• Non ci sono risultati.

Il decreto n°75\2018 in dettaglio, la nuova disciplina.

La situazione normativa del comparto delle officinali.

3.3. Il decreto n°75\2018 in dettaglio, la nuova disciplina.

L’ambito del decreto è delineato dall’articolo 1, che è appunto rubricato “Definizioni e ambito di applicazione”, è la disposizione più corposa del decreto e reca sia disposizioni di carattere organizzativo, per il futuro sviluppo della filiera, sia disposizioni di carattere definitorio. L’oggetto del decreto riguarda la “coltivazione, la raccolta e la prima trasformazione delle piante officinali”, un ambito di disciplina circoscritto alle prime fasi relative al ciclo della pianta. Il decreto più avanti, all’articolo 3, disciplina oltre alla raccolta di piante spontanee, anche il prelievo di piante officinali spontanee, senza distinguere esplicitamente i significati, pertanto è necessario aprire una parentesi.

I due termini (prelievo e raccolta) in agronomia hanno significati ben specifici, per un non addetto ai lavori possono sembrare identici, ma indicano in realtà due attività distinte: per raccolta si intende appunto la raccolta di frutti spontanei finalizzata al consumo o alla commercializzazione, per prelievo invece, si intende qualcosa di più complesso, in questo caso è una raccolta finalizzata alla coltivazione (o anche all’analisi scientifica). Questo è un aspetto che non emerge direttamente dalla lettura del decreto, ma che, fortunatamente, ho avuto modo di approfondire partecipando ad una riunione relativa alla discussione sull’articolo 3 presso il Mipaaf111. L’idea è quella di permettere alle regioni,

opportunamente richiamate dall’articolo 3, di disciplinare nell’ambito delle rispettive autonomie questa attività di prelievo di specie officinali a rischio in considerazione delle

111 Il punto ha generato anche qualche discussione, non essendo comprensibile in un primo momento ai presenti la distinzione terminologica.

peculiarità territoriali. Il prelievo e la raccolta deve essere fatto nel rispetto delle Good Agricoltural and Collection Practice.112

Prelevandole e mettendole a coltivazione si raggiungono 2 diversi obiettivi: da una parte, la messa a coltivazione sottrae le colture dal rischio di estinzione, prevenendo dunque la perdita di biodiversità, dall’altra, la messa a coltivazione consente la selezione delle varietà migliori e costituisce il primo passo verso la costituzione di un sistema di distribuzione di semi di varietà officinali. Il richiamo operato dall’articolo 3 al regolamento CE n°338/1997113 e alla legge n°194/2015114 garantisce che il prelievo di piante spontanee sia

fatto nel rispetto dei requisiti, delle modalità e soprattutto delle liste “rosse” di specie protette contenute negli allegati. Le regioni sono il soggetto a cui il decreto demanda il compito di predisporre la disciplina relativa al prelievo delle piante a rischio o da conservare. Non viene individuato dal decreto, né vi è alcuna indicazione sulla tipologia soggetti che potranno operare il prelievo, non ci è dato dunque sapere in anticipo se saranno gli imprenditori agricoli, piuttosto che i centri di ricerca o le università a potersene occupare, ma spetterà alle regioni stabilire le regole di attuazione, infatti il decreto come afferma esplicitamente all’articolo 2, comma 3, “reca i principi fondamentali in materia di coltivazione, raccolta e prima trasformazione delle piante officinali, ai quali le regioni si conformano nell’ambito della rispettiva autonomia normativa”. Le regioni e le province autonome sono pertanto gli interlocutori principali del decreto a cui viene conferito il fondamentale compito di attuare le disposizioni del decreto e di provvedere all’aggiornamento professionale dell’imprenditore agricolo.

112 una serie di norme volte a rendere lo sfruttamento delle zone naturali per finalità economiche responsabile e rispettoso dell’ambiente..

113 Regolamento sulla protezione delle specie animali e vegetali attraverso il commercio, le specie contenute nelle liste rosse non possono in alcun modo essere commercializzate o utilizzate come ingrediente o impiegate nella lavorazione di un prodotto.

Ritornando all’analisi delle disposizioni, il decreto si preoccupa di fornire una definizione115 di pianta officinale che in parte ricalca la precedente definizione contenuta

nella l.n°99/31 con alcune evidenti differenze. In primo luogo include: “alghe, funghi macroscopici, licheni e preparati vegetali atti ai medesimi fini”, questo costituisce già una marcata differenza rispetto alla normativa del ‘31, inoltre ricomprende tutte quelle specie vegetali, le cui caratteristiche o funzioni siano utilizzabili, anche previa trasformazione, nelle tipologie di prodotti “per le quali ciò è consentito dalla normativa di settore ..”. Una disposizione un po' vaga, che forse vuole concedere un po' di elasticità al concetto di pianta/prodotto officinale, permettendo di includere anche colture che non rientrerebbero nell’accezione storica di officinale, ma che vi rientrano per via del loro utilizzo116. Tutte le

specie coltivabili saranno comunque catalogate e riunite nel registro varietale, di cui all’art 6, rimanendo comunque escluse tutte quelle piante disciplinate dal testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e delle sostanze psicotrope (decreto n°309/1990).

Il decreto è rivolto principalmente, oltre che alle regioni e alle province, agli imprenditori agricoli, i quali acquistano la facoltà di poter coltivare, raccogliere (i frutti spontanei) e di lavorare in azienda le piante officinali senza bisogno di autorizzazione. La sola fase di prima trasformazione è considerata dunque come attività agricola, le ulteriori fasi di trasformazione o confezionamento e commercializzazione fuoriescono dall’oggetto di questa disciplina e sono demandate dal decreto alle relative norme di settore.

115 “..per piante officinali si intendono le piante cosiddette medicinali, aromatiche e da profumo,

nonché le alghe, i funghi macroscopici e i licheni destinati ai medesimi usi. Le piante officinali comprendono altresì alcune specie vegetali che in considerazione delle loro proprietà e delle loro caratteristiche funzionali possono essere impiegate, anche in seguito a trasformazione, nelle categorie di prodotti per le quali ciò è consentito dalla normativa di settore..”

116 Restano comunque escluse dalla presente disciplina come si legge nell’articolo 1, comma 6, quelle piante disciplinate dal testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, che pur possedendo principi attive o sostanze chimiche particolari, non possono essere considerate officinali.

La fase di prima trasformazione attiene a operazioni “indispensabili alle esigenze produttive, consistenti nell’attività di lavaggio, defoliazione, cernita, assortimento, mondatura, essiccazione, taglio e selezione, polverizzazione delle erbe secche e ottenimento di olii essenziali da piante fresche” (articolo 1, comma 4), una fase, quella della prima lavorazione/conservazione, che, come abbiamo visto, è fondamentale e richiede tempi brevi, pertanto sarebbe stato irragionevole non consentire all’imprenditore agricolo di occuparsene.

Un aspetto di rilievo nel decreto è occupato dalla considerazione circa la coltivazione o raccolta di piante e componenti destinati alla produzione di medicinali o contenenti sostanze attive vegetali. Per la coltivazione o la raccolta di piante, alghe o funghi destinati alla produzione di medicinali non è necessaria un’autorizzazione preventiva, tuttavia per essi, il decreto demanda il rispetto delle Good Agricoltural and Collection Practices, un set di pratiche e procedure standard stabilite dalla Comunità Europea per la produzione di sostanze attive vegetali e medicinali valide in tutta la comunità. Queste Good Practices sono norme di matrice europea e sono state attuate in Italia dal 2006 in virtù del decreto legislativo n°219\2006, esse prevedono il raggiungimento di standard di qualità adeguati attraverso il rispetto di procedure di conservazione e di lavorazione meticolose necessarie per ottenere un prodotto sicuro dal punto di vista della salute pubblica. Per le altre tipologie di officinali, aromatiche e da profumo destinate ad altri utilizzi, non viene operato il medesimo richiamo, ma sarà sufficiente il rispetto delle relative norme di settore (alimentare e cosmetico).

L’analisi dei dati economici contenuta nel capitolo I proviene dal Piano di settore del Mipaaf, elaborato nel periodo di osservazione dal 2014 al 2016. Nel caso specifico costituiva appunto un’indagine relativa agli aspetti economico-produttivi del mercato delle officinali, ma generalmente non costituisce solamente un documento riassuntivo, ma è appunto un piano strategico, con cui vengono individuati gli obiettivi e gli interventi necessari per il settore di volta in volta individuato. Il Ministero per le politiche agricole redige periodicamente un piano di settore per tutti i settori produttivi primari: ve ne è uno relativo alla produzione di olio di oliva, uno relativo alla produzione di vino e così via dicendo. Quello relativo alle officinali per il periodo 2014-2016 era più che altro un’indagine conoscitiva che ha portato all’adozione del decreto legislativo 75/2018, ma al pari del piano di settore previsto dall’articolo 4 ha analizzato il mercato delle officinali e individuato le criticità e gli interventi prioritari. Esso costituisce infatti “lo strumento programmatico strategico del settore destinato a fornire alle regioni un indirizzo sulle misure di interesse da inserire nei singoli Piani di sviluppo rurale”117.

Gli obiettivi da raggiungere sono: “migliorare le condizioni di coltivazione, di raccolta e di prima trasformazione, incentivare lo sviluppo di una filiera integrata dal punto di vista ambientale, definire forme di aggregazione professionale e interprofessionale capaci di creare condizioni di redditività dell’impresa agricola, nonché a realizzare un coordinamento della ricerca nel settore .. incoraggiare la conversione di aree demaniali incolte, abbandonate o insufficientemente coltivate, anche attraverso l’affidamento a titolo gratuito della conduzione dei terreni”. Questi obiettivi sono da raggiungere attraverso una pianificazione a “cascata” dei vari piani regionali di sviluppo rurale e si possono distinguere 3 obiettivi distinti: innanzitutto creare le condizioni necessarie per rendere

redditizia la coltivazione di officinali, potenziare la ricerca nel settore e infine combattere lo spopolamento rurale. Le regole di attuazione sono dunque definite in un secondo momento dalle Regioni, le quali recepiscono le indicazioni del piano di settore nazionale e le applicano specificandole nei rispettivi piani di sviluppo rurale. Questo consente di adottare regole e accorgimenti specifici in virtù delle peculiarità territoriali, muovendosi però all’interno delle linee direttive tracciate dal piano di settore nazionale.

Il decreto predispone anche gli strumenti necessari allo sviluppo delle fasi future della filiera di officinali, il decreto prevede infatti la predisposizione di un tavolo tecnico permanente i cui membri garantiscano un afflusso completo di informazioni. I membri sono individuati al 2°comma dell’articolo 5 del decreto e restano in carica al massimo per 3 anni.

Il tavolo tecnico previsto dal decreto avrà innanzitutto una forte componente governativa (centrale e periferica) con rappresentanti dei vari ministeri interessati dalla materia118,

rappresentanti delle Regioni e delle province autonome, inoltre sarà composto da rappresentanti delle agenzie governative interessate per materia119, rappresentanti di

università e centri di ricerca e infine da rappresentanti delle organizzazioni professionali legate alla coltivazione di officinali120. Dal gran numero di componenti del tavolo tecnico si

evince la volontà di creare una forte inclusione nel progetto, ma non solo, uno dei punti più critici individuati dal piano di settore è appunto la mancanza di dati economici precisi e di

118 Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, della Salute, dell’economia e delle finanze.

119 Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA), Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, per l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), Agenzia italiana del farmaco (AIFA). Art. 5, 2°comma, d.lgs. 75/2018.

120 Rappresentanti delle organizzazioni dei produttori, degli importatori e dei trasformatori di piante officinali, dei collegi e degli ordini professionali, una rappresentanza delle università competenti, della società botanica italiana e della società italiana di ortoflorofrutticoltura italiana e della società italiana di fitochimica e delle scienze delle piante medicinali, alimentari e da profumo. Art. 5, 2°comma, d.lgs. 75/2018.

informazioni sufficienti sui componenti richiesti e prodotti. Per questo motivo all’interno del tavolo tecnico viene istituito anche l’Osservatorio economico e di mercato permanente, un organismo in grado di poter sopperire a questa mancanza di informazioni. L’intenzione è quella di combinare i dati provenienti dalle associazioni di categoria e dalle agenzie governative in modo tale da ottenere delle indicazioni più precise sull’andamento del mercato e poter così intervenire prontamente e indirizzare le scelte dei produttori.

Un altro elemento importante di questo intervento legislativo è riportato dall’articolo 6 che stabilisce che sono da adottarsi, con decreto del Ministro delle politiche agricole, i registri varietali delle specie officinali, allo scopo di valorizzare le caratteristiche varietali del materiale riproduttivo o di propagazione delle singole specie. Con l’entrata in vigore di questo decreto viene infatti abrogato il precedente registro varietale, approvato con regio decreto n°772 il 26 Maggio 1932, un’occasione dunque per rinnovare la catalogazione delle varietà di interesse officinale e riorganizzare le conoscenze acquisite. Saranno infatti questi registri a stabilire quali specie sono coltivabili dagli imprenditori agricoli e quali non, oltre che a fornire preziose informazioni agli imprenditori agricoli sulle caratteristiche riproduttive/agronomiche delle colture officinali. Con il medesimo decreto si legge al comma 3, si definisce la procedura di certificazione delle sementi in modo tale da garantirne la tracciabilità, punto piuttosto importante quando si tratta di definire con certezza la varietà vegetale da coltivare.

L’articolo 7 infine dispone che le regioni possono istituire, nel rispetto della normativa UE, marchi finalizzati a certificare il rispetto di standard di qualità nella filiera delle officinali, a tal fine si incentiva a far applicare e rispettare le Good agricoltural and collection practice (GACP).