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La giurisdizione della Corte penale internazionale sul crimine di aggressione

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea

La giurisdizione della Corte penale

internazionale sul crimine di aggressione

Candidato: Relatore:

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Indice

Introduzione 1

Capitolo I

La nascita del crimine di aggressione

1.1. Cenni storici sul concetto di aggressione nel diritto internazionale

1.1.1. La categoria dell'aggressione al tempo della Società delle Nazioni...5 1.1.2. La svolta dei Tribunali militari di Norimberga e Tokyo...12 1.1.3. La Risoluzione n.3314 dell'Onu riguardo l'aggressione...22 1.1.4. L'assenza del crimine di aggressione dalla giurisdizione dei Tribunali ad hoc per l'ex Jugoslavia e per il Ruanda...25

1.2. I lavori preparatori alla Corte penale internazionale

1.2.1. La formulazione dell'articolo 5 dello Statuto di Roma...28 1.2.2. La relazione tra il sistema delle Nazioni Unite e la Corte penale internazionale...33 1.2.3. Il lavoro della Commissione preparatoria attorno al crimine di aggressione: la PrepCom...38

Capitolo II

Gli emendamenti di Kampala

2.1. Lo Special Working Group on the Crime of Aggression

2.1.1. Le discussioni sull'approccio...43 2.1.2. Il disaccordo sull'esercizio della giurisdizione...47

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2.2. La Conferenza di Kampala

2.2.1. La fase delle trattative...57

2.2.2. Le proposte di emendamento... 61

2.2.3. L'impatto degli emendamenti sullo Statuto di Roma...62

2.3. La distinzione tra crimine di aggressione e atto di aggressione 2.3.1. L'articolo 8 bis...68

2.3.2. La responsabilità dell'individuo: il Leadership Crime...70

2.3.3. La responsabilità dello Stato...76

2.3.4. La relazione biunivoca tra crimine e atto...82

Capitolo III

Il nodo normativo rappresentato dagli articoli

15 bis e 15 ter dello Statuto

3.1. Le condizioni di esercizio della giurisdizione della CPI 3.1.1. Il problematico rapporto tra Consiglio di sicurezza dell'Onu e CPI...85

3.1.2. Il rinvio da parte degli Stati e, proprio motu, da parte del Procuratore...97

3.1.3. Il rinvio da parte del Consiglio di sicurezza dell'Onu...99

3.1.4. L'esclusione della giurisdizione della CPI prevista dall'articolo 15 bis par. 4...103

3.2. Il processo di ratifica degli emendamenti di Kampala 3.2.1. La procedura di attivazione...108

3.2.2. Le controversie attorno all'attivazione della giurisdizione della CPI sul crimine di aggressione...112

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Introduzione

Questo elaborato ha lo scopo di tracciare un'analisi del crimine di aggressione, il più recente crimine attribuito alla giurisdizione della Corte penale internazionale, che va ad aggiungersi ai c.d. core crimes, ossia i crimini di genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra, tutti e tre già da tempo rientranti nella giurisdizione della CPI. Rispetto a questi ultimi, la definizione del regime giuridico del crimine di aggressione è stata particolarmente lunga e travagliata tanto da essere tutt'oggi uno dei temi più controversi di diritto internazionale. Fin dai tempi della Prima guerra mondiale, il concetto di aggressione era considerato uno strumento legittimo di risoluzione delle controversie tra gli Stati. Fu solo dopo gli stermini perpetrati durante il Secondo conflitto mondiale e il conseguente ripudio della guerra e di tutte le altre forme di violenza, che cominciò a delinearsi la necessità di disciplinare giuridicamente il crimine di aggressione, dal momento che anche la stessa comunità internazionale si prestava a cambiare volto dando vita, sulla scia della Società delle Nazioni, all'Organizzazione delle Nazioni Unite. Ciò nonostante, le difficoltà per trovare una definizione del crimine di aggressione generalmente condivisa da tutti gli Stati furono molteplici, anche a causa degli interessi politici e degli equilibri raggiunti tra le varie potenze mondiali.

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Nel primo capitolo verrà compiuto un breve excursus storico sui momenti chiave dell'evoluzione del concetto di aggressione a partire dalle storiche sentenze dei Tribunali militari di Norimberga e Tokyo che sancirono la possibilità di attribuire agli individui-organi dello Stato una responsabilità giuridica per la commissione di tale crimine. Passando poi per la Risoluzione 3314/ 1974 dell'Onu riguardo l'aggressione e i Tribunali ad hoc per l'ex Jugoslavia e per il Ruanda, fino ai lavori preparatori che hanno portato all'approvazione dello Statuto di Roma, istitutivo della Corte penale internazionale, nel 1998. Nell’ambito di queste ultime discussioni, il dibattito tra coloro che erano favorevoli all’inclusione dell’aggressione nell’elenco dei crimini ricompresi sotto la giurisdizione della Corte e coloro che invece a ciò si opponevano, portò al compromesso della formulazione dell’art. 5 dello Statuto di Roma, in cui si stabiliva che la Corte penale potesse esercitare la sua giurisdizione sul crimine di aggressione soltanto dopo una futura decisione degli Stati Parte, che avrebbero stabilito se emendare lo Statuto dopo sette anni dalla sua entrata in vigore. A seguito della chiusura della Conferenza di Roma, gli sforzi tesi a trovare un accordo generalmente condiviso sulla definizione dell’aggressione e sulle condizioni di esercizio della giurisdizione furono compiuti, in un primo tempo, all’interno della Commissione Preparatoria (PrepCom) per l’attuazione dello Statuto di Roma. Questa, non riuscendo a pervenire a un risultato finale, decise di affidare i lavori ad un gruppo di lavoro tecnico specifico che aveva il solo

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scopo di vagliare le problematiche relative all’aggressione.

Nel secondo capitolo si evidenzierà come tale gruppo, lo Special Working Group on the Crime of Aggression, dopo un lavoro di ben 5 anni, arrivò nel 2009 a redigere un ampio progetto sul crimine di aggressione che comprendesse i punti di accordo raggiunti dalle diverse delegazioni partecipanti, ma anche quei punti in cui un consenso non si era potuto trovare, in particolare con riguardo al ruolo che avrebbe dovuto svolgere il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nell’ambito della determinazione dell’esistenza di un atto di aggressione commesso da uno Stato. Il lavoro dello SWGCA lasciò il compito di sciogliere i nodi più delicati agli stessi Stati Parte che, a otto anni dall’entrata in vigore dello Statuto di Roma, si riunirono a Kampala, Uganda, nel 2010 per la prima Conferenza di revisione dello Statuto di Roma. Nell’ambito di questa Conferenza, lo Statuto è stato emendato a maggioranza, approvando tre nuovi articoli: l’art. 8 bis, l'art. 15 bis e l'art. 15 ter. Nel primo di questi, l’8 bis, il quale si occupa della definizione del crimine di aggressione, viene sottolineata la duplicità del crimine che si configura in primo luogo come atto statale e, in secondo luogo come crimine dell’individuo-organo di un entità statale. Viene così a istituirsi tra i due piani una relazione biunivoca molto complessa.

Il terzo ed ultimo capitolo si focalizzerà invece sul nodo

normativo rappresentato dagli art. 15 bis e 15 ter riguardanti le

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internazionale. Nello specifico, il primo dei due articoli si riferisce alla segnalazione di un caso alla CPI da parte degli Stati Parte o, proprio motu, da parte dello stesso Procuratore della Corte. D'altro canto, l'art. 15 ter si riferisce al rinvio effettuato alla Corte da parte del Consiglio di sicurezza dell'Onu. E proprio dal ruolo che compete a quest'ultimo organo, che ne è scaturita una questione controversa soprattutto in riferimento al rapporto tra le Nazioni Unite e la stessa Corte penale internazionale.

Infine, l'analisi si concluderà con l'esame della ratifica degli emendamenti di Kampala, ufficializzata a New York a fine 2017 dall'Assemblea plenaria degli Stati Parte dello Statuto di Roma, che ha comportato l'attivazione della giurisdizione della CPI sul crimine di aggressione rappresentando il punto di arrivo finale di questo lungo percorso evolutivo dell'istituto. Sicuramente l'adozione degli emendamenti su tale crimine rappresenta un enorme successo per la comunità internazionale nell'ottica di rafforzare ancora di più il divieto dell'uso della forza tramite il ruolo della Corte penale internazionale, fermo restando le condizioni stabilite per l'esercizio della sua giurisdizione che restano controverse e tali da far discutere sulla possibilità reale di disciplinare con coerenza eventuali guerre d'aggressione tra Stati.

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Capitolo I

La nascita del crimine di aggressione

1.1. Cenni storici sul concetto di aggressione nel diritto internazionale

1.1.1. La categoria dell'aggressione al tempo della Società delle Nazioni

Nel diritto internazionale, la formazione della fattispecie del crimine di aggressione ha una storia complessa che risale ai tempi della Società delle Nazioni1. La Prima guerra mondiale fu

l'ultima guerra appartenente al cosidetto jus publicum europaeum poiché da lì in avanti si prefigurò un ordinamento internazionale del tutto nuovo. Il Primo Ministro britannico Lloyd George riscontrò larghi consensi tra gli esponenti di vertice delle potenze vincitrici quando propose già prima dei lavori di apertura della Conferenza di Pace del 1919 l'istituzione di una Commissione apposita (Commission on the Responsability of the Authors of the War and on Enforcement of Penalties)2, che si occupasse della questione della responsabilità

penale personale degli autori della guerra. La Germania veniva

1S. MARCHISIO , L'ONU, Il diritto delle Nazioni Unite, Il Mulino, Bologna, 2000, pp 18 e ss.

2Commission on the Responsibility of the Authors of the War and on Enforcement of

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così accusata di aver violato le non ben definite laws of humanity senza che fosse necessario acquisire relativi elementi probatori. Lo stesso Trattato di Versailles, con il quale si pose ufficialmente fine alla guerra, segnò una profonda rottura con l'ordinamento internazionale classico sancendo il superamento del concetto di guerra non discriminatoria tipico del jus publicum europaeum. Finita la Prima guerra mondiale, però, l'aggressione era comunque ancora considerato uno strumento legittimo di risoluzione delle controversie tra gli Stati e non un crimine internazionale nel senso penalistico del termine. Il termine “aggressione” nello specifico veniva utilizzato come sinonimo di “guerra” o “attacco” senza avere una sua dimensione concettuale benchè meno una precisa definizione.

Nel testo del Covenant della Società delle Nazioni del 19193 non

era definita l'aggressione ma si lasciava intendere il divieto in capo ad ogni Stato Membro di ricorrere all'azione violenta al solo scopo di intaccare l'integrità territoriale e l'indipendenza politica di un altro Stato Membro. All'art. 10 dello Statuto in questione si parlava di “external aggression”4 intesa come

aggressione perpretata da uno Stato ad un altro Stato in

3Il Covenant è il Patto costitutivo della Società delle Nazioni che nasce alla fine della prima guerra mondiale durante la Conferenza di Pace di Parigi del 1919 con lo scopo di istituire un organo di cooperazione con fini politici per il mantenimento della pace internazionale.

4Covenant, art.10 “ The Members of the League undertake to respect and preserve as against external aggression the territorial integrity and existing political independence of all Members of the League. In case of any such aggression or in case of any threat or danger of such aggression the Council shall advise upon the means by which this obligation shall be fulfilled.”, disponibile in: https://www.refworld.org/docid/3dd8b9854.html, ultimo accesso 10 febbraio 2019.

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violazione di quelle che erano le procedure prima di fare ricorso alla guerra. Il concetto di aggressione era strettamente legato a quello di integrità territoriale ed evidentemente era ancora lontana l'idea di criminalizzare la guerra in quanto tale in un sistema istituzionale internazionale che si rivelò fallimentare. A partire dall'art. 10 del Covenant si sviluppò negli anni tra le due guerre mondiali la riflessione sulla problematica dell'aggressione. Cominciando dal Treaty of Mutual Assistance del 19235 che, non dando una definizione positiva di aggressione,

non aveva alcuna funzione di prevenzione dei conflitti armati. Cosicchè l'unico modo per risolvere un eventuale conflitto tra due Stati sarebbe stato quello di conferire al Consiglio della Società delle Nazioni il potere di decidere di volta in volta quale delle parti era da considerare l'aggressore. Indicativo poi come il Protocollo di Ginevra sulla soluzione pacifica delle controversie internazionali6 che fu votato ed aperto alla firma degli Stati

membri il 2 ottobre 1924, non raggiunse il numero sufficiente di ratifiche. Il Protocollo di Ginevra (Protocol for the Pacific Settlement of International Disputes)7 il cui progetto fu portato

avanti dall'internazionalista statunitense James Shotwell, può

5J. SPIROPOULOS, The Possibility and Desirability of a Definition of Aggression, in “Yearbook of the International Law Commission”, vol. II, 1951, p. 63.

6J.W. GARNER, The Geneva Protocol for the Pacific Settlement of International

Disputes, in “American Journal of International Law”, Vol. 19, n. 1., 1925, pp.

123-132; J.F. WILLIAMS, The Geneva Protocol of 1924 for the Pacific Settlement of

International Disputes, in “Journal of the British Institute of International Affairs”,

Vol. 3, n. 6., 1924, pp. 288-304.

7Il testo è contenuto in Protocol for the Pacific Settlement of International Disputes, in "American Journal of International Law", Vol. 19, n. 1, pp. 9-17.

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essere considerato il primo atto di portata internazionale in cui la guerra viene definita come crimine. Il Protocollo recita all' art. 1: “The High Contracting Parties solemnly declare that aggressive war is an international crime“. Tuttavia esso non dava una definizione di guerra di aggressione e prevedeva una procedura per risolvere le controversie tra Stati in via pacifica senza però definire i criteri che indicassero quando uno Stato dovesse fare ricorso alla guerra. A causa di tali ambiguità teoriche e difficoltà pratiche il Protocollo di Ginevra venne sottoscritto da 19 Stati ma ratificato dalla sola Cecoslovacchia confermando la percezione che l'impostazione di tale progetto non convinse gli Stati firmatari. A dimostrazione di ciò il giurista statunitense Quincy Wright si espresse con duri termini a pochi giorni dall'approvazione del Protocollo sostenendo che “war of aggression between nations are perfectly lawful”8. Ciò

nonostante esso può essere considerato un momento cardine nella storia del crimine di aggressione in quanto pose l'attenzione sul concetto di guerra di aggressione come categoria senza ritenere semplicemente l'aggressione come un attacco armato ingiustificato. La stessa sorte toccò al Trattato generale sulla rinuncia alla guerra come strumento di politica nazionale (cd. Patto Briand-Kellog o Patto di Parigi)9 del 27 agosto 1928.

Esso fu ratificato da 63 Stati a differenza del Protocollo di

8P. QUINCY WRIGHT, Changes in the Conception of War, in "American Journal of International Law", Vol. 18, n.4, 1924, p.755.

9B. ROSCHER, The "Renunciation of War as an Instrument of National Policy", in “Journal of the History of International Law”, Vol.4, n.2, 2002, pp. 293-309.

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Ginevra ma a causa della sostanziale indeterminatezza delle disposizioni del Patto, esso fu inquadrato come una dichiarazione di portata politica piuttosto che come un atto giuridicamente vincolante. Di questo giudizio in particolare era Hans Kelsen10 che sottolineava l'inesistenza di un divieto per gli

Stati di ricorrere alla guerra dal momento che non si prevedeva nessun tipo di sanzione in caso di violazione. Il Patto Briand-Kellog fece discutere su tre questioni in particolare: non dava alcuna definizione di guerra nè faceva menzione ai concetti di aggressione e legittima difesa. Inoltre non dava indicazioni sui modi di risoluzione pacifica delle controversie o alcuna procedura da seguire in caso di guerra illegale intrapresa da uno Stato verso un'altro. A causa di tali incongruità anche questo patto fu fallimentare seppur, a causa del dibattito acceso che ne scaturì, divenne un simbolo e di conseguenza una tappa fondamentale dell'evoluzione del crimine di aggressione.

Nessuno Stato era dunque disposto a delegare al Consiglio della Società delle Nazioni la decisione sull'accertamento di una aggressione e quindi del dovere di intervento. A dimostrazione di ciò, completamente vani si rivelarono i tentativi del Consiglio di operare come organo collettivo e di impedire o sanzionare gli episodi di aggressione che si verificarono in quel periodo11. I 10H.KELSEN, Peace through Law, The Harvard law review, Chapel Hill, The University of North Carolina,Vol.58, n.2, 1944, p. 135.

11Nel 1923, infatti, la Francia occupò il territorio della Ruhr, e l'Italia quello di Corfu - Kérkira. La Germania, che, pur aveva aderito al Patto nel 1926, si ritirò nel 1933, seguita dal Giappone a seguito della condanna della Società delle Nazioni dell'attacco alla Cina e alla Manciuria. Ulteriori fallimenti furono il mancato mantenimento della pace tra Bolivia e Paraguay tra 1932 e 1935 e il non aver potuto

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passi compiuti verso il ripudio della forza come strumento di risoluzione di controversie internazionali e il mantenimento di un ordine internazionale basato sul rispetto del diritto e sulla capacità di risolvere i contrasti senza ricorrere all'uso della guerra, furono totalmente elusi salvo poche eccezioni12.

Interessante fu nel 1932, in occasione della Conferenza sul disarmo tenutasi a Ginevra, la proposta avanzata dal diplomatico greco Nikolas Politis alla General Commission della Società delle Nazioni. Rifacendosi ad un proposal già utilizzato dall'Unione Sovietica, Politis abbandonava la necessità di individuare a priori una preventiva definizione di aggressione affrontando la questione in maniera più pragmatica e rivoluzionando quello che fino a quel momento era stato lo schema utilizzato dagli organi internazionali. Aggressore doveva essere considerato, secondo Politis, lo Stato che per primo commettesse una delle seguenti azioni: “declaration of war upon another State; invasion by its armed forces, with or without a declaration of war, of the territory of another State; attack by its land, naval, or air forces, with or without a declaration of war, on the territory, vessels, or aircraft of another State; naval blockade of the coasts or ports of another State; provision of support to armed bands formed in its territory which have invaded the territory of another State, or refusal,

impedire la conquista italiana dell'Etiopia a partire dal 1935.

12Mediazione tra Finlandia e Svezia per la questione delle isole Aland nel 1921 e tra Grecia e Bulgaria sui confini nel 1925.

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notwithstanding the request of the invaded State, to take in its own territory all the measures in its power to deprive those bands of all assistance or protection"13. Con questo elenco

tassativo, sarebbe stato almeno teoricamente possibile secondo la sua idea individuare preventivamente gli atti che costituivano un' aggressione senza la necessità di ricorrere ex post ad una decisione di un organo internazionale. Questa proposta fu un primo passo per la definizione di aggressione e ispirò molti dei successivi trattatati tra cui la Convention for the definition of

Aggression del 3 Luglio 1933.14

13N. TSAGOURIAS, Nicolas Politis’ Initiatives to Outlaw War and Define Aggression,

and the Narrative of Progress in International Law, in “The European Journal of

International Law”, Vol. 23, n. 1, 2012, pp. 255–266.

14Convention for the definition of aggression, art. 2: “Accordingly, the aggressor in an international conflict shall, subject to the agreements in force between the parties to the dispute, be considered to be State which is the first to commit any of the following actions: 1) Declaration of war upon another State; 2) Invasion by its armed forces, with or without a declaration of war, of the territory of another State; 3) Attack by its land, naval or air forces, with or without a declaration of war, on the territory, vessels or aircraft of another State; 4) Naval blockade of the coasts or ports of another State; 5) Provision of support to armed bands formed in its territory which have invaded the territory of another State, or refusal, notwithstanding the request of the invaded State, to take, in its own territory, all the measures in its power to deprive those bands of all assistance or protection”.

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1.1.2. La svolta dei Tribunali militari di Norimberga e Tokyo

Alla luce dei Trattati che si sono susseguiti in questo periodo storico, è chiaro come il concetto di aggressione abbia fatto dei passi in avanti nella sua evoluzione ma mai ancora in senso penalistico verso quella che chiamiamo la responsabilità personale internazionale in capo agli autori delle guerre di aggressione. I soggetti di qualunque norma sopra menzionata erano solo ed esclusivamente gli Stati. Con gli orrori perpetrati durante la Seconda guerra mondiale e in concomitanza con la nascita dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, la questione dell'aggressione come crimine internazionale fu nuovamente sollevata. Le potenze vincitrici della guerra istituirono due Tribunali speciali incaricati di giudicare i crimini perpetrati dai nazisti e dai loro alleati: il Tribunale militare internazionale di Norimberga, stabilito nel quadro dell’accordo di pace di Londra dell’8 agosto 194515, e il Tribunale militare internazionale per

l’Estremo Oriente (Tribunale di Tokyo), istituito il 19 gennaio 194616. Questi tribunali, rispettivamente preceduti dalla

Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra del 1943, e dalla Far Eastern Commission chiamate allo svolgimento delle indagini e alla raccolta delle prove, hanno rappresentato

15Statuto del Tribunale internazionale militare di Norimberga disponibile sul sito www.unipd-centrodirittiumani.it , ultimo accesso 17 Febbraio 2019.

16Statuto del Tribunale internazionale militare per l’Estremo Oriente (Carta di Tokyo) disponibile sul sito www.unipd-centrodirittiumani.it , ultimo accesso 17 Febbraio 2019.

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uno snodo fondamentale nell'evoluzione del crimine di aggressione. La violenza commessa durante la guerra fu di una portata mai vista prima tanto da ribaltare la prospettiva questa volta rivolta non all'entità statale di per sé ma alla persona umana, vittima delle violazioni più gravi e brutali. Torture, presa di ostaggi e genocidio sono solo alcune delle nuove fattispecie criminose che diedero la spinta per una nuova produzione normativa e nuovi istituti giuridici nell'area dei crimini internazionali riferiti all'individuo umano, ora valore centrale da proteggere per la comunità internazionale.

L'accordo di Londra del 1945, istitutivo del Tribunale di Norimberga identificava tre categorie di crimini elencati all'art. 6 dello Statuto stesso17: crimini contro la pace, crimini contro

l'umanità e crimini di guerra. Cominciando da questi ultimi si trattava di tutte quelle violazioni gravi del diritto internazionale umanitario18 (cioè l'insieme delle norme di diritto internazionale

che riguardano la protezione delle vittime di guerra o dei conflitti armati). Lo Statuto definiva alla lettera b) le “violazioni delle leggi e degli usi di guerra; tali violazioni possono includere ma non sono esaustive: assassinio, maltrattamento o deportazione a fini di lavoro in schiavitù o per altro scopo di

17Per ulteriori approfondimenti sull’importanza dell’art. 6 dello Statuto di Norimberga G. VASSALLI, Il Tribunale internazionale per i crimini commessi nei

territori dell'ex Jugoslavia (composizione - compiti - giurisdizione - concorso giurisdizioni - regole - procedura - prove), in “Legislazione Penale”, 1994, op. cit., p.

19 ss.; M.C.BASSIOUNI, Crimes Against Humanity in International criminal law,

Dordrecht/ Boston/ London: Nijhoff, 1992, p. 40 ss.

18Sul tema si veda T.L.H..MCCORMACK-G.J.SIMPSON, The law of war crimes, Kluwer Law International, London, 1997; P. LAMBERTI ZANARDI-G.VENTURINI, Crimini di

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popolazione civile dei o nei territori occupati, assassinio o maltrattamento di prigionieri di guerra o di persone sul mare, uccisione di ostaggi, saccheggio di proprietà pubbliche o private, distruzione indiscriminata di città, paesi o villaggi, o devastazione non giustificata da necessità militari”. Un elenco dunque di fattispecie criminose che traeva orgine da una consolidata quantità di norme consuetudinarie internazionali. Più recente invece la nozione giuridica di crimini contro l'umanità con i quali si intende quei fatti di violenza commessi su larga scala da individui contro altri individui per uno scopo essenzialmente politico, ideologico, razziale, nazionale, etnico o religioso19. La lettera c) dell'art. 6 dello Statuto conteneva un'

elencazione dei crimini contro l'umanità da intendersi meramente esemplificativa: “assassinio, sterminio, riduzione in schiavitù, deportazione e altri atti inumani commessi contro una popolazione civile, prima o durante la guerra; o persecuzione per motivi politici, razziali o religiosi in esecuzione o in connessione con un crimine di competenza del Tribunale, siano o no in violazione del diritto interno del paese dove furono perpetrati.” L'ultima, ma non per importanza, delle tre categorie è quella dei crimini contro la pace. Ai sensi dell'art. 6 lett a) dello Statuto così venivano definiti: “Progettazione, preparazione, inizio o perpetrazione di una guerra di aggressione o di una

19M.C. BASSIOUNI, Crimes against humanity in international criminal law, Martinus Nijhoff Publishers, Dordrecht, 1999, 282 ss.

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guerra in violazione dei trattati, convenzioni o assicurazioni internazionali o partecipazione a un piano comune o cospirazione per il compimento di uno degli atti precedenti”. Sulla falsa riga di quello del Tribunale di Norimberga era strutturato anche lo Statuto del Tribunale militare internazionale per l'Estremo Oriente del 1946. Nell'art. 5 del documento si elencavano gli atti che rappresentavano i crimini rientranti nella giurisdizione del Tribunale. Oltre ai crimini di guerra convenzionali (violazione degli usi e leggi della guerra) e i crimini contro l'umanità20, così si definiva il crimine contro la

pace: “la progettazione, lo scatenamento o la conduzione di una guerra di aggressione, con o senza dichiarazione, o una guerra in violazione del diritto internazionale, dei trattati, accordi o garanzie, o la partecipazione ad un piano concertato o ad un complotto al fine di commettere uno degli atti sopra citati”21.

É evidente quindi come il concetto di war of aggression al centro di tale analisi rientri in quest'ultima categoria dove il senso che si cela dietro ai crimini contro la pace è basato proprio sul vietare atti e fatti compiuti con lo scopo di scatenare eventi

20Crimini contro l'umanità. Vale a dire: omicidio, sterminio, riduzione in schiavitù, deportazione e altri atti disumani commessi contro la popolazione civile, prima e durante la guerra, o persecuzioni per ragioni politiche o razziali, in esecuzione di crimini ricadenti sotto la giurisdizione del Tribunale o in relazione con essi, a prescindere dal fatto che il crimine risulti o non in violazione della legislazione interna del paese in cui fu perpetrato. I capi, gli organizzatori, gli istigatori e i complici partecipanti alla preparazione o all'esecuzione di un piano comune o di un complotto al fine di commettere uno dei crimini sopra enunciati sono responsabili di qualsiasi altro atto da chiunque compiuto in esecuzione di detto piano.

21Lo Statuto del Tribunale di Tokyo in versione integrale è disponibile sul sito: www.unipd-centrodirittiumani.it, ultimo accesso 10 Febbraio 2019.

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bellici, progettare piani e fare dichiarazioni di guerra totalmente ingiustificati. La rilevanza di questa categoria è sottolineata anche in un passo della sentenza del Tribunale di Norimberga in cui si legge: "La guerra è essenzialmente un male. Le sue conseguenze non si limitano a colpire i soli Stati belligeranti, ma si estendono negativamente al mondo intero. Dare inizio ad una guerra di aggressione, quindi, non è solo un crimine internazionale: è il crimine internazionale supremo, diverso dagli altri crimini di guerra per il fatto di concentrare in se stesso tutti i mali della guerra”22.

I processi che furono svolti in conseguenza all'istituzione dei due Tribunali di guerra furono investiti da pesanti critiche da parte della dottrina giuridica poiché, nonostante rispettassero i criteri del fair trial23riguardo al loro svoglimento, furono istruiti

con il fine preordinato di giudicare i vinti per le loro azioni criminali senza tenere conto della possibilità che altri crimini altrettanto gravi potessero essere stati commessi da parte delle stesse potenze vincitrici. Ciononostante è indubbio che i principi giuridici che emersero in questa fase abbiano segnato un importante ribaltamento di prospettiva rispetto al diritto internazionale inteso fino a quel momento dando rilievo alla responsabilità penale individuale e superando lo schema

22Il testo si può leggere in “Nazy Conspiracy and Aggression, Office of the United

States Chief Counsel for Prosecution of Axis Criminality”, United States Government

Printing Office, Washington, Vol. I, Cap.VII, 1946, pp. 115-174.

23V.MORRIS-M.P.SCHARF, An Insider’s Guide to the International Criminal Tribunal

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classico della responsabilità interstatuale. Chiunque intraprendesse un'azione bellica per ragioni non difensive attuando una war of aggression sarebbe stato penalmente perseguibile senza godere di alcuna giustificazione sul piano giuridico. Queste novità vennero fatte proprie dall' Organizzazione delle Nazioni Unite ma senza essere direttamente incluse nel testo della Carta.

Diversamente da quanto risultava dal Covenant della Società delle Nazioni, la Carta delle Nazioni Unite prevedeva all'art. 1 il divieto dell' uso della forza da parte degli Stati (“suppression of acts of aggression or other breaches of the peace”) ma ancora una volta era mancante di una esatta definizione di aggressione se pur il termine di per sé ricorresse altre due volte all'art. 39 e 53.24 In maniera del tutto paradossale dunque si può affermare

che l'atto costitutivo dell'istituzione internazionale nata per mantenere la stabilità e la pace universale non definiva il concetto di aggressione e non prevedeva strumenti sanzionatori per i trasgressori di tale divieto. Così come accadeva nel già

24Carta delle Nazioni Unite, art. 39: “ Il Consiglio di Sicurezza accerta l’esistenza di una minaccia alla pace, di una violazione della pace, o di un atto di aggressione, e fa raccomandazioni o decide quali misure debbano essere prese in conformità agli articoli 41 e 42 per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale”. Art.53: 1)“Il Consiglio di Sicurezza utilizza, se del caso, gli accordi o le organizzazioni regionali per azioni coercitive sotto la sua direzione. Tuttavia, nessuna azione coercitiva potrà venire intrapresa in base ad accordi regionali o da parte di organizzazioni regionali senza l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza, eccezion fatta per le misure contro uno Stato nemico, ai sensi della definizione data dal paragrafo 2 di questo articolo, quali sono previste dall’articolo 107 o da accordi regionali diretti contro un rinnovarsi della politica aggressiva da parte di un tale Stato, fino al momento in cui l’organizzazione potrà, su richiesta del Governo interessato, essere investita del compito di prevenire ulteriori aggressioni da parte del detto Stato”.

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accennato periodo storico successivo alla c.d. Grande guerra, la decisione sulla sussistenza di un caso di aggressione era demandata ad un organo collettivo. Ma mentre il Consiglio della Società delle Nazioni risultava malfunzionante anche grazie alla regola dell'unanimità tramite la quale si operava, il Consiglio di sicurezza dell'Onu godeva di più ampi poteri25. In sostanza i

meccanismi decisionali presenti nella Carta prevedevano che le cinque potenze mondiali vincitrici della guerra (Cina, Francia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti)26fossero arbitri assoluti sulla

decisione della sussistenza di un'aggressione e quindi anche su quando fosse legittimo l'uso della forza. Questa impostazione tradiva chiaramente l'obiettivo di mantenere la pace e la stabilità internazionale dando spazio all'iniziativa bellica delle cinque potenze vincitrici che potevano bloccare le decisioni del Consiglio di sicurezza ponendo il loro veto (veto cross policy), giustificando e legittimando giuridicamente eventuali

25Carta delle Nazioni Unite, art. 41: “ Il Consiglio di Sicurezza può decidere quali misure, non implicanti l'impiego della forza armata, debbano essere adottate per dare effetto alle sue decisioni, e può invitare i membri delle Nazioni Unite ad applicare tali misure. Queste possono comprendere un'interruzione totale o parziale delle relazioni economiche e delle comunicazioni ferroviarie, marittime, aeree, postali, telegrafiche, radio ed altre, e la rottura delle relazioni diplomatiche”. Art. 42: “ Se il Consiglio di Sicurezza ritiene che le misure previste nell'articolo 41 siano inadeguate o si siano dimostrate inadeguate, esso può intraprendere, con forze aeree, navali o terrestri, ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Tale azione può comprendere dimostrazioni, blocchi ed altre operazioni mediante forze aeree, navali o terrestri di Membri delle Nazioni Unite”.

26Carta delle Nazioni Unite, art.23: 1) “Il Consiglio di Sicurezza si compone di quindici Membri delle Nazioni Unite. La Repubblica di Cina, la Francia, l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, il Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda Settentrionale e gli Stati Uniti d'America sono Membri permanenti del Consiglio di Sicurezza”.

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aggressioni da loro perpetrate. Questa configurazione asimmetrica del potere ha dato luogo ad innumerevoli proposte di modifica.

A cominciare dalla Risoluzione 95/I dell'Assemblea Generale dell'Onu dell'11 Dicembre 194627, si invitò la Commissione

incaricata della codificazione del diritto internazionale “a considerare come questione di importanza capitale i progetti tendenti a formulare nel quadro di una codificazione generale dei crimini contro la pace e la sicurezza dell'umanità o nel quadro di un codice di diritto criminale internazionale, i principi riconosciuti dallo Statuto del Tribunale di Norimberga e dalla sentenza dello stesso Tribunale”. L’iniziativa dell’Assemblea Generale rispondeva all’esigenza di sanare con uno strumento vincolante multilaterale, a vocazione universale, il carattere della retroattività delle norme che contemplavano i crimini contro l’umanità nello Statuto del Tribunale di Norimberga. Inoltre, con lo stesso strumento, si volle svincolare i crimini contro l’umanità dalla connessione con i crimini di guerra e contro la pace disposta dall’Accordo di Londra, oltre a precisare e possibilmente integrare, la definizione dei vari crimini individuali, rispetto alle formule contenute nello stesso Statuto28. La Commissione presentò una prima bozza nel 1951, a

27U.GENESIO, Un impegno per l’avvenire: la risoluzione ONU del 1946, in UNGARI, PIETROSANTI MALINTOPPI ( a cura di), Verso un tribunale permanente, Euroma La

Goliardica, Roma, 1998, p. 61 ss.

28A.M. TANZI , Sul progetto ONU di codice dei crimini contro la pace e la sicurezza

dell’umanità e sull’istituzione di un tribunale penale internazionale, in “Critica

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cui furono apportate alcune modifiche e nel 1954 fu completata una seconda bozza. Il progetto di codice del 1954 non conteneva che poche norme29, per la quasi totalità modellate su quelle

enunciate nello Statuto del Tribunale di Norimberga. Non mancarono critiche circa l’assenza di un insieme di norme destinate a risolvere le delicate questioni connesse all’ applicazione di principi generalmente riconosciuti nelle moderne legislazioni penali. Analizzando l’art. 16 del Progetto di codice dei crimini contro la pace e la sicurezza del genere umano (Draft Code of Crimes Against peace and Security of Mankind), esso disponeva che “un individuo il quale, in qualità di leader od organizzatore avesse preso attivamente parte o avesse disposto la pianificazione, la preparazione, l’inizio o la dichiarazione di una guerra di aggressione compiuta da uno Stato dovesse considerarsi responsabile di un crimine di aggressione”30. La Commissione aveva dunque chiarito che

l’aggressione fosse configurabile come un Leadership crime, perché solo chi riveste una posizione di comando è in grado di ordinare un’aggressione. Inoltre essa affermava che l’aggressione da parte dello Stato fosse una condizione sine qua

29I cinque articoli del progetto del 1951 vennero ridotti a quattro con l’eliminazione dell’art. 5, riguardante la determinazione delle sanzioni.

30Art.16, Draft Code of Crimes Against Peace and Security of Mankind, in “Yearbook of the International Law Commission”, Vol.II, 1996, p. 15 ss. Sulla definizione contenuta nel Draft Code vedi L.J. SPRINGROSE, Aggression as a Core Crime in the

Rome Statute Establishing an International Criminal Court, in “Louis-Warsaw

Transatlantic L.J.”, Vol.99, 1999, p.151; N.BLOKKER, The Crime of Aggression and

the United Nations Security Council, in “Leiden Journal of International Law”, Vol.

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non per la possibile attribuzione ad un individuo della

responsabilità penale per un tale crimine, affermando così che tale responsabilità fosse “intrinsically and inextrically linked to the commission of aggression by State”31. Poiché infatti le regole

di diritto internazionale che vietano l’uso della forza nella risoluzione delle controversie sono dirette allo Stato, solo quest'ultimo può commettere un’aggressione in violazione di tali disposizioni; d’altra parte, però, lo stesso Stato è un’entità astratta la cui condotta è materialmente posta in essere da quegli individui che hanno la necessaria autorità o il potere di pianificare, preparare e dare inizio ad un' aggressione.

Nel 1950, l'Assemblea Generale (Ris. 378/B (V) del 17 novembre 1950) incaricò la International Law Commission di esaminare il problema della definizione di aggressione. Dopo lunghi dibattiti la Commissione stabilì che definire l'aggressione attraverso una tassonomia di atti di aggressione fosse “undesirable”32poiché

nessun elenco sarebbe potuto essere esaustivo riprendendo i pareri della Permanent Advisory Commission e dello Special

Committee of the Temporary Mixed Commission. Di diverso avviso

fu la Risoluzione 599 (VI) del 31 gennaio 1952 secondo cui "[it is] possible and desirable with a view to ensuring international peace and security and to developing international criminal law, to define aggression by reference to the elements which

31Draft Code of Crimes against Peace and Security of Mankind with Commentaries, in “Yearbook of the International Law Commission”, vol. II, 1996.

32J.SPIROPOULOS, The Possibility and Desirability of a Definition of Aggression, op.cit., p.69.

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constitutes it"33 ma non ebbe alcun impatto. Successivamente,

con le Risoluzioni 688 (VII) 1952 e 859 (IX) 1954, l'Assemblea Generale istituì due comitati speciali per la definizione di aggressione, ma anche questi due organi non riuscirono ad elaborare una proposta adeguata. Analoga sorte toccò ad un ulteriore Comitato creato dall'Assemblea stessa con la Risoluzione 1181 (XII) 1957. Il Comitato speciale istituito con la Risoluzione 2230 (XXII) del 18 novembre 1967, invece, riuscì a concludere i propri lavori, e il 14 dicembre 1974 l'Assemblea Generale approvò la Risoluzione 3314 (XXIX)34.

1.1.3. La Risoluzione n. 3314 dell'Onu riguardo l'aggressione

La Risoluzione n. 3314 del 1974 fornì le linee guida per l'identificazione delle ipotesi di aggressione con lo scopo di chiarire quei concetti già richiamati dagli articoli 1 e 39 della

33Resolutions adopted by the general assembly during its sixth session, op.cit., pag.84-85, disponibile in: http://www.un.org/documents/ga/res/6/ares6.htm, ultimo accesso 10 Febbraio 2019.

34Il testo della risoluzione è reperibile in D.HARRIS, Cases and materials on

international law, Sweet & Maxwell, Londra, 2010, p.945 e all’indirizzo web:

http://www.un.org/Depts/dhl/resguide/resins.htm. D.HARRIS, Cases and materials on

international law, Sweet & Maxwell, Londra, 2010, p. 949. Sulle ragioni

dell’adozione della risoluzione, l’autore afferma che “the resolution is intended to assist the General Assembly and the Security Council by clarifying a key concept (see its use in Articles 1 and 39) in the United Nations scheme for the manteinance of international peace and security and which (like many others) is left undefined in the text of the Charter”.

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Carta35. All'art. 1 della Risoluzione è data una definizione

generale di aggressione: “ Aggression is the use of armed force by a State against the sovereignty, territorial integrity or political independence of another State, or in any other manner inconsistent with the Charter of the United Nations, as set out in this Definition”. All'art. 2 invece si stabilisce che è da considerarsi aggressore chi per primo fa uso della forza armata ma precisando che il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha la prerogativa di correggere tale presunzione sulla base di altre circostanze rilevanti. All'art. 3 viene utilizzato un approccio non più generico bensì tassonomico dell'aggressione, prevedendo una serie di atti che costituiscono aggressione36 ma precisando

all'art. 4 che tale elenco non è esaustivo e che il Consiglio di

35L’art. 1 della Carta recita “I fini delle Nazioni Unite sono: 1) Mantenere la pace e la sicurezza internazionale, ed a questo fine: prendere efficaci misure collettive per prevenire e rimuovere le minacce alla pace e per reprimere gli atti di aggressione o le altre violazioni della pace…”. L’art. 39 recita: “Il Consiglio di Sicurezza accerta l'esistenza di una minaccia alla pace, di una violazione della pace, o di un atto di aggressione…”.

36L’art. 3 recita “Any of the following acts, regardless of a declaration of war, shall, subject to and in accordance with the provisions of Article 2, qualify as an act of aggression: (a) The invasion or attack by the armed force of a State of the territory of another State, or any military occupation, however temporary, resulting from such invasion or attack, or an annexation by the use of force of the territory of another State or part thereof; (b) Bombardment by the armed forces of a State against the territory of another State of the use of any weapons by a State against the territory of another State; (c) The blockade of the ports or coasts of a State by the armed forces of another State; (d) An attack by the armed forces of a State on the land, sea or air forces, or marine and air fleets of another State; (e) The use of Armed forces of one State which are within the territory of another State with the agreement of4 the receiving State, in contravention of the conditions provided for in the agreement or any extension of their presence in such territory beyond the termination of the agreement; (f) The action of a State in allowing its territory, which it has placed at the disposal of another State, to be used by that other State for perpetrating an act of aggression against third State; (g) The sending by or on behalf of a State of armed bands, groups, irregulars or mercenaries, which carry out acts of armed force against another State of such gravity as to amount to the acts listed above, or its substantial involvement there in”.

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sicurezza può determinare altri atti equivalenti all'aggressione. Alla luce di questi articoli, si può notare come la Risoluzione 3314 avesse come scopo principale quello di offrire un testo guida per il Consiglio di sicurezza quando quest'ultimo avesse dovuto accertare l'esistenza di un aggressione senza però definirne le conseguenze penali degli atti commessi; inoltre la stessa Risoluzione continuava ad inquadrare l'aggressione solo come atto commesso dagli Stati mai affrontando il problema della responsabilità penale personale. D'altronde se l'intenzione era solo quella di facilitare il vaglio dei casi di aggressione in capo al Consiglio di sicurezza, la formula espressa all'art. 1 dall'Assemblea non poteva ritenersi esaustiva poiché non definiva la posizione dello Stato crimine nè tantomeno gli elementi costitutivi della fattispecie. Su questo punto Yoram Dinstein afferma che “aggression may appear in a different light when inspected by the Security Council for political purposes and when a judicial inquiry is made into criminal liability”37. Si

può quindi dedurre come questa Risoluzione si sia distinta dalle precedenti sostenendo l'eccezionale gravità dell'aggressione come illecito dello Stato pur lasciando ancora sostanzialmente intatti i poteri del Consiglio di sicurezza e pur rimanendo carente sotto l'aspetto dell'aggressione come atto penalmente perseguibile del singolo individuo. La continua ricerca di una

37Y.DINSTEIN, War, Aggress, and self-defence, Cambridge University Press, Cambridge, 2011, p.126.

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definizione esauriente dell'aggressione in tutte le sue sfaccettature era la dimostrazione di come fosse vivo l'interesse e al contempo la preoccupazione della comunità internazionale sul tema.

1.1.4. L'assenza del crimine di aggressione dalla giurisdizione dei Tribunali ad hoc per l'ex Jugoslavia e per il Ruanda

Negli anni a venire numerose sono state le iniziative politiche e di accertamento dell'Onu volte a limitare le violazioni del diritto umanitario tramite una serie di Risoluzioni raccomandatorie nei confronti degli Stati accusati. Ma è con l'istituzione dei Tribunali ad hoc negli anni novanta che per la prima volta le norme della Carta dell'Onu furono interpretate in maniera innovativa ampliando ulteriormente i poteri in capo al Consiglio di sicurezza fino a ricomprendervi la possibilità di dare vita ad un vero e proprio organo giurisidizionale. Infatti con la Risoluzione 827 del 25 Maggio 1993, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite creò il Tribunale penale internazionale per perseguire i responsabili di gravi violazioni del diritto internazionale umanitario commesse nel territorio dell'ex Jugoslavia dal 199138

e coerentemente, con la Risoluzione 955 dell'8 Novembre 1994,

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diede vita al Tribunale penale internazionale per i crimini commessi in Ruanda nel 199439. Con l'istituzione di questi due

Tribunali appare sicuramente superata l'impronta punitiva dei vincitori sui vinti della seconda guerra mondiale che altresì caratterizzava i due Tribunali di Norimberga e Tokyo e che comportò molte critiche da parte della dottrina giuridica circa l'illegittimità della loro configurazione e la violazione del principio del nullum crimen sine lege40. Ma il fatto che i Tribunali

per l'ex Jugoslavia e il Ruanda fossero stati istituiti mediante un atto autoritativo del Consiglio di sicurezza senza rinvenirne un fondamento nelle disposizioni della Carta e nel diritto internazionale vigente in generale, scaturì un importante dibattito in dottrina volto a mettere in dubbio l'attivismo umanitario del Consiglio in favore piuttosto di una sospetta incapacità nel disporre strumenti idonei ad eliminare i conflitti in caso di gravi crisi. D'altronde la limitatezza dell'area geografica rispetto alla quale il Consiglio aveva operato istituendo i Tribunali, in confronto alle numerose aree del mondo in cui si manifestavano gravi violazioni dei diritti umani, sollevò la questione di una giustizia selettiva devota piuttosto

39U.N. Doc. S/1994/955 dell’8 novembre 1994.

40Il verdetto di Norimberga, rispondendo all’obiezione della difesa basata sui principi ex post facto e nullum crimen sine praevia lege penali, conferma che nessuna pena può essere inflitta se non in base ad una preesistente legge penale, dichiarando di operare legittimamente in seguito alla resa incondizionata della Germania e di riferirsi al diritto internazionale esistente all’epoca della costituzione del Tribunale; vedi V. MORRIS- M.P.SCHARF, An Insider’s Guide to the to the International Criminal

Tribunal for the Former Jugoslavia, Transnational Publishers, New York, 1995, p.

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ad esigenze politiche che giuridiche. Il dibattito si incentrava sul perchè di tale imposizione da parte del Consiglio di sicurezza, se per soli motivi di celerità e opportunità pratica vista l'urgenza di intervenire oppure una ponderata imposizione al fine di consentire uno strumento normativo vincolante per gli Stati e in grado di produrre effetti malgrado l'assenza di un loro consenso41. Quel che è certo è che gli Stati erano sprovvisti di

una disciplina sugli strumenti coercitivi idonei alla cattura degli indiziati e ad un corretto svolgimento delle indagini anche a causa di una insufficiente cooperazione tra loro. Possiamo dunque affermare che i Tribunali ad hoc non fossero la soluzione giuridicamente ottimale trattandosi di un sistema di giustizia ex

post facto nonostante che la loro competenza fosse circoscritta a

quei fatti sui quali esisteva sufficiente certezza riguardo la natura di crimini internazionali. I loro rispettivi Statuti indicavano i crimini di genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra tra quelli espressamente da perseguire oltrechè la competenza per giudicare quelle persone fisiche che avessero commesso crimini del genere in periodi definiti di tempo. Essi tuttavia rimanevano incompetenti riguardo il crimine di aggressione. Ma è successivamente ai Tribunali ad hoc per l'ex Jugoslavia e il Ruanda che fu data nuova linfa al tema dell'aggressione ossia durante il dibattito dei lavori che hanno

41A.PELLET, Le Tribunal criminel international pour l'ex Yugoslavie: Poudre aux yeux

ou avancèe dècisive?, in “Revue Générale de Droit International Public”, 1994, p. 27

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portato all'istituzione della Corte Penale Internazionale.

1.2. I lavori preparatori alla Corte penale internazionale

1.2.1. La formulazione dell'art. 5 dello Statuto di Roma

La svolta fondamentale riguardo l'evoluzione del crimine di aggressione avvenne con l'istituzione della Corte penale internazionale (CPI) la quale rappresenta un momento epocale senza precedenti per la repressione dei crimini commessi dagli individui-organi e per lo sviluppo del diritto penale internazionale in generale. Lo Statuto isitutivo della CPI fu adottato dalla Conferenza diplomatica di Roma il 17 Luglio 1998 ed entrò in vigore il 1 Luglio 2002 conseguentemente al deposito dello strumento di ratifica da parte del sessantesimo Stato. All'art. 5 dello Statuto si afferma che “ la competenza della Corte è limitata ai crimini più gravi, motivo di allarme per l'intera comunità internazionale”42, elencandone quattro: crimine di

genocidio, crimine contro l'umanità, crimine di guerra e crimine di aggressione. Quest'ultimo è stato definito come la più grave violazione del divieto dell'uso della forza nelle relazioni

42Statuto di Roma, art 5 par. 1: “La competenza della Corte é limitata ai crimini più gravi, motivo di allarme per l'intera comunità internazionale. La Corte ha competenze, in forza del presente Statuto, per i crimini seguenti: a) crimine di genocidio; b) crimini contro l'umanità; c) crimini di guerra; d) crimine di aggressione”.

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internazionali43.

I plenipotenziari riuniti alla Conferenza di Roma decisero di includere il crimini di aggressione nello Statuto della CPI non senza grandi difficoltà derivanti da intensi negoziati e trattative, dopo ben due anni di lavoro. Un primo gruppo di rappresentanti degli Stati riteneva che il crimine di aggressione non dovesse essere incluso nello Statuto perchè non vi era una generale accettazione su una definizione di aggressione. Un secondo gruppo di delegati era dell'idea che il crimine di aggressione dovesse essere ricompreso sotto la giurisidizione della Corte penale in quanto tale crimine fosse uno tra i più gravi per l'intera comunità internazionale. Infine altri delegati ancora affermarono che solo un accordo generale sulla sua definizione e sui rispettivi ruoli e funzioni della CPI e del Consiglio di sicurezza dell'Onu avrebbe potuto garantire l'inclusione del crimine di aggressione nello Statuto ma solo se questo non fosse stato causa di eventuali ritardi nell'effettivo funzionamento della Corte44. Le implicazioni politiche e il

timore che la Corte potesse influenzare i giochi di forza tra gli Stati resero complicato ogni tentativo di elaborare una definizione generalmente accettata ma si riuscì a poche ore dalla

43V.STARACE, Uso della forza nell’ordinamento internazionale in “Enciclopedia giuridica”, Vol.XXXII, 1994, p. 20.

44In merito alle opinioni delle diverse delegazioni vedere i lavori preparatori, ad esempio Report of the Ad Hoc Committee on the Establishement of an International

Criminal Court, UN Doc A/50/22, e in dottrina M.POLITI, The debate within the

Preparatory Commission for the International Criminal Court, M.Politi-G.Nesi Ed,

Ashgate, Londra, 2004; M.POLITI-G.NESI, The International Criminal Court and the

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conclusione della Conferenza diplomatica a pervenire ad un accordo riguardante la formulazione degli elementi del crimine e sulle condizioni di esercizio della giurisdizione. Questo anche grazie al forte intervento del movimento dei Paesi Non-Allineati45 i quali, assieme al supporto di alcuni Stati europei

premevano per un inclusione del crimine di aggressione. Tuttavia per evitare ritardi nel funzionamento della Corte durante le discussioni attorno al crimine in questione fu previsto un meccanismo di revisione attraverso il quale l'aggressione si sarebbe potuta aggiungere successivamente escludendo così la possibilità in capo alla Corte di sanzionare tale crimine fino a quando una definizione accettata da tutti non fosse stata adottata dagli Stati Parti dello Statuto attraverso una revisione del documento stesso46.

Il compromesso che fu raggiunto tra le delegazioni proponenti e quelle opponenti fu l'inclusione dell'aggressione nella categoria dei crimini fondamentali contemplati dal diritto internazionale, i c.d. core crimes47, ma con una precisazione derivante dal secondo

45Il Movimento dei Non-Allineati è un'organizzazione internazionale di più di 100 stati che si considerano non allineati con o contro le principali potenze mondiali. Si formò su iniziativa di Tito, presidente della Repubblica Socialista Federale della Jugoslavia, per legare gli Stati che non volevano schierarsi con le potenze della Guerra Fredda. Membri principali furono l'India, l'Egitto, il Brasile e, per un certo periodo, la Cina.

46M.C.BASSIOUNI, International Criminal Law, Transnational Publishers, New York, 1999, pp.344 -345.

47Restano esclusi dalla competenza della Corte il terrorismo internazionale e altre fattispecie criminose la cui repressione, essendo di interesse comune degli Stati, è disciplinata da trattati internazionali. Si tratta dei cosidetti treaty crimes, o crimini internazionalmente imposti, rispetto ai quali non si è ancora consolidato nella comunità internazionale un consenso generalizzato circa la definizione giuridica e la qualificazione di crimine, a differenza dei core crimes ossia i crimini internazionali di individui secondo il diritto consuetudinario. Vedi O.FERRAJOLO, Corte Penale

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paragrafo dell'art. 548. Si specifica infatti che l'esercizio

dell'effettiva giurisdizione della Corte è rimandata ad una futura decisione degli Stati Parte riguardante il crimine di aggressione, in conformità degli art. 121 e 123 concernenti gli emendamenti e le revisioni dello Statuto49. A ciò viene aggiunto

che la norma che avrebbe dovuto definire tale crimine e stabilire le condizioni giurisdizionale della Corte, doveva necessariamente essere compatibile con le disposizioni della Carta delle Nazioni Unite. Quest'ultimo punto, che fu uno dei motivi di disaccordo tra gli Stati e non aveva permesso il raggiungimento di una definizione condivisa durante la

Internazionale, Giuffrè, Milano, 2007.

48Statuto di Roma, art 5 par. 2: “La Corte eserciterà il proprio potere giurisdizionale sul crimine di aggressione successivamente all'adozione, in conformità agli articoli 121 e 123, della disposizione che definirà tale crimine e stabilirà le condizioni alle quali la Corte potrà esercitare il proprio potere giurisdizionale su tale crimine. Tale norma dovrà essere compatibile con le disposizioni in materia della Carta delle Nazioni Unite”.

49Secondo il Dictionnaire de la terminologie de droit International la revisione determinerebbe la sostituzione di un nuovo accordo a quello già esistente, mentre l’emendamento provocherebbe la modifica solo di alcune norme del trattato istitutivo, la cui efficacia, nel suo insieme, non subisce variazioni. Ma la Commissione del Diritto Internazionale, durante i lavori preparatori della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969, ha riconosciuto al termine emendamento l’idoneità a designare anche la revisione generale del trattato e non solo le modificazioni delle singole disposizioni dello stesso. Quindi, dal punto di vista del diritto internazionale generale, emendamento e revisione sono termini giuridici sostanzialmente equivalenti. Invece la Carta delle Nazioni Unite disciplina diversamente le due ipotesi, stabilendo all’art. 108 che l’emendamento comporta modifiche di carattere minore, mentre all’art 109 che la revisione produce una modifica più sostanziale. Con la Convenzione di Vienna si stabilisce che la modifica di un trattato internazionale avviene di regola con il consenso di tutti gli Stati contraenti. Per quanto riguarda i trattati istitutivi di organizzazioni internazionali, sulle regole generali del diritto internazionale in materia di modifica dei trattati prevalgono tuttavia, in base all’art. 5 della Convenzione di Vienna , le regole pertinenti dell’organizzazione che prevedono nella maggior parte dei casi l’applicazione del principio legislativo, vale a dire della modifica della maggioranza, in luogo del principio consensuale. Vedi S.Marchisio, L’ONU, Il diritto delle Nazioni

Unite, Il Mulino, Bologna, 2000, p. 81, R.MONACO-C.CURTI GIALDINO, Diritto

Internazionale Pubblico, Utet Giuridica, Torino, 2009, p.113 e C.ZANGHÌ, Diritto

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Conferenza di Roma, sarà una delle tematiche più controverse attorno all'aggressione anche nell'ambito delle successive negoziazioni proprio a causa delle enormi implicazioni politiche che comportava.

Alla luce di tale soluzione, è indubbio come la tesi portata avanti dagli Stati proponenti fosse indirizzata ad una volontà di dare continuità ad un opera già cominciata con i Tribunali di Norimberga e Tokyo e che la loro intenzione fosse quella di dimostrare che la non inclusione del crimine di aggressione nello Statuto sarebbe stata una scelta anacronistica e senza sguardo al futuro. D'altro canto, gli Stati opponenti portavano avanti l'idea che il raggiungimento di un definizione normativa del crimine, adeguata e condivisa all'unanimità, sarebbe stato molto complicato, aggiungendo la presenza di un conflitto di competenze tra la Corte penale internazionale e il Consiglio di sicurezza dell'Onu che avrebbe soltanto ottenuto il risultato di arrecare danno alla Corte stessa e non favorire l'accettazione della sua giurisdizione da parte degli Stati più scettici.

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1.2.2. La relazione tra il sistema delle Nazioni Unite e la Corte penale internazionale

La Corte penale internazionale è stata istituita con lo scopo di reprimere i crimini di portata internazionale che rappresenta anche uno degli obiettivi principali delle Nazioni Unite. Nello stesso Preambolo dello Statuto di Roma si richiama ad una relazione inscindibile tra i due organi stabilendo all'art. 2 un obbligo generale di cooperazione tra la Corte e l'Onu nelle materie di interesse comune e si disciplina i rapporti che dovranno instaurarsi tra i due corpi50. Questa relazione

inscindibile però ha da sempre presentato elementi di difficoltà soprattutto per ragioni economiche riguardanti il finanziamento51 della Corte e anche perchè l'istituzione della

stessa è dovuta principalmente all'iniziativa dell'Assemblea Generale52. Infatti nella fase ancora embrionale di stesura dello

50O. FERRAJOLO, Corte penale internazionale, op. cit., p. 11.

51Sebbene sia stato previsto per la Corte un sistema di finanziamento autonomo che dovrebbe provenire per la maggior parte dal contributo degli Stati Parti allo Statuto di Roma e soltanto in una porzione assai minore al contributo dell’ONU, in un primo momento di transizione, questo regime finanziario è stato invece ancorato totalmente a quelle delle Nazioni Unite che, a tutt’oggi, contribuiscono in maniera sostanziale al bilancio della CPI.

52L’interesse delle Nazioni Unite per l’istituzione di una Corte permanente internazionale per il diritto penale è stato sempre evidente fin dal momento della sua fondazione e si è concretizzato solamente in connessione con il progetto di codice dei crimini contro la pace e la sicurezza dell’umanità presentato dalla Commissione del diritto internazionale (CDI) nel 1947. I lavori della CDI sulla creazione della Corte penale si bloccarono e furono ripresi con lentezza nei successivi 40 anni, fino ad arrivare al 1994 quando la Commissione adottava il progetto di Statuto e lo sottoponeva all’Assemblea Generale, raccomandando la convocazione di una conferenza diplomatica per la sua adozione. Ma i punti di scontro fra gli Stati erano numerosi, l’Assemblea Generale decise la formazione di un comitato ad hoc e, in seguito, di un comitato preparatorio incaricato di arrivare a un accordo comune sui punti controversi, e decise la convocazione della conferenza diplomatica per il 1998 a

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Statuto si era pensato di creare un Tribunale internazionale come organo delle Nazioni Unite ma dopo lunghe riflessioni si è optato anzi per una Corte con trattato autonomo, anche per tutelarne l'autonomia e l'indipendenza. Proprio partendo da questi presupposti il rapporto tra i due enti si prefigura ancora di più interconnesso dal momento che se la Corte penale internazionale reprime i crimini contribuendo al lavoro dell'Onu, il Consiglio di sicurezza e gli altri organi delle Nazioni Unite possono sostenere la Corte favorendo la cooperazione tra gli Stati.

Con riferimento nello specifico al crimine di aggressione, l'ambiguità riguardo i poteri e i ruoli esatti di ciascun dei due enti, è stata una delle ragioni principali per cui l'inclusione di questo crimine nello Statuto non aveva convinto nella fase di discussione tra gli Stati. Come già accennato in ambito della Risoluzione n.3314 dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, uno degli scopi dell'Organizzazione era ed è tuttora l'adozione di misure collettive per la repressione di atti di aggressione. La Carta dell'Onu all'art. 39 prevede che il Consiglio di sicurezza “accerta l'esistenza di una minaccia alla pace, di una violazione della pace, o di un atto di aggressione, e fa raccomandazioni o decide quali misure debbano essere prese

Roma. Nonostante il lungo processo, il progetto di Statuto portato alla conferenza del ’98 presentava ancora moltissimi punti poco chiari; per questo i plenipotenziari riuniti a Roma non hanno potuto procedere ad una mera adozione del progetto di Statuto ma hanno continuato a tenere intensi negoziati per arrivare al testo definitivo dello stesso, adottato formalmente il 17 Luglio 1998. Vedi O. FERRAJOLO, Corte

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in conformità agli articoli 41 e 42 per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale”53. Alla luce di questo articolo

e se consideriamo che il secondo paragrafo dell'art. 5 dello Statuto di Roma richiama la necessità che la giurisdizione sia conforme alla Carta delle Nazioni Unite, non si può che notare come il Consiglio di sicurezza abbia un ruolo molto condizionante per non dire esclusivo in quest'ambito. Difatti senza una sua previa autorizzazione la CPI non potrebbe procedere contro gli accusati di aver commesso un crimine di aggressione. Se invece si rimane fedeli ad un interpretazione meno restrittiva della Carta, sempre in ottica della relazione intrinseca tra i due enti in questione, è possibile attribuire al Consiglio di sicurezza una competenza primaria ma non necessariamente esclusiva nel determinare l'esistenza di un crimine di aggressione, come è espresso nell'art. 24 della Carta, il quale, con un linguaggio più distensivo, afferma che “i Membri conferiscono al Consiglio di sicurezza la responsabilità principale del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, e riconoscono che il Consiglio di sicurezza, nell’adempiere i suoi compiti inerenti a tale responsabilità, agisce in loro nome”.

Il sistema delle Nazioni Unite è un sistema essenzialmente politico anche a causa della cross veto policy inerente alle

53Carta delle Nazioni Unite, art. 39, in merito R. CADIN, I presupposti dell’azione dei

Consiglio di sicurezza nell’art. 39 della Carta delle Nazioni Unite, Giuffré, Milano,

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