• Non ci sono risultati.

" Il sistema di valutazione dei tutor clinici: proposta di metodi e strumenti integrati tra l'Azienda Sanitaria e L'università"

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "" Il sistema di valutazione dei tutor clinici: proposta di metodi e strumenti integrati tra l'Azienda Sanitaria e L'università""

Copied!
59
0
0

Testo completo

(1)

Scuola di Medicina

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina

___________________________________________________________________________________________

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN SCIENZE

INFERMIERISTICHE ED OSTETRICHE

IL SISTEMA DI VALUTAZIONE DEI TUTOR CLINICI :

PROPOSTA DI METODI E

STRUMENTI INTEGRATI TRA L’AZIENDA SANITARIA E

L’UNIVERSITA’ "

RELATORE CHIAR.MO PROF.

ANDREA LENZINI

___________________________

CANDIDATO SIG./DOTT.

MANILA GUALTIERI

___________________________

ANNO ACCADEMICO 2016/2017

(2)

Sommario Riassunto………...pag.4 Prefazione………...pag.5 Capitolo 1 Introduzione………...pag.10 1.1 Le competenze………...pag.11 1.2 Evidenze scientifiche………...pag.16 1.3 Evidenze scientifiche estere………...pag.18 1.4 La figura del tutor………....pag.24. 1.5 Evoluzione del tutor nell’ambito saniatio………...pag.26 1.6 Regolamento e normativa del tutor………...pag.27 1.7 Regolamentazione e rilascio dei crediti ECM………...pag.30 1.8 La valutazione nel campo infermieristico………...pag.31. 1.9 Obiettivi della valutazione………....pag.24

1.10 Forme di valutazione……….pag.35

1.11 I valutatori nell’organizzazione infermieristica………...pag.36 1.12 Il processo di valutazione delle performance individuali……….pag.38 1.13 La valutazione delle prestazioni………....pag.39

2 Capitolo Progetto pilota “il sistema di valutazione dei tutor clinici”………...pag.41

2.1 Stato dell’arte………....pag.41

2.2 Percorso formativo dei tutor all’interno della ex Asl 5……….pag.43 2.3 Le condizioni di partenza del progetto………...pag.43. 2.4 Outcome /Endpoint del progetto………...pag.51

2.5 Methodoly and time………..pag.51

2.6 Indicatori d imonitoraggio………...pag.55

2.7 Risorse………...pag.55

2.8 Trasferibilità del progetto……….pag.55 2.9 Manutenzione del progetto………...pag.55 2.10 Ethics/permissions………...pag.55

(3)

RIASSUNTO ANALITICO

Il progetto si pone di mettere al centro la tematica della valutazione delle

performance di una figura ancora poco valorizzata all’interno del sistema sanitario, quale il tutor clinico nel percorso formativo della laurea in infermieristica. Il tutor è un importante “fattore” di mediazione tra l’esperienza culturale e quella reale con l’obiettivo di garantire ad ogni studente una formazione personalizzata che consenta l’espressione di tutte le sue potenzialità sia sul piano umano che su quello

professionale. Pertanto un sistema di valutazione delle performance del tutor clinico si configura necessariamente per delimitare attività improprie e per garantire un’elevata qualità al tirocinio professionalizzante all’interno del percorso di studio. Inoltre, e non per ultimo come importanza, tale sistema ci consente di stimolare i professionisti coinvolti in questa rete ad implementare la formazione e il rinnovo delle competenze tecniche e relazionali al fine di trasferire le abilità manuali e relazionali in un ambito così delicato in cui il saper fare ed il saper essere sono indispensabili per costruire le competenze del futuro professionista infermiere.

(4)

PREFAZIONE

L’Obiettivo di questo di questa studio è quello di implementare un sistema di valutazione dei tutor clinici nel corso di laurea in infermieristica presenti nelle strutture ospitanti durante il tirocinio professionalizzante al fine di migliorare la consapevolezza e il senso di responsabilità di tale figura, predominante

nell’apprendimento esperienziale del futuro professionista infermiere. Per impostare il progetto sperimentale il quesito di ricerca è stato formulato attraverso il seguente interrogativo:

“Possiamo valutare le performance dei tutor clinici attraverso un modello strutturato esistente nell’azienda Usl Nordovest “?

Ipotesi: valutare le performance dei tutor clinici attraverso un modello strutturato esistente nell’azienda ULS nordovest.

Oggi la figura del tutor dovrebbe contemplare per la propria attività il possesso di alcuni requisiti specifici : motivazione, voler fare il tutor e voler imparare ad essere un buon tutor; una competenza specifica e possedere le conoscenze necessarie per sostenere il lavoro di apprendimento dello studente in relazione a precisi percorsi universitari.

Inoltre sono richieste particolari competenze didattiche, saper individuare e

focalizzare i problemi che lo studente incontra nei diversi ambiti di studio. Nonché sapersi porre come modello, non tanto per le soluzioni individuate applicate ai problemi dello studente, quanto per l’impegno costante nella ricerca delle medesime. Nella realtà si chiede al tutor di sapersi auto valutare e saper insegnare allo studente a fare altrettanto mantenendo un sano ottimismo, legato anche alla capacità di porsi obiettivi e mete raggiungibili. Responsabilità, essere in grado di incrementare i livelli di autonomia e di partecipazione alla vita universitaria, stimolando nello studente una positiva preoccupazione per il bene comune.

Il ruolo del tutor non è facile ma dalla relazione con lo studente ricava energie intellettuali, emotive ,morali e organizzative che lo sollecitano a mettersi in gioco nell’ambito di un rapporto fondato sulla reciproca fiducia, sulla stima e su una certa naturale gratitudine, giacche la qualità e l’impegno con cui il tutor svolgerà il suo ruolo rimarranno circoscritti nei confini di una relazione interpersonale con lo studente.

L’intrecciarsi delle competenze che vengono richieste al tutor possono spiegare le numerose declinazioni che la funzione di tutorato può assumere (tutor clinico, guida di tirocinio, tutor personale, counsellor, tutor d’aula…). Può infatti succedere

(5)

che il tutor svolga funzioni e attività diverse da

quelle che normalmente è chiamato a svolgere, quindi un tutor di tirocinio può divenire, per esempio, un counsellor, qualora si orienti verso la dimensione emotiva, concentrandosi sui vissuti e sulla valorizzazione dei sentimenti

del formando; oppure può trasformarsi in un coach, se focalizza la sua attenzione nelle proposte di azioni concrete attraverso cui l’individuo in formazione impara e si allena a migliorare le sue abilità professionali. La complessità della funzione tutoriale sta nella capacità del tutor di presidiare il contesto formativo.

L’importanza di tenere sempre come riferimento il contesto formativo previene il rischio, per il tutor, di sconfinare in aree non di sua competenza. La competenza, intesa in termini di conoscenze, capacità/abilità e comportamenti, messa in atto in uno specifico contesto per raggiungere un

determinato scopo, è il valore aggiunto del professionista.

La mappatura delle competenze porta a modificare il sistema in cui è inserito il professionista perché:

• valorizza l’esperienza;

• punta sulla centralità del soggetto;

• focalizza la centralità dell’apprendere nell’apprendere.

La caratteristica intrinseca, collegata alla competenza dei professionisti, è strettamente connessa alla personalità di in individuo del quale può predire il comportamento in un ampia gamma di situazioni e di atteggiamenti sul lavoro. Nel Corso di Laurea in Infermieristica, questi saperi si articolano in molteplici ambienti formativi con differenti figure che hanno come obiettivo il far raggiungere allo studente l’autonomia e la responsabilità necessarie per l’esercizio

(6)

Nello specifico il percorso formativo coniuga l’apprendimento teorico con quello clinico- assistenziale, definito tradizionalmente tirocinio, con l’obiettivo di formare professionisti con competenze adeguate all’attuale panorama sanitario.

L’apprendimento clinico riveste un ruolo fondamentale, in quanto permette allo studente di confermare nella pratica ciò che ha appreso nella teoria attraverso un processo attivo e responsabile orientato secondo mandati normativi specifici italiani ed europei.

Perfino i decreti che regolano l’organizzazione dei corsi di laurea delle professioni sanitarie riconoscono questo protagonismo del tirocinio, affidandone la supervisione e la guida a tutori professionali appositamente formati e assegnati.

Il tutor clinico è la figura individuata per affiancare, coinvolgere, sostenere lo

studente in tirocinio e promuoverne l’apprendimento esperienziale ( L. Sasso 1997). Nei contesti di tirocinio si riconoscono più figure professionali che si affiancano allo studente: il tutor clinico che si interfaccia con la sede formativa ed è responsabile del percorso e della valutazione dello studente e l’infermiere “AFFIANCATORE” (Tutor clinico: percorsi e strumenti per la valutazione A. Bertozzi e D. Montani ) che pur non avendo la nomina di tutor clinico mette a disposizione l’esperienza professionale riferendo l’eventuali lacune che lo studente può presentare durante l’esperienza, in modo che il tutor clinico abbia un più ampio scenario dell’avvenuto apprendimento clinico. La relazione educativa della tutorship clinica richiede e promuove una comprensione contestuale dell’esperienza che si sta vivendo con lo studente. In questa esperienza educativa il tutor è portato a decidere il tipo di azione più adeguata, ponendo in atto una vera e propria competenza deliberativa: scelte e prese di posizione del tutor rispetto allo studente in quel particolare processo formativo. Per tale motivo le caratteristiche peculiari dei TC e la formazione

rivestono un ruolo fondamentale nella costruzione della rete dei tutor tra l’ università e l’ azienda sanitaria. Ciò garantisce una dinamicità di competenze sempre in

evoluzione offerte in primo luogo allo studente, protagonista del percorso formativo, ma anche indirettamente alla qualità dell’assistenza. Ne deriva per il tutor una

posizione di interfaccia tra università e Azienda Sanitaria inserendosi fattivamente nella possibilità di sviluppo dell’uno e dell’altro contesto formativo (Tutor clinico tra Università e Azienda Sanitaria: ruolo o funzione per il professionista infermiere?

Chiara Pellegatta L’INFERMIERE 5-6/2010). Perché si possa arrivare a identificare

le caratteristiche del tutor si deve necessariamente tracciare la competenza di tale figura. Questo termine racchiude una vasta gamma di comportamenti, attitudini, conoscenze, motivazioni che riunite in una persona lo rendono capace di esercitare una determinata attività in uno specifico contesto operativo. Una delle caratteristiche rilevanti da monitorare nella figura del TC è la consapevolezza del suo mandato che prevede alcuni aspetti imprescindibili: CONOSCENZE, ABILITA’, VALORI e

l’insieme degli ATEGGIAMENTI.

Fallowfield Roter (1998) riferendosi alla figura di guida del tutor clinico sostiene: “Prova ad immaginare cosa si aspetta uno studente da un Tutor clinico e prova a

ricordare cosa avresti voluto avere tu da un Tutor, negli anni della tua formazione di base”. Tale affermazione ci riporta all’esperienza del tirocinio professionalizzante in

cui lo studente ha grandi aspettative di apprendimento ma che in alcuni contesti il feedback si interrompe per problematiche di vario genere, non per ultima l’incapacità

(7)

del tutor di tirare fuori le potenzialità dello studente all’interno di un contesto di apprendimento clinico.

La figura del TC viene nominata dall’università ed il sistema di qualità AVA (Autovalutazione, Valutazione periodica,Accreditamento) messo appunto

dall’ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema universitario e della ricerca) evidenzia come punto di forza la costruzione ed implementazione di un sistema di identificazione e valutazione dei tutor clinici. In relazione a questo infatti le ricadute del tutoraggio clinico sono sia sull’apprendimento del discente a cui si facilita l’apprendimento sul campo sia sul professionista chiamato ad un

aggiornamento continuo in ambito clinico e formativo. Gli obiettivi dell’ANVUR sono quelli di fornire alle università un modello documentale per l’assicurazione della Qualità, informazioni utili per sviluppare le strategie nella formazione, le informazioni al MIUR per la programmazione nazionale, le allocazioni delle risorse e non per ultimo le informazioni agli studenti sulla scelta dei corsi di studio. Tali obiettivi fanno seguito al quadro normativo italiano in cui attraverso la legge 30 dicembre 2010 n°240 introduce il sistema di accreditamento e di valutazione periodica delle università.

Nel contesto nazionale oltre alla valutazione degli atenei è attivo anche un sistema di valutazione delle performance individuali e delle organizzazioni relativo ai servizi sanitari messo in campo dall’AGENAS ( agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) attraverso il DLgs 150/2009 e che rappresenta un aspetto importante in tutte le aziende che devono rispondere attraverso i sistemi di valutazione.

Per quanto riguarda la misurazione e valutazione delle performance individuali, ricade direttamente sul personale dirigenziale e del comparto delle aziende sanitarie, viene verificato infatti il raggiungimento degli obiettivi assegnati sia delle

competenze professionali sia manageriali dimostrate attraverso strumenti equi, oggettivi, condivisi e partecipati . Tali strumenti devono ispirarsi , nelle metodologie e nelle procedure, a principi di trasparenza dei criteri e dei risultati,

dell’informazione adeguata e partecipazione del valutato anche attraverso la comunicazione e il contradditorio; oltre alla diretta conoscenza dell’attività del valutato da parte del soggetto che, in prima istanza, effettua la proposta di valutazione.

Sono in particolare, oggetto di valutazione, i comportamenti le competenze

professionali ed organizzative sviluppate dal personale; i risultati dell’attività svolta riferita ai programmi assegnati e agli obiettivi da perseguire, in relazione alle risorse umane, finanziarie e strumentali effettivamente disponibili.

Il processo di verifica e valutazione del grado di raggiungimento degli obiettivi è strumento permanente della gestione a tutti i livelli di responsabilità al fine di monitorare l’andamento della struttura con un’ analisi puntuale di tutti gli

scostamenti per apportare tempestivamente i necessari correttivi. Inoltre strumento utile per valorizzare il ruolo dei dirigenti e del personale, collegare alle prestazioni una quota parte della retribuzione e non per ultimo promuovere il miglioramento continuo della qualità delle prestazioni .

Tutto il sistema si basa sull’assegnazione degli obiettivi, per quanto riguarda il personale non dirigenziale sia quelli di gruppo che quelli individuali assegnati dovranno essere coerenti con quelli dell’unità operativa a cui il professionista appartiene. La misurazione e valutazione di tale personale, oltre alla verifica del

(8)

raggiungimento degli obiettivi, prenderà in considerazione la qualità del contributo assicurato alla performance dell’unità organizzativa di appartenenza, delle

competenze dimostrate e dei comportamenti professionali ed organizzativi posti in essere.

(9)

Capitolo 1

INTRODUZIONE

L’obiettivo della tesi si pone come punto principale di implementare la

“consapevolezza e la responsabilità del tutor clinico”, per tale motivo la rete dei tutor dovrà essere guidata e supportata spingendo gli operatori a ridurre il gap tra ciò che c’è (comportamenti e/o risultati) a ciò che può esserci. Nella formazione

infermieristica infatti notevole rilevanza riveste l’interazione tra l’insegnamento teorico e la pratica sul campo. Il tirocinio ha da sempre una valenza centrale nel curriculum infermieristico proprio perché permette la trasmissione di una cultura professionale legata ad una pratica in evoluzione e rappresenta la modalità formativa fondamentale per sviluppare le competenze professionali, il ragionamento

diagnostico e il pensiero critico.

Questo modello formativo prevede l’affiancamento dello studente ad un professionista esperto all’interno di un percorso che deve essere intenzionale progettato e condiviso. Risulta pertanto strategico e fondamentale il ruolo del tutor, definito il fulcro della formazione sul campo permettendo allo studente di finalizzare l’apprendimento teorico sviluppando le capacità gestuali, relazionali, di

pianificazione assistenziale, stimolando le riflessioni etiche deontologiche sull’agire professionale.

A tal proposito, proprio in relazione all’importanza di questa figura, nasce l’interrogativo, se valutando le performance del tutor possiamo migliorare la sua consapevolezza e responsabilità, nonché garantire l’impatto sul sistema sanitario anche in relazione ai forti cambiamenti dei contesti organizzativi odierni. La rapidità dei progressi tecnologici e scientifici, l’acquisizione di una nuova consapevolezza dei cittadini circa i loro diritti di salute, esigono competenze adeguate che possono essere garantite attraverso una formazione professionale specifica al fine di soddisfare con successo i problemi e affrontare la complessità dei bisogni assistenziali che si presentano.

Questi cambiamenti hanno fortemente condizionato le relazioni tra il sistema sanitario e quello universitario a livello nazionale, regionale e locale. Le università infatti riservano un crescente interesse sia verso il tirocinio formativo sia nei confronti delle pratiche tutoriali.

E’ qui infatti che la figura del tutor clinico entra come perno centrale nel rapporto tra Azienda sanitaria e università durante lo svolgimento di questa delicata funzione che deve in qualche modo essere soggetta ad un sistema di monitoraggio.

In questo elaborato si propone un progetto sperimentale attraverso l’utilizzo di un sistema già validato all’interno dell’azienda sanitaria sulla valutazione delle

(10)

performance infermieristiche, il quale si estenderà alla funzione di tutoraggio clinico. Gli stessi professionisti, che rappresentano una preziosa risorsa umana saranno valutati per garantire lo sviluppo del potenziale ed il conseguente investimento del capitale umano nella formazione universitaria.

1.1 Le competenze

In una figura che concorre alla formazione professionalizzante di uno studente in un ambiente così complesso è molto importante lo sviluppo di specifiche capacità che gli permettano di gestire le diverse situazioni che fanno parte del percorso di apprendimento. Il tutor deve saper sostenere, durante ad esempio l’esecuzione di procedure o quando avverte che lo studente non si sente sicuro delle sue capacità; deve essere in grado di saper osservare e di guidare quando gli studenti hanno già conoscenza teorica del problema da affrontare e occorre quindi solamente indirizzarli nell’esecuzione; devono essere capaci di dare sicurezza lavorando a fianco degli studenti per prestare aiuto nei momenti di difficoltà, per trovare le risorse necessarie e più appropriate, per fornire loro un ambiente sicuro entro il quale possano

sperimentare, imparare e accettare l’insicurezza tipica dell’ambiente clinico.Queste risultano essere così divise:

1. Competenze di base 2. Competenze trasversali

3. Competenze tecnico professionali

4. Competenze tecnico professionali trasversali strettamente collegate all’ambito sanitario

È interessante descriverle singolarmente per riuscire ad acquisire un’immagine più nitida e tangibile di questa figura ancora un po’ confusa e delle potenzialità insite in essa.

Competenze di base

Si tratta dei prerequisiti necessari per inserirsi nel mondo del lavoro e per fronteggiare in modo positivo situazioni di cambiamento. Queste sono nello

specifico: la conoscenza della lingua italiana, della lingua inglese, dell’informatica e del diritto del lavoro. Una conoscenza approfondita della lingua inglese, con

particolare riguardo alla terminologia specifica della professione, consente al tutor di utilizzare la letteratura scientifica nonché di aiutare il tirocinante nella comprensione del materiale di studio in lingua inglese che contribuisce a migliorarne la pratica clinica. Per quanto riguarda l’informatica è prevista la capacità di utilizzare strumenti informatici di base per poterli applicare all’attività lavorativa e per poter

(11)

guidare lo studente a utilizzare questi strumenti anche per raccogliere dati utili allo svolgimento della professione, sempre nell’ottica di un miglioramento della qualità delle prestazioni secondo una prospettiva basata sulle evidenze. Il tutor deve

dimostrare di saper applicare gli aspetti giuridici e deontologici della professione, di rispettare le norme di sicurezza riuscendo a riconoscere prontamente eventuali criticità presenti negli ambienti lavorativi per poter agire in caso di bisogno. Sul piano deontologico è fondamentale da parte del tutor non solo l’adozione di

comportamenti responsabili e consapevoli che rispettino sempre i diritti degli utenti e dei colleghi, ma anche la capacità di trasmettere allo studente l’importanza di un agire sempre etico in ambito sanitario. Per quanto riguarda il piano organizzativo invece il tutor deve essere in grado di chiarire in modo semplice allo studente il suo ruolo all’interno dell’organizzazione, i ruoli e le funzioni con cui si troverà a relazionarsi; questo lo aiuterà ad ambientarsi e a gestire le relazioni al meglio. Si inserisce infine nelle competenze di base la conoscenza dettagliata del curriculum di base e post-base dello studente, incluse le competenze tecnico professionali, gestuali e relazionali del tirocinante, in quanto ciò gli consentirà di adattare al meglio il progetto di tirocinio alla fase del percorso formativo in cui il discente si trova.

Competenze trasversali

Per competenze trasversali si intendono le capacità comunicative e relazionali che ogni professionista dovrebbe possedere. Queste competenze permettono l’instaurarsi di relazioni efficaci all’interno dell’ambiente lavorativo migliorando di conseguenza le prestazioni sia del singolo individuo sia di tutta l’équipe. Queste competenze vengono identificate nello specifico come competenze comunicazionali, relazionali, pedagogiche e decisionali.

Le competenze comunicazionali nella relazione con lo studente si esplicano con la messa in atto di un ascolto attivo efficace. In questo senso il tutor deve saper ascoltare i problemi, le richieste didattiche e le eventuali criticità del tirocinante, spronandolo ad esprimersi nel modo più libero. A tal scopo risulterà utile la conoscenza di quelli che sono i diversi stili comunicativi e la consapevolezza di quello da lui utilizzato riuscendo a distinguere così l’uso di una tipologia

comunicativa assertiva (che solleciterà lo studente all’espressione dei sentimenti e dei suoi punti di vista) da una passiva o aggressiva che risulterà poco producente in questo senso. Non meno importante, continuando a parlare di comunicazione, risulta essere la capacità di interpretare la comunicazione non verbale del discente, in particolare quando una corretta lettura di questi segni potrebbe permettere l’individuazione precoce di potenziali disagi.

(12)

Una delle più importanti nell’ambito delle competenze trasversali è la dimensione delle competenze relazionali. Un tutor competente deve riuscire a interagire con lo studente in modo significativo promuovendo un continuo feedback tra conoscenza ed esperienza così da adattare il proprio ruolo alla situazione senza mai perdere di vista gli obiettivi formativi generali e specifici del tirocinio. Egli deve essere prima di tutto cosciente del proprio ruolo per poter definire in modo chiaro i limiti che non devono essere superati da entrambe le parti, garantendo in questo modo l’appropriatezza sia del proprio comportamento che di quello dello studente nei suoi confronti. Altro punto da non sottovalutare è l’importanza di promuovere l’auto-indagine, per

valutare ed eventualmente modificare le proprie modalità di relazione quando queste si dimostrino poco efficaci per la formazione; inoltre è importante indurre lo studente a operare un'autovalutazione riguardante le conoscenze acquisite in base alle

esperienze fatte. È basilare infine fra le competenze relazionali di un tutor la capacità di sostenere gli studenti in difficoltà e la capacità di agire in tale situazione per individuare il modo più idoneo per eliminare i disagi.

È chiaro che in un contesto formativo risulti imprescindibile l’acquisizione di

competenze pedagogiche. La figura del tutor deve essere capace di creare un contesto di esperienza funzionale all’apprendimento dello studente. L’obiettivo del tirocinio è infatti quello di formare professionisti in grado di sviluppare competenze

intellettuali, relazionali, comunicative in parallelo con quelle tecniche tipiche dell’organizzazione in cui il tirocinante si troverà ad operare. In sanità questo significa avere a disposizione operatori in grado di agire in risposta ai bisogni delle persone in modo efficace e adeguato al ruolo che si ricopre. Da qui deriva

l’importanza da parte del tutor di fornire allo studente situazioni con un graduale aumento della responsabilità che gli permettano di mettersi alla prova promuovendo così una progressiva responsabilizzazione.

Per concludere con le competenze trasversali non devono essere dimenticate le competenze decisionali. Queste implicano che il tutor sia in grado di assumersi le proprie responsabilità all’interno dei processi decisionali. Egli deve avere la capacità di prendere decisioni e saperle giustificare sia nei confronti dello studente che nei confronti dei colleghi, dei pazienti e della sede formativa. Da qui la necessità di una particolare capacità di negoziazione che porti al dialogo con tutti i soggetti che fanno parte del percorso formativo.

Competenze tecnico-professionali

Le competenze tecnico-professionali sono le abilità pratiche che caratterizzano la figura professionale di tutor e si esplicano essenzialmente in cinque ambiti:

(13)

1. La progettazione: questa fase è il punto di partenza per la costruzione di un piano di tirocinio individuale efficace. Il tutor deve conoscere gli obiettivi formativi del tirocinio e deve indagare i reali bisogni formativi del tirocinante in modo da riuscire a personalizzare il più possibile il piano di tirocinio. Sarebbe costruttivo in questo senso che gli obiettivi venissero concordati con la sede formativa e con lo studente stesso.

2. L’organizzazione delle attività: il tutor deve essere in grado prima di tutto di creare l’ambiente sociale più idoneo per l’espletamento del tirocinio e quindi deve essere capace di informare e coinvolgere tutti gli operatori del servizio definendo con precisione quali professionisti affiancheranno il tirocinante. Secondo passo è quello di chiarire nel dettaglio con lo studente il contratto di tirocinio e quindi la durata, gli orari, i limiti delle prestazioni in autonomia, le competenze di ogni componente dell’équipe, le eventuali conseguenze di azioni intraprese dallo studente nonché le aspettative di tirocinio. Un punto importante nell’organizzazione delle attività è la capacità di selezionare quelle più significative ma sempre secondo un principio di gradualità di coinvolgimento.

3. La gestione delle risorse: saper gestire in modo efficace le risorse disponibili all’interno del servizio in cui si svolgerà il tirocinio è una competenza molto importante per far in modo che possa venirsi a creare un effettivo contesto di apprendimento. È essenziale che lo studente venga sempre valorizzato come possibile risorsa e mai come un peso da gestire all’interno dell’équipe.

4. La valutazione: spesso competenza erroneamente sottovalutata e ritenuta poco rilevante. È cruciale la capacità di valutare l’attività svolta e il processo di

apprendimento dello studente e ciò significa monitorare il percorso formativo sia da un punto di vista qualitativo (in termini di impegno) e sia quantitativo (come obiettivi raggiunti). Per questo è importante conoscere quali sono i criteri di valutazione adeguati alle diverse competenze e avere la capacità di verificare in itinere il processo di apprendimento e le capacità acquisite dal tirocinante in relazione allo sviluppo del piano di tirocinio programmato. Il tutor ha la responsabilità di valutare in modo corretto e soprattutto producente i risultati dell’apprendimento rispetto agli obiettivi prefissati e deve essere in grado, in caso di valutazioni negative, di chiarirne le motivazioni per dare modo allo studente di agire per migliorarsi. L’ambito della valutazione però non è esclusivamente rivolta all’attività del tirocinante. È

importante, in un’ottica di crescita e miglioramento, l’auto valutazione e l’etero- valutazione del ruolo di tutor e delle attività che competono in quanto tale.

5. L’innovazione: è sua competenza individuare i propri bisogni formativi tutoriali e professionali e attivarsi per soddisfarli, frequentando ad esempio dei corsi per tutor o partecipando a incontri formativi, confrontandosi con altri tutor e dando rilievo alle valutazioni degli studenti sul suo operato prendendole non come critica ma come

(14)

spinta verso la ricerca di un miglioramento continuo. Il tutor infine, qualora le condizioni lo permettano, deve saper sviluppare soluzioni creative, partecipare a gruppi di ricerca e magari proporre nuovi strumenti e progetti innovativi.

Competenze tecnico- professionali trasversali al settore sanitario

Le competenze tecnico-professionali trasversali sono le competenze comuni a tutte le professioni che operano in un determinato ambito.

Un buon tutor, nella formazione infermieristica, non perde mai di vista l’educazione sanitaria intesa come capacità di elaborare un progetto educativo, di promuovere la consapevolezza della malattia e l’importanza dell’autocura della persona. Ulteriore aspetto di primaria importanza per lo svolgimento di questo ruolo è la gestione della privacy, competenza fondamentale per chi opera in ambito sanitario. Questo significa nell’effettivo rispettare correttamente il segreto professionale e orientare il proprio comportamento alla riservatezza rispetto alle informazioni sull’utente. Il tutor deve inoltre essere preparato sulla materia del rischio clinico e della sua gestione. Deve essere capace di identificare e segnalare prontamente gli errori e le criticità, e attivare la promozione continua della sicurezza dell’utente. L’infermiere tutor clinico deve infine avere una completa padronanza degli elementi della professione a un livello che gli permetta di essere prima di tutto in grado di governare tutte le attività collegate al proprio ruolo professionale, ma anche di gestire la complessità delle situazioni in cui si potrebbe trovare a operare.

Il potenziamento sistematico di questo insieme di competenze offre al tutor la possibilità di creare un contesto formativo realmente efficace che non si limiti alla semplice trasmissione di abilità tecniche allo studente. Volendo adottare un punto di vista più pragmatico, in questo contesto egli dovrà essere in grado nello specifico di: -tenersi in stretto contatto con la sede formativa per la definizione degli obiettivi specifici di tirocinio e delle modalità di affiancamento dello studente in

collaborazione con il tutor didattico e il coordinatore; -accogliere e inserire lo studente nell’organizzazione

-condividere il contratto di tirocinio con lo studente e coinvolgerlo nella definizione degli obiettivi;

-coinvolgere i colleghi dell’unità operativa nella formazione dello studente presentando e condividendo gli obiettivi con i colleghi;

(15)

-creare le condizioni necessarie per lo svolgimento del tirocinio affinché si possano realizzare esperienze significative;

-presidiare il processo di apprendimento dello studente a garanzia del raggiungimento degli obiettivi formativi

-supportare lo studente sempre e soprattutto nei momenti di difficoltà;

-presidiare la gradualità dell’apprendimento e l’uniformità dell’esperienza tra gli studenti;

-guidare lo studente all’osservazione di ciò che accade e creare progressivamente situazioni di apprendimento concrete coerenti con gli obiettivi;

-favorire nello studente la comprensione del ruolo professionale e guidarlo nell’osservanza di comportamenti deontologici e di responsabilità;

- gestire eventuali criticità nell’apprendimento in collaborazione con il tutor didattico;

Nell’ambito dell’apprendimento il tutor clinico grazie alle sue competenze impara a gestire al meglio delle precise tipologie di attività qui brevemente schematizzate.

1.2 Evidenze scientifiche

In letteratura sono state ritrovate alcune evidenze scientifiche italiane rispetto al sistema di valutazione delle competenze tutoriali, in riferimento al tutor clinico, così come sono state ritrovati studi esteri sulla notevole importanza data a questa figura nell’apprendimento in situazione clinica e sull’importanza di costituire una rete dei tutor per far crescere tale figura sempre più strutturata nelle organizzazioni sanitarie. In Piemonte e valle d’Aosta (sono stati sperimentati strumenti costruiti dalla

declinazione dei descrittori del ruolo tutoriale ( 1 progettazione e programmazione 2 Conduzione 3 Valutazione 4 autoformazione e sviluppo) in cui si prevedeva una auto valutazione e una valutazione da parte del tutor della didattica. Il tutor compilatore deve riportare il livello di autonomia per ciascun descrittore facendo riferimento alla scala Likert dove si valuta la maggior dipendenza fino alla maggior autonomia. Successivamente confronto fra autovalutazione e valutazione. Lo studio condotto nell’ottobre del 2015 su 12 TC presso l’ospedale di Vercelli ha riportato nei risultati un livello di autonomia elevato nel rivestire il ruolo di TC con scarse differenze nei

(16)

punteggi delle auto ed etero valutazioni. L’intervista semi strutturata utilizzata

insieme alla scala di Likert nelle etero valutazioni ha dimostrato che il punto di forza è il confronto mentre il punto di debolezza è la programmazione dell’attività dello studente in base alla presenza de TC. Lo studio ha cercato di dare una risposta

concreta alla necessità di identificare e utilizzare un sistema di valutazione dei TC in riferimento alla normativa vigente riportando il limite del numero del campione coinvolto.

Nel giugno 2016 altra esperienza prodotta in valle D’Aosta e Piemonte su un

sistema di valutazione attraverso la partecipazione del coordinamento interregionale dei corsi di laurea in infermieristica delle università di Torino, del Piemonte orientale della valle D’Aosta e Cottolengo Torino in cui viene validata e sperimentata una scheda di valutazione della “funzione di tutor clinico”. Anche in questa

sperimentazione si riporta una fase di Autovalutazione e di Etero valutazione coinvolgendo 14 sedi universitarie con 600 tutor clinici e 80 tutor supervisori. La scheda sperimentata riporta in sintesi 4 funzioni relative alla figura del tutor clinico: progettazione e programmazione, conduzione, valutazione,autoformazione e

sviluppo riassumendo così quali sono le responsabilità del tutor nei confronti del ruolo assunto.

Altra esperienza italiana “Descrizione del ruolo e delle competenze percepite dai tutor clinici del Corso di Laurea in Infermieristica di Torino”Walter Cortassa1, Lorenza Garrino2, Patrizia Massariello3, Valerio Dimonte2

Studio osservazionale descrittivo a partire dal percepito dei soggetti partecipanti rispetto alle competenze possedute ed alle difficoltà incontrate nella pratica tutoriale. Per competenza intendiamo la piena capacità di analizzare, comprendere e valutare determinati problemi concreti, usufruendo delle risorse personali disponibili e delle condizioni situazionali al fine di operare delle scelte e agire di conseguenza,

congiuntamente alla capacità di mettere in moto e di coordinare le risorse interne possedute e quelle esterne disponibili per affrontare positivamente una tipologia di situazioni sfidanti. L’indagine è stata effettuata all’interno del Corso di Laurea in Infermieristica dell’Università degli Studi di Torino coinvolgendo tutti i tutor clinici, infermieri qualificati nominati con incarico annuale dal Consiglio del Corso di Laurea e scelti presso le strutture sanitarie che presentino i requisiti di qualità per lo svolgimento dell’attività didattica pratica. È richiesto ai tutor una costante

partecipazione ai moduli formativi per tutta la durata del loro incarico al fine di sviluppare le competenze previste dal ruolo. L’indagine è stata svolta in un periodo compreso tra Dicembre 2011 e Febbraio 2012. La popolazione di riferimento è costituita da 217 tutor suddivisi nelle tre sedi: Sede AOU Città della Salute e della Scienza di Torino (130), Sede TO2 (51) e Sede TO4 (36). Il questionario è stato inviato via mail ad ogni tutor dove veniva richiesta la compilazione su file e il re-invio tramite posta elettronica. Sono stati richiesti dati relativi all’ultimo tirocinio svolto dagli studenti seguiti dal tutor. L’indagine mostra che i tutor percepiscono buoni livelli di competenza con una loro discreta messa in atto, un utilizzo di varie

(17)

strategie di insegnamento e di dispositivi didattici. Il gap tra percepito e attuato riferito dai tutor è minimo in tutte le variabili, lo scarto maggiore si ha per fornire feedback e curare l’ambiente formativo. Le competenze comunicative e quelle relazionali realizzate, anche attraverso interazioni con diverse figure professionali, ottengono un buon livello di autovalutazione. Questi dati sono in linea con la letteratura, che considera le abilità relazionali e comunicative, come peculiari per la professione infermieristica, rappresentando il “core curriculum” nella formazione di ogni professionista.

Un punto debole riguarda la gestione della revisione della letteratura e la

realizzazione dello ‘studio guidato’” dove molti intervistati presentano un percepito di competenza ancora in gran parte da sviluppare. In letteratura viene sottolineato come rilevante nel ruolo tutoriale far apprendere allo studente la metodologia di approccio scientifico ai problemi assistenziali, servendosi dell’informazione on-line nelle sue diverse forme, come la ricerca bibliografica dalle sulle banche dati, il recupero di informazioni sensibili su internet e la valutazione critica dei documenti reperiti . Il tutor deve essere anche in grado di guidare lo studente in questi ambiti. Dai dati si evince che la maggior parte dei tutor che manifestano incertezze nel campo della ricerca, appartiene alla fascia degli infermieri con maggiore esperienza lavorativa, ma che hanno carenze formative relative all’utilizzo dell’informatica, all’analisi dei database o- line e all’utilizzo del computer.

1.3 Evidenze scientifiche estere

Parole chiave utilizzate:

clinical tutor assessment in nursing degree

registered nurses, attitudes, interpersonal,relationships

“Clinical education Building workplace social capital: A longitudinal study of student nurses' clinical placement experiences”

Il capitale sociale è definito popolarmente come "forma di associazione che esprime fiducia e norme di reciprocità" (Rankin, 2002 a Lauder et al., 2008). Nel passato, gli antecedenti necessari per la crescita del capitale sociale sul posto di lavoro

includevano una comunicazione efficace e una leadership positiva (Read, 2014). La nozione di capitale sociale si basa sulla connettività sociale all'interno delle comunità (Lauder et al., 2008). Le connessioni con la gente, la pratica e l'istruzione

professionale aumentano le esperienze degli studenti e, in ultima analisi, il loro successo (Taylor, 2012). In particolare, quando gli studenti sono assimilati nelle interazioni relative alla cure, l'apprendimento e il funzionamento sono ottimizzati (Egan e Jaye, 2009; Hegenbarth et al., 2015). Le organizzazioni che promuovono la condivisione delle conoscenze e l'apprendimento di una squadra si definiscono come inclusive: il personale risulta collaborativo, risolve i problemi, potenzia il

cambiamento e sono aperti al suggerimento e all'innovazione (Ortega et al., 2013). Gli investimenti fatti nei confronti della condivisione delle conoscenze e della valorizzazione dell'esperienza sono definiti strumenti dello sviluppo del capitale sociale in un contesto di lavoro (Hofmeyer, 2013). La ricerca ha dimostrato che

(18)

sviluppare processi di apprendimento della squadra in modo commensurato alla condivisione delle conoscenze possono migliorare la motivazione, il pensiero critico, l'interdipendenza dei compiti, lo sviluppo del personale, la soddisfazione del lavoro e aumentare la sicurezza del paziente (Ortega et al., 2013; Stordeur e D'Hoore, 2007; ). il capitale sociale sul posto di lavoro è associato a reti di rapporti sociali e modi condivisi di conoscenza e di apprendimento per gli studenti le connessioni e le relazioni sono molto importanti e soprattutto creare e mantenere ambienti in cui il personale dimostra comportamenti positivi è fondamentale per assicurare la soddisfazione sia del personale che dello studente (Henderson et al., 2013).

Questa situazione rappresenta una grande opportunità per gli studenti : "imparare" la pratica infermieristica diventare competente e confidente (Lamont et al. , 2015). Una leadership efficace, una buona comunicazione e relazione di fiducia,

rappresentano le caratteristiche antecedenti del capitale sociale sul lavoro (Read, 2014) contribuendo direttamente alla connettività delle persone e della pratica. “La connettività sociale” porta al senso di "appartenenza" importante fattore per la costruzione del benessere e dell’apprendimento dello studente durante l’esperienza clinica (Levett-Jones e Lathlean, 2008).

L'obiettivo di questo lavoro è quello di valutare l'impatto, in un grande ospedale nel sud-est del Queensland, attraverso la percezioni dell'apprendimento clinico dello studente, durante le esperienze del tirocinio professionalizzante in reparti chirurgici, per la durata di due settimane. Inoltre obiettivo e quello di attuare un processo di miglioramento della qualità al fine di arricchire l’esperienze di apprendimento degli studenti.

Il team di sviluppo di pratiche infermieristiche ha ulteriormente implementato il programma attraverso l'integrazione con gli studenti e, infine, promuovere le opportunità di apprendimento. È stato creato e attuato un ampio piano di

organizzazione operativa per ottimizzare l'impegno, la condivisione delle conoscenze e migliorare la connessione del personale e degli studenti nell'ambiente clinico. Il piano è basato sui tre dimensioni che riconosce i componenti fondamentali della leadership, della gestione e dei partenariati nella creazione e nel mantenimento degli ambienti di apprendimento (Henderson et al., 2011).

Il processo di miglioramento della qualità ha coinvolto, per lo sviluppo di capacità di leadership, i dirigenti delle unità cliniche (Henderson et al., 2014b);questo ha una significatività e un impatto notevole in quanto gli Studenti si sentono accettati e apprezzati come membri del team, sostenuti, tutorati e incoraggiati a contribuire attivamente nella situazione pratica (Egan e Jaye, 2009; LevettJones e Lathlean, 2008). L'indagine sulla cultura dell'apprendimento clinico degli studenti (SCLCS) è stato effettuato con un valido strumento pubblicato che misura la percezione degli studenti della cultura dell'apprendimento clinico. Il fattore principale analizzato è l'inclusione sociale, il grado in cui gli studenti sono impegnati e assimilati nelle attività cliniche, misura fondamentale della preoccupazione poiché è l'area in cui i leader possono avere un impatto significativo. Misura anche la soddisfazione degli studenti (quattro articoli, 0,67 ¼) e l'insoddisfazione dello studente (4 articoli, 0,75 ¼) e la motivazione per partecipare all'esperienza clinica .

La sperimentazione ha avuto una durata di 6 anni e malgrado le modifiche nel 2006, la scarsa differenziazione del rischio nel 2007 suggerisce che i processi di

(19)

miglioramento della qualità non hanno avuto un impatto sufficiente a spostare le percezioni degli studenti dell'ambiente di apprendimento clinico.

I risultati del 2011, 2012 indicano che le percezioni degli studenti del loro

collocamento clinico presso l'ospedale hanno portato dei miglioramenti, vale a dire quattro, cinque anni dopo, rispettivamente. L'attuazione di processi di miglioramento della qualità che contribuiscono con successo all'assimilazione degli studenti può avere un impatto importante sul coinvolgimento e l'apprendimento degli studenti che influenzano la qualità della loro pratica anche dopo la laurea. Costruire il capitale sociale sul posto di lavoro significa contribuire promuovere l'apprendimento l'uno dall'altro (studenti e infermieri) avanzando l'obiettivo comune di fornire le cure assistenziali ottimali.

“Building a mentoring network

Il mentoring è visto come un meccanismo di socializzazione per incoraggiare la crescita e l'avanzamento dell’apprendimento , è stato un concetto chiave dal momento in cui si è posta l'attenzione sullo sviluppo degli adulti negli anni '70 (Kram, 1985; Levinson 1978; Sheehy, 1976). IL Mentoring come concetto

interprofessionale è riconosciuto come mezzo per raggiungere la produttività della ricerca e il successo accademico (Byrne & Keefe, 2002; Cole et al., 2015; Conn, Porter, McDaniel, Rantz & Maas., 2005; Haddi, Lindquist , & Buckwalter, 2013) Il comitato consultivo nazionale (NAC) del programma NFS, responsabile della formazione di questo impegno nella Fondazione Robert Wood Johnson per lo sviluppo della facoltà infermieristica junior, ha visto il mentoring come mezzo per "aumentare il capitale culturale" per (Chanderbhan-Forde, Heppner, & Borman, 2012) diminuire i livelli di conflitto e di ambiguità del ruolo infermieristico (Specht, 2013) e componente chiave della costruzione dell’affermazione della scienza infermieristica.

Tale figura , come un processo multiforme, deve affrontare numerose attività che vanno dal supporto, insegnamento, incoraggiamento, consiglio, tutela, e fornitura di servizi che permettono di ottenere un semplice rapporto diadico (Martina, Mutrie, Ward & Lewis, 2014). ).

Sebbene il mentoring sia stato tradizionalmente visto come un rapporto gerarchico singolo e sostenuto durante la scuola o nei primi anni di attività, i professionisti sperano sempre di avere rapporti di varia lunghezza che si dimostrano importanti per lo sviluppo nel corso della carriera.

L'accento però è minore sull'importanza di un singolo individuo ma bensì sullo sviluppo e sulla trasformazione della rete (Chandler & Kram, 2007), pertanto, il programma NFS riflette i cambiamenti paradigmatici concettuali che si sono

(20)

verificati negli ultimi anni descrivendo Il ruolo svolto da un mentore a seconda delle competenze necessarie allo sviluppo (McBride, 2011).

A tal proposito vengono riconosciuti quattro tipologie di mentori che vengono

formati in un percorso universitario cha accompagnano la formazione infermieristica dall’ ingresso nel sistema sanitario fino all’acquisizione di competenze

specialistiche.

Tutti i mentori sono invitati a riunirsi regolarmente, e non solo su base

"necessaria", ma per creare incontri mensili con il mentore della ricerca e incontri trimestrali con il mentore nazionale per far emergere le criticità e il confronto.. Il programma nazionale di NFS ha iniziato a pianificare conferenze telefoniche subito dopo l'orientamento con i mentori nazionali in modo da avere una comprensione delle aspettative di tali professionisti, inoltre è stata fornita una relazione scritta per avere una panoramica del programma e dei risultati attesi ma soprattutto delle informazioni sull’organizzazione dei ruoli complementari mentore/infermiere. Sebbene non sia stato necessario chiedere, se i rapporti tra i mentoring si sono rivelati reciprocamente vantaggiosi, abbiamo osservato che questo è avvenuto in molte delle relazioni, poichè i mentori “più anziani” nel programma NFS sono diventati più accoglienti, alcuni sono stati in grado di ricambiare fornendo suggerimenti tecnici sulle modalità di raccolta dei dati che senza alcun volere è risultato un tentativo di “ tentativo di consulenza”.

L'efficacia di tutte le tipologie di mentoring è stata valutata utilizzando il

Questionario di Ricerca Mentorale e la Scala di Efficacia Mentorale sviluppata dal Comitato di Mentoring Ad Hoc presso la Facoltà di Nursing di Johns Hopkins (Berk, Berg, Mortimer, Walton-Moss e Yeo, 2005) .

I dati sono stati raccolti sulle percezioni dei rispettivi mentori primari che di ricerca alla fine del secondo anno e del terzo anno, ma le percezioni del mentore nazionale sono state ottenute a conclusione dell'esperienza.

La Scala di Efficacia Mentorale consiste in un questionario 12item con ogni

elemento valutato su una scala di 6 punti che vanno da 0 fortemente in disaccordo a 5 fortemente d'accordo, con la possibilità di notare che un elemento è "non

applicabile". Il punteggio totale, dunque, Potrebbero variare da 0 a 60. Le voci comprendono caratteristiche e comportamenti come "Il mio mentore è accessibile" e "Il mio mentore mi ha motivato a migliorare il mio lavoro". Uno dei dati emergenti è il tempo. Poiché il tutoraggio richiede tempo, i mentori devono trarre qualche

beneficio personale dall'esperienza per diventare pienamente impegnati e

l'opportunità per i mentori meno esperti a interagire con i mentori “Più ESPERTI” sembra essere un mix costruttivo.

(21)

Il programma NFS volutamente ha cercato di aiutare la facoltà di stimolarla

l’avanzamento dei mentori costruendo una rete che li aiuti a stabilire un programma di ricerca e negoziare con successo le decisioni che riguardano il tutoraggio. Questi sono obiettivi che le università hanno quando assumono nuove facoltà, e molti aspetti di questo programma possono essere adottati da altri, collettivamente o

separatamente, disegnando le caratteristiche di un mentore primario.

Gli studiosi non solo hanno concluso i loro anni NFS sostenuti da una serie di colleghi che possono essere introdotti nel mondo del lavoro ma hanno iniziato a costruire ulteriori connessioni con i colleghi intravedendo anche nuove opportunità di sviluppo.

“Teaching efficacy of nurses in clinical practice education: A cross-sectional study”

Gli istituti durante il corso di studi in infermieristica nel territorio della Korea danno molta importanza al lavoro pratico davanti ad un quadro clinico. In particolare, è importante coltivare una forza lavoro infermieristica capace di aiutare gli studenti a partecipare a un "lavoro realistico di cura", in cui possono applicare la loro capacità di pensiero critico in diverse situazioni cliniche (Warner e Burton, 2009). Tuttavia, gli studenti del corso di laurea in infermieristica sono ritenuti abbastanza scarsi (Bisholt, 2012), nonostante la loro formazione pratica ricevuta e i loro risultati di apprendimento nella pratica clinica (Löfmark et al., 2011). Gli studenti

infermieristici della Repubblica di Corea sono stati particolarmente identificati per avere un'esperienza insufficiente diretta dell’Assistenza infermieristica durante la formazione pratica.

Di conseguenza, le istituzioni sanitarie devono spesso investire notevolmente tempo e denaro nell'istruzione di ogni infermiera neoassunta per garantire che le loro competenze siano adeguate a livello professionale (Kwon e Seo, 2012). Ciò suggerisce che vi sia un grosso divario tra la teoria e la pratica durante il corso di studio (et al., 2013) Gli obiettivi del tirocinio sono diversi da quelli della parte teorica, con professionisti insufficienti come educatori clinici, una mancanta

competenza educativa, istruttori che rappresentano modelli di ruolo inappropriati per gli studenti di infermieristica o che hanno una insufficiente comprensione della formazione pratica clinica con l’utilizzo di metodologie inappropriate di valutazioni. I docenti di infermieristica hanno in particolare dimostrato varie limitazioni nella pratica clinica (Ad esempio, il rapporto tra professori e studenti è di circa 1:20, il

(22)

rapporto tra tutor e studenti è di circa 1: 8; Cho e Kwon, 2007). Il Consiglio di Accreditamento coreano dell'istruzione infermieristica (KABONE) richiede che i tutor clinici abbiano un diploma di laurea con un minimo di tre anni di esperienza clinica. Mentre in realtà gli infermieri tendono ad essere i supervisori primari della formazione pratica degli studenti; molti ricercatori hanno espresso che le infermiere con specifica formazione possono essere più appropriate (Song e Kim, 2013). Infatti, le evidenze suggeriscono che la conoscenza clinica, la comunicazione e le abilità tecniche degli infermieri dei reparti possono avere un impatto positivo

sull'apprendimento soggettivo degli studenti (Kelly, 2007). La partecipazione attiva dei tutor è fondamentale per l'implementazione di un'istruzione pratica che collega teoria e pratica reale (Ip e Kit Chan, 2005). Specificamente, il miglioramento della formazione pratica clinica di alta qualità richiede infermieri con competenze educative specifiche dei tutor clinici (Kim et al., 2007). I tutor clinici auspicabili possono forgiare legami tra teoria e pratica e possedere un'esperienza clinica ricca, mentre gli infermieri possiedono una fiducia personale in conseguenza della loro forte base di esperienza clinica ma le loro capacità in relazione all'insegnamento può essere meno sviluppata (Nugent et al., 1999). Infatti, la maggior parte di coloro che insegnano la pratica clinica non hanno ricevuto adeguata formazione per il ruolo di “tutor” e hanno poche opportunità di ulteriori conoscenze o esperienze nella formazione pratica clinica (Suplee et al., 2014).

Quindi, la formazione della pratica clinica deve essere migliorata attraverso lo sviluppo e l'applicazione di programmi educativi sistematici per gli infermieri che vogliono approcciarsi al ruolo di tutor clinico, . La teoria sull'autofinanziamento dell'insegnante è emersa dalle teorie cognitive di Bandura (1977) dell'apprendimento sociale. Più avanti, Ashton e Webb (1986) hanno sviluppato un modello concettuale per l'insegnante che comprende due dimensioni: l'insegnamento all’educazione e la personalità. L'educazione dell'insegnamento è definita come credenze sulla misura in cui gli insegnanti possono influenzare l'apprendimento degli studenti. Pertanto, la formazione degli insegnanti può influenzare il contenuto delle loro lezioni e dei risultati sull'apprendimento degli studenti.

Lo scopo di questo studio era quello di verificare i fattori che influenzano

l'insegnamento dell'infermiere nell'educazione pratica clinica. Gli obiettivi specifici sono i seguenti: (1) individuare le percezioni dell'infermiere dell'educazione pratica clinica; (2) comprendere le differenze nell'insegnamento e nell'impiego in base alle caratteristiche generali dei soggetti; verificare i fattori che influenzano

l'insegnamento e l'efficacia dell’apprendimento.

Il campione erano gli infermieri che lavoravano presso gli ospedali universitari situati in Città B e Città C. I criteri di inclusione erano un'infermiera che lavorava nel reparto dove gli studenti stavano frequentando il tirocinio e avevano una carriera

(23)

clinica superiore a due anni. Sono stati distribuiti questionari a 300 infermieri, di cui 290 ha risposto (tasso di ritorno 97%). Dopo aver escluso 27 questionari con risposte mancanti, nell'analisi finale sono stati inclusi complessivamente 263 infermieri. Tra i risultati troviamo un dato importante in cu gli infermieri che affiancano gli studenti nella pratica clinica tendono a provare un considerevole onere ad effettuare il tutoraggio mentre svolgono il proprio lavoro (Fulvio et al., 2015).

Essere qualificati come istruttore clinico non coincide necessariamente con essere abili nelle tecniche . Quando gli infermieri inizialmente entrano nel loro ruolo di istruttore, tendono a provare insicurezza, ansia e tensione e possono credere di non essere all’altezza a ricoprire tale ruolo (Cangelosi et al., 2009; Fulvio et al., 2015). Quindi, si rende necessario che ci siano degli orientamenti per supportare gli istruttori e i professionisti della struttura allo scopo di allineare i loro obiettivi e l’organizzazione per la pratica clinica,affinché gli infermieri possano svolgere fedelmente il ruolo del tutor/istruttore in un ambiente clinico mentre svolgono il proprio lavoro.

L'educazione è stata più elevata con l'età maggiore, la durata della carriera clinica e la posizione dell'infermiera, indicando la necessità di migliorare l'insegnamento e l'efficacia nei professionisti con un esperienza clinica <10 anni.

Un possibile metodo è un programma di sviluppo della facoltà che punta a

infermieri che fungono da istruttori di pratica clinica, attraverso l’orientamento e la formazione continua in linea con l'esperienza e la competenza professionale

dell'istruttore. Inoltre, un programma di collaborazione tra gli ospedali e le scuole infermieristiche potrebbe contribuire a creare una divisione ufficiale nei ruoli educativi tra istruttori di pratica clinica, consulenti di pratica e educatori clinici, in grado di garantire una migliore formazione specifica.

1.4 La figura del tutor

La parola Tutor deriva dal latino "tutus", participio passato del verbo "tueri" che letteralmente significa “difendere, proteggere”

La figura del tutor emerge nel panorama pedagogico fin dal Medioevo, in particolare negli ordini religiosi in quanto luoghi di detenzione del sapere in cui veniva

trasmessa l’arte della lettura e della scrittura.

Nel tempo molti sono stati gli studiosi che si sono interessati a questo argomento e diverse le definizioni che ne sono derivate.

(24)

Partendo dal mondo anglosassone, l’Oxford English Dictionary definisce il tutor come il precettore privato dei giovani della nobiltà inglese, una persona a cui sono assegnati singolarmente gli alunni per consigli personali riguardanti i progressi nello studio e nel comportamento, una persona legata a un giovane come insegnante o come guida al fine di facilitarne il percorso. Sulla base di questo modello il ruolo tutoriale ha subito una crescita esponenziale, trovando con il tempo un modello di applicazione ben definito, valido e operativo anche nel campo della formazione universitaria

1. Carl Rogers (1973) definì il tutor come un “facilitatore dell’apprendimento” e sottolineò l’importanza della creazione di un ambiente privo di minacce per non rischiare di irrigidire le difese di chi stava imparando. La conquista dell’autonomia e la realizzazione della personalità nel suo pensiero dovevano essere il fine ultimo dell’apprendimento.

Corradini (1985) mise invece l’accento sulla relazione d’aiuto che si dovrebbe instaurare tra i due soggetti, volta al raggiungimento dell’autonomia e

dell’autosufficienza.

Guillbert (1989) sottolineò in particolare la funzione del tutor di stimolare l’apprendimento, di favorirlo e di controllare il processo educativo del gruppo. Marsh (1992) e altri autori notarono come questa forma di apprendimento desse la possibilità di uscire dai contesti tradizionali favorendo il trasferimento delle abilità dall’aula al mondo reale.

Schon (1993), riteneva invece che il tutor, guidando lo studente attraverso la riflessione, lo aiutasse a sviluppare capacità di ragionamento e abilità di pensiero critico da utilizzare nel futuro esercizio professionale, spesso caratterizzato da “complessità, instabilità, incertezza, unicità e dalla presenza di conflitti di valore. Altri autori, infine, misero in risalto la possibilità di adottare con questo metodo formativo un approccio globale allo studente che gli permettesse di crescere in tutte le sue dimensioni.

Nel 2007 Quaglino è riuscito a dare una buona sintesi dei vari approcci intrapresi. Egli considera la funzione del tutoraggio come la creazione di legami tra il mondo della conoscenza e il mondo dell’esperienza. Si tratta di una relazione tra un individuo in formazione e una persona esperta che mira a promuovere lo sviluppo della riflessione sull’esperienza come attitudine mentale e modo di vivere la

professione. La riflessione porta il discente ad esprimere, a ridefinire e ristrutturare i propri valori che permetteranno così la nascita di una nuova conoscenza spendibile nell’agire quotidiano. Questo approccio 1Pedicchio, Fontana (1990) riesce a

(25)

stimolare lo sviluppo di capacità di osservazione e comprensione del proprio contesto e delle proprie modalità di lavoro.

1.5 Evoluzione del tutor nell’ambito sanitario

L'esigenza di promuovere e sviluppare le competenze dei lavoratori, necessaria in tutte le organizzazioni di lavoro, è particolarmente importante nel mondo della sanità.

La crescente complessità dei contesti organizzativi odierni, i continui progressi tecnologici e la sempre maggiore consapevolezza dei cittadini circa i loro diritti alla salute, mettono in luce la necessità di formare professionisti con competenze

adeguate alle esigenze sociali e culturali, capaci di aiutare, promuovere l’innovazione e in grado di offrire una professionalità agita, dinamica e in permanente formazione. Questi elementi, insieme agli importanti cambiamenti che hanno interessato il

panorama normativo sanitario negli ultimi anni, hanno comportato di riflesso la necessità di intervenire direttamente sulla formazione dei futuri professionisti. In ambito sanitario fare formazione significa prima di tutto essere attenti alle competenze professionali degli operatori e puntare sulla coesistenza di una formazione teorica e di una formazione tecnico pratica. Quest’ultima si realizza attraverso l’affiancamento di un principiante a un professionista esperto. Una strategia efficace in questo senso è stata quella di conferire un’importanza sempre maggiore al tirocinio formativo con il fine di ottenere una migliore efficacia operativa attraverso una conciliazione tra saperi appresi in aula e l’applicazione di questi nel lavoro.

E’ in questo contesto che emerge la figura del tutor clinico per la formazione. Il termine tirocinio in generale indica un’esperienza pratica presso un’azienda la cui durata varia nel tempo e il cui scopo è orientare e formare il tirocinante per una specifica professione. Il tirocinio nel settore dell’infermieristica rappresenta, in sinergia con la parte teorica, l’elemento formativo determinante, poiché costituisce la principale occasione per l’acquisizione delle competenze pratiche specifiche.

L’esperienza nei servizi permette allo studente di affrontare situazioni uniche e complesse che sono incomprensibili attraverso i soli approcci teorici; mediante la riflessione lo studente può fare emergere tacite comprensioni sorte attorno alle esperienze e può trovare un senso nelle situazioni caratterizzate da incertezza o unicità che si trova a sperimentare. Il tirocinio offre pertanto allo studente non solo la

(26)

possibilità di imparare a fare ma la possibilità di pensare sul fare, di approssimarsi ai problemi, di interrogarsi sui significati possibili di ciò che incontra nell’esperienza. Questo tipo di formazione, basato sul principio “imparare facendo”, risulta essere quindi un’esperienza formativa molto efficace che mette lo studente nella condizione di poter:

applicare le conoscenze apprese durante i percorsi teorici nell’ambiente lavorativo; sviluppare capacità decisionali; ampliare le capacità cognitive; acquisire competenze relazionali col paziente e con l’equipe; integrare la teoria con la pratica.

L’apprendimento avviene gradualmente e in maniera progressiva attraverso l’osservazione delle attività, la collaborazione nell’esecuzione, la partecipazione attiva fino al raggiungimento dell’autonomia nello svolgimento delle attività. Il successo dell’intero processo di apprendimento clinico è determinato dalla qualità di questa esperienza e dai modelli tutoriali e professionali di riferimento. È per questo che svolgere la funzione di tutor significa anche farsi carico di grandi responsabilità che però, d’altro canto, arricchiscono il professionista sia da un punto di vista personale che professionale. Purtroppo oggi, a causa di molteplici fattori come ad esempio la ristrettezza delle risorse e lo scarso interesse a strutturare un tirocinio con requisiti corrispondenti alle esigenze formative del singolo studente, spesso si

evidenzia una discrepanza tra ciò che viene insegnato nella teoria e ciò che viene poi svolto nella pratica clinica, con una conseguente compromissione del percorso formativo. Tutto ciò incide negativamente sulla qualità formativa dello studente, ma non solo: in una realtà sanitaria in cui la funzionalità, la competitività, l’attrattività e la sostenibilità economica delle aziende dipendono dal raggiungimento di una sempre maggiore appropriatezza e qualità dell’assistenza, le competenze dei professionisti rappresentano una risorsa centrale e determinante per le Aziende Sanitarie nel perseguimento di questi obiettivi. Proprio per questo, con l’introduzione del tutoraggio nell’ambito delle professioni sanitarie e in particolar modo di quella infermieristica, con il suo riconoscimento nel mondo universitario e con la sua valorizzazione, difficile ma sempre più necessaria ai fini della promozione di

strumenti didattici efficaci, la speranza è che si possa rispondere meglio alle esigenze di una formazione centrata sullo studente e orientata ai bisogni sanitari di una società in rapido cambiamento. La didattica tutoriale pone lo studente al centro del suo processo di apprendimento e in posizione attiva nei confronti del suo processo formativo e professionalizzante, con il fine di formare professionisti in grado di mantenere nel tempo livelli adeguati di competenze.

(27)

In Italia si comincia a parlare di “funzioni tutoriali” nell’ambito universitario nel 1980 con il Dpr n.382 in cui all’art.32 si recita “…I ricercatori universitari contribuiscono allo sviluppo della ricerca scientifica universitaria e assolvono a compiti didattici integrativi dei corsi di insegnamento ufficiali. Tra tali compiti sono comprese le esercitazioni, la collaborazione con gli studenti nelle ricerche attinenti alle tesi di laurea e la partecipazione alla sperimentazione di nuove modalità di insegnamento ed alle connesse attività tutoriali”. È nel 1990 con la Legge n.341 che questa figura emerge formalmente; all’ art. 13 viene stabilito che: <ogni università entro un anno dall’entrata in vigore di tale legge deve provvedere ad istituire con regolamento proprio il tutorato, al fine di orientare e assistere gli studenti lungo tutto il corso di studio rendendoli partecipi di tutto il processo formativo, rimuovendo gli ostacoli per una proficua frequenza dei corsi, anche attraverso iniziative rapportate alle necessità, alle attitudini e alle esigenze dei singoli>. Secondo questo modello legislativo il tutor rivestiva però ancora un ruolo puramente di counselling. L'Università di Pisa, in attuazione di tale disposizione di legge e del DM 270/2004 (Regolamento in materia di autonomia didattica degli atenei), ha emanato il suo nuovo regolamento sul tutorato il 27 maggio 2008 con l’obiettivo di promuovere <…un servizio di tutorato con il fine di orientare ed assistere gli studenti, di renderli attivamente partecipi del processo formativo, di rimuovere, per quanto di

competenza dell'istituzione universitaria, gli ostacoli ad una proficua frequenza dei corsi.> Nel regolamento viene inoltre precisato al punto 2 che <…sono i singoli consigli di corso di studio, d'intesa con la facoltà di riferimento, responsabili dell'organizzazione e del funzionamento del tutorato al proprio interno e ne

disciplinano l'attuazione con proprio regolamento in conformità con il Regolamento didattico di Ateneo>.

Nel Corso di Laurea in Infermieristica dell’Università di Pisa attualmente è stato predisposto un regolamento che prevede l’istituzione di due figure tutoriali : il tutor clinico e il tutor di simulazione. Entrambe le figure sono riferite agli infermieri presenti nelle strutture in cui gli studenti svolgono il tirocinio professionalizzante; la selezione attuata attraverso bando universitario riguarda tutte le sedi didattiche che afferiscono all’università di Pisa. Dopo l’emanazione della legge di riforma

509/1999 (Regolamento recante norme concernenti l’autonomia della didattica degli atenei) si è resa necessaria una nuova e approfondita riflessione circa la funzione tutoriale, ritenuta sempre più indispensabile per facilitare i percorsi di apprendimento e ridurre i rischi di abbandono. Inoltre si è avvertita sempre più la necessità di

avvicinare i giovani in formazione al mondo del lavoro scelto, rendendoli in tempi rapidi professionisti competenti. È in questo contesto che ha inizio l’evoluzione del tutor di tirocinio che passa da avere una funzione di semplice counsellor ad averne una educativa, di coordinamento della formazione tecnico–pratica, di contributo alla

(28)

valutazione di ciascun periodo di tirocinio fino ad arrivare alla formulazione di un giudizio finale.

La normativa che regola i Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie prevede un coordinamento delle attività di tirocinio: il Decreto Ministeriale 19 febbraio 2009 – Applicazione della L.270/04 ai Corsi di laurea delle professioni sanitarie Art.4 comma 5 recita : <L’attività formativa e di tirocinio clinico deve essere svolta con la supervisione e la guida di tutori professionali appositamente formati e assegnati ed è coordinata, con incarico triennale, da un docente appartenente allo specifico profilo professionale, in possesso della Laurea Specialistica o Magistrale della rispettiva classe. E’ compito del coordinatore garantire che gli insegnamenti tecnico-pratici siano conformi allo specifico profilo professionale, in adeguamento alle normative europee previste per gli specifici profili professionali, di concerto con il Consiglio di corso di laurea.> Negli allegati precisa ancora: <Il raggiungimento delle competenze professionali si attua attraverso una formazione teorica e pratica che includa anche l'acquisizione di competenze comportamentali e che venga conseguita nel contesto lavorativo specifico di ogni profilo, così da garantire, al termine del percorso

formativo, la piena padronanza di tutte le necessarie competenze e la loro immediata spendibilità nell'ambiente di lavoro. Particolare rilievo, come parte integrante e qualificante della formazione professionale, riveste l'attività formativa pratica e di tirocinio clinico, svolta con almeno 60 CFU con la supervisione e la guida di tutori professionali appositamente assegnati, coordinata da un docente appartenente al più elevato livello formativo previsto per ciascun specifico profilo professionale e corrispondente alle norme definite a livello europeo ove esistenti>

L’Accordo 19 aprile 2012 per la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano sull’adozione di “Linee guida in materia di tirocini” al punto 10 dell’allegato A “Tutorship” recita:

<Il soggetto promotore individua un tutor che svolge i seguenti compiti: -collabora alla stesura del progetto formativo di tirocinio

-coordina e programma il percorso di tirocinio

-monitora l’andamento del tirocinio a garanzia del rispetto di quanto previsto nel progetto e con l’obiettivo di assicurare la soddisfazione da parte del soggetto ospitante e del tirocinante

-concorre… alla redazione dell’attestazione finale

Il soggetto ospitante nomina un tutor che è responsabile dell’attuazione del piano formativo e dell’inserimento e affiancamento del tirocinante sul luogo di lavoro per tutto il periodo previsto dal progetto formativo. Il tutor deve possedere esperienze e

Riferimenti

Documenti correlati

[r]

L'Organismo indipendente di valutazione presso l'Azienda Sanitaria Locale di Potenza ha posto in essere le attività di rilevazione finalizzate al rilascio dell' attestazione

La valutazione finalizzata alla retribuzione annuale di risultato è determinata sia dal risultato della schede di budget (validato dal Nucleo di Valutazione),

• DOPO 3 MINUTI IL GENITORE SA CHE DOPO 3 MINUTI IL GENITORE SA CHE DEVE USCIRE DI NUOVO E IL BAMBINO DEVE USCIRE DI NUOVO E IL BAMBINO. RIMARRA’ SOLO PER 3 MINUTI RIMARRA’ SOLO

§ § Trauma Trauma contusivo contusivo spalla sinistra con frattura spalla sinistra con frattura moderatamente scomposta della testa. moderatamente scomposta

Egli, per rispondere in modo compiuto al quesito postogli, deve porre in evidenza stonature, incongruenze, diversità di opinioni mediche, confrontare il grado di

 Benchmark per Sever: orientate al throughput, particolarmente intensi per l’I/O e per il Sistema

Se si usa un nuovo compilatore su M2 che riduce di 1/3 il numero delle operazioni di tipo B, cosa succede alle prestazioni?.?. Quale macchina