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Gutierrez Najera e la nascita della prosa modernista: Proposta di traduzione di Cuentos Fragiles

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica

Corso di Laurea Magistrale in

Traduzione Letteraria e Saggistica

Tesi di Laurea Magistrale

Gutiérrez Nájera e la nascita della prosa modernista:

Proposta di traduzione di Cuentos Frágiles

CANDIDATO RELATORE

Alessandra Pirrottina

Prof.ssa Alessandra Ghezzani

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Introduzione

Gutiérrez Nájera fu uno scrittore messicano che visse in prima persona gli stravolgimenti storici e culturali che dovette affrontare il suo paese negli ultimi decenni del XIX secolo.

L’eterogeneità dei suoi scritti che, per l’appunto, spaziano dalla cronaca al racconto, dalla poesia al saggio, costituiscono una ricca testimonianza della vita, della sensibilità e dei sogni di quella società di fine secolo in un Messico che cominciava a compiere i primi passi verso la modernità industriale e che, nel dare uno sguardo al positivismo di stampo europeo, poneva le basi per la nascita della cultura laica. In questa società soggetta a importanti cambiamenti, Gutiérrez Nájera fu il primo a percepire il disagio dell’artista in un mondo che lo emarginava, anticipando il sentimento comune degli scrittori del Modernismo.

Data la scarsa quantità di scritti che l’autore pubblicò in vita, fu solo grazie al lento processo di recupero dei suoi testi, raccolti e catalogati dall’Universidad Autónoma de México e dallo studioso Erwin K. Mapes, che si poté conoscere la sua opera completa e spingere, così, la critica a rivalutare l’immagine unidimensionale e decontestualizzata che era stata diffusa fino a quel momento dello scrittore per arrivare, infine, a proclamarlo all’unanimità un rinnovatore delle lettere e dello spirito della sua epoca e precursore della corrente modernista1.

1 Gli studi condotti da José María Martínez, che ha curato l’edizione dei Cuentos di Gutiérrez Nájera, superano la critica tradizionale che da una parte vedeva lo scrittore messicano come uno dei precursori del modernismo e dall’altra lo identificava con una specifica corrente letteraria – con il romanticismo o con il realismo. Il critico, invece, contestualizza lo scrittore posizionandolo tra gli artisti del suo tempo, i quali erano definiti modernisti e moderni perché la loro sensibilità letteraria era strettamente connessa alla vita urbana; inoltre, lo studioso riscontra nella sua poetica un incrocio di generi e di discorsi da poterlo considerare romantico per il suo idealismo estetico, realista per la sua visione del Messico e del Porfiriato e modernista per l’uso innovativo che fa del linguaggio e per il suo atteggiamento nei confronti dell’opera e della funzione che questa dovrebbe svolgere nella società.

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4 La produzione letteraria dello scrittore si spiega secondo tre contesti principali: il mondo sociopolitico del Porfiriato, la professionalizzazione del giornalismo e il rivoluzionario panorama filosofico e letterario che caratterizzò gli ultimi anni del XIX secolo. Tutti aspetti ampiamente esaminati in tale lavoro, al fine di avere una visione completa dell’eclettica personalità dell’autore ed avere così gli strumenti necessari per affrontare il lavoro di traduzione.

Il primo capitolo descrive il contesto sociopolitico del Messico in cui lo scrittore nasce e si forma come uomo politico: la sua ferma difesa del regime di Porfirio Díaz e la sua influenza sull’opera dello scrittore.

Il secondo capitolo descrive il contesto letterario in cui lo scrittore si formò e le componenti eterogenee di cui si forma la sua opera. In questo capitolo viene presa in esame, in particolar modo, l’evoluzione di prosa artistica che lo scrittore realizzò e che gli diede il merito di collocarsi tra i pionieri dell’estetica modernista.

Il terzo capitolo presenta la proposta di traduzione italiana del corpus di racconti Cuentos Frágiles.

Il capitolo conclusivo è dedicato ad un’analisi di alcuni elementi stilistici ricorrenti nell’opera dello scrittore e ad una serie di strategie traduttive adottate per rendere, nella traduzione italiana dei racconti, le peculiarità del linguaggio artistico di Gutiérrez Nájera.

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Capitolo I

Gutiérrez Nájera: protagonista del suo tempo

1.1 Il contesto socio-politico: il Porfiriato 1.1.1. Porfirio Díaz, “el hombre necesario”

L’infanzia di Gutiérrez Nájera coincide con la fase turbolenta della storia del Messico che va dalla Guerra della Riforma alla conquista del potere da parte di Porfirio Díaz. Furono anni difficili per la sovranità nazionale e per l’integrità territoriale che si videro minacciate, in un primo momento, dall’invasione francese con conseguente ascesa al trono di Massimiliano d’Asburgo e, successivamente, dalle presidenze convulse di Benito Juárez e Sebastián Lerdo de Tejada. L’instabilità politica e l’incolumità fisica avevano gettato il paese nello sconforto più profondo, la popolazione aveva un bisogno estremo di pace e di ordine.

Fu in quel clima di sfiducia generale che Porfirio Díaz conquistò il potere. Il generale godeva di grande prestigio tra la popolazione per i suoi vittoriosi trascorsi nelle campagne militari contro i francesi e aveva stretto buoni rapporti con le autorità municipali, con i capi politici e con i quadri ufficiali superiori e intermedi di tutto il paese. Il successo militare trovò conferma nella grande vittoria delle elezioni presidenziali, dove ottenne la maggioranza assoluta dei voti. Il neo presidente rimase in carica dal 1877 al 1911, periodo storico comunemente noto come Porfiriato proprio in ragione delle ripetute rielezioni del generale alla presidenza.

Il nuovo governo, guidato dagli slogan “orden y progreso” e “poca política, mucha administración”, mirava a ritrovare la tanto attesa

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6 stabilità che il Messico non viveva da tempo e a dare avvio al processo di modernizzazione e trasformazione del paese. Nel quadro di tale disegno politico, il presidente garantì innanzi tutto la pace ritrovata tra le élite dirigenti e la totale assenza di tensioni di carattere religioso; inoltre, grazie alla politica di riconciliazione con le potenze estere che favorì l’entrata in Messico di ingenti somme di capitale, fu possibile far partire il processo di industrializzazione del paese. Conseguenza di tale prosperità generale fu un significativo aumento demografico: la popolazione, infatti, passò dai 9 ai 15 milioni di abitanti nel giro di circa trent’anni2.

Grazie alle conquiste raggiunte sul piano economico e sociale, il generale Díaz riuscì a garantirsi un largo consenso popolare, in particolare da parte di coloro che erano usciti indeboliti dalla promulgazione della Costituzione del 1857, come l’istituzione ecclesiastica. Molti furono gli elogi che gli dedicarono i letterati dell’epoca – tra cui lo stesso Gutiérrez Nájera – i quali riponevano totale fiducia nei confronti di un regime che stava dimostrando concretamente di poter guidare il paese verso la modernizzazione e l’ordine sociale che tanto il popolo desiderava. Furono proprio questi uomini di cultura a coniare e diffondere l’appellativo di “hombre necesario”, in riferimento al neo presidente in carica.

Tuttavia, dietro la facciata di prosperità e di pace apparenti si celava, in realtà, un forte malcontento sociale, risultato di una dittatura in ascesa: una forma di governo che appariva sempre più autoritaria con, da un lato, l’uso sistematico della forza per porre fine ai dissidi politici e sociali e, dall’altro, l’imposizione della propria ideologia attraverso un’accentuata manipolazione dei processi elettorali e l’applicazione della censura nei confronti di una stampa che non fosse del tutto a sostegno del governo.

2 Cfr. J. M. Martínez, Introducción in M. Gutiérrez Nájera, Cuentos, Madrid, Ed. Cátedra, 2006, pp. 32-33.

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1.1.2 Le fasi del Porfiriato

La storica Elisa Speckman Guerra fa la seguente suddivisione in fasi del Porfiriato3:

1. PRIMA FASE (1877-1890)

Già nei primissimi anni di mandato si concretizzò il proposito del neopresidente di avviare il paese verso la stabilità e la modernizzazione, condizioni necessarie al consolidamento del suo potere e al riconoscimento del suo governo su scala internazionale. Per raggiungere tali obiettivi, Porfirio Díaz adottò due diversi cammini: quello della conciliazione e quello della negoziazione.

Far conciliare le forze politiche non fu un’impresa facile. Bisogna ricordare che quando il presidente ottenne l’incarico la classe politica era tutt’altro che compatta, si trattava piuttosto di un insieme di fazioni costituite dai seguaci personali di Benito Juárez, di Porfirio Díaz, di Lerdo de Tejada. Il presidente iniziò assicurandosi la fiducia dei gruppi che lo avevano sostenuto fino a quel momento per poi conquistare il consenso dei vecchi oppositori. Quindi, incorporò nell’esercito i soldati che avevano difeso il Piano di Tuxtepec4, ma anche tutti coloro che erano stati radiati durante i governi di Juárez e di Lerdo; accolse nel gabinetto di governo i militari di tendenza liberale, epurati durante la

3

Cfr. E. Speckman Guerra, El Porfiriato, in «Nueva Historia Mínima de México Ilustrada», México, El Colegio de México, 2008, 340-344.

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Elaborato da Porfirio Díaz il 10 gennaio 1876, sottofirmato da una frazione di militari capeggiati dal generale Sarmiento, il Piano aveva come unico scopo quello di destituire il governo di Lerdo de Tejada. Allo stesso tempo, riconosceva la Costituzione, le Leggi di Riforma e proclamava il generale Porfirio Díaz come leader del movimento.

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8 Repubblica Restaurata, ma anche i politici e gli intellettuali liberali, senza tenere conto della loro affiliazione. Oltre a ricercare l’armonia tra le diverse fazioni liberali, Porfirio Díaz conquistò il favore di una parte degli imperialisti, cioè di coloro che desideravano fortemente il ritorno alla monarchia ma, soprattutto, della chiesa cattolica che, vittima delle leggi anticlericali emanate dalla Costituzione del 1857, si era vista espropriare di tutti i suoi beni e, di conseguenza, indebolire. Con l’arrivo del generale alla presidenza, il quale non abrogò le leggi anticlericali ma neppure le applicò nella loro interezza, la chiesa vide migliorare la propria situazione: poté riappropriarsi dei beni che le erano stati confiscati, vide ristabilirsi il clero regolare e poté fondare congregazioni dedite all’istruzione e all’assistenza dei malati e dei bisognosi.

I rapporti tra il governo e le comunità contadine furono, invece, più complessi e mutevoli. Se in alcune località il presidente mantenne l’accordo con i popoli, rispettò la loro autonomia politica e bloccò la confisca dei loro beni, in altre non fermò la frammentazione delle proprietà comunitarie, né la loro colonizzazione portando, come conseguenza, allo sradicamento della società contadina. Altrettanto mutevoli erano i rapporti con i governatori e i caudillos. In generale, Porfirio Díaz cercò di collocare a capo degli stati uomini che gli fossero stati fedeli e gli avrebbero garantito il consenso da parte degli altri gruppi della zona: se i suoi sostenitori – nella maggior parte dei casi

caciques - avessero risposto a entrambe le sue richieste, li avrebbe

allontanati dell’esercito ma avrebbe offerto loro una posizione a capo del governatorato; in caso contrario, li avrebbe sospesi dall’incarico politico ma avrebbe procurato loro i mezzi per arricchirsi. Ponendo a capo dei governatorati uomini di fiducia, il presidente non sarebbe dovuto intervenire personalmente nella gestione di ciascuna zona.5

In politica estera, le vie della conciliazione e della negoziazione furono mirate alla conquista del riconoscimento del governo Díaz a

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9 livello globale per migliorare così le sorti dell’economia messicana. Difatti, una volta riallacciati i rapporti con Francia, Inghilterra, Germania, Belgio e Stati Uniti, a seguito della rinegoziazione dei debiti contratti dal governo Juarez, il paese visse un notevole sviluppo economico ed industriale, possibile grazie all’arrivo di ingenti somme di capitale straniero. La nascita di un sistema ferroviario e lo sviluppo dei trasporti marittimi, sommati all’introduzione del telegrafo, facilitarono enormemente la circolazione di persone, merci e idee e permisero l’integrazione delle principali economie regionali del Messico in una vera e propria economia nazionale.

2. SECONDA FASE (1888-1908)

Una volta consolidato il potere da parte di Porfirio Díaz, il regime dittatoriale prese lentamente forma, con un sempre maggiore autoritarismo da parte del presidente e un graduale accentramento del potere nelle sue mani.

Fu in questa fase del Porfiriato che emerse il carattere repressivo e violento del governo che, per far fronte all’instabilità politica e sociale – prodotto delle continue proteste lerdiste, delle rivolte contadine e delle sommosse indigene - e mantenere un clima sicuro e ordinato, condizione necessaria per l’avvicinamento alle grandi potenze mondiali e per il progresso economico del paese, abbandonò la strada della conciliazione e della negoziazione e ricorse ad un secondo cammino, quello della forza e della repressione.

Al fine di intraprendere tale scelta politica, il governo si servì dell’esercito e dei Rurales, un nuovo corpo di polizia costituito per lo più da artigiani e contadini – che vedevano nell’arruolamento un’occasione per riscattarsi dalle condizioni di miseria nelle quali furono costretti a vivere - e da molti tra gli cittadini che si erano battuti a favore della Repubblica. Nata durante il governo Juárez come polizia di confine

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10 incaricata di contenere le incursioni delle tribù indigene e garantire, così, le vie commerciali del paese, nel Porfiriato la guardia rural divenne il braccio armato del governo e l’incarnazione dell’autoritarismo del dittatore nella zona rurale, appunto, del paese. La sua nuova mansione consistette nel sedare con la forza le rivolte contadine e nell’eliminare il banditismo, grande ostacolo alle vie di comunicazione e allo sviluppo delle nascenti imprese, per assicurare, infine, al Messico la reputazione di paese stabile e ordinato nello scenario internazionale6.

Fatta tale premessa, furono molteplici gli episodi di violenza che si registrarono lungo tutto il territorio messicano tollerati o, addirittura, fomentati dal governo: furono represse nel sangue una serie di rivolte agrarie scoppiate negli stati di Sonora e Yucatán; diversi gruppi di banditi furono catturati e uccisi nelle zone di confine; fu ordinata la fucilazione di alcuni ribelli lerdisti nello stato di Veracruz.7

L’azione repressiva del governo fu, inoltre, diretta a combattere il dissenso politico per permettere il prolungamento indeterminato del mandato presidenziale del generale Díaz; in altre parole, fu annullata ogni declinazione della libertà di opinione e di pensiero, con il divieto di esprimersi contro le idee del governo. Nello specifico, furono imposte forti limitazioni alla stampa - considerata pericolosa arma di opposizione in quanto sede di accesi dibattiti politici - la cui libertà fu gradualmente limitata fino ad essere sottoposta, in ultima analisi, al controllo di tribunali speciali i quali, se necessario, avrebbero punito i reati commessi mediante l’arresto immediato dei direttori o con la chiusura della tipografia. Simultaneamente, fu avviata una politica di finanziamenti diretti alla stampa ufficiale affinché questa propagandasse l’ideologia del governo e promuovesse la figura del presidente.

6 Cfr. P. J. Vanderwood, Los Rurales: producto de una necesidad social, in «Historia Mexicana», Mèxico, Colegio de México, 1972, pp. 39-40.

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11 Con il medesimo intento repressivo e autoritario, il governo colpì, poi, la società imponendo il proprio volere su quello dei cittadini. Tale comportamento si rese manifesto attraverso la manipolazione dei processi elettorali, ridotti a semplici meccanismi volti a legittimare il regime.

Se per le strade si respirava un clima di agitazione e di tensione, non meno turbolenta era la situazione tra le fila dei liberali al governo, le cui aspirazioni politiche creavano incertezza e caos. Come già accennato in precedenza, la classe politica era tutt’altro che omogenea, piuttosto era costituita da una serie di gruppi tra cui i più forti, sia in termini di lotta politica che di successo per il governo, erano i científicos e i reyisti. I primi, guidati dal celebre ministro delle finanze Limantour, erano intellettuali di grande levatura ed affermati professionisti; quasi tutti discepoli di Gabino Barreda, alunno di Comte a Parigi e promotore del positivismo in terra messicana, si ponevano come obiettivo quello di adattare l’evoluzionismo di Spencer e il positivismo di Comte alle necessità economiche e finanziarie del Porfiriato, per esempio l’internazionalismo politico ed economico del regime. Seguendo tale ideologia, i científicos si costituirono immediatamente come promotori delle rielezioni del generale alla presidenza in quanto credevano che fosse l’unico in grado di garantire l’ordine e il progresso del paese. Parimenti influente nelle vicende politiche del Porfiriato fu la fazione reyista. Il gruppo prendeva il nome dal proprio leader Bernardo Reyes, ministro della guerra e della marina, il quale aveva dedicato una particolare cura alla riorganizzazione delle forze armate e alla rapida riorganizzazione della Seconda Riserva - che, nell’arco di due mesi, aveva raccolto migliaia di cittadini in armi, tutti volontari ed appartenenti, per lo più, ad un ceto medio in forte espansione – e godeva di un largo consenso tra gruppi eterogenei della popolazione, che aveva sostenuto durante il suo mandato come governatore del Nuovo León.

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12 La conflittualità tra le due fazioni governative si inaspriva regolarmente in concomitanza con le elezioni presidenziali e in maniera sistematica si sopiva con la rielezione di Porfirio Díaz. Nei primi tempi, il presidente riuscì a mediare tra i due gruppi in conflitto, ma una volta istituita la figura del vicepresidente - carica che data l’avanzata età dell’ex generale avrebbe assicurato la successione alla presidenza a colui che l’avesse ricoperta – la loro rivalità raggiunse livelli estremi, in particolare dal momento che il ministro Reyes, forte del crescente prestigio di cui godeva tra il popolo, costituiva una minaccia non solo per la fazione avversa ma per lo stesso presidente. Per far fronte ad un tale clima di agitazione, Porfirio Díaz decise di far dimettere il ministro dalla carica e chiedere l’abolizione della Seconda Riserva. Tuttavia, gli affiliati di Reyes tornarono ad aggrupparsi in reti organizzate a livello municipale e statale, mantenendo una forza notevole.8

3. TERZA FASE: GLI ANNI DELLA CRISI (1908-1911)

Agli inizi del XX secolo una profonda crisi nazionale colpì tutti i settori della vita del Porfiriato, da quello politico a quello economico e sociale: una serie di situazioni che l’inflessibile governo Díaz, ormai indebolito, non riuscì ad affrontare e che diedero vita a sanguinose rivolte che sfociarono nella Rivoluzione Messicana.

Sul piano economico, lo sviluppo registrato alla fine del secolo iniziò a perdere impulso. La crisi finanziaria mondiale del 1907 con epicentro gli Stati Uniti ebbe forti ripercussioni sulla vita economica messicana: la drastica diminuzione delle esportazioni di merci in America provocò un importante calo della produzione industriale interna e conseguente aumento del prezzo dei prodotti agroalimentari che costrinse la popolazione a ridurre il consumo interno. Alcune

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Cfr. A. Hernández Chávez, Storia del Messico. Dall’epoca precolombiana ai giorni

nostri, trad. di Duccio Sacchi, México, Fondo de Cultura Económica, 2000, pp.

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13 industrie di maggior sviluppo, ad esempio quelle tessili, e le miniere furono costrette a chiudere provocando un alto tasso di disoccupazione e di miseria che portò alla crescita del malcontento e la nascita delle prime agitazioni.

Sul fronte politico, il rafforzarsi dell’opposizione portò alla crescita dell’antagonismo all’interno della compagine governativa che sfociò in un lento deterioramento del gruppo al potere. Decisiva per le sorti del governo fu un’intervista rilasciata dal presidente al mensile nordamericano Pearson’s Magazine, ripubblicata in Messico su El

Imparcial, in cui dichiarava che, alla scadenza del suo mandato, nel

1910, non si sarebbe più presentato alle elezioni e che la formazione di un partito di opposizione sarebbe stata opportuna. Le sue parole scatenarono una forte agitazione politica che si propagò anche alla classe porfiriana. A distanza di pochi mesi, un gruppo a sostegno del presidente fondò il Partito Democratico, che altro non era che una diretta emanazione del regime e, presentandosi come “polo neutro” tra reyisti e Científicos, sperava di fare uscire dalle proprie fila il nome del nuovo candidato alla presidenza, ma le fratture all’interno del governo centrale si ripercossero attraverso gli stati disarticolando le vecchie forme di compromesso che fin dalle elezioni degli anni Novanta avevano consentito di riunire le diverse fazioni intorno a candidati governatoriali comuni. La progressiva frantumazione del vecchio sistema ridiede slancio al movimento di Reyes ma le manifestazioni pubbliche a favore dell’ex ministro della guerra si scontrarono con la repressione governativa, così alcune fazioni reyiste decisero di unirsi ad un’ampia coalizione antirielezionista. Nonostante la radicalizzazione dell’opposizione, le elezioni successive furono celebrate secondo la tradizione: fu proclamato il trionfo di Díaz e di Corral.

La rielezione del 1910 fu, però, il detonatore della crisi che divise in due la società, contrapponendo il movimento democratico antirielezionista di opposizione al regime ad uno conservatore e

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14 rielezionista. Gli antirielezionisti, guidati da un proprietario terriero del nord, Francisco Madero, chiedevano anche maggiori prospettive politiche ed economiche per la generazione futura, prospettive che il sistema vigente era incapace di offrire. Nell’arco di pochi mesi quello che era nato come un pacifico movimento democratico si trasformò in un’insurrezione nazionale che vide la partecipazione, tra gli altri, di

hacendados ed impresari, di esponenti politici dell’opposizione, di

impiegati e professionisti, ma anche di minatori, operai e contadini. L’impatto dell’insurrezione fu talmente vasto e violento da rendere ineluttabile la crisi politico-militare del regime porfirista. Difatti, il presidente riconobbe pubblicamente la sconfitta e rassegnò le dimissioni, costretto ad abbandonare non solo la presidenza ma anche il paese, per dirigersi in Francia.9

1.1.3 Il Messico e la nuova società industrializzata

L’importanza tradizionalmente assegnata alla figura di Porfirio Díaz nella storia del Messico è certamente dovuta al lungo periodo di stabilità che garantì al suo paese, convertitosi in terreno fertile per l’avvento della modernizzazione e sede di un’importante crescita economica. Il cambiamento che affrontò il paese fu di tale portata da indurre la storiografia a definire il Porfiriato “il miracolo economico e politico del Messico del XIX secolo”10.

Ma il raggiungimento di un tale traguardo non sarebbe stato possibile in assenza di uno scenario internazionale favorevole. Difatti, tra il 1870 e il 1913, a differenza di quanto era avvenuto nel mezzo secolo precedente, l’economia internazionale conobbe una notevole

9 Ivi, p. 231.

10 E. C. Sanduval, Las venas de plata en la historia de México. Sintesís de Historia

Económica del siglo XIX, Tabasco, Universidad Juárez Autónoma de Tabasco, 2005, p.

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15 espansione grazie alle politiche di liberalizzazione commerciale e alla libera circolazione di idee e di capitali: il mercato internazionale di capitali, le banche e altri istituti di mediazione finanziaria contribuirono al rapido sviluppo di un sistema finanziario internazionale che favorì il commercio estero generale e sostenne le economie reali europee e americane.

Incoraggiato da tale scenario internazionale, il Messico riuscì a inserirsi nei circuiti dei mercati mondiali come paese esportatore di prodotti interni. Tale processo fu incentivato soprattutto dal recupero dei rapporti con i paesi esteri e industrializzati – Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti - i quali, grazie ai loro massicci investimenti di capitale, contribuirono sensibilmente alla realizzazione di tutta una serie di opere di urbanizzazione - come la creazione di una rete stradale e di quella ferroviaria o la costruzione di nuovi porti – che promossero gli scambi commerciali sia interni che esteri. Inoltre, la nuova posizione del Messico sulla scena internazionale favorì l’arrivo di macchinari tecnologici e di innovazioni scientifiche determinanti per l’avvio del processo di modernizzazione del paese.

In tale contesto di crescita generale, il settore più dinamico apparve quello estrattivo: si registrò un notevole miglioramento nella produttività mineraria favorito dalle innovazioni tecnologiche adottate nella produzione dell’argento e dei metalli non ferrosi – come il rame, lo zinco, il piombo e il nichel. La redditività del settore attirò forti investimenti nazionali ma, soprattutto, esteri. Tra il 1890 e il 1907 l’estrazione di metalli industriali aumentò ulteriormente a causa della seconda rivoluzione industriale - in atto in quegli anni in Europa, negli Stati Uniti e in Giappone - che aveva portato a un incremento della richiesta di nuovi metalli e di risorse energetiche dirette al settore dei trasporti e delle comunicazioni. Alcune materie prime – come il rame, il piombo, lo zinco – dovevano subire una prima lavorazione prima di essere esportate, così l’apertura di miniere di carbone permise la creazione di

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16 una sinergia industriale tra miniere, fonderie e le prime centrali termoelettriche alimentate a carbone. Lo stesso settore delle costruzioni costituì un importante fonte di lavoro e di prosperità dato il periodo di intensa attività per quanto riguarda la costruzione di strade, ponti gallerie, linee tranviarie e ferroviarie, porti e impianti industriali.11

Lo sviluppo industriale incentivò, dunque, la mobilitazione di un gran numero di persone verso le regioni settentrionali e centrali e verso gli stati sulla costa del Golfo - primo tra tutti Veracruz - zone in cui erano nate le nuove industrie e che, pertanto, offrivano nuove opportunità di lavoro. L’insediamento di massa in queste aree di sviluppo portò alla nascita di nuovi centri urbani, specializzati nella fornitura di infrastrutture di mercato e di altri servizi alle circostanti unità di produzione agricola, mineraria e manifatturiera. Inoltre, quelli che riuscirono a svilupparsi e a organizzare un assetto efficace delle relazioni economiche e sociali poterono diventare sedi di governi municipali. Si trattava, insomma, di piccole città nate e fiorite nel giro di un decennio.12

Paradigma del momento di massimo splendore e prosperità del paese fu la sua capitale. Sul modello dei grandi centri urbani europei, Città del Messico intraprese una fase di ricostruzione urbana e architettonica da cui ne uscì trasformata in metropoli. Definita dai contemporanei “El Paris de America”13, la città ricordava nelle architetture degli edifici e nei progetti urbanistici l’elegante capitale europea e grazie ai nuovi impianti di illuminazione pubblica e ai moderni mezzi di trasporto mostrava un nuovo volto di prosperità

afrancesada. Nel 1910 il settimanale Revista de Revistas annunciava lo

straordinario cambiamento della città con tale enfasi:

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Cfr. A. Hernández Chávez, op. cit. pp. 201-202.

13 F. Fernández Christlieb, Urbanismo francés y mexicano, in «México-Francia: memoria de una sensibilidad común. Siglos XIX – XX, vol II», Puebla, Benemérita Universidad de Puebla, 2004, p.138.

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17 Hay que ir a la Ciudad de México. Las iluminaciones, desfiles,

exposiciones, carros alegóricos y cabalgatas históricas en combinación con los hermosos parques y alamedas, calles y edificios del París de América, formarán un conjunto que difícilmente podrá repetirse...14

Tuttavia, dietro la facciata di prosperità e progresso, il Porfiriato celava una grave questione sociale: sebbene nel suo arco operativo il governo conseguì importanti risultati in termini di indici di produzione, la ricchezza ottenuta fu un beneficio esclusivo di una cerchia ristretta di cittadini, una nuova classe media costituita da piccoli imprenditori e proprietari terrieri che viveva sotto l’ala protettrice del presidente; mentre, dall’altra parte, la maggioranza della popolazione, nello specifico i contadini e gli operai, era lasciata in condizioni di sottosviluppo e sfruttamento.

Inoltre, la modernizzazione si incentrò esclusivamente sulle tecnologie produttive e di scambio di materie prime e di prodotti agricoli, pertanto non modificò il ruolo dell’hacienda, della miniera e della microindustria, nè i relativi rapporti di lavoro; il sistema sociale messicano basato sul padronato, sul lavoro forzato e sulle condizioni di subalternità che coinvolgevano ampi settori della popolazione non venne intaccato in alcun modo. Tale fenomeno fu definito dagli studiosi “modernizzazione conservatrice”, in quanto non comportò un’evoluzione sociale, intesa come integrazione e partecipazione politica dei ceti medi e bassi della popolazione ma, al contrario, consolidò il carattere oligarchico delle relazioni di potere.15

14 J. Ortíz Gaetán, La Ciudad de México durante el Porfiriato: el París de América, in «México-Francia: memoria de una sensibilidad común. Siglos XIX-XX, vol II», México, El Colegio de Michoacán, 1998, p. 181.

15

H. Werner Tobler, Procesos de modernización y marginación social y política: el caso

del México porfirista, in «Société suisse des Américanistes», Zurich, Institut für

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18 Alla luce di quanto detto, emerge una società fortemente contraddittoria: se nella zona meridionale del territorio messicano, dove l’economia era incentrata sull’agricoltura e sui latifondi, si osservavano ancora forme sociali tradizionali, fondate sull’ideologia gerarchica dei tempi passati e lontane dall’economia di mercato, dalle rotte commerciali e dalle linee ferroviarie; nel nord del paese, centro del processo industriale, si assisteva ad una società al passo con i tempi, organizzata per classi economiche intorno ad attività produttive specializzate, che si sviluppava nelle aree in cui prosperava l’economia di mercato: aree legate al mercato e ai bisogni delle città, dove la popolazione benestante si comportava e si vestiva “all’europea”.16

La definizione di queste due tipologie di massa lavoratrice fu all’origine delle forti tensioni che segnarono il periodo della presidenza di Porfirio Diaz, nate dall’insoddisfazione nutrita per le proprie condizioni socio-economiche, e che sfociarono nel processo rivoluzionario.

1.2 Il contesto culturale

1.2.1 L’avanzare di una nuova ideologia

Tra il 1880 e il 1900 si assistette alla nascita di un’America Latina nuova, del tutto lontana rispetto a quella che seguì l’Indipendenza politica. Lo sviluppo commerciale e il conseguente contatto con le realtà esterne favorirono un flusso ideologico continuo che, a seguito di un processo di assorbimento e adattamento da parte della cultura messicana, andò a condizionare le modalità di organizzazione politica e sociale del paese.

A dare il maggiore impulso fu il positivismo proveniente dalla Francia, modello ideologico e culturale del momento. Tale dottrina

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19 approdò in Messico durante il governo Juárez per merito di Gabino Barreda - discepolo di Auguste Comte il quale era stato incaricato dal presidente di riformare l’istruzione pubblica - e fu assorbito dalla nuova realtà con l’applicazione del metodo scientifico in diversi campi della conoscenza: la scienza divenne l’unica forma di conoscenza possibile e l’unico metodo di indagine valido fu quello oggettivo. Ciò portò al rifiuto dei principi religiosi e delle concezioni metafisiche in genere, poiché rappresentavano una forma di sapere non dimostrabile scientificamente.

Con l’avvento del Porfiriato il positivismo estese il suo campo d’azione anche alla sfera politica tramite l’operato dei científicos che, discepoli di Gabino Berreda, applicarono il metodo scientifico ai problemi della nazione. Il positivismo divenne, così, il supporto filosofico del regime che aveva fatto degli ideali di “paz, orden y progreso” il suo credo. In questo modo la classe politica a capo del governo raggiunse la pace e l’ordine necessari alla conquista del progresso economico. Tuttavia, nel farlo, fu calpestato il principio che aveva animato la generazione della Repubblica Restaurata: la libertà17.

1.2.2 L’evoluzione letteraria

Se i trent’anni di ordine e pace del Porfiriato non bastarono a garantire la sopravvivenza del governo – tanto che si assistette al fallimento del regime – dall’altra parte, il lungo periodo di stabilità giovò sensibilmente all’attività culturale e, in particolar modo, a quella letteraria: si assistette ad una notevole proliferazione di testi e alla nascita di nomi che fecero la storia della letteratura messicana del XIX secolo.

17 Cfr. B. Clark de Lara, M. Flores Monroy, Estudio Introductorio in I. Manuel Altamirano «El Renacimiento. Periódico Literario. Segunda Época», Messico, UNAM, 2006, pp. IX-X.

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20 Tuttavia, simultaneamente allo sviluppo culturale, avanzò una nuova problematica per gli artisti della moderna realtà specializzata: da un lato l’avvento del capitalismo aveva portato all’indebolimento del mecenatismo, ma dall’altro questo nuovo sistema di produzione non aveva creato i presupposti necessari alla nascita di un mercato in cui gli autori avrebbero potuto vendere le loro opere. In altre parole, gli artisti si ritrovarono in una fase di transizione: non potevano rivolgersi ai potenti in cerca di patrocinio, ma nemmeno vivere del loro mestiere, ricavando il necessario emolumento dalla vendita dei propri prodotti.

Per di più, il processo di secolarizzazione, manifestatosi ad opera del positivismo, si ripercosse sul pensiero dei letterati del tempo, i quali si ritrovarono di fronte una società che aveva perso il proprio credo e punto di riferimento. Davanti a tale perdita dei valori tradizionali, gli scrittori si videro obbligati a riformulare il loro universo personale e quello nazionale adottando una serie di proposte estetiche ed etiche con cui potevano rispondere ai bisogni della nuova realtà.18 Nell’ultimo terzo del XIX secolo, si assistette, pertanto, alla convivenza relativamente armonica degli scrittori dalle più distanti tendenze letterarie che collaboravano all’interno di ambienti culturali o organi di diffusione. Dai tardo romantici ai modernisti, i propositi erano comuni: consolidare un’espressione propria e fare della letteratura una professione.

Se il romanticismo era giunto alla sua ultima fase, con autori del calibro di Justo Sierra, figura centrale del panorama culturale del momento, il nazionalismo di derivazione romantica era ancora nel pieno del suo vigore, postulando l’esigenza di un’espressione nativa e del ritorno alla cultura preispanica. Tale tendenza trovava ispirazione, pertanto, nei paesaggi, negli usi e costumi e nel linguaggio locale.

A seguito del crescente contatto con le realtà straniere, per via dei continui scambi commerciali, si andò poi a formare negli scrittori

18 Cfr. I. A. Schulman, El proyecto inconcluso: la vigencia del modernismo

hispanoamericano: concepto en movimiento, Messico, Siglo Veintiuno Editores, 2002,

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21 dell’epoca il bisogno di allontanarsi dai dettami provenienti dalla Spagna e di aprirsi alle influenze esterne, nella ricerca di un’arte nuova. Nacque così il modernismo, espressione letteraria della crisi spirituale e culturale di fine secolo, che assorbì il meglio del romanticismo, del parnassianesimo e del simbolismo francese per riproporlo, in ciascuno dei suoi autori, in una forma unica, con caratteristiche proprie. A introdurre questa nuova corrente letteraria e di pensiero fu Manuel Gutiérrez Nájera, che fece partire, in Messico, una rivoluzione letteraria senza precedenti.19

1.3 Manuel Gutiérrez Nájera: la biografia

La biografia di Gutiérrez Nájera potrebbe ben coincidere con la sua bibliografia, essendosi dedicato completamente durante tutta la sua vita all’attività di scrittore e cronista da non avere avuto tempo per occuparsi di altro.

Nacque a Città del Messico da una famiglia di classe media, colta e cattolica; per volere della madre, che sognava per lui la carriera ecclesiastica, ricevette un’educazione di stampo religioso, basata sulla lettura degli autori mistici spagnoli come Santa Teresa de Jesús, San Juan de la Cruz, Fray Luis de Leon. Lo studio dei classici e degli autori francesi accompagnò la realizzazione dei suoi primi scritti, frutto della prematura collaborazione con alcuni quotidiani della città; difatti, aveva solo tredici anni quando scrisse il suo primo articolo per La Iberia. Da quel momento partì la lunga serie di pubblicazioni, in prosa o in versi, realizzate per i quotidiani e le riviste del tempo, facendo del giornalismo la sua ragione di vita.

Come detto in precedenza, la biografia dell’autore non presenta particolari episodi o dati da segnalare: dedicò tutta la sua vita al

19 Cfr. C. Gonzales Peña, La evolución literaria, in «Historia de la literatuta mexicana. Desde los origenes hasta nuestros dias», México, Editorial Porrua, 1975, pp. 183-187.

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22 giornalismo, lavorando per i più importanti giornali del tempo - da El

Federalista a El Partido Liberal, passando per La Revista Nacional - nei

quali si firmava con il proprio nome o con diversi pseudonimi – viene ricordato in particolare con l’appellativo di El Duque Job. Si sposò nel 1888 con Cecilia Maillefert, che aveva origini francesi. Da questa unione nacquero due figlie. Si ritrovò per caso inserito nella vita pubblica del paese e lo stesso anno del suo matrimonio fu eletto deputato, carico che ricoprì fino alla morte.

Gutiérrez Nájera, tuttavia, visse di letteratura e per la letteratura. Precursore in Messico della corrente letteraria modernista, nel 1884 fondò insieme all’amico Carlos Díaz Dufoo la Revista Azul, manifesto e principale mezzo di diffusione di tale movimento. Sebbene provasse una forte passione per la vita parigina e per i paesaggi esotici, lo scrittore non lasciò mai la sua terra e furono perfino rare le volte in cui si allontanò dalla capitale. Era un viaggiatore sedentario e visitò solamente i paesaggi descritti nei suoi racconti. Secondo la critica, lo scrittore utilizzava sua opera come un mezzo per evadere dalla monotonia della quotidianità.

Affetto da emofilia, morì ancora giovane, all’età di trentacinque anni, nella sua città natale, il 3 febbraio del 1895, a seguito di alcune complicanze avute durante un’operazione di routine. Restio a pubblicare i suoi scritti in vita, furono i suoi cari, guidati da Justo Sierra, ad avviare l’opera di raccolta e pubblicazione dei suoi testi con il fine di dare sostegno economico alla famiglia dello scrittore20.

1.4 L’attivismo politico di Gutiérrez Nájera

Protagonista indiscusso della sua epoca, Gutiérrez Nájera non solo fu una delle figure centrali del panorama letterario del suo paese ma si

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23 distinse in egual misura in campo politico, incarnando l’ideologia del regime e partecipando attivamente alla difesa e alla propaganda del governo Díaz.

Furono pochi i suoi contemporanei che fecero proprie, in maniera così evidente, le componenti chiave dell’ideologia borghese del diciannovesimo secolo – nel suo caso specifico, il positivismo sociale – e che difesero con costanza il regime politico, che si era preposto la missione di guidare il paese verso una fase di ordine e progresso. Non è un caso, quindi, se l’opera matura dello scrittore si inserisce perfettamente all’interno di tale periodo storico.

Tuttavia, il positivismo e il “porfirismo” dello scrittore ricevettero nel corso del tempo un’attenzione diversa, e spesso contraddittoria, da parte della critica e la lettura contestualizzata della sua opera maturò soprattutto a seguito del Congreso Internacional sul poeta messicano, nel 1995, in cui dominarono le interpretazioni che lo vincolavano fermamente allo spirito del regime al punto da poterlo considerare una delle note distintive del Porfiriato, al pari della ferrovia. La conferma definitiva della militanza dell’autore, invece, si è raggiunta solo di recente, con la pubblicazione della racconta di articoli intitolata

Meditaciones políticas 1877-1894 (2000), che offre un ricco materiale in

contrasto rispetto all’idealismo romantico delle sue teorie poetiche e che portò alla rivalutazione dell’immagine che avevano di lui i suoi contemporanei.21 Viene riportato, di seguito, un estratto dalla sopracitata raccolta, a dimostrazione dell’aperto attivismo politico dello scrittore:

Como yo soy redactor de El Partido Liberal y lo fui de La Libertad, debo rechazar, por lo que a mí me toca, tan calumnioso cargo [...]

21 Cfr. J. M. Martínez, Un duque en la corte del Rey Burgués: positivismo y porfirismo en

Manuel Gutiérrez Nájera, en «Bulletín of Spanish Studies: Hispanic Studies and

Researches on Spain, Portugal and Latin America», University of Texas-Pan American, 2007, vol. 84, n.2, pp 208-209.

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24 No creo que se publicara en La Libertad ningún artículo contra el

general Díaz; mas como no me gusta dejar las cosas entra sombras le exijo que diga: ¿a qué redactor del Partido Liberal alude [El Nacional] cuando habla de artículos escritos contra el general Díaz y publicados en La Libertad? Si el tiro viene contra mí no dio en el blanco. Precisamente puedo decir con orgullo que he sido y soy amigo disinteresado del general Díaz. Esto lo sabe bien el actual presidente a quien tampoco me he acercado nunca para pedirle empleos o granjerías, pero a quien vengo defendiendo en mi pequeña esfera desde hace mas de cinco años. [...]

El Nacional se refiere a La Libertad. Pues bien: en ella, que fue establecida para sostener al general Díaz y a cuya redacción me invitó a entrar mi buen amigo Jorge Hammeken, secretario del que hoy es presidente, defendí desde el primer día hasta el último, la candidatura del general Díaz.22

Al di là dei motivi personali - ovvero il rapporto d’amicizia che legava lo scrittore al ministro delle finanze Limantour e alla cerchia di politici riunita attorno al presidente - e di quelli legati alla politica culturale del governo, particolarmente generoso nei confronti di quella fascia di intellettuali che appoggiavano le sue scelte, a spingerlo verso tale orientamento politico fu la convinzione ingenua di chi vedeva nella politica della mano ferma, nella conciliazione delle élite al potere e nell’apertura ai mercati internazionali una reale garanzia e un’opportunità unica per ottenere la modernizzazione e il progresso del paese. Animato da un tale pragmatismo politico, non poteva che risultare naturale la sua adesione agli ideali positivisti, ricorsi adottati dal governo per giustificare i propri programmi: con la sua opera di difesa e propaganda, lo scrittore intendeva contribuire al consolidamento del regime poiché prometteva un sistema di vita

22 M. Gutiérrez Nájera, Obras IX. Periodismo y Literatura. Artículos y Ensayos

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25 borghese e ordinato, articolato in funzione del progresso economico e sociale e del benessere comune. Le sue argomentazioni, a tal proposito, si presentavano accese e taglienti: in molti casi, scagionava pubblicamente il presidente sostenendo che una sola persona non poteva essere causa e rimedio di tutti i mali della società; nei casi più estremi arrivava perfino a giustificare i tagli alla libertà di stampa o a trattare con leggerezza la carcerazione dei maggiori esponenti dei giornali d’opposizione e la politica del pugno di ferro adottata dal governo. Al contempo, si registrano sparsi all’interno della sua opera numerosi episodi in cui viene esaltata la figura del presidente Díaz: ad esempio, in uno dei suoi racconti brevi - El Diputado – si assiste ad un vero e proprio processo di miticizzazione. È interessante notare che tale elogio al presidente prende forma all’interno di una lettera inviata da parte di uno dei protagonisti – un deputato arrivato in città per le celebrazioni del centenario dell’Indipendenza – alla sua amata, un personaggio con cui le lettrici del tempo potevano facilmente immedesimarsi, e che, inoltre, il racconto venne pubblicato sui giornali ufficiali del Porfiriato. Tutti espedienti che confermano ulteriormente l’intento propagandistico dell’opera dello scrittore messicano.23

Dal suo mezzo accessibile a tutti - la stampa – Gutiérrez Nájera predicava, come un apostolo o un martire, l’unione di idee e fazioni politiche e segnalava le linee che avrebbe dovuto seguire il suo paese per ottenere la prosperità e la pace necessari per entrare a far parte delle nazioni civilizzate. Così facendo, lo scrittore partecipò in prima persona alla missione civilizzatrice del paese.

1.4.1 L’ideologia porfiriana nelle pagine di Gutiérrez Nájera

23

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26 La militanza politica di Gutiérrez Nájera non fu limitata all’intensa attività propagandistica svolta attraverso la stampa, ma lo scrittore, inoltre, assimilò l’ideologia del regime e la adattò al contesto della sua produzione letteraria.

Gli studi condotti dal critico José María Martínez dimostrano che tale processo di assimilazione avviene mediante tre diversi atteggiamenti: la predisposizione a ritrarre la realtà sociale delle élite, quella fetta di società che rappresentava, per lui, i risultati migliori del sistema e che costituiva l’avanguardia del Messico modernizzato; il secondo atteggiamento nasceva dalla sua fede nel progresso e dal contatto con sistemi di pensiero eterogenei che sostenevano la stessa necessità pratica del progresso sociale, le stesse dottrine spiegano la presenza del discorso morale o didattico in molti dei suoi racconti; il terzo atteggiamento era il frutto delle contraddizioni emerse dai primi due che, se da una parte lo portavano a restare recluso nel mondo delle élite, dall’altra lo spingevano a considerare irrimediabili le disuguaglianze e i contrasti sociali del Porfiriato.

È all’interno di tali coordinate che si inserisce il registro najeriano degli elementi caratteristici del Porfirato: la sua rigida stratificazione sociale, l’afrancesamiento culturale, il capitalismo economico, la presenza di una nuova identità urbana, la nuova posizione della donna in società.

1.4.1.1 La stratificazione sociale del Porfiriato

I racconti di Gutiérrez Nájera riprendono perfettamente la rigida stratificazione sociale del Porfiriato: una piramide socioeconomica

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27 costituita da circa un 10% di popolazione creola e straniera, che rappresentava la classe alta della società, un 55% di meticci, di cui solo una piccola parte godeva di una relativa ricchezza, e circa un 35% di popolazione indigena che viveva in povertà ed era esclusa da ogni tipo di integrazione sociale.24

Le vicende narrate da Gutiérrez Nájera dimostrano che tale stratificazione sociale è uno degli schemi più frequenti dello scrittore e che, salvo qualche eccezione, si configura come qualcosa di proprio e inalienabile del sistema. Le differenze tra gli estremi della piramide sociale si notano nella rappresentazione della vita dei salotti borghesi e in quella dei quadri di miseria in cui vengono ritratti donne e bambini; al contempo, però, il tono raffinato e idealizzante dei testi che ritraggono le élite e, all’opposto, quello esageratamente compassionevole con cui vengono trattati gli emarginati dalla società, annullano il carico polemico di queste opposizioni, risultando, infine, all’interno di un contesto caratterizzato dall’assenza di tensioni reali che, in fondo, coincide con l’immagine offerta dal regime per calmare i conflitti interni e stimolare l’arrivo di investimenti stranieri.

Lo scrittore, dunque, non nasconde le disuguaglianze e le questioni sociali, ma nemmeno le problematizza in chiave polemica o sovversiva, piuttosto le presenta secondo la prospettiva conciliatrice proclamata dal regime.

1.4.1.2 La nuova identità urbana e l’afrancesamiento della società

Con costante frequenza si ritrovano all’interno di cronache e racconti di Gutiérrez Nájera episodi che narrano la vita delle élite borghesi e aristocratiche del Porfiriato e pertanto si conta un cospicuo numero di descrizioni di quegli ambienti lussuosi e sfarzosi rispetto a quelle delle

24

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28 realtà esteticamente meno interessanti dei ceti sociali bassi. Un ricorso, questo, adottato dallo scrittore con l’intento di mettere in risalto l’amore di tale cerchia sociale per il lusso e per i beni materiali e di dare, al contempo, un’ulteriore prova delle conquiste raggiunte dal regime sul piano economico e su quello del cosmopolitismo culturale.

La propensione a trattare quest’élite porfiriana viene dimostrata ulteriormente dalla traduzione di una serie di testi francesi, tra cui dominano, per l’appunto, quelli aventi come protagonisti i nobili e i membri dell’alta borghesia e che si articolano attorno alla questione del matrimonio – tematica privilegiata dalla letteratura di pubblico borghese della seconda metà del XIX secolo. Tali testi sono, inoltre, la prova dell’afrancesamiento culturale ed estetico ricercato dal regime e vissuto, in particolare, proprio dalle élite: una passione che investiva la borghesia messicana già ai tempi di Massimiliano d’Asburgo, ma soprattutto durante il Porfiriato tale fenomeno si impose socialmente diventando l’espressione più evidente del desiderio di modernità tecnologica e mentale della minoranza colta latinoamericana, nel processo di ricerca della nuova identità nazionale.

In tale discorso si inserisce il gusto per la cultura francese coltivato da Gutiérrez Nájera, che si manifestava non solo attraverso la lettura dei contemporanei francesi o la nazionalità di alcuni dei suoi personaggi – una costante del modernismo - ma anche mediante una serie di confronti urbanistici tra Parigi e la capitale messicana che lo scrittore costantemente faceva. A dimostrarlo, un ulteriore estratto de El

diputado:

¡Si vieras tú qué grande es México! Yo creo que es tan grande como París o un poco más. Las casas son muy altas: algunas

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29 parecen verdaderas torres. ¡Figúrate que tienen tres o cuatros

pisos!25

Con l’avvento della modernizzazione e gli importanti cambiamenti che ne conseguirono, ovvero le trasformazioni urbanistiche che subì il paese, l’élite porfiriana iniziò, poi, a rivoluzionare i propri usi e costumi adattandoli alla nuova realtà urbana. Nello specifico, si assistette ad un incremento della vita mondana e ad una ridefinizione dei ruoli tradizionali favoriti dai nuovi momenti di svago e dal crescente protagonismo degli spazi urbani, in cui si riscontrò, tra l’altro, una massiccia presenza femminile: aumentarono i balli, gli spettacoli e gli sport - come le corse dei cavalli – tutte occasioni che davano la possibilità alla nuova classe aristocratica di mostrarsi nel suo status e di internazionalizzare la propria posizione frequentando i membri dell’élite straniera. Si trattava di spazi e rituali che dipendevano l’uno dall’altro e che presupponevano, inoltre, la presenza del soggetto il quale dava conferma della propria esistenza mediante l’appartenenza ad un gruppo sociale.

I racconti di Gutiérrez Nájera testimoniano questa nuova socievolezza e la presenza dei nuovi soggetti negli spazi moderni del Porfiriato: l’élite che ama leggere di sé. Ne è una dimostrazione El desertor del

cementerio, un racconto in cui il narratore finge di ricevere visita dal

Duca di Parisis – una versione del Don Juan – e lo conduce ad un ballo nel castello di Chapultepec. Una volta lì, il narratore-cronista nomina e passa in rassegna, una per una, le dame più illustri della capitale, facendo attenzione a mettere sempre in evidenza la loro bellezza e il biancore della loro pelle, che richiamava l’antica purezza di sangue di cui si vantava la società messicana.

25 M. Gutiérrez Nájera, El diputado, in «Cuentos completos y otras narraciónes», México, Fondo de Cultura Económica, 1984, p. 342.

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30

Capitolo II

Gutiérrez Nájera e la prosa modernista

Negli anni Settanta dell’Ottocento l’America Latina si integrò lentamente nel sistema capitalistico mondiale - nella sua fase imperialista - come fornitore di materie prime e di prodotti agricoli. Un nuovo ordine socioeconomico sorse nei paesi del continente, sostenuto dalla scienza e preoccupato di garantire ai propri cittadini l’educazione e il benessere materiale: la società borghese moderna, basata su una cultura materialista, dove il concetto di mercato si impose come elemento reggente di tutte le attività umane, comprese quelle letterarie.26

Così, una volta crollato il sistema di mecenatismo artistico, i poeti furono costretti a rivolgersi a istituzioni esterne per ottenere uno spazio all’interno del nuovo schema sociale sacrificando la loro esistenza artistica, rielaborata per adattarsi ai nuovi contesti professionali: molti di essi ricorsero al giornale, un giusto compromesso tra necessità e passione, poiché in quella sede avrebbero potuto guadagnarsi da vivere con i frutti della loro attività di scrittura. Tuttavia, tale ambiente lavorativo li mise di fronte ai nuovi meccanismi di produzione introducendoli, per la prima volta, in rapporti di mercato con un pubblico ipotetico e ignoto. Tale situazione accese in loro un forte sentimento di angoscia e scoramento.

In una realtà sempre più prosaica e materialista, i poeti di stampo tradizionale maturarono la consapevolezza di essersi convertiti in esseri marginali, in reietti verso i quali la società non si limitò a manifestare la

26 Cfr. I.A. Schulman, Decadencia del romanticismo e innovación incipiente, in D. Puccini, S. Yurkievich «Historia de la cultura literaria en Hispanoamérica II», México, Fondo de cultura económica, 2010, pp. 18-19.

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31 propria indifferenza, ma arrivò perfino a mostrare un’evidente ostilità.27 Lo studioso Ángel Rama descrisse la nuova condizione dello scrittore di fine secolo senza la dovuta distanza critica:

No sólo es evidente que no hay sitio para el poeta en la sociedad utilitaria que se ha instaurado, sino que ésta, al regirse por el criterio de economía y el uso racional de todos sus elementos para los fines productivos que se traza, debe destruir la antigua dignidad que le otorgaba el patriciado al poeta [...]. Ser poeta pasó a constituir una vergüenza. La imagen que de él se construyó en el uso público fue la del vagabundo, la del insocial [...], la del esteta delicado e incapaz, en una palabra – y es la más fea del momento – la del improductivo.28

L’avvento dell’era moderna portò, inoltre, la collettività a vivere una grave crisi sul piano spirituale: lo scientismo e l’utilitarismo di matrice positivista si imposero come le nuove ideologie dominanti della vecchia società teocratica, mettendo in discussione i principi religiosi che non potevano essere discussi tramite approccio scientifico; di conseguenza, l’animo umano fu pervaso da un grande senso di vuoto esistenziale.29

In questo clima di profonda rivoluzione e di gravi turbamenti, sorse il modernismo: la risposta estetica ed esistenziale degli scrittori del tempo ad una realtà fredda e materialista contro la quale avanzarono un estremo bisogno di idealismo. Una nuova ricerca di assoluto in un momento storico ossessionato dal progresso e dall’accumulo della ricchezza. Octavio Páz ne offrì una definizione esaustiva:

27

Cfr. F. Perus, Literatura y sociedad en America Latina: el modernismo, México, Siglo Veintiuno Editores, 1976, pp.74-75.

28 Á. Rama, Rubén Darío y el modernismo, Caracas, Ediciones de la Biblioteca de la Universidad Central de Venezuela, 1970, p. 57.

29 Cfr. B. Clark de Lara, La crítica en Manuel Gutiérrez Nájera y en José Enrique Rodó, in «Líteratura: teoría, historia, crítica 1», México, UNAM, 1997, p.173-174.

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32 ...fue la respuesta al positivismo, la crítica de la sensibilidad y

el corazón – también de los nervios – al empirismo y el cientismo positivista. En este sentido, su función histórica fue semejante a la de la reacción romantica en el alba del siglo XIX. [...] El modernismo fue un estado de espíritu. O más exactamente: por haber sido una respuesta de la imaginación y la sensibilidad al positivismo y a su visión helada de la realidad, por haber sido un estado de espíritu, pudo ser un auténtico movimiento poético. El único digno de este nombre entre los que se manifestaron en la lengua castellana durante el siglo XIX.30

Immersi in una realtà impregnata di ideali borghesi in cui non si riconoscevano, i modernisti elaborarono una poetica di evasione: una fuga verso mondi illimitati, più umani e autentici, lontani dalla monotona volgarità della vita quotidiana. A tal fine, gli scrittori si avvalsero di un’ampia gamma tecniche di straniamento.

Sul piano tematico si rifugiarono nell’esoterismo, nell’esotismo, nell’onirismo fantastico, nel leggendario come veicoli di sublimazione; mentre a livello formale sottomisero il vagare romantico alla più efficace formalizzazione. Di fronte ad una realtà deforme e deformante, i modernisti si impegnarono a modellare e plasmare l’opera in funzione della perfezione formale – obiettivo unico dell’arte – manifestazione della bellezza assoluta, che tanto ricercavano. Pertanto, convertirono il mezzo letterario in messaggio estetico, dotando la forma di un’egemonia assoluta.

Dominata dalla fantasia, dal furore metaforico e neologico, la poesia divenne l’arte della fuga dal consuetudinario, dalla realtà quotidiana e dal linguaggio comune: salti, sorprese, interruzioni, irruzioni inaspettate, divergenze lessicali, combinazioni sinestetiche,

30 O. Paz, Los hijos del limo. Del romanticismo a la vanguardia, México, Editorial Seix Barral, 1974, pp.128-129.

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33 furore metaforico, presenze esotiche, leggendarie e mitologiche animarono un’espressione nuova e originale caricandola di significato.31

Il modernismo fu dunque la conquista di un’espressione totalmente rinnovata nella forma, nel vocabolario, nei temi e nel sentimento, risultato del continuo attingere alle fonti artistiche provenienti dalla Francia: il parnassianesimo, il simbolismo, l’impressionismo e, perfino, il romanticismo, di cui rifiutava gli eccessi e la volgarità della forma, la ripetizione di luoghi comuni e l’utilizzo di immagini crude, ma da cui riprendeva la profonda emozione lirica e la sonorità verbale. Il parnassianesimo insegnò ai modernisti il culto dell’arte per l’arte, della bellezza scultorea, dell’emozione contenuta; mentre il simbolismo fornì le ambientazioni suggestive e le atmosfere di sogno che il simbolo creava, le musicalità e le emozioni spesso decadenti, l’esotismo propizio alla fuga nello spazio, il senso corposo e pittorico degli oggetti e delle sensazioni. Inoltre, un ampio uso venne fatto degli strumenti impressionisti, fondamentali per la rappresentazione delle sensazioni nate dalla contemplazione di un oggetto: tra questi, la sinestesia e i cromatismi.32 A seguito di tale processo, la prosa ottenne agilità e ricchezza ritmica mentre la poesia si arricchì di nuove soluzioni metriche, di rime e strofe mai viste prima, ma registrò, allo stesso tempo, il recupero di forme antiche e di espressioni dimenticate.

Sebbene il rinnovamento del linguaggio poetico sia da sempre l’aspetto più discusso del modernismo, recenti studi condotti sulla prosa hanno messo in luce un ulteriore volto di tale corrente estetica che ha permesso una sua maggiore e più completa comprensione: un’attitudine etica e una “volizione di didattismo morale” riscontrati nelle opere della maggior parte degli scrittori di fine secolo. Furono, in

31

Cfr. S. Yurkievich, Celebración del modernismo, Barcelona, Tusquets Editor, 1976, pp. 13-21.

32 Cfr. M. Henríquez Ureña, Breve historia del modernismo, México, Fondo de Cultura Económica, 1954, pp. 9-17.

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34 particolare, la cronaca e il saggio i generi con cui tali intellettuali mostrarono le tensioni socioculturali del momento; il terreno da cui essi sferrarono i loro duri attacchi contro la dozzinale e precaria cultura borghese e contro il suo fondamento politico-economico capitalista. Alla luce di tali studi, si evince, dunque, che al di là delle loro dichiarazioni, gran parte dei modernisti ispanoamericani ebbe una preoccupazione etica. E non solo. Con il loro atteggiamento, essi riuscirono a smorzare il tono pessimistico dell’epoca formando il volto più fermo e aperto del poliedrico modernismo.33

Gutiérrez Nájera riflette tale sfaccettatura della corrente letteraria di fine secolo. Come dimostrato in precedenza, lo scrittore non ignorò le questioni sociopolitiche del suo tempo, al contrario, prese parte in maniera attiva ai progetti di sviluppo della nazione. La sua opera, dunque, è una vera e propria testimonianza del suo compromesso con il Messico e, al contempo, la manifestazione dell’estrema bellezza del suo linguaggio, tipicamente modernista. Il continuo oscillare tra i discorsi idealisti di radice romantica e le riflessioni utopiche di ascendenza positivista, portarono il poeta a mostrare la stretta relazione, piuttosto che la totale opposizione, tra le due facce della modernità postulate dallo studioso Matei Calinescu: la modernità borghese e la modernità come concetto estetico.34 In entrambe i sensi lavorò per raggiungere un ideale: nel primo caso, la conquista di un Messico moderno, di una società in cui regnasse la giustizia sociale; nel secondo, lottò per una letteratura originale che favorisse il pieno riconoscimento da parte della società del ruolo dello scrittore come essere produttivo, della valorizzazione del lavoro intellettuale.35

33 Cfr. J. Olivio Jiménez, C. Javier Morales, Introducción general, in «La prosa modernista hispanoamericana. Introducción crítica y antología», Madrid, Alianza Editorial, 1998, p. 20-30.

34 Cfr. M. Calinescu, Five faces of modernity: Modernism, Avant-garde, Decadence,

Kitsch, Postmodernism, Durham, Duke University Press, 1987, p. 41.

35 Cfr. B. Clark de Lara, Ascensión en la visión del mundo de Manuel Gutiérrez Nájera, in «Actas del XIII Congreso de la Asociación Internacional de Hispanistas», México, UNAM, 1998, pp. 48-49.

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2.1 Gutiérrez Nájera: il poeta nella società borghese moderna 2.1.1. L’homo duplex

Gutiérrez Nájera incarna la nuova condizione dell’artista dell’era moderna. Poeta nato in un Messico che si stava avviando verso la modernità industriale, il giovane fu costretto a rielaborare propria esistenza artistica in funzione delle nuove dinamiche socioeconomiche per poter vivere della propria arte. Da tale processo ne uscì vittima, obbligato a dedicarsi per tutta la vita al lavoro giornalistico quotidiano, senza avere più tempo per la scrittura creativa.

Pienamente cosciente del proprio stato, Gutiérrez Nájera si adattò ai suoi tempi elaborando un’esistenza doppia: fu un homo duplex, poeta e giornalista, diviso tra il bisogno creativo e l’urgenza di “produrre” del materiale da mettere in vendita per guadagnarsi da vivere. Di conseguenza, due furono gli spazi e i tempi che definirono la sua vita artistica: il primo era il luogo interiore del tempo infinito – spazio ideale per la creazione poetica – dove, in totale solitudine, poteva finalmente lasciare libera l’immaginazione per creare mondi fantastici e si dedicava a plasmare l’espressione poetica allo scopo di raggiungere la bellezza, offrendo ai lettori un’arte non utilitaristica; altro spazio najeriano fu la redazione del giornale dove, circondato dagli altri attori del settore, creava opere attuali, e il suo status di “dipendente della stampa” lo teneva legato al mondo materiale.

La vita, l’opera e il pensiero dell’autore sono segnate da un eterno dualismo: duplice, infatti, fu la sua formazione che, basata sui principi cattolici, si avvicinò con il tempo verso gli ideali di stampo positivista; sulla stessa scia, la sua opera spaziava dall’immaginazione romantica puramente soggettiva della poesia, alla fredda oggettività della

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