-cribriforme -tubulare -solido

La varietà cribriforme ha il classico aspetto a “formaggio svizzero” con sostanza mucinosa basofila che colma gli spazi cistici.

Nella varietà tubulare le cellule sono strutturate in piccoli tubuli e dotti con spazi cistici meno pronunciati. Nella varietà tubulare le cellule sono strutturate in piccoli tubuli e dotti con spazi cistici meno pronunciati.

La varietà solida è caratterizzata da falde di cellule neoplastiche con spazi cistici scarsi. Tra i caratteri istopatologici di tale neoplasia va sempre considerata l’invasione perineurale che è legata allo spiccato neurotropismo del carcinoma adenoideocistico.L’evidenza istologica di un’infiltrazione perineurale è documentabile in circa il 50%.In alcuni studi tale reperto istopatologico è correlabile con un maggior rischio di recidiva locale ma non in termini di sopravvivenza (Eibing 1991) in altri mantiene un significato prognostico in analisi

univariata ma non in multivariata (Bechkardt 1995).In realtà negli studi con casistiche più ampie l’invasione perineurale da carcinoma adenoideocistico sembra a sua volta legata a dimensioni del tumore,durata della malattia,margini positivi,presenza di metastasi linfonodali.

La metastatizzazione ai linfonodi locoregionali non è frequente mentre le metastasi a distanza,per lo più al polmone,sono più caratteristiche di questa neoplasia. La sopravvivenza a 5 anni è circa del 62%,mentre tale percentuale cala drasticamente al 12% a 15 anni.

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I l carcinoma a cellule aciniche è la seconda neoplasia maligna per frequenza nella parotide ma è nel complesso un tumore raro costituendo l’1% circa di tutte le neoplasie salivari. Si presenta con maggiore frequenza nelle donne intorno ai 50 anni; si può manifestare bilateralmente nei 3% dei casi.Si tratta per lo più di una neoplasia a basso grado di malignità che nella sua forma iniziale ha l’aspetto di una tumefazione tondeggiante e ben delimitata,clinicamente indistinguibile da una forma benigna.Il reperto microscopico più frequente è la varietà microcistica ma si possono riconoscere numerosi sottotipi e la loro elencazione rende l’idea di quanto vario possa essere l’aspetto di questi tumori:

Carcinoma a cellule aciniche a basso grado

- varietà solida; - varietà microcistica;

- varietà papillare cistica e follicolare; - varietà a cellule chiare.

Carcinoma a cellule aciniche ad alto grado (ben differenziato)

La recidiva locale è stimata nelle varie statistiche fra il 12 ed il 20%,la metastatizzazione ai linfonodi locoregionali fra l’8% ed il 10 % e la metastatizzazione a distanza si verifica nel 6% circa dei casi. La sopravvivenza è dell’80-90 % a 5 anni,del 70-80 % a 10 anni e del 60 % circa a 20 anni.

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I l carcinoma a cellule squamose a sviluppo dal tessuto salivare è raro,mentre spesso si tratta del coinvolgimento metastatico di linfonodi parotidei da parte di carcinomi squamosi a partenza della cute del volto o dalle vie aereo digestive superiori. Talvolta può trattarsi di un carcinoma della cute del condotto uditivo con diffusione diretta nel tessuto parotideo.La sua incidenza varia dall’1 al 10% delle varie casistiche. Si tratta di una malignità a prognosi sfavorevole,in particolare se associata a paralisi del VII nervo cranico (dal 15 al 58% dei casi) e caratterizzata da una frequente diffusione linfonodale (circa 45% dei casi).La sopravvivenza per questo istotipo classificato come ad alta malignità oscilla dal 24% al 50% a 5 anni).

Il tumore misto maligno rappresenta una variante che raggruppa entità simili ma distinte quali il carcinoma ex-adenoma pleomorfo,il carcinosarcoma e il tumore misto metastatizzante.Esso costituisce circa il 5-10% dei carcinomi salivari. Una possibile degenerazione maligna di un adenoma pleomorfo è documentata in un 3-7% dei casi. Tale rischio varia dal 1.5 % nei primi 5 anni dallo sviluppo della neoplasia fino ad arrivare al 9.5 % dopo 15 anni dalla comparsa. La sede più tipica di sviluppo è la parotide e spesso (15% conclamate più circa il 5-10 % occulte) al malattia diffonde ai linfonodi regionali con un netto peggioramento prognostico (3% a 10 anni di sopravvivenza in caso di N+) (Spiro et al 1986).La diffusione metastatica a distanza è ancora superiore (25-35% delle varie casistiche).Lo studio di molte lesioni benigne ha permesso di identificare lesioni displastiche,forme maligne in situ e forme invasive a testimonianza di un processo di trasformazione multifasico.Inoltre Tortoledo ha stabilito che l’entità della invasione per le forme a diffusione extracapsulare è direttamente proporzionale alla prognosi. Una infiltrazione < 6 mm si associava ad una percentuale di recidiva locale del 70.5 % mentre tumori con invasione >6 mm presentavano solo il 16.5 % di recidiva locale. Secondo alcuni autori la recidiva di un adenoma pleomorfo benigno potrebbe favorirne la trasformazione. Infatti nella casistica di Livolsi e Perzin (1977) ,nove dei 47 casi (20%) dei

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carcinomi su adenoma pleomorfo documentati avevano sperimentato recidive di un adenoma pleomorfo benigno. Un ulteriore fattore di rischio per la trasformazione è risultata l’età,dal momento che l’età di presentazione del carcinoma è di circa 10-20 anni più alta rispetto alla forma benigna.

G l i adenocarcinomi delle ghiandole salivari costituiscono un gruppo di neoplasie che oscillano dal 15 al 20% di tutti i tumori maligni salivari,il cui comportamento biologico e clinico è quanto mai vario oscillando dall’ottima prognosi e scarsa aggressività dell’adenocarcinoma polimorfo a basso grado a forme decisamente più aggressive e maligne quali il carcinoma dei dotti salivari. In realtà,in alcune casistiche sotto questa definizione generica,talora ulteriormente definita come NOS (not otherwise specified) sono stati inclusi carcinomi adenoideocistici,a cellule acinose,a cellule oncocitarie.Si tratta in generale di tumori solitamente ad alto grado e rappresentano meno del 10% delle neoplasie maligne salivari. Sono spesso a partenza da salivari minori,in particolare a livello del palato e tendono a metastatizzare a livello linfonodale in un 20-25 % dei casi. Essi possono presentare differenti aspetti istomorfologici,con un diverso grado di aggressività che insieme alla sede di sviluppo ne condiziona la prognosi,solitamente non favorevole (sopravvivenza a 10 anni dal 5% per forme ad alto grado o a sviluppo nasosinusale al 50% circa per forme a basso grado e sviluppatesi a livello parotideo o del cavo orale.

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Cap. 7 DIAGNOSI CLINICA E STRUMENTALE

Una anamnesi attenta insieme alla valutazione clinica sono fondamentali per una diagnosi corretta e aiutano a distinguere le lesioni benigne da quelle maligne anche se nella maggioranza dei casi tali elementi sono spesso comuni o del tutto sfumati non consentendo una diagnosi differenziale clinica tra lesioni benigne e maligne. La comparsa infatti di una tumefazione ghiandolare mobile,indolente,a crescita relativamente lenta è una tipica modalità di presentazione comune per lesioni benigne e maligne. L’assenza di sintomi è spesso responsabile di ritardi diagnostici frequentemente documentati in pazienti con patologie espansive del parenchima ghiandolare. Infatti ,il 75% circa dei tumori maligni si presenta come una massa indolente. Soltanto dal 6 al 29% dei pazienti,secondo diverse casistiche p u ò riferire dolorabilità spontanea o talora provocata dalla lesione,mentre dal 6 al 13% dei casi si accompagna a segni clinici di paralisi del VII nervo cranico alla diagnosi.

La paralisi di una o di tutte le branche del VII nervo cranico è sempre fortemente suggestivo per una lesione maligna infiltrante,anche se in letteratura sono pure riportati rarissimi casi di deficit nervoso in pazienti con lesioni istologicamente benigne(Sismanis et al 1981 Head and Neck).

La comparsa di dolore e/o un improvviso aumento dimensionale della tumefazione non sono solo un potenziale indice di malignità,ma possono talora essere attribuiti a sovrammissione infettiva,degenerazione cistica, emorragia. Il dolore episodico o saltuario suggerisce fenomeni ostruttivi nel tessuto ghiandolare,mentre un dolore persistente rappresenta spesso un sintomo connesso con lo sviluppo di una neoplasia maligna.

Le lesioni benigne della parotide appaiono mobili sui piani superficiali e profondi,indolenti,ricoperte da cute normale non ulcerata e non si accompagnano a segni di deficit del VII nervo cranico. Le lesioni maligne a partenza dalla ghiandola parotide spesso presentano caratteri clinici non distinguibili da quelle benigne e solo in fase avanzata possono dare segno di sé per l’infiltrazione di strutture adiacenti(cute,ossa e

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