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Il calcolo del costo di produzione nella cooperativa vinicola. La Cantina del Vermentino

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea Magistrale in

Strategia Management e Controllo

TESI DI LAUREA

Il calcolo del costo di produzione nella cooperativa vinicola: La

Cantina Sociale del Vermentino Monti

Relatore

Candidata

Prof. Alessandro Capodaglio

Roberta Loi

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INDICE

INTRODUZIONE ... 4

1. IL SETTORE VITIVINICOLO ... 7

1.1. L'IMPRESA VITIVINICOLA: PECULIARITÀ DEL SETTORE ... 7

1.1.1. La filiera produttiva nel settore vitivinicolo ... 7

1.1.2. Il sistema produttivo ... 11

1.1.3. I tempi del ciclo produttivo dell'impresa vitivinicola e l'impatto sulle dinamiche economico-finanziarie ... 11

1.2. FORMA GIURIDICA DELLE IMPRESE VITIVINICOLE: LA COOPERATIVA ... 13

1.2.1. Normativa di riferimento ... 13

1.2.2. La cooperativa agricola - vitivinicola ... 15

1.3. ALCUNI ASPETTI DELL'INFORMATIVA DI BILANCIO DELLE COOPERATIVE ... 17

1.3.1. Il Conto Economico a valore aggiunto della Cantina del Vermentino ... 20

2. LA CANTINA SOCIALE DEL VERMENTINO E LE SUE CARATTERISTICHE ... 23

2.1 LA NASCITA E LA STORIA DELL'AZIENDA ... 23

2.2 LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA ... 24

2.3 IL SISTEMA DI PRODOTTO DELLA CANTINA DEL VERMENTINO ... 27

2.3.1 L’orientamento a produzioni di qualità ... 30

2.3.2 Il Portafoglio prodotti ... 31

2.4 IL PROCESSO PRODUTTIVO: LA CATENA DEL VALORE ... 33

2.4.1 Le attività primarie della catena del valore ... 35

2.4.2 Le attività di supporto della catena del valore ... 45

3. LA CONTABILITÀ ANALITICA E I MODELLI TEORICI DI DETERMINAZIONE DEI COSTI……….…51

3.1. IL SISTEMA INFORMATIVO AZIENDALE E I SUOI STRUMENTI: ALCUNE NOZIONI ... 51

3.1.1. La contabilità analitica: definizioni e obiettivi ... 52

3.1.2. Confronto tra contabilità generale e contabilità analitica ... 53

3.2. IL COSTO DI PRODUZIONE ... 55

3.2.1. La classificazione dei costi ... 56

3.2.2. Le configurazioni di costo della contabilità analitica ... 58

3.2.3. Le finalità della determinazione dei costi ... 60

3.3. I SISTEMI DI CALCOLO DEL COSTO DI PRODOTTO: DIRECT COSTING E FULL COSTING ... 61

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3.4. LE METODOLOGIE DI IMPUTAZIONE DEI COSTI INDIRETTI AI FINI DEL CALCOLO

DEL COSTO DI PRODOTTO ... 63

3.4.1. Imputazione su base unica e su base multipla aziendale ... 63

3.5. LA CONTABILITÀ PER CENTRI DI COSTO ... 66

3.5.1. Iter di svolgimento della contabilità per centri di costo per la determinazione del costo di prodotto ... 67

3.5.2. Conclusioni: vantaggi e svantaggi ... 71

3.6. COLLEGAMENTO TRA CONTABILITÀ GENERALE E CONTABILITÀ ANALITICA ………71

3.6.1. Il sistema duplice contabile ... 73

4. IL CALCOLO DEL COSTO DI PRODUZIONE: ESEMPLIFICAZIONE DI UN MODELLO GENERICO………....82

4.1. PREMESSA ... 82

4.2. ANALISI PRELIMINARE DEL PIANO DEI CONTI ... 84

4.2.1. I costi diretti industriali e commerciali ... 86

4.2.2. I costi indiretti di prodotto ... 88

4.3. LA DEFINIZIONE DEL PIANO DEI CENTRI DI COSTO ... 89

4.3.1. I centri di costo principali produttivi e non produttivi ... 90

4.3.2. Il centro di costo ausiliario ... 91

4.3.3. I centri di costo comuni ... 92

4.4. PREDISPOSIZIONE DEL PIANO DEI CONTI DELLA CONTABILITÀ ANALITICA ……… ... 93

4.2. SVOLGIMENTO DELLA CONTABILITÀ ANALITICA PER CENTRI DI COSTO .... 101

4.2.1. Attribuzione dei costi diretti industriali ... 102

4.2.2. Localizzazione dei costi indiretti di prodotto nei centri di costo ... 105

4.2.3. Ribaltamento e chiusura dei centri di costo ideale e ausiliario sui centri produttivi .... 116

4.2.4. Imputazione e chiusura dei centri di costo principali e dei centri funzionali sui prodotti ………..118

4.2.5. Imputazione e chiusura dei centri di costo funzionali sui prodotti ... 124

4.2.6. Determinazione del costo di produzione della bottiglia di vino ... 129

CONCLUSIONI ……….. 131

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INTRODUZIONE

L’ambiente attuale in cui operano le aziende è caratterizzato dalla presenza di diversi fattori di complessità, tra cui l’elevato grado di saturazione dei mercati, minori trend di crescita dei consumi, il repentino cambiamento dei gusti dei consumatori, l'accresciuta incidenza dei costi comuni sulla struttura di costi di prodotto/servizio, l'aumento delle variabili competitive su cui si gioca il successo delle imprese, e altri fattori non facilmente controllabili.

È fondamentale dunque che in tutte le aziende, a prescindere dalle dimensioni e dal settore di appartenenza, si diffonda la consapevolezza dell’importanza che assumono in tale contesto gli strumenti del controllo di gestione, al fine di garantire una gestione consapevole dell’impresa e improntata al perseguimento dell’economicità, condizione di sopravvivenza nel mercato.

L’obiettivo del presente lavoro consiste appunto nel fornire alla Cantina del Vermentino, un’azienda cooperativa operante nel settore vitivinicolo, un orientamento generale all’utilizzo di strumenti di controllo di gestione che, se correttamente implementati, potrebbero offrire delle opportunità di miglioramento gestionale, attraverso l’ottenimento di informazioni che il sistema contabile attuale non è in grado di fornire.

La tendenza delle imprese vitivinicole, specie se di piccole dimensioni, infatti, è quella di impiegare le proprie risorse principalmente sull’analisi degli aspetti tecnico-produttivi del vino, del mercato del vino e delle strategie di marketing, tralasciando l’analisi degli aspetti che riguardano il controllo dei costi; ne deriva una mancanza di informazioni sull’efficienza nella gestione delle singole fasi del processo produttivo, sull’effettiva marginalità ottenibile dalla vendita dei prodotti, ecc.

In particolare, l’oggetto della tesi consiste nell’esemplificazione di un modello generale di contabilità analitica finalizzato al calcolo del costo di produzione delle bottiglie di vino, e quindi all’individuazione del margine di redditività generato dalle linee di produzione, partendo dall’analisi della realtà organizzativa e produttiva aziendale, dall’analisi del bilancio e di altri dati e informazioni disponibili.

La tesi è stata strutturata in quattro capitoli.

Il primo capitolo è incentrato sulla descrizione delle caratteristiche del settore vitivinicolo, evidenziando in particolare i vincoli di natura tecnico-produttiva tipici del processo di produzione, e i riflessi che hanno sulle dinamiche economico-finanziarie dell’azienda. Si prosegue poi con la descrizione del quadro normativo generale che disciplina la forma giuridica adottata dall’azienda oggetto d’analisi, ossia quella della cooperativa vitivinicola, in modo da comprendere meglio i principi sottostanti il suo funzionamento, e quindi la logica seguita nell’impostazione del calcolo del costo di produzione. Inoltre, sono stati evidenziati alcuni aspetti dell’informativa di bilancio delle cooperative descrivendo in particolare i limiti emergenti dalla lettura del conto economico a valore aggiunto dell’azienda analizzata.

Il secondo capitolo può essere suddiviso in due parti; nella prima parte si introduce l’azienda descrivendone la nascita e la sua storia, la sua struttura organizzativa, il sistema di prodotto offerto; nella seconda parte si entra nel dettaglio del processo produttivo il quale è stato descritto prendendo come

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modello di riferimento la catena del valore di Porter. Tale analisi è stata necessaria per poter comprendere al meglio il funzionamento della specifica realtà aziendale e quindi capire quale modalità di calcolo del costo di produzione potesse essere più adeguata all’azienda in oggetto.

Nel terzo capitolo si riportano le nozioni teoriche relative al costo di produzione e ai modelli generali di determinazione dei costi, con particolare riferimento alla contabilità per centri di costo. Nell’ultimo paragrafo, inoltre, si delineano le principali metodologie di collegamento della contabilità analitica con la contabilità generale, soffermandosi in modo particolare sulle caratteristiche del sistema duplice contabile, avendo scelto di utilizzare tale metodo di collegamento per l’esemplificazione del modello generale di calcolo del costo di produzione.

Il quarto capitolo è dedicato all’esemplificazione di un possibile modello di contabilità analitica finalizzato al calcolo del costo di produzione della bottiglia di vino utilizzando il metodo della contabilità per centri di costo. Il primo passaggio è stato quello dell’analisi preliminare del piano dei conti della contabilità generale in modo da individuare i costi afferenti alla fase industriale, commerciale e amministrativa, e da distinguere i costi diretti e indiretti rispetto all’oggetto di costo considerato; successivamente è stato elaborato un piano dei centri di costo in linea con le caratteristiche organizzative e produttive dell’azienda.

Prima di procedere con la descrizione della modalità di calcolo del costo di produzione è stato predisposto anche un ipotetico piano dei conti di contabilità analitica specifico per l’azienda, in modo da evidenziare i passaggi contabili che si realizzano nello svolgimento della contabilità analitica.

L’ultimo paragrafo è dedicato allo svolgimento della contabilità per centri di costo: si descrivono innanzitutto le modalità di attribuzione dei costi diretti di produzione; si procede poi con la localizzazione dei costi indiretti di prodotto nei centri di costo, proponendo dei possibili driver da utilizzare per la loro ripartizione e per le successive operazioni di ribaltamento e chiusura dei centri di costo, fino ad arrivare alla predisposizione di uno schema in cui si evidenzia il margine di redditività generato dalle singole linee di produzione, e di un altro schema in cui si evidenziano le fasi di formazione progressiva del costo di produzione della bottiglia di vino.

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1. IL SETTORE VITIVINICOLO

1.1. L'IMPRESA VITIVINICOLA: PECULIARITÀ DEL SETTORE

Nel presente paragrafo si descrivono le caratteristiche tipiche di una generica impresa vitivinicola di cui bisogna tener conto nella definizione di un sistema di contabilità analitica, ossia:

• Filiera produttiva, che rileva con riferimento al grado di complessità strutturale.

• Tipologia del sistema produttivo, rileva in quanto qualsiasi strumento di gestione per poter essere efficace deve attenersi alle caratteristiche specifiche della realtà produttiva di riferimento. • I tempi del ciclo produttivo, che si ripercuotono sulle dinamiche economica-finanziarie

dell’impresa.

1.1.1. La filiera produttiva nel settore vitivinicolo

L'impresa vitivinicola opera nel settore agro-alimentare occupandosi della manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione del prodotto ottenuto dalla lavorazione delle uve (art. 2135, c. 3, c.c.).

Il processo tecnico-produttivo di tutta la filiera può essere suddiviso in tre fasi susseguenti: 1. Fase agricola: un'impresa agricola si occupa dell'ottenimento dei prodotti agricoli (le uve) che

costituiscono l'input della fase successiva della filiera produttiva.

2. Fase di trasformazione: un'impresa industriale dà avvio al processo di trasformazione fisico-tecnica dei prodotti agricoli ottenuti dallo svolgimento dell'attività precedente per ottenere prodotti alimentari destinati al consumo finale (vino sfuso e vino imbottigliato).

3. Fase di distribuzione: un'impresa commerciale si occupa del processo di trasformazione nel tempo e nello spazio al fine di collocare il prodotto finito sul mercato e farlo pervenire al consumatore finale.

Le diverse fasi del processo produttivo possono essere svolte da tre diverse imprese, oppure due o più fasi possono essere svolte dalla stessa impresa. A seconda delle scelte effettuate in sede di pianificazione strategica possono emergere diversi gradi di integrazione della filiera1:

• Integrazione a monte quando l'azienda di trasformazione svolge anche l'attività di produzione dell'uva.

1 Il livello di integrazione del processo produttivo dipende da diversi fattori che possono avere:

- natura economica, quando un'integrazione del processo produttivo comporta una riduzione dei costi di struttura e l'incremento del valore aggiunto;

- natura strategica, in caso di produzioni orientate alla qualità le imprese tendono ad assumere il controllo di tutto il processo produttivo per poter seguire lo svolgimento di tutte le fasi; in caso di produzioni orientate alla quantità il controllo dell'attività viticola e vinicola non è strategico mentre lo è quello dell'attività di conservazione ed imbottigliamento posta a valle del processo. F. Ciaponi, Il controllo di gestione delle imprese vitivinicole (2005).

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• Integrazione a valle quando l'impresa industriale svolge anche l'attività commerciale.

• Integrazione in entrambe le direzioni: l'impresa industriale svolge sia l'attività agricola ma anche quella commerciale.

In quest'ultimo caso l'azienda avrà un controllo totale su tutto il processo produttivo ma d'altra parte avrà una struttura organizzativa molto più complessa che richiede ampia capacità di coordinamento delle attività, competenze tecniche specifiche, riflettendosi anche sulla gestione del sistema informativo aziendale come, ad esempio, la scelta di un adeguato sistema di contabilità gestionale.

La figura sottostante mostra per ciascuna fase della filiera produttiva, le attività corrispondenti e le tipologie di imprese che si occupano del loro svolgimento. L’impresa vitivinicola è l’impresa che integra tutte le fasi del processo di produzione dell’uva e del vino, ed eventualmente anche quella commerciale.

Figura 1.1: Le fasi, le attività e le imprese della filiera produttiva del vino

➢ Alcuni cenni sul comparto vitivinicolo nazionale2

In Italia la struttura produttiva della filiera del vino conta più di 360 mila operatori professionali posti ai tre livelli della filiera, ossia aziende agricole (viticole), cantine e imbottigliatori, che si occupano rispettivamente di produzione dell’uva, trasformazione dell’uva in vino ed imbottigliamento.

Con riferimento alla fase di trasformazione dell’uva in vino, le indagini sulla filiera produttiva hanno fatto emergere tre tipologie di operatori professionali che si distinguono per il modello di integrazione adottato a monte:

• Cantina agricola, che vinifica uve proprie eventualmente integrate da uve acquistate sul mercato

2 Fonti: Malorgio G., Pomarici E., Sardone R., Scadera A., Tosco D., La catena del valore nella filiera vitivinicola,

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9 intermedio.

• Cantina industriale, che vinifica esclusivamente uva acquistata sul mercato intermedio e/o nell’ambito di relazioni contrattuali e/o accordi con i produttori viticoli a monte.

• Cantina consortile e cooperativa, che vinifica uva conferita dai produttori associati e/o acquistata sul mercato intermedio.

I dati aggiornati sulla struttura del settore vitivinicolo nazionale parlano di un totale di aziende vinificatrici pari a 46 mila, di cui 518 cooperative che producono più del 50% del vino totale, pari a 55 milioni di ettolitri nel 2018 (+29 % rispetto al 2017). Il fatturato complessivo è pari a 13 miliardi di euro.

Considerando l’orientamento produttivo delle aziende vinificatrici, dalla figura sottostante si evince che le cantine agricole puntano maggiormente alla produzione di vini DOP mentre, all’opposto le cantine industriali hanno un orientamento produttivo verso i vini senza denominazione o indicazione geografica. Le cooperative invece si trovano in una situazione intermedia, in cui vi è un orientamento sia a produzioni di qualità inferiore (vini comuni) che a produzioni di alta qualità.

Figura 1.2: Orientamento produttivo delle tipologie di produttori di vino (2008)

In particolare, il 49% dell’offerta produttiva nazionale è caratterizzata da produzioni certificate, con 526 riconoscimenti DOP e IGP, di cui 74 DOCG, 334 DOC e 118 IDT

Gli imbottigliatori rappresentano, invece, la categoria meno numerosa all’interno della struttura produttiva a seguito dei costi elevati degli impianti moderni e pertanto non adatti a produzioni contenute. In Italia tra gli iscritti all’albo risultano attivi poco meno di 8000 operatori di cui il 20% sono imbottigliatori puri in quanto non realizzano attività di trasformazione dell’uva in vino.

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rendono la struttura produttiva del comparto vitivinicolo molto complessa, caratterizzata da una rete di flussi che si estendono sia verticalmente che trasversalmente. Inoltre, le unità tecniche e le unità imprenditoriali non sempre coincidono poiché un’impresa può coordinare la produzione di più unità tecniche, come avviene abitualmente tra le imprese private e cooperative di maggiore dimensione economica.

La figura 3 evidenzia la complessa struttura del comparto vitivinicolo. In particolare, tutti gli operatori individuati assumono un ruolo importante nella collocazione della produzione sul mercato, che costituisce l’ultimo anello della fase industriale della catena del valore. Gli imbottigliatori puri e le cantine industriali sono gli operatori che maggiormente concorrono alla formazione della domanda nel mercato intermedio del vino. Le cantine industriali, tuttavia, partecipano anche all’offerta, insieme alle cantine sociali e alle cantine agricole. Si può calcolare che le cantine sociali trasferiscono agli imbottigliatori puri e alle cantine industriali ben il 40% della loro produzione; le cantine agricole, invece, solo il 15%.

Ciò che emerge è che, nell’ambito del comparto vitivinicolo nazionale, il vino che giunge sul mercato è frutto di un processo di trasformazione che ha attraversato almeno uno o due scambi nel mercato intermedio; ci sono diversi percorsi di formazione del valore legati sia alla natura dei prodotti intermedi e finali in termini di pregio e assortimento, sia alla rilevanza e al numero di passaggi dei flussi materiali via mercato. La valorizzazione diretta sul mercato finale, dunque, non rappresenta il modello dominante.

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1.1.2. Il sistema produttivo

Anche la tipologia del sistema produttivo è un elemento fondamentale di cui tener conto nella fase di implementazione del sistema di contabilità analitica.

Sulla base della tradizionale classificazione dei sistemi produttivi3 si può affermare che le imprese di trasformazione agro-alimentare, ed in particolare le imprese vinicole, attuano una produzione per il magazzino, unitaria, attraverso la realizzazione per processo. Nello specifico la produzione unitaria è legata alla disponibilità della materia prima uva, che avviene una volta l'anno (vincolo biologico), mentre la modalità di realizzazione del processo produttivo è legata al carattere biologico intrinseco del processo trasformativo dell'uva in vino.

1.1.3. I tempi del ciclo produttivo dell'impresa vitivinicola e l'impatto sulle dinamiche economico-finanziarie

Un'altra caratteristica tipica delle imprese vitivinicole è la tempistica dei cicli produttivi, i quali si sviluppano su più esercizi riflettendosi anche sulla dinamica economico-finanziaria dell'impresa. Il tempo necessario all'attuazione del processo produttivo dipende dalla presenza di diversi vincoli che riguardano l'attività di produzione agricola e di trasformazione industriale del prodotto agricolo.

Relativamente all'attività agricola di produzione dell'uva i vincoli di cui bisogna tener conto sono: • Vincolo Biologico: i tempi di realizzazione della produzione sono legati ai tempi fisiologicamente imposti dalla natura per ottenere il prodotto. Non è possibile modificare i tempi di produzioni ma si possono creare le condizioni migliori affinché possa avvenire la produzione. La produzione dell'uva richiede un intero anno.

• Vincolo Fondiario: incide sui processi produttivi sia in termini di volume di produzione ottenibile, dato che dipende appunto dalle dimensioni del fattore produttivo fondo; sia in termini di qualità della produzione (scelta del vitigno), in quanto un fondo non può essere sfruttato contemporaneamente per la realizzazione di produzioni diverse. Costituisce un forte elemento di rigidità per l'impresa agricola, in quanto non è possibile effettuare dei cambiamenti sulla scelta della qualità produttiva in tempi brevi. È fondamentale dunque fare una scelta sulla tipologia qualitativa in un'ottica di lungo periodo, che sia in linea con le preferenze del mercato in quanto non è possibile adeguarsi allo stesso nel breve periodo.

• Vincolo Climatico: definisce il periodo dell'anno in cui è possibile ottenere la produzione. Nel caso dell'uva il periodo ricade tendenzialmente tra la fine del mese di agosto e la metà del mese di ottobre.

3 Le varie modalità di produzione sono distinte sulla base dei tre parametri seguenti: -Risposta alla domanda dei

prodotti, produzione per il magazzino o su commessa (singole o ripetitive); -Modalità di realizzazione del volume produttivo, produzione unitaria, produzione intermittente (o a lotti), produzione continua; -Modalità di realizzazione del prodotto: per processo, per parti (fabbricazione e montaggio). F. Ciaponi, Il controllo di gestione delle imprese vitivinicole (2005).

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Con riferimento all'attività di trasformazione bisogna considerare i seguenti vincoli:

• Vincolo Biologico: in questo caso si riferisce ai tempi di produzione necessari per ottenere un determinato vino. Il processo di trasformazione dell'uva, infatti, avviene mediante lo svolgimento di un processo biologico che richiede tempistiche diverse anche in funzione della qualità che si vuole conferire al prodotto; a seconda dei tempi di produzione dunque ciascun prodotto incide diversamente sul sostenimento dei costi.

• Vincolo Agricolo: deriva dal fatto che gli input dell'impresa di trasformazione provengono dallo svolgimento dell'attività agricola, per cui i vincoli cui è sottoposta l'impresa agricola si riflettono indirettamente anche sull'impresa di trasformazione4. Esso determina la quantità e la ciclicità della produzione.

Di seguito si evidenziano gli impatti che i tempi del ciclo di produzione hanno sulla dinamica economico-finanziaria di un’impresa vitivinicola, con particolare riferimento all’attività industriale di trasformazione e di commercializzazione, essendo queste le principali attività svolte dall’azienda trattata nel presente lavoro.

In generale l’impresa vitivinicola può avviare un solo ciclo di produzione per esercizio, a causa del vincolo agrario, che può protrarsi per una lunga durata e anche per più esercizi in relazione al tipo di prodotto che si vuole ottenere.

Il ciclo operativo inizia in corrispondenza del periodo vendemmiale e quindi con la raccolta delle uve (si parla di conferimento nel caso delle cooperative vinicole), che vengono destinate allo stabilimento industriale per l'avvio del processo di trasformazione, e termina con la commercializzazione e la vendita della produzione attuata. La dinamica economico-finanziaria collegata a tale ciclo operativo evidenzia:

• un elevato fabbisogno finanziario per la copertura di tutti i costi legati alla produzione, che generano uscite monetarie immediate. Soprattutto nella fase iniziale del processo produttivo, infatti, si registra un elevato flusso economico negativo per i costi collegati ai fattori della produzione richiesti. Si tratta ad esempio di costi legati al fabbisogno di manodopera, che nella fase di lavorazione dei mosti e di vinificazione registra dei livelli elevati, di costi di energia per lo sfruttamento degli impianti, e di altri costi per materiali ausiliari.

• una manifestazione dei ricavi poco frequente dovuta sia all'impossibilità di attuare più di un ciclo di produzione durante l'anno, dato che la materia prima può essere disponibile una volta l'anno (vincolo climatico); sia alla durata dei cicli di lavorazione delle diverse tipologie di vino (vincolo biologico) in funzione dei quali il flusso economico positivo per i ricavi di vendita della produzione attuata potrebbe manifestarsi entro l'esercizio in caso di vendita di vino sfuso o di vino imbottigliato che richiede un periodo di lavorazione breve, oppure oltre l'esercizio di

4 I tipici esempi di questo vincolo sono il rischio di rimanere senza approvvigionamenti di materie prime, oppure

la disponibilità delle stesse concentrate in un unico periodo dell'anno. Questo vincolo ovviamente assume livelli diversi di intensità a seconda delle caratteristiche dell'impresa agricola posta a monte.

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riferimento se la tipologia di vino richiede tempi di lavorazione più lunghi.

Nell'analisi della dinamica finanziaria bisognerebbe tener conto anche dei tempi di dilazione per il pagamento concessi dai fornitori, per quanto riguarda il ciclo passivo, e dei tempi di dilazione concessi ai clienti nel ciclo attivo. Inoltre, con riferimento alle cooperative vitivinicole bisognerebbe considerare un ulteriore elemento che consente di attenuare temporaneamente l’elevato fabbisogno finanziario che si genera nelle fasi iniziali del processo produttivo: i soci conferitori infatti, accettando tempi di pagamento più lunghi per le uve conferite, garantiscono una sorta di finanziamento indiretto gratuito, che contribuisce comunque al raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario.

1.2. FORMA GIURIDICA DELLE IMPRESE VITIVINICOLE: LA

COOPERATIVA

In generale le aziende che operano nel settore vitivinicolo sono inquadrate nell'ambito delle aziende agricole (art. 2135 cc) e le forme giuridiche tipicamente adottate dalle imprese operanti nel settore sono quella dell'impresa individuale, della società commerciale (poco presenti) e della cooperativa (numerose).

L’importanza delle cooperative nella fase di trasformazione dell’uva viene confermata anche dall’indagine svolta da ISMEA (

Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare

), dalla quale emerge che il 50% della produzione del vino afferisce al mondo della cooperazione; per quanto le cantine cooperative costituiscano solo l’1% rispetto al totale delle aziende vinificatrici, infatti, esse possono vantare una vasta base associativa che consente di avere a disposizione ingenti volumi di materia prima. La Cantina Sociale del Vermentino è un'azienda agricola che assume la veste giuridica di Società Cooperativa a Responsabilità Limitata, per cui di seguito verrà fatta una descrizione del quadro normativo generale che disciplina la forma societaria della cooperativa. Si farà particolare riferimento alla tipologia di cooperativa cui appartiene quella vitivinicola, in modo da comprendere meglio i principi sottostanti il suo funzionamento, e quindi la logica seguita nell’esemplificazione del calcolo del costo di produzione.

1.2.1. Normativa di riferimento

La disciplina delle società cooperative è contenuta negli artt. 2511 – 2545 octiesdecies del c.c., modificati con la Riforma del diritto societario (D.lgs. n. 6/2003). Il legislatore ha reso la disciplina più organica, esprimendo appieno quanto sancito dall'articolo 45 della Costituzione a proposito della cooperazione a cui si riconosce «funzione sociale» se caratterizzata da «mutualità e senza fini di speculazione privata»: “La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di

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14 ➢ La funzione sociale

Il concetto di funzione sociale fa riferimento al ruolo che dovrebbe svolgere una cooperativa nell'ambito territoriale in cui ha origine, ossia quello di soddisfare dei bisogni di determinate categorie di soggetti (individui, gruppi, classi, ecc.) di carattere sociale, economico e culturale.

➢ Lo scopo mutualistico

L'art. 2511 stabilisce che “Le cooperative sono società a capitale variabile con scopo

mutualistico”. Lo scopo mutualistico consiste nel fornire beni o servizi od occasioni di lavoro

direttamente ai membri dell’organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero dal mercato; ed è proprio questa caratteristica uno dei principali elementi di differenziazione delle società cooperative rispetto alle altre forme societarie previste dall'ordinamento giuridico, la cui finalità sottostante lo svolgimento dell'attività d'impresa è quella del conseguimento e del riparto degli utili patrimoniali (fine di lucro).

Per poter essere qualificata come cooperativa a mutualità prevalente, un'azienda deve rispondere a determinati requisiti, definiti agli articoli 2512 e 2513 del Codice civile. L'articolo 2512 stabilisce l'ambito dello scopo mutualisticoindicando tre ipotesi correlate al settore merceologico in cui operano le cooperative, mentre l'articolo 2513 definisce i criteri “quantitativi” per verificare la presenza del requisito di “prevalenza” della mutualità5, che in generale deve ritenersi rispettato quando per le varie tipologie di cooperative i rapporti con i soci superano il 50%.

In base alle disposizioni normative si evidenziano dunque tre tipologie di cooperative:

• Cooperative di consumo: svolgono la propria attività in prevalenza in favore dei soci e il rapporto mutualistico si realizza attraverso la domanda del socio per l’ottenimento di beni o servizi. La prevalenza si verifica nella cosiddetta area “ricavi – soci clienti”, e si ritiene che sia rispettata quando i ricavi dalle vendite di beni e dalle prestazioni di servizi verso soci sono superiori al 50% del totale dei ricavi e delle prestazioni indicate nell’aggregato A.1) del bilancio di esercizio.

• Cooperative di produzione lavoro: si avvalgono delle prestazioni lavorative dei propri soci per lo svolgimento della propria attività. La prevalenza si verifica nell’area costo del lavoro – soci lavoratori, e si ritiene che lo scopo mutualistico sia attuato quando il costo del lavoro dei soci, risulti superiore al 50% del valore complessivo del costo del lavoro indicato negli aggregati B.9 (subordinato) e B.7 (autonomo).

• Cooperative di conferimento: lo scopo mutualistico consiste nell'acquisire beni o servizi in prevalenza apportati dai soci. La prevalenza si verifica nell’area costi per materie e/o per servizi dei soci – fornitori, e si ritiene che la prevalenza dello scopo mutualistico sia rispettata quando

5 Lo stesso articolo impone l'obbligo in capo agli amministratori e ai sindaci di documentarne contabilmente la

sussistenza nella nota integrativa. La condizione di prevalenza va verificata di anno in anno ovvero di esercizio in esercizio ed evidenziata nella nota integrativa al bilancio di esercizio di riferimento.

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il costo della produzione per servizi ricevuti o per beni conferiti dai soci risulti superiore al 50% dei servizi indicati nell’aggregato B.7 o delle merci o materie prime acquistate inserite nell’aggregato B.6 del conto economico. Un caso particolare di cooperativa di conferimento è quello della cooperativa agricola di cui si parlerà nel paragrafo successivo.

L'articolo 2514 c.c. individua alcune clausole “inderogabili”, a protezione del carattere di “non lucratività” del soggetto, da inserire nello statuto sociale per poter acquisire lo status di cooperativa a mutualità prevalente6. Lo strumento tecnico attraverso il quale viene misurato in termini monetari il vantaggio mutualistico è quello del ristorno, il quale rappresenta un istituto peculiare della società cooperativa disciplinato all'articolo 2545-sexies, c.c. Contabilmente costituisce sempre una componente del conto economico dell’esercizio, sottoforma di rettifica dei ricavi (cooperative di consumo) o maggiorazione dei costi (cooperative di lavoro e di conferimento)7.

➢ Assenza scopo di lucro

Un'altra caratteristica dell'impresa cooperativa che la differenzia dalle imprese capitalistiche è che la remunerazione del capitale investito è marginale rispetto alla remunerazione dei conferimenti (in caso di cooperativa di conferimento).

1.2.2. La cooperativa agricola - vitivinicola

Un caso particolare di cooperativa di conferimento è rappresentato dalle cooperative agricole per le quali il legislatore ha disposto alcune norme specifiche e diverse rispetto alla normativa generale.

Riguardo la verifica della prevalenza della mutualità, ad esempio, il legislatore dispone che, a totale discrezione dell’organo amministrativo, si può far riferimento al 50% della “quantità” o del

“valore” dei prodotti acquisiti nell’esercizio della propria attività. Non è necessario dunque far

riferimento al costo, come stabilito dall'articolo 2513 comma 1 lettera c), che invece resta fermo per tutte le altre cooperative di conferimento.

Altra differenza sta nella determinazione del vantaggio mutualistico, per il quale non rileva l'istituto del ristorno, e che può essere definito solo alla chiusura dell'esercizio, in base al risultato economico conseguito e in forza di quanto disposto dallo statuto e/o dal regolamento.

Non è possibile infatti attribuire un valore ai prodotti conferiti dai soci prima della chiusura dell'esercizio o comunque non è possibile attribuire un valore base allo scambio mutualistico.

Pertanto, le cooperative agricole nello svolgimento della gestione non sono a conoscenza del valore che potrà essere attribuito ai conferimenti e quindi del costo d’acquisto delle materie prime

6 Le cooperative che non dovessero osservare tali norme sono definite società cooperative diverse oppure “a

mutualità non prevalente” implicando l'esclusione dall'applicazione di particolari tutele e di agevolazioni di carattere tributario che il legislatore riconosce invece alle cooperative a mutualità prevalente.

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trasformate. Ciò significa che durante l’esercizio relativamente ai conferimenti non ci sarà alcuna rilevazione in contabilità generale, ad eccezione del pagamento degli acconti (che configurano un anticipo rilevante ai fini patrimoniali senza alcuna influenza sul piano economico), ma solo delle rilevazioni nelle schede di magazzino, nei registri di carico, ecc. relativamente alla quantità e qualità dei conferimenti.

Nell'ambito delle cooperative agricole rientra anche la cooperativa vitivinicola la cui attività consiste nella manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dell'uva conferita dai soci (art. 2135, c. 3, c.c.). Si tratta dunque di un'attività tipicamente industriale di trasformazione fisica del prodotto conferito dai soci, e mercantile relativa alla commercializzazione del prodotto finito8, ossia un'attività di una vera e propria impresa che non può rinunciare ad una gestione improntata sull'economicità. Ad essa si applicano le norme suddette, per cui:

• il vantaggio mutualistico, consistente nel garantire ai soci conferitori una remunerazione maggiore rispetto a quella che otterrebbero dalla vendita della propria uva sul mercato, è verificato se dal conto economico emerge che il costo sostenuto per le uve conferite dai soci supera il 50% di tutti i costi che rientrano nell'area B6 e B7 del conto economico;

• la determinazione del valore da attribuire ai soci per le uve conferite avviene in via residuale, in base al risultato che emerge dopo aver coperto tutti i costi di gestione (di produzione, commerciali, amministrativi, finanziari e per le imposte).

Da quest'ultima evidenza emerge che il perseguimento dello scopo mutualistico è subordinato all'ottenimento di un risultato d'esercizio che non può che essere frutto di una gestione svolta in ossequio ai principi gestionali di efficienza efficacia ed economicità, tipici delle imprese capitalistiche9.

In particolare, il perseguimento dell'equilibrio economico postulato dal principio di economicità èinfluenzato:

• dalla capacità dell’impresa di creare flussi equilibrati tra le entrate e le uscite monetarie. Un punto di forza di un'impresa cooperativa, come già detto, sta nel fatto che i soci possono essere disposti anche ad accettare tempi di pagamento più lunghi per le materie prime conferite rispetto a fornitori esterni; questo consente di avere una maggiore “flessibilità” nel raggiungere un equilibrio finanziario, anche in caso di momenti di stress finanziari. Nel caso di un'impresa vitivinicola, ad esempio, il fabbisogno finanziario assume livelli elevati e concentrati nel periodo della lavorazione delle uve, e per poter reintegrare i costi sostenuti i tempi di attesa sono più o meno lunghi, a seconda del tipo di prodotto;

8 L'attività propriamente agricola riferibile alla gestione delle vigne e alla produzione dell'uva, viene svolta dai

soci della cooperativa e non dalla cooperativa stessa.

9 In generale l’efficienza consiste nel saper utilizzare in maniera economica le risorse a propria disposizione;

l’efficacia riguarda la capacità di saper raggiungere gli obiettivi prefissati; l’economicità è legata ai due concetti precedenti e sintetizza la capacità dell’azienda di vivere in condizione di equilibrio economico, raggiungibile attraverso l’utilizzo efficiente delle proprie risorse e il raggiungimento dei propri obiettivi.

Nell'ambito di una cooperativa di produzione il significato che deve essere attribuito al concetto di economicità è il seguente: << i ricavi, devono consentire di reintegrare adeguatamente i fattori della produzione ed in particolare devono «attribuire ai conferimenti di beni […] una retribuzione almeno pari a quella corrente ovvero superiore alla stessa in misura congrua». G. Melis, Il bilancio d’esercizio nell’economia dell’impresa cooperativa, 1983.

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• dalla capacità di raggiungere adeguati livelli di efficacia ed efficienza:

- interna, attraverso un utilizzo razionale delle risorse nei processi di interna gestione, quali la produzione, riducendo i costi di trasformazione fisico-tecnica, e il coordinamento degli altri processi a supporto di quello produttivo;

- esterna, a seguito della capacità di approvvigionarsi delle materie prime accessorie a prezzi convenienti (non si fa riferimento alle materie prime conferite dai soci in quanto per il rispetto del principio mutualistico devono essere pagate ad un prezzo superiore a quello di mercato), e della capacità di cedere le produzioni a prezzi remunerativi10.

Anche le cooperative, dunque, al pari delle imprese capitalistiche devono ricercare e creare condizioni valide per garantire la propria permanenza su un mercato sempre più dinamico e concorrenziale, in modo da ottenere dei risultati economici positivi più elevati che si ripercuotono sul riconoscimento di un valore più alto per i conferimenti effettuati dai soci e quindi sul pieno soddisfacimento della finalità mutualistica su cui si fonda l'esistenza della cooperativa.

La capacità di sapersi dotare di strumenti manageriali adeguati a fornire informazioni attendibili circa lo svolgimento della gestione secondo economicità, come ad esempio gli strumenti di contabilità industriale finalizzati al calcolo del costo di produzione, diventa anche per le cooperative un fattore critico di successo.Il solo bilancio d'esercizio, come si dirà nel paragrafo successivo, infatti non consente di fornire informazioni attendibili ed esaustive circa lo svolgimento di una gestione secondo economicità ed efficienza.

1.3. ALCUNI ASPETTI DELL'INFORMATIVA DI BILANCIO DELLE

COOPERATIVE

Nel presente paragrafo si mettono in evidenza alcuni limiti legati all'informativa del bilancio d'esercizio di una cooperativa, e alla sua inadeguatezza come unico strumento di supporto gestionale, facendo emergere l'importanza di doversi avvalere di ulteriori strumenti direzionali adeguati a guidare e orientare la gestione al raggiungimento dell'equilibrio economico.

Come ampiamente detto, la finalità principale di una cooperativa è il perseguimento della mutualità che consiste nel garantire ai soci delle condizioni di vantaggio economico che si concretizzano in un aumento dei ricavi, in proporzione dei conferimenti effettuati (nel caso delle cooperative di conferimento), riflettendosi a sua volta in un maggior costo per il bilancio della cooperativa.11

10 G. Melis, Elementi di economia aziendale, 2005.

11 Con riferimento alle altre due tipologie di rapporto mutualistico il vantaggio si può concretizzare in:

- una riduzione dei costi nel caso della cooperativa di consumo, in quanto la sua mission è quella di consentire ai soci di acquistare prodotti/servizi ad un prezzo più basso rispetto a quello di mercato. Questa condizione si riflette in un minor ricavo per il bilancio della cooperativa; - una migliore retribuzione, in proporzione alle ore lavorate, nelle cooperative di lavoro, che si riflette in un maggiore costo per la cooperativa.

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Nel contesto competitivo attuale però non si può avere la pretesa che un’impresa, anche se esercitata sotto la forma giuridica della cooperativa, possa sopravvivere avendo come unico principio guida quella della mutualità; anche per essa l’attività d’impresa deve essere svolta tenendo conto di un vincolo determinante per la permanenza nel mercato, ossia quello del raggiungimento dell’equilibrio economico derivante da una gestione efficiente.

Si è detto anche che la determinazione del valore da attribuire ai soci per i conferimenti effettuati non può essere fatta al momento del conferimento o comunque in sede di svolgimento della gestione, in quanto tale valore dipende dal risultato finale dell'esercizio. Quindi il prezzo da riconoscere ai soci per i conferimenti effettuati avviene in via residuale, dopo aver coperto tutti i costi di gestione, in base al risultato d'esercizio (avanzo di gestione). Ciò significa che questo meccanismo di concretizzazione del vantaggio mutualistico consente di poter chiudere il conto economico in pareggio o con un risultato di gestione irrilevante12, evidenziando il raggiungimento dell'equilibrio economico tra costi e ricavi derivante presumibilmente dallo svolgimento di una gestione secondo economicità ed efficienza.

In realtà questo risultato non fornisce informazioni attendibili circa il raggiungimento dell'equilibrio economico; potrebbe mostrare un livello di efficienza e di economicità solo apparente, tenuto conto che in una cooperativa l'economicità si manifesta anche in un’adeguata remunerazione dei beni conferiti dai soci.

Per fare un esempio potrebbe succedere che il pagamento dei conferimenti, in base all'avanzo di gestione, sia in realtà inadeguato perché magari il prezzo riconosciuto ai soci non rispetta il principio mutualistico essendo pari o addirittura inferiore rispetto a quello ottenibile dalla vendita del proprio prodotto sul mercato (prezzo che dovrebbe riflettersi in un costo maggiore per la cooperativa rispetto a quello sostenuto da un'impresa non cooperativa che opera nello stesso settore). In questo caso, nonostante il conto economico chiuda in pareggio, non si può parlare di economicità della gestione, perché è probabile che le inefficienze gestionali si siano ribaltate sui soci attraverso il pagamento di un prezzo non remunerativo.

Il conto economico del bilancio della cooperativa dunque non ha la stessa capacità segnaletica di quello delle imprese capitalistiche al fine di esprimere giudizi circa l'economicità della gestione, soprattutto relativamente alla voce B6 relativa ai costi di acquisizione delle materie prime che incorpora il risultato della gestione.

Nelle imprese capitalistiche per capire se l'azienda ha la capacità di raggiungere l'equilibrio economico attraverso la gestione si guarda al risultato della gestione ordinaria, ossia alla differenza tra ricavi e costi della produzione (gestione caratteristica). Se il risultato è positivo significa che la gestione si sta svolgendo secondo economicità13.

Nella cooperativa, invece, dal risultato della gestione ordinaria (e accessoria) non si può

12L’assenza di utile generalmente evidenzia un'incapacità di autofinanziamento; nel caso delle cooperative però

non significa che la società non sia stata capace di perseguire la finalità mutualistica con la gestione, tutt'altro.

13L'analisi circa il risultato della gestione dovrà poi essere approfondito attraverso il calcolo dei vari indicatori

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comprendere se ci sia effettivamente un equilibrio economico. Tale valore infatti tende ad assumere quasi sempre valori nulli o negativi. In particolare, se dalla differenza tra i ricavi e i costi di produzione emerge:

• un valore negativo, significa che la gestione finanziaria sta creando valore che si aggiunge al risultato della gestione caratteristica per essere distribuito ai soci, traducendosi in un maggior costo d’acquisto della materia prima. Tale costo si registra a fine esercizio nella macroclasse B del conto economico facendo registrare di conseguenza una perdita nell'ambito della gestione ordinaria, il cui risultato negativo verrà poi controbilanciato dal risultato positivo della gestione finanziaria;

• un valore nullo, significa che la gestione finanziaria non produce valore, per cui la remunerazione dei conferimenti è pari solo alla differenza tra i ricavi e i costi della gestione caratteristica ed eventualmente della gestione accessoria.

Nelle cooperative dunque il valore creato dall'azienda emerge, non tanto dal risultato d'esercizio o dal risultato della gestione caratteristica, quanto dalle risorse generate e non consumate attraverso l'acquisizione di fattori produttivi (escludendo il costo d'acquisto delle materie prime conferite dai soci). Se tale valore è positivo allora la cooperativa apparentemente ha creato valore per i soci, ma da tale dato non emerge se tale importo abbia consentito effettivamente di remunerare i soci in misura superiore rispetto ai prezzi di mercato e quindi di conseguire la finalità mutualistica.

In conclusione, dal solo bilancio d’esercizio non è possibile capire se l’equilibrio raggiunto derivi effettivamente da una gestione efficiente ed economica, per cui sarebbe opportuno che anche le società cooperative iniziassero ad adottare un approccio positivo all’introduzione di strumenti manageriali di controllo di gestione in modo tale da guidare l’azienda al raggiungimento dell’equilibrio economico e quindi al perseguimento dello scopo mutualistico.

Tra questi strumenti rientra ad esempio lo sviluppo di una contabilità industriale finalizzata all'analisi dei costi ed in particolare al calcolo dei costi di produzione, in modo da evidenziare eventuali punti di debolezza o inefficienza su cui poter intervenire per migliorare la gestione e quindi migliorare il risultato d'esercizio (prima della remunerazione dei conferimenti dei soci).

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1.3.1. Il Conto Economico a valore aggiunto della Cantina del Vermentino

Di seguito si presenta il conto economico

a valore aggiunto della Cantina del Vermentino da

cui emerge appunto la debolezza della capacità segnaletica con riferimento al raggiungimento

di un equilibrio economico che sia effettivamente frutto di una gestione svolta secondo

efficienza.

Gli ultimi due esercizi segnalano un risultato della gestione caratteristica negativo, il che deve essere letto in termini positivi perché, come spiegato, significa che la gestione extra-caratteristica ha contribuito positivamente alla determinazione della remunerazione spettante ai soci, che si traduce a sua volta in un maggior costo d’acquisto registrato tra i costi delle materie prime.

Gli indici di redditività calcolati sulla base delle riclassificazioni del bilancio, inoltre, non sono indicativi della reale situazione gestionale dell’azienda, proprio per i principi che caratterizzano la forma giuridica della cooperativa. In particolare, nell’esercizio 2017/2018 sono stati rilevati i seguenti risultati:

- ROI (redditività sul capitale investito) pari allo 0,63%, espressione di un risultato negativo;

- ROS (redditività delle vendite) pari allo 0,73 % . Il ROS indica la capacità di ottenere dai ricavi di vendita un margine lordo positivo dopo aver coperto i costi dell’area operativa. In questo caso il valore di tale indice segnala una situazione negativa in quanto non c’è copertura integrale neanche dei costi dell’area caratteristica.

È chiaro dunque che questi indicatori nel caso delle cooperative non evidenziano il reale andamento della reddittività caratteristica, e quindi non possono essere espressione delle reali condizioni di efficienza con cui viene svolta l’attività.

Una maggiore capacità segnaletica del reale andamento gestionale è data invece dal valore assunto dalla voce b6 del conto economico e nello specifico dal valore del costo delle uve conferite: in particolare si rileva che dall’esercizio 2015 al all’esercizio 2018 il fatturato è cresciuto di circa il 26%, consentendo la liquidazione delle uve ad un prezzo medio sempre più elevato, con una variazione in aumento di circa il 70% con riferimento allo stesso intervallo di tempo (esercizio 2015 – 2018).

Questi risultati evidenziano chiaramente una situazione positiva, ma non emerge se i valori positivi ottenuti sono anche espressione di condizioni di efficienza interna, ossia dell’efficienza nell’utilizzo della capacità produttiva e delle risorse impiegate nella produzione.

Si ricorda che l’operare secondo condizioni di efficienza si ripercuote sulla redditività e di conseguenza sull’effettiva capacità di raggiungere l’obiettivo di massima valorizzazione delle uve conferite dai soci, ossia del perseguimento della finalità mutualistica. Per questo è necessario dotarsi di strumenti gestionali che siano in grado di cogliere anche questi aspetti.

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CONTO ECONOMICO RICLASSIFICATO

Voci Esercizio 2018 % Esercizio 2017 % Variaz. Assolute 2018/2017 Variaz. % VALORE DELLA PRODUZIONE 9.181.174 100,00% 9.683.958 100,00% -502.784 -5,19%

- Consumi di materie prime 5.918.352 64,46% 6.358.501 65,66% -440.149 -6,92%

- Spese Generali 1.573.960 17,14% 1.604.243 16,57% -30.283 -1,89%

VALORE AGGIUNTO 1.688.862 18,39% 1.721.214 17,77% -32.352 -1,88%

- Altri ricavi 298.652 3,25% 394.173 4,07% -95.521 -24,23%

- Costo del personale 752.639 8,20% 789.579 8,15% -36.940 -4,68%

- Accantonamenti 67.736 0,74% 95.765 0,99% -28.029 -29,27%

MARGINE OPERATIVO LORDO 569.835 6,21% 441.697 4,56% 128.138 29,01%

- Ammortamenti e Svalutazioni 720.439 7,85% 617.589 6,38% 102.850 16,65%

RISULTATO OPERATIVO CARATTERISTICO

(Margine Operativo Netto) -150.604 -1,64% -175.892 -1,82% 25.288 14,38%

+ Altri ricavi e proventi 298.652 3,25% 394.173 4,07% -95.521 -24,23%

- Oneri diversi di gestione 81.161 0,88% 107.513 1,11% -26.352 -24,51%

REDDITO ANTE GESTIONE FINANZIARIA 66.887 0,73% 110.768 1,14% -43.881 -39,62%

+ Proventi finanziari 3.740 0,04% 1.756 0,02% 1.984 112,98%

+ Utile e perdite su cambi 0,00% 0

RISULTATO OPERATIVO (Margine Corrente ante

oneri finanziari) 70.627 0,77% 112.524 1,16% -41.897 -37,23%

+ Oneri finanziari -70.053 -0,76% -112.196 -1,16% 42.143 -37,56%

REDDITO ANTE GESTIONE STRAORDINARIA

(Margine Corrente) 572 326 246 75,46%

+ Rettifiche di valore di attività finanziarie

+ Proventi e oneri straordinari

REDDITO ANTE IMPOSTE 574 326 248 76,07%

- Imposte sul reddito dell'esercizio 32 21 11 52,38%

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2. LA CANTINA SOCIALE DEL VERMENTINO E LE SUE

CARATTERISTICHE

2.1 LA NASCITA E LA STORIA DELL'AZIENDA

La Cantina Sociale del Vermentino è una cooperativa agricola che opera nell'ambito dell'attività di lavorazione e trasformazione dei prodotti agricoli conferiti dai soci, nonché nell'ambito della commercializzazione del prodotto finito.

Nasce a Monti, in Sardegna, nel luglio del 1956 per volontà di 22 viticoltori i quali credevano fortemente nel progetto della Cantina sociale e intravedevano in essa uno strumento fondamentale per risollevare le sorti non solo economiche ma anche sociali di un territorio colpito da una profonda crisi agraria nel dopo guerra. È qui che risiede appunto il carattere della socialità che contraddistingue le cooperative dalle imprese con finalità di lucro, e che ha dato origine alla Cantina del Vermentino.

Negli anni, nonostante le varie difficoltà, si affermò nel panorama della viticoltura diventando conosciuta per il rinomato “Vermentino di Gallura” che, dopo aver ricevuto nel 1996 il più alto riconoscimento con la denominazione d'origine controllata e garantita, riveste ad oggi nel panorama sardo il più alto grado di importanza tra i vini autoctoni14.

Ad oggi è costituita da 350 soci che coltivano per un’estensione di 500 ettari nei territori di Monti, Telti, Olbia, Loiri Porto San Paolo, per conferire uve selezionate destinate alla produzione di vini eleganti, raffinati ed originali, alcuni dei quali stanno ottenendo importanti riconoscimenti in prestigiose manifestazioni come il Vinitaly, menzioni nelle riviste specialistiche “Migliori Vini d'Italia”. Rappresenta dunque un pilastro della realtà economica del paese e dintorni ed è molto attiva anche dal punto di vista sociale facendosi promotrice di importanti manifestazioni, tra cui la “Sagra del Vermentino” che, in aggiunta si suoi vini, rappresenta ormai un elemento distintivo e inscindibile dell’azienda.

Dal punto di vista strategico gli amministratori hanno da sempre basato la propria politica economico-aziendale sulla conoscenza:

• della qualità dei propri prodotti e di quelli concorrenti; • dei consumatori e delle loro motivazioni di acquisto; • dei sistemi di orientamento della distribuzione;

• dei prezzi ai quali era possibile vendere, in funzione del rapporto prezzo-qualità, al fine di conseguire maggiori profitti;

• delle tecniche di confezionamento, in modo da poter realizzare presentazioni del prodotto adeguate.

14 Il riconoscimento di vino a DOCG cioè di vino di particolare pregio, è stata una grande vittoria dell'enologia

sarda perché si tratta del primo vitigno bianco dell'Italia centro-meridionale a fregiarsi di questo titolo: riconoscimento riservato sino al 361/12/1995 all' Albana di Romagna.

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2.2 LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA

Il concetto di "struttura organizzativa" deriva dalla teoria dell'organizzazione e indica il quadro gerarchico che definisce la divisione interna del lavoro in azienda. Viene generalmente rappresentata visivamente sotto forma di uno schema denominato organigramma, il quale illustra tutti i livelli gestionali dell'organizzazione, le varie unità organizzative alle quali è possibile collegare specifiche attività e individuare i soggetti coinvolti nello svolgimento delle stesse, ed evidenzia le relazioni di tipo verticale e orizzontale intercorrenti fra le varie unità.

Un'impresa può essere organizzata e strutturata in diversi modi; le principali configurazioni di struttura organizzativa sono tre: struttura funzionale, struttura divisionale e struttura a matrice15.

Generalmente, a differenza delle aziende di dimensioni medio/grandi che contano su strutture articolate e prevedono più livelli decisionali, una piccola impresa ha una struttura e un'organizzazione appena abbozzata e non ha a disposizione un organigramma che metta in evidenza l'organizzazione del lavoro. Questo perché non è possibile individuare in maniera definita le varie unità organizzative che costituiscono la struttura dell'azienda e rapporti “gerarchici” definiti; vi sono soggetti che svolgono più mansioni oppure che svolgono compiti non direttamente riconducibili a determinate unità organizzative. Questa situazione si è riscontrata anche nell'azienda oggetto d'analisi, in quanto trattandosi di una piccola impresa i confini tra i reparti e le funzioni non sono ben definiti, per cui non esiste neanche un organigramma che delinea in maniera chiara la sua struttura organizzativa.

Dall'analisi del contesto operativo però è stato possibile comprendere i meccanismi di funzionamento dell’attività aziendale, che ha portato ad individuare diverse funzioni anche se non formalizzate. In particolare, sono state individuate le seguenti funzioni (vedi figura 2.1):

➢ La Direzione

Al vertice della struttura aziende si colloca la Direzione, costituita dal Consiglio di Amministrazione che si occupa di definire gli obiettivi strategici da perseguire, di prendere decisioni di investimento, di finanziamento, ecc., al fine di raggiungere gli obiettivi di mutualità per il soddisfacimento delle aspettative dei soci.

➢ Funzione Acquisti

Nella funzione acquisti rientrano tutti quei processi che sono legati alla gestione dei rapporti esterni con i fornitori e dei rapporti interni con chi si occupa della gestione del magazzino. Nell'azienda vi è un responsabile che si occupa del coordinamento dei fornitori e delle richieste provenienti dai responsabili di magazzino e al contempo si occupa anche di tutta la parte amministrativa correlata. Le principali attività di competenza del responsabile della funzione acquisti sono:

• la gestione degli ordini verso i fornitori per l'approvvigionamento di materie prime (uva in outsourcing, prodotti per la vinificazione); per lavorazioni esterne; per servizi di consulenza;

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per materiali per imbottigliamento; per materiali per manutenzioni a seguito delle richieste del responsabile delle manutenzioni; per fattori strutturali.

• la gestione dei conferimenti dei soci: rilevazione e registrazione dei volumi e delle caratteristiche qualitative dei prodotti conferiti dai soci.

➢ Funzione Produzione

Nella funzione di produzione rientra la gestione di tutto il processo produttivo che va dal conferimento delle uve, alla vinificazione, all'imbottigliamento e confezionamento. Le operazioni da svolgere sono varie e strettamente collegate. Ci sono diversi responsabili produttivi tra cui l'enologo, responsabile dello stabilimento enologico e del laboratorio analisi, il cantiniere responsabile del coordinamento di tutte le attività di cantina, ed un responsabile per il reparto imbottigliamento.

Si segnala inoltre la presenza di un responsabile delle manutenzioni a supporto della funzione di produzione, per quanto attiene il giusto funzionamento di tutto l'apparato produttivo (impianti, macchinari, ecc.). Esso si occupa anche della selezione dei fornitori per acquisti di altri elementi dell'apparato produttivo, di pezzi di ricambio. La gestione degli ordini invece spetta alla funzione acquisti.

➢ Magazzino

Si individua un responsabile di magazzino che si occupa appunto della gestione dei flussi dei prodotti finiti in entrata dal reparto di imbottigliamento e in uscita per la spedizione. In particolare, a seguito della ricezione dell'ordine di vendita dalla funzione commerciale il responsabile si occupa della preparazione del carico per la spedizione.

➢ Funzione Commerciale

Nell'ambito della funzione commerciale due responsabili si occupano di tutto il processo commerciale che riguarda la gestione dei contatti con il cliente, la gestione degli ordini ricevuti, l'inserimento degli ordini nel gestionale, il coordinamento con il responsabile di magazzino per la preparazione degli ordini, la gestione dei reclami, ecc.

Le vendite sono gestite sia a livello nazionale che a livello estero attraverso una rete di agenti specializzati nel canale Ho.Re.Ca e GDO. I principali mercati esteri sono Canada, Stati Uniti, Cina, Australia, Germania, Inghilterra.

➢ Funzione Amministrazione

In questa funzione si individuano tre responsabili che si occupano di attività di vario genere legate all'amministrazione generale della società. Essendo una piccola realtà non è possibile fare una distinzione netta tra le attività che hanno natura amministrativa. Rientrano in questa funzione:

• Operazioni di gestione e controllo del software di contabilità, come, immissione a sistema gestionale contabile delle fatture da emettere per i clienti e quelle ricevute dai fornitori, ecc. • Tutte le operazioni di tipo amministrativo in coordinamento con la funzione commerciale, come,

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emissione documenti di trasporto, emissione fattura di vendita, gestione dei documenti contabili necessari per l'export (gestione iva, dogana), la verifica dei pagamenti da parte dei clienti (e tutti i relativi movimenti bancari), ecc.

• Le operazioni di tipo amministrativo in coordinamento con la funzione acquisti, come, registrazione fatture d'acquisto, verifica e gestione delle scadenze di pagamento dei fornitori. • Tutte le operazioni che riguardano i dipendenti, come, la registrazione delle ore lavorate dai

dipendenti, emissione delle buste paga, pagamento degli stipendi, ecc.

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2.3 IL SISTEMA DI PRODOTTO DELLA CANTINA DEL VERMENTINO

Il sistema di prodotto dell’impresa rappresenta il portafoglio di prodotti offerto inteso in termini sia quantitativi (numero di prodotti collocati sul mercato) che qualitativi (caratteristiche dei prodotti), e comprende anche elementi immateriali tra cui i servizi connessi alle vendite e le condizioni economiche. Costituisce lo strumento attraverso il quale l’impresa persegue le sue finalità e da esso dipende la struttura dei ricavi, la marginalità sui prodotti, la redditività e gli altri risultati economico-finanziari, e quindi il raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario generale.

L'impresa vitivinicola generalmente si presenta sul mercato con un portafoglio di prodotti molto ampio, in modo tale da riuscire a sviluppare quote di mercato, a ridurre i costi e a sfruttare anche economie di scopo16.

Nell’individuare il sistema di prodotto offerto della Cantina del Vermentino sono state prese in considerazione le seguenti variabili:

a) Tipologia di vino prodotto

- Vini fermi e mossi: rientrano tutti i vini che sono frutto di un processo di vinificazione ordinario,

ossia che prevede la semplice fermentazione dell'uva pigiata. Si tratta di vini comuni rossi, bianchi e rosati.

- Vini spumanti: rientrano quei vini che vengono sottoposti al processo di spumantizzazione che

consiste in una seconda fermentazione in bottiglia che determina lo sviluppo dell'anidride carbonica.

- Vini speciali: rientrano tutti i vini che in seguito a trattamenti particolari non rientrano nelle altre

categorie.

b) Il livello qualitativo prescelto17

- Vino di qualità prodotto in regioni determinate (VQPRD), corrispondente alla Denominazione

d’Origine Protetta (DOP) della classificazione europea: il vino deve provenire da zone di

produzione ben identificate e il processo tecnico-produttivo deve rispettare requisiti specifichi contenuti nei disciplinari di produzione. Questi possono variare a seconda delle aree geografiche di riferimento e possono regolare diversi aspetti come: la delimitazione della zona di

16 Le economie di scopo si possono realizzare ad esempio abbinando diverse tipologie di produzione, anche con

livelli qualitativi differenti. In questo modo l'impresa può utilizzare gli stessi canali di vendita per tutte le produzioni facendo accedere anche le produzioni qualitativamente inferiori a canali che, altrimenti, sarebbero preclusi e difficilmente accessibili. Inoltre, sfruttando il marchio e l'immagine fornita dalle produzioni migliori può spuntare prezzi di vendita più alti sulle produzioni qualitativamente inferiori, rispetto a quanto potrebbe fare se non possedesse nella sua offerta anche prodotti di buona qualità. F. Ciaponi, Il controllo di gestione delle

imprese vitivinicole (2005).

17 Le diverse menzioni che caratterizzano i vini tradizionalmente utilizzate nel nostro Paese sono organizzate in

modo da creare una sorta di “Piramide della Qualità”. A partire dal 2008, a questa si è sovrapposta la Classificazione Europea che classifica il prodotto in ragione della sua qualità ed è conosciuta come il sistema delle denominazioni d'origine che segmenta il vino in tre categorie.

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produzione; la tipologia di vigneti consentita; la densità delle viti; la resa massima di uva e vino per ettaro; il titolo alcolometrico volumico minimo naturale potenziale; le caratteristiche fisico-chimiche ed organolettiche; modalità d'invecchiamento. In questa categoria i vini vengono ulteriormente suddivisi in:

▪ Vini a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG): tale denominazione viene concessa ai vini già riconosciuti DOC da almeno cinque anni e che siano ritenuti di particolare pregio. Oltre a prevedere disciplinari di produzione più rigidi, prevedono anche che l'effettiva qualità del prodotto sia garantita da specifiche

commissioni di assaggio

. In fase di imbottigliamento è prevista l’analisi chimico-fisica ed organolettica, partita per partita, e le bottiglie vengono contrassegnate con una fascetta di controllo disposta in maniera tale da rompersi in fase di apertura della bottiglia.

▪ Vini a Denominazione di Origine Controllata (DOC): prevedono disciplinari produttivi più flessibili ma non possono essere prodotti con uve destinate a vini IGT e devono venir sottoposti ad esame chimico-fisico ed organolettico in fase di produzione; non sono sottoposti al giudizio delle commissioni di assaggio. Inoltre, possono essere caratterizzati dall’indicazione di sottozone o zone più ristrette a seconda del disciplinare. Possono menzionare specificità del prodotto (es. classico, superiore) se previsto dal disciplinare. Obbligo dell’annata di produzione in etichetta.

- Vino da tavola con indicazione di origine (IGT) corrispondente alla Indicazione Geografica

Protetta (IGP) della classificazione europea: sebbene non rientri nell'ambito dei VQPRD, di

fatto rappresenta il terzo livello nel sistema delle denominazioni. L'obiettivo di questa denominazione è quello di dare maggiore qualificazione ad una parte della produzione che in precedenza veniva etichettata come vino da tavola. Essa quindi deve rispettare delle regole più generali e non un vero e proprio disciplinare tecnico-produttivo. L’indicazione del vitigno, l’annata e la menzione della zona ed eventuale sottozona sono facoltativi.

- Vino da tavola: sono rappresentati da tutti i vini comuni destinati al largo consumo. Anche per

questi vini sono previste delle regole tecnico-produttive che tuttavia sono più elastiche di quelle previste per i vini VQPRD.

Queste denominazioni configurano una sorte di piramide della qualità (figura 2.2) dove, secondo la classificazione italiana, al vertice si collocano i vini DOCG, nella posizione intermedia si collocano i vini DOC e IGT e alla base i VdT.

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Figura 2.2 - La Piramide della qualità dei vini

c) Unità di misura

Nella definizione del portafoglio prodotti dell'impresa bisogna considerare anche l'unità di misura che può essere rappresentata dal numero di prodotti; dai volumi di produzione; dai ricavi di vendita. In particolare, considerare solo il numero dei prodotti è fuorviante; è importante valutare il peso di ciascun prodotto sull'intera produzione in termini di volumi e di ricavi di vendita.

Può succedere infatti che il prodotto X realizzato con elevati volumi di produzione contribuisca solo marginalmente ai ricavi di vendita complessiva, al contrario il prodotto Y prodotto in volume minore potrebbe contribuire ai ricavi di vendita complessivi in misura elevata.

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