UNIVERSITA’ DEGLI STUDI “ROMA TRE” FACOLTA’ DI GIURISPRUDENZA
Scuola dottorale
Interuniversitaria Internazionale in Diritto europeo Storia e Sistemi giuridici dell’Europa
ROMA
TRE
TESI DOTTORALE
LA CERTEZZA DEL DIRITTO “COSTITUZIONAL-EUROPEO” NEI COMPLESSI RAPPORTI TRA GIUDICATO INTERNO E COMUNITARIO
Tutor: Chiar.ma Prof.ssa Luisa Torchia Dottoranda: Dott.ssa Chiara Di Seri
Com’è possibile fidarsi di un ordinamento di valori che richiede il continuo rimaneggiamento delle preferenze relative?
Luhmann,
Sociologia del diritto (trad. it., Bari, 1977)
INDICE
INTRODUZIONE
1. L’“interpretazione conforme” alle sentenze pregiudiziali………...1 2. L’ipotesi di lavoro: il superamento dell’intangibilità del giudicato nazionale e gli strumenti posti a garanzia della certezza del diritto «costituzional-europeo»…………...2
CAPITOLO I
LA «PREGIUDIZIALE COMUNITARIA»
1. Il ruolo della Corte di giustizia nell’ottica del primato del diritto comunitario: la «pregiudiziale comunitaria»………5 2. La responsabilità degli Stati membri per la violazione dell’obbligo di rinvio…...12 3. La sospensione del processo nazionale in pendenza di «questioni comunitarie»………...…..19 4. La tutela cautelare nei confronti degli atti legislativi in contrasto con il diritto comunitario....23 5. «Pregiudiziale comunitaria», questioni di legittimità costituzionale e “controlimiti”……...26 6. Il problema dell’efficacia delle sentenze interpretative……….43
CAPITOLO II
L’EFFICACIA NEL TEMPO DELLE SENTENZE PREGIUDIZIALI
1. Le sentenze interpretative come fonti di produzione normativa………46 2. La «diretta applicabilità» delle sentenze della Corte di giustizia nella giurisprudenza costituzionale………..………...50 3. Il dovere della Corte di conformarsi alle sue precedenti decisioni………57 4. Efficacia retroattiva e potere della Corte di modulare gli effetti delle proprie decisioni……..59 4.1. Irretroattività delle pronunce di annullamento ex art. 231 T.C.E. e salvaguardia dei diritti dei terzi………...64 4.2. Certezza del diritto e limitazione degli effetti delle pronunce adottate in sede di rinvio pregiudiziale………...68 5. Gli effetti delle pronunce di rinvio pregiudiziale sulla validità e sull’interpretazione...71
CAPITOLO III
L’INCIDENZA DELLE SENTENZE PREGIUDIZIALI SUI RAPPORTI QUESITI
1. Certezza del diritto ed intangibilità del giudicato reso in violazione al diritto comunitario………79 2. L’obbligo di riesame di atti amministrativi “anticomunitari” coperti dal giudicato………...84 3. Il riesame degli atti divenuti definitivi per decorrenza del termine per impugnare………...91
4. La sussistenza dell’obbligo di riesame se il ricorrente non ha in precedenza fatto valere la violazione del diritto comunitario………...100 5. La “presunta” inesistenza dei presupposti di un obbligo di autotutela nell’ordinamento interno………...104 6. L’annullamento d’ufficio “doveroso” ed ex lege……….112 7. La necessità di revisione del giudicato in violazione delle sentenze C.E.D.U………122 8. Profili problematici in relazione al “giudicato costituzionale”: la disapplicazione delle disposizioni “create” dalla Corte costituzionale………..129 9. La prevalenza delle sentenze della Corte di giustizia sulle decisioni delle Corti costituzionali nazionali in materia di diritti fondamentali………...139
CAPITOLO IV
VERSO LA DISAPPLICAZIONE DELL’ART. 2909 c.c.
1. Un’ipotesi di assoluta prevalenza del principio di piena efficacia del diritto comunitario sulla certezza del diritto: il recupero degli aiuti di Stato………..143 2. La revoca “fuori termine” dell’atto di concessione dell’aiuto………...151 3. La revoca dell’atto di concessione dell’aiuto coperto da giudicato nazionale...154 4. La vis espansiva del principio di cedevolezza del giudicato nazionale……...161
VI
5. L’autorità della cosa giudicata nei principali ordinamenti giuridici
europei………...166
5.1. L’ordinamento tedesco………...170
5.2. L’ordinamento francese………172
5.3. L’ordinamento spagnolo………...175
5.4. L’ordinamento inglese………..177
6. La «tutela debole» del giudicato nell’ordinamento costituzionale italiano………...180
7. La certezza del diritto quale “controlimite”: la Corte costituzionale come Revisioninstanz………....189
8. Conclusioni………..193
INTRODUZIONE
1. L’“interpretazione conforme” alle sentenze pregiudiziali − «Continuiamo a
proclamarci interpreti della legge e ad elaborare teorie sulla sua interpretazione; ma ci troviamo di fatto ad operare, sempre più frequentemente, come interpreti della sentenza»1.
A distanza di vent’anni, questa acuta presa di coscienza risulta ancora più veritiera e può essere attualizzata aggiungendo che le sentenze, cui il giurista è sempre più spesso tenuto a riferirsi, sono quelle del giudice comunitario2.
Fin dagli albori del processo di integrazione europea, alla “funzione interpretativa” svolta dalla Corte di giustizia è stato attribuito un ruolo fondamentale nel raggiungimento dell’obiettivo di garantire l’uniformità e l’effettività nell’applicazione del diritto europeo da parte degli Stati membri ed, in particolare, da parte dei loro organi giurisdizionali.
Tale posizione di “privilegio ermeneutico” è garantita mediante il riconoscimento dell’esclusività delle competenze attribuite alla Corte dal Trattato ex art. 220 T.C.E. e la previsione di un obbligo, in capo ai giudici nazionali di ultima istanza, di sottoporre alla Corte le «questioni comunitarie».
Il sistema del rinvio pregiudiziale previsto dall’art. 234 T.C.E. consente, infatti, al giudice comunitario un controllo sull’interpretazione del diritto comunitario «più incisivo di quello di una Corte di Cassazione», in quanto, a differenza di quest’ultimo, non è un mezzo di impugnazione delle sentenze di merito rimesso all’interesse della parte soccombente, ma costituisce un procedimento incidentale attivabile, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio3. Analogamente a quanto avviene per le pronunce di un giudice di legittimità, il potere di interpretare in via pregiudiziale le norme comunitarie, pur non comprendendo anche quello di pronunziarsi direttamente sulla compatibilità tra norme interne e norme comunitarie4, manifesta tutta la sua incidenza nella necessità per i giudici nazionali di “conformarsi al principio di diritto” enunciato dalla Corte5, disapplicando le norme interne eventualmente configgenti.
1 G
ALGANO, L’interpretazione del precedente giudiziario, in Contratto ed impresa, 1985, 701.
2 La moltiplicazione delle fonti normative, a seguito del processo di integrazione europea, ha infatti comportato un incremento
dei poteri dei giudici tale da indurre la dottrina a reimpostare in termini nuovi il tema della giurisprudenza come fonte del diritto. In argomento si veda ZACCARIA, La giurisprudenza come fonte del diritto. Un’evoluzione storica e teorica, Napoli, 2007.
3 Il rilievo è diS
ORRENTINO, Profili costituzionali dell’integrazione comunitaria, Torino, 1996, 33.
4 Il ruolo della Corte di giustizia è infatti quello di «fornire al giudice nazionale tutti gli elementi d’interpretazione, che rientrano
nel diritto comunitario, atti a consentirgli di pronunciarsi sulla compatibilità delle norme nazionali con la norma comunitaria» (Corte di giustizia delle Comunità Europee, 29 giugno 1978, in causa C-154/77, Dechmann).
5 Non solo il giudice di rinvio è vincolato a tener conto dell’interpretazione della Corte di giustizia nella soluzione della causa da
lui composta, ma tutti i giudici chiamati a conoscere della questone.
L’autorità riconosciuta alle sentenze interpretative sembrerebbe dunque avvicinarsi al principio dello stare decisis, del precedente obbligatorio con efficacia generale che oltrepassa il caso di specie, nel senso che l’interpretazione fornita integra il contenuto della norma comunitaria e condiziona la sua applicazione da parte di qualsiasi giudice nazionale, oltre a far venir meno l’obbligo di rinvio dei giudici di ultima istanza: «la decisione interpretativa della Corte di giustizia, svincolata dalla fattispecie che occasionalmente la determina, attribuisce alla norma un significato autentico di ordine generale, acquistando valore direttivo»6.
Con un’immagine suggestiva, il rinvio pregiudiziale è stato quindi rappresentato come una «finestra aperta sull’ordinamento interno dalla quale la Corte di giustizia controlla l’interpretazione e l’applicazione del diritto comunitario», finestra che «una volta aperta, consente alla Corte di vedere e di controllare non solo il diritto comunitario, ma anche il diritto interno in rapporto ad esso»7.
E non solo. L’interpretazione autoritativa fornita dalle sentenze pregiudiziali è stata gradualmente posta nelle condizioni di influire anche sull’interpretazione e l’attuazione del diritto interno, stante l’affermazione dell’obbligo di interpretazione conforme al diritto comunitario e della responsabilità dello Stato per le violazioni del diritto comunitario imputabili agli organi giurisdizionali.
Al “valore interpretativo” delle pronunce è stato così associato il riconoscimento della loro valenza normativa di ius superveniens retroattivo di origine giurisprudenziale.
Tale conclusione, calata in ordinamenti come il nostro, ha comportato l’accoglimento del principio dell’“interpretazione giurisprudenziale autentica”8 ed, in definitiva, conferma la progressiva attenuazione della distinzione tra civil law e common law, quali tradizioni giuridiche parallele, e non contrapposte, se collocate nel quadro unitario di riferimento costituito dal diritto europeo9.
2. L’ipotesi di lavoro: il superamento dell’intangibilità del giudicato nazionale e gli strumenti posti a garanzia della certezza del diritto «costituzional-europeo» − Di qui muove
l’ipotesi di questo lavoro che può essere esposta, in estrema sintesi, come segue.
6 Z
UCCALÀ, Di una forma di interpretazione giurisprudenziale autentica delle leggi, in Giur. It., IV, 1959, 144.
7 S
ORRENTINO, Profili costituzionali, cit., 34.
8 Sul punto si veda la ricostruzione teorica di T
EDESCHI, Su alcune forme di interpretazione autoritativa della legge, in Riv. Dir. Civ., 1957, 136, poi ripresa da ZUCCALÀ, Di una forma di interpretazione giurisprudenziale, cit.
9 C
ASSESE,Il problema della convergenza dei diritti amministrativi: verso un modello amministrativo europeo?, in Riv. It. Dir. Pubbl. Com., 1992, 23 e ss.
Nella crescente valorizzazione della funzione nomofilattica della Corte di giustizia si profila la necessità di una rimeditazione dei caratteri di alcuni istituti del diritto nazionale, ed, in particolare, della discrezionalità dell’annullamento d’ufficio per le ipotesi di violazione della “legalità comunitaria” e del principio dell’intangibilità del giudicato.
A tale rimeditazione si associa l’esigenza di valutare l’adeguatezza degli strumenti di tutela posti a garanzia della certezza del diritto «costituzional-europeo»10.
Alla luce di questa premessa, il presente lavoro si propone di analizzare il sistema della «pregiudizialità comunitaria» nella prospettiva dei suoi rapporti con l’ordinamento costituzionale italiano (capitolo I) e, successivamente, di approfondire la tematica dell’efficacia delle sentenze della Corte di giustizia, esaminando la portata del vincolo che, a seguito delle decisioni adottate in sede di rinvio, si determina in capo ai giudici nazionali e allo stesso giudice comunitario, gli effetti temporali delle pronunce ed il potere della Corte di modularne gli effetti a fronte di situazioni consolidate di diritto interno (capitolo II).
Sarà poi presa in considerazione la giurisprudenza della Corte di giustizia che ha riconosciuto il principio dell’intangibilità del giudicato nazionale fondato su una non corretta interpretazione del diritto comunitario ed ha, al contempo, affermato l’obbligo di riesame di atti amministrativi “anticomunitari”, anche qualora costituiscano oggetto di una decisione definitiva. Se ne esamineranno i riflessi sull’ordinamento nazionale, dimostrando la compatibilità dell’esercizio del potere di annullamento d’ufficio “doveroso” per il ripristino della legalità comunitaria con la tradizionale configurazione dell’istituto ed evidenziando i profili problematici, soprattutto in relazione alla prevalenza del ius superveniens comunitario sul giudicato costituzionale (capitolo III).
Verrà infine posto l’accento sulla tendenza al superamento del principio dell’intangibilità del giudicato reso in violazione di competenze comunitarie “riservate”, partendo dall’analisi della normativa in materia di aiuti di Stato e della sentenza Lucchini (C-119/05) ed ipotizzandone la sua la vis espansiva fino all’eventuale affermazione dell’opposto principio della cedevolezza del giudicato nazionale (capitolo IV). Si cercherà, quindi, di valutare se una tale ossimorica “assoluta relativizzazione” sia in armonia con il valore assegnato, negli ordinamenti giuridici europei, alla certezza nella stabilità dei rapporti definiti con una sentenza non più soggetta a gravame e, a tal fine, si esporranno i risultati di un’analisi comparatistica delle
10 R
UGGERI, La certezza del diritto al crocevia tra dinamiche della normazione ed esperienze di giustizia costituzionale, in AA.
VV., Le fonti del diritto oggi, Giornate di studio in onore di A. Pizzorusso, Pisa 3-4 marzo 2005, Pisa, 2006, 129 e ss
4
tratta12.
discipline positive dei paesi che rappresentano i principali modelli costituzionali di riferimento (Germania, Francia, Spagna, Inghilterra, Italia).
Muovendo dalla constatazione che la tutela o il superamento della “certezza” connessa alla stabilità dei rapporti oggetto di una decisione definitiva costituiscono sempre il punto di equilibrio del bilanciamento con altri valori di pari rilevanza costituzionale, si dimostrerà che la “relativizzazione” del principio dell’intangibilità del giudicato non può essere “assoluta” a vantaggio della primauté del diritto comunitario.
Pertanto, nell’ipotesi in cui la Corte di giustizia dovesse orientarsi in questo senso, sarà possibile ipotizzare l’operatività della dottrina dei “controlimiti” e, conseguentemente, ritenere che il superamento del principio dell’intangibilità del giudicato ad opera di una successiva pronuncia interpretativa della Corte di giustizia non passi, sempre ed inevitabilmente, per lo strumento della disapplicazione della norma interna sulla res iudicata, ma possa costituire il frutto di un’opera di bilanciamento di valori.
L’obiettivo della ricerca esposta è quindi quello giungere ad affermare la necessità che si riconosca alle Corti costituzionali nazionali il compito di Revisionistanz, ossia di organo che, per espressa disposizione costituzionale, sia tenuto a risolvere l’eventuale contrasto tra giudicato interno e comunitario.
La prefigurata prospettiva, vista nell’ottica del progressivo abbandono di una visione “dualistica” dei rapporti tra ordinamento nazionale ed europeo e dell’auspicato “dialogo” tra le Corti, costituirebbe un’ulteriore tappa nel “cammino comunitario” della Corte costituzionale11, in adesione alla inaugurata tendenza a rileggere i rapporti interordinamentali con gli strumenti della teoria dell’interpretazione piuttosto che con quelli di una teoria delle fonti d’ispirazione formale-as
Si compirebbe inoltre quell’evoluzione, adombrata dalla più attenta dottrina, della nozione stessa di “certezza del diritto”, così «portata a sdoppiarsi e a convertirsi in certezze di un diritto non più solo costituzionale, come pure non più solo comunitario o europeo, distinto seppur “coordinato” rispetto al primo, bensì, ad un tempo, costituzional-europeo, conseguente ad un’integrazione ormai optimo iure compiuta, nel segno non della sopraffazione dell’uno
sull’altro ordinamento ma della loro congiunta, armonica affermazione»13.
11 Per riprendere la nota espressione di B
ARILE, Il cammino comunitario della Corte, in Giur. Cost., 1973, 2406 e ss.
12 R
UGGERI, La CEDU alla ricerca di una nuova identità, tra prospettiva formale-astratta e prospettiva assiologico-sostanziale d’inquadramento sistematico (a prima lettura di Corte cost. nn. 348 e 349 del 2007), in “Itinerari” di una ricerca sul sistema delle fonti, Torino, 2008, 493 e ss.
13 R
UGGERI, La certezza del diritto al crocevia tra dinamiche della normazione ed esperienze di giustizia costituzionale, in AA.
CAPITOLO I
LA «PREGIUDIZIALE COMUNITARIA»
Sommario: 1. Il ruolo della Corte di giustizia nell’ottica del primato del diritto comunitario: la «pregiudiziale comunitaria» - 2. La responsabilità degli Stati membri per la violazione dell’obbligo di rinvio - 3. La sospensione del processo nazionale in pendenza di «questioni comunitarie» - 4. La tutela cautelare nei confronti degli atti legislativi in contrasto con il diritto comunitario - 5. «Pregiudiziale comunitaria», questioni di legittimità costituzionale e “controlimiti” - 6. Il problema dell’ efficacia delle sentenze interpretative.
1. Il ruolo della Corte di giustizia nell’ottica del primato del diritto comunitario: la «pregiudiziale comunitaria» − A norma dell’art. 220 T.C.E., la Corte di giustizia delle
Comunità Europee è l’istituzione che assicura il rispetto del diritto comunitario e la sua corretta ed uniforme interpretazione, attraverso il controllo giurisdizionale degli atti e dei comportamenti inerti delle Istituzioni comunitarie e degli Stati e, soprattutto, esercitando la competenza a decidere sulle questioni pregiudiziali1.
L’attività di interpretazione del Trattato e del diritto comunitario è riservata al giudice comunitario in via esclusiva.
1 Per un generale inquadramento delle competenze e dei poteri assegnati alla Corte, si vedano: AA.VV., The European Court of
Justice, a cura di De Burca e Weiler, Oxford, 2001; ARNULL, The European Union and its Court of Justice, Oxford, 1999; BEBR, Development of judicial control of the European communities, Boston-London, 1981; BROWN, The Court of Justice of the
European Communities, London, 1989; BROWN,KENNEDY, The Court of Justice of the European Communities, London, 2004;
CARBONE, Il ruolo della Corte di Giustizia nella costruzione del sistema giuridico europeo, in Dir. Pubbl. Comp. Eu., 2006, 547 e ss.; CAPOTORTI, voce Corte di giustizia delle Comunità europee, in Enc. Giur. Treccani, Roma, 1988; DA CRUZ VILACA, L’evoluzione del sistema giurisdizionale comunitario prima e dopo Maastricht, in Il Diritto dell’Unione europea, 1996, 89 e ss.;
DANIELE, voce Corte di giustizia delle Comunità europee, in Dig. Disc. Pubbl., IV, Torino, 1989; DAVIES, The division of powers between the European Court of Justice and National Courts, in http://lesl.man.ac.uk/conweb/; IVALDI, Il rinvio pregiudiziale, in
Comunicazioni e Studi, 2002, 235 e ss.; LASOK, The European Court of Justice: practice and procedures, London, 1994; LASOK,
MILLET,HOWARD, Judicial Contro1 in the EU: procedures and principles, Richmond, 2004; LENZ, The Court of Justice of the
European Communities, in European Law Review, 1988, 130 e ss.; MIGLIAZZA, La Corte di giustizia delle Comunità europee,
Milano, 1961; NEIL, The European Court of Justice – A case Study in Judicial Activism, London, 1995; STONE SWEET, La Corte di giustizia europea, in L’Unione europea. Le istituzioni e gli attori di un sistema sopranazionale, Roma-Bari, 80 e ss.;
TIMMERMANS, The European Union’s judicial system, in Common Market Law Review, 2004, 393 e ss.; TIZZANO, La Corte di giustizia delle Comunità europee, Napoli, 1967 e ID., Il ruolo della Corte di Giustizia nella prospettiva dell’Unione europea, in Scritti in onore di A. Predieri, II, 1996, Milano, 1470 e ss.; VANDERSANDEN,BARAV, Contentieux communautaire, Bruxelles,
1977. Con riguardo al particolare profilo della legittimazione dell’istituzione si veda il recente contributo di MANCINI, Democrazia e costituzionalismo nell’Unione europea, Bologna, 2004.
Tale esclusività si proietta sia all’esterno dell’ordinamento comunitario che all’interno dello stesso.
Quanto al primo profilo, infatti, l’art. 292 T.C.E. dispone che «gli Stati membri si impegnano a non sottoporre una controversia relativa all’interpretazione o all’applicazione del presente trattato ad un modo di composizione diverso dal trattato stesso». La risoluzione delle controversie tra gli Stati membri va dunque ricondotta nell’ambito del quadro giuridico ed istituzionale comunitario, mediante la rimessione delle questioni interpretative alla Corte di giustizia, che ha delineato l’ambito della sua giurisdizione esclusiva in termini limitativi per l’esercizio della giurisdizione da parte di altre Corti o Tribunali internazionali che siano chiamati a giudicare controversie di rilevanza comunitaria2.
Quanto, invece, alla manifestazione dell’esclusività della potestà interpretativa all’interno dell’ordinamento comunitario, la cui pregnante incidenza sarà oggetto del presente studio,
2 Sul tema della possibile concorrenza della giurisdizione della Corte di Giustizia con quella degli altri giudici internazionali si
veda la completa analisi di SHANY, The Competing Jurisdictions of International Courts and Tribunals, Oxford, 2004 e ID.,
Regulating Jurisdictional Relations between National and International Courts, Oxford, 2007, il quale analizza rispettivamente i
rapporti tra ordini giuridici globali e le relazioni tra ordinamenti statali e sovranazionali, considerando ambedue i tipi di “judicial interaction”, dal punto di vista e con la preoccupazione della sovrapposizione e dei conflitti di giurisdizione. Si veda, inoltre, LAVRANOS, Concurrence of Jurisdiction Beetween the ECJ and Other International Courts and Tribunals, in European
Environmental Law Review, 2005, 213 e ss.
In giurisprudenza, si cfr. Corte di giustizia delle Comunità Europee, 30 maggio 2006, in causa C-459/03, MOX Plant, ed i relativi commenti di CARDWELL, FRENCH, Who decides? The Eu’s judgment on jurisdiction in the Mox Plant case, in Journal of Environmental Law, 2007, 123 e ss., CASOLARI, La sentenza Mox: la Corte di Giustizia delle Comunità europee torna ad
occuparsi dei rapporti tra ordinamento comunitario ed ordinamento internazionale, in Il diritto dell’Unione Europea, 2007, 355
e ss., LAVRANOS, The MOX Plant and IJzeren Rijn Disputes: Which Court is the Supreme Arbiter?, ivi, 2006, 223 e ss. eID., The scope of the exclusive jurisdiction of the Court of Justice, in European Law Review, 2007, 83 e ss., MALJEAN DUBOIS, MARTINE, L’affaire de l’Usine Mox devant les tribunaux internationaux, in Journal du Droit International, 2007, 450 e ss., SHANY, The First MOX Plant Award: The need to Harmonize Competine Environmental Regimes and dispute Settlements Procedures, in Leiden Journal of International Law, 2004, 815 e ss.,
Negli ultimi anni, inoltre, si sono moltiplicati gli scritti che hanno approfondito l’emersione del fenomeno di judicial
globalization, alcuni dei quali incentrati sulla tutela dei diritti umani: tra i tanti, si vedano ALLARD, GARAPON, A global Community of Courts, in Harvard International Law Journal, 2003, 191 e ss., CASSESE, La funzione costituzionale dei giudici non statali. Dallo spazio giuridico globale all’ordine giuridico globale, in Riv. Trim. Dir. Pubbl., 2007, 609 e ss. e ID., Quando gli ordinamenti giuridici si scontrano. Dal dialogo alla cooperazione tra le Corti, in www.irpa.eu,CHOUDRY, Globalization in Search of Justification: Towards a Theory of Comparative Constitutional Interpretation, in Indiana Law Journal, 1999, 821 e ss.,
DE BURCA,GERSTENBERG, The Denationalization of Constitutional Law, in Harvard International Law Journal, 2006, 243 e ss., FERRARESE, Il diritto al presente. Globalizzazione e tempo delle istituzioni, Bologna, 2002, 201, 202 e 230, FONTANELLI,
MARTINICO, Alla ricerca della coerenza: le tecniche del ‘dialogo nascosto’ fra i giudici nell’ordinamento costituzionale
multi-livello, in Riv. Trim. Dir. Pubbl., 2008, 351 e ss. (traduzione italiana del saggio “Looking for coherence: hidden techniques of
multilevel dialogue and constitutional comity in the Eu context”, presentato al sesto International Workshop for Young Scholars - WISH - Dublino, 16-17 novembre 2007), HIRSCHL, Towards juristocracy, the limits and the consequence of the new constitutionalism, 2004 e ID., The global expansion of the judicial power, New York, 1995, L’HEUREUX-DUBE, The International
Judicial Dialogue: When Domestic Constitutional Courts Join the Conversation, in Harvard Law Review, 2001, 2049 e ss.,
MARTINEZ, Towards an International Judicial System, in Standford Law Review, 2003, 452 e ss., MARTINICO,POLLICINO, The
specificity of the European judiciary system against the background of the judicial globalization, paper presentato al VII
Congresso mondiale dell’Associazione internazionale di diritto costituzionale, Atene, 11-15 giugno 2007, reperibile su
www.enelsyn.gr/papers, MCCRUDDEN, A Common Law of Human Righs?: Transnational Judicial Conversations on Constitutional Rights, in Oxford Journal of Legal Studies, 2000, 499 e ss., SLAUGHTER, A Global Community of Courts, in Harvard International Law Journal, 2003, 191 e ss. e ID., A New World Order, Princeton, 2004, STONE SWEET, The Judicial Construction of Europe, Oxford, 2004, ID., On Law, Politics and Judicialization, Oxford, 2002, ID., Governing with Judges: Constitutional Politics in Europe, New York, 2000, TREVES, Fragmentation of International Law: the Judicial Perspective, in Comunicazioni e Studi, 2008, 42 e ss.
occorre riferirsi alla sussistenza di un obbligo di rinvio pregiudiziale3, gravante ex art. 234 T.C.E., 3° comma, sui giudici nazionali di ultima istanza (salvo il limite previsto dall’art. 684).
In proposito, la Corte di giustizia ha avuto modo di affermare, in molte sue decisioni, che l’«obbligo di adire la Corte rientra nell’ambito della cooperazione istituita al fine di garantire la corretta applicazione e l’interpretazione uniforme del diritto comunitario, nell’insieme degli Stati membri, fra i giudici nazionali, in quanto incaricati dell’applicazione delle norme comunitarie, e la Corte di giustizia. L’art. 177 (ora 234) mira, più in particolare ad evitare che si producano divergenze giurisprudenziali all’interno della Comunità su questioni di diritto comunitario. La portata di tale obbligo va pertanto valutata tenendo conto di tali finalità in funzione delle competenze rispettive dei giudici nazionali e della Corte di giustizia»5.
L’esigenza di uniformità del diritto europeo comporta dunque l’accentramento in capo al giudice comunitario della funzione interpretativa: «one of the Court’s essential tasks is to ensure
just such a uniform interpretation, and it discharges that duty by answering the questions put to it
3 Sul meccanismo del rinvio pregiudiziale, si vedano, tra i contributi più autorevoli, FERRARI BRAVO, Commento sub art. 177, in
Commentario Cee, a cura di Quadri, Monaco, Trabucchi, Milano, 1965, 1310 e ss., SCHWARZE, Art. 234 EGV, in EU-Kommentar, Baden Baden, 2000, 2009 e ss., ID., The role of the European Court of Justice (ECJ) in the interpretation of uniform
law among the member States of the European Communities, Baden-Baden, 1988 e WEILER, The European Court, National Courts and References for Preliminary Rulings – the Paradox of Success: A revisionist View of Article 177 EEC, in AA. VV., Article 177 EEC: Experiences and Problems, 1987, 366 e ss.
4 Secondo l’attuale formulazione dell’art. 68 T.C.E., la Corte di Giustizia può pronunciarsi sulle questioni pregiudiziali di
interpretazione delle disposizioni del titolo IV del Trattato (in materia di visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone), oppure sulle questioni pregiudiziali di validità o di interpretazione degli atti adottati dalle istituzioni comunitarie in base a tale titolo, ma solo se tali questioni vengono sollevate da un giudice nazionale »avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno». La competenza pregiudiziale della Corte è esclusa in materia di mantenimento dell’ordine pubblico e di salvaguardia della sicurezza interna, nell’ambito di giudizi su misure o decisioni adottate dal Consiglio ai sensi dell’art. 62 punto 1 T.C.E., ossia misure miranti a garantire l’eliminazione dei controlli sulle persone, sia cittadini dell’Unione europea sia cittadini di paesi terzi, all’atto dell’attraversamento delle frontiere interne. Due le principali ragioni della limitazione della competenza della Corte di Giustizia in queste materia: l’esigenza di contenere l’afflusso di rinvii pregiudiziali e la necessità che il procedimento del rinvio pregiudiziale non ritardi troppo il procedimento dinanzi al giudice nazionale che ha sollevato la questione e l’opportunità di contenere l’intervento della Corte di Giustizia in settori particolarmente sensibili per la sovranità degli Stati membri.
Su tali limitazioni, si veda GAROFALO, Sulla competenza a titolo pregiudiziale della Corte di giustizia secondo l’art. 68 del Trattato CE, in Il diritto dell’Unione europea, 2000, 805 e ss.
Si segnala infine che in una comunicazione del 28 giugno 2006 (COM (2006) 346), la Commissione ha proposto di modificare la riferita disciplina.
5 Corte di giustizia delle Comunità Europee, 6 ottobre 1982, in causa C-283/81, Cilfit, nonché in precedenza Id., 27 marzo 1980,
in causa C-61/79, Denkavit Italiana e Id., 27 marzo 1980, in cause riunite C-66, 127 e 128/79, Salumi.
In generale, sulla funzione di garanzia dell’uniforme interpretazione del diritto comunitario, si vedano: CAPOTORTI, Processo comunitario, in Enc. Dir., XXXVI, Milano, 1987, 846; DANIELE, Corte di giustizia delle Comunità Europee, in Dig. Disc.
Pubbl., IV, Torino, 1989, 238; MONACO, Realtà e tendenze della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità, in Riv. Dir. europeo, 1987, 175 e ss.; BIAVATI, La funzione unificatrice della Corte di giustizia delle Comunità europee, in Riv. Trim.
Dir. Proc. Civ., 1995, 273 e ss.; BRIGUGLIO, voce Pregiudiziale comunitaria, in Enc. Giur. Treccani, XXIII, Roma, 1997, 1 e ss.;
FOGLIA, Il ruolo della Corte di giustizia e il rapporto tra giudice comunitario e i giudici nazionali nel quadro dell’art. 177 del Trattato (con particolare riferimento alle politiche sociali), in Il diritto del lavoro, 1999, 148 e ss. Si cfr., infine, il saggio di
KOMÀREK, In the court(s) we trust? On the need for hierarchy and differentiation in the preliminary ruling procedure, in European Law Review, 2007, 467 e ss. in cui l’autore propone l’introduzione di una limitazione della legittimazione a procedure
al rinvio ai giudici nazionali di ultima istanza.
by the national courts and tribunals. The possibility of refering a question to the Court of Justice must therefore remain open to all those courts and tribunals»6.
Il raggiungimento dell’uniformità viene quindi a configurarsi come un obiettivo che va al di là della coerenza di un sistema ordinamentale7: «uniform application is rather a sort of
existencial problem to which the Community legal order has to relate»8, “esigenza esistenziale” che si sostanzia nell’affermazione del principio del primato del diritto comunitario sul diritto nazionale, mitigato dal principio delle competenze di attribuzione della Comunità9.
Occorre tuttavia precisare che il potere di interpretare in via pregiudiziale le norme comunitarie non comprende anche quello di pronunziarsi direttamente sulla compatibilità tra norme interne e norme comunitarie, spettando al giudice nazionale risolvere la questio facti mediante l’applicazione della norma comunitaria al caso concreto10.
6 Report of the Court of Justice on certain aspects of the application of the Treaty on European Union, 1995, punto 11. 7 In quest’ottica, un’autorevole dottrina (R
ASMUSSENM, Remedying the crumbling EC judicial System, in Common Market Law Review, 2000, 1071 e ss.), nel descrivere il sistema giurisdizionale comunitario, ha ritenuto preferibile parlare di “non sistema”:
«“Non system” evokes better the undeniable absence, for more that forty years, of systematic thinking over how that system, and more specifically its definition of the relationship between national and EC judges ought ideally be organized, architecture, division of competences, rules of standing, and the rest».
8 DYBERG, What Should the Court of Justice Be Doing?, in European Law Review, 2001, 295. Si cfr. inoltre DASHWOOD,
JOHNSTON, The future of European Judicial System, Oxford, 2001.
9 Tale “esigenza esistenziale” è stata recentemente evocata nella Dichiarazione del 13 dicembre 2004 con cui Tribunal
constitucional spagnolo, a poche settimane da un’omologa pronuncia del Conseil constitutionnel (Décision 2004-505 DC) è intervenuto sulla ratifica del Trattato costituzionale europeo. Per un’analisi della decisione si veda SCHILLACI, Il tribunale costituzionale spagnolo e la Costituzione europea, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, in cui si sottolinea l’importanza
della distinzione, operata dal giudice costituzionale spagnolo tra primato del diritto comunitario e supremazia della Costituzione (primacìa y supremacìa): «la supremazia si concretizza nel carattere gerarchicamente superiore di una norma, e per ciò stesso, è fonte di validità delle norme sott’ordinate, e implica, come conseguenza, l’invalidità di queste ultime, qualora contravvengano a disposizioni imperative contenute nella prima. Il primato non si concretizza necessariamente in un rapporto gerarchico, bensì nella distinzione tra diversi ambiti di applicazione di norme tra loro differenti, per principio valide, delle quali, tuttavia, una o alcune di queste possiedono la capacità di essere applicate a preferenza di altre, in virtù di ragioni che possono essere le più varie. La supremazia implica sempre, per principio, il primato, salvo che la stessa norma suprema abbia previsto, in qualche ambito, la possibilità di una sua disapplicazione. La supremazia della Costituzione, è, pertanto, compatibile con regimi di applicazione che riconoscano preferenza applicativa a norme di altri ordinamenti diversi da quelli nazionali, sempre che la Costituzione lo abbia previsto, ciò che accade, precisamente, nel caso dell’art. 93».
Si cfr.no altresì FERRERES COMELLA, La Constituciòn española ante la clausola de primacia del Derecho de la Union europea. Un comentario a la Declaraciòn 1/2004 del Tribunal Constitucional, in AA.VV., Constitucion española y constituciòn europea,
a cura di Lopez Castillo, Saiz Arnaiz, Ferreres Comella, Madrid, 2005, 77 e ss. secondo cui, nel descrivere il rapporto fra diritto costituzionale interno e diritto comunitario, parla di fessibilizzazione delle supremazie, e SAIZ ARAIZ, De primacia, supremazia y
derechos fundamentales en la Europa integrada: la Declaraciòn del Tribunal Constitucional de 13 diciembre de 2004 y e1 Tratado por e1 que establece una Constitucion para Europa, ibidem, 51 e ss.
10 In proposito, Corte di giustizia delle Comunità Europee, 27 marzo 1963, C-28, 29 e 30/62, Da Costa en Schaake, afferma che
«quando, nell’ambito concreto di una controversia vertente avanti un giudice nazionale, la Corte dà un’interpretazione del trattato, essa si limita a trarre dalla lettera e dallo spirito di questo il significato delle norme comunitarie, mentre l’applicazione alla fattispecie delle norme così interpretate rimane riservata al giudice nazionale: tale concezione corrisponde alla funzione assegnata alla Corte dall’art. 177, che mira a garantire l’unità dell’interpretazione del diritto comunitario nei sei Stati membri». Bisogna però rilevare che, nella pratica delle pronunce pregiudiziali, l’interpretazione del diritto comunitario fornita dalla Corte è spesso resa in modo tale che il giudice nazionale possa evincere a quali condizioni la Corte ritenga sussista l’incompatibilità, con conseguente effetto conformativo del giudice alla decisione.
La sentenza pronunciata in sede pregiudiziale risulta infatti idonea «a fornire al giudice nazionale tutti gli elementi d’interpretazione, che rientrano nel diritto comunitario, atti a consentirgli di pronunciarsi sulla compatibilità di dette norme con la norma di cui trattasi»11.
La Corte è dunque chiamata a svolgere la funzione di garantire l’applicazione del Trattato e del diritto comunitario derivato congiuntamente ai giudici degli Stati membri, che, in forza del primato del diritto comunitario, devono disapplicare le norme interne eventualmente configgenti12 ed , in caso di dubbi interpretativi, rimettere la questione in sede comunitaria.
11 Corte di giustizia delle Comunità Europee, 29 giugno 1978, in causa C-154/77, Dechmann.
12 Come è noto, il percorso seguito dalla giurisprudenza costituzionale italiana in tema di criteri di risoluzione delle antinomie tra
diritto interno e diritto comunitario si è articolato in due fasi: dopo aver sostenuto, in aperto contrasto con la giurisprudenza comunitaria (si cfr.no le storiche decisioni Corte di giustizia delle Comunità Europee, 15 giugno 1964, in causa C-6/64, Costa e Id., 9 marzo 1978, in causa C-106/77, Simmenthal, su cui, tra i tanti, MARCH HUNNINGS, Rival Constitutional Courts: A Comment on Case 106/77, in Common Market Law Review, 1978, 483 e ss.; MENGONI, Note sul rapporto tra fonti di diritto comunitario e fonti di diritto interno degli Stati membri, in AA.VV., Diritto privato europeo e categorie civilistiche, a cura di Lipari, Napoli,
1998, 26 ss.), la tesi della necessaria dichiarazione di illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 11 Cost, delle leggi interne contrastanti con il diritto comunitario (Corte cost., 18 dicembre 1973, n. 183, in Giur. Cost., 1973, 2401 e ss. con nota di BARILE, Il cammino comunitario della Corte, ibidem, 2406 e ss.), la Corte, pur ribadendo la propria concezione dualista, ha affermato che le norme comunitarie ricevono piena e diretta applicazione “per forza propria”, non entrando a far parte dell’ordinamento nazionale, e devono pertanto essere preferite alle norme interne incompatibili, nelle materie trasferite alla competenza delle Comunità, sia che seguano sia che precedano nel tempo le leggi ordinarie incompatibili. Tale “preferenza” accordata alla norma comunitaria fa sì che, nel proprio ambito di competenza, «l’effetto connesso con la sua vigenza è (…) quello non già di caducare, nell’accezione propria del termine, la norma interna incompatibile, bensì di impedire che tale norma venga in rilievo per la definizione della controversia innanzi al giudice nazionale» (Corte cost., 5 giugno 1984, n. 170, in Giur.
Cost., 1984, 1098 e ss., sui cui, tra i tanti, RUGGERI, Continuo e discontinuo nella giurisprudenza costituzionale, a partire dalla sent. n. 170 del 1984, in tema di rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento interno: dalla teoria della separazione alla prassi dell’integrazione intersistemica?, in Giur. Cost., 1991, 1598 e ss.).
Per una completa ricostruzione della problematica della disapplicazione, quale criterio per la risoluzione delle antinomie tra diritto interno e diritto comunitario, si vedano: AA. VV., La Corte costituzionale tra diritto interno e diritto comunitario, Atti del seminario svoltosi a Roma, Palazzo della Consulta 15-16 ottobre 1990, Milano, 1991; ALBINO, Il sistema delle fonti tra ordinamento interno e comunitario, in Riv. It. Dir. Pubbl. Com, 2001, 923 e ss.; CELOTTO, La prevalenza del diritto comunitario sul diritto interno: orientamenti della Corte costituzionale e spunti di teoria generale, in Giur. Cost., 1992, 4481 e ss.; ID., Le «modalità» di prevalenza delle norme comunitarie sulle norme interne: spunti ricostruttivi, in Riv. It., dir. pubbl. com., 1999,
1463 e ss. e ID., Concorrenza e conflitti tra criteri di risoluzione, in MODUGNO, Appunti per una teoria generale del diritto, La teoria del diritto oggettivo, Torino, 2000, 225 e ss.; ID., Legittimità costituzionale e legittimità comunitaria (prime considerazioni sul controllo di costituzionalità in Italia come sistema “misto”, in Riv. Dir. Pubbl. Eu., 2002, 47 e ss.; DONATI, Diritto comunitario e sindacato di costituzionalità, Milano, 1995; MIGLIAZZA, Conflitto fra la Corte costituzionale e la Corte di Giustizia delle Comunità europee e possibilità di soluzione, in AA. VV.., Il primato del diritto comunitario e i giudici italiani,
Milano, 1978, 177 e ss.; PAGOTTO, La disapplicazione della legge, Milano, 2008; PIZZORUSSO, Sull’applicazione del diritto
comunitario da parte del giudice italiano, in Quad. Reg., 1989, 48 e ss. e ID., Interrogativi in tema di rapporti tra fonti comunitarie e fonti nazionali, in AA. VV., Le riforme istituzionali e la partecipazione dell’Italia all’Unione europea, Milano,
2002, 21 e ss.; RUGGERI, Fonti, norme criteri, ordinatori, Torino, 2005, 215 e ss. ed, in precedenza, ID., Continuo e discontinuo nella giurisprudenza costituzionale, a partire dalla sent. n. 170 del 1984, cit.; SILVESTRI, La diretta applicabilità delle norme
comunitarie, in Associazione Italiana dei costituzionalisti, Annuario 1999, La Costituzione Europea, Atti del XIV Convegno annuale, Padova, 2000; SORRENTINO, Brevi osservazioni sulle leggi contrastanti con norme comunitarie: incostituzionalità e/o
disapplicazione?, in Giur. Cost., 1975, II, 3237 e ss., ID., Ai limiti dell’integrazione europea: primato delle fonti o delle istituzioni comunitarie?, in Pol. Dir., 1994, 189 e ss. e ID., La rilevanza delle fonti comunitarie nell’ordinamento italiano, in Dir.
commercio internaz., 1989, 452 e ss.; SPERDUTI, Diritto comunitario e diritto interno nella giurisprudenza della Corte costituzionale italiana e della Corte di Giustizia delle Comunità europee: un dissidio da sanare, in Giur. cost., 1978, 791 e ss. e
ID., Corte costituzionale e Corte comunitaria: un dissidio senza reale fondamento in diritto, in Comun. Intern., 1979, 5 e ss.
Si veda inoltre l’originale ricostruzione offerta da LA PERGOLA, Il giudice costituzionale italiano di fronte al primato e all'effetto
diretto del diritto comunitario: note su un incontro di studio, in Giur. Cost., 2003, 2419 e ss., secondo cui «al pari della Corte di
giustizia, il giudice costituzionale italiano ritiene che gli obblighi comunitari non stanno soltanto sul piano dei rapporti internazionali. Li vede come obblighi che attraversano il diaframma della sovranità esterna dello Stato-soggetto per riversarsi nella sfera dello Stato-ordinamento. L’effetto dell’obbligo comunitario, sottinteso da questa giurisprudenza costituzionale, è quello, più precisamente, della immediatisation organique: esso genera un vincolo di condotta che grava direttamente, sempre in forza dell'art. il Cost., sugli organi interni, i quali sono chiamati ad adempierlo, ciascuno nell’ambito delle proprie attribuzioni.
Gli organi giurisdizionali nazionali rivestono quindi simbolicamente due ruoli: quello di giudici nazionali che applicano il diritto interno e quello di giudici europei che applicano il diritto comunitario13.
In quest’ottica il sistema del rinvio pregiudiziale previsto dall’art. 234 T.C.E. si configura come “dialogo tra giudici”, in cui risulta assegnato al giudice comunitario un ruolo di «interprete qualificato», chiamato a statuire in termini generali, in virtù delle particolari conoscenze che il diritto comunitario richiede: «il primo compito della Corte nelle pronunce pregiudiziali non è risolvere controversie specifiche sulla base di fatti scarsamente definiti, o risolvere un problema per il giudice nazionale in una particolare causa, ma stabilire chiaramente e con coerenza, a
beneficio di tutti nella Comunità, la corretta interpretazione del diritto, ed emanare pronunce di portata generale. Solo tale più ampia funzione giustifica il sistema delle domande di pronuncia
pregiudiziale e spiega tale procedimento unico in cui gli Stati membri e la Commissione sono sistematicamente invitati a presentare osservazioni e appunto il perché la sentenza della Corte e le conclusioni dell'avvocato generale in ogni causa vengano pubblicate in non meno di undici lingue» (corsivo nostro)14.
La principale originalità del meccanismo del rinvio pregiudiziale si sostanzia nella cooperazione, dando vita ad un sistema di controllo unitario dal punto di vista funzionale, senza creare alcun legame gerarchico tra le autorità giudiziarie nazionali e la Corte di giustizia: «al contrario la posizione di quest’ultima nei suoi rapporti con i giudici degli Stati membri è quella di un primus inter pares»15.
Allo stesso tempo, però, è stato efficacemente osservato come la disposizione dell’art. 234 T.C.E. non preveda alcuno strumento processuale per ovviare alle ipotesi in cui i giudici di ultima istanza si astengano dall’adempiere l’obbligo di rinvio16, con la conseguenza che L'obbligo per ciascuno di tali organi di assicurare i pieni effetti e in primo luogo lo stesso primato dei precetti comunitari è stato, altrimenti detto, costituzionalizzato dalla Consulta».
13 Su questo punto la dottrina è unanimemente concorde e si cfr.no: C
APPELLETTI, The Judicial Process in Comparative Perspective, Oxford, 1999, 36 e ss.; CASSESE, La costituzione europea, in Quad. Cost., 1991, 494, il quale sottolinea anche come, da una parte, «la Corte è riuscita a conquistare un “rapporto privilegiato” con i giudici nazionali, che fanno crescente ricorso al rinvio pregiudiziale», dall’altra, «i giudici nazionali, facendo ricorso ai rinvio pregiudiziale, nel corso di un processo, vengono a trovarsi integrati in un sistema giudiziario unitario, poiché devono dare attuazione alla decisione della Corte nel caso concreto portato dinanzi ad essi»; CRAIG, The jurisdiction of the Community Courts Reconsidered, in AA. VV., The European Court of Justice, a cura di De Burca e Weiler, Oxford, 2001, 178 e ss.; WEILER, Il contesto istituzionale dell’Unione Europea, in
CARTABIA,WEILER, L’Italia in Europa. Profili istituzionali e costituzionali, Bologna, 2000, 55 e ss.
Si vedano, infine, i contributi di CONTI, I1 ruolo del giudice civile e il sistema europeo delle fonti, in Nuove autonomie, 2006, 127
e ss. e ID., L’effettività del diritto comunitario ed il ruolo del giudice, in Europa e Dir. Priv., 2007, 479 e ss. nonché, con particolare riguardo alla disapplicazione che è chiamato ad operare il giudice amministrativo, di CHITI, I signori del diritto comunitario: la Corte di giustizia e lo sviluppo del diritto amministrativo europeo, in Riv. It. Dir. Pubbl. Com., 1991, 796 e ss.
14 Conclusioni dell’Avvocato generale Jacobs, 21 marzo 2002, in causa C-136/00, Danner, punto 38. 15 W
EILER, Il contesto istituzionale dell’Unione Europea, cit. 55 e ss.
16 In proposito si veda M
ANCINI, Le sfide costituzionali alla Corte di Giustizia europea, in Democrazia e costituzionalismo nell’Unione europea, Bologna, 2004, 63, il quale, constatando la natura speciale dell’obbligo posto dall’art. 234 T.C.E., osserva
l’attuazione dei principi stabiliti nelle sentenze rese dai giudici del Lussemburgo venga interamente rimessa alla libera scelta dei giudici nazionali17.
Si può così comprendere il motivo per il quale la Corte non abbia mai cessato, nel corso della sua attività, di sottolineare il ruolo decisivo dei giudici nazionali nell’attuazione del diritto comunitario, elaborando progressivamente una vera e propria «etica giurisdizionale comunitaria»18.
La funzione nomofilattica viene pertanto garantita indirettamente da una serie di altri istituti, frutto dell’elaborazione giurisprudenziale della Corte stessa e dei giudici nazionali, che saranno di seguito analizzati nella loro incidenza sull’ordinamento costituzionale italiano. Si tratta del riconoscimento della responsabilità degli Stati membri per violazione dell’obbligo di rinvio commessa dagli organi giurisdizionali di ultima istanza, della sospensione del processo nazionale in pendenza di «questioni comunitarie», della sospensione dell’efficacia degli atti legislativi nazionali di cui si contesti la legittimità in sede comunitaria, della pregiudizialità del rinvio alla Corte di giustizia rispetto alle questioni di legittimità costituzionale ed, infine, dell’autorità delle dell’interpretazione resa dal giudice comunitario.
come «la parte che intenda invocare il diritto comunitario, ma la cui richiesta di rinvio obbligatorio non venga accolta dalle Corti nazionali di ultima istanza, non ha accesso diretto alla Corte di giustizia di Lussemburgo e si trova nella disgraziata posizione di essere titolare di un diritto non giustiziabile».
17 Sul punto, M
ANCINI, op. ult. cit., 63-64, il quale sottolinea che «la caratteristica più saliente della procedura disciplinata
dall’art. 177 (ora 234, nds) del Trattato Ce consiste nel fatto che essa è interamente dipendente dalla buona volontà delle Corti nazionali»: «anche nel caso in cui la Corte nazionale recalcitrante venga persuasa ad effettuare un sia pur riluttante rinvio pregiudiziale e la Corte di giustizia si pronunci solennemente, riconoscendo i diritti attribuiti alle parti dall’ordinamento comunitario, non c’è modo di assicurare che la sentenza sia poi applicata dai giudici nazionali. Questi ultimi, infatti, potrebbero non avere dimestichezza con l’ormai consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia sulla natura vincolante delle pronunce in via pregiudicale, o rifiutare di applicarla, oppure semplicemente, potrebbero interpretare erroneamente la sentenza e applicarla in modo scorretto».
L’esigenza di una volontà di collaborazione dei giudici nazionali nell’applicare i principi enunciati dalla giurisprudenza comunitaria è sottolineata anche da BARAV, La plénitude de compétence du juge national en sa qualità de juge communautaire,
in L’Europe et le droit, Mèlanges en hommage à Jean Boulouis, Parìs, 1991, 1, secondo cui sia il primato del diritto comunitario, sia la sua efficacia diretta costituiscono, innanzitutto, indicazioni per i giudici nazionali. In senso analogo, si cfr. WEILER, Il contesto istituzionale dell’Unione Europea, cit., 63 e ss., secondo cui «i rapporti tra Corte di giustizia e giudici nazionali sono
caratterizzati da una storia in cui il potere giudiziario nazionale ha accettato la disciplina comunitaria in un duplice senso. Da una parte vi è stata l’accettazione dei principi giurisprudenziali: seguendo un cammino discontinuo, e tutt’ora in corso, muovendosi e fermandosi, facendo due passi avanti e uno indietro, il potere giudiziario nazionale è giunto ad accettare i principi elaborati dalla Corte di giustizia della comunità europea, riguardanti sia la struttura istituzionale (principi strutturali), sia il diritto sostanziale (principi sostanziali) della Comunità. Ma non meno importante è stato l’altrettanto crescente coinvolgimento del potere giudiziario nazionale nell’applicazione del diritto comunitario, trasformando così l’accettazione dei principi in realtà processuale. Le due dimensioni sono entrambe importanti: dopo tutto, a che serve, ad esempio, accettare il principio del primato del diritto comunitario, se non esiste un giudice ed un processo per rivendicarlo in concreto in caso di conflitto? Ibi jus ubi remedium!».
18 Per questa considerazione, G
RÉVISSE,BONICHOT, Les incidences du droit communautaire sur l’organization et l’exercice de la function juridictionelle dans l’Ètats members, in L’Europe et le droit, cit., 297 e ss. Nonostante l’assenza di meccanismi
coercitivi espressi, infatti, il meccanismo di cooperazione previsto dall’art. 234 ha ottenuto un discreto successo, come documenta la quantità sempre maggiore di domande pregiudiziali che sono state sottoposte alla Corte di giustizia da parte dei giudici degli Stati membri nel corso degli anni: dall’unica questione sollevata nel 1961 si è passati a 37 nel 1971, a 108 nel 1981, a 186 nel 1991, a 237 nel 2001, numero che si è mantenuto poi stabile fino ai giorni nostri. In totale, dal 1961 al 2005, sono state proposte alla Corte 5514 domande pregiudiziali, di cui 862 provenienti dall’Italia (per questi dati, si cfr.no le Statistiche giudiziarie – Corte di giustizia in www.curia.eu).
2. La responsabilità degli Stati membri per la violazione dell’obbligo di rinvio − Il dovere
di cooperazione del giudice nazionale risulta innanzitutto rafforzato dall’affermazione della responsabilità extracontrattuale degli Stati membri per le violazioni del diritto comunitario commesse dagli organi giurisdizionali.
Nella ormai nota sentenza Köbler19, la Corte ha infatti ribadito come il principio per il quale uno Stato membro è obbligato a risarcire i danni arrecati ai singoli per violazioni del diritto comunitario che gli sono imputabili ha valore in riferimento a qualsiasi ipotesi di violazione del diritto comunitario, qualunque sia l’organo di tale Stato la cui azione od omissione ha dato origine alla trasgressione20.
19 Corte di giustizia delle Comunità Europee, 30 settembre 2003, in causa C-224/01, Köbler, in Foro It., 2004, IV, 4, con nota di
SCODITTI, «Francovich» presa sul serio: la responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario derivante da provvedimento giurisdizionale.
Per un’analisi di questa decisione si vedano inoltre: ALPA, La responsabilità dello stato per “atti giudiziari”. A proposito del caso Köbler c. Repubblica d’Austria, in La nuova giurisprudenza civile commentata, 2005, 1 e ss.;BASTIANON, Giudici nazionali e responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario, in Resp. Civ., 2004, 57 e ss.;BIAVATI,Inadempimento degli stati membri al diritto comunitario per fatto del giudice supremo: alla prova la nozione europea di giudicato, in Int'l Lis, 2005,
62 e ss.; BOTELLA, La responsabilità du juge national, in Revue trimestrielle de droit européen, 2004, 283 e ss.; BREUER, State liability for judicial wrongs and Community law: the case of Gerhard Kobler v Austria, in European Law Rewiew, 2004, 243 e
ss.; CALVANO, Corti supreme nazionali e responsabilità civile degli Stati per violazione del diritto comunitario. La rivoluzione strisciante, in www.associazionedeicostituzionalisti.it; CONTI, Giudici supremi e responsabilità per violazione del diritto
comunitario, in Danno e responsabilità, 2004, 26 e ss.; CURTIAL, La responsabilité du fait de l’activité des juridictions de l’ordre administratif: un droit sous influence européenne?, in Actualités juridiques - Droit administratif, 2004, 428 e ss.; DE MARIA,
Recenti sviluppi della giurisprudenza comunitaria in materia di responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto comunitario, in Riv. It. Dir. Pubbl. Com., 2004, 879 e ss.; DI FEDERICO, Risarcimento del singolo per violazione del diritto comunitario da parte dei giudici nazionali, il cerchio si chiude?, in Riv. Dir. Internaz. Privato e proc., 2004, 133 e ss.; DRAKE, State Liability under Community Law for Judicial Error: A False Dawn for the Effective Protection of the Individual’s Community Rights, in Irish Journal of European Law, 2004, 34 e ss.; FERRARO, L’illecito comunitario di un organo giurisdizionale supremo, in Danno e Resp., 2007, 518 e ss. e 629 e ss.; GARDE, Member States’ Liability for Judicial Acts or Omissions: Much Ado about Nothing?, in Cambridge Law Journal, 2004, 564 e ss.; GRANGER, National applications of Francovich and the construction of a European administrative jus comune, in European Law Rewiew, 2007, 157 e ss.; JANS, State liability and infringements attributable to national courts: a Dutch perspective on the Kobler case, in DE ZWAAN,JANS,
NELISSEN, BLOCKMAN, The European Union: un ongoing process of integration, Cambridge, 2004, 165 e ss.; LAJOLO DI
COSSANO, La responsabilità dello stato per violazione di diritto comunitario da parte dei giudici nazionali di ultima istanza, in Dir. Comm. Internaz., 2006, 759 e ss.; MAGRASSI, Il principio di responsabilità risarcitoria dello Stato-giudice tra ordinamento comunitario, interno e convenzionale, in Dir. Pubbl. Comparato Eu., 2004, 490 e ss.; MARI, La forza di giudicato delle decisioni dei giudici nazionali di ultima istanza nella giurisprudenza comunitaria, in Riv. It. Dir. Pubbl. Com., 2004, 1007 e ss.; ROPPO, Responsabilità dello Stato per fatto della giurisdizione e diritto europeo: una «case story?» in attesa del finale, in Riv. Dir. Priv.,
2006, 347 e ss.; SIMON, La responsabilité des Etats members en cas de violations du droit communautaire par une jurisdiction supreme, in Juris Classeur Europe, 2003, 3 e ss.; TIRALONGO, Violazioni del diritto comunitario e la responsabilità degli Stati
membri. Una nuova interessante sentenza della Corte di giustizia europea, in Rass. Fisc. internaz., 2004, 40 e ss.; SCHULZE, Gemeinschaftsrechtliche Staatshaftung: Das judikative Unrecht, in Zeitschrift fur europaisches Privatrecht, 2004, 1049 e ss.;
WATTEL, Köbler, Cilfìt und Welthgrove: we can’t go on meeting like this, in Common Market Law Review, 2004, 177 e ss.
Per un inquadramento più generale della problematica della responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario, si vedano: DI MAJO, Responsabilità e danni nelle violazioni comunitarie ad opera dello Stato, in Europa e Diritto Privato, 1998,
774 e ss.; TESAURO, Responsabilité des Etats Membres pour violation du droit communautaire, in Rev. Marché Un. Eur., 1996, 27 e ss. e TIZZANO, La tutela dei privati nei confronti degli Stati membri dell’Unione europea, in Foro It., 1995, IV, 13 e ss.;
nonché, più recentemente: CALZOLAIO, L’illecito dello Stato tra diritto comunitario e diritto interno. Una prospettiva compararistica, Milano, 2004; FERRARO, La responsabilità risarcitoria degli Stati membri per violazione del diritto comunitario,
Milano, 2008; FUMAGALLI, La responsabilità degli Stati membri per la violazione del diritto comunitario, Milano, 2000 e SCODITTI, La responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario, in Danno e Resp., 2005, 5, e ss.
Si cfr., infine, KOMÀREK, Federal elements in the Community judicial system: building coherence in the Community legal order,
in Common Market Law Review, 2005, 13 e ss., il quale ha descritto l’azione di responsabilità come un particolare mezzo di ricorso in appello alla Corte di giustizia.
20 Corte di giustizia delle Comunità Europee, 5 marzo 1996, in cause riunite C-46/93 e C-48/93, Brasserie du pêcheur, punto 32
(su cui si veda la nota di CATALANO, Responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario: atto secondo, in Foro It.,
In particolare, la considerazione del ruolo essenziale svolto dal potere giudiziario nella tutela dei diritti che derivano ai singoli dalle norme comunitarie21 e la circostanza che un organo giurisdizionale di ultimo grado costituisca, per definizione, l’ultima istanza dinanzi alla quale essi possono far valere i diritti che l’ordinamento comunitario conferisce loro, ha indotto la Corte ad affermare che la tutela di tali diritti sarebbe indebolita e, conseguentemente, la piena efficacia delle norme comunitarie che conferiscono simili diritti sarebbe messa in discussione, se si escludesse che i singoli possano ottenere, a talune condizioni, il risarcimento dei danni loro arrecati da una violazione del diritto comunitario imputabile a una decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado22.
Tale responsabilità, in ragione della specificità della funzione giurisdizionale e del necessario rispetto del principio di certezza del diritto, è però ritenuta sussistente solo nel caso in cui l’organo giurisdizionale che ha statuito in ultimo grado abbia violato in modo manifesto il diritto vigente, avuto riguardo al grado di chiarezza e di precisione della norma violata, al carattere intenzionale della violazione, alla scusabilità o inescusabilità dell’errore di diritto, alla posizione adottata eventualmente da un’istituzione comunitaria, nonché, appunto, alla mancata osservanza, da parte dell’organo giurisdizionale di cui trattasi, del suo obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 234, 3° comma, T.C.E.23.
La posizione di interprete qualificato del diritto comunitario riconosciuta in capo alla Corte di giustizia, quindi, non è solo garantita “a priori” mediante la sanzionabilità dell’obbligo di rinvio, ma anche “a posteriori”, mediante il riconoscimento di un primato ermeneutico delle sue decisioni, la cui violazione determina egualmente una responsabilità extracontrattuale dello Stato membro.
Nella sentenza Köbler si precisa, infatti, che «in ogni è caso, una violazione del diritto comunitario è sufficientemente caratterizzata allorché la decisione di cui trattasi è intervenuta ignorando manifestatamente la giurisprudenza della Corte in questa materia».
1996, IV, 322 e ss.; Id., 1° giugno 1999, in causa C-302/97, Konle, punto 62; Id., 4 luglio 2000, in causa C-427/97, Haim, punto 27 (sulla quale si veda FERRARO, La sentenza «Haim II» e il problema della compatibilità del sistema di responsabilità
extra-contrattuale per illeciti della P.A. elaborato dalla Corte di giustizia con quello vigente in Italia, in Riv. It. Dir. Pubbl. Com.,
2001, 416 e ss.).
21 In questo senso, si cfr.no le conclusioni dell’Avvocato generale Lèger, 8 aprile 2003, punto 53, in cui si sottolinea che
«costituite secondo il diritto, le Comunità europee si sono sviluppate e consolidate essenzialmente mediante il diritto. Il giudice nazionale, avendo come compito quello di applicare il diritto, compreso il diritto comunitario, costituisce incontestabilmente un elemento essenziale dell’ordinamento giuridico comunitario».
22 Corte di giustizia delle Comunità Europee, 30 settembre 2003, in causa C-224/01, Köbler, punti 33-36. 23 Corte di giustizia delle Comunità Europee, 30 settembre 2003, in causa C-224/01, Köbler, punti 53-55.
Le medesime argomentazioni sono state successivamente richiamate nella sentenza
Traghetti del Mediterraneo24, su cui vale la pena brevemente soffermarsi, trattandosi di una decisione destinata ad incidere sullo statuto della responsabilità dei magistrati previsto nel nostro ordinamento dalla legge n. 117 del 198825.
In quell’occasione, la Corte di giustizia delle Comunità Europee è stata chiamata a pronunciarsi su una domanda pregiudiziale proposta nell’ambito di un giudizio di ammissibilità della domanda di risarcimento - presentata dal curatore fallimentare di una società, Traghetti del Mediterraneo, ai sensi della L. n. 117 del 1988 al Tribunale di Genova - a causa degli errori commessi dalla Corte di Cassazione nell’interpretazione delle norme del Trattato in materia di aiuti di Stato nonché in ragione della violazione dell’obbligo di rinvio che ai sensi dell’art. 234, 3° comma, T.C.E., nell’ambito di una causa promossa nei confronti di un’altra società di navigazione, Tirrenia, che aveva abusato della propria posizione dominante sul mercato in ragione di sovvenzioni pubbliche di dubbia legittimità alla luce del diritto comunitario26.
24 Corte di giustizia delle Comunità Europee, 13 giugno 2006, in causa C-173/03, Traghetti del Mediterraneo S.p.a.
Per un approfondimento sulle conseguenze di questa decisione si vedano: CONTI, Responsabilità per atto del giudice, legislazione italiana e Corte UE: una sentenza annunciata, in Corr. Giur., 2006, 1515 e ss.; BIFULCO,L’attività interpretativa del giudice non è esente da responsabilità (a proposito della sentenza della Corte di giustizia 13 giugno 2006, C-173/03, Traghetti del Mediterraneo S.p.A.), in www.giustamm.it; BIONDI, Un “brutto” colpo per la responsabilità civile dei magistrati (nota a Corte di
giustizia, sentenza 13 giugno 2006, TDM contro Italia), in www.forumcostituzionale.it; GIOVANETTI, La responsabilità civile dei magistrati come strumento di nomofilachia? Una strada pericolosa, in Foro It., 2006, IV, 423 e ss.; LUISO, La responsabilità
civile del magistrato, in www.judicium.it; MANGIARACINA, Responsabilità dello Stato membro per danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale - Nota a CGCE Grande sezione 13 giugno 2006 (causa C-173/03), ivi, 2008, 247 e ss.; PALMIERI, Corti di ultima istanza, diritto comunitario e responsabilità dello Stato: luci ed ombre di una tendenza irreversibile, in Foro It., 2006, IV, 420 e ss.; PETRUSO, Osservazioni sulla responsabilità dello Stato membro per illecito comunitario alla luce della recente giurisprudenza della Corte Europea di Giustizia, in Europa e diritto privato, 2006, 693 e ss., ed, infine, SCODITTI, Violazione del diritto comunitario derivante da provvedimento giurisdizionale: illecito dello Stato e non del giudice, in Foro It., 2006, IV, 417 e ss.
Per un generale inquadramento della responsabilità dei giudici in Europa si vedano le Relazioni al Congresso dell’European Network of Councils for the Judiciary, “The Responsibility of Judges in Europe”, Barcellona, 2-3 giugno 2005, consultabili su www.csm.it/pages/ENCJ/ENCJ%20conference%2OrepoH%2OBarcelona.pdf ed il saggio del Presidente della Corte Skouris al Convegno su “The Position of Constitutional Courts Following Integration into the European Union”, Bled, 30 Settembre - 2 ottobre, 2004 consultabile su www.us-rs.si/en.
25 Per un commento alla legge n. 117 del 1988 si veda CICALA, La responsabilità civile del magistrato, IPSOA, 1988 con in
appendice gli atti parlamentari, nonché, in generale, tra i tanti, CAPPELLETTI, Giudici irresponsabili?, Milano, 1988; CIRILLO,
SORRENTINO, La responsabilità del giudice, Napoli, 1989; CORSARO,POLITI, La cosiddetta responsabilità del giudice, in Giur. It., 1989, IV, 366; PICARDI, VACCARELLA, La responsabilità civile dello Stato giudice, Padova, 1990. Con riferimento agli
ordinamenti, come quelli di common law, in cui vige il principio della immunity from civil liability, e, quindi, dell’assoluta irresponsabilità del giudice, si cfr.no: VARANO, Responsabilità del magistrato, in Dig. disc. civ., 1998, XVII, 112 e ss.;
CAPPELLETTI, Giudici, cit.; GIULIANI, PICARDI, Professionalità e responsabilità, cit.
26 La Traghetti del Mediterraneo era stata infatti parte attrice di un giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli, nel quale aveva
convenuto la Tirrenia di Navigazione al fine di ottenere il risarcimento del pregiudizio che essa avrebbe subito, negli anni precedenti, a causa della politica di tariffe notevolmente inferiori al prezzo di costo praticata da quest’ultima grazie al conseguimento di sovvenzioni pubbliche. Più in particolare, ad avviso della società Traghetti, un tale comportamento della concorrente doveva essere qualificato come atto di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598, n. 3, del codice civile italiano: la società invocava pertanto la violazione degli artt. 85, 86, 90 e 92 T.C.E. (oggi artt. 81, 82, 86, e 87 T.C.E.), sostenendo che la Tirrenia aveva abusato della propria posizione dominante sul mercato in questione in ragione delle sovvenzioni pubbliche di dubbia legittimità alla luce del diritto comunitario. Tale domanda di risarcimento era stata respinta dal Tribunale di Napoli con la sentenza del 26 maggio 1993, poi confermata in appello dalla sentenza del 13 dicembre 1996, sul presupposto che le sovvenzioni concesse dalle autorità statali fossero legittime in quanto perseguivano obiettivi di interesse generale connessi, in particolare, allo sviluppo del Mezzogiorno ed in quanto, in ogni caso, non recavano pregiudizio all’esercizio di attività di trasporto marittimo diverse e concorrenti rispetto a quelle censurate dalla società Traghetti.