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Le colture officinali. Lo scenario aperto dal decreto n. 75 del 2018

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FACOLTA’ DI GIURISPRUDENZA

Corso di laurea magistrale in giurisprudenza

Tesi di laurea

LE COLTURE OFFICINALI

Lo scenario aperto dal decreto legislativo n.75 del 2018

Candidato:

Relatore:

Prof.ssa Eleonora Sirsi

De Virgilio Massimiliano

Matr. 484190

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(3)

Le colture officinali.

Lo scenario aperto dal decreto legislativo n°75 del 2018.

SOMMARIO

Premessa.

Pagina.

5

Introduzione: le colture officinali, il decreto n°75 del 2018

8

Capitolo I: Il piano di settore del Ministero: un settore

sottosviluppato.

15

1.1. La ricchezza dei componenti vegetali. 17

1.2. Una scarsa produzione a fronte di una grande tradizione. 21

1.3. I produttori. 25

1.4. Le difficoltà dei produttori. 27

1.5. La concorrenza estera. 28

1.6. Difficoltà di tipo agronomico e organizzativo. 30

1.7. Inserirsi in un mercato nuovo: quanto, dove e come investire. 33 1.8. Il volume di affari e le criticità legate alla eterogeneità dei componenti e

dei bisogni dell’industria. 36

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Capitolo II: Gli utilizzi delle officinali, usi storici e utilizzi nella

moderna industria.

2.1. Usi storici e attuali delle officinali. 39

2.2. Le piante officinali in cosmetica. 40

2.3. Le piante officinali ad uso alimentare. 43

2.4. Gli alimenti funzionali. 45

2.5. Gli integratori alimentari. 47

2.6. La questione dei botanicals. 49

2.7. Le piante officinali medicinali. 53

2.8. Curarsi con le piante medicinali. 54

2.9. L’utilizzo di componenti vegetali nella composizione dei farmaci. 56

2.10. La distinzione tra alimento e farmaco. 60

2.11. Le pianti officinali ad azione biocida. 62

Capitolo III: La situazione normativa del comparto delle

officinali.

3.1. Il decreto n°75 del 2018 e la precedente disciplina. 64

3.2. Gli effetti negativi della prolungata vigenza della l.n.99\1931. 66

3.3. Il decreto n°75\18 in dettaglio, la nuova disciplina. 69

3.4. La conservazione della biodiversità. 76

3.5. I frutti spontanei. 80

(5)

Capitolo IV: La realizzazione di un’agricoltura multifunzionale.

4.1. L’importanza dell’agricoltura. 87

4.2. L’evoluzione dell’imprenditore agricolo. 89

4.3. Una nuova dimensione dell’agricoltura. 91

4.4. Perché proprio l’agricoltura? 93

4.5. La prima Pac. 94

4.6. La riforma della Pac, il progetto McSharry e le ulteriori modifiche. 95

4.7. Un approccio sostenibile. 96

4.8. La multifunzionalità e la diversificazione delle attività. 97

4.9. La normativa italiana. 98

4.10. Le convenzioni con la Pubblica Amministrazione. 99

4.11. Il decentramento di funzioni. 100 4.12. Nuove possibilità.

Conclusioni.

103

Bibliografia.

105

Sitografia.

106

Schede tecniche

107

Decreto n. 75/2018

119

(6)

PREMESSA

Prima di cimentarmi nella redazione di questa tesi non conoscevo il termine “pianta officinale” e le relative utilità, sebbene in realtà già sapessi che le risorse del mondo vegetale erano estremamente preziose per l’uomo. Il decreto 75/2018 è una legge peculiare, non tanto per i suoi contenuti, quanto per il contesto e la tempistica con cui è

entrata in vigore. Non è facile trovare un settore normativo che sia stato trascurato così tanto a lungo, il settore delle officinali ha avuto infatti la medesima disciplina fin dal 1931

e solo da quest’anno il settore riparte con un diverso assetto.

L’analisi di questa tesi ha dunque innanzitutto esplorato le caratteristiche, le potenzialità legate al mondo delle colture officinali. Un mondo vasto che interessa svariati settori economici e normativi, dai cosmetici, ai medicinali, agli alimenti e ai prodotti di nuova

generazione. Le officinali, al termine di questa analisi, risultano essere un potenziale elemento di crescita per gli imprenditori agricoli e per il settore industriale oltre che essere

un settore di per sè estremamente dinamico. Ho riscontrato alcune difficoltà nel reperire informazioni aggiornate sul consumo e sull’impiego di componenti officinali in Italia e nel

mondo, perché appunto, essendo destinate all’utilizzo in vari settori industriali è stato necessario ricostruirne gli utilizzi in ogni settore specifico e in ambito internazionale

invece, non essendovi un esatto corrispondente in inglese, ho riscontrato una certa difficoltà nel trovare informazioni relative al consumo estero.

Questa tesi si basa in buona parte sul piano di settore elaborato dal Ministero delle politiche agricole e alimentari, il quale contiene un’indagine approfondita sui consumi e

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sulle esportazioni di componenti officinali, oltre che a tracciare anche un quadro generale dei produttori. Un dato rilevante sottolineato anche dal piano di settore stesso è appunto la mancanza di informazioni precise e aggiornate derivante dal fatto che non esiste un codice doganale specifico per le officinali1 , ma solo per i prodotti che ne contengono e al fatto

che per tali colture non sia mai stato istituito un organo che ne monitorasse l’andamento e i volumi.2

Tuttavia, ricercando e selezionando le informazioni, è facile accorgersi del crescente interesse verso questa tipologia di colture, colture che in ambito nazionale e internazionale sono talvolta definite come “piante industriali”, un genere di pianta dunque da lavorare, da

utilizzare nei processi industriali per rispondere a precise esigenze tecniche. Questa tesi è stata dunque per me un viaggio all’interno di un mondo estremamente vario

in cui mi sono dovuto documentare anche con materie estremamente lontane da giurisprudenza, come agraria e farmacologia, e che mi ha restituito l’immagine di un settore trasversale, dinamico e che continuerà ad evolversi in futuro. E proprio riguardo alle sue possibili evoluzioni e sviluppi che è necessaria una certa attenzione da parte del

legislatore.

La volontà sempre più diffusa dei consumatori di acquistare prodotti che vadano a beneficio della propria salute è stata infatti colta prontamente dal mercato. La comparsa di

un numero sempre maggiore di prodotti che si propongono di apportare miglioramenti al benessere dell’individuo, di migliorarne la salute impone infatti di adottare una certa cautela oltre che regole specifiche. Regole che ne assicurino l’efficacia, la sicurezza e ne

permettano la tracciabilità. Questi prodotti, che si pongono tra farmaco e alimento,

1 Fattore che ha obbligato ai fini della redazione del piano di settore a ricercare nei registri prodotti i singoli prodotti a base di officinali.

2 Istituito adesso dal decreto 75/18, un osservatorio permanente sulle colture officinali e relativi prodotti.

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richiedono un notevole sforzo definitorio, oltre che di una vigilanza sulla salute pubblica che potrebbe risentire di un eccessivo utilizzo di alimenti a cui siano stati aggiunti o che siano composti da sostanze in grado di influenzare la salute e la fisiologia di un individuo3.

Ad ogni modo, preoccupazioni a parte, le officinali costituiscono oggi un’occasione per rilanciare il settore agricolo italiano, un settore in difficoltà, a causa delle basse prospettive

economiche, che sta riscontrando negli ultimi anni un progressivo abbandono delle campagne. Un fattore sicuramente non trascurabile in un paese come l’Italia, in cui il 92%

della superficie nazionale è caratterizzato da aree classificate a vario titolo come zone rurali, di cui il 43% (quindi il 39,5% del territorio nazionale) presenta problemi di sviluppo, un dato che ci invita a non dimenticare l’importanza delle zone rurali e ci ricorda

l’opportunità, la necessità di investire nello sviluppo e nella manutenzione delle zone rurali, anche alla luce dei sempre più frequenti fenomeni di dissesto idrogeologico.

3 Al riguardo le aggiunte più comuni sono: vitamine, sali minerali, probiotici, sostanze anticolesterolo, altri micronutrienti come ad esempio i coenzimi.

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INTRODUZIONE

Le colture officinali, il decreto n°75 del 2018.

Questa tesi affronta lo scenario aperto dal decreto legislativo n°75 del 2018, una legge che ha abrogato la legge n°99 del 1931 emanata con regio decreto il 6 Gennaio 1931.

La presente normativa costituisce adesso il testo unico in materia di: raccolta, coltivazione e prima lavorazione delle piante officinali. Il nuovo decreto ha abrogato la precedente normativa rimasta in vigore per ben 87 anni, una longevità inusuale per una disciplina come l’agricoltura che ha visto negli anni numerosi interventi legislativi volti a tenere al passo con i tempi il settore primario.

Il comparto delle officinali è di recente in crescita e ha suscitato l’attenzione di molti imprenditori agricoli che già da tempo avrebbero voluto includerle nelle loro coltivazioni per diversificare le proprie attività e assicurarsi un profitto maggiore. La vera spinta a modificare questa legge non è stata tanto la richiesta da parte degli imprenditori agricoli di poter coltivare senza limitazione questa tipologia di colture, quanto l’evolversi del mercato, la ricerca di prodotti salutari e l’offerta sempre più larga di prodotti benefici provenienti dalla natura con il conseguente utilizzo più consistente di componenti vegetali È la riscoperta della natura, l’esigenza di prendersi una cura sempre maggiore del proprio corpo il volano del cambiamento. Oggi, al di là dei già presenti bisogni di componenti officinali da parte dei vari settori industriali, si assiste infatti ad un consistente aumento di

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offerta e di consumo di prodotti benefici, naturali, di nuova generazione come gli integratori alimentari.

Sono una tipologia di prodotti che si vanno ad aggiungere alla lunga lista di tipologie di prodotti per la salute, che vanno dal medicinale, al farmaco vegetale, al prodotto erboristico. Il concetto di salute in sè possiamo dire essersi allargato. Essere in salute non significa più solamente essere privo di malattie significative, ma significa anche avere prestazioni fisiche e cognitive al massimo, prevenire i possibili futuri disturbi, un bisogno a cui gli integratori cercano di dare una risposta. E sono proprio gli integratori il prodotto più controverso, un prodotto che si configura come alimento, ma che può svolgere, o per lo meno dichiara di svolgere funzioni benefiche e di ridurre il rischio di insorgenza di disfunzioni4.

Il termine “officinale” non si riferisce ad alcuna famiglia o tipologia vegetale in particolare, è una locuzione che indicava quelle erbe, piante, fiori, alberi o parte di pianta che per anni sono state raccolte, lavorate e utilizzate per rispondere ai bisogni dell’uomo. Opificina è un termine medievale con cui si indicava il luogo di lavorazione, la matrice storica di questo termine risulta anche dal fatto che non esiste un esatto corrispondente nelle altre lingue, si utilizzano termini come medicinal plants, spices, botanicals, ma non si riscontra un termine che corrisponda perfettamente che ne esprima la complessità. Questo decreto ha finalmente raccolto le istanze provenienti dagli operatori del settore primario e secondario che richiedevano da tempo un intervento su una legge ritenuta eccessivamente limitativa, con un mercato in via di espansione, la precedente legge e i suoi vincoli rendeva infruttuoso a molti coltivarle.

4 Gli integratori possono affermare che una o più sostanze di cui sono composti possono ridurre il rischio di insorgenza di malattie, ma non possono in alcun modo far intendere anche implicitamente che la loro assunzione previene l’insorgenza di una malattia grave.

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La proposta del decreto ha tuttavia provocato un’accesa protesta da parte delle associazioni di erboristi come Fippo e Fei, che hanno da subito manifestato il proprio dissenso contro la proposta legislativa chiedendo una maggiore tutela della propria professione.

Il decreto abroga infatti la legge che ha istituito nel lontano 1931 la figura professionale dell’erborista, la quale ha goduto per oltre 80 anni di un monopolio sulla manifattura dei prodotti erboristici. L’abrogazione della legge ha come unico interesse quello di favorire la coltivazione di officinali e non di cancellare gli erboristi, tuttavia la categoria adesso si sente decisamente minacciata dalla liberalizzazione del loro settore a favore di tutto il mondo agricolo. I dati economici, in ogni caso, indicavano da tempo ormai che il settore fosse sottosviluppato e una modifica della legge era divenuta improrogabile. Sebbene negli anni precedenti si erano prospettati alcuni progetti di riforma, non si sono mai concretizzati. Questo decreto, arrivato poco prima dello scioglimento del governo Gentiloni, ha finalmente sciolto il nodo delle piante officinali, l’obiettivo è quello di favorire la produzione interna, una produzione interna a soddisfare solamente un terzo della domanda interna di componenti officinali, una domanda che cresce insieme a tutto il settore agroalimentare, il secondo comparto produttivo più ricco in Italia.

Il nuovo decreto costituisce un deciso cambiamento rispetto alla precedente disciplina: il controllo della coltivazione passa da essere preventivo a successivo e allarga la platea dei soggetti che possono occuparsene, gli erboristi vengono citati solamente una volta nel decreto ma è auspicabile che le loro competenze non restino inutilizzate.

Le due leggi sono decisamente lontane nel considerare le colture officinali, la legge del ’31 era stata emanata con la consapevolezza che certe piante dovevano essere maneggiate da

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professionisti, potendo essere pericolose per la salute. Il presente decreto invece considera il comparto delle officinali come vasto ed eterogeneo, suddiviso in micro/categorie, ognuna con le proprie specifiche caratteristiche e regolate dalla propria disciplina. La normativa previgente risultava al riguardo decisamente anacronistica dato che sono numerosi i componenti vegetali officinali utilizzati nell’industria alimentare, liquoristica e cosmetica per i quali era sufficiente applicare la relativa normativa di settore, anziché quella eccessivamente restrittiva delle colture officinali.

Numerose sostanze vegetali sono utilizzate anche in medicina, per produrre farmaci e naturalmente per queste è necessaria un grado di cautela maggiore, ma dalle piante officinali si possono ricavare anche tinture, olii, essenze, fibre, coloranti e altre sostanze preziose normalmente impiegate nelle produzioni industriali. L’aumento di domanda dei componenti vegetali è dovuto in parte anche all’aumento, appunto, di prodotti alimentari legati al benessere fisico, come gli integratori e i cibi addizionati, una serie di prodotti border line che si pongono a metà tra alimento e medicinale e sui quali sorge qualche dubbio sulla sicurezza e sulla relativa utilità. Tali prodotti sono formalmente dagli alimenti ma presentano talvolta una composizione e degli effetti tali da far sorgere dubbi sulla effettiva natura degli stessi.

Negli anni il legislatore è comunque intervenuto regolarmente per aggiornare le attività considerabili come agricole, accrescendo costantemente il raggio operativo dell’agricoltore che nel tempo si è evoluto da semplice contadino, coltivatore di “fondo”, alla figura di imprenditore agricolo, un soggetto le cui attività possono spaziare dalla semplice coltivazione, all’allevamento di animali, alla bonifica di terreni e altre attività correlate.

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Con questo decreto viene affidato agli imprenditori agricoli anche la coltivazione e prima lavorazione di officinali, sperando così di poter soddisfare la domanda interna di componenti di tipo officinale e aumentare anche l’offerta da destinare alle esportazioni. Le ricerche commissionate dal Mipaaf (Ministero per le politiche agricole, ambientali e forestali) indicano infatti un’importazione di componenti vegetali officinali dall’estero pari al 70% della domanda interna. Una situazione chiaramente addebitabile ad una produzione interna largamente insufficiente che può essere sicuramente colmata dalle produzioni nazionali ed essere remunerativa per gli imprenditori agricoli e combattere così lo spopolamento delle zone rurali, una tendenza che a partire dal disaccoppiamento degli aiuti comunitari è in aumento e che rischia di lasciare vaste aree prive di alcun presidio e controllo.

La contraddizione della situazione italiana relative alle officinali sta nell’avere, da una parte, una lunga tradizione di utilizzo delle officinali, al punto di aver istituzionalizzato una figura professionale ad hoc, quella dell’erborista, istituita solamente in Italia e in Portogallo, dall’altra, avere una produzione nazionale che soddisfa solamente il 30% del totale, sebbene gran parte delle varietà siano coltivabili in territorio italiano.

Gli agricoltori adesso, o meglio, gli imprenditori agricoli, dovranno familiarizzare con concetti specifici come tempo balsamico5 e altri problemi specifici relativi al trattamento di

queste piante, differenti per tipologia agronomica. Piante la cui preziosità sta nella chimica dei suoi componenti, negli odori, nei principi attivi in esse contenute.

5 Il periodo di raccolta, specifico di ogni pianta, in cui la pianta raggiunge la concentrazione massima/ottimale di principio attivo.

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La realizzazione di una filiera integrata di colture officinali richiederà sicuramente del tempo dato che vi sono appunto diverse lacune a livello di conoscenza agronomica da colmare e una struttura organizzativa/logistica da implementare, ma i dati fanno comunque ben sperare in un consistente aumento delle produzioni.

Il compito di fornire la formazione necessaria è demandato dal decreto principalmente alle Regioni6, uno degli interlocutori principali della legge, che possono meglio rispondere alle

specificità territoriali non solo per la formazione, ma anche per gli altri aspetti correlati, come la messa a coltivazione di specie a rischio e la tutela del territorio.

Allargando il discorso su una prospettiva più ampia: si può facilmente affermare che l’agricoltura era e continua ad essere un’attività di importanza strategica. Oltre a provvedere alla produzione di beni alimentari, svolge anche un controllo e una manutenzione importante sul territorio, anche nelle zone difficili. Non a caso, sono una categoria che necessita e merita di essere costantemente protetta e monitorata.

All’interno della Comunità Europea gli agricoltori sono da tempo sostenuti dalla Politica Agricola Comune, un sistema di aiuti che negli anni ha provveduto a far crescere le produzioni alimentari e a sviluppare le zone rurali sottraendo l’agricoltura alle turbolenze del mercato e garantendole una relativa stabilità. Oggi, gli obiettivi della politica comune sono cambiati e con loro le modalità d’aiuto. Oggi oltre al semplice aiuto economico (erogato a tutti coloro che svolgano l’agricoltura come attività principale) vi sono bonus per chi opera in zone considerate a rischio, per chi si prende cura di aree di interesse ecologico, per chi utilizza metodi produttivi non inquinanti, per chi tutela la biodiversità e altre attività di interesse collettivo, segno di una crescente attenzione su tematiche sempre più importanti e pressanti. Il rapporto diretto con la terra e le risorse naturali pone in campo

(15)

all’agricoltore una responsabilità che cresce di anno in anno e rende necessario pensare ed investire in soluzioni sostenibili per il futuro per le quali servono investimenti e stabilità economica.

La multifunzionalità, la diversificazione delle attività, la pluri attività, sono alcune delle possibili risposte alle sfide future legate all’agricoltura7, per ottenere un’agricoltura

sostenibile è necessario che gli imprenditori agricoli siano solidi finanziariamente e possano ragionare sul lungo periodo, le officinali a tal fine potrebbero rivelarsi particolarmente redditizie e rendere possibili maggiori investimenti in soluzioni efficaci e rispettose dell’ambiente.

In conclusione: i punti che interessano questo decreto sono molti e interessanti, il mercato delle officinali si presenta infatti come particolarmente trasversale a vari settori produttivi. Un fattore che ci consente di approfondire le dinamiche legate all’evoluzione di molti prodotti, in particolare alimentari e medicinali, che fanno sorgere qualche dubbio sulla sicurezza e forniscono qualche idea su come si potrebbero sviluppare i consumi in futuro. Questa tesi si propone dunque di analizzare il decreto n°75\2018 e il contesto giuridico ed economico in cui si inserisce, cercando di mostrare brevemente le applicazioni, la storia e le utilità delle officinali e i possibili sviluppi derivanti da un utilizzo maggiore di componenti vegetali nella fabbricazione di alimenti.

Parlando di agricoltura è dunque opportuno ed interessante parlare di agricoltura multifunzionale o meglio, di multifunzionalità, un approccio moderno ad una pratica antichissima, per poter rispondere al meglio alle esigenze odierne e ai bisogni futuri.

7 Per far fronte alla crescita demografica e alle abitudini alimentari in evoluzione la produzione alimentare mondiale deve raddoppiare entro il 2050. È confrontata all'impatto dei cambiamenti climatici sulla biodiversità, sul suolo e sulla qualità dell'acqua e alle esigenze del mercato globale.

https://europa.eu/european-union/topics/agriculture_it , introduzione alla tematica dell’agricoltura nella Comunità Europea.

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CAPITOLO I

IL PIANO DI SETTORE DEL MINISTERO: UN SETTORE

SOTTO SVILUPPATO

1. La ricchezza dei componenti vegetali. 2. Una scarsa produzione a fronte di una grande tradizione. 3. I produttori. 4. Le difficoltà dei produttori. 5. La concorrenza

estera. 6. Difficoltà di tipo agronomico e organizzativo. 7. Inserirsi in un mercato nuovo: quanto, dove e come investire. 8. Il volume di affari e le criticità legate alla eterogeneità dei componenti e dei bisogni dell’industria. 9. Considerazioni finali sul

mercato delle officinali.

Dalle parole si passa ai fatti, o meglio, ai dati8.

Il piano di settore della filiera delle piante officinali, elaborato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali tra il 2014 e il 2016 ed approvato dalla conferenza permanente tra Stato e Regioni è il documento più recente ed aggiornato sul consumo e sulla situazione economica del comparto delle officinali. Il piano9, rende la fotografia di un

settore poco sviluppato, frammentato, con diverse lacune a livello di conoscenze e che riesce a soddisfare la domanda interna solamente per il 30%. Il resto, il 70% dei componenti vegetali richiesti dalle produzioni nazionali, è di importazione. La provenienza

8 I dati sono stati elaborati a seguito dell’istituzione del progetto “Osservatorio economico del settore delle piante officinali” affidato a ISMEA (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare). Ai fini statistici Istat e Eurostat definiscono come officinali le “Piante aromatiche, medicinali, spezie e da condimento” che fanno parte del più ampio gruppo delle “piante industriali”.

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delle importazioni di componenti vegetali è varia: oltre ovviamente a importazioni da paesi asiatici per spezie come il ginseng o lo zenzero vi è una forte importazione dai paesi dell’est Europa, come Croazia, Albania e Ungheria.

Il piano offre la fotografia di un settore con grosse potenzialità di sviluppo, potenzialità di sviluppo legate alla forza del settore agro alimentare italiano e del suo appeal estero. Un altro fattore che deve incoraggiare i produttori italiani è il fatto che i concorrenti dell’est Europa sono per lo più raccoglitori di piante spontanee e quindi di qualità non eccelsa. Un fattore da cui i produttori italiani devono cercare di trarre un vantaggio, la produzione di officinali in Italia, puntando sulla qualità del prodotto, potrebbe conquistare una posizione di vantaggio nel mercato delle officinali, che come vedremo, si presenta pieno di possibilità. Inoltre le colture officinali potrebbero rispondere anche a necessità ulteriori collegate alla pratica dell’agricoltura, come ad esempio quello di recuperare anche i terreni più impervi e marginali.

Gli elementi che rendono appetibili per un coltivatore queste piante sono dunque essenzialmente due: uno appunto economico, in quanto sono una categoria di piante che può trovare applicazione e utilizzo in vari settori manifatturieri e industriali e secondariamente un interesse di tipo anche agronomico. Le officinali infatti, pur essendo, un insieme eterogeneo di specie vegetali, presenta un gran numero di piante erbacee, una tipologia di pianta spontanea che non richiede particolari cure e pertanto si presta anche ad un tipo di coltivazione che non richiede un grosso sforzo e permette di utilizzare e quindi mantenere anche terreni non molto generosi.

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1.1 La ricchezza dei componenti vegetali

Analizziamo le colture officinali partendo invece dal punto di vista economico.

Il consumo di componenti officinali nell’industria farmaceutica, alimentare liquoristica e cosmetica è in aumento in tutto il mondo10. Un aumento che è rilevabile sia dall’aumento

dei volumi acquistati all’ingrosso sia dall’aumento delle vendite di prodotti a base vegetale (principalmente integratori, mangimi addizionati, coloranti e altri additivi). L’aumento di richiesta di questi componenti deriva dal fatto che il settore agroalimentare italiano, nonostante il periodo di crisi recentemente attraversato, non ha mostrato segni di cedimento e anzi ha registrato un +1,24% dei ricavi, segno di una particolare forza del settore. Ma l’utilizzo di componenti officinali non si limita al solo settore agroalimentare dove è facile immaginare che piante come il rosmarino, la salvia, il basilico e altre piante da condimento possano trovar facile applicazione, ma va oltre.

Quello che generalmente si ignora è che la gran parte delle sostanze che occorrono o che comunque vengono aggiunte per il confezionamento di cibi confezionati o di cibi precotti sono di origine vegetale. Quando si parla di additivi o agenti conservanti è facile pensare che si tratti di una qualche sostanza chimica, ma spesso, più semplicemente si tratta di una sostanza vegetale. Nell’industria alimentare i componenti officinali sono infatti generalmente impiegati come additivi alimentari11 , cioè sostanze aggiunte nel processo

produttivo utili per la correzione del sapore, dell’aroma, del colore e utilizzati anche come

10 Pagina 8, Piano di settore della filiera delle piante officinali 2014-2016

11 Per additivo alimentare si intende qualsiasi sostanza, normalmente non consumata come alimento in quanto tale e non utilizzata come ingrediente tipico degli alimenti, indipendentemente dal fatto di avere un valore nutritivo, aggiunta intenzionalmente ai prodotti alimentari, per un fine tecnologico, nelle fasi di produzione, trasformazione, preparazione, trattamento, imballaggio, trasporto o

immagazzinamento degli alimenti, che si possa ragionevolmente presumere diventi, essa stessa o i suoi derivati, un componente di tali alimenti direttamente o indirettamente. Definizione del Ministero della Salute http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?

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agenti conservanti. Sempre nel settore alimentare rientrano anche le aziende produttrici di liquori e bevande zuccherate per le quali i componenti officinali utilizzati sono principalmente quelli di tipo aromatico. I liquori sono infatti il risultato di una macerazione in alcool di diverse componenti aromatiche miste a zucchero. Il risultato della macerazione dei componenti è il liquore, un prodotto dove si mescolano i profumi di tutti i componenti lasciati a macerare.

I liquori possono inoltre variare molto di composizione, vi sono liquori che si avvalgono di un mix di numerose erbe officinali12 che richiedono un flusso costante di

approvvigionamenti di erbe. Vi sono invece bevande in cui i componenti vegetali sono utilizzati soprattutto come colorante, come ad esempio nelle bevande zuccherate, alle quali viene conferito un colore accattivante con l’aggiunta di coloranti vegetali. Sostanze come il carotene, il licopene sono sostanze estratte da componenti vegetali che con poche gocce possono cambiare il colore e l’aspetto di una bevanda.

L’utilizzo di coloranti che comunque non si limita solamente alle bevande ma anche agli alimenti, un’esigenza, quella della presentazione ottimale, alla base di tutta la moderna industria agroalimentare che punta moltissimo sull’aspetto e sulla prima impressione del prodotto..

Le officinali trovano poi applicazione anche in campo medico/farmaceutico. Trovano applicazione sia perché, esistono terapie a base di piante medicinali, terapie valide dal punto di vista scientifico, in quanto alla base della moderna medicina, sia perché le piante sono tuttora oggetto di studio, dato che la ricchezza del mondo vegetale (e animale) ci ha consegnato svariate risposte nel corso degli anni alla cura di malattie terribili e può

12 Mandarino, anice, arance, camomilla, ginepro, liquirizia, menta e issopo, questi sono i componenti principali di un famoso liquore italiano; interessante notare come l’issopo ad esempio, sia anche una pianta dalle proprietà medicinali.

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continuare a fornircene13. Inoltre nei farmaci i componenti officinali possono essere

utilizzati sia come eccipiente, ossia come sostanza complementare priva di alcuna azione farmacologica14, sia come principio attivo, ovvero come sostanza o complesso di sostanze

responsabili di un’azione farmacologica sulla patologia o sul corretto funzionamento fisiologico dell’organismo.

Questi che ho appena illustrato brevemente sono i tre principali di settore di destinazione dei componenti vegetali, ma vi sono altre ragioni, come accennato poc’anzi, legate all’aumento di domanda interna di componenti officinali. L’aumento che deriva dall’evoluzione del tipo di domanda dei consumatori, fin dagli anni 90, ma ora più che mai, si è assistito ad un deciso cambiamento nelle abitudini e nei parametri di scelta dei consumatori. Vi è un’accresciuta richiesta di prodotti biologici, di prodotti a base vegetale; una tendenza che si innesta nell’accresciuto grado di conoscenza di tematiche come l’ambiente e la salute. In particolare la salute è divenuto un tema stretto a doppio filo con l’alimentazione, il rapporto con il cibo si è infatti innalzato ad una dimensione più ampia, che va oltre al semplice sostentamento e che mira a migliorare la salute attraverso il cibo. Per quanto riguarda il campo medico: numerosi sono i farmaci, di cui spesso ignoriamo la provenienza, i cui principi attivi sono stati individuati dapprima nelle piante e poi sintetizzati autonomamente in laboratorio, pensiamo ad esempio all’aspirina. Questo farmaco conosciuto in tutto il mondo come panacea per ogni malanno, deriva dall’acido salicilico, una sostanza estratta dalla corteccia e dalle foglie del salice. Un altro farmaco che ha cambiato il mondo è il chinino. Il farmaco che permise di debellare la malaria,

13 È questo è uno dei motivi di maggior preoccupazione alla luce della crescente perdita di biodiversità, perdere una specie significa perdere una possibile risposta.

14 Gli eccipienti sono di vari tipi, possono fungere da agente di rivestimento, da agente di assorbimento, di legame e vari altri.

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proviene a sua volta dalla corteccia dell’albero della china, un albero che cresceva solamente in Sud America.

Queste sono solo alcune delle testimonianze che dimostrano la valenza e la potenza dei componenti vegetali, che oggi pare dimenticata. Quello che viene da pensare quando generalmente si pensa ai farmaci, ai coloranti o più in generale quando si pensa agli additivi, è che siano tutte sostanze di origine chimica, ben lontane da tutto ciò che è naturale, ma la realtà è ben diversa, sono molti infatti gli estratti vegetali utilizzati nell’industria, la stessa Vitamina C, per esempio, è utilizzatissima come conservante (E-300) ed è al 100% naturale. Una concezione quindi errata, che distorce un po' la realtà e che spinge molti di noi a essere diffidente verso certi termini.

Il consumo di officinali previsti dal decreto(alimentare, cosmetico, medico e liquoristica) ha dunque registrato di recente un incremento consistente in tutti i settori (ad eccezione del liquoristico, leggermente in calo). Ricapitolando, ciò è dovuto al fatto che il comparto agroalimentare è un settore tendenzialmente in crescita e dovuto anche al fatto che il mercato si dirige sempre più verso questi prodotti benefici, salutari e preferibilmente naturali. L’ aumento di vendita di questi prodotti deriva dall’aumentare dei canali di distribuzione, oltre ai punti di vendita fisici, si registra infatti un deciso aumento delle vendite on line.

Questo dato si pone in linea con la crescente attenzione verso il biologico, l’equo e solidale e anche una crescente diffidenza verso il chimico, l’industriale. Una diffidenza per lo più immotivata, ma che comunque si traduce in una preferenza verso una certa tipologia di prodotti e metodi produttivi. L’accresciuta attenzione verso i prodotti naturali e biologici, la riscoperta dei rimedi tradizionali, sono tutte tendenze che accrescono la domanda di

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componenti officinali e dunque accendono l’interesse degli agricoltori e dei produttori a disporre di una quantità maggiore di componenti officinali sul mercato interno.

Per concludere: suscitano una notevole attenzione (e anche qualche dubbio) i prodotti di nuova generazione, come ad esempio i cibi addizionati, gli integratori alimentari, i quali costituiscono una sorta di figura border line, essendo degli alimenti che si propongono come particolarmente indicati per la salute, pur non essendo dei medicinali, contenenti oligoelementi e principi nutritivi utili per la prevenzione di patologie. Sono comparsi molto prima del decreto n°75/2018, per essi è stata emanata una disciplina apposita: la Direttiva 2002/46/CE, attuata con il decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 169, per i quali stabilisce standard di sicurezza e procedura di autorizzazione alla messa in commercio. Gli integratori (trattati separatamente nel Capitolo II) sono un prodotto particolarmente consumato in Italia, un consumo che cresce in tutti i paesi industrializzati e che fa comprendere quali interessi spingessero particolarmente per una modifica della legge 99/1931 e delle sue limitazioni.

1.2 Una scarsa produzione a fronte di una grande tradizione.

Un piccolo excursus storico.

A livello di tradizione le officinali sono conosciute e da sempre utilizzate per i più svariati bisogni. Il bacino del mediterraneo è stato infatti la culla di molte e importanti civiltà antiche, civiltà che hanno spinto i limiti della conoscenza umana osservando il mondo naturale intorno a sé. In particolare, le polis greche prima e Roma in seguito, hanno rappresentato centri di aggregazione e di scoperta straordinaria. I greci che con il loro

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pensiero razionale e curioso, hanno per primi esplorato le capacità curative delle piante15 ,

queste conoscenze sono poi confluite a Roma, capitale di un vasto impero, che divenne negli anni un grande laboratorio sperimentale di medicina e di scienze erboristiche.

Nel Medioevo, il rapporto dell'uomo con la natura era spesso caratterizzato da superstizioni e credenze popolari legate al mondo naturale. In Toscana, ad esempio, si riteneva che le foglie fritte di pulicaria (menta selvatica), se date ad una donna incinta, preservassero il neonato dalle fratture; oppure, si credeva che la verbena fosse un ottimo rimedio al mal di testa, ma solo se raccolta nel giorno di San Giovanni. Un ruolo significativo nello sviluppo scientifico della botanica medievale fu svolto dagli ordini monastici. In particolare, la tradizione botanica e farmaceutica fu sviluppata grazie all'istituzione dell'Hortus simplicium [medicamentorum] o Hortus medicus,16 uno spazio all'interno del monastero

riservato alla coltivazione dei semplici (erbe officinali semplici, cioè grezze). Annessi agli orti furono costituiti anche gli armaria pigmentariorum, embrione delle prime farmacie monastiche, dove venivano conservate e seccate le diverse piante officinali.

Nel corso del Quattrocento furono messe in discussione le credenze popolari così diffuse nel Medioevo. Nell'età dell'Umanesimo, l'attenzione per gli autori classici favorì il recupero e lo studio di Plinio, Dioscoride e Teofrasto, inoltre vennero tradotti e “volgarizzati”, cioè tradotti a scopo divulgativo, numerosi testi antichi da destinare all’integrazione della conoscenza medica17.

15 Era greco ad esempio, solo per citarne alcuni, Ippocrate, il primo medico della storia del quale sono sopravvissute alcune testimonianze delle cure e i rimedi adottati come ad esempio impacchi di cicoria e cataplasmi di fichi. Dioscoride Pedanio, il cui “De materia medica” un’opera sopraffina di catalogazione delle caratteristiche agronomiche e curative di praticamente tutte le piante conosciute nell’antichità costituì per molti secoli il testo didattico per eccellenza per la formazione degli aspiranti medici, contribuendo a preservare le conoscenze nel tempo.

16 Una delle testimonianze più simboliche è la famosa scuola di Salerno, ritenuta per secoli la più grande scuola di medicina del mondo medievale. I professori di questa università per insegnare agli studenti si avvalevano del Giardino della Minerva, un giardino (che noi oggi definiremmo come orto botanico) in cui gli studenti potevano fare pratica con le erbe medicinali, gli unici farmaci validi a disposizione.

17 Il prezioso codice dell'enciclopedica Naturalis historia compilata dall'erudito romano Plinio il Vecchio, oggi conservato nella Biblioteca Laurenziana, fu acquistato a Lubecca da Cosimo il Vecchio e

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Nella prima metà del Cinquecento videro la luce, in Europa, una serie di opere che aggiornavano la tradizione medievale e gettavano le basi per un più moderno studio delle scienze naturali. Tra queste, i fortunatissimi Commentari a Dioscoride del medico senese Pier Andrea Mattioli, e il De historia stirpium del tedesco Leonhart Fuchs, considerato il padre della botanica moderna.

Intorno al 1540, Cosimo I de' Medici offrì proprio a Fuchs, illustre botanico, la cattedra di "Medicamenti semplici" da poco istituita nello Studio pisano. Dopo il rifiuto del naturalista tedesco, il Granduca affidò la cattedra al medico imolese Luca Ghini. A Ghini fu assegnato anche il compito di istituire a Pisa, nel 1544, un Giardino dei Semplici per soddisfare le esigenze didattiche e di ricerca dell'Università. Si trattava del più antico orto botanico abbinato ad una struttura universitaria istituito in Europa. Subito dopo, nel 1545, Cosimo I istituì il Giardino dei Semplici fiorentino, mentre un giardino dei semplici annesso allo Spedale di Santa Maria della Scala di Siena fu fondato nel 1588. Testimonianze incredibili che dimostrano l’importanza di coltivare e studiare le piante di interesse officinale, da questi esempi storici capiamo come l’importanza delle piante non sia solo alimentare ma risponda a un vasto insieme di interessi e di come l’Italia sia portatrice di una lunga tradizione.

Nel 1716 nacque la Società Botanica Fiorentina, la prima accademia botanica europea. A fondarla fu Pier Antonio Micheli, scienziato di fama europea, in contatto con i più grandi botanici del tempo. Le sue opere manoscritte, conservate nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, costituiscono uno dei documenti più rilevanti per la storia del pensiero scientifico toscano settecentesco. Nel corso del Settecento, grazie anche alla politica del

fu volgarizzato da Cristoforo Landino, mentre Marcello Adriani, Segretario della Repubblica Fiorentina, tradusse Della Materia medica del medico greco Dioscoride.

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governo lorenese, le scienze naturali ebbero un impulso notevolissimo. Nel 1723 Michelangelo Tilli pubblicò il catalogo delle piante del Giardino dei semplici pisano, mentre nel 1748 Targioni Tozzetti dette alle stampe il catalogo del Giardino dei Semplici fiorentino. Nell'abbazia di Vallombrosa, don Bruno Tozzi e altri monaci studiarono e raffigurarono con estrema perizia le essenze vegetali della regione. Nel 1753 fu istituita a Firenze l'Accademia dei Georgofili, prima accademia agraria d'Europa. Un anno dopo fu creata a Cortona un'Accademia Botanica. E a Siena, nel 1784, fu istituito l'Orto botanico dell'Università.

I passaggi storici elencati in questo paragrafo mettono in luce un rapporto diretto tra studio delle piante e l’arte medica, un rapporto che oggi sfugge all’immaginazione generale che non ci consente di accorgerci della potenza dei componenti vegetali. Gli orti e i giardini botanici dell’epoca abbiamo visto erano finanziati spesso e volentieri dai sovrani, dai potenti, i quali riconoscevano nello studio delle piante una ricerca importante, vitale se vogliamo, dato che le epidemie erano una minaccia ben più grave di oggi e i rimedi offerti dalla natura erano gli unici in grado di salvare delle vite. Questi orti e giardini botanici tutt’oggi rivestono un’importanza scientifica rilevante, mentre nel passato essi costituivano l’unica ancora di salvezza in caso di epidemia, oggi la ricerca di nuove sostanze e la comprensione più approfondita dei rapporti e delle potenzialità di alcuni componenti vegetali è diretta sia alla cura di malattie gravi, che ad aumentare la ricchezza e il benessere della società.

Avendo ripercorso parte della storia relativa allo studio del mondo vegetale si può dire che oggi come allora lo studio del mondo vegetale è un’attività che si innesta principalmente su una continua ricerca nel campo medico di piante da utilizzare per curare le malattie, ma non solo. Oggi la ricerca è incentrata anche e soprattutto sulle applicazioni industriali del

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mondo vegetale. Fibre, tinture, oli, essenze e componenti chimici di varia natura, sono sostanze preziose, sostanze di cui non possiamo fare a meno e per le quali si raggiunge un grado sempre maggiore di specificazione.

Il clima unico della nostra penisola registra poi un numero di varietà presenti e coltivabili maggiore di ogni altro paese europeo, il 50% delle specie vegetali presente in Europa si trova infatti in Italia, un paese la cui dimensione è di circa 1\30esimo dell’intero continente europeo. La variabilità del clima italiano a seconda della zona di riferimento e la larga presenza di aree declivi (colline e montagne) rendono infatti l’Italia un paese dalle caratteristiche orografiche molto eterogenee, un fattore che può costituire un vantaggio nella coltivazione di più tipologie di officinali, posto che i componenti richiesti sono a loro volta molto eterogenei, condizioni climatiche eterogenee consentono di poter coltivare più tipologie di piante e dunque soddisfare maggiormente la richiesta.

1.3. I produttori italiani e nella Comunità Europea.

A livello europeo, le statistiche più aggiornate (2010)18, riferiscono di oltre 36mila aziende

interessate alla coltivazione di “piante aromatiche, medicinali e da condimento” con una superficie complessiva di quasi 234mila ettari coltivati.

La diffusione di queste colture oggi in Italia è tutto sommato significativa, i dati indicano un totale di 293819 aziende che coltivano officinali distribuite in tutte le regioni italiane, per

una superficie complessiva di 7191 ettari, cifre che comunque attestano una presenza non

18 Dati che si riferiscono al sesto censimento nazionale dell’agricoltura del 2010, un censimento che si rinnova ogni 10 anni.

19 Dati riferiti al periodo di osservazione 2014-2016, la mancanza di dati esatti e costanti costituisce uno dei punti più critici evidenziati dal Piano.

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marginale, un dato di partenza incoraggiante sotto questo punto di vista, tuttavia un dato scoraggiante riguarda lo spopolamento delle zone rurali.

Qualche dato sul tipo di imprese. Le imprese agricole italiane si presentano sul territorio come numerose e spesso di piccole dimensione. Il decimo censimento nazionale dell’agricoltura mostra anche una tendenza generale di riduzione del numero delle imprese presenti sul territorio.20 Il numero delle aziende è infatti diminuito in media del 32,2 %, con

valori massimi nelle regioni del centro Italia (-40%), dove sono state registrati delle flessioni importanti in Toscana (-38,4 %) e nel Lazio (-48,7%). Stesse percentuali come ordini di grandezza anche per Val d’Aosta (.41,2%), Liguria (-46,1%) e nella provincia autonoma di Trento (.42,0%). A fronte di queste flessioni importanti del numero di aziende, la Sau, la superficie agricola utilizzata, rimane sostanzialmente inalterata. Questi dati indicano che a fronte di una riduzione del numero di aziende, le aree utilizzate rimangano inalterate, ciò significa che le piccole aziende sono state rilevate o assorbite da aziende più grandi. Due esempi lampanti di questa dinamica sono la Sicilia e la Sardegna, dove a fronte di una riduzione del numero di aziende (-43,5% e -37,1%) è stato registrato un aumento della Sau rispettivamente del 13,0% e dell’8,2%.

I dati mostrano anche che le aziende che si occupano di officinali siano mediamente più grandi delle imprese agricole medie, un dato, quindi, che indica che la complessità dietro la realizzazione di una filiera integrata di officinali richiede un certo grado di organizzazione. Aziende come Aboca, come Pool Pharma, Evra, da anni operano nel settore dei medicinali vegetali e delle sostanze benefiche. Aboca in particolare, risiede qui in Toscana e coltiva le proprie piante da cui estrae le sostanze medicinali\benefiche alla base dei propri prodotti

20 Risultano attive 1.630.420 aziende che dispongono di una superficie utilizzata di 17.277.023 ettari, con una superficie effettivamente utilizzata di 12.885.186 ettari.

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farmaceutici ed è senz’altro all’avanguardia per conoscenze, modalità di coltivazione e di conservazione. Con questo decreto viene permesso a tutti gli imprenditori agricoli di entrare nel mercato delle officinali, questo creerà sicuramente un aumento del volume totale di officinali disponibili sul mercato e forse anche dei concorrenti in più nel mercato dei prodotti vegetali, sebbene non sia semplicissimo avviare una coltivazione (redditizia) di piante officinali, anche perché, come spiega il piano di settore, raggiungere un prezzo basso come quello estero è molto difficile e pertanto è fondamentale puntare sulla qualità del prodotto più che sulla quantità.

1.4. Le difficoltà dei produttori.

Le criticità attuali dal punto di vista dei produttori che volessero incominciare una produzione di piante officinali non sono poche, per cominciare: la mancanza di una filiera integrata, la mancanza di una qualsiasi associazione, cooperativa di produttori o di intermediari costituisce un primo ostacolo ad una collocazione efficace dei prodotti.

Il piano di settore infatti definisce la filiera21 delle officinali come “scarsamente unitaria”.

Mancano quegli organismi che sono i classici sistemi di aggregazione professionale nel settore agricolo (organizzazioni professionali, cooperative, consorzi). Gli attori principali della filiera al momento sono l’operatore agricolo, che fornisce il proprio prodotto (erbe, radici, granella) e le aziende di trasformazione e di commercializzazione all’ingrosso e/o mediatori specializzati22.

21 Il termine filiera inventato dall’agronomo francese Louis Malassis indica l’insieme delle

aziende/soggetti che provvedono alla distribuzione del prodotto, quindi nel caso di prodotti agricoli, il sistema che va dal campo alla tavola.

22 Categoria non molto numerosa in Italia, ma diffusa in Germania dove svolgono un importante lavoro di raccordo tra produttori agricoli e utilizzatori industriali.

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La concorrenza estera e la scarsa innovazione nelle tecniche di raccolta23, sono invece un

altro fattore rilevante che ostacola l’avviamento della filiera.

La mancanza di pratiche consolidate per la raccolta e il trattamento di molte specie officinali costituisce infatti un grosso interrogativo per le future produzioni. Per alcune specie già largamente utilizzate e diffuse come la menta, la salvia, la melissa e l’assenzio esiste già una prassi agronomica consolidata, mentre per molte altre specie scarseggiano informazioni relative alle modalità produttive, alla nutrizione, alla difesa e altri aspetti relativi alla coltivazione e alla prima trasformazione24. Un aspetto che dovrà sicuramente

essere corretto dalle amministrazioni locali o dalle organizzazioni professionali interessate25. Mancano altresì strutture che selezionino e distribuiscano le sementi di

colture officinali26, con la conseguenza che, ora come ora, è necessario per alcune tipologie

vegetali acquistare i semi provenienti da altri paesi esteri, con l’ulteriore conseguenza che la pianta potrebbe non adattarsi al clima italiano, essendo il seme proveniente da un genotipo adatto ad un altro clima, ad un altro ecosistema.

A livello europeo, l’Associazione Europea di Coltivatori di Piante Officinali, European Herbal Growers Association riporta nel suo sito dati ed indirizzi dei principali produttori di sementi certificate presenti nei diversi Stati membri, specificando altresì se il coltivatore si attiene alle Good Agricoltural and Collection Practice, le buone pratiche di raccolta.

1.5. La concorrenza estera.

23 4.1, pag 19, Piano di settore della filiera delle piante officinali.

24 Come la mancanza di fitofarmaci specifici o la mancanza di macchinari adatti alla raccolta. 25 Al riguardo segnalo che FIPPO, Federazione italiana produttori officinali, un’associazione presente

ben prima dell’approvazione del decreto 75/18, ha già inaugurato corsi di formazione per la coltivazione di colture officinali.

26 Un punto preso in considerazione dal decreto è appunto la selezione delle specie spontanee e la selezione delle sementi.

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Il rapporto continua affermando che comunque l’insidia principale per i produttori italiani è la concorrenza estera dei raccoglitori di officinali che si riflette sull’esigenza per gli agricoltori italiani di ottenere un prodotto che possa essere competitivo da subito. Se è praticamente impossibile competere sul prezzo, è possibile e forse è la strategia migliore competere non tanto sulla quantità ma sulla qualità del prodotto. Come già detto il 70 % del fabbisogno totale dei componenti vegetali medicinali, aromatici e da profumo è di importazione, una percentuale piuttosto alta, che sostanzialmente significa una buona possibilità di ritagliarsi un proprio spazio. I paesi concorrenti sono prevalentemente dell’est Europa, tra cui paesi molto vicini anche come clima (alcuni), come Croazia, Albania, Ungheria e Polonia. In questi paesi si pratica una raccolta di piante spontanee che garantisce un prezzo basso a scapito talvolta della qualità. I dati raccolti dall’Associazione Europea dei Produttori di Piante Officinali27 riferiti al 2006, indicano inoltre la Grecia

come il paese con la più elevata percentuale di ettari con coltivazioni biologiche di officinali (ca il 50 % del totale), la Germania (9 %) e Austria e Italia (4,5%)28 insieme al

terzo posto. Un dato che dimostra come il mercato sia aperto a nuovi produttori e che fa ben sperare per un inserimento positivo delle produzioni nostrane sebbene debbano fare i conti con produttori molto attrezzati che possono competere con grandi quantità di prodotti.

Molti prodotti importati non sono comunque coltivabili in Italia, come ad esempio ginseng e zenzero, ma altri prodotti come il mirtillo nero, il gingko balboa29, la passiflora, il timo

solo per citarne alcuni, sono coltivabili e attualmente importati sebbene spesso siano prodotti di bassa qualità. Tipico esempio l'elicriso: quello proveniente dalla Croazia e dal

27 www.europeam.net

28 Dati elaborati da Europeam e riferiti al 2006.

29 Mirtillo nero e gingko in particolare sono due dei prodotti maggiormente impiegati negli integratori alimentari.

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Madagascar, sebbene la sua qualità sia inferiore rispetto a quella sarda, ha uno sbocco commerciale più ampio, stante il costo notevolmente minore. Questa situazione deriva, in primo luogo dal fatto che alcuni operatori stranieri, muovendo maggiori volumi di produzione, possono godere di economie di scala e perciò risultare estremamente competitivi. Da citare è il caso del coriandolo, il cui prezzo si è ridotto notevolmente a causa l'offerta ormai abbondante, dato che sia l'America latina che l'Asia sud-orientale hanno iniziato a coltivarlo. In secondo luogo, in molti Paesi la manodopera ha un costo più contenuto, rendendo non abbastanza remunerativa la coltivazione in Italia di determinate varietà, come la camomilla. Oltre alla illustrata problematicità dei prezzi dei prodotti esteri, nel commercio internazionale le imprese italiane risultano poco competitive soprattutto per la mancanza di tecnologie e conoscenze tecniche adeguate. Tale criticità, analizzate nel paragrafo successivo, comporta che a livello internazionale siano presenti aziende, come quelle israeliane, con un livello di meccanizzazione in grado sia di abbattere i costi di produzione, sia di ottenere una maggiore quantità di prodotto.

1.6. Difficoltà di tipo agronomico e organizzative.

Oltre al prezzo, un ulteriore problema riguarda la difficoltà di avviare una produzione di erbe officinali senza i giusti mezzi e soprattutto senza le conoscenze adeguate. Al riguardo il piano afferma che non esistono prodotti fitosanitari30 adeguati. Le piante officinali sono

infatti considerate come “colture minori” e per questo motivo non possono essere impiegati quei prodotti fitosanitari autorizzati solo per le colture maggiori31, scarseggiano le

30 Ovvero prodotti a difesa delle piante, difesa contro parassiti, insetti e malattie necessari a mantenere la pianta in salute e a ottenere un prodotto di qualità.

31 L’utilizzo di pesticidi e diserbanti è giustificato quando le colture che vanno a proteggere sono consumati da larghe fasce di popolazione e rivestono quindi un’importanza maggiore rispetto a colture consumate in maniera ridotta.

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informazioni e gli studi sulle emergenze fitosanitarie e sulle possibili strategie di intervento. La suddivisione tra colture maggiori e colture minori divide le colture con una maggiore diffusione dalle colture che hanno una limitata estensione di superficie coltivata. La suddivisione è operata in ragione delle diverse esigenze di utilizzare prodotti fitosanitari o per intendersi meglio: dei pesticidi. Per le colture maggiori, avendo una rilevanza economica maggiore, è possibile ricorrere ad una più ampia gamma di prodotti fitosanitari, mentre per le colture minori lo stesso utilizzo è limitato. A seguito del Regolamento 21/10/2009 sono state inoltre sottoposte a revisione tutte le sostanze attive impiegate come prodotto fitosanitario, riducendo drasticamente il numero di sostanze attive utilizzabili32.

Questi fattori rendono più difficoltoso occuparsi delle colture minori. Una collaborazione particolarmente utile a tal proposito sarebbe quella con la Francia. In Francia infatti da anni si conducono sperimentazioni volte a ottenere la omologazione dei fitofarmaci sulle piante aromatiche, medicinali e condimentarie.33 Diverso ancora è il discorso legato alle aziende

che si occupano di produzioni biologiche, i mezzi tecnici per la coltivazione biologica sono dettagliatamente regolati dal Regolamento CE n°834/2007 e rinnovato dal nuovo regolamento che entrerà in vigore a partire dal 2021.34

Continuando ad elencare le difficoltà legate a questo tipo di colture, si riscontra una problematica legata alla coltivazione, o meglio, alla raccolta. Queste piante oltre ad essere numerose per tipologia, sono generalmente differenti per caratteristiche agronomiche dalle piante classiche alimentari e per questo motivo non possono essere trattate con i normali macchinari per la raccolta e trebbiatura ma richiedono macchinari speciali o adattati per la raccolta35. Chi non ne potesse disporre, dovrebbe ricorrere a manodopera aggiuntiva che si

32 Delle iniziali 1200 sostanze attive utilizzate come prodotti fitosanitari il numero si è ridotto a circa 450 sostanze attive ammesse.

33 www.e-phy.agricolture.gouv.fr 34 Regolamento CE n.848/2018

35 Le macchine più indicate per essere adattate alle officinali sono quelle utilizzate per la raccolta dello spinacio.

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traduce in ulteriori costi e quindi un aumento del prezzo finale. Tutte problematiche che sono diciamo normali per un agricoltore che passa alla coltivazione di una coltura di cui non si era mai occupato prima, tuttavia queste difficoltà rapportate alle colture officinali assumono una rilevanza ancor maggiore.

Queste piante infatti, come spiegato sopra, sono preziose per via della chimica dei componenti, c’è un tempo, specifico per ogni pianta, che costituisce il tempo balsamico ovvero il momento perfetto per la raccolta, che influisce tantissimo sulla qualità del prodotto. Il momento balsamico è definito come la finestra di tempo dove la composizione chimica della pianta raggiunge i livelli ottimali ed è pertanto il momento migliore per la raccolta36. Tutto ciò si traduce nell’esigenza per il coltivatore di raccogliere e conservare

tutte le piante in un arco temporale ristretto al fine di ottenere un prodotto dallo standard qualitativamente buono, evitando il decadimento dei principi attivi.37

Qualora la fase di raccolta non fosse un problema perché si dispone di macchinari adatti o di manodopera aggiuntiva, deve essere comunque considerato che la fase di prima conservazione o di prima lavorazione sono passaggi fondamentali, sia che si voglia commercializzare un un prodotto secco, che un prodotto fresco. Una fase mal gestita di conservazione può infatti vanificare l’intero raccolto. Uno dei processi necessari per ottenere un prodotto secco è l’essiccazione, un processo lungo, che richiede macchinari appositi o condizioni climatiche perfette ed è fondamentale per la commercializzazione di

36 Il tempo balsamico è richiamato anche dalle GACP, le buone pratiche di coltivazione e di raccolta. É stabilito infatti che la raccolta di piante medicinali deve essere fatta solamente nel tempo balsamico specifico di ogni pianta, in moto tale giustificare al massimo la raccolta.

37 Ogni pianta ha il proprio specifico tempo balsamico. A febbraio per esempio le specie vegetali che raggiungono il tempo balsamico sono: Abete bianco, Abete rosso, Carrubo, Cipollaccio col fiocco, Cipresso, Favagello, Lichene islandico.

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molti prodotti38, pertanto non può essere improvvisato con mezzi di fortuna o senza una

tecnica adeguata. Se invece si volesse puntare sulla commercializzazione di un prodotto fresco, sarebbe necessario ricorrere alla refrigerazione per evitare il decadimento dei componenti vegetali39, che si traduce in un costo aggiuntivo, considerando che sono

comunque tutte piante che devono essere lavorate per eliminare le impurità o di cui si devono selezionare solo alcune parti, si capisce come la questione della conservazione o dell’essiccazione siano passaggi fondamentali, così come la pronta destinazione alla fase successiva.

1.7. Inserirsi in un mercato nuovo: quanto, dove e come

investire.

Oltre a questo, quindi possedere i mezzi necessari e una tecnica ottimale, si pone il problema di quali piante coltivare, in quale mercato introdursi, quanta terra destinare, quanto investire.

A questi interrogativi il decreto pone in capo alle regioni il compito di formare e orientare gli imprenditori ad un inserimento ottimale (articolo 3, 3° comma). Le variabili sono molte, a partire sicuramente dal fattore climatico, che influisce su quali varietà coltivare e sulle modalità produttive. Partendo dalle specie, il censimento delle 296 piante officinali ha evidenziato come 142 piante, il 48 % del totale sono coltivate o coltivabili sul territorio italiano, una cifra piuttosto importante dovuta alla complessità e varietà delle condizioni climatiche nella nostra penisola. Certo, oltre che al clima devono essere tenuti in

38 Si pensi alle tisane o alle spezie da condimento.

39 Il prodotto fresco deve comunque essere lavorato, difficilmente viene impiegato allo stato fresco se non per preparazioni estemporanee.

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considerazione tutti i fattori ambientali (composizione del terreno, disponibilità di acque irrigue, presenza di agenti infestanti), ma rimane comunque la possibilità di avere a disposizione sia aree caratterizzate da un clima continentale, sia zone dal clima mediterraneo, il che può costituire un vantaggio che non tutti i paesi hanno.

Altro compito, affidato dal decreto alle regioni, è quello di disporre le regole specifiche di attuazione (articolo 3), il piano di settore indica tra le possibili strategie per favorire la crescita della filiera quella di incentivare la cooperazione tra imprenditori agricoli e creare una rete di operatori specializzati40. La parte logistica costituisce un punto fondamentale

del piano, non è tanto la mancanza di domanda di componenti officinali che, come abbiamo visto sopra, c’è ed è in aumento, ma è la mancanza di una struttura di collegamento tra produttori agricoli e produttori industriali ad essere uno dei maggiori ostacoli. Uno sforzo condiviso tra agricoltori potrebbe rendere più facile l’avviamento di una produzione41, magari anche attraverso l’istituzione di un marchio collettivo di qualità

che porta sicuramente un valore aggiunto in visibilità, (pure preso in considerazione dal decreto all’articolo 7), ma tutto questo è inutile se non vi è una pronta collocazione dei prodotti. Vi è in sostanza la necessità di fare sistema in questo settore, una collaborazione, una condivisione di saperi tra i produttori potrebbe fornire un impulso maggiore di sviluppo.

Per gli agricoltori vi è certamente da considerare anche che il mercato ha registrato solo recentemente un incremento della richiesta di componenti officinali42, quindi l’aumento

40 Operatori in grado di collegare i produttori ai grossisti o alle industrie di destinazione per rendere più agevole l’incontro tra le parti.

41 Il piano evidenzia come sia improduttivo avere una frammentazione delle produzioni agricole quanto semmai una coltivazione condivisa di una o più colture officinali che permette di aumentare la quantità e abbattere il prezzo.

42 Un aumento che si pone in linea con la ricerca sempre più forte di prodotti per la salute e prodotti che permettano di avere performance più elevate.

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generale della domanda si regge in parte sulla crescente attenzione verso prodotti naturali, biologici e benefici per la salute, una tendenza che potrebbe mantenersi oppure cambiare in futuro, fattore di cui bisogna necessariamente tener conto, avendo riguardo anche al loro reparto di destinazione, su cui si possono fare delle previsioni, circa ad esempio la maggiore stabilità di domanda del settore alimentare rispetto a quello cosmetico.

Il piano di settore evidenzia come si sia registrato un incremento della domanda non solo per la vendita di singoli prodotti officinali, destinati ad esempio al mercato erboristico, ma è aumentata la richiesta di componenti che vanno ad aggiungersi, a completare una vasta gamma di prodotti: mangimi, alimenti, integratori alimentari, alimenti convenzionali, alimenti addizionati, medicinali dispositivi medici, cosmetici e aromi.43

Nel piano è contenuta anche una tabella esemplificativa delle 20 specie di pianta coltivata o coltivabile in Italia di maggior rilevanza economica44 nel mercato italiano. La tabella è

divisa in due sezioni, la tabella di sinistra indica il volume totale di utilizzo annuo (in kg), mentre la tabella di destra mostra il corrispettivo valore di affari nell’arco solare.

n. progr. nome comune parte commerciale utilizzo n. progr. nome comune parte commerciale valore

1 mirtillo nero frutto 3.614.400 1 mirtillo nero Frutto 15.035.904

2 vite rossa seme 2.439.600 2 zafferano Stigmi 9.828.000

3 ginkgo foglia 2.160.000 3 vite rossa Seme 6.830.880

4 cardo mariano frutto 1.920.000 4 ginkgo Foglia 6.458.400

5 finocchio frutto 480.000 5 cardo mariano Frutto 3.494.400

6 passiflora incarnata parte aerea 432.000 6 passiflora incarnata parte aerea 2.950.560

7 camomilla fiore 426.000 7 genziana Radice 2.106.000

8 cipolla bulbo 360.000 8 camomilla Fiore 1.938.300

9 origano foglie 360.000 9 valeriana Radice 1.716.000

10 rosmarino foglia 351.600 10 cartamo Fiore 1.638.000

11 liquirizia radice 348.000 11 rabarbaro Radice 1.321.320

12 assenzio romano parte aerea con fiori 300.000 12 origano Foglie 1.170.000

13 aglio bulbo 240.000 13 aloe Succo 1.146.600

14 coriandolo seme 240.000 14 cipolla Bulbo 1.123.200

15 valeriana radice 240.000 15 finocchio Frutto 936.000

16 anice frutto 216.000 16 liquirizia Radice 814.320

43 Piano di settore della filiera di piante officinali 2014-2016, punto 2.1.

44 I dati sono stati ottenuti attraverso la ricerca nella banca dati del commercio estero italiana di prodotti e di semi lavorati importati ed esportati riconducibili alle officinali.

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17 meliloto parte aerea con fiori 205.200 17 anice Frutto 786.240

18 carciofo foglia 192.000 18 aglio Bulbo 748.800

19 rabarbaro radice 184.800 19 echinacea angustifolia Radice 748.800 20 aloe succo 180.000 20 assenzio romano parte aerea con fiori 585.000

Il volume totale di queste 20 specie ammonta a circa 18 mila tonnellate annue di prodotto parti ad un valore di mercato di 74 milioni di euro annui, cifre certamente non esorbitanti ma che sicuramente suscitano un certo interesse per molti imprenditori agricoli.

1.8. Il volume di affari e le criticità legate alla eterogeneità dei

componenti e dei bisogni dell’industria.

La caratteristica che emerge scorrendo i dati relativi a questa categoria è l’eterogeneità dei componenti, gli utilizzi sono molteplici e variegati e dunque sono molteplici i relativi settori di destinazione, ciò rappresenta sicuramente una difficoltà per i produttori.

Il rapporto continua disponendo che comunque le scelte strategiche per i produttori potrebbero orientarsi o verso una produzione di erbe o componenti destinate al mercato dei produttori interni, che, secondo il piano di settore, si aggira intorno alle 161 mila tonnellate di prodotto per un ammontare di 999 milioni di euro annui, oppure, potenziare la produzione di prodotti destinati all’esportazione, come gli olii essenziali di limone e di altri agrumi, il cui volume di affari è di oltre 18mila tonnellate con un ricavato di circa 68 milioni di euro45. Altri prodotti largamente esportati sono i coloranti vegetali o gli estratti

45 Limoni e agrumi sono ovviamente due frutti producibili solo nel Sud Italia, ma sono molte le altre essenze ricavabili da piante coltivabili anche nelle altre regioni d’Italia.

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vegetali destinati alla concia, che come si legge nel rapporto, sono molto richiesti all’estero e rappresentano una grossa “fetta” di mercato46.

Come detto sopra, dall’analisi dei dati emerge che le tipologie di componenti officinali sono numerose ed eterogenee, pertanto, sebbene i componenti officinali servano generalmente per la “correzione” (ad eccezione di quelli contenti principi attivi o sostanze medicamentose) del gusto, dell’odore o dell’aspetto, il mercato di riferimento si presenti come trasversale, frammentato in tanti micro mercati i cui bisogni e gli standard qualitativi variano con le specificità dei prodotti47, con la conseguente difficoltà di destinare

efficacemente il prodotto. Per questa ragione, il piano sottolinea l’importanza di una rete efficace di smistamento e di luoghi di incontro tra produttori e utilizzatori.

1.9. Considerazioni finali sul mercato delle officinali

In conclusione, il piano di settore rende la fotografia di un mercato in crescita, dai margini di profitto considerevoli sebbene sottoposti a rischi e difficoltà di diversa natura, in primis quella della concorrenza estera e della mancanza di prassi agronomiche consolidate. La situazione attuale si traduce in una difficoltà per i produttori che volessero entrare in questo mercato di dover competere da subito con difficoltà legate alla scelta delle colture migliori, alla mancanza di mezzi e conoscenze adeguate e alla presenza di competitors già competitivi. Difficoltà che nascono da un’inerzia legislativa troppo prolungata che ha portato ad un’atrofizzazione del settore e che trova in questa legge il punto di (ri)partenza.

46 Pagina 13 del piano di settore. Succhi ed estratti vegetali (esclusi quelli di liquirizia, luppolo, oleoresina di vaniglia ed oppio) sono il gruppo di prodotti maggiormente esportati dall’Italia. Altra tipologia di prodotti largamente esportati sono le sostanze odorifere destinate all’industria alimentare e delle bevande, il cui volume di affari consiste in 9mila tonnellate di prodotto con introiti intorno ai 65 milioni di euro annui.

47 Inutile sottolineare come i componenti destinati al settore dei medicinali debbano rispondere a criteri più esigenti di qualità.

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