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La distrofia di Duchenne: modulazione nell'espressione genica e nuovi target farmacologici.

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in

FARMACIA

TESI DI LAUREA

La distrofia di Duchenne: modulazione nell'espressione

genica e nuovi target farmacologici.

RELATORE:

Prof.ssa Maria Cristina Breschi

CANDIDATO:

Ina Kusta

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Alla mia famiglia, ai miei meravigliosi genitori!

Senza il vostro aiuto questo giorno non sarebbe mai arrivato. Siete sempre

stati la mia forza, il mio sostegno, il mio esempio da seguire; e di questo mi

sento estremamente fortunata.

Mamma, ogni volta quando mi dicevi che diventare farmacista era stato il

tuo sogno, nutrivi in me una grande passione per questa professione nobile!

Ed eccomi oggi, mamma, a realizzare questo sogno per entrambe noi!

Grazie per aver avuto fiducia in me!

Questo giorno è mio quanto lo è anche vostro.

Vi amo tanto!

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INDICE

Capitolo 1: La distrofia muscolare di Duchenne nel corso degli anni………p. 4

1. Cosa sono le distrofie muscolari

2. La storia sulla scoperta della distrofia muscolare di Duchenne 3. Cosa sappiamo oggi riguardo la distrofia muscolare di Duchenne

Capitolo 2: Diagnosi, follow-up e cura del paziente con DMD……….10

1. Quando sospettare la DMD 2. La conferma della diagnosi

3. Follow-up e monitoraggio del paziente con la DMD 4. Valutazioni neuromuscolari e scheletriche

Capitolo 3: Il trattamento farmacologico, da quello palliativo a quello curativo………31

1. Terapie farmacologiche attuali

2. Agenti che permettono il readthrough del mRNA oltre i codoni di stop

3. Agenti che provocano l’exon skipping

4. Modulatori dell’utrofina 5. Agenti sintomatici

Capitolo 4: Eteplirsen, il protagonista delle terapie innovative per la DMD………..…………45

1. Farmacologia clinica di eteplirsen 2. Efficacia di eteplirsen

3. Sicurezza e tollerabilità di eteplirsen 4. Le prospettive per il futuro

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CAPITOLO 1

LA DISTROFIA MUSCOLARE DI DUCHENNE

NEL CORSO DEGLI ANNI

1.1.

Cosa sono le distrofie muscolari

e distrofie muscolari sono disordini miogeni ereditari caratterizzati da una progressiva perdita e debolezza muscolare di variabile distribuzione e severità. Esse sono suddivise in vari gruppi, incluse le forme congenite, in conformità alla distribuzione della debolezza muscolare predominante, e comprendono le distrofie di Duchenne e Becker; distrofia di Emery- Dreifus; la distrofia distale; la distrofia facio-scapolo omerale; la distrofia oculo-faringea; e le distrofie dei cingoli che è il gruppo più eterogeneo. In parecchie distrofie il cuore potrebbe essere affetto seriamente, qualche volta anche in assenza di debolezze muscolari clinicamente significative. I geni e i loro prodotti proteici che causano la maggior parte di questi disordini sono oramai stati individuati. Questa informazione è essenziale a stabilire una diagnosi accurata, una buona valutazione genetica e la diagnosi prenatale. Ad oggi non vi è però alcun modo di limitare efficacemente la progressione di nessuna di queste malattie. In ogni caso, gli avanzamenti nella manipolazione del gene e la terapia con cellule staminali sono tecniche promettenti che potrebbero aiutare a trovare un trattamento efficace in un futuro non molto lontano.1

1.2.

La storia sulla scoperta della distrofia muscolare di Duchenne

1.2.1. Diversi studiosi

La descrizione della forma più comune di questi disordini di natura ereditaria, la distrofia muscolare di Duchenne, è datata al 19esimo secolo. Le sue descrizioni cliniche, per lo meno nella

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lingua Inglese, risalgono a Charles Bell,1 famoso per la sua descrizione della paralisi del VII nervo

cranico (paralisi di Bell), il quale potrebbe aver descritto un caso di distrofia muscolare nel 1830. Intanto anche Coste e Gioja di Napoli1 si erano dedicati ad un caso di progressiva debolezza

muscolare e ingrandimento muscolare in due fratelli nel 1838. Nel 1847, mentre Patridge aveva presentato un caso di un giovane ragazzo che soffriva da una progressiva malattia muscolare.1 La

successiva necroscopia aveva rivelato una sorprendente degenerazione del muscolo con aspetto untuoso. Nello stesso anno, il caso di Little1 dell’autopsia di un ragazzo con progressiva perdita

muscolare e andatura anormale suggeriva una marcata sostituzione del muscolo con tessuto adiposo. Il fratello di questo soggetto presentava una sintomatologia simile. Questi casi corrispondono ad una distrofia muscolare che riguarda i maschi e la sostituzione del muscolo con tessuto adiposo, una condizione molto simile a quella della distrofia di Duchenne.

1.2.2. Edward Meryon

A descrivere più approfonditamente questo disordine muscolare è stato Edward Meryon,1

un medico inglese dell’ospedale San Thomas a Londra. Meryon studiò medicina a Parigi e a Londra, conseguì la laurea nel 1844. In un incontro della Royal Medical and Chirurgical Society nel 1851, lui descrisse nel dettaglio la presentazione clinica di questo disordine, successivamente pubblicato nel trattato della società, il quale inizia nella prima infanzia con progressiva perdita e debolezza muscolare portando a morte nella tarda adolescenza. Dei suoi pazienti facevano parte otto ragazzi appartenenti a tre famiglie diverse; il caso di uno di questi pazienti era stato pubblicato in precedenza da Partridge nel 1847. Meryon era riuscito a riconoscere la natura familiare della malattia e a capire che essa si presentava prevalentemente in soggetti maschi. Nel 1864 nel suo libro intitolato “Practical and Pathological Researches on the various forms of paralysis” Meryon descrisse la storia di una famiglia in cui erano affetti quattro cugini e la trasmissione attraverso tre sorelle. Esaminando il muscolo durante l’esame necroscopico lui notò la presenza di globuli di olio, la degenerazione granulare e la distruzione delle fibre elementari striate, tutti elementi che suggerivano senza dubbio una sostituzione del muscolo con tessuto adiposo e malattia avanzata delle miofibre. La cosa più importante era che all’esame necroscopico la spina dorsale era normale. Perciò, questa era una malattia del muscolo (miogena) e non era secondaria ad una degenerazione delle cellule delle corna anteriori. Inoltre, i suoi studi istologici dettagliati lo hanno portato alla conclusione che la membrana muscolare, il sarcolemma, era danneggiato e distrutto. Questa osservazione era particolarmente importante, perché ora noi sappiamo che il difetto primario

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risiede nel sarcolemma. Tuttavia, le osservazioni di Meryon furono trascurati per molti anni per vari motivi, e il disordine fu riconosciuto 10 anni dopo, associato al nome Duchenne.

1.2.3. Guillaume Benjamin Amand Duchenne

Guillaume Benjamin Amand Duchenne è nato nel 1806 a Boulogne, in Francia. Suo padre era una marinaio che aveva sperato che suo figlio seguisse le sue orme, ma Duchenne scelse di studiare medicina a Parigi. Dopo aver conseguito la laurea nel 1831 lui ritorno a Boulonge con l’intenzione di essere un medico di famiglia e praticò la sua professione tra i pescatori per oltre 10 anni. Nel 1842 Duchenne ritornò a Parigi per dedicarsi alla sua carriera e allo studio delle malattie neuromuscolari. Riuscì ad accumulare una ricchezza di materiale clinico ma senza mai avere un incarico accademico. Non gravato quindi da obblighi o impegni accademici, proseguì la sua ricerca nelle malattie neuromuscolari, oltre che in una vasta gamma di altre condizioni neurologiche. Ogni mattina, Duchenne visitava uno o più ospedali, spesso vagando da uno all’altro monitorando i pazienti in modo tale da capire il decorso naturale della malattia.

Duchenne era affascinato dall’elettricità, utilizzata a quei tempi sia per intenti diagnostici che terapeutici. Costruì una macchina per la stimolazione elettrica di muscoli e nervi. Le sue descrizioni cliniche includevano un’ampia serie di argomenti come la paralisi bulbare progressiva, la sordità nervosa, malattie cerebrali, poliomielite, meccanismi dell’espressione facciale, la paralisi isterica ecc. Inoltre scrisse anche un libro intitolato La psicologia dei Movimenti. È stato Poore che, nel 1883, otto anni dopo la morte di Duchenne, ha tradotto i numerosi lavori di Duchenne per la New Sydenham Society.

Nel 1861 Duchenne descrisse il primo caso della distrofia che oggi porta il suo nome, con il titolo “Paraplegia ipertrofica del bambino da cause cerebrali”. A causa del coinvolgimento intellettuale nei ragazzi affetti, Duchenne inizialmente pensò che la condizione patologica avesse Figura 1: Guillaume Benjamin Amand Duchenne

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origini cerebrali. Nel 1862, nel suo “Album di fotografie patologiche” lui pubblicò alcune eccezionali fotografie cliniche della condizione.

L’associazione però di due osservazioni contradittorie, vale a dire la paralisi e l’ipertrofia muscolare, era senza dubbio un grande punto interrogativo per quanto riguarda la natura anatomica di questa patologia. Nel 1865 Duchenne sviluppò lui stesso uno strumento per eseguire la biopsia del muscolo: “Ho escogitato un piccolo strumento che ho chiamato perforatrice di tessuto attraverso il quale, con solo un po’ di dolore, ho rimosso minuscole porzioni da parti profonde del muscolo” dice lui. Con questa perforatrice di tessuto, utilizzabile anche ai giorni d’oggi, è stato in grado di studiare la patologia del muscolo in un bambino notando che: “L’iperplasia del tessuto connettivo interstiziale, con produzione eccessiva o carente di tessuto fibroso, è la lesione anatomica fondamentale dei muscoli nella paralisi pseudo-ipertrofica... ”.

In una relazione pubblicata nel 1868, Duchenne diede un resoconto completo delle condizioni basandosi nello studio di 13 casi. Prestò attenzione all’ingrandimento inusuale del muscolo e all’estrema fibrosi (paralisi mio-sclerotica) e propose il termine paralisi muscolare

pseudoipertofica, termine reso popolare da William Gowers. Entro il 1870 Duchenne aveva visto

all’incirca 40 casi, descrivendo tre stadi diversi della malattia:  Il primo stadio era quello dei flebili movimenti  Il secondo stadio quello dell’apparente ipertrofia  Il terzo stadio consisteva nella paralisi

Le biopsie dei campioni di muscoli rivelavano un accumulo graduale di tessuto fibroso e nei stadi più tardivi, una sostituzione del muscolo con tessuto adiposo. Nel 1871 ebbe l’opportunità di esaminare la colonna vertebrale di un caso clinico e notò che non vi erano lesioni neurologiche.1

Dopo queste osservazioni egli giunse alla conclusione che la malattia non era su base neurologica. Duchenne morì di un’emorragia cerebrale nel suo 69esimo compleanno. La sua carriera è stata veramente unica –fu il medico non associato a qualche istituzione in particolare, ma al contempo il benvenuto in tutte. A Duchenne interessavano poco gli onori e i riconoscimenti da parte di grandi società accademiche. Dopo la morte fu riconosciuto come uno scienziato e medico originale.

Duchenne è noto per aver fornito un quadro più globale delle caratteristiche cliniche e la progressione patologica della distrofia di Duchenne.

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1.3.

Cosa sappiamo oggi riguardo la distrofia muscolare di Duchenne

Ai giorni d’oggi abbiamo molta più informazione per quanto riguarda la distrofia muscolare di Duchenne. DMD è una malattia correlata al cromosoma X che colpisce 1 su 3600-6000 maschi nati vivi.2 Gli individui affetti hanno uno sviluppo

motorio ritardato e sono incapaci di correre o saltare bene a causa della debolezza dei muscoli prossimali. La maggior parte dei pazienti sono diagnosticati all’età di 5 anni, quando le loro capacità fisiche divergono notevolmente da quelle dei loro coetanei.

La DMD si verifica in seguito a mutazioni, principalmente delezioni, a livello del gene che codifica per la distrofina. Tale gene si trova sul cromosoma X, locus Xp21.23 Il prodotto di questo

gene, la distrofina, è una proteina membrano-associata che collega il citoscheletro dell’actina delle fibre muscolari con la matrice extracellulare circostante formando una rete con le glicoproteine del sarcolemma, diversamente conosciuto come complesso glicoproteico distrofina-associato, in inglese dystrophin-associated glycoprotein complex o DAGC.4 Questo legame rinforza la struttura

del muscolo durante i cicli di contrazione e rilassamento.5 Il tessuto normale contiene piccole

quantità di distrofina (circa lo 0.002% della quantità totale delle proteine muscolari), ma la sua assenza porta sia alla DMD che alla fibrosi, una condizione di indurimento del muscolo. Una diversa mutazione dello stesso gene determina una distrofina difettosa, portando alla distrofia muscolare di Becker (BMD). Studi recenti, comunque, dimostrano che la distrofina ha inoltre anche ruoli non meccanici.6

La distrofina ha quattro domini: un dominio N-terminale per legare l’actina, un dominio intermedio (rod domain) principalmente per la flessibilità strutturale, un dominio ricco di cisteina per facilitare le interazioni proteina-proteina, e un dominio C-terminale per legare le proteine DAGC al sarcolemma.7

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1.3.1. Il gene DMD e le principali mutazioni responsabili della distrofia muscolare di Duchenne

Quello della DMD è considerato il gene più lungo nel cromosoma umano, espandendosi in 2.4 Mb nella regione cromosomale Xp21 con 79 esoni e producendo una trascrizione di 14 kb. A causa della sua lunghezza esso è altamente suscettibile alle mutazioni. Per di più, certe regioni del DMD sono punti di accesso per le mutazioni. Approssimativamente il 60% dei casi di DMD sono dovuti a delezioni di almeno un esone, il 6% sono dovuti a duplicazioni e il resto è dovuto a piccole mutazioni. Nella stragrande maggioranza dei casi, queste interrompono il frammento di lettura oppure introducono in modo prematuro un codone di stop, entrambi meccanismi che cessano la produzione di distrofina.

Le mutazioni portano ad assenza o mutazione di tale proteina che si traduce in una progressiva degenerazione del muscolo e che porta a perdita di deambulazione indipendente all’età di 13 anni. Le diverse espressioni fenotipiche sono correlate principalmente alla natura della mutazione e ai loro effetti sulla produzione della distrofina. Esistono anche forme alleliche più lievi della malattia che includono distrofie muscolari intermedie e la distrofia muscolare di Becker, che causano perdita della deambulazione rispettivamente all’età di 13-16 anni e sopra i 16 anni.1 Con

l’uso dei corticosteroidi per prolungare il più possibile la capacità del soggetto di camminare in modo indipendente, questi confini di età sono meno definiti. Tuttavia, il fatto che questi fenotipi esistono è importante, e se la progressione è più blanda rispetto a quanto aspettato in un caso di DMD, è importante fare la valutazione di queste forme alternative. Alcuni pazienti con mutazioni della distrofina possono presentare un fenotipo caratterizzato da problemi solo a livello cardiaco. Approssimativamente il 10% delle femmine portatrici mostrano alcune manifestazioni della malattia che possono includere oppure riguardare esclusivamente la funzione cognitiva e/o cardiaca. Nonostante che il disordine nelle ragazze affette sia generalmente molto più lieve che nei ragazzi, alcuni casi hanno una severità della malattia simile a quanto visto nei ragazzi. A parte alcuni casi associati a riarrangiamenti cromosomali, la maggior parte delle ragazze si presume sia affetta a causa di una inattivazione asimmetrica del cromosoma X.

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CAPITOLO 2

DIAGNOSI, FOLLOW-UP E CURA DEL PAZIENTE CON DMD

a storia familiare, i segni e sintomi fisici, in combinazione con i risultati di laboratorio, costituiscono la diagnosi della distrofia di Duchenne. Le caratteristiche da mettere in evidenza sono due:

 L’implacabile e progressiva debolezza muscolare che porta a insufficienza respiratoria o insufficienza cardiaca e morte precoce verso i vent’anni di età.  La natura ereditaria della malattia con trasmissione genetica collegata al

cromosoma X.

L’isolamento del gene difettoso nella distrofia muscolare di Duchenne (DMD) e l’identificazione del prodotto del gene, la distrofina, sono state delle pietre miliari importanti nella diagnosi della distrofia muscolare. Oggigiorno, il test del DNA per identificare mutazioni sul gene della distrofina e l’analisi della distrofina tramite la biopsia di campioni muscolari svolgono un ruolo decisivo nella diagnosi delle distrofinopatie. La scoperta del gene che codifica per la distrofina non solo ha delineato la causa della DMD, ma ha anche alimentato la ricerca riguardo la sempre più crescente famiglia delle diverse proteine distrofino-associate, ovvero la catena di proteine che attraversano la membrana della fibra muscolare formando la connessione tra la matrice extracellulare e l’actina intracellulare. Difetti nelle componenti del complesso distrofina-glicoproteina sono stati notati in varie distrofie muscolari.

La scoperta di delezioni o duplicazioni da studi genetici tramite sonde di DNA permettono l’accurata rivelazione di vettori, la consulenza famigliare e la diagnosi prenatale di DMD. Però le piccole mutazioni puntiformi in un grande gene potrebbero essere difficili da individuare anche tramite le tecniche attuali. Quindi i saggi sulla distrofina ricoprono un ruolo importante nella diagnosi delle distrofie Xp21 e nella loro distinzione dalle altre distrofie autosomiche recessive non collegate al cromosoma X.1 Nella DMD il tipo più osservato dell’espressione della distrofina,

identificato tramite la tecnica di immunoistochimica, è quello in cui mancano i domini ammino e

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carbossi terminale, anche se in alcuni casi può essere vista una piccola percentuale di fibre, descritte come retromutanti. Oggigiorno, l’immunoistochimica ha un ruolo importante nella diagnosi tramite biopsia muscolare in pazienti in cui si sospetta la distrofia muscolare. Tipicamente, nella DMD c’è una totale assenza della distrofina nel muscolo.

La diagnosi, dunque, può essere raggiunta rapidamente, e, premettendo che si tratta di una malattia grave, degenerativa, invalidante e dell’esito fatale, la famiglia e il bambino possono essere ben supportati, e individui i quali hanno la DMD possono raggiungere il loro pieno potenziale in educazione e lavoro. Gli interventi corticosteroidei, respiratori, cardiaci, ortopedici e riabilitativi hanno portato a un notevole miglioramento della qualità di vita, della salute e della longevità di questi pazienti. Oggi i bambini diagnosticati hanno perciò un’aspettativa di vita fino alla loro quarta decade.

2.1.

Quando sospettare la DMD

Il sospetto per la presenza di DMD dovrebbe essere preso in considerazione indipendentemente dalla storia familiare ed è solitamente innescato in uno dei seguenti modi:

 Più comunemente, l’osservazione di un’anomala funzione muscolare in un bambino maschio.

 Il rilevamento di alti livelli sierici di creatina chinasi testato per indicazioni non correlate.  Dopo la scoperta di aumentati livelli di enzimi transaminasi come l’aspartato

aminotransferasi/AST e alanina aminotrasferasi/ALT, i quali sono prodotti dal muscolo e dalle cellule epatiche.

La diagnosi della DMD deve quindi essere presa in considerazione prima della biopsia epatica, in qualsiasi bambino maschio con le transaminasi aumentate. I sintomi iniziali possono includere il ritardo della capacità motoria, cadute frequenti, difficoltà a correre oppure a salire le scale. Nonostante la DMD venga tipicamente diagnosticata all’età di 5 anni, essa può essere sospettata molto prima a causa di ritardi nel raggiungimento di punti chiave dello sviluppo come il camminare indipendente oppure il linguaggio. Tali ritardi sono stati documentati in modo prospettico seguendo pazienti affetti da DMD identificati da screening neonatali.8 La presenza del segno di Gowers

positivo in un bambino maschio dovrebbe attivare le indagini diagnostiche della DMD, specialmente se il bambino ha anche un’andatura ondeggiante. Il segno di Gowers è un indice di valutazione utilizzato per diagnosticare malattie quali la distrofia e l’atrofia muscolare. Questo indice verifica i

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movimenti che il paziente effettua per eseguire un particolare movimento. L'azione più comune utilizzata durante questo test è far alzare il paziente dal pavimento: la positività è di solito data quando questo si alza con il tronco flesso in avanti facendo principalmente forza con le braccia poggiate sulle ginocchia. La camminata sulla punta dei piedi potrebbe essere presente ma non è utile per decidere se sospettare la DMD. In presenza di una storia familiare positiva per la DMD, testare la creatina chinasi dovrebbe essere una delle prime analisi da fare al bambino, classificandolo come uno dei test principali da eseguire. In effetti, nella DMD, i livelli sierici della creatina chinasi sono alti già dalla nascita, pertanto testare i neonati per fare una diagnosi precoce potrebbe ridurre la possibilità di ulteriori maschi affetti in una famiglia.

Nonostante ciò, c’è comunque un ritardo preoccupante nella diagnosi del disordine durante la prima infanzia. In un bambino più piccolo di 5 anni il sospetto per la DMD probabilmente non può essere completamente escluso dopo un esame muscolare normale. D’altronde, con il crescere dell’età, un normale esame con esito positivo sulla funzionalità muscolare rende sempre meno probabile la possibilità che un bambino abbia la DMD. Un ragazzo più grande di dieci anni con una normale funzione muscolare è pertanto altamente improbabile che abbia la DMD.

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2.2.

La conferma della diagnosi

La strada per confermare la diagnosi dipende dalla disponibilità del luogo in cui risiede il soggetto di test rapidi e affidabili, i quali devono essere interpretati affiancandoli alla presentazione clinica vista l’ampia scala di severità dovuta ai diversi tipi di mutazione.

2.2.1. Biopsia e istologia muscolare

Per la diagnosi si potrebbe partire dalla biopsia muscolare, a seconda della situazione clinica, della disponibilità di test genetici, e delle strutture nel centro in cui il paziente viene visitato. Ci sono due metodi per poter eseguire la biopsia muscolare:

 Biopsia muscolare aperta  Biopsia con ago percutaneo

La biopsia muscolare aperta è necessaria se la diagnosi differenziale include la DMD tra altre possibilità diagnostiche, così come altri tipi di distrofie muscolari. Le quantità di tessuto quindi prelevate saranno necessarie per molteplici analisi.

Una biopsia con l’ago percutaneo (punch) può essere appropriata se il test è solo per la DMD oppure se il medico è abile a prelevare tramite questa tecnica più campioni di tessuto dal paziente pediatrico. In quei centri in cui è possibile farlo, questa tecnica ha il vantaggio di fornire un campione più grande che in una biopsia ad ago con singolo prelievo di tessuto, e in più non richiede una procedura chirurgica come nel caso della biopsia muscolare aperta.

L’istologia muscolare è importante per fare un’adeguata diagnosi differenziale. La caratteristiche in comune delle distrofie a livello delle fibre muscolari sono varie e includono:

 la variazione nella dimensione delle fibre  necrosi delle fibre

 invasione da macrofagi

 sostituzione con tessuto adiposo

Un quadro completo di tutte le caratteristiche sopraelencate si vede nelle forme più severe di distrofia, come ad esempio in quella di Duchenne. Tuttavia, in distrofie come la

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faccio-scapolo-14

omerale e la distrofia di arti e busto (Limb-Girdle dystrophy), l’invasione del tessuto dalle cellule

mononucleari, i cosiddetti cambiamenti infiammatori, è spesso la caratteristica principale. Questi cambiamenti, associati ad un elevato aumento delle concentrazioni sieriche della creatina chinasi nella distrofia di arti e busto di tipo 2B, potrebbero portare ad una confusione con le poliomiositi, malattie muscolari infiammatorie con eziologia ignota. Nella distrofia muscolare oculofaringea invece sono tipiche i vacuoli contornati e l’inclusione corpuscolata nucleare. Nelle distrofie muscolari distali, i vacuoli contornati sono altrettanto frequenti, anche se, come nel caso di altre distrofie lievi, l’unico ritrovamento a livello cellulare potrebbe essere la maggiore variazione nelle dimensioni delle fibre. Visto tutti questi dettagli che possono presentarsi in forme diverse ed entità diverse in tipi di distrofie differenti, è importante poterli distinguere accuratamente e fare un’adeguata e attenta diagnosi differenziale.

2.2.2. Test utilizzati nella biopsia muscolare

Nelle distrofie associate ad un deficit di proteine sarcolemma-associate, i test più importanti da eseguire nella biopsia muscolare, e che stanno alla base della diagnosi tramite questa metodica, sono due:

 il test immunoistochimico (IHC)  il test Western blot

Si tratta di test mirati a identificare la presenza della proteina distrofina tramite anticorpi marcati. I risultati di questi test devono successivamente essere interpretati da un patologo neuromuscolare esperto. Una biopsia muscolare può fornire informazioni riguardo la quantità e la dimensione molecolare della distrofina, qualora la proteina sia presente. Differenziando quindi tra l’assenza totale e parziale della distrofina si riesce a distinguere la distrofia muscolare di Duchenne da un fenotipo di distrofinopatia più lieve. Di seguito viene riportata una serie di immagini cellulari corrispondenti ad alcuni casi distrofinopatie differenti (D, E, F) ed alcuni controlli sani (A, B, C)

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Figura 4: Immaggini di sezioni congelate di campioni di biopsia muscolare10

Queste immagini derivano dalle analisi eseguite su sezioni congelate di campioni di biopsia muscolare, colorati con anticorpi marcati. Nelle fotografie A e D viene saggiata la distrofina rispettivamente in un campione di muscolo normale (A) e in un campione di muscolo affetto dalla DMD. Nelle fotografie B ed E viene saggiato l’α-sarcoglicano rispettivamente nel muscolo normale e nel muscolo affetto da distrofia arti e busto tipo 2B, mentre nelle immagini C ed F viene saggiata la proteina laminin-α2 in un soggetto normale e in uno affetto da distrofia muscolare congentita. Tuttavia, esistono delle interazioni tra queste proteine, rilevanti nella diagnosi della malattia. Ad esempio, il deficit della distrofina potrebbe essere associato con una riduzione secondaria (ma non assenza) di sarcoglicani; il deficit di un particolare sarcoglicano è spesso associato con una riduzione secondaria di altri sarcoglicani; e nella disferlinopatia, ci può essere una riduzione secondaria di calpain-3.

In casi come questi, dove i dati ricavati dalla biopsia muscolare non sono sufficienti a stabilire la conferma della diagnosi per la DMD, l’analisi genica potrebbe essere l’unico modo per stabilire la diagnosi.

2.2.3. Test diagnostici a livello del gene

In effetti, il test per individuare una mutazione sul gene della DMD in un campione di sangue è sempre necessario, anche se la DMD è stata prima confermata nella biopsia muscolare dalla mancata espressione della distrofina. I risultati dei test genetici forniscono l’informazione clinica richiesta per la consulenza genetica, la diagnosi prenatale e la valutazione per future terapie

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specifiche in grado di agire a livello delle mutazioni. Diversi tipi di mutazioni nel gene di DMD possono essere la base genetica della distrofia muscolare di Duchenne.11

I test genetici comunemente utilizzati per identificare le mutazioni sul gene della distrofina sono:

 PCR Multiplex

 Multiplex Ligation-dependent Probe Amplification (MLPA)  Single-Condition Amplification/Internal Primer (SCAIP)  Multiplex Amplifiable Probe Hybridisation (MAPH)

La PCR multiplex è una tecnica ampiamente disponibile e poco costosa, ma che è in grado di identificare solo le delezioni e in più, non considera tutto il gene, quindi una delezione potrebbe non sempre essere pienamente caratterizzata. Multiplex ligation-dependent probe amplification e

multiplex amplifiable probe hybridisation possono rivelare sia le delezioni che le duplicazioni.

Inoltre, diversamente dalla PCR multiplex queste tecniche sono in grado di coprire tutti gli esoni e di dare quindi un’informazione più completa riguardo le mutazioni presenti. Il test single-condition

amplification/internal primer invece è in grado di rilevare le delezioni e fornire dati sulla sequenza

nucleotidica. Ognuna di queste tecniche presa singolarmente però, non è in grado di identificare tutte le informazioni necessarie per una diagnosi definitiva, pertanto nessuna di esse è disponibile per una valutazione universale.

Nel caso in cui le analisi con una o più di queste tecniche portano alla identificazione e la completa caratterizzazione di una mutazione della distrofina, non sono richiesti ulteriori test. Se il test della delezione o della duplicazione invece risultano negativi, allora dev’essere fatto il sequenziamento del gene di distrofina e cercare per mutazioni puntiformi o piccole delezioni e/o inserzioni. Per permettere la correlazione dell’effetto previsto della mutazione nel frammento di lettura del gene, che è il fattore principale che determina la variabilità fenotipica vista nelle distrofinopatie, è importante fare la completa caratterizzazione della mutazione, come ad esempio individuare gli endpoint di delezione o l’esatta posizione di una mutazione puntiforme. L’esatta caratterizzazione della mutazione è importante per determinare l’idoneità dei trattamenti mutazione-specifici attualmente in studio.

Come detto anche in precedenza, i test genetici, dopo la positività della diagnosi tramite la biopsia, sono obbligatori. D’altro canto, una biopsia muscolare non è necessaria se prima è stata conseguita la positività della diagnosi con test genetici, specialmente perché alcune famiglie potrebbero considerare questa procedura come traumatica per il bambino. In ogni caso, se dopo il

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test genetico non è stata trovata alcuna mutazione, ma i livelli di creatina chinasi sono alti e vi sono segni e sintomi coerenti con la DMD, allora il passo diagnostico necessario è quello di fare una biopsia muscolare. È altrettanto necessario farlo quando c’è una storia familiare con la DMD e un sospetto sulla diagnosi, ma non è nota alcuna mutazione familiare.

2.2.4. Altri tipi di test

L’elettromiografia e gli studi di conduzione nervosa sono altre due metodiche diagnostiche che fanno tradizionalmente parte degli accertamenti clinici in caso di un sospetto disordine neuromuscolare. Questi metodi sono importanti per stabilire la natura miopatica della distrofia e per escludere le cause neurogeniche come responsabili della debolezza muscolare, inclusi i disordini del sistema nervoso periferico. Essendo però l’elettromiografia una tecnica invasiva, gli esperti hanno ritenuto questi test come non indicati o non necessari nelle indagini su un bambino e quindi li hanno scartati dal protocollo seguito nella valutazione specifica della DMD. In ogni caso questi test vengono ancora utilizzati in altri campi e ricoprono un ruolo importante nella diagnosi di diverse malattie su adulti.

2.3.

Follow up e monitoraggio del paziente con la DMD

Diverse organizzazioni di sostenitori denunciano un’assistenza sanitaria incostante e incoerente per i malati di DMD. Sebbene la gestione clinica anticipatoria e preventiva della DMD sia essenziale, le istruzioni ed i consigli su come gestire una tale patologia esistono in solo poche aree. Per pianificare studi clinici multicentrici e migliorare la cura in tutto il mondo, è cruciale indirizzare le tante complicazioni della DMD in un modo comprensivo e coerente.

Lo sviluppo e l’implementazione di istruzioni standard per la cura sono state inizialmente sottolineati da parti interessate nella comunità di DMD, incluse agenzie governative, medici, scienziati, agenzie di salute volontarie e organizzazioni di difesa come Muscular Dystrophy Association e Parent Project Muscular Dystrophy. Negli USA, gli emendamenti della Muscular Dystrophy Community Assistance, Reseach and Education del 2001 hanno indirizzato l’aumento della ricerca e l’iniziativa della salute pubblica verso le distrofie muscolari.9 Lo sviluppo delle

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finanziato dall’Unione Europea (EC036825), chiamato TREAT-NMD, ricevette finanziamenti per far avanzare il trattamento e la cura delle distrofie neuromuscolari, con standardizzazione della cura per la DMD come una delle loro priorità. Il Centro per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie

degli Stati Uniti (CDC) ha facilitato lo sviluppo di queste istruzioni di cura come uno sforzo

collaborativo tra gli soggetti interessati.

Successivamente vengono riportate delle raccomandazioni formulate da parte di esperti indipendenti che riguardano la gestione della DMD e che sono basate nell’analisi degli accertamenti e degli interventi effettuati da questi esperti. Tali consigli focalizzano l’attenzione nelle tante aree che promuovono una diagnosi efficiente e un effettiva gestione della DMD. Esse sono indirizzate sia agli assistenti sanitari che lavorano con individui affetti da DMD che ai loro familiari, e comprendono istruzioni che vanno dall’aiuto primario al team multidisciplinare. Lo scopo di queste raccomandazioni è di fornire un quadro per il riconoscimento delle prime manifestazioni e le possibili complicazioni della malattia, e di pianificare un trattamento ottimale attraverso una squadra multidisciplinare coordinata.

2.3.1. La classificazione delle valutazioni e degli accertamenti effettuati al

paziente

Sono stati fatti pochissimi studi su larga scala, randomizzati e controllati, sulla DMD. Dove tali studi esistono, ad esempio studi che riguardano l’uso di corticosteroidi, le prove ricavate da essi sono state messe in evidenza e a disposizione di tutti. Per tante altre raccomandazioni, il CDC (US Centers for Disease Control and Prevention) ha scelto il RAND Corporation-University of California Los Angeles Appropriateness Method (RAM) per guidare il loro sviluppo. Il compito di RAM è quello di associare le prove scientifiche con il giudizio collettivo degli esperti, e determinare quindi l’appropriatezza e la necessità degli accertamenti clinici e gli interventi effettuati.

Una coalizione internazionale di 84 professionisti esperti, nominati dai loro colleghi e selezionati dal CDC e il comitato direttivo, rappresentano gli specialisti coinvolti nella prestazione della cura per la DMD. Gli esperti, in modo indipendente, classificano per adeguatezza e necessità, gli interventi e gli accertamenti utilizzati nella gestione della DMD, basandosi in scenari clinici presentati sotto forma di matrix format. Questi formati erano generati da un’ampia revisione della letteratura per articoli che riguardavano interventi e accertamenti sulla DMD, accompagnati dall’opinione di esperti. Dai 1981 articoli rivisti, il CDC utilizzò 489 articoli nella sua review finale.12

(19)

19

Al termine della revisione della letteratura, il CDC e i relatori esperti identificarono i segni e sintomi che determinavano l’utilizzo di uno strumento di valutazione/intervento, e alcuni fattori clinici che dovevano essere presi in considerazione.

Sulla base delle indicazioni degli esperti, il CDC organizzò i fattori clinici e i segni e sintomi in un matrix format. Ognuno di questi era rivolto ad un accertamento o intervento particolare e includeva una questione clinica, un’obbiezione oppure un sintomo maggiormente rappresentato. Gli esperti poi valutarono i matrix format in 3 serie di valutazioni, tra cui due per appropriatezza e uno per necessità.

 Nella prima serie ogni esperto in modo anonimo valutò, in una scala ordinale da 1 a 9, l’appropriatezza dell’usare uno strumento di valutazione particolare o un determinato intervento in situazioni cliniche specifiche. Un intervento o uno strumento di valutazione era definito come “appropriato” quando il beneficio terapeutico atteso superava il rischio, indipendentemente dalle implicazioni finanziarie. Il CDC ha tabulato e analizzato le valutazioni medie per ogni situazione secondo le linee guida.

 Durante gli incontri di persona, i gruppi di esperti hanno discusso e modificato i matrix

format per la seconda serie classificandoli per appropriatezza. Dopodiché, il CDC

categorizzò gli accertamenti e gli interventi come “appropriati”, “inappropriati” e “incerti”, identificando eventuali disaccordi tra gli esperti.

 Nella terza serie, gli esperti classificarono per necessità gli accertamenti e gli interventi ritenuti appropriati nella seconda serie, secondo la solita scala da 1 a 9. Gli esperti potevano definire un intervento o uno strumento di accertamento come “necessario” se esso soddisfaceva i seguenti criteri:

a. L’intervento o lo strumento di accertamento era valutato come “appropriato” senza disaccordi

b. Sarebbe stato improprio non offrire l’intervento o lo strumento di accertamento dato il quadro clinico proposto

c. Esiste una moderata opportunità che l’intervento o lo strumento di accertamento porti beneficio al paziente

d. La grandezza del beneficio aspettato non è indifferente.

Dopo queste tre serie di valutazioni indipendenti, i gruppi esperti hanno rivisto e interpretato i dati in modo tale da trasformare le raccomandazioni in un documento clinicamente rilevante. Queste raccomandazioni sono pertanto basate sui risultati del RAM ad eccezione di quei casi in cui le prove dai studi clinici esistono, in particolare i dati RTC. Sono stati notati casi rari in cui ci sono prove RCT

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a supportare le raccomandazioni. Durante lo sviluppo delle raccomandazioni i gruppi esperti identificarono questioni cliniche non comprese prima nei matrix format originali. Dove indicato, i risultati del RAM furono completati da letteratura e opinione di esperti in modo da fornire un quadro globale della cura consigliata per la DMD.

2.3.2. L’equipe multidisciplinaria e il kit di strumenti necessari per la gestione del

paziente con la DMD

Nella figura riportata di seguito viene schematizzato il kit di accertamenti e interventi applicati nella gestione della DMD che ogni gruppo ha definito. L’approccio multidisciplinare a cura dei pazienti con DMD e il range delle competenze necessarie sono caratteristiche fondamentali in questo processo. Il paziente e la famiglia dovrebbero interagire in modo attivo con la professione medica, che a sua volta coordina l’assistenza clinica. A seconda delle circostanze del paziente come la zona/lo stato di residenza, questo ruolo potrebbe essere servito dal neurologo o dal neurologo pediatrico, dallo specialista di riabilitazione, dal neurogenetista, dall’ortopedico pediatrico, dal pediatra o dal medico di base. Il medico dovrebbe essere consapevole dei potenziali problemi correlati a questa patologia ed essere in grado di accedere agli interventi fondamentali per l’adeguata cura nella DMD. Tra questi fanno parte il mantenimento della salute e l’adeguato monitoraggio del progresso e delle complicazioni della malattia, in modo tale da fornire cure preventive e una gestione ottimale. Gli input dei diversi specialisti e le modalità degli interventi cambiano con la progressione della malattia.

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21 Figura 5: La gestione multidisciplinare della DMD9

Come rappresentato in questo schema, il paziente con la DMD è circondato e supportato dalla famiglia e da un assistenza clinica coordinata. La gestione del paziente è articolata in diverse fasi, a partire dalla diagnosi e fino alla gestione terapeutica. Come detto anche in precedenza, la diagnosi è facile da effettuare e si realizza utilizzando strumenti diagnostici come la misurazione dei livelli sierici di creatina chinasi, l’analisi genica, e la biopsia muscolare. Gli interventi successivi alla diagnosi, oltre al paziente, riguardano anche la famiglia e consistono nella valutazione genetica e il supporto familiare. La valutazione genetica e la diagnosi prenatale sono in effetti l’unico modo per prevenire questo disordine muscolare nel caso in cui sia nota la familiarità di tale malattia oppure si sono verificati altri casi in precedenza. Quando è necessaria una diagnosi prenatale, è importante stabilire il tipo specifico di mutazione, e le indagini di laboratorio effettuate a questo scopo sono spesso complesse e necessitano di particolari competenze.13 Per questo motivo è importante

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Center, ora situato in Olanda, ha pubblicato un elenco completo di medici e scienziati in Europa specialisti in questi disordini.

 Gestione riabilitativa

In questo ambito, uno degli accertamenti da effettuare è il ROM, ovvero il Range of Motion=intervallo di movimenti. Altre valutazioni riguardano la forza, la postura, la funzione muscolare, l’allineamento e l’andatura. Gli interventi da intraprendere, a seconda dello stadio di malattia, possono essere lo stretching, l’orientamento, l’immobilizzazione, l’ortesi, esercizio fisico, l’utilizzo di dispositivi che aiutano il paziente a stare in piedi, attrezzature di adattamento, tecnologia assistita, passeggini e sedia a rotelle manuale o motorizzata. L’ortesi non è altro che un apparecchio correttivo degli arti del corpo, applicabile ad essi ma non sostitutivo degli stessi.

 Gestione ortopedica

Riguardo la gestione ortopedica gli strumenti diagnostici che aiutano ad avere un quadro più chiaro della situazione comprendono la valutazione del ROM, accertamenti a livello della colonna vertebrale, il test dell’età ossea misurato prevalentemente a livello del polso sinistro e tramite la radiografia della mano, e infine la densitometria ossea. Gli interventi eventualmente da intraprendere sono la chirurgia del tendine oppure la fusione spinale posteriore. La fusione spinale posteriore è una tecnica chirurgica che permette di unire le vertebre adiacenti tramite piastre metalliche e viti, generalmente di titanio o acciaio inossidabile, per favorire la crescita ossea vertebrale o semplicemente creare un legame tra le vertebre e stabilizzare la colonna, cosi come alleviare il dolore liberando i nervi dalla compressione.

 Gestione psicologica

Particolare attenzione merita la gestione psicologica sia del paziente che della famiglia, con maggiore focalizzazione su quella del paziente per aiutarlo a far fronte la condizione in cui si trova. Gli accertamenti che vengono eseguiti riguardano il campo neurocognitivo, il linguaggio, l’eventuale

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autismo e il lavoro sociale. Gli interventi da intraprendere sono diversi e includono la psicoterapia, l’intervento farmacologico, sociale, educazionale e la terapia di supporto.

 Gestione cardiaca

Continuando alle implicazioni della DMD a livello degli organi, molto importante è il monitoraggio cardiaco dato che in una grande percentuale dei casi, trattandosi di un disturbo che riguarda i muscoli, c’è anche il coinvolgimento cardiaco in quanto organo muscolare. Gli strumenti diagnostici utilizzati sono l’elettrocardiogramma (ECG), l’ecocardiogramma (Echo) e l’holter. L’holter cardiaco è uno strumento portatile con batteria da portare a tracolla, collegato a degli elettrodi applicati al torace da parte di un personale qualificato preso il centro ambulatorio, che registra l’attività cardiaca nell’arco di 24 ore oppure di una settimana in modo tale da sorvegliare l’attività cardiaca e capire l’eventuale presenza di problemi o malfunzionamenti. Quando si rende necessario, gli interventi sono di natura farmacologica e comprendono farmaci come gli ACE-inibitori, i beta-bloccanti o altri medicinali utilizzati nell’insufficienza cardiaca.

 Gestione polmonare

Per quanto riguarda la compromissione polmonare, gli strumenti di valutazione comprendono diversi esami diagnostici come:

 Spirometria  Pulsossimetria  Capnografia

La spirometria è un analisi molto semplice e diffusa, che richiede l’impiego dello spirometro attraverso il quale si misura la funzione dei polmoni in termini di volume e/o velocità con il quale l’aria viene inspirata o espirata dal soggetto. La pulsossimetria invece è una tecnica indiretta e non invasiva che permette, attraverso un apposito strumento chiamato pulsossimetro, di misurare la saturazione di ossigeno nel sangue arterioso determinando la saturazione in ossigeno dell’emoglobina (SpO₂). Questo strumento è costituito da una parte deputata al rilevamento e alla misurazione della saturazione di ossigeno nel sangue, e da una parte adibita al calcolo e alla visualizzazione del risultato. La parte di strumento responsabile dell'esecuzione della misurazione

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di SpO2 (ovvero, la sonda del pulsossimetro) può essere descritta come una sorta di pinza che, normalmente, viene posizionata a cavallo di un dito, in modo tale che le due porzioni che la compongono siano a contatto una con il polpastrello del paziente e l'altra con l'unghia dello stesso. In alternativa, il pulsossimetro può essere posizionato anche sul lobo dell'orecchio. Il principio di funzionamento sul quale si basa la metodica della pulsossimetria è la spettrofotometria. I fasci di luce rossa e infrarossa oltrepassano il dito, attraversando tutti i tessuti e le strutture che lo compongono, fino ad arrivare al rivelatore posto all'altra estremità della pinza. Durante questo passaggio, i fasci di luce vengono assorbiti dall'emoglobina legata all'ossigeno (ossiemoglobina o HbO2) e dall'emoglobina non legata (Hb). Il pulsossimetro è in grado di calcolare la saturazione di ossigeno proprio sfruttando questa differenza nella capacità delle due diverse forme di emoglobina di assorbire la luce rossa o infrarossa. Infine, la capnografia è una tecnica basata nella misurazione e la registrazione su carta della pressione parziale dell’anidride carbonica nell’aria espirata. Il tracciato che si ottiene con la capnografia a registrazione continua, il capnogramma, è caratterizzato normalmente da alternanza di tratti orizzontali e di curve caratteristiche chiamate curve capnografiche. Tale morfologia si altera quando la ventilazione polmonare è compromessa.

Altri esami effettuati riguardo la valutazione della situazione polmonare sono la misurazione del picco del flusso di tosse (PCF), le misurazioni MIP/MEP, ovvero le pressioni massime rispettivamente inspiratorie ed espiratorie e la ABG (arterial blood gas) ovvero la pressione di alcuni gas come ossigeno e anidride carbonica nel sangue arterioso.

La compromissione cardiaca e respiratoria sono condizioni che generalmente iniziano ad apparire verso le fasi più avanzate della malattia, ma nonostante ciò, il paziente distrofico deve essere monitorato continuamente in modo accurato.

 Gestione gastrointestinale

Un altro aspetto da tenere sotto monitoraggio riguarda il tratto gastrointestinale, sia quello superiore coinvolto in funzioni come la parlata e la deglutizione, che quello inferiore adibito principalmente alla nutrizione. Gli strumenti utilizzati consistono in diversi indagini gastrointestinali e antropometrici. Gli interventi partono dal controllo nella dieta e l’eventuale integrazione, fino alla gastrostomia nei casi più avanzati. La gastrostomia è una tecnica che permette l’apertura dello stomaco diretta all'esterno, eseguita come intervento palliativo per consentire l'alimentazione

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quando non è più possibile per la via naturale. Nella gestione farmacologica invece fanno parte il trattamento farmacologico del reflusso gastrico e della costipazione.

 Gestione del paziente

A livello pratico, la gestione del paziente con DMD nella clinica richiede un ambiente fisicamente accessibile e opportune strutture di parcheggio. È importante un adeguato equipaggiamento, come ad esempio la presenza di paranco meccanico o bordo scorrevole, e quella di personale qualificato disponibile per il trasferimento sicuro del paziente non deambulante. Sono essenziali inoltre le competenze e i mezzi per ottenere misure accurate di peso, altezza e dei segni vitali tramite uno staff appropriatamente qualificato. Le misure di altezza, in pazienti con scogliosi severa, non sono accurati e possono essere sostituiti con la misura dell’apertura delle braccia. In queste strutture devono essere disponibili scale speciali che possono accomodare le sedie a rotelle.

Successivamente, illustrando il tutto anche con uno schema riportato di seguito, vengono riportati tutti gli interventi da intraprendere e i tipi di assistenza a seconda dello stadio di malattia. Si distinguono 5 fasi diverse della malattia:

 Fase presintomatica: la diagnosi a questo livello può essere confermata se i livelli di creatina chinasi risultano alti oppure se c’è una storia familiare positiva per questa malattia. Il bambino potrebbe dimostrare ritardo di sviluppo ma non disturbi dell’andamento. A questo punto è importante effettuare l’esame diagnostico e la valutazione genetica. Nell’ambito neuromuscolare si può fare una pianificazione anticipatoria per quanto riguarda la futura evoluzione della malattia, e garantire che il programma di immunizzazione a protezione del sistema respiratorio sia completo. In questo stadio la chirurgia ortopedica raramente è necessaria, sono importanti invece misure preventive per mantenere l’estensibilità muscolare e minimizzare la contrattura. Il bambino viene incoraggiato a svolgere un’appropriata attività ed esercizio fisico in cui viene supportata la partecipazione e vengono forniti dispositivi di adattamento se necessario. A proposito della gestione polmonare, la funzione respiratoria in questa fase è normale, ma è importante assicurare che il programma abituale di immunizzazione includa il vaccino pneumococcico 23-valente e quello antiinfluenzale. Al momento della diagnosi oppure all’età di sei anni è opportuno fare l’ecocardiogramma. Per quanto concerne la sfera psicologica, è importante

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il supporto familiare e la precoce valutazione/intervento relativi allo sviluppo, l’apprendimento e la sfera comportamentale.

 Fase ambulatoriale precoce: a livello diagnostico si effettua il test per il segno di Gowers e in più si osserva un andamento di natura ondeggiante. Il bambino potrebbe praticare il cosiddetto “toe-walking”, ovvero la camminata sulla punta dei piedi in cui il carico viene concentrato prevalentemente o esclusivamente sulla parte anteriore del piede (avampiede/dita), mentre la parte posteriore del piede (retropiede) riceve il carico in quantità limitata, o per un periodo limitato del ciclo del passo, o non lo riceve affatto. In questa fase il bambino è ancora in grado di salire le scale. Riguardo la gestione cardiaca, fino all’età di 10 anni è doveroso effettuare le indagini al massimo ogni 24 mesi, mentre successivamente è fondamentale che vengano effettuate ogni anno.

 Fase ambulatoriale tardiva: l’andatura diventa sempre più laboriosa e il bambino perde la capacità di salire le scale oppure di alzarsi dal pavimento. A livello ortopedico in alcuni casi diviene necessario considerare l’opzione chirurgica a causa della contrazione del tendine di Achille. Sia nella fase due che nella fase tre c’è un basso rischio di problemi respiratori, tuttavia è opportuno tenere sotto controllo l’avanzamento della malattia sotto questo punto di vista.

 Fase non-ambulatoriale precoce: il soggetto potrebbe essere in grado di spostarsi autonomamente ed è capace di mantenere la postura. È probabile che in questa fase si verifichi lo sviluppo della scoliosi. In merito all’aspetto polmonare il rischio dell’insufficienza respiratoria è sempre più crescente pertanto è importante eseguire frequenti accertamenti respiratori. In tutte le prime e quattro fasi è doveroso monitorare se c’è un normale aumento di peso in correlazione all’età e fare le valutazioni nutrizionali in caso di sovrappeso o sottopeso. È altrettanto importante in queste fasi verificare, e dove necessario intervenire, le capacità di apprendimento di questi bambini, non sottovalutando anche la sfera comportamentale e aiutandoli ad affrontare la situazione. È indispensabile promuovere la loro indipendenza e sviluppo sociale.

 Fase non-ambulatoriale tardiva: la funzione degli arti superiori e il mantenimento posturale sono altamente limitati. Nelle ultime due fasi è necessario il monitoraggio per individuare

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la presenza di scoliosi e intervenire attraverso la fusione spinale posteriore in determinate situazioni. Possono essere necessari anche possibili interventi per il posizionamento del piede oppure l’introduzione dalla sedia a rotelle. A livello riabilitativo bisogna assicurare l’utilizzo di sedie a rotelle appropriate, aiuti e adattamenti utili a permettere la massima indipendenza nella vita quotidiana di questi soggetti. In questa fase c’è un alto rischio di insufficienza respiratoria il che innesca maggiori indagini e interventi respiratori. Anche il cuore è altamente compromesso con rischio di problemi cardiaci correlati all’età, i quali determinano la necessità di interventi, sebbene siano asintomatici. In questa fase bisogna stare attenti a possibili disturbi della deglutizione o disfagia.

È importante che il paziente venga sottoposto, perlomeno ogni sei mesi, ad accertamenti sia della funzione e della forza muscolare che del range dei movimenti, in modo tale da definire la fase della malattia e determinare il bisogno di intervenire con la terapia con glucocorticoidi, la gestione del regime eventualmente in corso e degli effetti collaterali.

L’obiettivo della attenzione attorno alla diagnosi è quello di fornire una diagnosi accurata e tempestiva, permettendo l’inizio di interventi appropriati, continuando il supporto e l’educazione, e minimizzando la durata e l’impatto di un processo diagnostico protratto. La diagnosi dev’essere fatta da uno specialista neuromuscolare che può valutare il bambino dal punto di vista clinico e che sia in grado di valutare e interpretare le indagini appropriate nel contesto della presentazione clinica.

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28 Figura 6: I stadi della malattia e le rispettive raccomandazioni 9

(29)

29

2.4.

Valutazioni neuromuscolari e scheletriche

Le valutazioni cliniche nella DMD vengono effettuate da un medico standard, e prendendo in considerazione una storia familiare positiva per la DMD. La metodica di valutazione è quella di intraprendere un esame fisico, focalizzandosi sul sistema muscoloscheletrico e i disturbi funzionali relativi. Lo specialista neuromuscolare dovrebbe essere competente e conoscere il percorso patologico della DMD per capire le implicazioni di una deviazione da questo percorso, ad esempio la possibilità che un percorso più lieve potrebbe indicare una distrofinopatia meno severa oppure che una presentazione più severa della malattia potrebbe suggerire una morbilità concomitante. Questo giudizio sarà aggiornato dai risultati degli accertamenti regolari sulla progressione della malattia come la forza muscolare, i tipi dei movimenti che il paziente riesce a compiere, la postura, l’andatura e le prove temporizzate. È necessaria l’applicazione di una valutazione, espressa in gradi, riguardo la funzione motoria. Questi accertamenti sono altrettanto utilizzati per aiutare il personale medico nelle decisioni riguardo gli interventi terapeutici e monitorare la risposta alla terapia. Tali esami richiedono formazione ed esperienza che affermano la competenza del medico. La scelta dei test da utilizzare in ogni particolare categoria sarà influenzata da fattori locali.

Nella pagina successiva viene riportata una tabella in cui sono illustrate schematicamente le valutazioni neuromuscolari suggerite per pazienti con la distrofia muscolare di Duchenne. Gli appuntamenti clinici di routine devono essere fatti ogni sei mesi, salvo diverse indicazioni, mentre le valutazioni terapeutiche, fisiche e professionali sono consigliate ogni 4 mesi. Anche se gli esperti ritengono questi test strumenti di valutazione appropriati, essi sono utilizzati tipicamente nella ricerca e meno nelle impostazioni cliniche.

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30

Tabella1. *MRC=Medical Researche Council

Metodi Lo scopo del test Paziente

ambulatoriale

Paziente non ambulatoriale

Il test di forza

Test manuale del musolo (*MRC scale)

Miometria quantitativa (benefica se la forza muscolare è di 3-5 secondo la scala MRC)

Valutazioni in serie: per identificare valori che deviano dal percorso clinico atteso; per monitorare il progresso della malattia e prevedere perdite funzionali; per valutare la risposta al trattamento; per

monitorare lo squilibro

muscolare

Test per la forza delle

stremità inferiori

ogni 6 mesi

Stadi iniziali: test per la forza delle estremità superiori e inferiori ogni 6 mesi

Stadi tardivi: il valore del test è meno certa

Range dei movimenti

Goniometria (misura

degli angoli)

Per identificare l’emergenza di ipo-estensibilità muscolare e

contratture articolari che

potrebbero

contribuire/portare a

deterioramento funzionale o

problemi dell’apparato

tegumentario.

Per identificare l’esigenza di interventi

terapeutici/chirurgici supplementari o diversi (ortosi, immobilizzazione, utilizzo di apparecchiature per stare in

piedi, allungamento del

legamento ileotibiale) Estremità inferiori: anca, ginocchio, banda ileotibiale, polpaccio, muscolo gastrocnemio (gemelli)

Estremità inferiori: anca, ginocchio, l’articolazione della caviglia, banda

ileotibiale., polpaccio, muscolo

gastrocnemico

Estremità superiori: gomito, polso, muscoli flessori lunghi della mano

Prove tempori- zzate Uso standardizzato di test funzionali temporizzati

Misura facile e pertinente dello stato funzionale giornaliero; reattività al cambiamento

Misura del tempo impiegato per una camminata di 10 m; per la manovra di Gower; per salire 4 scale; per alzarsi dalla

sedia; test di

camminata per 6 minuti.

Il tempo impiegato per indossare una camicia può essere rilevante nella fase precoce non-ambulatoria.

I test temporizzati non vengono utilizzati nella fase tardiva non-ambulatoriale Attività della vita quotidiana Valutazione dell’indebolimento nelle

attività della vita

quotidiana a casa, in scuola e nella comunità.

Altamente rilevante per un input mirato tramite gli aiuti, adattamenti, e l’accesso ai controlli ambientali

La frequenza delle cadute, monitoraggio dell’attività dei passi, l’abilità di prendersi cura di sé, scrittura, l’uso del computer Funzioni a scuola e in comunità

La capacità di prendersi cura di se stesso, scrittura, utilizzo del computer, controllo della sedia a rotelle manuale ed elettrica

Funzionamento a scuola e in comunità

I gradi della funzione motoria Valutazioni della funzione motoria in

domini specifici per dare un punteggio composto

Permette il monitoraggio della progressione e della risposta alla terapia

Scala di Vignos per le estremità inferiori Valutazione ambulatoriale NorthStar Misura della funzionalità motoria

Scala di Brooke per le estremità superiori

Valutazioni funzionali secondo Egen Klassification

Scala di Hammersmith

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31

CAPITOLO 3

IL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO

DA QUELLO PALLIATIVO A QUELLO CURATIVO

’intervento farmacologico ha cominciato a cambiare la storia naturale della DMD, e ulteriori progressi e trattamenti più efficaci per questa malattia dovrebbero continuare ad offrire un percorso migliore, includendo potenzialmente le piccole molecole e le terapie geniche. L’effetto più ovvio e più devastante della DMD è nella muscolatura scheletrica con risultato la perdita della forza e della funzione muscolare. Diversi gruppi di esperti dunque si sono indirizzati verso studi mirati a ottimizzare la forza e la funzione muscolare tramite:

 interventi farmacologici come l’uso di corticosteroidi

 interventi di fisioterapia con l’impiego di leggeri esercizi fisici

 la gestione del sistema muscolo-scheletrico per prevenire e minimizzare le contratture e le deformazioni.

3.1.

Terapie farmacologiche attuali

3.3.1. Prednisone

La gestione farmacologica attuale mira i sintomi associati al ciclo di degenerazione – rigenerazione delle miofibre. I corticosteroidi mostrano benefici nella riduzione dei sintomi e sono la cura attuale standard nella DMD. Sebbene il meccanismo esatto non sia abbastanza chiaro, i corticosteroidi sono pensati principalmente per ridurre l’infiammazione.14 Una review sistematica ha determinato che il prednisone migliorava la

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32

forza muscolare e la funzione polmonare in pazienti con la DMD. Prednisone può inoltre ritardare la cardiomiopatia, migliorare la funzione motoria, e ridurre la necessità di chirurgia nella scoliosi.15

Basandosi sui risultati di uno studio randomizzato e controllato mirato a identificare la dose ottimale, il prednisone a dosaggi 0,75mg/kg/die è più efficace del dosaggio 0,3mg/kg/die.16

3.3.2. Deflazacort

Altri corticosteroidi possono ugualmente essere utili nella DMD. Deflazacort è un corticosteroide attualmente disponibile in paesi come Regno Unito, India, Brasile, Argentina eccetera. Deflazacort è efficace quanto il prednisone, con il beneficio aggiuntivo di aumentare la sopravvivenza con 5-15 anni. I risultati di uno studio di fase III hanno dimostrato che due dosi di deflazacort, 0,9mg/kg/die e 1,2mg/kg/die miglioravano significativamente la forza muscolare dopo 12 settimane. Deflazacort è inoltre accompagnato da un minore aumento di peso in confronto al prednisone, rendendolo un’opzione corticosteroidea potenzialmente preferita.17 Uno studio in corso di fase III sta

identificando il regime più sicuro ed efficace di prednisone e deflazacort per pazienti con DMD (ClinicalTrials.gov identifier: NCT01603407).18

Anche se i corticosteroidi conferiscono un grande beneficio ai pazienti con la DMD, gli effetti collaterali del loro uso a lungo termine possono essere difficili per il paziente. Gli effetti collaterali includono l’aumento di peso, cambiamenti comportamentali, immunosoppressione, e irsutismo. La disponibilità di cure sicure, ben tollerate ed efficaci, orientate ai cambiamenti fisiopatologici della DMD rappresentano un bisogno per ora non ancora soddisfatto.

3.2. Agenti che permettono il readthrough del mRNA oltre i codoni di stop

Il database globale della DMD, denominato TREAT-NMD, è stato creato per raccogliere informazioni sul tipo e la frequenza delle mutazioni della DMD. Secondo il database, all’incirca 10% delle persone affette da DMD hanno una mutazione nonsense, verificatasi quando un codone di

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33

stop viene inserito in modo prematuro nell’mRNA. Quando l’mRNA viene tradotto, il codone di stop prematuro impedisce al gene della DMD di essere completamente tradotto in distrofina. Per impedire questa interruzione della lettura si sono sviluppate alcune terapie che hanno raggiunto diversi successi.

3.2.1. Aminoglicosidi

Gli antibiotici aminoglicosidici, come la gentamicina, si legano ai ribosomi e permettono loro di leggere oltre il codone di stop prematuro durante la traduzione. Questi medicinali permettono ai ribosomi di inserire aminoacidi alternativi al posto dei codoni di stop mutanti, affinché la traduzione possa continuare a creare una distrofina della normale lunghezza.19 I primi

studi in vivo volti a indagare l’efficacia della gentamicina in topi carenti di distrofina mostrarono che la gentamicina aumentava del 20% l’espressione della distrofina rispetto ai livelli normali e riduceva il danno indotto dalla contrazione. Tuttavia, studi sull’uomo hanno dato risultati contrastanti per quanto riguarda la produzione della distrofina e il reale beneficio clinico.20 Uno studio ha dimostrato

che la terapia a lungo termine (6 mesi) con gentamicina incrementa significativamente i livelli di distrofina e diminuisce la concentrazione sierica della creatina chinasi, un marcatore biologico del danno muscolare.21 Comunque, non vi sono stati miglioramenti significativi del punteggio massimo

nella contrazione isometrica volontaria o nei test funzionali temporizzati, che valutano rispettivamente la forza muscolare e la capacità di locomozione. Nonostante la mancanza dei benefici clinici visti con la gentamicina, il concetto della strategia readthrough si sta studiando con altri aminoglicosidi. Arbecacin è un aminoglicosidico con lo stesso meccanismo d’azione che si sta attualmente studiando in uno trial di fase II (ClinicalTrials.gov identifier: NCT01918384).

Gli antibiotici aminoglicosidici sono associati ad ototossicità e nefrotossicità, specialmente se utilizzati ad alte dosi. Questi effetti avversi, la necessità di somministrazione endovenosa ed i protocolli della gestione degli antibiotici potrebbero limitare l’utilizzo degli aminoglicosidici nella pratica clinica.

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3.2.2. Ataluren

Ataluren è un agente per uso orale che sopprime le mutazioni nonsense nelle malattie genetiche allo stesso modo come fanno gli aminoglicosidici. Alcuni studi hanno esaminato ataluren nella DMD e nella fibrosi cistica. I risultati degli studi della DMD includono la produzione di una distrofina della lunghezza completa e i cambiamenti nel test della camminata da 6 minuti (6-minute walk test/distance ovvero 6MWT/&MWD), una misura della progressione della malattia in pazienti ambulatoriali con la DMD. Uno studio dose-ranging di fase IIa che ha paragonato le biopsie muscolari pretrattamento con biopsie muscolari post-trattamento ha individuato che ataluren aumentava la produzione della distrofina dell’11%.20 Un altro studio di fase IIb ha esaminato i cambiamenti nel test della

camminata di 6 minuti dopo 48 settimane di trattamento con ataluren (40mg/kg/die) e ha trovato un tasso più lento di declino nella capacità di camminare in confronto con il placebo.21 La differenza

tra i due gruppi era di 31,28m, il che non è una distanza statisticamente significativa, che però soddisfaceva la soglia del significato clinico (≥30m).22 Lo studio “ACT DMD” era uno studio di fase

III svolto successivamente, della durata di 48 settimane, randomizzato e placebo-controllato, che ha dimostrato che non c’erano differenze statisticamente significative nella 6MWD tra l’ataluren e il placebo (15m).

Il 22 Febbraio del 2016 l’FDA presentò una lettera Refuse to File sostenendo che i risultati dello studio di fase IIb e il trial di fase III ACT DMD non dimostravano prove adeguate di efficienza.23 Per

ataluren sono in corso ulteriori studi clinici, ma tuttavia, senza risultati statisticamente significativi, è improbabile che FDA approvi l’immissione in commercio di ataluren (ClinicalTrials.gov identifiers: NCT02819557. NCT01247207, NCT01557400).

3.3. Agenti che provocano l’exon skipping

Il risultato delle delezioni negli esoni del gene DMD è la produzione di una distrofina non funzionale. Pertanto, saltare gli esoni adiacenti alla zona delle delezioni può portare in una proteina parzialmente funzionante, anche se accorciata.24 La presenza di una distrofina semi-funzionale è

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