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Sviluppo di metodologie progettuali per sistemi di produzione dell'energia termica da fonte solare

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

S

CUOLA DI

I

NGEGNERIA

TESI DI LAUREA MAGISTRALE IN

INGEGNERIA ENERGETICA

Sviluppo di metodologie progettuali per sistemi di

produzione dell’energia termica da fonte solare

Relatore: Candidato:

Prof. Alessandro Franco Giacomo Bertola

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Abstract

Oggetto di questa trattazione è lo studio della fonte solare, attraverso l’analisi dei dati raccolti nel corso dell’estate 2018, e la descrizione delle architetture di sistema che utilizzano questa risorsa per la produzione di energia termica: gli impianti solari termici.

I criteri utilizzati per la progettazione di impianti solari termici sono abbastanza elementari e si basano su:

- considerazioni generiche riguardo la fonte solare, che spesso viene ridotta ad un dato normativo (per Pisa l’energia solare annua corrisponde a 1500 kWh/m2 anno);

- considerazioni puramente economiche che portano nella maggior parte dei casi a considerare determinante la presenza di incentivi;

- valutazioni tecniche ed economiche molto semplificate e poco sensibili a variazioni di ordine tecnologico e dimensionale (come avviene invece per altri settori energetici quali turbogas, boiler, impianti eolici, ecc.).

Fatte queste premesse, il risultato di tale metodologia progettuale risulta piuttosto semplificato. Soprattutto nel caso di sistemi in cui è richiesta integrazione fossile si arriva a soluzioni di compromesso (percentuale di copertura del carico termico) poco convenienti. In questo lavoro, ritenendo il campo della produzione di energia termica da fonte rinnovabile assai rilevante ai fini di un contenimento complessivo degli usi dell’energia e soprattutto delle riduzioni delle degradazioni, si vorrebbe tentare di sviluppare una metodologia progettuale completa che tenga conto di tutte le variabili del problema (fonte solare, architettura del sistema, vincoli progettuali, tipo e distribuzione del carico, criteri progettuali e criteri di ottimizzazione). Per questo, si è proceduto ad un’analisi di tutti gli elementi definiti sopra, compresi tutti gli aspetti economici relativi. Il punto chiave della metodologia consiste nella messa a punto di un criterio di ottimo termo-economico semplificato, che consideri, nella sua struttura, la presenza di un valore economico delle irreversibilità prodotte dal sistema in esame.

Attraverso l’analisi svolta, vedremo come ogni caso risulti un elemento unico che necessita di una soluzione propria, ma nonostante questo, nella maggior parte dei casi, si arrivi ad incentivare la produzione da solare. L’analisi proposta si tradurrà quindi nella definizione di un sistema di incentivazioni basate sull’effettivo funzionamento dell’impianto, che analizzeremo per confronto con quello attuale (Conto Termico).

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Indice

Introduzione 6

1. Analisi sperimentale e metodologie di classificazione dati 10

1.1. Strumento di misura 11

1.2. Metodologi e di classificazione dati: clustering 15

1.3. Criteri di aggregazione e cluster risultanti 16

1.3.1. Cluster della radiazione solare 19

1.3.2. Cluster dell’energia solare 21

1.3.3. Cluster della temperatura ambiente 23

1.4. Conclusioni clustering 25

2. Impianti solari termici: componentistica e configurazioni di sistema 26

2.1. Componentistica degli impianti solari termici 27

2.2. Architetture di sistema degli impianti solari termici 31

2.2.1. Schemi impiantistici principali 32

2.2.2. Altri schemi impiantistici 36

3. Metodologie progettuali convenzionali per gli impianti solari termici 39

3.1. Classificazione 40

3.2. Metodologie semplici 41

3.2.1. Approcci tecnici semplificati 41

3.2.2. Dimensionamento di massima 42

3.3. Metodologie di medio livello 43

3.3.1. Approcci a correlazione empirica 43

3.3.2. Approcci analitici 47

3.3.3. Approcci “one-repetitive day” 51

4. Ottimizzazione ingegneristica 54

4.1. Formulazione analitica dell’ottimizzazione 55

4.2. Funzione utilità 57

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5

4.3.1. Analisi tecno-economica 58

4.3.2. Analisi termo-economica 59

5. Metodologia per l’ottimizzazione termo-economica degli

impianti solari termici 60

5.1. Descrizione del modello 60

5.2. Costruzione della funzione utilità 65

5.3. Definizione dei parametri e impostazione del calcolo 69

6. Applicazione della metodologia 74

6.1. Casto studio 1 75

6.2. Caso studio 2 78

6.3. Caso studio 3 81

6.4. Analisi dei risultati 85

6.5. Funzionamento estivo 89

Conclusioni 95

Sistema di incentivazioni alternativo 96

Nomenclatura 99

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6

Introduzione

L’uso dell’energia solare per la produzione di energia termica a medio-bassa temperatura è uno degli elementi che sta alla base del concetto di risparmio energetico. I campi di applicazione in cui gli impianti solari hanno trovato maggior ragione di esistere sono quello domestico, per la produzione di acqua calda sanitaria, il riscaldamento e raffrescamento di ambienti, e quello industriale [17], [18].

Nel primo caso, il tema è largamente affrontato e oggetto di numerose normative, che prevedono sistemi di incentivazioni volte a ottenere un sensibile contenimento dei consumi energetici degli edifici. La legislazione che regola il settore impone l’obbligo di installare sistemi a fonti rinnovabili capaci di soddisfare almeno il 50% del fabbisogno energetico per edifici di nuova costruzione, o in caso di ristrutturazione, dal 1° Gennaio 2017 (Decreto Legislativo 3 Marzo 2011, n. 28) [20].

Per quanto riguarda il campo industriale, la tematica è affrontata in maniera approssimativa e l’attenzione che si rivolge a questo settore risulta poco adeguata, se messa in relazione al potenziale applicativo degli impianti solari in tale ambito.

In Europa circa il 27% della domanda totale di energia termica proviene dall’industria. Il 30% della domanda industriale è costituita da carichi termici con temperature massime di processo inferiori ai 100°C e oltre il 27% da carichi con temperature comprese fra i 100°C e i 200°C. Una parte significativa di questo calore, specialmente al di sotto dei 100°C, può essere generata da impianti solari termici.

I principali processi industriali, cui corrispondono i carichi sopracitati, sono quelli dedicati al riscaldamento di acqua per il lavaggio o la pulizia delle apparecchiature, riscaldamento di acqua di reintegro per reti di distribuzione di vapore, riscaldamento di bagni industriali e processi di asciugatura convettiva ad aria calda [5].

In termini generali, si può dire che l’importanza rivolta all’utilizzo della fonte solare, per la produzione di energia e il conseguente risparmio di quella derivante da fonti energetiche esauribili, risulta discriminata dal settore applicativo cui si riferisce; ad ogni modo, i criteri adottati per la progettazione e il dimensionamento degli impianti, destinati sia al campo domestico che a quello industriale, risultano piuttosto elementari. Le metodologie adottate si basano su considerazioni semplificate che approssimano alcuni degli aspetti fondamentali caratterizzanti la fonte energetica e la progettazione dei sistemi dedicati al suo sfruttamento.

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7 Spesso, la fonte solare viene ridotta ad un dato normativo, definito in funzione dell’ubicazione dell’impianto (per Pisa l’energia solare annua corrisponde a 1500 kWh/m2), senza considerare le caratteristiche di variabilità (giornaliera e stagionale)

e aleatorietà che la contraddistinguono [19]-[20]. Le valutazioni tecniche a cui si rifanno i criteri di progettazione risultano poco sensibili a variazioni di ordine tecnologico e dimensionale, come invece accade per altri settori (ad esempio turbogas, impianti eolici e caldaie industriali) in cui vengono utilizzate delle funzioni di costo, specifiche per ogni apparecchiatura, che definiscono il valore economico del dispositivo in funzione della sua taglia. Infine, le scelte progettuali si basano su considerazioni di natura puramente economica, che non creano distinzioni di sorta fra sistemi energetici che si diversificano, sia per le fonti energetiche che sfruttano sia per l’uso che ne fanno, portando a contemplare la presenza degli incentivi necessaria per la vantaggiosità economica degli impianti solari su quelli convenzionali [5]-[16]. Fatte queste premesse, la soluzione del problema di dimensionamento che ne deriva risulta grossolana; nel caso in cui i sistemi solari sono destinati all’integrazione di sistemi energetici convenzionali, si arriva a delle soluzioni di compromesso in cui l’area dei collettori e la capacità del serbatoio d’accumulo sono calcolati in funzione della percentuale di copertura di carico definita a priori [17] - [20].

Nel caso di impianti solari di uso domestico, tali approssimazioni permettono di sviluppare criteri generali di dimensionamento di facile applicazione cui corrisponde uno sforzo computazionale ridotto; l’utilizzo di metodologie più complesse risulterebbe poco conveniente e controproducente. I valori del fabbisogno energetico e del livello di temperatura richiesti da un’azienda superano di gran lunga quelli relativi ad un’abitazione, per cui, nel settore industriale, l’utilità dei criteri semplificati viene meno e la considerazione di elementi più specifici, legati sia alla fonte solare sia alle tecnologie di conversione, diventa significativa ai fini di una progettazione adeguata. Ritenendo il campo dei sistemi per la produzione di energia termica da fonte solare assai rilevante per il contenimento complessivo degli usi dell’energia e soprattutto necessario per regolarizzazione dell’utilizzo delle varie fonti energetiche con scopo di ridurne le degradazioni, in questo lavoro si è cercato di sviluppare una metodologia complessa che tenga conto, in maniera più approfondita, delle variabili del problema e dei vincoli progettuali.

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8 Le variabili (o parametri esogeni variabili) rappresentano l’insieme degli elementi, suscettibili di variazione, che il progettista ha a disposizione per la ricerca della soluzione, vale a dire la tipologia di architettura di sistema dell’impianto e la componentistica relativa al sistema di captazione dell’energia solare, al sistema di accumulo e al sistema di riscaldamento ausiliario. All’interno del problema, l’architettura di sistema definisce la struttura l’equazione di riferimento, mentre, la componentistica i valori dei parametri prestazionali dei dispositivi utilizzati.

I vincoli (o parametri esogeni costretti), invece, rappresentano l’insieme degli elementi che definiscono le condizioni al contorno del problema, quindi costanti. I vincoli principali corrispondono alle condizioni metereologiche in cui il sistema si trova ad operare, quali la disponibilità della fonte solare e le sue caratteristiche, ma anche alla tipologia di utenza cui l’impianto si riferisce, cioè il profilo di carico e il livello di temperatura richiesto, e agli eventuali criteri di ottimizzazione imposti dall’esterno [1]. Come per altre metodologie già esistenti, quella sviluppata in questo scritto si basa su un approccio del tipo “one-ripetitive day” [4], per il calcolo delle prestazioni a lungo termine del sistema, e il criterio progettuale che adotta mira alla minimizzazione delle spese dell’impianto; ciò che la contraddistingue è il tipo di analisi utilizzata per la ricerca della soluzione ottimale: l’analisi termo-economica. L’analisi termo-economica rappresenta un particolare tipo di ottimizzazione multi-obiettivo, in cui la grandezza fisica cui si attribuisce valore economico è l’exergia, che, per come è definita, fornisce indicazioni quantitative riguardo alla qualità dell’energia a cui fa riferimento, permettendo quindi di paragonare sistemi e/o processi che differenziano fra loro, sia per la tipologia di fonte energetica che sfruttano sia per l’uso che ne fanno [3].

Per la ricerca della soluzione ottimale si ricorre alla funzione utilità “costo economico annuo”, in cui il grado di copertura del sistema rappresenta la variabile indipendente dell’equazione. La funzione utilità si costruisce a partire dalle tre funzioni obiettivo [2] del problema multi-obiettivo iniziale, ovvero la taglia delle apparecchiature (collettori solari, serbatoio d’accumulo e caldaia convenzionale), la quantità di combustibile consumato dal sistema di riscaldamento ausiliario e le corrispondenti perdite exergetiche, che vengono equiparate, all’interno della medesima equazione, in funzione del costo specifico assegnato ad ognuna di esse. L’elemento innovativo della trattazione risiede proprio nell’attribuzione di un valore economico alle irreversibilità prodotte dai processi, che in generale non vengono considerate nella letteratura

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9 corrente, quando si parla di sistemi basati su fonti rinnovabili [3]. Il valore del grado di copertura che minimizza la funzione “costo economico annuo”, permette di determinare i valori dell’area dei collettori e della capacità del serbatoio d’accumulo che risolvono il problema dell’ottimizzazione così formulato.

Al fine di sviluppare la tale metodologia, il lavoro ha approfondito tutti gli elementi definiti sopra ed è articolato come segue.

Il primo capitolo presenta l’analisi sperimentale dettagliata della fonte solare e delle grandezze metereologiche che condizionano il funzionamento e le prestazioni degli impianti solari termici. La riorganizzazione in cluster del campione di dati, relativo alla stagione estiva, con riferimento al territorio in cui si è svolta la raccolta (Pisa), ha permesso di approfondire le conoscenze riguardo alla fonte stessa e di valutarne le variazioni di secondo livello [1].

I due capitoli successivi hanno carattere descrittivo. Nel secondo capitolo è riportato lo stato dell’arte relativo ai sistemi solari termici [1], che descrive sinteticamente la componentistica degli impianti e le principali architetture di sistema; nel terzo capitolo vengono riportate e analizzate le principali metodologie progettuali utilizzate in letteratura [4]-[18].

Il quarto capitolo è dedicato al concetto di ottimizzazione ingegneristica, soffermandosi sulla sua traduzione in termini analitici (problema multi-obiettivo) e sul conseguente approccio risolutivo della funzione utilità; in particolare, vengono inoltre descritte, quindi messe a confronto, le caratteristiche di due particolari chiavi di lettura del problema: l’analisi tecno-economica e l’analisi termo-economica [2]-[3]. Nel quinto e nel sesto capitolo si descrive la metodologia sviluppata e si discutono i risultati ottenuti dall’applicazione di quest’ultima a diversi casi di studio.

Nel capitolo conclusivo, oltre a evidenziare tutti gli elementi rilevanti emersi dalla trattazione, si simula il funzionamento estivo di alcuni degli impianti ottimizzati per il funzionamento annuale; per concludere, si propone un possibile sistema di incentivazione alternativo, coerente con il metodo sviluppato.

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Capitolo 1. Analisi sperimentale e metodologie di classificazione dati

Lo sfruttamento della fonte energetica solare, come di ogni altra risorsa, presenta punti di forza e di debolezza. Caratteristiche intrinseche al suo essere rinnovabile, e che la rendono simili alle altre FER, sono: l’inesauribilità, la disponibilità più o meno distribuita su tutto il globo, l’ecosostenibilità e il fatto di essere gratuita. Ciò nonostante, tale fonte non è esente da problematiche relative al suo utilizzo.

Pur essendo una risorsa energetica infinita, la fonte solare non è costante ma periodica, quindi variabile, sia a livello giornaliero che a livello stagionale. La rotazione della Terra intorno al proprio asse, infatti, rende disponibile tale fonte solo per una parte della giornata, con valori di potenza specifica sufficienti e adeguati, per la conversione energetica, disponibili solo per alcune delle ore dell’insolazione (non sono da considerare utili a tale scopo i contributi offerti dalle code della distribuzione). La periodicità stagionale, invece, è dovuta alla rotazione della Terra intorno al Sole. Tale moto di rivoluzione ha traiettoria ellittica e porta alla variazione periodica della distanza fra i due corpi celesti, quindi alla variazione periodica stagionale della radiazione solare che arriva sul nostro pianeta. Inoltre, al problema della periodicità si somma quello dell’aleatorietà legato alle condizioni atmosferiche del pianeta, che possono causare il verificarsi di fenomeni schermanti.

Dal punto di vista progettuale, la variabilità sopra descritta rappresenta un grosso problema in quanto, nella maggior parte dei casi, la scarsa affidabilità della fonte non permette la progettazione di impianti che si affidano al solo utilizzo dell’energia solare. Risulta necessaria la presenza di impianti ausiliari, che entrino in funzione in mancanza della fonte energetica primaria.

Un altro problema, legato alla variabilità della fonte, è dovuto allo sfasamento temporale che può sussistere fra la sua disponibilità e la sua domanda. Soprattutto per gli impianti che convertono l’energia solare in calore, la domanda energetica è minima nei periodi di massima disponibilità (stagione calda) e minima in quelli di scarsa (stagione fredda). A seconda della natura dell’utenza e della richiesta di energia che ne deriva, il problema dello sfasamento fra la domanda energetica e la disponibilità della fonte solare, può verificarsi anche nell’arco temporale di una giornata. Date queste premesse, risulta necessario l’utilizzo di dispositivi d’accumulo per la massimizzazione dello sfruttamento di questa risorsa che,

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11 altrimenti, risulterebbe insufficiente e non conveniente, soprattutto se messo a confronto con lo sforzo economico che richiede.

L’altro grande problema dell’energia solare risiede nella sua scarsa densità energetica. I bassi valori della potenza specifica della radiazione fanno sì che per ottenere la stessa potenza di un impianto convenzionale, sia necessaria la progettazione e la messa a punto di impianti dalle dimensioni molto più elevate. A questo aspetto è necessario aggiungere che, nel caso di impianti solari termici, a causa di diversi fenomeni concomitanti, quali la riflessione dei raggi solari e la dispersione del calore nell’ambiente, il rendimento medio di conversione energetica risulta drasticamente ridotto.

Date queste premesse, risulta quindi necessario considerare a monte i molteplici aspetti che caratterizzano lo sfruttamento del Sole, tenendo conto dei pro e dei contro e potendo così valutare le alternative che il panorama delle fonti energetiche a nostra disposizione ci offre. La fonte solare è una risorsa tanto importante quanto complessa. Diversi sono i fattori che contribuiscono a rendere articolato e al tempo stesso interessante l’ambito di discussione nel quale il solare si sviluppa.

I molteplici aspetti che lo caratterizzano e la crescente esigenza degli ultimi tempi di rifarsi all’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, fanno sì che il dibattito in corso, necessiti di studi che si occupino di indagare le variabili di questo sistema. Come accennato sopra, le complicanze relative allo sfruttamento dell’energia solare sono principalmente legate alla natura stessa della fonte e alle sue caratteristiche intrinseche, più che alle tecnologie cui si rifanno gli impianti dedicati. Per questo motivo si è deciso di confrontarci direttamente con questa risorsa, monitorando attraverso misurazioni dirette le grandezze metereologiche che la descrivono e, al contempo, che condizionano le prestazioni dei dispositivi volti alla conversione della radiazione solare in energia utile. Il campione di dati raccolto è stato riorganizzato attraverso un criterio di aggregazione, che ci ha permesso di sviluppare i cluster che ne derivano.

1.1. Strumento di misura

Per la raccolta dati in questione ci siamo serviti della stazione meteorologica “Wheather Link - Vantage Pro2” prodotta dalla “Davis Instruments”. Nel complesso la stazione è composta dall’insieme di sensori di misura, per la raccolta dei dati meteorologici, e la console, per la visualizzazione su display e la registrazione degli stessi. I sensori di cui è dotata sono: un anemometro a coppette con banderuola, un piranometro e un sensore per dei raggi UV, un

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12 pluviometro a vaschetta basculante, un barometro, un

termometro e un igrometro. La console, dotata di collegamento wireless, ogni due secondi e mezzo registra i dati provenienti dalla strumentazione riportando su display la media dei valori ogni minuto. I dati vengono quindi salvati sul sistema di memoria interno alla console. Per scaricare i dati raccolti su computer, è necessario installare il software “WeatherLink” compreso all’interno del pacchetto della stazione meteorologica. Lo strumento è stato collocato sul balcone dell’ultimo piano (secondo piano) di un edificio condominiale rivolto a sud. Nelle vicinanze non son presenti altri edifici di eguali dimensioni per cui le misure non sono state condizionate da effetti di schermatura diretta che non fossero di origine meteorologica.

Di seguito si riporta la rappresentazione grafica del sistema di archivio e presentazione dati.

Il layout del programma appare molto semplice e intuitivo. In altro a destra si trovano le opzioni per la configurazione della stazione metereologica e il collegamento di quest’ultima con il computer, i comandi per il trasferimento dei dati dal sistema di memoria all’archivio e quelli necessari per la presentazione di quest’ultimi. Nella parte centrale, il programma fornisce i plot temporali dei dati raccolti in funzione delle grandezze selezionate nel riquadro sottostante il grafico e della scala temporale scelta, che può andare da un massimo di un anno ad un minimo di un’ora. Il passo temporale con cui di dati vengono riportati per la costruzione del plot equivale a trenta minuti e il valore assunto dalla grandezza corrisponde al valor medio di quelli registrati dallo strumento nel medesimo arco temporale. Cliccando due volte sul grafico si accede all’archivio dati che, sostanzialmente, è costituito da una tabella in cui vengono riportati in colonna i valori di tutte le grandezze misurate dalla stazione metereologica, con lo stesso passo temporale utilizzato per la rappresentazione grafica. È possibile estrapolare l’intero campione di dati direttamente dall’archivio per poi poterli maneggiare su altre piattaforme.

Figura 1: Stazione metereologica Vantage Pro2 - strumento di misura e console

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Figura 2: Layout del software Wheather Link – Foglio di presentazione e archivio dati

La stazione metereologica in esame è stata installata il 31 Maggio 2018 e da lì ha raccolto dati ininterrottamente per quasi 5 mesi fino al 29 Ottobre 2018, data in cui è stata sconnessa. Ad ogni modo, nella trattazione sottostante, i dati relativi al mese di Maggio e Ottobre sono stati omessi in quanto, da una parte il campione di dati a loro relativo risulta incompleto, e dall’altra si è voluto selezionare un set di dati coerenti fra loro, nel caso particolare Giugno, Luglio, Agosto e Settembre sono i mesi rappresentativi della stagione estiva.

Le grandezze su cui ci si è concentrati sono la radiazione solare, espressa come potenza per unità di superficie [W/m2], l’energia solare, integrale temporale dell’insolazione [Ly = 41,86 kJ/m2], e la temperatura ambiente [°C]. Rappresentano le principali grandezze

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14 metereologiche che descrivono la fonte energetica in esame e che influenzano il funzionamento di un impianto dedicato al suo sfruttamento.

Di seguito sono riportati i dati dell’irraggiamento e della temperatura esterna raccolti dalla stazione metereologica durante il periodo di misurazione.

Figura 3: Campione dei dati raccolti nei mesi di Giugno, Luglio, Agosto e Settembre – Temperatura ambiente ( rosso) e radiazione solare (giallo)

Risulta ovvio che la raccolta scussa dei dati non possiede alcun tipo di valore pratico. Affinché i dati acquisiscano importanza, quindi possano essere effettivamente significativi e utili a fini ingegneristici, devono essere riorganizzati, o meglio, clusterizzati.

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1.2. Metodologie di classificazione dati: clustering

In statistica, il clustering (o analisi dei gruppi) è un insieme di tecniche di analisi multivariata dei dati volte alla selezione e al raggruppamento di elementi omogenei fra loro. In funzione del metodo di analisi adottato, si possono dividere le tecniche di clustering in due categorie: metodi aggregativi (bottom-up) e metodi divisivi (top-down). I primi prevedono che tutti gli elementi siano considerati come cluster a sé, quindi il criterio di aggregazione provvede ad unire cluster simili fra loro; nei secondi gli elementi vengono considerati come un unico cluster, quindi vengono suddivisi in cluster di dimensioni inferiori col fine di ottenere gruppi sempre più omogenei. Le tecniche di raggruppamento si basano su misure relative alla somiglianza tra elementi dell’insieme dei dati a disposizione, risulta quindi necessario definire dei criteri con cui valutare la somiglianza fra i diversi elementi. I criteri di raggruppamento dei dati vengono imposti dall’esterno e sono virtualmente infiniti, ma non godono tutti dello stesso livello di bontà (la scelta di tali criteri rappresenta un passo di fondamentale importanza per la buona riuscita del processo di clusterizzazione). A partire dai dati riorganizzati in sottoinsiemi di dati simili fra loro, se ne producono altri rappresentativi del sottoinsieme: i cluster.

In ingegneria ci sono tre motivi principali per cui si opera in questo modo:

- In prima istanza una buona clusterizzazione ha un elevato potere riassuntivo, permettendo la visione d’insieme del quadro in analisi attraverso l’utilizzo di una singola informazione.

- Secondariamente i cluster godono di un elevato potere predittivo, è possibile predire l’andamento del caso particolare con cui ci stiamo confrontando rifacendoci al giusto cluster di riferimento.

- Infine, questo tipo di analisi ci permette di riconoscere comportamenti anomali dei dati, sempre in relazione al giusto cluster di riferimento (in più dati anomali possono essere integrati all’interno della raccolta dati da cui derivano i cluster per il suo arricchimento)

Gli ultimi due punti risultano particolarmente importanti per altri tipi di applicazione, ad esempio quelle che riguardano il consumo elettrico nazionale in cui è necessario un certo livello di predizione che faciliti la corretta gestione della rete. Nel nostro caso, data la natura aleatoria della fonte cui facciamo riferimento, il potere predittivo dei cluster gode di un’importanza minore, ma risultano comunque molto utili per la descrizione stessa della fonte.

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16 In questo scritto, il metodo di clusterizzazione scelto è di tipo aggregativo. I dati raccolti per ogni singola giornata rappresentano un elemento dell’insieme iniziale; quindi, attraverso i vari criteri di aggregazione, si accorpano elementi simili per la generazione di cluster rappresentativi di ogni gruppo. Sotto vengono descritti i criteri di accorpamento utilizzati per la radiazione solare, l’energia solare e la temperatura esterna.

1.3. Criteri di aggregazione e cluster risultanti

Come precedentemente detto, i criteri di similitudine che possono essere scelti sono virtualmente infiniti. Per quanto riguarda la radiazione solare, i criteri di aggregazione scelti in questa sede e i cluster che ne derivano sono descritti dalla tabella sottostante.

Tabella 1: Sottoinsiemi di aggregazione dati generati da dall’intersezione del criterio crenologico e del criterio di affinità

Il primo criterio di aggregazione, quello più immediato, raggruppa all’interno di ogni insieme “tutti” gli elementi (giornate) appartenenti al medesimo mese (Giugno, Luglio, Agosto e Settembre). Dall’osservazione dei dati si è riscontrata una certa somiglianza fra l’andamento della radiazione solare nei mesi di Giugno/Luglio e tra quelli di Agosto/Settembre. Si è quindi deciso di raccogliere “tutti” gli elementi relativi ad ogni coppia di mesi per la creazione dei rispettivi raggruppamenti (Giugno/Luglio e Agosto/Settembre). L’ultimo raggruppamento comprende nel suo insieme gli elementi che

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17 riguardano i mesi da Giugno a Settembre, mesi della stagione estiva, vale a dire la totalità dei dati che costituiscono il campione considerato.

Il criterio scelto per la loro suddivisione non si basa quindi sulle caratteristiche degli elementi stessi che li compongono, ma unicamente sulla loro relazione cronologica. Data la natura aleatoria della fonte solare, risulta ovvio che ogni raggruppamento descritto sopra, possiede al suo interno elementi eterogenei fra loro.

Nasce quindi l’esigenza di sviluppare un metodo che permetta di distinguere fra loro giornate con caratteristiche diverse, e contemporaneamente raggruppare quelle con caratteristiche simili. Qualitativamente è possibile classificare gli elementi a nostra disposizione in tre categorie: “Belle Giornate”, “Giornate Coperte” e “Brutte Giornate”. Per tradurre tale classificazione qualitativa in termini quantitativi si è operato come segue. Per ogni giornata si è calcolata la media della radiazione solare incidente (𝐼̅) fra le ore 10:00 e le ore 18:00 (escludendo le code). Si è poi proceduto a confrontare tale valore con il massimo della radiazione media teorica (valori raccolti dalla letteratura) del mese relativo (𝐼𝑚𝑎𝑥 𝑡) e solo successivamente si sono classificate le giornate secondo le relazioni descritte sotto.

Bella Giornata : 0.75 𝐼𝑚𝑎𝑥 𝑡< 𝐼̅ < 𝐼𝑚𝑎𝑥 𝑡

Giornata Coperta : 0.50 𝐼𝑚𝑎𝑥 𝑡 < 𝐼̅ < 0.75 𝐼𝑚𝑎𝑥 𝑡 Brutta Giornata : 0 < 𝐼̅ < 0.5 𝐼𝑚𝑎𝑥 𝑡

Il motivo principale per cui si escludono le code deriva dal fatto che, nelle ore prossime all’alba e al tramonto, la radiazione solare varia sensibilmente e l’eventuale conteggio di tali valori potrebbe falsare il risultato della classificazione; inoltre, come si vede nei capitoli successivi, la raccolta di energia utile da parte dei collettori non si verifica per l’intera durata dell’insolazione, ma solamente nelle ore in cui questa supera un certo valore limite, condizione che non si verifica nelle ore crepuscolari.

Di seguito si mostra il calendario riassuntivo dell’estate 2018 in cui si sono colorate di giallo le “Belle Giornate”, di arancio le “Giornate Coperte” e di rosso le “Brutte Giornate”, in funzione della relazione scritta prima.

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Figura 4: Calendario estate 2018 – Belle giornate (giallo), Giornate Coperte (arancio) e Brutte Giornate ( rosso)

Una volta individuati il criterio cronologico e quello di affinità (relativo al confronto del valore medio della radiazione registrata e quello massimo teorico), si è proceduto all’intersecazione dei dati, andando a produrre i conseguenti cluster in grado di fornirci una chiave di lettura utile all’interpretazione dei dati raccolti.

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1.3.1. Cluster della radiazione solare

Tabella 2: Cluster della radiazione solare relativi ai sottoinsiemi della Tabella1 (riga 7)

Tabella 3: Cluster della radiazione solare relativi ai sottoinsiemi della Tabella 1 (colonna 1)

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Tabella 5: Cluster della radiazione solare relativi ai sottoinsiemi della Tabella 1 (colonna 3)

Tabella 6: Cluster della radiazione solare relativi ai sottoinsiemi della Tabella 1 (colonna 4)

Per ogni grafico, il profilo medio della radiazione è indicato dalla curva in blu, mentre le due curve più chiare rappresentano lo stesso profilo a cui è stata aggiunta e sottratta la deviazione standard, relativa al gruppo di dati che il cluster rappresenta.

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1.3.2. Cluster dell’energia solare

Tabella 7: Cluster dell’energia solare relativi ai sottoinsiemi della Tabella 1 (riga 7)

Tabella 8: Cluster dell’energia solare relativi ai sottoinsiemi della Tabella 1 (colonna 1)

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Tabella 10: Cluster dell’energia solare relativi ai sottoinsiemi della Tabella 1(colonna 3)

Tabella 11: Cluster dell’energia solare relativi ai sottoinsiemi della Tabella 1(colonna 4)

L’unità di misura cui la stazione utilizza per esprimere l’insolazione (energia solare) è il Langley (Ly) ma, per questione di praticità, nella trattazione i valori assunti dall’insolazione sono stati convertiti in kJ/m2.

All’interno di ogni grafico, oltre al valore medio assunto dalla grandezza in esame per ogni passo temporale, si è deciso di esplicitare la funzione cumulata, che rappresenta la totalità dell’energia mediamente incidente nell’arco di una giornata (in funzione del raggruppamento cui si riferisce).

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1.3.3. Cluster della temperatura ambiente

Tabella 12: Cluster della temperatura ambiente relativi ai sottoinsiemi della Tabella 1(riga 7)

Tabella 13: Cluster della temperatura ambiente relativi ai sottoinsiemi della Tabella 1(colonna 1)

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Tabella 15: Cluster della temperatura ambiente relativi ai sottoinsiemi della Tabella 1(colonna 3)

Tabella 16: Cluster della temperatura ambiente relativi ai sottoinsiemi della Tabella 1(colonna 4)

Come nel caso della radiazione solare, per ogni grafico, il profilo medio della grandezza è indicato dalla curva più scura, mentre quelle più chiare rappresentano lo stesso profilo a cui è stata aggiunta e sottratta la deviazione standard, relativa al gruppo di dati che il cluster rappresenta.

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1.4. Conclusioni clustering

L’analisi dei dati per clusterizzazione consiste in un insieme di tecniche statistiche atte ad individuare gruppi di unità tra loro simili rispetto ad un insieme di caratteri eterogenei. Il vantaggio principale dell’analisi dei dati è il potere di sintesi, che permette di ridurre un campione di dati eterogeneo ad un numero più ridotto di informazioni (i cluster) generate dalla riorganizzazione del campione stesso.

Nel campo della progettazione di impianti solari, le informazioni sintetizzate, a partire dal campione di dati raccolto, possono essere utilizzate su vari livelli. In prima battuta, i valori medi dei dati sintetizzati, sono utili per il dimensionamento dell’impianto, in cui è richiesto un certo grado di semplicità dei parametri esterni, che sia in linea con la complessità del metodo progettuale adottato. Una volta conclusa l’operazione di dimensionamento e, quindi, una volta che l’impianto è stato definito per architettura e dimensione, i cluster risultano utili per la regolazione fine dell’impianto. Infatti, attraverso l’implementazione di sistemi di simulazione con i dati sintetizzati (non più solo i valori medi ma anche le loro distribuzione) è possibile riprodurre il comportamento dell’impianto per diverse condizioni operative. Da qui emerge il potere predittivo dei cluster. Al fine di valorizzare la raccolta dei dati metereologici e la loro conseguente riorganizzazione, nella parte conclusiva della trattazione, daremo esempio di quanto detto sopra.

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Capitolo 2. Impianti solari termici: componentistica e configurazioni di

sistema

Esiste una notevole quantità di impianti destinati alla conversione della radiazione solare in energia utile. In funzione della tecnologia utilizzata per tale conversione, si classificano gli impianti in tre diverse tipologie:

- Impianti solari termici - Impianti fotovoltaici

- Impianti solari termodinamici

I primi convertono l’energia radiante proveniente dal sole in energia termica, sfruttando la radiazione solare per il riscaldamento del fluido di lavoro. Il fluido caldo può essere utilizzato per il riscaldamento di un altro fluido (solar heating) oppure, attraverso l’utilizzo di opportuni cicli frigoriferi, per il raffrescamento di ambienti (solar cooling). Le altre due tipologie di impianti convertono l’energia solare in energia elettrica. Mentre gli impianti fotovoltaici sfruttano le proprietà fisiche dei materiali semiconduttori per la conversione diretta dell’energia, i secondi, noti anche come impianti solari a concentrazione, utilizzano cicli termodinamici in cui il fluido di lavoro, portato ad ebollizione dalla radiazione solare concentrata, viene espanso in turbina.

Oggetto di questo studio sono gli impianti solari termici, quindi, d’ora in avanti con il termine “impianti solari” ci si riferisce unicamente a questa tipologia.

Il successo della progettazione di un sistema solare termico è un processo che implica la considerazione di aspetti tecnici, pratici, economici e ambientali. Il progetto consiste nell’identificazione di una soluzione ottimale che risponda con dei compromessi agli obiettivi prefissati per il sistema. Data lo scarso livello di conoscenza disponibile nel campo solare, è consigliabile mantenere gli impianti solari più semplici possibile rinunciando a sistemi che offrono prestazioni teoriche migliori, in quanto già le architetture più semplici sono caratterizzate da un certo livello di complessità. A causa della natura dell’energia radiante (caratteristiche spettrali, variabilità diurna e stagionale, ecc.), l’analisi e la progettazione dei collettori solari presenta problemi unici diversi dai problemi convenzionali nel trasferimento del calore. In questo capitolo si descriveranno brevemente le varie tipologie di dispositivi e di architetture di sistema più utilizzate negli impianti solari termici al giorno d’oggi.

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2.1. Componentistica degli impianti solari termici

Il dispositivo utilizzato per la conversione dell’energia radiante del Sole in calore è il pannello solare termico, che è composto principalmente dal collettore e dall’assorbitore. L’elemento che riveste il ruolo di maggior importanza è l’assorbitore, in quanto responsabile della trasformazione fototermica. È costituito da una lasta di materiale con elevata conduttività termica annerita mediante pittura o, più frequentemente ormai, rivestita di un materiale selettivo. Tale rivestimento determina un alto grado di assorbimento (>90%) nel range delle lunghezze d’onda della radiazione solare e contemporaneamente un ridotto fattore di emissività (<10%) per le radiazioni infrarosse (range di lunghezze d’onda che caratterizzano le dispersioni di calore del collettore).

Il collettore non è altro che l’insieme delle tubazioni disposte sulla superficie del pannello (diposizioni differenti determinano tipologie differenti di collettori) dove al cui interno scorre il fluido di processo, cui l’assorbitore cede l’energia raccolta dal Sole. Il telaio del collettore è coibentato su tutti i lati che non partecipano alla raccolta energetica, mentre quello esposto alla radiazione può essere dotato di una o più coperture trasparenti che costituiscono un ulteriore filtro alle radiazioni infrarosse in uscita dal collettore.

Figura 6: Sezione verticale di un collettore solare piano Figura 5: Componenti del collettore solare piano

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28 La descrizione sopra riportata si riferisce ai dispositivi più comunemente utilizzati per la produzione di acqua calda domestica e industriale (data la semplicità costruttiva, il costo ridotto e il buon rendimento): i collettori solari piani (flate-plate collectors). Sempre per lo stesso tipo di applicazioni, in commercio esiste un’altra tipologia di collettori chiamati collettori a tubi evacuati (evacuated-tube collectors). Si tratta di una particolare tecnologia che adotta architetture costruttive volte ad un’ulteriore riduzione delle dispersioni termiche esaltando la capacità di captazione del collettore. Dall’esterno il collettore non appare più come una lastra piana ma bensì come un insieme di tubazioni parallele disposte sullo stesso piano. Ogni tubazione, in realtà, è formata da due tubi concentrici: il tubo interno è trattato con vernice selettiva di colore scuro per la captazione della radiazione solare e al suo interno scorre il fluido termovettore, mentre quello esterno, di vetro, permette il passaggio della radiazione solare. Fra l’intercapedine dei due tubi si realizza il sottovuoto aspirando l’aria contenuta al suo interno; questa operazione permette di ridurre drasticamente le perdite di calore e di natura conduttiva e di natura convettiva (teoricamente entrami i meccanismi di trasmissione del calore non sussistono in assenza di materia). I collettori a tubi evacuati concentrano in un unico elemento le principali funzioni di captazione della radiazione solare e di trasmissione della stessa agli elementi di trasporto del calore e, la forma tubolare, garantisce che i raggi solari colpiscano le tubazioni sempre perpendicolarmente, minimizzando le perdite energetiche per riflessione dei raggi solari.

Come ogni altro dispositivo di trasformazione energetica i collettori solari sono caratterizzati da una determinata efficienza di conversione. Il rendimento dei collettori solari è definito come il rapporto fra l’energia che effettivamente viene trasferita al fluido termovettore e quella proveniente dalla fonte solare incidente sul collettore.

𝜂𝑐 =

𝑄𝑠 𝐼 𝐴𝑐 =

𝑚̇𝑐 𝑐𝑝 (𝑇𝑜𝑢𝑡 − 𝑇𝑖𝑛)

𝐼 𝐴𝑐

Si può riscrivere 𝑄𝑠 dal bilancio energetico del collettore, considerando l’apporto energetico della radiazione solare e le perdite di calore dovute allo scambio convettivo e radiante con l’ambiente.

𝑄𝑠 = 𝐹𝑅(𝜏𝛼) 𝐼 𝐴𝑐 − 𝐹𝑅𝑐 𝐴𝑐 (𝑇𝑐 − 𝑇𝑎) − 𝐹𝑅𝜎 𝐴𝑐 (𝑇𝑐4− 𝑇𝑎4)

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29 Da cui

𝜂𝑐 = 𝐹𝑅(𝜏𝛼) −𝐹𝑅𝑈𝐿(𝑇𝑐− 𝑇𝑎) 𝐼

Figura 7: curva di rendimento di un collettore solare

Dove 𝐹𝑅(𝜏𝛼)( o 𝜂𝑜𝑡𝑡) e 𝑈𝐿, rispettivamente il rendimento ottico del collettore e il coefficiente

globale di scambio, sono parametri caratteristici della tecnologia del collettore, mentre 𝑇𝑐, 𝑇𝑎 e 𝐼, la temperatura del liquido fluente nel collettore (in funzione dell’architettura

dell’impianto e delle ipotesi assunte può coincidere con 𝑇𝑖𝑛 o la media aritmetica fra 𝑇𝑖𝑛 e 𝑇𝑜𝑢𝑡), la temperatura ambiente e la radiazione solare incidente, sono rappresentativi delle condizioni operative.

Su un grafico che mette in relazione l’efficienza del collettore 𝜂𝑐 in funzione delle condizioni in cui si trova ad operare (𝑇𝑐− 𝑇𝑎) 𝐼⁄ , tale relazione assume carattere lineare. In particolare,

si tratta di una retta a pendenza negativa dove il 𝐹𝑅(𝜏𝛼) è il termine noto e 𝐹𝑅𝑈𝐿 la pendenza della curva.

Data la loro tecnologia, rispetto ai collettori solati piani, quelli a tubi evacuati presentano ridotti valori sia del coefficiente globale di scambio (piccola pendenza della curva) sia ridotti valori del rendimento ottico (le schermature dei tubi infatti riducono l’entità degli scambi con l’esterno, ma al tempo stesso rappresentano un ulteriore ostacolo alla radiazione solare per il raggiungimento della superficie assorbente). Si nota quindi che non esistono collettori solari che sono migliori di altri in termini assoluti, ma la convenienza di una tipologia rispetto all’altra si riferisce a particolari condizioni di funzionamento. Approssimativamente si può dire che per alti valori della radiazione solare i collettori piani sono da preferire rispetto a

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30 quelli a tubi evacuati, che invece presentano valori del rendimento piuttosto costanti e risultano convenienti per bassi valori della radiazione.

Si possono classificare i collettori in funzione del liquido di lavoro utilizzato: aria, acqua (con aggiunta di glicole per la protezione antigelo), olio. A causa delle peggiori caratteristiche di trasferimento del calore dell’aria, i collettori ad aria lavorano a temperature mediamente più alte rispetto a quelle che caratterizzano i collettori a liquido, comportano maggiori perdite energetiche e di conseguenza una minore efficienza. Di solito la scelta del fluido di lavoro è dettata dall’applicazione finale cui il sistema è destinato. Ad esempio, i collettori ad aria risultano essere la soluzione migliore per il riscaldamento di ambienti o per impianti che operano asciugatura convettiva, mentre quelli ad acqua sono la scelta ovvia per la produzione di acqua calda domestica e industriale. I collettori ad olio invece, sono utilizzati per applicazioni con temperature medie di lavoro elevate, in quanto le caratteristiche fisiche dell’olio permettono di raggiungere più facilmente tali temperature senza assistere a cambiamenti di fase.

Un altro criterio di classificazione consiste nel distinguere tra collettori a concentrazione e non. Nei collettori a concentrazione la superficie assorbente si distingue fisicamente da quella captante, quest’ultima è costituita da una serie di specchi di varia forma che concentrano la radiazione solare sulla superficie destinata alla conversione energetica. Al contrario di quanto si possa pensare, l’utilizzo dei collettori a concentrazione non è finalizzato ad una maggiore raccolta energetica, ma bensì al raggiungimento di temperature più elevate (all’aumentare della temperatura infatti aumenta anche l’entità delle dissipazioni energetiche e di conseguenza la raccolta energetica). Il terzo criterio utilizzato per la classificazione dei collettori riguarda la presenza, o meno, di un meccanismo d’inseguimento solare che dispone il collettore nella posizione (orientazione e inclinazione) ottimale la massima raccolta energetica.

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2.2. Architetture di sistema degli impianti solari termici

Come precedentemente detto, la configurazione di sistema più adatta per l’utilizzo di collettori solari per la produzione di acqua calda dipende da un’innumerevole quantità di fattori che variano da caso a caso. La destinazione finale dell’impianto, quindi l’obiettivo finale di quest’ultimo, è sicuramente uno dei fattori più discriminanti per la scelta dell’architettura di sistema da adottare. In funzione della domanda energetica dell’utenza (temperature e portate da processare) e dell’ubicazione stessa (latitudine, altitudine, ambiente circostante) cambiano le condizioni al contorno del problema che a loro volta influenzano la performance dell’impianto. Quindi, in termini assoluti, non esiste un’architettura da preferire sulle altre.

Si possono classificare grossolanamente le configurazioni di sistema in funzione del meccanismo di movimentazione del fluido: convezione naturale e convezione forzata. Inoltre, si distinguono installazioni il cui rendimento è indipendente dalla temperatura del serbatoio d’accumulo e installazioni che ne sono fortemente influenzati: rispettivamente impianti a circuito aperto (Open Loop) e impianti a circuito chiuso (Closed Loop).

Circolazione Naturale

Negli impianti a circolazione naturale la circolazione del fluido termovettore è garantita dai moti convettivi che si instaurano nel circuito a causa delle differenze temperature lungo il circuito stesso. Il fluido all’interno del collettore si scalda diminuendo la propria densità, la differenza di densità fra zone fredde e caldo instaura una circolazione naturale che porta alla risalita del fluido caldo lungo il collettore. Negli impianti a circolazione naturale è quindi necessario che il serbatoio d’accumulo si trovi più in alto rispetto al pannello termico (solitamente viene istallato direttamente sul bordo superiore del pannello stesso). Il sistema di riscaldamento ausiliario può essere ottenuto tramite una resistenza elettrica all’interno del serbatoio d’accumulo o tramite una caldaia a valle del serbatoio.

Circolazione Forzata

Negli impianti a circolazione forzata la circolazione del fluido termovettore è imposta dalla presenza di una o più pompe che determinano il valore della portata del liquido stesso. A differenza degli impianti a circolazione naturale, il serbatoio d’accumulo è separato dal pannello e il fluido termovettore può essere costituito da una miscela di acqua e antigelo (glicole). Proprio per questi motivi, l’utilizzo di sistemi a circolazione forzata si rende

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32 necessario per impianti ubicati in climi freddi e per tutti gli impianti di medio-grande taglia in cui, per ragioni logistiche, non è possibile posizionare il serbatoio ad un’altezza maggiore dei pannelli.

2.2.1. Schemi impiantistici principali

Schema Circuito Aperto (Open loop)

In termini costruttivi, è lo schema di impianto più semplice. L’acqua proveniente dall’acquedotto (o di ritorno dal carico) viene richiamata al collettore solare per mezzo di una pompa in aspirazione, quindi l’acqua calda in uscita al collettore viene direttamente inviata all’utenza per l’utilizzo diretto (da qui Open Loop). La produzione di acqua calda è completamente slegata dal fabbisogno dell’utenza per cui, per ovviare alle inevitabili discrepanze fra le due portate, a monte del collettore solare è presente una valvola a tre vie che ripartisce la portata elaborata fra l’utenza e il serbatoio di accumulo, se la l’acqua proveniente dal collettore è maggiore di quella richiesta, o richiama acqua dall’accumulo, se il fabbisogno dell’utenza supera la portata processata dal collettore. A monte della valvola a tre vie è sempre presente un riscaldatore ausiliario per il raggiungimento della temperatura finale, se necessario. Possiamo definire il sistema Open Loop come un sistema in cui il collettore lavora in maniera discontinua e la sua performance è indipendente dalla temperatura del serbatoio d’accumulo. Per facilitare il mantenimento della temperatura al livello designato è possibile istallare all’uscita del collettore solare una valvola a solenoide che si apre nel momento in cui il fluido raggiunge la temperatura, oppure in alternativa variare la portata del fluido primario in relazione alla variazione della radiazione solare (in entrambi i casi la pompa di movimentazione è più sollecitata, il che rischia di diminuirne la vita).

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Schema Circuito Chiuso (Closed Loop)

In questo schema impiantistico il liquido che percorre il collettore solare è fisicamente separato da quello dell’utenza e si chiude su sé stesso formando un circuito chiuso (Close Loop). Nel circuito primario una pompa in mandata invia il liquido di processo al collettore che lo riscalda, quindi il liquido in uscita entra all’interno del serbatoio di accumulo. A differenza del caso precedete, il serbatoio d’accumulo presenta al suo interno una o più serpentine di tubazioni dove scorre il liquido del circuito primario che riscalda l’acqua del circuito secondario accumulata nel recipiente (funzionamento scambiatore di calore). Come già accennato, il fluido che circola nei collettori non si mischia con quello che alimenta l’utenza, in questo modo si rende virtualmente possibile qualsiasi combinazione di fluidi (le combinazioni più usate nella pratica sono acqua-acqua, acqua-aria e aria-aria). Nell’attraversamento dello scambiatore l’acqua si scalda per poi essere inviata all’utenza, quindi passa attraverso il dispositivo di riscaldamento ausiliario per raggiungere la temperatura finale, se necessario. In altri termini, nello schema Closed Loop il rendimento del collettore solare dipende direttamente dal valore della temperatura dello storage e proprio per questo motivo varia nell’arco della giornata.

Figura 10: Schema impiantistico a circuito chiuso (Closed Loop)

Considerazioni Generali

Generalmente, per le configurazioni a convezione forzata, la portata del circuito primario viene fissata all’incirca su 50 kg/h per ogni metro quadro di collettore impiantato. In questo modo viene processata una quantità di liquido pari a 5/10 volte il volume del sistema di accumulo (sistemi multipass) e ad ogni passaggio si assiste ad un incremento della temperatura di circa 2-5°C. Le configurazioni con convezione naturale (flusso dominato dalle forze di galleggiamento) che presentano portate più piccole nel circuito primario, ma per ogni passaggio aumentano la temperatura del serbatoio di circa 10°C.

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34 Nei sistemi a circuito chiuso ogni qualvolta una determinata quantità di acqua calda viene prelevata dal carico, la stessa quantità di liquido fresco viene reintrodotta all’interno del serbatoio d’accumulo; proprio per questo motivo non è possibile estrarre l’intera quantità di energia contenuta all’interno del serbatoio in quanto la temperatura di quest’ultimo viene continuamente ridotta a causa dell’introduzione di nuovo liquido fresco. Questo fenomeno è chiamato “fenomeno di esaurimento parziale” e non si verifica per gli schemi a circuito aperto. Inoltre, negli Open Loop il serbatoio d’accumulo non è necessario che sia pressurizzato (quindi meno costo) e sia la potenza delle pompe di circolazione che del dispositivo di riscaldamento ausiliario possono essere ridotte. D’altro canto, le configurazioni Open Loop non sono adatte per utenze con carico variabile: il serbatoio viene dimensionato in funzione dei volumi di carico giornalieri e l’uso efficiente dello stoccaggio richiede un esaurimento quasi totale dell’energia raccolta, un eventuale squilibrio fra portata di acqua elaborata e portata necessaria all’utenza porterebbe a un insufficiente raccolta energetica o a una scarsa efficienza di raccolta. Per questo motivo si è soliti utilizzare sistemi Open Loop per impianti industriali (carichi costanti) e quelli Closed Loop per impianti domestici (produzione di acqua calda sanitaria e riscaldamento di ambienti). D’altra parte, ultimamente alcuni processi di riscaldamento industriale vengono progettati al pari di grandi impianti domestici con elevati valori della portata circolante nei collettori e imponendo un certo numero di passaggi al giorno. In questo modo il volume dello storage risulta ben miscelato con temperature uniformi.

Talvolta si utilizza uno scambiatore intermedio (collector-heat exanger) per il trasferimento dell’energia dal fluido del collettore a quello utilizzato per l’accumulo, che risulta necessario sia per la protezione dal freddo (fluido primario costituito da una miscela di acqua e glicole) sia per evitare fenomeni corrosivi, che acqua non trattata provocherebbe (contenente gas e sali disciolti). I sistemi dotati di un collector-heat exanger vengono chiamati indirect coupled (sistemi ad accoppiamento indiretto), viceversa direct cuopled (sistemi ad accoppiemento diretto).

Esistono configurazioni che non richiedono l’utilizzo di collector-heat exchanger ma che comunque assicurano una soluzione ai problemi sopra elencati: back system e

drain-down system. In entrambi i casi un particolare sistema di tubazioni provoca lo svuotamento

del collettore quando, rispettivamente, viene a mancare la radiazione solare e si verificano condizioni di congelamento e/o evaporazione.

Per circuiti non pressurizzati sono presenti lungo il circuito delle valvole di sfogo che liberano, all’evenienza, il vapore creatosi all’interno delle tubazioni, assicurando una

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35 corretta circolazione del fluido (da notare che questa procedura corrisponde ad uno spreco energetico).

Per il collegamento fra lo storage e il circuito secondario legato all’utenza, talvolta si usa un ulteriore scambiatore di calore (load-heat exchanger) che preleva il fluido dallo storage ogniqualvolta il carico richiede energia. Da notare che la presenza di tale dispositivo comporta l’utilizzo di equipaggiamento dedicato e quindi spese ulteriori, motivo per cui solitamente si preleva l’acqua direttamente dallo storage. Per alcune applicazioni domestiche è possibile posizionare il load-heat exchanger direttamente all’interno dell’accumulo e in altri casi ancora eliminarlo direttamente con conseguente semplificazione dell’impianto. Quando è possibile (in funzione dell’applicazione) si preleva fluido caldo dalla parte alta dello storage e si reintegra il serbatoio con fluido fresco dal fondo, sfruttando il più possibile il fenomeno di stratificazione termica che si verifica nei serbatoi di stoccaggio.

Taluni schemi, lato circuito secondario, sono dotati di un circuito di by-pass che entra in gioco quando o non può essere raccolta energia dal serbatoio d’accumulo, escludendolo, o quando la temperatura dello stesso è maggiore di quella richiesta dall’utenza, per cui bypassare parte della portata permette la mitigazione della temperatura in uscita dal load-heat exchanger. Il circuito di bypass costituisce quindi un dispositivo di controllo differenziale.

In funzione del posizionamento dell’ausiliario si distinguono due tipologie di schemi:

topping-up type (ausiliario in serie) e all-or-nothing type (ausiliario in parellelo). Per quanto

riguarda le performance energetiche la prima tipologia è sicuramente migliore, ma la seconda è comunque ampiamente utilizzata per il retrofit solare di impianti di riscaldamento già esistenti, in quanto comporta piccole modifiche meccaniche all’impianto già esistente. Talvolta, negli impianti di piccola taglia, il dispositivo ausiliario di riscaldamento (costituito essenzialmente da riscaldatore elettrico) viene istallato direttamente all’intero dal serbatoio d’accumulo.

Esistono schemi che non comprendono l’utilizzo del serbatoio d’accumulo (solo per schemi Open Loop) e altri che ne posseggono due (double tank system). Il primo caso è sicuramente più affidabile ed economico, ma è dotato di un rendimento operativo molto ridotto a causa dei continui sprechi energetici che si verificano quando la disponibilità energetica supera la domanda. Nel secondo caso invece, a scapito di una maggiore complessità del sistema, gli sprechi energetici sono molto ridotti: il primo serbatoio d’accumulo funziona al pari di un preriscaldatore per il fluido del circuito secondario, che viene portato a temperatura dal sistema ausiliario di riscaldamento immerso nel liquido contenuto dal secondo recipiente.

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2.2.2 Altri schemi impiantistici

Schema Circuito Chiuso con Ausiliario in Parallelo

Anche in questo schema impiantistico il liquido che percorre il collettore è fisicamente separato dall’utenza e si chiude su sé stesso formando un anello chiuso. Nel circuito primario, una pompa in mandata invia il liquido al collettore che lo riscalda, quindi attraversa uno scambiatore di calore dove cede la propria energia al liquido del circuito intermedio. Il fluido del circuito intermedio in uscita dallo scambiatore viene raccolto all’interno di un serbatoio d’accumulo, a valle del quale si trova una pompa per la circolazione del liquido che costituisce a sua volta un circuito chiuso. Tale serbatoio è collegato ad un secondo scambiatore di calore che collega il fluido intermedio a quello dell’utenza (circuito secondario), riscaldandolo. Lato circuito secondario, a valle dello scambiatore si trova una valvola a tre vie che ripartisce la portata in due: una che passa attraverso lo scambiatore e l’altra che attraversa il riscaldatore ausiliario (per il raggiungimento della temperatura finale), quindi si ricongiungono a monte dell’utenza.

Figura 11: Schema impiantistico a circuito chiuso con sistema di riscaldamento ausiliario in parallelo

Schema Circuito Chiuso con Ausiliario in Serie

Anche in questo schema impiantistico il liquido che percorre il collettore è fisicamente separato dall’utenza e si chiude su sé stesso formando un anello chiuso. Nel circuito primario una pompa in mandata invia il liquido al collettore che lo riscalda, quindi attraversa uno scambiatore di calore dove cede la propria energia al liquido del circuito intermedio. Il fluido del circuito Intermedio in uscita dallo scambiatore viene raccolto all’interno di un serbatoio d’accumulo, a valle del quale si trova una pompa per la circolazione del liquido del circuito

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37 intermedio che costituisca a sua volta un circuito chiuso. Tale serbatoio è collegato ad un secondo scambiatore di calore che collega il fluido intermedio a quello dell’utenza (circuito secondario), riscaldandolo.

Come nello schema con riscaldatore ausiliario in parallelo, a valle dello scambiatore di calore è presente una valvola a tre vie che porta al collettore solo una frazione della portata del circuito secondario, bypassando l’altra. I due flussi di massa si riuniscono in un miscelatore in serie al quale si trova il dispositivo di riscaldamento ausiliario e quindi l’utenza.

Figura 12: Schema impiantistico a circuito chiuso con sistema di riscaldamento ausiliario in serie

Schema Circuito Chiuso Senza Accumulo

Pur trattandosi di un sistema impiantistico a circuito chiuso, il liquido processato dallo scambiatore è lo stesso che viene utilizzato dall’utenza, questo è possibile in quanto, a differenza dello schema impiantistico Open Loop, ai terminali dell’utenza si ha solo scambio energetico che non comporta un consumo diretto di acqua. Dopo l’uscita dell’utenza si trova una valvola a tre vie che divide la portata del circuito: attraverso una pompa, una di queste parti viene inviata al collettore che la riscalda, mentre l’altra (portata di bypass) viene direttamente inviata al miscelatore dove si riunisce alla prima. A valle del miscelatore si trova l’unità di riscaldamento ausiliario, quindi i terminali dell’utenza.

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Figura 13: Schema impiantistico a circuito chiuso senza serbatoio d’accumulo

Schema Circuito Chiuso con Doppio recipiente di Accumulo

Nel circuito primario il liquido spinto dalla pompa attraversa sequenzialmente il collettore e lo scambiatore di calore. Qui il liquido del primario cede la propria energia al liquido del circuito secondario, che in uscita dallo scambiatore entra nel primo serbatoio di accumulo, detto di preriscaldamento. In serie si trova un secondo serbatoio di accumulo all’interno del quel sono immerse le serpentine del riscaldatore ausiliario che portano a temperatura l’acqua. A monte dell’utenza si trova una valvola a tre vie che invia una parte dell’acqua all’utenza e ricircola la rimanente all’interno del serbatoio di accumulo di preriscaldamento, sempre all’interno di questo si introduce l’acqua di reintegro.

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Capitolo 3. Metodologie progettuali convenzionali per gli impianti solari

termici

Il dimensionamento di impianti solari consiste principalmente nel determinare l’area del collettore e le dimensioni del serbatoio di stoccaggio, che costituiscano un compromesso vincente fra il guadagno energetico e la spesa economica associati al sistema. Il problema di progettazione di base differisce per impianti ad isola e impianti a solare integrato, allo stesso modo le metodologie utilizzate per il loro dimensionamento. Ci concentreremo sull’analisi delle metodologie progettuali utilizzate per impianti solari termici integrati, in cui il solare si affianca ad un sistema energetico convenzionale per la produzione di energia utile. Il problema principale per la progettazione di impianti solari nasce dalla variabilità periodica stagionale delle grandezze climatiche, in particolar modo da quella della radiazione solare incidente. Gli estremi del dominio delle soluzioni possibili per il dimensionamento di un impianto sono quindi quelle che risolvono il problema utilizzando come dati di input, rispettivamente, la radiazione solare minima (metodologie basate sul Minimo Solare) e la radiazione massima (metodologie basate sul Massimo Solare) registrate nel periodo temporale scelto. Impianti progettati secondo il Minimo Solare, da una parte, riescono a garantire la raccolta energetica fissata per tutto il periodo temporale considerato, ma dall’altra, sovradimensionano l’impianto che, in condizioni operative favorevoli, produce più energia di quella necessaria. Viceversa, impianti progettati secondo il Massimo Solare sottodimensionano l’impianto, che fornisce il grado di copertura fissato unicamente nel periodo di massima radiazione solare e, di conseguenza, impone al sistema ausiliario di riscaldamento interventi più frequenti.

Entrambi i casi non soddisfano il compromesso tecno-economico in quanto, nel caso di progettazione basata sul Minimo Solare, il sovradimensionamento dell’impianto comporta un un costo eccessivo d’investimento, mentre per progettazioni basate sul Massimo Solare, l’energia raccolta dal sistema è minima e il consumo di combustibile si avvicina a quello che si avrebbe con un impianto convenzionale di riscaldamento. La soluzione ottima, ovvero la dimensione dell’area dei collettori e del serbatoio di stoccaggio che rispondono al compromesso tecno-economico, è compresa all’interno di tale domino e mai coincide con uno degli estremi.

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40 La maggior parte dei sistemi energetici segue la legge dei rendimenti decrescenti. In un sistema produttivo generico, ad ogni apporto di un fattore di input qualsiasi non corrisponde un incremento di produzione proporzionalmente crescente; generalmente la legge si verifica solo quando il valore dell’input variabile supera una determinata soglia. Nel caso di impianti solari termici, ciò significa che aumentare la taglia del collettore solare, o del serbatoio d’accumulo, comporta un aumento meno che proporzionale del risparmio annuale del combustibile o della frazione solare annua.

Per ogni modello si individuano due tipologie di parametri: esogeni ed endogeni. I parametri esogeni, anche chiamati parametri di input, si suddividono a loro volta in due tipologie. I parametri esogeni costretti, imposti dall’esterno, non sono suscettibili di variazioni poiché strettamente legati alle condizioni operative del sistema, quali le condizioni climatiche del luogo e domanda energetica dell’utenza. Quelli relativi alla struttura dell’impianto vengono chiamati parametri esogeni variabili e rappresentano l’insieme delle grandezze che devono essere definite, o determinate, dal progettista. Le principali sono l’area del collettore (𝐴𝑐) e i suoi parametri prestazionali (𝐹𝑅(𝜏𝛼) 𝑜 𝜂𝑜𝑡𝑡, 𝐹𝑅𝑈𝐿), le dimensioni del serbatoio

d’accumulo (𝑉𝑠𝑡) e il coefficiente globale di scambio con l’esterno (𝑈𝑠𝑡), la taglia dello scambiatore di calore e le strategie di controllo del sistema energetico. I parametri endogeni, o parametri di output, rappresentano l’insieme delle grandezze il cui valore dipende da quello assegnato ai parametri esogeni; nella progettazione degli impianti solari il parametro di output più importante è la frazione solare o il grado di copertura.

3.1. Classificazione

Le metodologie progettuali possono essere separate in tre generiche classi, in funzione dello sforzo computazionale relativo, della quantità di parametri di input richiesti e dell’accuratezza con cui vengono determinati quelli di output.

Le metodologie semplici, solitamente associate allo studio della prefattibilità dell’impianto, si basano su semplici calcoli manuali delle prestazioni del sistema e stime ingegneristiche empiriche. Quelle di medio livello sono utilizzate durante la fase di fattibilità del progetto. Per l’applicazione di questi metodi è utile l’utilizzo di un computer perché possono essere opportunamente programmati per soddisfare i gusti e gli scopi del progettista (utilizzo di fogli elettronici di calcolo); in alternativa, per specifiche configurazioni di sistema, potrebbero essere utilizzati pacchetti software disponibili sul mercato.

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