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INFLUENZE CULTURALI SULL'IMPAIRMENT TEST DELLE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI E IMMATERIALI. I RISULTATI DI UNA RICERCA EMPIRICA

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Università degli studi di Pisa

Dipartimento di Economia e Management

INFLUENZE CULTURALI SULL’IMPAIRMENT TEST DELLE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI E IMMATERIALI.

I RISULTATI DI UNA RICERCA EMPIRICA

Relatore Prof. Allegrini Marco

Contro Relatore Prof. Martini Paolo Studentessa

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Al mio piccolo, grande “supporto morale”

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INDICE

INTRODUZIONE Pag.6 CAPITOLO 1 IAS 36

1.1 Aspetti generali Pag.7 1.2 Determinazione del valore recuperabile Pag.9 1.2.1 Determinazione Fair Value dedotti i costi di vendita Pag.10 1.2.2 Determinazione del valore d’uso Pag.11 1.3 Rilevazione e determinazione di una perdita per riduzione di valore Pag.15 1.4 Unità generatrici di flussi finanziari e avviamento

1.4.1 Individuazione dell’Unità generatrice di flussi finanziari Pag.16 1.4.2 Allocazione dell’avviamento alle CGU e l’impairment test Pag.18 1.4.3 Tempistiche dell’impairment test Pag.20 1.4.4 Attività gestite centralmente (corporate assest) Pag.21 1.5 Rilevazione delle perdite di valore di una CGU Pag.22 1.6 Ripristini di valore dopo una precedente svalutazione

1.6.1 Aspetti generali Pag.24 1.6.2 Ripristino di valore di un singolo bene, di un’unità generatrice di flussi finanziari e per l’avviamento Pag.26 1.7 Informazioni Integrative Pag.27 1.8 L’impairment test previsto da altri documenti dei principi contabili internazionali Pag.31 1.8.1 L’impairment test delle partecipazioni in società controllate, collegate e joint ventures Pag.33

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1.8.2 L’impairment test delle partecipazioni in minoranza non qualificata, titoli a reddito fisso e crediti finanziari Pag.35 1.8.3 L’impairment test delle attività finanziarie disponibili per la vendita valutate al fair value Pag.37 CAPITOLO 2 L’INFLUENZA DELLA CULTURA NELLA PRASSI ECONOMICA

2.1 Aspetti generali Pag.38 2.2 Definizione di cultura Pag.38 2.2.1 Interpretazioni della cultura Pag.40 2.2.2 Gli elementi della cultura Pag.41 2.2.3 Modello di studio della cultura: Modello di Hofstede Pag.43 2.2.4 Cultura organizzativa secondo gli studi di Hofstede Pag.46 2.2.5 Esempi di applicazione dello studio di Hofstede Pag.49 2.2.5.1 Italia Pag.50 2.2.5.2 Regno Unito Pag.52 2.2.5.3 Germania Pag.54 2.2.5.4 Francia Pag.55 2.2.6 Le quattro tipologie di cultura organizzativa di Hfstede Pag.57 2.3 Contabilità: differenze e armonizzazione a livello europeo Pag.59 2.3.1 Cause ed esempi delle differenze internazionali

2.3.1.1 La cultura Pag.60 2.3.1.2 Sistemi finanziari Pag.65 2.3.2 Classificazione internazionale dei sistemi contabili Pag.67 2.3.3 Armonizzazione e standardizzazione contabile Pag.77

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CAPITOLO 3 RICERCA EMPIRICA

3.1 Introduzione Pag.84 3.2 Campione Esaminato Pag.84 3.3 Analisi Effettuata Pag.85 3.3.1 Italia Pag.86 3.3.2 Regno Unito Pag.89 3.3.3 Analisi Comparata Pag.92 3.4 Conclusioni Pag.99 RINGRAZIAMENTI Pag.102 BIBLIOGRAFIA , ARTICOLI E SITOGRAFIA Pag.103

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INTRODUZIONE

Dopo avere descritto il principio contabile IAS 36 sul tema dell'impairment test, che definisce i criteri applicati dall’impresa per assicurarsi che le proprie attività non abbiano subito una perdita per riduzione di valore, affronteremo sinteticamente il concetto di cultura e l'influenza che ha nell'ambito economico, con particolare attenzione per gli studi di Hofstede. Il nostro scopo è rilevare come determinati principi scaturiti dalla storia e dal background socio-culturale di un paese e lo stesso parterre filosofico, abbiano una rilevanza pratica nella gestione della contabilità influenzando la componente ideale che sta dietro a scelte di bilancio.

Rilevate le regole da seguire per l’identificazione, la determinazione e la rilevazione della perdita di valore, entreremo nel vivo della contabilità, analizzando le differenze dei sistemi contabili in ambito europeo e affrontando le diverse modalità di classificazione degli stessi, fino ad arrivare al concetto di armonizzazione.

Nell'ultimo capitolo, seguendo la suddivisione dei paesi in due cluster (optimism e conservatism), analizzeremo i dati relativi a Italia e U.K che esemplificheranno come l'impianto teorico dei principi che stanno dietro alla classificazione dei due cluster, abbia un peso concreto nelle scelte economiche dei rispettivi paesi. Lo stesso metodo di analisi applicato agli altri paesi d'Europa non farà altro che confermare quanto assunto

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CAPITOLO 1

1.1 ASPETTI GENERALI

Il procedimento di determinazione delle perdite di valore (Impairment test) previsto dallo IAS 36 viene applicato dalle imprese italiane che redigono dal 2005 il bilancio consolidato ed il bilancio d’esercizio con i principi contabili internazionali.

La finalità del Principio è quella di definire i principi che le società applichino affinché le proprie attività siano iscritte a un valore non superiore a quello recuperabile.

Lo IAS 36 deve essere applicato a tutte le immobilizzazioni materia, immateriali e finanziarie ossia:

- Immobili, impianti e macchinari;

- Investimenti in società controllate, collegate e joint ventures;

- Attività immateriali;

- Avviamento acquisito a titolo oneroso.

Le attività escluse dall’applicazione del principio in esame sono:

- Rimanenze;

- Attività derivanti dalle commesse a lungo termine;

- Attività fiscali differite;

- Attività derivanti da benefici per i dipendenti;

- Attività finanziarie che rientrano nell’ambito dello IAS 39(strumenti finanziari);

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- Attività biologiche connesse all’attività agricola, valutate al fair value meno i costi stimati al punto di vendita;

- Costi di acquisizione differiti e attività immateriali derivanti dai diritti contrattuali dell’assicuratore;

- Attività non correnti classificate come possedute per la vendita.

Le società devono valutare ad ogni data di riferimento del bilancio se esistono sintomi di riduzione durevole di valore, a tal proposito deve stimare il valore recuperabile dell’immobilizzazione.

I sintomi dell’esistenza di riduzione o perdite di valore derivano da due diverse fonti di informazione:

- Fonti esterne all’impresa:

 Il valore di mercato di un’attività è diminuito significativamente durante l’esercizio, più di quanto si prevedeva sarebbe accaduto con il passare del tempo o con l’uso normale dell’attività in oggetto;

 Variazioni significative con effetto negativo per l’impresa si sono verificate durante l’esercizio o si verificheranno nel futuro prossimo nell’ambiente tecnologico, di mercato, economico o normativo nel quale l’impresa opera o nel mercato al quale un’attività e rivolta;

 I tassi di interesse di mercato o altri tassi di rendimento degli investimenti sono aumentati nel corso dell’esercizio, ed è probabile che tali incrementi condizionino il tasso di attualizzazione utilizzato nel calcolo del valore d’uso di un’attività e riducano in maniera significativa il valore recuperabile dell’attività;

 Il valore contabile dell’attivo netto dell’impresa è superiore alla sua capitalizzazione di mercato.

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 L’obsolescenza o il deterioramento fisico di una attività risulta evidente;

 Significativi cambiamenti con effetto negativo sull’entità si sono verificati durante l’esercizio oppure si verificheranno nel futuro prossimo, nella misura in cui o nel modo in cui l’attività viene utilizzata o si suppone che verrà utilizzata;

 L’andamento economico di un’attività è, o sarà, peggiore di quanto previsto in precedenza dall’informazione interna.

Indipendentemente dalla presenza di indicatori, le società deve comunque effettuare l’impairment test sull’avviamento, su tutte le attività immateriali a vite indefinita e sulle attività di sviluppo che non sono ancora disponibili all’uso. 1.2 DETERMINAZIONE DEL VALORE RECUPERABILE

Il valore recuperabile di una attività è pari al maggiore tra il fair value (valore equo) della stessa dedotti i costi di vendita (fair value less cost to sell) e il suo valore d’uso. Nel caso in cui uno dei due valori sia superiore al valore contabile del cespite non abbiamo nessuna perdita di valore.

Alle volte non è possibile determinare il fair value dedotti i costi di vendita, perché non esiste nessun criterio per effettuare una stima dell’importo ottenibile dalla vendita dell’attività; in questo caso l’azienda può utilizzare il valore d’uso come valore recuperabile.

In altri casi, invece, il valore d’uso di alcune attività non supera il suo “fair value meno i costi di vendita”, allora quest’ultimo può essere utilizzato come valore recuperabile.

Il valore recuperabile viene calcolato con riferimento a una singola attività, salvo che questa non sia in grado di generare flussi finanziari in entrata indipendenti da quelli derivanti da altre attività o gruppo di attività (cash generation unit). In questo caso il valore recuperabile viene determinato con riferimento all’intera unità generatrice di flussi a meno che:

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- Il fair value dedotti i costi di vendita dell’attività è superiore al valore contabile;

- Il valore d’uso dell’attività può essere stimato prossimo al suo fair value dedotti i costi di vendita e questo può essere determinato in maniera attendibile

Nel caso di immobilizzazioni immateriali a vita utile indefinita, non è necessario procedere annualmente al calcolo del valore recuperabile se i seguenti criteri siano soddisfatti:

- il cespite è inserito in una cash generation unit e dal precedente calcolo del valore recuperabile attività e passività che fanno parte della stessa non hanno subito variazioni significative;

- il più recente calcolo del valore recuperabile ha dimostrato l’esistenza di un margine sostanziale rispetto al valore contabile;

- in base a un’analisi dei fatti intervenuti e delle circostanze che si sono modificate dall’epoca del più recente calcolo, la probabilità di un valore recuperabile inferiore al valore contabile è remota.

1.2.1. DETERMINAZIONE FAIR VALUE DEDOTTI I COSTI DI VENDITA Lo IAS 36 fornisce le seguenti tre linee guida per il calcolo del fair value dedotti i costi di vendita:

- il prezzo pattuito in un accordo vincolante stabilito in una libera transizione rettificato dei costi marginali direttamente attribuibili alla dismissione del bene;

- in mancanza di un accordo vincolante di vendita, se l’attività è commercializzata in un mercato attivo, il valore di mercato è dato dalla differenza tra il prezzo corrente e i costi di dismissione; nel caso in cui non sia possibile determinare il prezzo corrente si deve far ricorso al prezzo della transazione più recente, purché non siano intervenuti

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significativi cambiamenti nel contesto economico tra la data dell’operazione e quella in cui la stima è effettuata;

- se non esistono né mercati attivi né un accordo vincolante di vendita, il valore del fair value è determinato considerando il prezzo ottenibile in una libera contrattazione tra parti consapevoli e disponibili, al netto dei costi di dismissione, tenendo conto di transazioni di beni analoghi effettuate nello stesso settore industriale.

I costi di dismissione, oltre a quelli già rilevati dall’impresa e iscritti in bilancio tra le passività, vanno considerati tutti i costi inerenti la transazione (spese legali, imposte di bollo, costi per rendere il bene pronto alla vendita), non vanno considerati i benefici dovuti ai dipendenti per la cessazione del rapporto di lavoro e tutti i costi associati alla riduzione dell’attività o alla riorganizzazione dell’azienda successiva alla dismissione del bene.

1.2.2. DETERMINAZIONE DEL VALORE D’USO

Il valore d’uso della singola attività o dell’unità generatrice di flussi finanziari è dato dal valore attuale dei flussi di cassa attesi nel futuro derivanti dall’utilizzo continuo dell’attività e dalla vendita della stessa alla fine della sua vita utile, per la determinazione del valore d’uso bisogna considerare alcuni elementi:

- stima dei flussi finanziari futuri che l’entità prevede derivino dall’attività; - aspettative in merito a possibili variazioni del valore o dei tempi di tali

flussi finanziari;

- il valore temporale del denaro, rappresentato dal tasso corrente di interesse

privo di rischio di mercato;

- il prezzo di assumersi l’incertezza implicita nell’attività;

- altri fattori, quali la mancanza di liquidità, che coloro che partecipano al mercato rifletterebbero nei prezzi dei flussi finanziari futuri che l’entità si aspetta di ottenere dall’attività.

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Il processo di calcolo proposto dal principio si compone di due passi

- stimare i flussi finanziari futuri in entrata e in uscita che deriveranno

dall’uso continuativo dell’attività e dalla sua dismissione;

- applicare il tasso di attualizzazione appropriato.

Il risultato deve riflettere il valore attuale atteso dei futuri flussi finanziari, ossia la media ponderata dei risultati prevedibili nei diversi scenari futuri che possono essere prospettati.

Nel calcolare i flussi finanziari futuri l’impresa deve operare secondo i criteri di seguito esposti:

- basare le proiezioni dei flussi finanziari su presupposti ragionevoli e

sostenibili in grado di rappresentare la migliore stima effettuabile da parte della direzione aziendale di una serie di condizioni economiche che esisteranno lungo la restante vita utile dell’attività;

- occorre effettuare, in base ai più recenti budget o piani pluriennali approvati dalla direzione, proiezioni analitiche per un periodo massimo di cinque anni, o per un periodo maggiore se esso può essere giustificato. Vanno esclusi i flussi in entrata e uscita relativi a ristrutturazioni o miglioramenti o ottimizzazioni dell’andamento della società;

- per il successivo periodo di vita utile, le proiezioni dei flussi finanziari

devono essere basate su un tasso di crescita stabile o in diminuzione rispetto al periodo analitico, che non deve eccedere il tasso medio di crescita a lungo termine della produzione, dei settori industriali, del paese o dei paesi in cui l’impresa opera, o dei mercati nei quali il bene utilizzato è inserito.

Il management deve verificare la ragionevolezza delle ipotesi su cui le proiezioni sono basate esaminando le cause delle variazioni fra le proiezioni effettuate in passato sui flussi finanziari e i flussi effettivi.

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- le proiezioni dei futuri flussi finanziari in entrata derivanti dall’uso continuativo dell’attività;

- le proiezioni dei futuri flussi finanziari in uscita che sono necessariamente sostenute per generare i flussi finanziari in entrata derivanti dall’uso continuo dell’attività inclusi quelli in uscita sostenuti per preparare l’attività all’utilizzo e che possono essere direttamente attribuiti o allocati con una ragionevole coerenza all’attività;

- gli eventuali flussi finanziari netti da ricevere o da pagare per la cessione

dell’attività al termine della vita utile.

Al fine di evitare duplicazioni, le stime dei flussi di cassa futuri non includono:

- i flussi finanziari in entrata derivanti da attività che generano flussi

finanziari in entrata che siano indipendenti dai flussi derivanti dall’attività in esame

- i flussi negativi relativi ad obbligazioni che siano già contabilizzate come passività.

I flussi finanziari futuri delle attività devono essere stimati facendo riferimento alle condizioni correnti. Le stime dei flussi finanziari futuri non devono includere flussi finanziari futuri stimati in entrata o in uscita che si suppone derivino da:

- una ristrutturazione futura per la quale la società non è ancora impegnata, - dal miglioramento o ottimizzazione dell’andamento della stessa.

Nel caso in cui la società sia impegnata in una ristrutturazione, la stima dei flussi finanziari futuri al fine di determinare il valore d’uso deve riflettere i risparmi e gli altri vantaggi derivanti dalla ristrutturazione; la stima dei flussi in uscita per la ristrutturazione vanno incluse nell’accantonamento per spese di ristrutturazione previsto dallo IAS 37.

Le stime dei flussi finanziari non devono includere i flussi finanziari derivanti dalle attività di finanziamento e i pagamenti per imposte.

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La stima dei flussi di cassa da ricevere derivante dalla dismissione del bene alla fine della sua vita utile deve essere l’importo che un’impresa prevede di ottenere dalla cessione dell’attività in una transazione equa fra parti consapevoli e disponibili, dopo aver dedotto i costi di cessione.

In caso di flussi di cassa in valuta estera, essi dovranno essere attualizzati utilizzando un tasso di attualizzazione appropriato per quella valuta. Il tasso di cambio da utilizzare per convertire il valore attuale determinato è quello a pronti alla data di riferimento del calcolo del valore d’uso.

Il tasso di attualizzazione da utilizzare deve essere un tasso ante imposte che riflette la attuali valutazioni di mercato in merito al valore temporale del denaro e i rischi specifici dell’attività per i quali le stime dei flussi finanziari futuri non sono state rettificate.

Il tasso di attualizzazione non deve riflettere i rischi per i quali i flussi finanziari futuri sono stati rettificati e deve essere uguale al tasso di rendimento che un investitore si attenderebbe se dovesse scegliere un investimento che generasse flussi finanziari futuri equivalenti a quelli attesi dall’attività. Se un tasso correlato all’attività non può essere fornito dal mercato, l’impresa deve utilizza altre tecniche per stimare il tasso di attualizzazione. La finalità è stimare una valutazione di mercato:

- del valore temporale del denaro per il periodo futuro fino al termine della vita utile dell’attività;

- delle previste variazioni per importi e tempi dei flussi di cassa, della

componente del prezzo legata all’incertezza dell’attività e altri fattori che gli operatori del mercato riflettono nelle loro valutazioni dei flussi futuri. Come punto di partenza di questa stima l’impresa può prendere in considerazione i seguenti tassi:

- il costo medio ponderato del capitale dell’impresa; - il tasso di finanziamento incrementale dell’impresa;

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- altri tassi di mercato aggiustati per considerare lo specifico rischio gravante sui flussi di cassa attesi dall’utilizzo del cespite.

Tuttavia questi tassi devono essere rettificati:

- per riflettere le modalità con cui il mercato valuterebbe i rischi specifici associati ai flussi finanziari dell’attività;

- per escludere rischi non correlati ai flussi futuri previsti o per i quali i flussi finanziari previsti sono rettificati;

- per tenere conto dei rischi legati al paese, alla valuta e al prezzo.

Il principio prevede che nelle valutazione deve essere dato maggior peso alle evidenze di origine esterna, pertanto le valutazioni devono tenere conto anche delle attese dei mercati finanziari, sia dal lato dei flussi, sia dei parametri e dei tassi che il mercato finanziario utilizza normalmente per il tipo di settore e paese in cui l’azienda opera.

1.3 RILEVAZIONE E DETERMINAZIONE DI UNA PERDITA PER RIDUZIONE DI VALORE

Per le singole attività, diverse dall’avviamento, il principio preso in esame prevede che nel caso in cui si rilevasse un valore recuperabile inferiore al valore contabile, quest’ultimo deve essere ridotto al valore di recupero. Tale riduzione costituisce una riduzione di valore che deve essere contabilizzata nel conto economico, a meno che l’attività non sia iscritta al proprio valore rivalutato secondo quanto previsto da un altro principio, in questo caso le riduzioni di valore devono essere considerate come diminuzioni nei limiti della rivalutazione. Quando la perdita per riduzione durevole di valore è stimata per un importo superiore al valore contabile dell’attività, l’entità deve rilevare una passività se, e solo se, è richiesto da un altro principio.

Dopo la contabilizzazione della riduzione di valore gli ammortamenti dell’attività devono essere rivisti e rettificati per i periodi futuri per allocare il nuovo valore contabile, al netto dell’eventuale valore residuo, lungo la sua restante vita utile.

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1.4 UNITA’ GENERATRICI DI FLUSSI FINANZIARI E AVVIAMENTO

1.4.1 INDIVIDUAZIONE DELL’UNITA’ GENERATRICE DI FLUSSI FINANZIARI

Come già detto in precedenza ci sono casi in cui non è possibile determinare il valore recuperabile per ogni singola attività, questo può succedere sia perché il valore d’uso dell’attività non può essere stimato al proprio fair value al netto dei costi di dismissione, sia perché l’attività non genera flussi finanziari in entrata che sono indipendenti da quelli delle altre attività.

In questi casi il valore d’uso e quindi il valore recuperabile possono essere determinati con riferimento all’unità generatrice di flussi (cash generation unit) L’unità generatrice di flussi finanziari di un’attività (di seguito CGU) è il più piccolo gruppo di attività che comprende l’attività e che genera flussi finanziari in entrata che sono ampiamente indipendenti dai flussi finanziari in entrata derivanti dalle altre attività o gruppi di attività.

Per valutare se i flussi finanziari di un’attività siano largamente indipendenti da quelli di altre attività, un’impresa deve considerare vari fattori quali il modo in cui il management monitora le attività operative ovvero il modo con cui il management prende le decisioni in merito alla continuazione o alla cessazione delle varie attività.

Quindi le CGU non possono e non devono essere create artificialmente mettendo insieme beni qualsiasi, ma devono corrispondere sempre ad una business unit che il controllo di gestione interno dell’impresa è in grado di monitorare nel suo funzionamento e, soprattutto nei flussi finanziari che essa genera.

Se esiste un mercato attivo per il prodotto di un’attività o di un gruppo di attività, allora tale attività può essere identificata come CGU anche se taluni di questi prodotti vengono utilizzati internamente. Se i flussi finanziari generati da una attività o da una CGU sono influenzati da prezzi di trasferimento interno, allora il management dell’impresa deve usare la migliore stima dei prezzi futuri che potrebbero essere adottati in operazioni con parti indipendenti:

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- nello stimare i flussi finanziari attivi futuri utilizzati per determinare il valore d’uso della CGU;

- nello stimare i flussi finanziari passivi futuri utilizzati per determinare il valore d’uso di altre attività o CGU che sono inficiate dai prezzi di trasferimento interno.

Le unità generatrice di flussi finanziari della stessa attività o delle stesse tipologie di attività devono essere identificate con criteri uniformi da esercizio a esercizio, a meno che il cambiamento possa essere giustificato.

Il valore recuperabile di una CGU è il maggiore fra il fair value al netto dei costi di vendita e il suo valore d’uso. Per la quantificazione del valore recuperabile della CGU valgono le stesse considerazioni fatte in precedenza con riferimento alle singole attività.

Il valore contabile della CGU include il valore contabile delle sole attività che possono essere attribuite direttamente alla CGU e che generano i flussi di cassa positivi utilizzati nella determinazione del valore d’uso delle CGU; non vanno inclusi i valori contabili delle passività già rilevate in bilanci, a meno che il valore recuperabile della CGU non possa essere determinato senza considerare tali passività.

Questo perché il fair value al netto dei costi di vendita e il valore d’uso della CGU sono determinati escludendo i flussi delle attività che non fanno parte della CGU e i flussi delle passività che sono già state contabilizzate.

Può essere necessario tener conto di alcune passività già rilevate al fine di misurare il valore recuperabile di un’unità generatrice di flussi finanziari. Ciò potrebbe accadere se la cessione di una CGU richiedesse al compratore di assumere la passività; in questo caso il fair value al netto dei costi di cessione della CGU equivale al fair value al netto dei costi di vendita stimato delle attività e passività della CGU detratti i costi di dismissione. Ai fini di un confronto fra il valore contabile della CGU e il suo valore recuperabile, si deduce il valore

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contabile della passività nel determinare sia il valore d’uso, sia il valore contabile della CGU.

Per motivi pratici, il valore recuperabile di una CGU è talvolta determinato dopo aver preso in considerazione anche attività che non fanno parte della CGU o passività che sono già state rilevate in bilanci. In tali circostanze, il valore contabile della CGU è aumentato del valore contabile di tali attività e diminuito del valore contabile di tali passività.

1.4.2 ALLOCAZIONE DELL’AVVIAMENTO ALLE CGU E L’IMPAIRMENT TEST

L’avviamento acquisito in un’aggregazione aziendale rappresenta un pagamento effettuato da un acquirente in anticipo per futuri benefici economici derivanti da attività che non possono essere identificate individualmente e rilevate separatamente.

Al fine della verifica per riduzione di valore durevole, l’avviamento acquisito in un’aggregazione aziendale deve, dalla data di acquisizione, essere allocato a ogni CGU dell’acquirente che si prevede beneficeranno delle sinergie della aggregazione, a prescindere dal fatto che altre attività o passività dell’impresa acquisita siano assegnate a tali unità o gruppi di unità. Ogni unità o gruppo di unità a cui l’avviamento è così allocato deve:

- rappresentare il livello minimo all’interno dell’entità a cui l’avviamento è monitorato ai fini del controllo di gestione interno;

- non essere maggiore di un settore operativo determinato secondo quanto previsto dall’IFRS 8 (settori operativi).

Se l’allocazione iniziale del goodwill acquisito in un aggregazione d’imprese non può essere completata prima della fine dell’esercizio in cui avviene l’aggregazione aziendale, tale allocazione iniziale deve essere completata entro la fine dell’esercizio che ha inizio dopo la data di acquisizione, in coerenza con le disposizioni previste dall’IFRS 3 (aggregazioni d’imprese) in relazione alla contabilizzazione iniziale in via provvisoria di un’aggregazione d’impresa.

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Se l’avviamento è stato allocato a un’unità generatrice di flussi finanziari e l’entità dismette un’attività che è parte di tale unità, l’avviamento associato con l’attività dismessa deve essere:

- incluso nel valore contabile dell’attività quando si determina l’utile o la perdita dalla dismissione;

- determinato sulla base dei valori relativi dell’attività dismessa e della parte mantenuta di unità generatrici di flussi finanziari, a meno che l’entità possa dimostrare che alcuni altri metodi riflettano meglio l’avviamento associato all’attività dismessa.

Se un’impresa riorganizza la struttura del suo sistema informativo in modo tale che si modifica la combinazione di una o più unità generatrici di flussi finanziari cui l’avviamento è stato allocato, l’avviamento deve essere riallocato alle unità interessate. Questa nuova allocazione deve essere fatta usando un modello di valutazione simile a quello usato quando un’impresa dismette un’attività facente parte di una CGU, a meno che l’impresa possa dimostrare che qualche altro metodo meglio rifletta l’avviamento associato con le CGU riorganizzate.

Quando, come descritto in precedenza, l’avviamento si riferisce all’unità generatrice di flussi finanziari ma non è stato allocato a tale unità, si deve sottoporre l’unità a una verifica per riduzione durevole di valore ogni qualvolta vi è un’indicazione che l’unità possa avere subito una riduzione durevole di valore, confrontando il valore contabile dell’unità, al netto di qualunque avviamento, con il suo valore recuperabile.

Se la CGU include nel suo valore contabile un’attività immateriale a vita indefinita, ovvero che non è disponibile ancora all’uso e quell’attività può essere sottoposta a impairment test soltanto come parte della CGU, in tal caso la CGU deve essere sottoposta all’impairment test annualmente.

Un’unità generatrice di flussi finanziari a cui è stato allocato l’avviamento deve essere sottoposta ad impairment test annualmente, e ogni qualvolta vi sia un’indicazione che l’unità possa aver subito una riduzione di valore, confrontano

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il valore contabile della CGU con il suo valore recuperabile. Se quest’ultimo eccede il valore contabile della CGU, la CGU e l’avviamento allocato a tale CGU non devono essere svalutati. Se il valore contabile della CGU eccede il valore recuperabile della stessa, l’impresa deve contabilizzare tale riduzione di valore.

Ai fini del test di una CGU non interamente posseduta, il valore contabile della CGU è rettificato prima di ogni confronto con il valore recuperabile. Ciò è ottenuto attraverso la variazione in aumento del valore contabile dell’avviamento allocato alla CGU per includere l’avviamento agli azionisti di minoranza. Questo valore contabile rettificato è poi confrontato con il valore recuperabile della CGU per valutare se la stessa ha subito una riduzione di valore. Se così è l’impresa alloca la riduzione riducendo dapprima il valore contabile del goodwill allocato alla CGU.

1.4.3 TEMPISTICHE DELL’IMPAIRMENT TEST

La verifica annuale per riduzione durevole di valore per un’unità (gruppo di unità) generatrice di flussi finanziari a cui l’avviamento è stato attribuito può essere svolta in ogni momento dell’anno, a condizione che la verifica venga fatta nello stesso periodo tutti gli anni. Unità generatrici di flussi finanziari differenti possono essere verificate per riduzione durevole di valore in momenti diversi. Tuttavia, se parte o tutto dell’avviamento allocato alla CGU è stato acquisito in un’aggregazione aziendale durante l’esercizio in corso l’unità deve essere sottoposta a verifica per riduzione di valore prima della fine dell’esercizio in corso.

Se le attività che costituiscono la CGU a cui l’avviamento è stato allocato vengono verificate per riduzione durevole di valore nello stesso momento dell’unità che include l’avviamento, le singole unità devono essere verificate per riduzione durevole di valore prima dell’unità che contiene l’avviamento. Analogamente se le unità generatrice di flussi finanziari che costituiscono un gruppo di unità generatrice di flussi finanziari al quale è stato allocato l’avviamento vengono verificate per riduzione durevole di valore nello stesso

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momento del gruppo di unità che contiene l’avviamento, le singole unità devono essere verificate per riduzione durevole di valore prima del gruppo di unità che include l’avviamento.

Nell’impairment test di una CGU a cui l’avviamento è stato allocato può essere utilizzato il più recente calcolo analitico del valore recuperabile della CGU effettuato in un precedente periodo a patto che vengano rispettate le seguenti condizioni:

- le attività e le passività che costituiscono la CGU non siano cambiate in misura significativa dal momento del calcolo;

- il più recente calcolo del valore recuperabile ha determinato un importo superiore al valore contabile della CGU con un margine ampiamente significativo;

- sulla base di un’analisi degli eventi accaduti e delle circostanze che si sono modificate, dal momento del calcolo, è remota la probabilità che il valore recuperabile corrente sia inferiore al valore contabile corrente. 1.4.4 ATTIVITA’ GESTITE CENTRALMENTE (CORPORATE ASSEST)

Le attività gestite centralmente (corporate assest) sono tutti quei beni o complessi di beni che non generano flussi finanziari autonomi e che costituiscono attività strumentali per l’intera impresa o per una o più sezioni di essa, esempio: immobili adibiti a sede centrale o a sede di una divisione d’impresa, macchinari ed attrezzature del centro Electronic Data Processing.

Poiché queste attività non generano flussi finanziari in entrata, il valore recuperabile di esse non può essere determinato a meno che la direzione aziendale abbia deciso di dismettere l’attività. Come conseguenza, se vi è un’indicazione che tale attività può aver subito una riduzione di valore, si determina il valore recuperabile della CGU o del gruppo di CGU a cui questa attività appartiene, lo si confronta con il valore contabile di questa CGU o gruppo di CGU e si rileva qualsiasi riduzione di valore.

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Nel verificare se un’unità generatrice di flussi finanziari ha subito una perdita di riduzione di valore, l’entità deve identificare tutte le attività gestite centralmente che fanno riferimento all’unità generatrice di flussi finanziari in oggetto. Se una parte del valore contabile di un’attività gestita centralmente:

- può essere allocata secondo un criterio ragionevole e coerente a tale unità, l’entità deve confrontare il valore contabile dell’unità, inclusa la parte del valore del valore contabile dell’attività gestita centralmente allocate all’unità, con il relativo valore recuperabile.

- non può essere allocata secondo un criterio ragionevole e coerente a tale unità, l’entità deve:

- confrontare il valore contabile dell’unità, esclusa l’attività gestita centralmente, con il suo valore recuperabile e rilevare qualunque perdita per riduzione durevole di valore;

- identificare il più piccolo gruppo di unità generatrici di flussi finanziari che includa l’unità generatrice di flussi finanziari in questione e a cui una parte del valore contabile dell’attività gestita centralmente può essere allocata secondo un criterio ragionevole e coerente;

- confrontare il valore contabile di tale gruppo di unità generatrici di flussi finanziari inclusa la parte del valore contabile dell’attività gestita centralmente allocata a tale gruppo di unità, con il valore recuperabile del gruppo di unità.

1.5 RILEVAZIONE DELLE PERDITE DI VALORE DI UNA CGU

Una perdita per riduzione durevole di valore deve essere rilevata per una unità generatrici di flussi finanziari se, e soltanto se, il valore recuperabile dell’unità è inferiore al suo valore contabile. La perdita deve essere ripartita fra tutte le attività che compongono la singola cash o il gruppo di cash nel seguente ordine:

- Prima occorre procedere alla riduzione del valore contabile dell’avviamento;

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- Per la parte restante della perdita occorre procedere alla riduzione proporzionale del valore contabile delle altre attività che compongono la singola cash o il gruppo di cash, con esclusione delle attività correnti già valutate al loro valore recuperabile.

La perdita di valore relativa ad una CGU non può essere compensata con le altre perdite relative ad altre e diverse CGU.

Nell’allocare una riduzione di valore, il valore contabile di un’attività non deve essere ridotto al di sotto del più elevato tra il suo fair value, il suo valore d’uso e zero.

L’ammontare della riduzione di valore che sarebbe stata altrimenti imputata all’attività deve essere imputato alle altre attività della CGU in base a un criterio proporzionale.

Se non vi è la possibilità di stimare il valore recuperabile di ciascuna attività di una CGU, si richiede che una riduzione di valore debba essere ripartita arbitrariamente tra le attività della stessa CGU, diverse dall’avviamento, perché tutte le attività di un’unità generatrice di flussi finanziari operano congiuntamente.

Se il valore recuperabile di una singola attività non può essere determinato: - Una riduzione di valore dell’attività è rilevata se il proprio valore

contabile è più elevato del più alto tra il fair value meno i costi di cessione e i risultati delle procedure di allocazione descritti prima;

- Nessuna riduzione di valore dell’attività è rilevata se la connessa CGU non ha subito una riduzione di valore. Questo si applica anche se il fair value dell’attività è inferiore al valore contabile.

Dopo che sono state applicate le disposizioni di sopra elencate, deve essere rilevata una passività per qualsiasi importo residuo di una riduzione di valore della CGU se, e solo se, ciò è richiesto da altri Principi contabili internazionali.

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1.6 RIPRISTINI DI VALORE DOPO UNA PRECEDENTE SVALUTAZIONE 1.6.1 ASPETTI GENERALI

Ad ogni data di chiusura dell’esercizio, l’impresa deve valutare se vi è indicazione che una riduzione di valore di un’attività (diversa dall’avviamento) rilevata negli anni precedenti possa non esistere più o possa risultare di minor valore. Se esiste indicazione in tal senso, l’impresa deve stimare il valore recuperabile di quell’attività.

Nel valutare se vi è una qualche indicazione che una riduzione di valore di un’attività possa non esistere più o possa essere diminuita, l’impresa deve considerare le seguenti indicazioni:

 Fonti esterne di informazione

- il valore di mercato dell’attività è aumentato in maniera significativa nel corso dell’esercizio;

- significativi cambiamenti con effetto favorevole per l’impresa hanno avuto luogo nel corso dell’esercizio, o lo avranno nel futuro prossimo, nell’ambito tecnologico, di mercato, economico o legale nel quale l’impresa opera o nel mercato di riferimento dell’attività;

- i tassi di interesse di mercato o altri tassi di rendimento sugli investimenti sono diminuiti nel corso dell’esercizio, e tali diminuzioni probabilmente condizionano il tasso di attualizzazione utilizzato nel calcolo del valore d’uso dell’attività e determineranno un aumento in maniera rilevante del valore recuperabile dell’attività.

 Fonti interne di informazione

- significativi cambiamenti con effetto favorevole sull’impresa hanno avuto luogo nel corso dell’esercizio, o si prevede che abbiano luogo nel futuro prossima, nella misura o nel modo in cui l’attività è usata o si prevede che venga usata. Questi cambiamenti comprendono i costi sostenuti nel corso dell’esercizio per mettere un bene in condizione di fornire prestazioni

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superiori o migliori a quelle normali originariamente accertate o per riorganizzare l’attività al quale il bene appartiene;

- vi sono indicazioni evidenti dal sistema informativo interno che il rendimento economico dell’attività è, o sarà, migliore di quanto precedentemente previsto.

Una perdita per riduzione durevole di valore di un’attività diversa dall’avviamento rilevata negli esercizi precedenti deve essere rettificata se, e solo se, vi è stato un cambiamento nelle valutazioni utilizzate per determinare il valore recuperabile dell’attività da quando è stata rilevata l’ultima perdita per riduzione durevole di valore. Se ci troviamo in questa circostanza, il valore contabile dell’attività deve essere aumentato sino al valore recuperabile.

Un ripristino di valore riflette un aumento nella stima delle potenzialità future di un’attività, attraverso sia il suo utilizzo, sia la sua vendita, a partire dalla data in cui l’impresa ha rilevato per l’ultima volta una riduzione di valore di quell’attività.

L’impresa deve identificare il cambiamento nelle stime che è all’origine dell’aumento nella stima del servizio potenzialmente offerto. Esempi di cambiamenti nelle stime includono:

- un cambiamento nel criterio utilizzato per calcolare il valore recuperabile; - se il valore recuperabile si basava sul valore d’uso, un cambiamento

nell’importo dei flussi, o nella loro collocazione temporale o nel tasso di attualizzazione;

- se il valore recuperabile si basava sul fair value, un cambiamento nella stima del fair value meno i costi di vendita.

Il valore d’uso di un’attività può diventare maggiore del valore contabile dell’attività semplicemente perché il valore attuale dei flussi finanziari in entrata cresce allorché i flussi si avvicinano nel tempo. Tuttavia il servizio potenzialmente offerto dal bene non è aumentato. Di conseguenza, una riduzione

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di valore non viene ripristinata a seguito del passare del tempo anche se il valore recuperabile dell’attività diviene maggiore rispetto a quello contabile.

1.6.2 RIPRISTINO DI VALORE DI SINGOLE ATTIVITA’, DI UN’UNITA’ GENERATRICE DI FLUSSI FINANZIARI E PER L’AVVIAMENTO

L’accresciuto valore contabile di un’attività diversa dall’avviamento attribuibile a un ripristino di valore non deve eccedere il valore contabile che sarebbe stato determinato (al netto di svalutazione o ammortamento) se non si fosse rilevata alcuna perdita per riduzione durevole di valore dell’attività negli anni precedenti. Qualsiasi incremento nel valore contabile di un’attività che renda il valore contabile maggiore di quanto sarebbe stato (al netto degli ammortamenti) nel caso in cui non fosse stata rilevata alcuna riduzione di valore dell’attività negli esercizi precedenti è considerata una rivalutazione, da contabilizzare secondo il principio applicabile a tale attività.

Un ripristino di valore di un’attività (diversa dall’avviamento) deve essere rilevato immediatamente quale provento nel conto economico separato, a meno che l’attività sia iscritta a un importo rivalutato in conformità alle disposizioni di un altro principio contabile internazionale. Qualsiasi ripristino di valore di un’attività rivalutata deve essere trattato come una rivalutazione secondo le disposizioni del relativo principio contabile internazionale.

Un ripristino di valore di un’attività rivalutata è rilevato tra le “altre componenti di conto economico complessivo” e incrementa la riserva di rivalutazione per tale attività. Tuttavia, nella misura in cui una riduzione di valore della stessa attività rivalutata era stata precedentemente rilevata come costo nel conto economico separato, un ripristino di valore è rilevato come provento nel conto economico separato.

Dopo che è stato rilevato un ripristino di valore, la quota di ammortamento dell’attività deve essere rettificata nei periodi futuri per ripartire il valore contabile modificato dell’attività, detratto il valore residuo, sistematicamente lungo la restante vita utile.

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Un ripristino di valore per un’unità generatrice di flussi finanziari deve essere allocato alle attività dell’unità, a eccezione dell’avviamento, proporzionalmente ai valori contabili di tali attività. Tali incrementi dei valori contabili devono essere trattati come ripristini di valore di singole attività e rilevati in conformità alle disposizioni precedenti.

Nell’imputare l’importo derivante da un ripristino di una CGU, il valore contabile di un’attività non può essere superiore al più basso tra:

- valore recuperabile (qualora determinabile);

- valore contabile che sarebbe stato determinato (al netto della svalutazione o dell’ammortamento) se non fosse stata rilevata alcuna riduzione di valore dell’attività negli anni precedenti.

L’importo del ripristino di valore che sarebbe stato altrimenti imputato all’attività deve essere allocato in base a un criterio proporzionale alle altre attività dell’unità eccetto per l’avviamento.

Per l’avviamento un perdita per riduzione di valore non deve essere eliminata in un esercizio successivo. Lo IAS 38 (attività immateriali) vieta la rilevazione dell’avviamento generato internamente. Qualsiasi successivo aumento del valore recuperabile dell’avviamento è l’effetto di un incremento del goodwill generato internamente piuttosto che un ripristino di valore del goodwill acquisito.

1.7 INFORMAZIONI INTEGRATIVE

L’entità per ciascuna classe di attività deve indicare:

- l’ammontare delle perdite per riduzione di valore rilevate nel conto economico nel corso dell’esercizio e la voce di conto economico nella quale tali perdite per riduzione di valore sono incluse;

- l’ammontare dei ripristini di valore rilevati nel conto economico nel corso dell’esercizio e la voce di conto economico nella quale tali ripristini di valore sono iscritti;

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- l’ammontare delle perdite per riduzione durevole di valore su attività rivalutate rilevato direttamente nel patrimonio netto nel corso dell’esercizio;

- l’ammontare del ripristino di valore su attività rivalutate rilevato direttamente nel patrimonio netto nel corso dell’esercizio.

Per ogni perdita per riduzione durevole di valore significativa rilevata o eliminata durante l’esercizio per ogni specifica attività, incluso l’avviamento, o un’unità generatrice di flussi finanziari, la società deve indicare:

- i fatti o le circostanze che hanno portato alla rilevazione o alla eliminazione della perdita per riduzione durevole di valore;

- l’ammontare della perdita per riduzione durevole di valore rilevata o eliminata;

- per una attività singola la natura della stessa e l’informativa di settore a cui appartiene l’attività;

- per una unità generatrice di flussi finanziari una descrizione della stessa, l’importo della perdita per riduzione durevole di valore rilevata o eliminata per classe di attività e per settore oggetto di informativa; se l’aggregazione di attività utilizzate per identificare l’unità generatrice di flussi finanziari è cambiata dall’ultima stima del valore recuperabile della CGU una descrizione della metodologia corrente e precedente di aggregazione delle attività e le ragioni per cui è cambiato il criterio con cui l’unità generatrice di flussi finanziari è stata identificata;

- se il valore recuperabile dell’attività è il fair value dedotti i costi di vendita o il valore d’uso;

- se il valore recuperabile corrisponde al fair value dedotti i costi di vendita, la base utilizzata per determinarlo;

- se il valore recuperabile è il valore d’uso, il tasso di attualizzazione utilizzato nella stima corrente e nelle stime precedenti del valore d’uso.

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La società deve presentare la seguente informativa per il valore complessivo delle perdite per riduzione durevole di valore e dei ripristini di valore rilevati durante l’esercizio per i quali non viene data alcuna informazione secondo quanto previsto in precedenza:

- le classi principali di attività interessate dalle perdite per riduzione durevole di valore e le classi principali di attività interessate dai ripristini di valore;

- i fatti e le circostanze principali che hanno portato alla rilevazione di tali perdite per riduzione durevole di valore e i ripristini di valore.

Se, qualunque parte dell’avviamento acquisito in un’aggregazione aziendale durante l’esercizio non è stata allocata a un’unità generatrice di flussi finanziari alla data di riferimento del bilancio, l’importo dell’avviamento non allocato deve essere indicato insieme alle ragioni per cui tale importo rimane non allocato. Per ogni unità generatrice di flussi finanziari per la quale il valore contabile dell’avviamento o attività immateriali con vita utile indefinita attribuito a tali unità è significativo rispetto al valore contabile totale dell’avviamento o delle attività immateriali con vita utile indefinita la società deve indicare:

- il valore contabile dell’avviamento attribuito all’unità;

- il valore contabile delle attività immateriali con vita utile indefinita attribuito all’unità;

- il criterio utilizzato per determinare il valore recuperabile dell’unità, ossia il valore d’uso o fair value;

- se il valore recuperabile dell’unità si basa sul valore d’uso : una descrizione di ciascun assunto di base su cui la direzione aziendale ha fondato le proiezioni dei flussi finanziari per il periodo oggetto di budget/previsioni più recenti; una descrizione dell’approccio della direzione aziendale per determinare il valore assegnato a ogni assunto di base, senza tenere conto se tale valore riflette esperienze passate o è

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coerente con le fonti esterne di informazione e se differisce dalle stesse; l’esercizio su cui la direzione aziendale ha proiettato i flussi finanziari basati sui più recenti budget/previsioni e se per una CGU è stato utilizzato un periodo più lungo di cinque anni una spiegazione della scelta; il tasso di crescita utilizzato per estrapolare le proiezioni di flussi finanziari oltre il periodo dei budget/previsioni più recenti, e la giustificazione per l’utilizzo di un eventuale tasso di crescita superiore al tasso medio di crescita a lungo termine della produzione, settori industriali, o per il mercato a cui l’unità è rivolta; il tasso di attualizzazione applicato alle proiezioni di flussi finanziari;

- se il valore recuperabile dell’unità si basa su fair value dedotti i costi di vendita, la metodologia utilizzata per determinarlo. Se il valore di quest’ultimo non è determinato utilizzando un prezzo di mercato osservabile per l’unità, devono essere indicate: una descrizione di ogni assunto di base su cui la direzione aziendale ha fondato la sua determinazione e una descrizione dell’approccio della direzione aziendale per determinare il valore assegnato a ogni assunto di base;

- se un cambiamento in un assunto di base su cui la direzione ha fondato la determinazione del valore recuperabile dell’unità superi il valore recuperabile : l’eccedenza del valore recuperabile dell’unità rispetto al valore contabile, il valore assegnato agli assunti di base e l’importo a cui il valore assegnato agli assunti di base deve rettificarsi, dopo aver assorbito eventuali effetti conseguenti a tale cambiamento sulle altre variabili utilizzate per misurare il valore recuperabile, affinché il valore recuperabile dell’unità sia pari al valore contabile.

Se parte o tutto il valore contabile dell’avviamento o di attività immateriali dalla vita utile indefinita è allocato a una molteplicità di unità generatrici di flussi finanziari multiple, e l’importo così attribuito a ogni unità non è significativo rispetto al valore contabile totale dell’entità dell’avviamento o delle attività immateriali dalla vita utile indefinita, tale fatto deve essere illustrato, insieme al

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valore contabile di quest’ultimi attribuito a tali unità. Inoltre se gli importi recuperabili di parte di tali unità si basano sullo stesso assunto di base e il valore contabile complessivo dell’avviamento o attività immateriali dalla vita utile indefinita loro attribuito è significativo rispetto al loro valore contabile totale, la società deve indicare tale fatto, insieme a:

- valore contabile complessivo dell’avviamento attribuito a tale unità;

- valore contabile complessivo delle attività immateriali con vita utile indefinita attribuita a tale unità;

- una descrizione dell’approccio della direzione per determinare il valore assegnato all’assunto di base, senza tenere conto se tale valore riflette o meno esperienze passate o è coerente con le fonti esterne;

- se un cambiamento nell’assunto di base potrebbe far sì che i valori contabili complessivi delle unità superino il totale dei valori recuperabili: l’eccedenza dei valori recuperabili dell’unità rispetto al totale dei valori contabili, il valore assegnato all’assunto di base e l’importo a cui il valore assegnato all’assunto di base deve rettificarsi, dopo avere assorbito eventuali effetti conseguenti a tale cambiamento sulle altre variabili utilizzate per misurare il valore recuperabile, affinché il valore complessivo recuperabile dell’unità sia pari al loro valore contabile complessivo.

1.8 L’IMPAIRMENT TEST PREVISTO DA ALTRI DOCUMENTI DEI PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI

In base alla normativa nazionale1 le immobilizzazioni finanziare sono costituite da:

- partecipazioni in imprese controllate, collegate e controllanti; - partecipazioni in altre imprese;

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- crediti finanziari;

- titoli a reddito fisso diversi dalle partecipazioni;

- azioni proprie iscritte fra le immobilizzazioni finanziarie.

In base alla normativa nazionale, le immobilizzazioni che presentano, alla data di chiusura del bilancio, un valore inferiore al loro costo di acquisto devono essere iscritte a tale minor valore; questo non può essere mantenuto nei successivi bilanci se sono venuti meno i motivi della rettifica effettuata2.questo principio viene utilizzato per tutte le immobilizzazioni finanziare ad eccetto dei crediti finanziari, ai quali si applica il criterio di valutazione del presumibile valore di realizzo ( art. 2426 comma 8 codice civile).

Per le azioni proprie e per le partecipazioni in imprese controllanti, l’eventuale riduzione di valore iscritto tra le immobilizzazioni comporta una corrispondente riduzione della riserva in distribuibile, iscritta tra le voci di patrimonio netto. In linea con l’art. 2427 n.3 bis del codice civile, che richiama l’impairment test, non si applica direttamente alle immobilizzazioni finanziarie, tuttavia deve ritenersi ugualmente applicabile per analogia nella determinazione delle perdite durevoli di valore delle partecipazioni e dei titoli a reddito fisso per le imprese italiane che redigono il bilancio secondo le disposizioni del codice civile e dei principi contabili nazionali.

Per le imprese che redigono il bilancio secondo i principi contabili internazionali l’impairment per le attività finanziarie è disciplinato:

- per le partecipazioni in imprese controllate, collegate e in joint ventures: IAS 36, a meno che non sia applicabile lo IAS 39;

- per la altre attività finanziarie : IAS 39

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1.8.1 L’IMPAIRMENT TEST DELLE PARTECIPAZIONI IN SOCIETA’ CONTROLALTE, COLLEGATE E JOINT VENTURES

Per l’impairment test di queste partecipazioni si applicano i criteri previsti dallo IAS 36. Il valore recuperabile è costituito dal maggior fra il fair value al netto dei costi di vendita e il valore d’uso, determinato come valore attuale dei flussi finanziari futuri.

Il fair value less costs to sell delle partecipazioni di controllo e di collegamento e delle partecipazioni in joint ventures è determinato come: prezzo pattuito in un accordo vincolante di vendita fra parti indipendenti, al netto dei costi diretti di vendita; in mancanza, prezzo desunto da transazioni recenti aventi ad oggetto la partecipazione considerata o partecipazioni analoghe. Non vi è un mercato attivo per queste partecipazioni, perché, anche se si tratta di azioni quotate, le quotazioni dei mercati finanziari sono riferite sempre a partecipazioni di minoranza e non tengono conto dei premi di controllo.

Se si tratta di azioni non quotate o di partecipazioni non azionarie, è ben difficile reperire informazioni basate su transazioni avvenute. Il parametro al quale può farsi ricorso è quello costituito dal valore d’uso determinato in base all’attualizzazione dei flussi finanziari futuri.

Il metodo proposto dallo IASB è denominato Discounted Cash Flow, ben noto nella teoria delle valutazioni di aziende e partecipazioni di controllo, con il quale si determina il valore dell’attivo lordo dell’azienda attraverso l’attualizzazione del flusso di cassa di una serie di esercizi futuri e del valore finale al termine del periodo di valutazione analitica e si detrae il valore di mercato del debito finanziario, ottenendo il valore del patrimonio netto. Da tale valore si passa al valore della partecipazione di controllo o collegamento applicando premi di maggioranza o sconti di minoranza.

Il valore dell’attivo lordo e del patrimonio netto dell’azienda può essere determinato anche con l’impiego di appropriati “multipli di mercato”: multipli di società quotate comparabili o di transazioni comparabili.

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Anche se i metodi finanziari sono quelli preferiti dallo IASB ed i più applicati da parte delle banche d’affari e degli analisti finanziari, va tenuto presente che nel nostro paese vengono applicati altri metodi di valutazione delle aziende e delle partecipazioni di controllo e collegamento: metodo patrimoniale, semplice e complesso; metodo misto patrimoniale-reddituale; metodo reddituale.

Poiché lo IASB, per la determinazione del fair value, è orientato verso altri criteri di valutazione che prendono in considerazione anche i flussi reddituali futuri stimati dagli operatori di mercato ed i costi correnti di sostituzione, deve ritenersi che i metodi utilizzati nel nostro paese sono altrettanto idonei a determinare il valore d’uso delle partecipazioni; tenendo presente che i flussi reddituali considerati o i costi correnti di sostituzione, o gli altri parametri di impiegare nella stima, sono quelli determinati dal management dell’impresa e non quelli tratti dal mercato finanziario.

Nel caso in cui le partecipazioni in imprese controllate, collegate e joint ventures siano iscritte nel bilancio separato della controllante che redige il bilancio consolidato, la valutazione deve essere fatta al costo oppure in base allo IAS 39. In questo caso le partecipazioni sono comprese nella classe residuale delle attività finanziare disponibili per la vendita e valutate al fair value con le differenze di valore imputate al patrimonio netto. Tuttavia, per le partecipazioni non quotate e per quelle il cui fair value non può essere determinato in modo attendibile, la valutazione deve essere effettuata al costo.

Secondo il principio IAS 39 le perdite per riduzione di valore devono essere calcolate solo se vi è una “obbiettiva evidenza” di una riduzione di valore, come conseguenza del verificarsi di uno o più eventi che abbiano un impatto sui flussi finanziari futuri stimati di quelle attività. Sintomi dell’esistenza di una perdita sono i seguenti: significative difficoltà finanziarie dell’emittente o del debitore; mancato pagamento degli interessi o del capitale sui prestiti; concessione di particolari facilitazioni al debitore in difficoltà finanziarie; probabile accesso del debitore a procedure concorsuali; cessazione della negoziazione di un titolo di mercato attivo; esistenza di dati i quali indicano una sensibile riduzione dei futuri

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flussi finanziari stimati. Per le partecipazioni costituiscono sintomo di perdita anche le informazioni circa importanti cambiamenti con effetto negativo nell’ambiente tecnologico, di mercato, economico e legale dell’emittente del titolo, che indicano che il suo valore non è recuperabile, oppure una significativa o prolungata riduzione del fair value al di sotto del costo della partecipazione. I criteri per la determinazione delle perdite per riduzione di valore delle partecipazioni valutate al costo sono previste dal paragrafo 66 dello IAS 39; la perdita è pari alla differenza tra il valore contabile ed il valore attuale dei flussi finanziari attesi, con l’impiego di un tasso di attualizzazione pari al rendimento corrente di mercato di un’attività finanziaria similare. In pratica si procede alla determinazione del valore della partecipazione in base ai flussi finanziari previsti con l’impiego del metodo D.C.F. tenendo presente che il tasso di attualizzazione è pari al costo medio ponderato del capitale (WACC).

Infine le perdite di valore nelle partecipazioni valutate al costo non devono essere ripristinate nei futuri esercizi.

1.8.2 L’IMPAIRMENT TEST DELLE PARTECIPAZIONI IN MINORANZA NON QUALIFICATA, TITOLI A REDDITO FISSO E CREDITI FINANZIARI Per le partecipazioni di minoranza non qualificata i criteri per la determinazione della perdita di valore (IAS 39) si fa riferimento all’impairment visto in precedenza per le partecipazioni in società controllate e collegate valutate al costo. Anche qui occorre determinare il valore attuale dei flussi finanziari futuri. Trattandosi di partecipazioni che non attribuiscono né il controllo, né l’influenza notevole, i flussi finanziari sono costituiti sostanzialmente dai dividendi che si prevede di incassare nei futuri esercizi e dal valore finale di vendita della partecipazione, attualizzati con l’impiego di un tasso pari al costo del capitale proprio comprensivo di una quota di rischio.

Se la previsione dei dividendi futuri e del valore finale di vendita della partecipazione non può essere effettuata in maniera attendibile, occorre

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determinare prima il valore dell’intero patrimonio netto e poi, con l’applicazione di un appropriato sconto di minoranza, il valore della partecipazione.

Anche i titoli a reddito fisso sono disciplinati dallo IAS 39; quelli che costituiscono attività non correnti fanno parte della categoria “attività finanziarie disponibili per la vendita” oppure della categoria “investimenti posseduti fino alla scadenza”. Nel primo caso sono valutati al fair value, con differenze di valore imputate al patrimonio netto; nel secondo caso al “costo ammortizzato”. In questa seconda ipotesi, se sussistono le “evidenze obiettive” della presenza di una perdita di valore, la perdita viene determinata in misura pari alla differenza tra il valore contabile del titolo ed il valore attuale dei futuri flussi finanziari stimati, escludendo perdite su crediti futuri non ancora sostenute ed usando come tasso di attualizzazione il tasso effettivo di interesse originario di quel titolo. Nei successivi esercizi la perdita può essere stornata in tutto o in parte se essa può essere oggettivamente collegata ad un evento successivo. Il ripristino di valore non può portare ad un valore contabile superiore al costo ammortizzato che si sarebbe avuto alla data del ripristino, nel caso in cui la perdita di valore non fosse stata rilevata.

L’appendice dello IAS 39 fornisce una serie di precisazioni sui procedimenti di calcolo delle perdite di valore delle attività finanziarie valutate al costo ammortizzato, sono criteri che portano a calcoli che sono necessari per le imprese che applicano gli IAS-IFRS ma che non lo sono per le imprese italiane che applicano i principi contabili nazionali.

Per i crediti finanziari, iscritti fra le immobilizzazioni finanziare, da valutare anche essi al costo ammortizzato per le imprese che applicano gli IAS-IFRS, devono essere utilizzati gli stessi criteri di determinazione delle perdite di valore indicati sopra per i titoli a reddito fisso. Per le imprese che utilizzano i principi contabili nazionali dovranno calcolare il valore presumibile di realizzazione, come previsto dal documento nr.15 “i crediti”.

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1.8.3 L’IMPAIRMENT TEST DELLE ATTIVITA’ FINANZIARIE

DISPONIBILI PER LA VENDITA VALUTATE AL FAIR VALUE

Per tutte le attività finanziarie iscritte nella categoria “disponibili per la vendita” e valutate al fair value con differenze di valore imputate al patrimonio netto se si verifica una delle “evidenze obiettive” dell’esistenza di una perdita di valore, la riduzione di fair value rilevata nel patrimonio netto deve essere stornata ed imputata al conto economico. L’importo della perdita complessiva da stornare è pari alla differenza tra il costo di acquisizione dell’attività finanziaria considerata ed il fair value corrente della medesima, dedotte eventuali perdite di valore rilevate in precedenza nel conto economico. Possono essere successivamente stornate, con ripristino del valore, solo le perdite su strumenti di debito, ma non quelle su strumenti di capitale.

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CAPITOLO 2

2.1 ASPETTI GENERALI

La cultura è una delle principali forme di diversità presenti all’interno della società. Essa è costituita dall’insieme dei modi di pensare e di agire propri di una collettività, questi ultimi però sono manifestazione visibile di un insieme più profondo di valori formatisi e consolidatisi nel tempo che continuano a essere tramandati. La cultura è un fenomeno condiviso che unisce persone che vivono nello stesso ambiente sociale. Inoltre la cultura determina l’unicità di un gruppo umano allo stesso modo in cui la personalità determina l’unicità di un individuo. Le culture nascono come insieme di particolari soluzioni trovate da una comunità ai problemi di sopravvivenza incontrati nel proprio ambiente. Tali soluzioni entrano a far parte del bagaglio dei gruppi di persone, trasformandosi in assunzioni che verranno tramandate senza più essere messe in discussione. Le cultura sono molte e molto differenti tra loro.

La società contemporanea così come le aziende favoriscono l’incontro e l’interazione di persone diverse tra loro. La nuova economia globalizzata, infatti, facilità l’incontro di persone provenienti da ambienti culturali differenti: così nascono scambi culturali, rapporti di lavoro e contatti tra persone di diverse nazionalità. È per questo motivo che lo studio delle culture è molto importante anche in campo economico-aziendale.

2.2 DEFINIZIONE DI CULTURA

Comunemente la cultura è vista come un complesso di cognizioni, tradizioni, procedimenti tecnici, tipi di comportamento trasmessi e usati sistematicamente, caratteristico di un dato gruppo sociale o di un popolo o di un gruppo di popoli o dell’intera umanità. Numerose sono le definizioni di cultura alcune di queste possono essere:

- quella fornita da Kluckhon (1951) : “la cultura è costituita da modi definiti di pensare, di comportarsi e di reagire, acquisiti e trasmessi principalmente

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attraverso simboli, essi costituiscono la caratterizzazione distintiva dei gruppi di persone; l’aspetto essenziale consiste nelle idee tradizionali e nei loro valori.” In conformità a questa definizione è deducibile che la cultura sia formata da più elementi, alcuni dei quali sono evidenti mentre altri, che costituiscono la vera essenza di una cultura, non sono immediatamente visibili;

- quella proposta da Kroeber e Parsons (1958) : “ la cultura è un insieme di contenuti creati e trasmessi quali modelli di valori e di idee e di altri sistemi con un qualche significato, come fattori che definiscono il comportamento umano o artefatti”;

- secondo Hofstede (2005) la cultura è un “fenomeno collettivo”, in quanto essa viene condivisa, almeno in parte, con persone che vivono, o hanno vissuto, all’interno dello stesso ambiente sociale. Egli, nella sua definizione di cultura cita il termine mind, che sta ad indicare l’insieme di testa, cuore e mani, ovvero pensare, sentire e agire. La cultura si manifesta negli elementi visibili, simboli, eroi, rituali, mentre i valori rimangono nascosti e si manifestano solo nel comportamento delle persone;

- secondo Trompenaars e Hampden-Turner (1997) per l’uomo la cultura è l’essenza vitale, l’elemento senza il quale è impossibile vivere;

La cultura determina l’unicità di un gruppo allo stesso modo in cui la personalità determina l’unicità di un individuo. Pur essendo generalmente utilizzato per le società il termine cultura può essere applicato a una qualsiasi collettività o categoria di persone: organizzazione, una professione, una fascia di età o una famiglia.

La cultura è consapevolezza, nel senso che nessuno si preoccupa di verbalizzarla, ma costituisce le radici di tutte le azioni umane. Essa è originata da alcuni uomini, confermata da altri, resa convenzionale e tramandata per i giovani o per i nuovi arrivati. Essa offre un contesto significativo nel quale incontrarsi, riflettere e affrontare il mondo esterno.

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