• Non ci sono risultati.

Gli approcci terapeutici all'obesità: la chirurgia bariatrica e la valutazione pre e post trattamento.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Gli approcci terapeutici all'obesità: la chirurgia bariatrica e la valutazione pre e post trattamento."

Copied!
88
0
0

Testo completo

(1)

1 Dipartimento di Farmacia

Corso di Laurea Magistrale in Scienze della Nutrizione Umana

TESI DI LAUREA

“Gli approcci terapeutici all’obesità :

la Chirurgia Bariatrica e la valutazione nutrizionale pre e post trattamento”

Candidata Relatore

Dottoressa Marika Dantes Professoressa Maria Claudia Gargini

(2)

2

Indice

Introduzione

Capitolo 1 L’Obesità’ ... 5

1.1 Caratteristiche e criteri diagnostici ... 5

1.2 Epidemiologia ... 7

1.3 Eziopatogenesi ... 8

1.4 Complicanze e comorbidità ... 9

Capitolo 2 La valutazione del paziente obeso...13

Capitolo 3 I trattamenti dell’Obesità ...21

3.1 L’approccio multidisciplinare ...21

3.2 Strategie dirette a perdere e mantenere il peso ...22

3.3 La dietoterapia ...22

3.4 L’attivita’ fisica ...30

3.5 La terapia comportamentale ...32

3.6 Il trattamento medico ...36

3.7 La terapia farmacologica ...37

Capitolo 4 La chirurgia bariatrica...45

4.1 La storia della chirurgia bariatrica ...45

4.2 Il protocollo del paziente obeso sottoposto a chirurgia bariatrica ...47

4.3 Le tecniche chirurgiche...50

4.4 Le indicazioni specifiche per tipologia di intervento ...51

4.5 La riabilitazione nutrizionale e motoria post-operatoria è la chiave del successo nel lungo termine per ogni tipo di intervento. ...56

4.6 Educazione alimentare dopo gli interventi di chirurgia dell’obesità ...58

4.7 Efficacia della terapia adiuvante nella perdita di peso post-chirurgia bariatrica ...58

4.8 Il rapporto tra chirurgia bariatrica e attività fisica ...59

Capitolo 5 Il follow up della chirurgia bariatrica ...61

(3)

3

5.2 Il Follow up post chirurgia bariatrica restrittiva...66

5.3 Follow up post chirurgia bariatrica restrittivo-malassorbitiva ...67

5.4 Le regole alimentari nel periodo post-operatorio ...68

Capitolo 6 Gli obiettivi e risultati a lungo termine della chirurgia bariatrica ...69

6.1 Le modifiche metaboliche e comportamentali ...69

6.2 Gli effetti della chirurgia bariatrica: sul peso e sulla composizione corporea ...70

6.3 I cambiamenti del comportamento alimentare...71

6.4 Il miglioramento della qualità della vita ...72

Capitolo 7 Le caratteristiche psicopatologiche e disturbi della condotta alimentare nel paziente bariatrico ...73

7.1 L’Obesità e Disturbi del comportamento alimentare ...73

7.2 I Disturbi del compor amento alimentare e la chirurgia bariatrica ...75

7.3 Il Binge eating e night eating: una minaccia al successo della chirurgia bariatrica? ...76

7.4 Il supporto psicologico alla chirurgia bariatrica ...78 Conclusioni

(4)

4

Introduzione

Negli ultimi vent’anni si è verificato un rapido aumento del numero degli individui in sovrappeso o obesi al punto che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’obesità rappresenta uno dei maggiori problemi di salute pubblica dei nostri tempi. Il trattamento dell’obesità consta di differenti approcci sulla base della gravità del quadro e della presenza di eventuali comorbidità. Il primo approccio si basa sulla correzione degli stili di vita e, quindi, nell’introduzione di una dieta ipocalorica e personalizzata associata ad una corretta attività fisica. Successivamente, in caso di fallimento di tali strategie, si può procedere con la terapia farmacologica e, solo in ultima analisi, all’intervento chirurgico. La chirurgia bariatrica, o chirurgia dell’obesità, rappresenta attualmente il trattamento a lungo termine più efficace nella cura dell’obesità grave: oltre a una riduzione costante di peso, i benefici derivanti dall’intervento comprendono il miglioramento delle condizioni mediche correlate, l’incremento del tono dell’umore e della qualità di vita. Il team multidisciplinare è fondamentale per far fronte alla cura pre e post operatoria del paziente obeso. E’ molto importante, dopo aver subito un intervento di chirurgia bariatrica, seguire le linee guida dietetiche consigliate con l’obiettivo di limitare la quantità di cibo consumato giornalmente, fornendo pasti equilibrati che aiutano a prevenire carenze nutrizionali e preservare il tessuto muscolare. Dopo la perdita di peso dovuta a chirurgia bariatrica è necessario che vengano seguite delle procedure per tenere sotto controllo l’alimentazione. Per perdere peso, infatti, è necessario diminuire l’apporto calorico e aumentare il dispendio energetico, mentre per mantenere il peso raggiunto a lungo termine è necessario modificare le proprie abitudini di vita (a tal fine l’approccio comportamentale è indispensabile),solo l’utilizzo di tutte e tre le componenti permetterà di ottenere buoni risultati a lungo termine.

(5)

5

Capitolo 1 L’Obesità’

1.1 Caratteristiche e criteri diagnostici

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) o World Health Organization (WHO) definisce “l’obesità” come una condizione caratterizzata da una eccessiva presenza di tessuto adiposo nell’organismo umano in misura tale da indurre un aumento significativo di rischio per lo stato di salute in ambedue i sessi (1,2).

Per definire la condizione di sovrappeso-obesità viene utilizzato l’indice di

massa corporea BMI, ossia Body Mass Index, il valore numerico che si ottiene dividendo il peso (espresso in kg) per il quadrato dell’altezza (espressa in metri). L’OMS definisce quindi sovrappeso un paziente con BMI ≥ 25 e obeso un soggetto con BMI ≥ 30. Questi valori rappresentano solo degli spartiacque in quanto e chiaro che il rischio di malattie croniche aumenta progressivamente nella popolazione già con un BMI di 21.

L’obesità è uno dei problemi socio-sanitari più critici dei nostri tempi ed è chiaramente associata ad incremento di morbosità e di mortalità. E’ un fenomeno di rilevanza mondiale tanto da giustificare la nascita nella comunità scientifica del termine anglosassone di GLOBESITY. Nei paesi industrializzati l’obesità e ormai considerata alla stregua di un epidemia dilagante, è ritenuta tra le più comuni forme di malnutrizione e rappresenta un problema di dimensioni medico-sociali preoccupanti, in quanto potenzialmente causa di numerose patologie degenerative e di organo che possono determinare effetti negativi sulla qualità e sulla aspettativa di vita di un individuo. Allo stato un interesse sempre crescente è rivolto quindi ad interventi di diagnosi, cura e prevenzione dell’obesità.

L’obesità si distingue in:

 Primitiva o essenziale, le cui cause sono da imputare o ad un elevato apporto energetico o ad un basso dispendio energetico o ad entrambe

(6)

6 In relazione alla morfologia, ossia sulla base della distribuzione del tessuto adiposo, si riconoscono due tipi di obesità, classificati per mezzo del rapporto circonferenza vita/circonferenza fianchi –WHR-:

Androide (WHR >0.85): obesità centripeta, prevalentemente a carico del

tronco, con gambe sottili. Distribuzione del grasso al viso, collo, spalle e addome al di sopra dell’ombelico; aspetto “a mela”. Predispone ad una aumentata incidenza di patologie come il diabete, l’iperlipoproteinemia l’iperuricemia l’ipertensione e l’aterosclerosi.

Ginoide (WHR <0.78): distribuzione del grasso tipicamente femminile sulle

anche, natiche, cosce e addome sott’ombelicale. Aspetto “a pera” con accumulo del grasso sottocutaneo negli arti inferiori. Si associa ad una minore incidenza di malattie metaboliche (ipertensione e diabete) ma ad una maggiore incidenza di insufficienza venosa, artrosi al ginocchio e cellulite.  Mista (0.78 < WHR < 0.84): l’aspetto è molto più vicino alla forma androide,

tuttavia la distribuzione del grasso non è ben definita come nei casi precedenti. Si associa più spesso allo sviluppo delle malattie cardiovascolari (come succede per le forme androidi).

Nella classificazione dell’obesità non si deve trascurare il ruolo svolto dai fattori psicologici: è ormai risaputo che molte persone obese usano il cibo come meccanismo di difesa: prova ne è il grande mangiatore "impulsivo" che attraverso il cibo nasconde i propri sentimenti di ansia, insicurezza, depressione, solitudine e stress. Sulla base dei differenti comportamenti psicologici è possibile distinguere un’obesità:

reattiva, più frequente nell’adulto come conseguenza di un trauma emotivo

(7)

7  di sviluppo, anche questa conseguente a vicende emozionali e relazionali, ma

propria dell’età evolutiva, che si associa a iperfagia e bulimia.

L’approccio clinico al paziente obeso si basa su un’attenta anamnesi, mirata a stabilire l’età di insorgenza dell’obesità, le eventuali patologie associate, la familiarità e lo stile di vita e su una valutazione antropometrica atta a definire le caratteristiche fenotipiche del soggetto. Una volta stabilito il grado e il tipo di obesità occorre valutare le eventuali patologie associate.

1.2 Epidemiologia

Pur essendo la patria della dieta mediterranea, nel nostro Paese sono sempre più diffuse abitudini alimentari scorrette che, unite alla scarsa attività fisica, stanno portando a un aumento dei fenomeni di sovrappeso e obesità. Nel 2017, nel mondo, 821 milioni di persone (circa 1 su 9) soffrivano la fame, mentre 672 milioni (circa 1 su 8) erano obesi (1). L’incremento drammatico di queste condizioni nelle ultime 3 decadi, ha riguardato non solo i paesi più sviluppati, ma anche quelli meno sviluppati. In Italia l’obesità rappresenta un problema sanitario di crescente e pressante gravità. La percentuale di soggetti in sovrappeso e di circa il 35%, con una prevalenza del sesso maschile, mentre la percentuale di soggetti francamente obesi e di circa il 10%, con una piccola prevalenza per il sesso femminile e per le regioni meridionali. Lo si potrebbe chiamare il paradosso del Mediterraneo: nonostante il mare Nostrum abbia dato il nome alla dieta più celebre e salubre, i Paesi che vi si affacciano hanno il più altro tasso di obesità infantile. Gli ultimi dati della Childhood Obesity Surveillance initiative (2015-17) dell' Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), mostrano un incremento dell’obesità nella popolazione giovanile ed infantile, circa un ragazzo su cinque (dal 18% al 21%) è obeso.(2) Numerosi studi epidemiologici mostrano come dal 50 al 75% degli adolescenti obesi si trascinino

(8)

8 l’obesità nell’età adulta, ma la percentuale diventa l’80% se uno solo dei genitori e obeso (3-4).

1.3 Eziopatogenesi

Numerosi studi hanno dimostrato che diversi fattori interagendo tra loro sono in grado di accelerare lo sviluppo di un incremento ponderale, per cui l’eziologia dell’obesità deve essere ricercata individualmente sulla base di complesse interazioni genetiche e ambientali (3), con alterazione del bilancio energetico (prevalenza dell’introito rispetto al dispendio). Fondamentale importanza sono i fattori alimentari : l’iperalimentazione, ossia l’eccessivo introito calorico rispetto alle necessità energetiche giornaliere, costituisce la causa principale ed essenziale per lo sviluppo dell’obesità. La maggiore palatabilità degli alimenti ad alta densità energetica e la maggiore disponibilità di alimenti ad alto contenuto lipidico e glucidico hanno un ruolo determinante nell’insorgenza di questa condizione. Nondimeno, la continua ed incalzante pubblicità di alimenti ipercalorici, così come l’azione di fattori sociali (basso ceto sociale), culturali (bassa scolarizzazione) e psicologici (scarsa autostima) contribuiscono all’incremento ponderale.

Rosenbaum e Liebel (5) affermano che: "L'obesità è un fenotipo complesso che risente dell'influenza di geni, sviluppo e ambiente". L’importanza del fattore

(9)

9 genetico deriva dall’osservazione non solo dell’obesità sindromica come si verifica nella sindrome di Prader-Willi o dell’obesità da causa endocrina, ma dalla maggiore aggregazione familiare per obesità riscontrata nei figli di genitori obesi, rispetto a quelli normopeso, nei gemelli omozigoti e dizigoti, in particolari gruppi etnici quali gli Indiani Pima dell’Arizona, che mostrano una forte predisposizione per obesità e diabete, e nei bambini adottati. E’ stato dimostrato infatti che il BMI dei bambini adottati mostra una correlazione significativa con quello dei genitori naturali e soprattutto quello materno. E’ comunque difficile stabilire quanto vi sia in questa predisposizione di genetico e quanto non sia invece dovuto ad abitudini alimentari e di vita scorrette.

I meccanismi eziopatogenetici dell’obesità non sono comunque ancora completamente noti (7,8,9); in particolare non e chiaro se l’aumento di peso corporeo sia imputabile direttamente ad eccessivi apporti calorici, dovuti ad errate abitudini alimentari del gruppo familiare, o sia dovuto ad una diversa efficienza nel dispendio energetico. Secondo questa ipotesi la causa dell’obesità potrebbe risiedere in un difetto metabolico ereditario con incapacità ad adattare la spesa energetica alle variazioni degli apporti calorici. Degni di interesse nella patogenesi dell’obesità sembrano anche alcune ricerche condotte sull’ipotalamo, struttura cerebrale deputata al controllo dell’apporto calorico attraverso i due centri della sazietà e della fame. Anomalie funzionali dell’ipotalamo e/o dei fattori neuro-endocrini connessi sono stati riscontrati nei pazienti obesi.

1.4 Complicanze e comorbidità

L’obesità è considerata una vera e propria malattia cronica ed è correlata a numerosi stati morbosi che interessano diversi organi ,si parla di sindrome plurimetabolica. È ormai assodato che le comorbilità, presenti in oltre il 70% della popolazione obesa, ne peggiorano la prognosi e determinano un incremento della

(10)

10 mortalità . Si stima che l’aspettativa di vita dei gravi obesi sia da 5 a 20 anni più breve, proprio in ragione delle comorbilità associate.

Le complicanze metaboliche sono rappresentata da diabete tipo 2,

ipercolesterolemia, riduzione del colesterolo HDL, ipertrigliceridemia.Anche l’apparato cardiocircolatorio risulta compromesso dall’eccesso ponderale: nei grandi obesi di vecchia data è pressoché costante l'insufficienza cardiaca, l’ipertrofia (aumento di volume) del cuore, gli edemi e le varici agli arti inferiori. E ’frequente l’ipertensione (e in generale, circa il 60% degli obesi sono ipertesi), così come sono possibili forme più o meno precoci di aterosclerosi, con aumentato rischio futuro di infarto e ictus cerebrale. (10)

Le complicanze meccaniche si verificano a carico dell'apparato respiratorio ,i

soggetti obesi soffrono di riduzione della capacità respiratoria, dispnea da sforzo, ridotta ventilazione con riduzione dei livelli d’ossigeno. Sono anche possibili crisi notturne di apnea, la sindrome ostruttiva delle vie respiratorie, asma, aumento dei livelli di anidride carbonica in circolo. Le articolazioni degli obesi subiscono uno stress da carico e vanno incontro ad alterazioni e a malattie degenerative precoci come l'artrosi, la scoliosi, i piedi piatti, la tibia vara (gambe ad "arco"), il ginocchio valgo, lo scivolamento della testa del femore.

All’obesità si associano molto frequentemente alcune patologie che determinano una ridotta aspettativa di vita in questi soggetti e che influiscono su una peggiore qualità della vita. Tra le patologie associate ,Il carcinoma prostatico e del colon-retto si osservano soprattutto negli uomini obesi e il carcinoma dell'utero o dell'ovaio o della mammella nelle donne obese. Diversi studi hanno evidenziato una correlazione tra obesità e rischio di cancro del colon, della prostata e della colecisti. Per quanto concerne l’apparato digerente frequenti sono le ernie jatali (della bocca dello stomaco) la calcolosi della colecisti così come la steatosi epatica (accumulo di

(11)

11 grasso nelle cellule epatiche). Tra le complicanze ginecologiche ed ostetriche vengono annoverate le irregolarità del ciclo mestruale, emorragie o cicli lunghi e sovrabbondanti, nonché in seguito complicanze della gravidanza (gestosi). A livello cutaneo l’acne e smagliature sono le manifestazioni più frequenti, oltre al possibile aumento di infezioni da funghi o batteriche nelle pieghe della pelle, che sono più profonde e meno accessibili che nel soggetto normopeso(11). L’epatopatia steatosica e la colelitiasi sono frequentemente associate all’obesità e possono determinare fibrosi e necrosi epatocitaria nei casi più gravi. La steatosi è la conseguenza dell’aumentato deposito epatocitario di trigliceridi, mentre la calcolosi colecistica deriva da un incremento della sintesi e secrezione biliare di colesterolo con conseguente aumento dell’indice litogenico, associato ad una ridotta motilità colecistica. E stata dimostrata nei pazienti trattati chirurgicamente la regressione della fibrosi (12-13). Pseudo tumor cerebri: e una forte indicazione alla chirurgia bariatrica negli adolescenti, come negli adulti i sintomi migliorano diversi mesi dopo il trattamento (14). Lo spessore della plica cutanea e la pressione arteriosa sono parametri predittivi per il rischio di malattie cardiovascolari (15).

Sindrome metabolica: (iperinsulinemia, insulino-resistenza, dislipidemia) la circonferenza del girovita e il valore dei trigliceridi nei bambini (9-10 aa) sono fattori predittivi per la sindrome metabolica nei giovani adulti (18-19 aa) (16). Obesità è correlata anche a disagi psicologici: primo fra tutti la tendenza a nascondersi e a non esporsi, che si esprime in quel comportamento abitualmente definito come timidezza e che trova il suo presupposto in una diffusa e intensa sfiducia in se stessi e in un generale senso di inadeguatezza. Depressione: c’e una significativa incidenza di depressione negli adolescenti in soprappeso ed obesi (17). In un lavoro si è riscontrato una depressione di grado moderato nel 53% pei pazienti obesi: il 33% riferiva i sintomi da se, nel 45% invece erano riferiti dalla madre (18). Disturbi del comportamento alimentare: binge eating (alimentazione incontrollata) con

(12)

12 comportamenti di compenso occorre nel 5-30% degli obesi che vanno incontro al trattamento chirurgico. Sono anche presenti condizioni invalidanti ma con minor rischio di vita immediato, come le patologie osteoarticolari da sovraccarico e la steatoepatite (19-20).

(13)

13

Capitolo 2 La valutazione del paziente obeso

La storia del paziente e l’esame fisico costituiscono il punto di partenza essenziale per una mirata valutazione dell’obesità. La decisione terapeutica viene orientata in base al rapporto “rischi-benefici”.(21)

La valutazione nutrizionale per il trattamento dell’obesità deve comprendere:  Anamnesi generale;

 Anamnesi alimentare;  Esame obiettivo;

 Misura dei parametri biochimici ed ormonali;  Misura del dispendio energetico a riposo;

 Valutazione della composizione corporea (plicometria, BIA, DXA). Il follow-up del paziente con obesità richiede:

1. la valutazione all’aderenza del programma terapeutico (prescrizioni dietetiche, farmacologiche e fisico-riabilitative);

2. il monitoraggio dell’andamento delle comorbidità nei pazienti con malattie correlate all’obesità;

3. un controllo di qualità (valutazione della qualità della perdita di peso corporeo ovvero riduzione massa grassa e risparmio massa magra).

1° fase: ANAMNESI

La ricostruzione anamnestica costituisce una importante informazione, da integrare con le successive misurazioni, per individuare condizioni di sovrappeso o obesità ricorrenti; in base alla precisione con cui il soggetto risponde, si ottengono anche informazioni sulla attenzione che egli pone al problema.

(14)

14 La raccolta dell’anamnesi del soggetto obeso non differisce da quella abitualmente effettuata con pazienti affetti da altre patologie; è necessario però focalizzare l’indagine per potere identificare possibili problemi, quali:

1. Storia del peso, i fattori che possono aver contribuito allo sviluppo dell’obesità come la familiarità per l’obesità, comportamenti e stili di vita disfunzionali, malattie organiche e psichiatriche, eventi stressanti;

2. l’andamento del peso corporeo nei vari periodi della vita: alla nascita, al menarca o alla pubertà, a 20 anni, prima e dopo le gravidanze, dopo la menopausa;

3. Patologie, presenti o pregresse, comunemente associate all’eccesso di peso. Le complicanze mediche e psicologiche eventualmente presenti e in atto;

4. la risposta a trattamenti precedenti, con gli eventuali decrementi ponderali ottenuti, la durata del mantenimento e della perdita di peso;

5. i fattori che potrebbero potenzialmente controindicare l’intervento di riduzione ponderale. Abitudine al fumo, consumo di alcol, assunzione di farmaci. Atteggiamento del paziente rispetto al peso e aspettative e motivazione del paziente verso il calo ponderale.

L’anamnesi deve includere anche domande dettagliate sul comportamento alimentare e sull’attività fisica. La rilevazione delle abitudini nutrizionali presenta alcune difficoltà: specie nei soggetti obesi è estremamente difficile stimare l’esatto in take calorico perché, consciamente o inconsciamente, vi è una sottostima dell’introito di alimenti e non viene riferita con precisione l’assunzione totale di cibi e bevande. Nonostante la difficoltà di una rilevazione affidabile dell’introito calorico, è sicuramente utile la valutazione delle abitudini nutrizionali allo scopo di conoscere il numero dei pasti, la ripartizione calorica media nell’ambito dei pasti della giornata e la frequenza di assunzione settimanale dei principali alimenti. E’ dimostrato che

(15)

15

l’anamnesi nutrizionale rappresenta uno strumento educativo che consente al

paziente ed ai familiari di fissare l’attenzione sulle proprie abitudini. Nel corso del follow-up inoltre permetterà di constatare la comparsa o meno di variazioni e quindi l’efficacia dell’intervento instaurato. A tale scopo potranno essere utilizzati: il Questionario delle Frequenze Alimentari (Food Frequency Questionnaire o FFQ), il diario alimentare di 3 o 7 giorni o la storia dietetica. In tal modo sarà possibile conoscere l’in take calorico e l’in take di macronutrienti e micronutrienti. Alcune domande di base per valutare il comportamento alimentare possono essere:

 Abitudini alimentari e frequenza dei pasti : quanti pasti vengono consumati al giorno ,che cosa viene consumato,come sono le porzioni ,se il comportamento alimentare è diverso nei giorni lavorativi rispetto a quelli festivi o se si consumano spesso pasti fuori casa.

 Per quanto riguarda l’attività fisica: il numero di ore di sonno ; il tipo di lavoro effettuato ; il tempo dedicato ad attività fisiche moderate (camminare) e quello dedicato ad attività fisiche più impegnative (sport)

 Patologie, presenti o pregresse, comunemente associate all’eccesso di peso - Abitudine al fumo - Consumo di alcol - Assunzione di farmaci - Atteggiamento del paziente rispetto al peso - Aspettative e motivazione del paziente verso il calo ponderale.

Inoltre, sul versante bio-psicologico vengono indagati la percezione della fame e della sazietà, il grado di iperfagia, il rapporto con il cibo, il tono dell’umore, lo stato emotivo complessivo, il grado di egodistonia rispetto alla malattia, eventuali sintomi che possano essere correlati con disturbi del comportamento alimentare. Si raccomanda di valutare se il paziente con eccesso di peso:

(16)

16  Assume grandi quantità di cibo in poco tempo con sensazione di perdita di controllo dell’introito alimentare - Ricorre al vomito, all’assunzione di lassativi o ad altri provvedimenti simili per prevenire l’aumento di peso in occasione di episodi di assunzione incontrollata di cibo.

 Prova disgusto per se stesso e si sente colpevole e depresso dopo episodi di assunzione incontrollata di cibo - Mangia anche quando non sente una fisiologica sensazione di fame - Mangia in occasione di particolari sollecitazioni emotive - Si alza di notte per mangiare.

Valutare come il paziente vive il suo aspetto fisico. Indagare se sente di limitarsi in modo rilevante nella sua vita sociale, lavorativa e sessuale per evitare situazioni che vivrebbe con disagio a causa del suo peso.

Verificare se il paziente:

 Ha mai sofferto di episodi depressivi (eventualmente con desideri di morte o gesti autolesivi)

 Assume o ha assunto in passato psicofarmaci: neurolettici, antidepressivi, stabilizzatori del tono dell’umore ecc.

I pazienti con disordini del binge-eating, condizione caratterizzata da un introduzione abnorme di cibo in un periodo di tempo relativamente breve, possono essere identificati come individui con disturbi psicologici e comportamentali. Pertanto è importante valutare l’aspetto psicologico dei pazienti mediante il noto modello cognitivo-comportamentale (22).

Speciali attenzioni meritano tutte quelle condizioni patologiche che non solo predispongono all’obesità ma possono influenzare la risposta ad un determinato trattamento terapeutico. Se sulla base delle informazioni sopra indicate si può ipotizzare una diagnosi di disturbo del comportamento alimentare e/o di

(17)

17 depressione, associate all’eccesso di peso, si raccomanda la somministrazione di uno o due semplici test autosomministrati :

- BES (Binge Eating Scale) per la valutazione psicometrica del sintomo abbuffate compulsive: la diagnosi di Binge Eating Disorder è molto probabile se il punteggio complessivo è > 27; la presenza di sintomi di binge eating è possibile se è > 17; improbabile se è < 17

- BDI (Beck Depression Inventory) per la valutazione psicometrica della depressione dell’umore. Un punto di cutoff clinicamente significativo è 15/16: punteggi > 15 indicano la probabile presenza di sintomi depressivi. Più in dettaglio: sintomi depressivi sono probabilmente assenti se il punteggio è < 10; sono lievi se è fra 10 e 19; medi se è fra 20 e 29; gravi se il punteggio è > 30.

In questi soggetti bisognerà innanzitutto normalizzare il pattern alimentare (5).

2° fase: ESAME OBIETTIVO

Nell’ambito dell’esame obiettivo va esclusa la possibilità che l’eziologia dell’obesità sia di origine endocrina o faccia parte di una sindrome polimalformativa. I sintomi o segni clinici che devono far sospettare la presenza di un’obesità genetica o secondaria ad endocrinopatia sono: bassa statura, ritardo mentale, presenza di malformazioni, rapido incremento ponderale accompagnato da rallentamento della velocità di crescita.

La valutazione della composizione corporea ci consente di avere le informazioni necessarie, non solo per definire lo stato di salute del soggetto, ma anche per la diagnosi, la prognosi, il supporto nutrizionale e la terapia farmacologica.

(18)

18 I parametri antropometrici di base da misurare per valutare lo stato nutrizionale di un soggetto sono peso, altezza e circonferenza addominale.

1. L’indice di massa corporea o BMI

E’ il parametro ritenuto più affidabile e semplice per la valutazione dell’obesità (5). Il BMI è difatti un indicatore del rischio delle complicanze correlate all’eccesso ponderale.Il rapporto peso corporeo (espresso in chilogrammi) e statura (espressa in metri quadrati) rappresenta la formula di calcolo del BMI [kg/(m)2]. Sulla base dei risultati ottenuti da questa formula, si individuano quattro classi descrittive della Massa Corporea Totale in riferimento ad una presunta tipologia fisiologica:

1) sottopeso; 2) normopeso; 3) sovrappeso; 4) obeso, e si stima il rischio di malattia associato a tali condizioni.

La WHO ha stabilito precisi criteri di classificazione dell’obesità: un individuo è considerato in sovrappeso per un valore di BMI >25 Kg/m2 ed obeso per un valore di BMI ≥ 30 Kg/m2 (23).

L’obesità viene a sua volta classificata in:  Obesità di I ° grado 30 e 34,9 Kg/m2

(19)

19  Obesità di II ° grado 35 e 39,9 Kg/m2

 Obesità di III ° grado ≥40 Kg/m2

L’IMC, dunque, è un utile indice di sovrappeso dal punto di vista epidemiologico, ma non è sempre sufficiente per la diagnosi di Obesità che, per essere accurata, richiede la conoscenza della composizione corporea. L’Obesità è una condizione clinica in cui le riserve di massa grassa (FM) sono aumentate al punto da rappresentare un rischio per la salute. Si parla di Obesità se la FM è superiore al 25% nell’uomo o al 35% nella donna di media età. L’aumento complessivo del peso corporeo è solo un sintomo non sempre presente dell’aumento di massa grassa.

1. Successivamente è necessario misurare la circonferenza addominale.

Il valore del rapporto circonferenza vita/circonferenza fianchi (WHR, Waist/Hip ratio) fornisce informazioni sulla distribuzione del grasso a livello addominale così da poter classificare l’obesità come androide, ginoide o mista. In soggetti con BMI compreso tra 25 e 34.9 kg/m2 una circonferenza addominale superiore a 102 cm nell’uomo e 88 cm nella donna, aumenta il rischio relativo (relativo cioè al rischio di soggetti normopeso) per lo sviluppo di patologie associate all’obesità quali diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari. (24)

3° fase: VALUTAZIONE DEL RISCHIO ASSOLUTO:

In considerazione del fatto che l’Obesità rappresenta un fattore di rischio indiretto è prioritario,si ha la necessità che si indaghi la eventuale presenza di patologia cardio-vascolare e di eventuali danni in atto a carico di organi bersaglio, con un accurato

(20)

20 esame obiettivo; qualora emergessero dubbi o evidenze di patologia si deve procedere con accertamenti mirati.

I seguenti esami di laboratorio in tutti i pazienti in eccesso di peso: - Glicemia a digiuno - Profilo lipidico (colesterolo totale, HDL, trigliceridi) - Uricemia - Enzimi epatici.

Nella gestione dell’eccesso di peso, dovrebbe basare il calcolo del rischio di patologie ad esso associate, su: - Circonferenza della vita - Rischio cardiovascolare globale - Misurazione di pressione arteriosa e frequenza cardiaca - Glicemia a digiuno - Profilo lipidico (colesterolo totale, HDL, trigliceridi).

Poiché il BMI è un indice di misura che non quantifica il contenuto di grasso corporeo, per una precisa valutazione dell’eccesso ponderale è indispensabile ricorrere a metodiche strumentali come la PLICOMETRIA, la BIOIMPEDENZOMETRIA e/o la DENSITOMETRIA A DOPPIO RAGGIO X (DXA). Queste metodiche consentono con diversi gradi di precisione e accuratezza sia di stimare l’eccesso ponderale che valutare l’entità della massa magra sulla base di parametri di riferimento correlati all’età e specifici per i differenti gruppi etnici.

Il Medico Specialista impegnato direttamente nella gestione dell’eccesso di peso dovrebbe utilizzare i seguenti strumenti terapeutici:

- Dieta personalizzata

- Programma di attività fisica - Counselling sulle abitudini di vita

- Strumenti della terapia cognitivo-comportamentale - Farmaci.

(21)

21

Capitolo 3 I trattamenti dell’Obesità

Il trattamento dell’obesità è un processo a due fasi:

1. La valutazione del soggetto,che richiede la determinazione del grado di Sovrappeso e del livello di rischio per lo stato di salute.

2. La gestione del trattamento,che include sia la riduzione dell’eccesso ponderale sia la istituzione di misure alternative per il controllo dei fattori di rischio associati.

3.1 L’approccio multidisciplinare

La progressiva diffusione di sovrappeso e obesità e l’assenza di una strategia di trattamento efficace, specie nel lungo termine, costituiscono un terreno fertile per il proliferare di modelli terapeutici, più o meno ortodossi, proposti da figure professionali molto eterogenee per formazione e competenza, per non parlare dei truffatori. Il disorientamento da parte dei pazienti appare scontato e le possibili ricadute negative, specie di tipo clinico e psicologico per trattamenti condotti male, sono tutt’altro che trascurabili. Per i medici che si occupano seriamente di questa condizione clinica, risulta allora imprescindibile rendere preliminarmente trasparente il proprio modello d’intervento. L’intricata multivariata natura della patologia ha imposto la necessità di una valutazione multidisciplinare del paziente obeso candidato alla chirurgia bariatrica. Il trattamento dell’Obesità in sé e, quindi, la prevenzione e la cura causale delle sue complicanze , è rimasto invece a lungo una terra di nessuno, affidata a interventi estemporanei e a breve termine, poco o nulla fondati sul piano scientifico e, in genere,inefficaci o dannosi. Attualmente disponiamo di strumenti e metodi d’intervento (farmacologici, chirurgici, riabilitativi psico-nutrizionali) più solidi e meglio conosciuti nelle loro possibilità e nei loro limiti.

(22)

22 Tali interventi possono essere applicati in setting di cura ambulatoriali, semiresidenziali (day hospital, day surgery, centri diurni riabilitativi etc.),o residenziali. Si fa riferimento, oggi, al management multidimensionale. Le numerose discipline implicate sono: Medicina Interna, Pediatria, Metabolismo, Endocrinologia, Nutrizione, Fisiologia dell'Esercizio Fisico, Psicologia, Psichiatria. il team multidisciplinare rappresenta la strategia operativa migliore.

3.2 Strategie dirette a perdere e mantenere il peso

La perdita di peso, nei soggetti affetti da obesità morbida, può essere ottenuta mediante strategie mediche e modifiche allo stile di vita (dietoterapia, attività fisica, terapia comportamentale), associati a metodi farmacologici nei pazienti con BMI ≥ 27, oppure per mezzo di metodi chirurgici, quali gli interventi di chirurgia bariatrica. Il programma rieducativo-riabilitativo deve prevedere un intervento nutrizionale finalizzato a ottenere un adeguato calo ponderale e a ricostruire durevolmente le corrette abitudini alimentari; un programma riabilitativo motorio/funzionale finalizzato a riattivare le strutture muscolari, e la mobilità articolare, a migliorare la performance cardio-circolatoria e respiratoria, a aumentare il dispendio energetico e a aumentare il rapporto massa magra/massa grassa; Educazione terapeutica e interventi psicoterapeutici volti a correggere i comportamenti alimentari errati e allenare alla gestione e all’autocontrollo, migliorare il rapporto con il corpo e l’immagine corporea,favorire la compliance terapeutica.

3.3 La dietoterapia

Il nutrizionista e’ lo specialista impegnato direttamente nella gestione dell’eccesso di peso, deve valutare ogni suo assistito rispetto allo stato nutrizionale. La valutazione diagnostica, oltre a permettere una classificazione oggettiva del

(23)

23 sovrappeso e dell’obesità, va effettuata per curare le eventuali complicanze associate all’eccesso ponderale.

PIANO ALIMENTARE

L’obiettivo iniziale della perdita di peso dovrebbe essere quello di ridurre il peso corporeo intorno al 10% del peso iniziale. La terapia dell’obesità non è finalizzata a

portare i soggetti obesi in un range di peso corporeo normale (il cosiddetto peso ideale) ma ad aiutarli ad ottenere un decremento di peso moderato (il cosiddetto peso ragionevole) che possa essere, almeno in parte, mantenuto più a lungo (per 1 o più anni)

Il problema maggiore nella terapia dell’obesità non è la perdita di peso corporeo, ma il suo mantenimento nel tempo.

La terapia per la perdita ed il mantenimento del peso corporeo dovrebbe basarsi sulla combinazione di dieta ipocalorica, incremento dell’attività fisica e terapia

comportamentale con cambiamenti dello stile di vita.

Per indurre perdita di peso deve essere creato un deficit calorico attraverso una dieta ipocalorica rispetto al fabbisogno energetico. Molti studi dimostrarono che gli adulti obesi possono perdere circa 0,5 Kg di peso corporeo a settimana diminuendo l’introito calorico di 500 Kcal giornaliere rispetto all’introito calorico richiesto per mantenere il loro peso corporeo. La maggior parte dei trattamenti dietetici per la perdita di peso non solo sono risultati inefficaci e costosi ma pongono a rischio la salute. La dieta che salvaguardia l’integrità nutrizionale deve contenere i diversi macronutrienti (Proteine, Carboidrati e Lipidi) secondo un apporto calorico bilanciato, un introito calorico complessivo sicuro (non inferiore al valore del Dispendio energetico a riposo). Le diete devono quindi essere formulate sulla base del dispendio energetico individuale e sulla base dei parametri che quantificano l’eccesso adiposo e valutano la Massa magra (misura della composizione corporea).

(24)

24

Il Piano Alimentare,per una “dieta bilanciata”, può essere impostato sulla base del

sistema di scambio dei gruppi alimentari (ADA) che prevede la suddivisione degli alimenti in sei gruppi:

Carboidrati

I carboidrati dovrebbero rappresentare il 55% dell’energia totale della dieta, preferendo il consumo di alimenti ricchi in fibra o contenenti amidi a lento assorbimento, mentre deve essere contenuta la quota di energia derivante da zuccheri semplici.I cereali, la frutta ed i vegetali sono componenti importanti di una dieta sana e devono essere compresi nella dieta dei pazienti con obesità. Il livello di zuccheri semplici nella dieta non dovrebbe superare il 10-12% dell’energia giornaliera, favorendo il consumo degli alimenti che ne contengono naturalmente (frutta e verdure) e limitando il consumo di saccarosio aggiunto.L’indice glicemico deve essere considerato nella scelta degli alimenti da introdurre nella dieta quotidiana. In particolare gli alimenti con basso indice glicemico sono preferibili per il mantenimento del peso dopo una dieta ipocalorica(25).

Proteine

L’apporto proteico giornaliero raccomandato, nell’adulto, dovrebbe essere di 0,8 - 1,0 g/kg peso desiderabile (per peso desiderabile si intende un peso corrispondente ad un BMI di 22.5 kg/m2). Per l’età evolutiva, in analogia, ci si dovrà riferire alle raccomandazioni presenti nei LARN. Le proteine devono essere di buon valore biologico e provenire da fonti proteiche sia animali che vegetali.

Grassi

Una dieta equilibrata dovrebbe contenere una quota lipidica non superiore al 30% dell’introito calorico giornaliero con un apporto ottimale pari al 10% in MUFA, 10% PUFA, 10% ac. grassi saturi. L’apporto giornaliero di colesterolo non deve superare i

(25)

25 300 mg/die nell’adulto e 100 mg/1000 kcal (4190 kj) in tutta l’età evolutiva. L’introduzione di almeno 2 porzioni alla settimana di pesce deve essere raccomandata, poiché fornisce acidi grassi n3 polinsaturi con effetti benefici sulla prevenzione del rischio cardiovascolare. L’uso di acidi grassi trans deve essere drasticamente ridotto perché associato ad aumento del peso corporeo, della circonferenza vita e del BMI in studi di popolazione Si raccomanda di non superare i 2,5 g/die di acidi grassi trans perché in relazione ad un aumento del rischio cardiovascolare.

Fibre

Le fibre alimentari esercitano effetti di tipo funzionale e metabolico. Oltre che all’aumento del senso di sazietà e al miglioramento della funzionalità intestinale e dei disturbi ad essa associati, l’introduzione di fibra con gli alimenti riduce il rischio di importanti malattie cronico-degenerative (diabete, malattie cardiovascolari) e di alcuni tumori del tratto gastrointestinale. Nell’adulto si considera ottimale un’introduzione di almeno 30 g/die e l’aggiunta di fibre vegetali durante la restrizione calorica è risultata efficace anche per il miglioramento di parametri metabolici. Un livello di assunzione di fibra auspicabile in età pediatrica può essere calcolato nell’intervallo compreso tra il valore (in g/die) compreso tra l’età anagrafica in anni maggiorata di 5 e l’età anagrafica maggiorata di 10; in alternativa si può raccomandare un apporto di fibra pari a 0,5 g/die/kg di peso corporeo.

Inoltre l’alcol, per le sue caratteristiche metaboliche, poiché fornisce energia di pronta disponibilità, va sconsigliato nella fase di dimagramento, perché limita l’utilizzazione di altri nutrienti e non ha potere saziante. Potrà essere eventualmente re-introdotto nella cosiddetta “ dieta di mantenimento “ quando il paziente ha raggiunto il peso ritenuto adeguato e va consumato in dosi limitate e nel contesto dell’apporto calorico giornaliero prescritto. L’assunzione di bevande zuccherate è

(26)

26 sconsigliata, in quanto oltre l’apporto calorico aggiuntivo esse influenzano sfavorevolmente sia la sazietà immediata (satiety) che la “satiation” (ovvero la sensazione di sazietà a distanza, fino al pasto successivo). Il paziente va pertanto informato dei possibili effetti negativi sul peso corporeo e sul potere saziante. Il consumo delle bevande zuccherate va tenuto sotto particolare controllo in età pediatrica, dato che esse rappresentano nel bambino e nell’adolescente una fonte di calorie “vuote” particolarmente sottovalutata sia del soggetto con Sovrappeso/Obesità che dalla famiglia. L’eccessivo consumo abituale di saccarosio e altri zuccheri aggiunti può comportare incremento ponderale, insulino-resistenza e ipertrigliceridemia.

La Dieta Mediterranea ,consiste nel consumo bilanciato di alimenti ricchi di fibre, antiossidanti grazie all’abbondanza di frutta e verdura, oltre all’apporto considerevole di nutrienti minerali e vitaminici, assicura, l’assunzione di sostanze con attività antiossidante (acido ascorbico, alfa-tocoferolo, retinolo, beta-carotene) e di grassi insaturi, provengono dal consumo di pesce e dell’olio extra vergine d’oliva, che sono i principali responsabili dell’apporto di acidi grassi essenziali e di acido oleico. Offre un approccio salutare volto ad abbassare il consumo di grassi animali e di colesterolo nella dieta in un appropriato bilancio tra apporto e dispendio energetico,infatti essa ricopre un ruolo nella prevenzione del sovrappeso e dell’obesità. Il maggior livello di adesione alla Dieta Mediterranea ha effetti favorevoli anche sulla mortalità cardiovascolare, per cancro e sull’incidenza su malattie cronico-degenerative (Parkinson ed Alzheimer).(26)

La restrizione dietetica deve essere valutata in base al dispendio energetico del paziente, preferibilmente misurato (metabolismo a riposo misurato con calorimetria indiretta in condizioni standard oppure calcolato ricorrendo alle apposite formule predittive. In genere si consiglia una restrizione energetica compresa tra 500 e 1000 kcal (2095 e 4190 kj) rispetto al dispendio energetico giornaliero calcolato. Non si

(27)

27 consiglia di prescrivere a pazienti ambulatoriali diete ipocaloriche con apporto giornaliero inferiore a 1300 kcal (5447 kj) pro die. La composizione della Dieta deve rispondere ai criteri di un adeguato rapporto tra calorie di origine proteica e calorie di origine non proteica: più si riducono le calorie non proteiche maggiore deve essere l’apporto proteico della Dieta. In generale le proteine devono essere di buon valore biologico e provenire sia da fonti proteiche animali che vegetali: si consiglia un apporto di 0,8 – 1 g di proteine per kg di peso desiderabile (solo in casi eccezionali si può arrivare ad un apporto di 1,3 -1,5 g per kg di peso desiderabile). Per peso desiderabile si intende il peso corrispondente ad un indice di massa corporea di 22,5 kg/m2 calcolato per l’altezza corrispondente del paziente. Per quanto concerne le calorie non proteiche, esse devono provenire da alimenti con basso indice glicemico per quanto concerne la quota glucidica e da grassi vegetali (escluso cocco e palma) prevalentemente con finalità di condimento, preferendo l’olio extravergine di oliva. Non si consiglia di limitare l’apporto di carboidrati al disotto di 120-130 g die né di limitare i grassi al disotto di 20-25 g al dì. La scelta degli alimenti da prescrivere si orienta pertanto su scelte di alimenti prevalentemente vegetali come previsto nel modello alimentare Mediterraneo: cereali, legumi, verdure, frutta per quanto concerne i carboidrati ed una quota delle proteine della dieta, preferibilmente olio extravergine di oliva per i grassi da condimento, carni magre e pesce (almeno 2-3 volte a settimana) per le fonti proteiche animali. Va garantito un apporto regolare di latte, yogurt e qualche altro derivato del latte “magro“ per completare l’apporto proteico e soprattutto quello di calcio. Circa la distribuzione dei pasti nella giornata sembra opportuno favorire la pratica di una colazione relativamente abbondante (latte parzialmete scremato, cereali, frutta, yogurt) e di una cena “leggera “ da consumare nelle prime ore della serata. La pratica degli spuntini, soprattutto di metà mattinata e pomeriggio, non ha

(28)

28 specifiche indicazioni per la correzione dell’obesità ma va considerata in ragione di problematiche metaboliche del paziente o di specifiche preferenze individuali.

L’intervento dietetico (e riabilitativo fisico) deve quindi – soprattutto – essere

mirato alla riduzione ed al contrasto dell’insulino-resistenza sia, ovviamente, attraverso una corretta perdita di massa adiposa ma anche elaborando una dieta con composizione in macronutrienti mirata a tale finalità terapeutica: quindi una dieta a basso “carico glicemico“. Va da sé che il riferimento alle Linee Guida per una Sana Alimentazione, presenti nel nostro Paese, come in tutti i Paesi con un Sistema Sanitario avanzato, ed ispirate ai principi tradizionali della Dieta Mediterranea, rappresenta un indispensabile e non eludibile punto di riferimento. Altri tipi di formulazioni dietetiche, talora esasperate, come: dieta ipoglucidica (ipo/ normo-calorica), ipolipidica (ipo/normonormo-calorica), iperproteica etc vanno considerate con legittimo scetticismo clinico in quanto capaci di agire sulla perdita di peso (ma non specificamente sulla perdita di grasso corporeo) nel breve periodo di inizio della dieta (in genere le prime 4 settimane) ma sono di scarsa efficacia (se si considera l’esclusiva perdita di tessuto adiposo) e dubbia sicurezza sia a breve che a lungo termine.

Quindi, la Dieta ipocalorica e l’Attività fisica rappresentano la base della terapia non farmacologica dell’eccesso di grasso corporeo, cui possono essere aggiunti eventuali farmaci, se indicati, e con un’efficacia certamente potenziata dall’associazione Dieta ed esercizio muscolare.

La dieta è un atto terapeutico essenziale nel controllo del paziente sovrappeso/obeso, ma fondamentale è la modifica dello stile di vita che rappresenta l’obiettivo da perseguire.

L’uso di un diario alimentare permette una migliore valutazione delle abitudini dietetiche, inoltre tale strumento può aiutare il paziente ad identificare le sue

(29)

29 percezioni e le sue emozioni nei riguardi del cibo. I consigli dietetici debbono incoraggiare l’adozione di una dieta sana sottolineando la necessità di aumentare il consumo di cereali integrali, di frutta e verdure e di utilizzare prodotti lattiero caseari e carni a basso tenore di grassi .

E necessario ricordare che la dietoterapia del paziente obeso è uno strumento terapeutico da adattare individualmente in relazione al grado di obesità, alle condizioni cliniche e metaboliche ed è quindi diverso da un programma di educazione alimentare che può essere utilizzato in prevenzione ed in programmi di mantenimento del peso.

Il mantenimento del peso o la stabile perdita del peso sono condizionati da uno stile di vita fisicamente attivo più che dal regime alimentare inizialmente utilizzato per perdere peso. Tutti i pazienti dovrebbero comprendere che l’obesità è una malattia cronica e pertanto la gestione corretta del peso deve durare per tutta la vita rappresentando un vero e proprio esercizio di educazione alla salute.(27)

Alterazioni metaboliche del paziente obeso ed effetti della perdita di peso

La riduzione di peso migliora la glicemia e tutte le altre alterazioni metaboliche che si associano nella sindrome metabolica . Infatti, il dimagramento migliora l’insulino-sensibilità dei tessuti per cui l’insulina circolante è in grado di sopprimere l’eccessiva produzione epatica di glucosio e di incrementare la sua utilizzazione. Il calo ponderale migliora anche la pressione arteriosa: una riduzione di circa il 10% del peso corporeo iniziale abbassa i livelli di pressione sistolica e diastolica di circa 15 mmHg e il decremento della pressione correla in maniera lineare con la riduzione dell’insulino-resistenza. La dieta ipocalorica è in grado di ridurre la trigliceridemia fino al 60% dei valori iniziali. Per quanto riguarda l’effetto della perdita di peso sulle HDL, gli studi a lungo termine hanno dimostrato un aumento dei livelli di queste lipoproteine dopo calo ponderale. Va inoltre ricordato che anche i livelli di

(30)

30 colesterolo plasmatico, e in particolare di quello delle LDL (low-density lipoprotein), si riducono dopo perdita di peso, anche se in maniera meno marcata rispetto alle VLDL (very low-density lipoprotein).

3.4 L’attivita’ fisica

L’attività fisica dovrebbe essere una parte integrante della terapia per la perdita ed il mantenimento del peso. E' ormai risaputo che un'adeguata attività fisica è consigliata per le persone obese perché oltre alla perdita di peso apporta nel tempo degli adattamenti fisiologici molto importanti.(28)

Numerosi studi supportano la forte evidenza scientifica del ruolo protettivo svolto da uno stile di vita attivo verso l’incremento ponderale/ obesità. Indipendentemente dal peso corporeo, l’attività fisica comporta i seguenti vantaggi : Riduce la probabilità di malattie cardiovascolari, ipertensione e diabete di tipo 2, influenza positivamente il metabolismo dei grassi e dei carboidrati, aumentando la sensibilità all’insulina e riducendo i lipidi ematici;

Può accrescere la massa muscolare, anche quando la variazione di peso è limitata o nulla. L’attività fisica aumenta il dispendio energetico anche tramite un aumento del metabolismo basale per le modificazioni della composizione corporea a favore della massa magra.

L’attività fisica è più efficace nello stabilizzare il peso corporeo piuttosto che diminuirlo pertanto, una volta perso peso modificando la dieta, è necessario acquisire stabilità nelle abitudini quotidiane più attive. E’ importante ricordare che l’attività fisica riduce la comparsa di depressione e ansia associata al sovrappeso, che regola l’umore, migliora l'autostima, riduce lo stress, fornendo al soggetto che la pratica un senso di salute generale e di benessere. (29)

(31)

31 Un aumento dell’attività fisica è una componente importante del programma, anche se non produce, nei primi sei mesi, perdite di peso sostanzialmente maggiori: la perdita di peso dipende soprattutto dalla riduzione dell’introito calorico. Un’attività fisica sostenuta è utile invece per prevenire il recupero del peso. I soggetti con Obesità dovrebbero cominciare gli esercizi fisici lentamente e aumentare l’intensità in modo graduale. Si raccomanda la combinazione di una dieta ipocalorica e di un aumento dell'attività fisica perché si determina una perdita di peso che può anche ridurre il grasso addominale e un aumento della fitness cardio-respiratoria. Per prevenire il reincremento ponderale sono necessari almeno 200 min a settimana di attività fisica di intensità moderata.(30)

Sono particolarmente indicati allenamenti di resistenza come la camminata a passo veloce, ma anche piccoli ma non banali accorgimenti quotidiani quali il preferire le scale all’ascensore, il ridurre l’utilizzo dell’automobile per i brevi spostamenti ed il lavoro di giardinaggio o di cura della casa. In considerazione del difetto energetico correlato all’obesità, cioè alla scarsa conversione dei depositi di grasso in ATP per disfunzione mitocondriale, è evidente che il soggetto obeso è in media più stanco del normopeso, con ridotta capacità di esercizio. L’obeso si muove meno non perché pesa di più, ma perchè ha meno energia spendibile a livello muscolare. Questa importante caratteristica rende l’attività fisica una strada poco percorribile in mancanza di altri supporti terapeutici; (31)

La pratica di attività fisica è universalmente consigliata per mantenere il peso dopo aver realizzato un significativo calo ponderale e i livelli di attività fisica svolta sono spesso definiti il miglior predittore del mantenimento del peso dopo un calo ponderale significativo.(32)

Svolgere un'adeguata attività fisica dovrebbe costituire un impegno per tutta la vita. I benefici che derivano dall'essere fisicamente attivi sono indipendenti dal sesso,

(32)

32 dall'etnia o dall'età. Così facendo si corre un rischio inferiore di circa il 40% di sviluppare malattie cardiache rispetto a quelli che non si esercitano mai.

Sostituire un’ora al giorno di sedentarietà con 60 minuti di attività fisica diminuisce la mortalità per tutte le cause.

Come tale, è consigliabile che il soggetto sia seguito da un equipe multidisciplinare tra cui chirurgo bariatrico, endocrinologo, nutrizionista e da un professionista delle scienze motorie, perché la creazione di un programma motorio adatto aumenta la probabilità che si verifichi con maggior successo la ricerca di uno stile di vita sano e attivo.(33)

3.5 La terapia comportamentale

L'obiettivo tradizionale del trattamento dell'Obesità deve contemplare non solo il controllo dei fattori di rischio per morbosità e mortalità, ma deve anche ridurre le sofferenze mentali e soprattutto migliorare l'autostima.

Per Terapia cognitivo-comportamentale si intendono tutte quelle strategie utilizzate per modificare convinzioni e comportamenti che ostacolano la perdita e il mantenimento di peso, infatti il comportamento alimentare è influenzato profondamente da fattori cognitivi, emozionali ed ambientali e che esso può essere modificato attraverso l’apprendimento. Strategie basate sui principi dell’apprendimento, come il rinforzo, offrono strumenti per vincere le resistenze alla dieta e all’attività fisica e migliorano la compliance nei confronti di programmi di perdita di peso e di mantenimento per evitare un eventuale ricaduta.

La Terapia cognitivo-comportamentale: include la possibilità di acquisire capacità nell’ambito dell’autocontrollo, del controllo degli impulsi e della ristrutturazione cognitiva. Al paziente è richiesto di mantenere un diario alimentare in cui riportare tutti gli alimenti e le bevande consumate durante la giornata. Tecniche di controllo degli stimoli aiutano il paziente obeso a gestire i triggers correlati in gran parte al

(33)

33 fenomeno dell’emotional eating, esercizi come il limitare il pasto ad un solo ambiente della casa o l’evitare di assumere cibo durante lo svolgimento di altre attività contribuiscono ad una ristrutturazione cognitiva che riporta l’atto dell’alimentarsi ad una sfera cosciente, basandosi sulla teoria che il pensiero è in grado di controllare il comportamento di una persona.

Alcune tecniche come l'auto-monitoraggio, l’auto-rinforzo, il controllo degli stimoli, il supporto sociale, la ristrutturazione cognitiva ed alcune strategie per il mantenimento del peso dovrebbero essere incluse in ogni programma di trattamento dell'Obesità. Le tecniche comportamentali giudicate utili nella terapia di un soggetto obeso sono:

- Diario alimentare - Educazione nutrizionale - Gestione degli stimoli

- Gestione delle situazioni a rischio.

- Analisi della motivazione al cambiamento - Prevenzione delle ricadute

- Addestramento al problem solving.

Innanzitutto bisogna valutare se il soggetto è pronto a perdere peso e se ha delle motivazioni adeguate. A questo scopo si può utilizzare la tecnica chiamata "bilancio decisionale" che aiuta il soggetto a confrontare i benefici e i costi percepiti nell'intraprendere un cambiamento comportamentale. L'auto-monitoraggio dell'assunzione di cibo, che rappresenta la tecnica basilare del Modello Cognitivo-Comportamentale, è effettuato registrando su un diario la quantità e la qualità del cibo assunto, l'ora, il luogo e le circostanze (ambientali, interpersonali ed emotive) che hanno influenzato il comportamento alimentare.

L’educazione terapeutica costituisce un momento indispensabile nella gestione del paziente cronico. Il suo scopo è quello di implementare le conoscenze sulla malattia

(34)

34 e informare sulla sua gestione pratica,di modificare i comportamenti e gli aspetti psicologici correlati con la malattia stessa e quindi contribuire a migliorare la qualità della vita. L’educazione terapeutica dell’obesità va garantita, all’interno del team, da parte delle diverse figure professionali (medico, infermiere, nutrizionista, educatore sociosanitario, psichiatra, psicologo, laureato in scienze motorie) specificamente qualificate sulla base di una formazione professionale continua all’attività educativa. La motivazione è fondamentale per ottenere l’aderenza terapeutica e una perdita stabile di peso.

Inoltre l’alleanza terapeutica ha ampiamente mostrato la propria efficacia nel campo della gestione delle malattie croniche. Essa deve essere basata su fiducia e sostegno dei curanti,solo così il paziente potrà ritrovare la motivazione ed accettare il cambiamento dello stile di vita e le esigenze del trattamento.

Il raggiungimento degli obiettivi terapeutici nella gestione della malattia cronica richiede l’acquisizione di comportamenti adeguati relativi allo stile di vita ed alla terapia farmacologica; il paziente può comportarsi nel modo più vantaggioso soltanto se riesce a fare proprie delle competenze gestionali complesse, che non possono essere trasmesse soltanto con l’atto della prescrizione. L’aderenza terapeutica, si attua solo con il coinvolgimento attivo del paziente nelle decisioni terapeutiche.

La motivazione al cambiamento può passare attraverso diverse fasi anche più volte, prima del raggiungimento di un cambiamento stabile da parte del paziente. Le fasi del cambiamento sono rappresentate dalla meditazione (il soggetto è consapevole del problema, a volte accetta il cambiamento, talora lo rifiuta), dalla determinazione (fase limitata nel tempo in cui può comparire la decisione di cambiare), dall’azione (inizia il cambiamento, ma il cammino è costellato da passi indietro), dal mantenimento (con un lavoro attivo di consolidamento e prevenzione delle

(35)

35 ricadute) ed infine dalla ricaduta (se non si ha l’uscita permanente dal problema, può comparire una ricaduta che da avvio ad un nuovo processo). Altrettanto importante è che il clinico sappia rinforzare la prontezza-motivazionale nel paziente durante le diverse fasi del percorso, in modo tale da migliorare l’aderenza dello stesso al progetto di cura, e l’attuazione di quest’ultimo. Il cambiamento permanente dello stile di vita può essere raggiunto con tecniche di derivazione cognitivo-comportamentale che aiutino il paziente a compiere le scelte su base quotidiana, rinforzando la volontà di proseguire nel percorso intrapreso, cercando al tempo stesso di far mettere in relazione i sentimenti che precedono, accompagnano e seguono l’assunzione del cibo e l’esecuzione dell’attività fisica, con la qualità della performance che il paziente si è proposto di raggiungere. Anche queste abilità comportamentali vanno rinforzate nel tempo affinché non si perda quella tensione emotiva positiva che si è venuta a creare. In altre parole si deve aiutare il paziente ad allontanare da sé i pensieri disfunzionali che impediscono di raggiungere un adeguato livello di assertività.

Il Problem Solving rappresenta uno degli strumenti di educazione terapeutica che consente di dotare il paziente delle necessarie capacità di gestione del proprio comportamento. Imparare a fronteggiare e gestire autonomamente gli stimoli provenienti dall’esterno, come pure i pensieri e le emozioni personali, è di fondamentale importanza nel corso del processo terapeutico della perdita di peso. Infatti il comportamento alimentare e l’attitudine alla sedentarietà dei pazienti obesi sono spesso fortemente improntati da elementi di tipo psicologico sia contingenti che stabili (di personalità). Il problem solving si pone quindi come una metodologia di autoanalisi obiettiva che il paziente può attuare nei confronti delle proprie attitudini verso il cibo e della propria tendenza alla perdita di controllo. Dall’applicazione di una tale metodologia il paziente può acquisire la capacità di auto-osservazione e autocritica onde riconoscere e fronteggiare situazioni a rischio,

(36)

36 imparando così a gestire il proprio comportamento alimentare ed il proprio stile di vita in generale. Una volta che il paziente ha imparato a riconoscere l’ostacolo potrà infatti scegliere la soluzione più adeguata ed attuabile per superarlo e rimanere aderente al proprio percorso di cura.

Infine l’ empowerment, un processo dell’azione sociale attraverso il quale i pazienti acquisiscono competenza sulle proprie vite, al fine di cambiare il proprio ambiente sociale per migliorare l’equità e la qualità di vita e permette di raggiungere gli obiettivi. Il paziente diviene consapevole di essere efficace nel cambiare gli eventi della propria vita, di implementare l’autostima e di interpretare gli insuccessi anche come momenti di apprendimento. Attraverso questi presupposti cambia anche il ruolo del curante che diventa una figura di accompagnamento del paziente, per condividere le decisioni, stimolare l’autonomia, e il senso di responsabilità, individuare i bisogni e favorire la crescita personale.(34)

3.6 Il trattamento medico

Scopo della terapia dell’obesità e quello di ridurre l’eccedenza di ponderale e di mantenere nel tempo il risultato ottenuto, evitando il recupero del peso perso. I cardini su cui poggia il trattamento dell’obesità essenziale sono rappresentati dal trattamento dietetico, dalla terapia comportamentale e dall’incremento dell’attività fisica(35). La terapia farmacologica, occupa attualmente un ruolo solo marginale e va generalmente proscritta per i gravi e dannosi effetti collaterali che possono derivare dall’uso di particolari sostanze come gli anoressizzanti o come i farmaci che stimolano il senso della sazietà o la termogenesi. L’unica indicazione ad un trattamento con ormoni tiroidei e quello della terapia sostitutiva nell’ipotiroidismo del bambino. Anche alcune sostanze rappresentate da inibitori degli enzimi digestivi possono causare gravi danni all’apparato gastroenterico.

(37)

37 Nei pazienti fortemente sovrappeso od obesi in cui sono falliti i trattamenti convenzionali non chirurgici e che hanno patologie associate che possono determinare rischio per la vita, la chirurgia bariatrica può essere considerata l’unica alternativa valida per ottenere un peso salutare e per evitare i devastanti effetti psicologici e fisici dell’obesità (36).

3.7 La terapia farmacologica

La farmacoterapia associata alle modifiche dello stile di vita costituisce il nucleo delle attuali strategie per ridurre il carico di questa malattia e le sue sequele. Il trattamento farmacologico dovrebbe essere preso in considerazione solo dopo che è stata valutata l’efficacia della dieta, dell’esercizio fisico e, dove indicato, della terapia cognitivo-comportamentale e tali approcci terapeutici si siano dimostrati inefficaci o nell’indurre perdita di peso o nel mantenimento del peso perso. Non solo può essere indicato al fine di mantenere la perdita di peso, piuttosto che per indurre un’ulteriore perdita del peso. Oltre a ciò, la terapia farmacologica è in grado di migliorare il profilo metabolico del paziente obeso affetto da complicanze. Non ultimo, il ruolo dei farmaci nella terapia dell’obesità va inteso anche come un aiuto nel favorire l’adesione, da parte del paziente, all’approccio terapeutico globale. L'obiettivo è utilizzare regimi farmacologici in combinazione con migliori abitudini alimentari e attività fisica per ottenere una riduzione significativa e sostenibile del peso corporeo. La terapia farmacologica è indicata solo in soggetti con indice di massa corporea (body mass index, BMI) ≥ 30 kg/m2 o in soggetti con BMI ≥ 27 in presenza di altre comorbosità (ipertensione arteriosa, diabete tipo 2, dislipidemia o apnea ostruttiva).(37)

La storia dei composti antiobesità è ricca di insuccessi. Più recentemente, nel gennaio del 2010 l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha raccomandato la sospensione dell’immissione in commercio dei medicinali a base di sibutramina, un

(38)

38 potente inibitore della ricaptazione di serotonina e noradrenalina, che favoriva il senso di sazietà. La sospensione si è resa necessaria a causa degli effetti collaterali cardiovascolari, emersi durante lo studio Sibutramine Cardiovascular Outcomes (SCOUT).(38)

Altro esempio recente è rappresentato da rimonabant, un antagonista dei recettori dei cannabinoidi di tipo 1 (CB1), localizzati sia nel sistema nervoso centrale che negli adipociti e coinvolti nella stimolazione dell’appetito. L’aumentato tasso di gravi disturbi psichiatrici (tendenza suicida ed epilessia) emersi durante gli studi successivi alla registrazione, così come l’efficacia limitata riscontrata nella normale pratica clinica, ne hanno determinato il ritiro dal commercio nel 2008.(39)

I farmaci per l'obesità attualmente disponibili hanno tre meccanismi d'azione: riduzione dell'assorbimento dei nutrienti, riduzione dell'assunzione del cibo (anoressanti), aumento del dispendio energetico ("effetto metabolico"). Le opzioni farmacologiche attualmente disponibili in commercio hanno un buon profilo di sicurezza ed efficacia.

Per le agenzie di regolamentazione come la Food and Drug Administration (FDA) statunitense, la prudenza è fondamentale. L'efficacia deve andare di pari passo con la sicurezza. La popolazione obesa è eterogenea, con variazioni nel grado e nella durata di sovrappeso, età e comorbidità associate. Un farmaco dimagrante deve essere compatibile con il profilo di un singolo paziente obeso per essere veramente significativo in termini di efficacia, sicurezza e durata. Questi requisiti necessari ma esigenti hanno portato a opzioni farmacoterapeutiche molto limitate. A settembre 2013, solo tre farmaci sono stati approvati dalla FDA come terapia aggiuntiva per la gestione cronica del peso: orlistat (Alli®, GlaxoSmithKline, Xenical®, Roche), approvato nel 1999; lorcaserin(Belviq®, Arena Pharmaceuticals), approvato nel 2012; e phentermine / topiramate extended-release (Qsymia®, Vivus), approvato

Riferimenti

Documenti correlati

• Tuberculosis is a concern in patients receiving anti-TNF therapy as these individuals have a higher incidence of disseminated and extrapulmonary tuberculosis despite

In particular, said widened third recess 36* is formed through a second Sub-portion of the first portion of the second cap layer 24 that extends in the first region 27 and

banchiere centrale e la risposta che darò è che, anche nel caso che sia valida la teoria monetarista con aspettative razionali, questo comporta- mento è comprensibile

Il presente stu- dio ha lo scopo di confrontare retrospettivamente gli effetti a un anno della CB (bypass gastrico, BPG, e gastrectomia ver- ticale, GV) rispetto al trattamento

Nella fase di programmazione di una gravidanza alla donna diabetica di tipo 2 con obesità e ipertensione viene forte- mente raccomandata la riduzione del peso corporeo che comporta,

Tuttavia, anche in caso di successo in termini di calo ponderale e remissione delle comorbilità, i pazienti sottoposti a chirurgia bariatrica devono essere inseriti in un

Negli ultimi anni altri studi clinici hanno dimostrato i benefici a lungo termine della terapia chirurgica, non solo in relazione al controllo metabolico della malattia diabetica,

Inoltre, gli effetti della chirurgia bariatrica sul diabete sono legati al miglioramento sia della sensibilità sia della secrezione insulinica e potrebbero variare in base alla