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Valutazione degli effetti della 3-iodotironamina sul sistema glutammatergico in due diversi modelli di cellule gliali e neuronali

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI BIOLOGIA

Corso di Laurea magistrale in Biologia Applicata alla Biomedicina

TESI DI LAUREA

“Valutazione degli effetti della 3-iodotironamina sul sistema

glutammatergico in due diversi modelli di cellule gliali e

neuronali”

CANDIDATO

RELATRICE

Figuccia Matteo Emanuele

Prof.ssa Sandra Ghelardoni

(2)
(3)

1

Riassunto

Gli ormoni tiroidei, prodotti a livello della tiroide, si possono trovare in due forme circolanti: il tetra-iodotironina o tiroxina (T4), che forma il 90% degli ormoni tiroidei nel circolo, e la tri-iodotironina (T3), derivata dalla deionizzazione della T4, che ne costituisce invece il 10%.

I composti endogeni derivati dagli ormoni tiroidei prendono il nome di tironamine e, tra queste, la 3- iodotironamina (o T1AM) presenta i maggiori effetti fisiologici. La 3-iodotironamina (T1AM) è un metabolita endogeno potenzialmente prodotto dalla decarbossilazione e deiodinazione

dell’omone tiroideo tiroxina (T4).

Il T1AM ha svariati effetti e la sua somministrazione esogena causa variazioni della temperatura, della secrezione di insulina, del quoziente respiratorio e ha effetti a livello cardiaco e neurale. Studi recenti hanno dimostrato che la T1AM potrebbe svolgere un potenziale ruolo neuroprotettivo; inoltre, la somministrazione di T1AM nei topi sembra aumentarne la capacità di apprendimento e della memoria, anche in modelli animali del morbo di Alzheimer. Alla base di questo ed altri

processi vi è il sistema glutammatergico, principale sistema eccitatorio del sistema nervoso centrale.

In questa tesi sono stati valutati eventuali effetti della T1AM su alcune proteine e messaggeri facenti parte della via glutammatergica, utilizzando due modelli cellulari comprendenti recettori e proteine presenti nella cascata di segnali: U87-MG, una linea di glioblastoma di origine umana, e NG108-15 linea di cellule ibride tra neuroblastoma e glioma di ratto.

Dopo aver trattato le due linee cellulari con T1AM a diverse concentrazioni (0,1μM/1μM/10μM) per 24h, abbiamo valutato l’espressione proteica, le modificazioni post-traduzionali di alcune proteine (fosforilazione), attraverso immunorivelazione, e la produzione di secondi messaggeri, quali calcio e cAMP, tramite dosaggi specifici. I risultati hanno evidenziato variazioni dello stato di

fosforilazione delle proteine e minimi effetti sui secondi messaggeri, diverse a seconda della linea cellulare, indicando differenti vie di azione da parte della T1AM in base al modello sperimentale analizzato.

(4)

2

Sommario

Riassunto

1

Introduzione

4

1.

Tironamine

6

1.1 Struttura delle tironamine 6

1.2 Biosintesi Tironamine 7

1.3 Metabolismo 8

1.4 Recettori Tironamine 9

1.5 Trasporto Intracellulare 10

1.6 Trasporto Ematico della T1AM 11

2. Effetti della T

1

AM

12

2.1 Effetti cardiaci 12

2.2 Effetti endocrini 13

2.3 Effetti metabolici 13

2.4 Effetti sulla termogenesi 14

2.5 Effetti sul Sistema Nervoso 14

3. Neurotrasmissione

17

3.1 Recettori 17

3.1.1 I recettori glutammatergici 18

3.1.2 Recettori ionotropici AMPA 19

3.1.3 Recettori ionotropici NMDA 20

3.1.4 Efrina-B2 21

3.2 Trasduzione del sistema glutammatergico 22

3.2.1 Proteina chinasi calcio-calmodulina dipendente (CaMKII) 22

3.2.2 PKC 23

3.2.3 NO sintasi (NOS) 24

3.2.4 Adenosina monofosfato ciclico (cAMP) 25

3.2.5 Extracellular signal regulated kinases (ERK) 25

3.2.6 cAMP response element-binding protein (CREB) 27

3.2.7 Sirtuina 1 (SIRT-1) 28

4. Scopo della tesi

30

5. Materiali e metodi

31

(5)

3

5.2 Colture cellulari 31

5.3. Congelamento e scongelamento 31

5.4 Trattamenti ed estrazione proteica 32

5.5 Dosaggio proteico con il reagente Bradford 33

5.6 Western Blotting 34

5.7 Immunorivelazione su membrana PVDF 35

5.8 Saggio per il dosaggio del glucosio 35

5.9 Saggio cAMP 36

5.10 Saggio del Calcio 37

5.11 Analisi statistica 37

6. Risultati

39

6.1 Saggio del Ca2+ 39 6.2 Dosaggio dell’AMPciclico 40 6.3 Western blot 41 6.3.1 NG 108-15 41 6.3.2 U87-MG 44

6.4 Saggio per il dosaggio del glucosio 50

7. Discussione

52

(6)

4

Introduzione

Le tironamine (TAM) sono derivati con struttura analoga alle tironine, che sono considerate la principale forma chimica degli ormoni tiroidei.

Gli ormoni tiroidei sono costituiti da due tironine: la 3,3,5’ triiodotironina (T3), la forma metabolicamente attiva, e la tiroxina (T4), la principale forma chimica secreta e più

abbondantemente immessa in circolazione dalla ghiandola tiroidea. La forma T4 viene secreta come proormone a cui, mediante decarbossilazioni e deiodinazione, permette la generazione della T3 e di altre forme di tironine e tironamine (figura 1).

Dai primi studi, nonostante fosse stato dimostrato che la principale forma circolante dell’ormone tiroideo fosse la forma T4, si pensò che da essa fossero generate altre forme molecolari che potessero agire nei tessuti periferici in modo efficace. Per questo motivo, vennero sintetizzate analoghi della tiroxina, per individuare la forma biologicamente attiva dell’ormone. Tra le varie sintesi, si individuò che la T3 era quella con una maggiore attività.

Figura 1: Struttura chimica delle tironine e tironamine. La T1AM deriva dalla forma T4 in seguito a decarbossilazione e deiodinazione1.

(7)

5

Nel 2004, Thomans Scanlan (OHSU, Oregon) in collaborazione con il Prof. Zucchi (Università di Pisa) e collaboratori, hanno sintetizzato nove iodotironamine (figura 2), tra le quali la

3-iodotirononamina (T1AM) presentava maggiori proprietà biologiche, una nuova tironamina mai descritta in precedenza; hanno inoltre dimostrato, attraverso saggi di cromatografia liquida accoppiata a spettrometria di massa, che la T1AM è una componente endogena di estratti ammina biogenica derivanti da cervello di roditore, fegato, cuore e sangue.

Studi in vitro hanno dimostrato che la T1AM presentava dei recettori chiamati TAARs (Trace Amine-Associated Recerptors) accoppiati a proteine G1.

La somministrazione nei topi di T1AM induce, dopo il legame con i recettori, azioni dirette sulla temperatura corporea e la frequenza cardiaca.

È stato osservato, inoltre, un aumento della glicemia per un effetto sulla modulazione della secrezione di insulina da parte delle cellule β del pancreas.

Un ruolo importante di T1AM, proposto da Dratman et al. nel 1974, potrebbe essere quello di neuromodulatore/neurotrasmettitore con azioni simili a quella della dopamina, noradrenalina e serotonina4.

Figura 2: Struttura e nomenclatura delle tironamine sintetizzate da Scanlan in collaborazione con il Prof. Zucchi1.

(8)

6

1. Tironamine

1.1 Struttura delle tironamine

Le tironamine sono una classe di composti di segnalazione endogena con una struttura simile alla T4 e ai derivati deiodinati della tironina. Inoltre, è assente la catena laterale dell’alanina.

Vengono indicate dalla sigla TxAM, dove “x” indica il numero di ioni iodio presenti nella molecola. La struttura differisce dalla tiroxina per l’assenza del gruppo carbossilico e per la presenza di ioni iodio, in numeri e posizioni diverse. (Figura 3)

(9)

7

1.2 Biosintesi Tironamine

La somiglianza strutturale e le caratteristiche chimico-fisiche delle tironamine (TAM) suggeriscono che esse siano derivati degli ormoni tiroidei. Le reazioni della biosintesi delle TAM sono ancora sconosciute ma la via biosintetica prevede la rimozione del gruppo amminico da parte di una aminotransferasi o da un’aminossidasi, che va a generare derivati dell’acido tiropiruvico o

dell’acido tiroacetico ed è seguita successivamente da una decarbossilazione catalizzata dall’enzima decarbossilasi degli amminoacidi aromatici AADC, generante substrati simili all’ormone

tiroideo2-3.

Per completare la biosintesi, inoltre, sono richieste delle deiodinasi (Dio1, Dio2 e Dio3) che permettono di generare la T1AM e la T0AM. Questi enzimi, agendo a livello intracellulare, rimuovono da uno a quattro ioni iodio4.

Incubando le TAM con deiodinasi specifiche, i loro prodotti sono stati analizzati applicando LC-MS/MS.

In vitro, la Dio1 catalizza la deiodinazione di rT3AM, 3’,5’-T2AM, 3,3’-T2AM così come di T3AM e 3,5-T2AM. La Dio2 agisce sia su rT3AM che su 3’,5’-T2AM a livello dell’anello fenolico, mentre la Dio3 è in grado di agire specificamente a livello dell’anello tirosilico di molte TAM5.

La figura 4 mostra, in modo riassuntivo, le possibili vie biosintetiche di T0AM e 3-T1AM.

(10)

8

1.3 Metabolismo

Gli studi riguardanti la 3-iodotironamina (T1AM) hanno evidenziato la sua potenzialità. Per permettere l’interruzione e inattivare l’azione della T1AM, sono stati individuati diversi meccanismi, i quali agiscono tramite solfatazione ad opera delle solfotransferasi citosoliche (SULT) e della ossidazione da monoamminossidasi (MAO) e la benzilamonossidasi (Bz-SSAO).

Le SULT sono enzimi che trasferiscono un gruppo solfato della molecola donatrice

3′-fosfoadenosina-5′-fosfosolfato (PAPS) a substrati idrossilati. Con la T1AM, la maggiore attività si mostra con la SULT-1A2 e la SULT-1E1. Con la forma T3AM le SULT-1A1, SULT-1A2 e la SULT-1A3 mostrano maggiore attività. La forma SULT-1A3 presenta uguale attività con ogni forma di tironamina6 (Figura 5). Le SULT sembrano avere un’attività massima a livello epatico, andando a ridurre l’attenuazione dell’attività della T1AM7.

L’azione delle monoamminossidasi da parte di MAO e Bz-SSAO genera la formazione di aldeide che, tramite l’azione dell’enzima aldeide deidrogenasi, viene ossidata ad acido carbossilico. L’acido prodotto è l’acido 3-iodotiroacetico (TA1).

(11)

9

1.4 Recettori Tironamine

Vista la struttura simile tra iodotironamine e altre ammine biogeniche, è stato ipotizzato che esse potessero essere agoniste per lo stesso recettore1.

Il termine "ammine biogeniche" è stato introdotto per designare una raccolta di ammine che esercitano importanti effetti biologici come messaggeri chimici, agendo da ormoni, ormoni locali, neuromodulatori o neurotrasmettitori. Questi vengono sintetizzati da amminoacidi (fenilalanina, tirosina e triptofano) attraverso l’azione di decarbossilazione catalizzata dalla decarbossilasi aromatica (AADC). Le ammine biogeniche risultano presenti a livello del SNC a concentrazioni molto basse nell'ordine di 0,1-10 nM8.

La noradrenalina, la dopamina e la serotonina fanno parte dei composti amminici biogenici classici, i cui effetti sono ben caratterizzati. Questi legano recettori che appartengono alla famiglia della rodopsina associati a proteine G.

Oltre a queste ammine classiche esiste una classe di amine in traccia (trace amines, TAs), presenti a basse concentrazioni nei tessuti di mammifero. A queste TAs appartengono la p- tiramina,

β-feniletililammina, triptamina e octopamina9.

Nel corso degli anni è stato sostenuto un ruolo patofisiologico delle TAs in numerosi disturbi neurologici. Una carenza di β-feniletililammina è stata correlata alla depressione mentre una riduzione del suo catabolismo sembra essere associata alla schizofrenia10-11.

Nel 2001, è stato identificato un nuovo gene che codifica per un GPCR che risponde alla p- tiramina e alla β-feniletilamina ma non alle ammine biogeniche classiche.

Nel 2005 sono stati identificati nello scimpanzè, nel topo e nel ratto dei recettori membri della medesima famiglia di recettori nell’uomo. Tuttavia, alcuni di essi non riuscivano a legare tutte le TAs e per questo sono stati definiti “trace ammine-associated receptors” (TAARs)12.

È stata estratta la sequenza polipeptidica che si ritrova in tutti questi recettori (NSXXNPXX [YH] XXX [YF] XWF). Questa sequenza è stata individuata 53 volte, di cui nove nell’uomo, nove negli scimpanzè, diciannove nei ratti e sedici nei topi.

Successivamente sono stati identificati vari sottotipi di TAARs, come in particolare il TAAR1

(Trace Amine-Associated Receptor-1), che risulta essere presente a livello ipotalamico e nella regione paraippocampale. TAAR1 ha vari ligandi tra cui la iodotironamina13.

(12)

10

Vista la struttura simile tra iodotironamina e le trace amine, in particolare quella della

β-feniletilamina, è stato eseguito uno studio per valutare l’attivazione delle TAAR1 con alcune iodotironamine, con l’uso di cellule HEK293 che esprimono sia nel ratto e sia nel topo TAAR1. I risultati mostrano un aumento della concentrazione di cAMP in risposta principalmente alla T1AM con (EC50= 14nM) seguita da T2AM (EC50= 41nM), T3AM (EC50= 56nM) e T0AM (EC50= 131nM).

Inoltre, il legame di T1AM ai TAAR1 sembra indurre variazioni sulla trascrizione genica, oltre a effetti non genomici che si verificano in pochi secondi o minuti, quali la riduzione della temperatura corporea e la diminuzione della contrattilità cardiaca.

1.5 Trasporto Intracellulare

Vista la somiglianza strutturale tra le ammine biogeniche e la T1AMe considerando come le ammine biogeniche vengano trasportate da trasportatori attraverso la membrana plasmatica, si è ipotizzato che anche la T1AM potesse agire per la medesima via di trasporto.

Utilizzando linee cellulari di roditori, cellule umane e di insetto con l’uso di 125I-T1AM e di T1AM non marcato, si è valutato l’assorbimento della T1AM.

L’assorbimento della 125I-T1AM è simile in tutte le linee. Se però si aggiungono 50 μM di T1AM non marcato, si induce una riduzione dell’assorbimento, suggerendo l’esistenza di un meccanismo di trasportatore specifico. Aggiungendo concentrazioni crescenti di T1AM non marcato si osserva una diminuzione dell’assorbimento di tipo dose-dipendente; questo ha suggerito che il trasporto di T1AM sia mediato da specifici trasportatori in vitro. Sebbene molteplici trasportatori permettano l’accumulo intracellulare di T1AM, il meccanismo sembra relativamente specifico. Le tironamine sembrano essere le uniche molecole a competere per il trasporto, in quanto la loro aggiunta inibisce l’assorbimento di T1AM. In particolare, la T4AM è la molecola che inibisce maggiormente

l’assorbimento di T1AM, facendo pensare ad una competizione per lo stesso trasportatore. Altri trasportatori, invece, mediano il trasporto delle monoamine classiche, dell’ormone tiroideo e altri ioni organici.

Il pH sembra influenzare l’assorbimento della T1AM: infatti, all’aumentare del pH si nota un aumento dell’assorbimento. Il pH elevato suggerisce che l’assorbimento possa essere guidato da un

(13)

11

gradiente protonico diretto verso l’esterno. Inoltre, il pH più alto potrebbe aumentare la forma de-protonata facilitando il passaggio. Questi meccanismi permettono di dedurre che il trasporto di T1AM è di tipo pH dipendente. Saggi con tamponi, con concentrazioni variabili di sodio e cloro, hanno dimostrato un’assenza di meccanismo ioni dipendenti14.

1.6 Trasporto Ematico della T

1

AM

L'analisi quantitativa dei livelli di T1AM nel ratto mediante cromatografia liquida accoppiata alla spettrometria di massa tandem (LC / MS / MS) ha rivelato che le concentrazioni tissutali di T1AM sono sostanzialmente più alte delle concentrazioni sieriche. T1AM, inoltre, è presente a livelli significativamente più alti di T4 e T3 15.

Gli ormoni tiroidei sono presenti nella circolazione in gran parte legati a proteine trasportatrici. Usando la cromatografia di affinità si è osservato che la apoB-100, componente proteica delle particelle di lipoproteine a bassa densità, è in grado di associarsi alla T1AM.

Circa il 95% di T1AM è legato alla frazione lipoproteica nel siero umano, mentre più del 90% di T1AM è legata a particelle di LDL e VLDL contenenti apoB-100. Il legame, di tipo reversibile, ha una KD di 17 nM in rapporto 1:1. Il legame risulta altamente selettivo. Le forme T3 e T4 vengono anch’esse legate da VLDL, LDL e HDL ma in piccole quantità16.

È stato osservato, inoltre, che il sito di legame della T1AM su apoB-100 è diverso rispetto al sito di legame di T4 e che il sito dell’ormone tiroideo non influenza allostericamente il sito di legame della T1AM.

(14)

12

2. Effetti della T

1

AM

L’ormone T1AM è un ormone di origine tiroidea che, attraverso un recettore accoppiato a proteine G (TAAR1) o altri meccanismi molecolari ancora non noti, permette la manifestazione, in diversi tessuti, di numerosi effetti.

I principali effetti sembrano essere:

- Effetti Cardiaci;

- Effetti Endocrini;

- Effetti Metabolici;

- Effetti di Termogenesi.

2.1 Effetti cardiaci

Esperimenti in vivo con dosi diverse di T1AM in topi adulti hanno mostrato che la

somministrazione di 50 mg/kg provoca effetti in circa 30 secondi, con una diminuzione della

frequenza cardiaca. Gli effetti si sono estinti in meno di 6-8 ore, mostrando quindi una rapida azione dettata da meccanismi di trasduzione del segnale di natura non trascrizionale; la breve durata, inoltre, ha permesso di far ritornare la frequenza cardiaca alla normalità in modo graduale.

In cuori isolati e perfusi con tamponi di T1AM a dosi di 20-38 µM è stata evidenziata una diminuzione della gittata cardiaca alla dose di 38 µM, mentre gli effetti si sono estinti ad una concentrazione di 19 µM1.

Studi effettuati con l’esposizione di T1AM e T0AM su cuore di ratto perfusi ex vivo hanno mostrato che a dosi comprese tra 20 e 38 µM di T1AM si ottiene una diminuzione della gittata cardiaca proporzionale alla dose e una riduzione della frequenza cardiaca non proporzionale alla dose

somministrata. La somministrazione di T1AM ha indotto effetti ionotropici negativi reversibili, con un meccanismo dose dipendente e, inoltre, effetti cronotropici negativi17.

Vista la capacità di T1AM di stimolare la sintesi di cAMP nelle cellule che esprimono il recettore TAAR1, è stata dosata la concentrazione di questo secondo messaggero in cuori di ratto perfusi con una concentrazione T1AM di 25 µM, senza ottenere, però, variazioni significative di cAMP al tempo di 20 secondi, 2 minuti o 20 minuti.

(15)

13

2.2 Effetti endocrini

Attraverso recettori accoppiati a proteine G, la T1AM potenzialmente regola molti processi, tra i quali risulta evidente la modulazione dell’insulina.

Attraverso iniezioni intraperitoneali a concentrazione di 50 mg/kg, in topi adulti, la T1AM ha mostrato una diminuzione di secrezione di insulina e un corrispondente aumento della glicemia con manifestazione rapida e con la scomparsa dell’effetto in 8 ore18.

Questi effetti sembrano essere mediati da recettori adrenergici α2A accoppiati a proteine G che

indurrebbero una riduzione della secrezione di insulina, in quanto l’uso di un inibitore per tali recettori e di topi transgenici con delezione per questi recettori ha indotto una inibizione della secrezione dell’ormone.

Attraverso TAAR1, in cellule di insulinoma, la T1AM induce un aumento di secrezione di insulina.

Le due vie sembrano agire in parallelo e modulare gli effetti sul metabolismo dei carboidrati andando ad incrementare i livelli di insulina tramite TARR1 e, dall’altra parte, inibendoli con i

recettori adrenergici α2A.

2.3 Effetti metabolici

Per poter analizzare le risposte metabolica in riposta al T1AM, sono stati effettuati studi sul criceto

Djungarian Phodopus sungorus e su topi C57BL/6. Questi mammiferi in condizioni di ipotermia

tendono a ridurre il metabolismo in uno stato di torpore19.

La somministrazione di T1AM induce un abbassamento della temperatura corporea, effetto indotto da una riduzione del quoziente respiratorio indicata con QR (rapporto tra CO2 prodotta e O2

consumata). Una diminuzione del QR (circa 0.7) indica una maggiore ossidazione degli acidi grassi, mentre valori di QR più alti (circa 0.9) indicano un uso preferenziale di glucidi. La T1AM induce uno shift dal metabolismo glucidico verso quello degli acidi grassi.

L’ipotesi che i lipidi siano usati come substrato è stata confermata dallo sviluppo di chetonuria dopo l’iniezione di T1AM.

(16)

14

L’andamento della del peso corporeo ha mostrato una diminuzione della massa corporea. Gli effetti metabolici e dell’ipotermia si manifestano in parallelo, ma la riduzione della temperatura corporea è ritardata rispetto alla riduzione del tasso metabolico. La T1AM sembra deprimere il metabolismo dei carboidrati e indurre un aumento della degradazione dei lipidi20.

2.4 Effetti sulla termogenesi

La somministrazione intraperitoneale di T1AM, ad una concentrazione di 20-50 mg/kg, nei topi C57BL/6J, induce una riduzione della temperatura corporea, in circa 30 minuti e mantenuto per un massimo di 12 ore, con una riduzione di circa 8°C. La somministrazione e la riduzione della temperatura sono di tipo dose-dipendente: i topi diventano inattivi ma con riflessi mantenuti, con l’assenza di piloerezione.

La somministrazione di T0AM induce effetti simili alla T1AM, ma le dosi di T0AM devono essere circa del 50% superiori per poter manifestare i medesimi effetti1.

2.5 Effetti sul Sistema Nervoso

La T1AM presenta un profilo che suggerisce un suo ruolo come messaggero cellulare, comportandosi come un ormone e/o un neuromodulatore.

La T1AM è fisiologicamente presente nel cervello dei topi e i suoi livelli aumentano dopo la somministrazione. Questo indica che la T1AM può passare la barriera emato-encefalica, con un meccanismo non ancora individuato. Sono state ipotizzate tre possibili vie per il suo passaggio:

- Endocitosi del recettore delle lipoproteine;

- Trasporto mediato da un trasportatore;

- Transcitosi della T1AM libera.

Manni et al. hanno dimostrato che, a seguito di iniezione intracerebroventricolare (icv) di T1AM, questa ammina può essere recuperata nella circolazione sistemica, indicando la sua possibile fuoriuscita dalla barriera emato-encefalica21.

(17)

15

I dati sperimentali indicano che la T1AM è un potente ed efficace modulatore del comportamento e del metabolismo dei roditori. Alcuni effetti acuti centrali di T1AM sono seguiti da effetti a lungo termine basati sull’attivazione della trascrizione genica. L’istamina è stata identificata come uno dei neurotrasmettitori coinvolti negli effetti di T1AM. L’istamina nel cervello si accumula nei mastociti, negli astrociti e nei pochi neuroni istaminergici che sono collocati nell’ipotalamo, da dove si

proiettano nelle aree cerebrali, tra cui l’ippocampo e la corteccia22.

L’istamina neuronale è implicata nella memoria, nel controllo del ciclo sonno/veglia,

nell’alimentazione e nella termoregolazione. L’istamina nel cervello è degradata dalla N-metil transferasi che genera N-metilistamina, la quale è, a sua volta, substrato per la MAO-B. Di conseguenza, l’istamina e T1AM possono competere per la catalisi da parte di MAO-B23.

Scanlan et al. hanno sottolineato che dosi elevate di T1AM (50 mg/kg) sono capaci di indurre una profonda riduzione della temperatura corporea dei topi1. Alcuni anni dopo, James et al. hanno dimostrato che l’ipotermia è secondaria all’aumentata dispersione di calore iniziale e hanno catalogato la T1AM come regolatore ipotalamico del set point della temperatura dei neuroni sensibile al caldo24.

È noto che l’ipotermia induce una neuroprotezione nella regolazione dell’ictus. Tuttavia, questo effetto protettivo dipende dalla durata e dalla profondità dell’ipotermia e dai tempi relativi

all’insorgenza dell’ictus. Tra i tanti meccanismi con cui l’ipotermia protegge dal danno ischemico, abbiamo la formazione di radicali liberi, la riduzione del tasso metabolico e il rilascio di

glutammato25.

Esperimenti di Doyle et al, attraverso somministrazione farmacologica in topi per via intraperitoneale con 50 mg/kg di T1AM, hanno mostrato una riduzione temporanea della temperatura senza manifestazioni di pilo-erezione o brividi. Negli animali a cui era stata somministrata T1AM, il volume di infarto risultava ridotto dal 35% al 32% rispetto ai topi di controllo. Da questi esperimenti si deduce che T1AM fornisce una protezione all’ischemia e potrebbe essere un valido candidato per una sua protezione26.

La T1AM sembra indirizzare la sua attività verso i centri di memoria. La somministrazione di T1AM non solo ha modificato l’apprendimento, ma ha anche consolidato la memoria nella sessione di allenamento di 24 ore con un effetto coerente con pERK1/2, importante regolatore principale della sintesi de novo di proteine necessarie per il consolidamento della memoria. La stimolazione dell’apprendimento non è stata osservata nei topi pretrattati con antistaminergici; questo

(18)

16

conferma,quindi, il ruolo della catalasi MAO-B nella generazione del coinvolgimento del sistema istaminergico27.

L’acquisizione e la memorizzazione sono in genere associate ad un aumento della fosforilazione di ERK1/2 e ad una maggiore espressione dei fattori di trascrizione come c-fos e CREB. In seguito a trattamento con T1AM anche i loro livelli sono aumentati28.

In vitro, prove ottenute in fettine striatali isolate hanno fornito indicazioni su un meccanismo di T1AM mediato dal recettore. T1AM, attivando il recettore TAAR1, ha promosso la fosforilazione della tiroxina idrossilasi, determinando la sintesi della dopamina e il suo rilascio. È importante notare che la principale isoforma MAO espressa nello striato è quella di tipo B, enzima coinvolto nella degradazione di T1AM e anche della dopamina. Nel complesso, questi risultati suggeriscono che la T1AM potrebbe sostenere la sintesi e il rilascio di dopamina agendo sul TAAR e,

(19)

17

3. Neurotrasmissione

3.1 Recettori

Il cervello umano è composto da oltre 100 miliardi di neuroni, collegati tra loro da ben 10.000 sinapsi per neurone. La formazione e l’eliminazione delle connessioni sinaptiche e la loro efficacia possono essere modulate. Questo processo, di natura dinamica, è chiamato plasticità sinaptica ed è fondamentale per le funzioni cerebrali come l’apprendimento e la memoria. La trasmissione avviene mediante il rilascio di neurotrasmettitori da parte dei neuroni presinaptici, che andranno a legare i neuroni postsinaptici. I neurotrasmettitori vengo classificati in due classi:

- Eccitatori, di cui fanno parte il glutammato e l’aspartato;

- Inibitori, di cui fanno parte, per esempio, l’acido l’acido -amminobutirrico (GABA) e la glicina.

Altri neurotrasmettitori sono l’acetilcolina, la dopamina e la serotonina.

Il glutammato è un amminoacido polare non essenziale che interviene in molti processi cellulari. Oltre a prendere parte alla sintesi proteica, contribuisce al metabolismo cellulare come substrato di enzimi del ciclo di Krebs e dell’urea; inoltre, svolge anche il ruolo di neurotrasmettitore eccitatorio nel cervello dei mammiferi.

All’inizio degli anni ’50, Hayashi e collaboratori hanno proposto che il glutammato potesse svolgere un ruolo come neurotrasmettitore nel sistema nervoso centrale30.

Subito dopo, nel 1959, Curits et al. hanno mostrato che L-glutammato aveva la capacità di depolarizzare ed eccitare i neuroni31.

Negli ultimi due decenni, l’ampia ricerca ha rilevato una serie di sottotipi di recettori al glutammato che, svolgendo una diversa funzione, permettono la trasmissione sinaptica eccitatoria.

Il glutammato è considerato il principale neurotrasmettitore eccitatorio del sistema nervoso centrale (SNC) ed è stato confermato il suo ruolo in molti processi di plasticità sinaptica. L’eccessiva

stimolazione glutammatergica può indurre citotossicità ai neuroni con danni osmotici (causati da un eccessivo flusso di Na+) e danni indotti dall’alterazione dell’emostasi del calcio. Il glutammato

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18

viene trasportato come glutammina e, tramite l’enzima glutamminasi, convertito in acido glutammico32.

3.1.1 I recettori glutammatergici

I recettori al glutammato si possono suddividere in due grandi classi:

- Recettori glutammatergici metabotropici (mGluR), accoppiati a proteine G di membrana; - Recettori glutammatergici ionotropici (iGluR), di cui fanno parte gli AMPA

(α-amino-3-hydroxy-5-methyl-4-isoxazolepropionic acid), gli NMDA (N-methyl-D-aspartic acid) e KA (kainato).

I recettori ionotropici, in risposta al glutammato, inducono l’apertura del canale permeabile al Na+, K+ e Ca2+, permettendo la depolarizzazione.

I recettori metabotropici sono dei recettori accoppiati a proteine G. Con il legame del glutammato, si induce l’attivazione della proteina G, che genera una variazione di secondi messaggeri quali AMP ciclico (cAMP), inositolo 1,4,5-trifosfato (IP3) e diacilglicerolo (DAG). Questi generano l’attivazione di risposte metaboliche che modulano la trasmissione sinaptica nel lungo periodo33.

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I recettori NMDA svolgono un ruolo di tipo regolatorio, mentre la funzione dei canali AMPA si esplica in una rapida trasmissione sinaptica eccitatoria35.

Le somiglianze nella sequenza tra le subunità di recettori del glutammato suggeriscono una loro architettura simile37.

3.1.2 Recettori ionotropici AMPA

I recettori AMPAR, così chiamati per essere sensibili all’acido α-amino-3-idrossi-5-metilisoxazolo-4-propionico, sono dei recettori ionotropici con una struttura tetramerica (iGluR1-4), localizzati nel terminale postsinaptico. Questi, formando un canale attraverso il quale scorre la corrente ionica, permettono la depolarizzazione del potenziale di membrana cellullare. Gruppi diversi di tetrameri formano canali con conduttanze diverse che possono essere fonte di variabilità tra diverse sinapsi. Inoltre, essi mostrano un’attivazione rapida con un decadimento altrettanto rapido. Il recettore presenta proteine ausiliarie che ne modulano l’attività. Questo processo è fondamentale per la plasticità sinaptica, l’apprendimento e la memoria34.

Per la formazione del recettore, due subunità devono interagire generando un dimero che si unisce con un altro dimero, generando un canale e formando il recettore funzionante. Questi canali sono permeabili a Na+, K+ e Ca2+. Il canale risulta selettivo per la presenza di una arginina sulla subunità recettoriale (GluR2)36-39.

Le subunità che formano il recettore presentano un dominio N-terminale (NTD) con la funzione di assemblaggio e modulazione, un dominio extracellulare per il legame per l’agonista (ABD), un domino transmembrana (TMD) e un dominio C-terminale (CTD), che sembra essere soggetto a fosforilazioni37.

I cambiamenti dipendenti dalla fosforilazione, nella funzione del recettore AMPA, hanno un ruolo cruciale nelle forme di plasticità sinaptica, come il potenziamento a lungo termine (LTP) e la depressione a lungo termine (LTD). Fosforilazioni su siti, nelle subunità del recettore del

glutammato 1 (GluR1) del recettore AMPA, sembrano avere importanti ruoli nell’LTP e nell’LTD. Una delle regolazioni, che si manifesta nel potenziamento a lungo termine (LTP), sembra essere influenzata sia dalla modifica dell’RNA, sia delle subunità accessorie, date principalmente dalla fosforilazione di diverse subunità del GluR1. Questa fosforilazione su residui di serina e treonina (S831-S845 e T840-T845) porta ad un aumento persistente del recettore e della conduttanza del canale. Nel processo di LTD, si ritiene che un’attivazione di proteine fosfatasi, che de-fosforilano i

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recettori AMPA, portino ad una riduzione dell’attività del canale e/o un’endocitosi dei recettori. Queste regolazioni dell’attività dei recettori e della loro modulazione sembrano essere indotte da chinasi come le proteine chinasi PKA, la proteina chinasi PKC ed extracellular signal-regulated

kinase (ERK)40.

3.1.3 Recettori ionotropici NMDA

I recettori al glutammato NMDA sono dei recettori sensibili al N-metil-D-aspartato. Rispetto agli AMPA mostrano una cinetica di attivazione lenta. Questi recettori formano un complesso

eterotetramero di due subunità GluN1 e due subunità GluN2. Le subunità GluN1 legano la glicina, mentre le due subunità GluN2 legano il glutammato. Il recettore presenta tre domini: un dominio amino-terminale (ATD), un dominio legante o agonista (LBD) e un domino transmembrana (TMD). Gli ATD sono fondamentali per mantenere unite le subunità del recettore e per aumentare la

probabilità di apertura e durata; inoltre, mediano il legame di modulatori allosterici41.

L’attivazione del recettore avviene con il legame del glutammato e con una minore affinità per la glicina. Per la sua attivazione è necessario la rimozione dello ione magnesio al suo interno, il quale apre un canale selettivo al calcio. In seguito ad una depolarizzazione di sufficiente ampiezza e durata, la liberazione di glutammato dalla sinapsi permette la rimozione dello ione e la permeabilità del canale a Ca2+, Na+ e K+.

Nei recettori NMDA, l’ingresso di ioni cationici permette la genesi di importanti meccanismi cellulari per l’apprendimento e per la memoria.

Come per gli AMPA, anche gli NMDA possono essere soggetti a fosforilazioni da parte della PKA, della PKC e CaMKII che ne modulano l’attività42.

Un’eccessiva attivazione degli NMDA sembra essere la causa di disturbi neurodegenerativi, dolore cronico, ictus e schizofrenia42-43.

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21 3.1.4 Efrina-B2

Eph-B2 sono una vasta famiglia di recettori tirosina chinasi (RTK), coinvolti nelle interazioni cellula-cellula44.

Le efrine (Eph) nei mammiferi partecipano alla formazione dei terminali, all’adesione cellulare, alla migrazione della cresta neuronale e alla guida degli assoni. I recettori e i ligandi delle efrine,

localizzati sulle superfici cellulari, quando prendono contatto, permettono la trasduzione di segnali45-46.

La famiglia delle Eph costituisce una sottofamiglia molto grande di recettori tirosina chinasi che possono essere suddivisi in due classi:

- EphA contengono una ancora di glicosilfosfatidilinositolo (GPI), senza un dominio citoplasmatico, e legano i recettori di tipo A attivandoli;

- EphB sono delle proteine transmembrana e si legano ai recettori di tipo B.

Un certo numero di recettori Eph e i loro ligandi sono stati riscontrati a livello dell’ippocampo; inoltre, Eph-B2, interagendo con la subunità NR1 del recettore NMDA, svolge un ruolo fisiologico a livello delle sinapsi47.

Topi privi del recettore EphB2 hanno ridotto l’LTP nell’ippocampo e le sinapsi del giro dentato, la rimozione del dominio delle chinasi intracellulare EphB2 non ha indotto variazioni. Con l’assenza dell’Eph-B2, si assiste ad una riduzione di recettori AMPA e ad una diminuzione della trasmissione

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sinaptica eccitatoria. Proteine chiamate GRIPs (Glutamate Receptor interacting proteins), che mostrano la capacità di legare le Eph-B2 e gli AMPA, permettono l’interazione tra i due48.

3.2 Trasduzione del sistema glutammatergico

Il glutammato citoplasmatico nei terminali dei neuroni è concentrato all’interno di vescicole sinaptiche da specifici trasportatori. Giunta la stimolazione e la liberazione delle vescicole

all’esterno delle sinapsi, il glutammato viaggerà nella fessura sinaptica per legare i suoi recettori nel post-sinaptico. La quantità di proteine associate alla membrana che legheranno il neurotrasmettitore prende il nome di “densità postsinaptica” (PSD). I PSD contengono, tra le varie strutture, molti

recettori per il glutammato. In base al tipo di recettore legato si attiveranno diverse vie con effetti diversi49.

Il glutammato è sintetizzato nel citoplasma dei neuroni glutammatergici e accumulato in vescicole, ciò ne aumenta la concentrazione. Al momento del rilascio, il glutammato da una parte lega i recettori e dall’altra, tramite dei trasportatori di amminoacidi eccitatori (EAAT), viene riportato all’interno della sinapsi50.

Il glutammato sui recettori metabotropici porta all’attivazione della proteina G, che determina l’attivazione della fosfolipasi C o la produzione di cAMP, in base al tipo di recettore metabotropico legato51.

Sui recettori ionotropici, il cambiamento di forma della proteina porta all’ingresso di cationi, inizialmente tramite gli AMPA per determinare l’attivazione degli NMDA.

3.2.1 Proteina chinasi calcio-calmodulina dipendente (CaMKII)

L’induzione dell’LTP provoca l’ingresso di calcio, la cui attività si manifesta sulla Proteina chinasi II Calcio-Calmodulina (CaMKII).

Con l’apertura dei canali NMDA, in seguito al legame con il glutammato e la rimozione dello ione Mg2+, l’ingresso di calcio avvia una cascata biochimica con l’attivazione della CaMKII, una delle principali proteine sinaptiche. La CaMKII è formata da 12 subunità di due tipi, le alfa e le beta,

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entrambi con capacità catalitiche. Andando a monitorare l’inizio dell’attività della CaMKII, si nota che, già dopo pochi secondi dalla stimolazione sinaptica, la chinasi risulta già attiva. La sua attività perdura per circa 1 minuto al termine della stimolazione; se presenti mutazioni di CaMKII con una incapacità di auto-fosforilazione, l’attività dell’enzima decade in pochi secondi. I risultati mostrano che l’auto-fosforilazione rende l’attività della CaMKII molto più persistente nel tempo.

Con l’ingresso di calcio, la CaMKII, tramite un effetto chiamato traslocazione, permette il suo spostamento dal citoplasma alla sinapsi, andando a legare gli NMDA (in particolare gli NR2B) e generando dei complessi. Il complesso CaMKII-NMDA forma un enzima in stato attivo senza richiedere la fosforilazione. I complessi sembrano avere un ruolo nell’induzione e

nell’apprendimento dell’LTP. Con la delezione della coda citoplasmatica di NRB2 si interferisce la formazione del complesso e una riduzione dell’LTP con deficit di apprendimento.

La CaMKII sembra, inoltre, causare un aumento del numero di recettori AMPA nelle sinapsi. Studi dimostrano che l’attività della chinasi si esplica anche con una fosforilazione degli AMPA (su proteine ausiliarie), che porterebbe al legame dei recettori con una proteina PSD-95. Questi verranno catturati dalla sinapsi. La fosforilazione avverrebbe su GluR1, che contiene diversi siti di fosforilazione come S831 fosforilato da CaMKII o PKC, S567 fosforilato da CaMKII, S845

fosforilato da PKA e S818 substrato di PKC. La fosforilazione dell’S831 ne aumenta la conduttanza e un incremento nel numero dei recettori, che permette l’aumento dei fenomeni di LTP52.

La chinasi, una volta attivata, può essere fosforilata per mantenere l’attività alta anche con una riduzione della concentrazione di calcio. Mutazioni sui siti di fosforilazione mostrano gravi danni alla memoria dopo l’apprendimento53.

3.2.2 PKC

Durante i meccanismi di segnalazione cellulare, stimoli elettrici con un flusso di ioni calcio

determinano l’attivazione della proteina chinasi C (PKC). Le PKC appartengono alla famiglia delle Ser/Thr chinasi e sono delle proteine suddivise in tre classi: PKC convenzionali (,  e ), PKC nuove (δ, ε, η e θ) e PKCζ atipiche e PKCι / λ. La maggior parte delle PKC contengono un dominio regolatorio e un dominio catalitico, dove il primo contiene fosfolipidi e siti di legame per i

messaggeri con una sequenza per mantenere il dominio catalitico in uno stato inattivo. Esistono diverse isoforme di PKC, ognuna delle quali viene attivata in modo diverso. Le convenzionali sono stimolate dal calcio, innescando il legame con fosfolipidi anionici, e legano il diacilglicerolo (DAG); le PKC nuove richiedono solo DAG per la loro attivazione, mentre le isoforme di PKC

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atipiche sono attivate da diversi meccanismi, inclusi il PIP3 o il ceramide. Le varie PKC richiedono un ambiente fosfolipidico di membrana e secondi messaggeri per essere attivi; poiché questi messaggeri vengono rapidamente metabolizzati, la loro attivazione è transitoria e dura pochi secondi o minuti54.

Esiste una correlazione tra la PKC e i recettori AMPA. L’attivazione della PKC, come per la CaMKII, determinerebbe una fosforilazione su un residuo di Ser831 del recettore. La fosforilazione sembra migliorare la conduttanza; inoltre, una proteina AKAP79, in associazione con altre proteine come SAP97 e PP2B, risulta concentrata vicino a PKC e sembra essere importante per mantenere l’impalcatura e permettere la fosforilazione55.

Le varie isoforme permettono la genesi di fenomeni fisiologici per il mantenimento della memoria; l’attivazione della PKC postsinaptica è necessaria per l’induzione dell’LTP nell’ippocampo. Un suo blocco mediante inibitori non permette l’induzione dell’LTP. La PKC è coinvolta sia nell’induzione dell’LTP sia nel suo mantenimento56.

3.2.3 NO sintasi (NOS)

L’ossido nitrico è una molecola diffusibile che agisce come messaggero nel cervello. Numerosi studi dimostrano che inibitori dell’ NOS, enzima per la produzione di NO, possono impedire l’induzione dell’LTP. Topi knock-out delle isoforme neuronali ed endoteliali di NOS possono bloccare l’LTP, tuttavia, in assenza di stimolazione tetanica, anche in presenza di NO l’LTP risulta nullo.

Figura 8: Proteine per la fosforilazione di GluA1-Ser831 da parte di PKC e CaMKII-dipendente55.

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L’NOS viene attivato dal calcio e, una volta prodotto e rilasciato NO, questo agisce sulla

terminazione presinaptica, inducendo una liberazione maggiore di glutammato e fornendo così un contributo al potenziamento a lungo termine57.

3.2.4 Adenosina monofosfato ciclico (cAMP)

Nei processi di trasmissione sinaptica si nota un aumento della concentrazione di cAMP

intracellulare. Essa è prodotta a partire da ATP ad opera dell’adenilito ciclasi e idrolizzata dalla fosfodiestera, che la converte in AMP. Il suo aumento induce un’attivazione della proteina chinasi cAMP dipendente (PKA), che indurrà la trascrizione di cAMP response element binding protein (CREB) e dell’extracellular signal regulated kinase (ERK)58.

3.2.5 Extracellular signal regulated kinases (ERK)

ERK fa parte della superfamiglia della proteina chinasi attivata dal mitogeno (MAPK), che contiene una famiglia di enzimi associati ai recettori della membrana cellulare e ai target regolatori. La via di segnalazione di ERK è una delle più studiate: è attivata da una varietà di fattori e sostanze di

crescita cellulare che promuovono l’attività mitotica e trasmettono segnali extracellulari dalla superfice al nucleo, la cui trasmissione è importante per la proliferazione e la differenziazione cellulare59.

La via di segnalazione a cascata delle MAPK è una via che mette in comunicazione i segnali d’ingresso e i segnali in uscita della cellula. Esistono tre tipi di chinasi: MAPK chinasi chinasi (MKKK), le MAPK chinasi (MKK) e le MAPK.

La via delle MAPK è regolata da diversi stimoli cellulari, come stimoli derivanti dallo stress o dal legame di ligandi a recettori posti sulla membrana60.

La via di segnalazione di ERK avviene seguendo un percorso ben preciso. Si riconoscono quattro vie di attivazione di ERK, fra cui una di esse dipendente dal calcio. Il calcio, fluendo attraverso il canale del calcio di tipo L, stimola l’attivazione di Ras. Ras è una proteina che, quando associata a

GTP, è nella sua forma attiva ed induce l’attivazione della proteina Raf. Raf attivata induce la fosforilazione di MEK1 e MEK2 che, fosforilate, agiscono su ERK1 e ERK2

fosforilandole ed attivandole. Tuttavia, alcune vie sono Ras-indipendenti60.

ERK risulta essere coinvolta nei processi di apprendimento e memoria. Studi effettuati in topi in allenamento su labirinti acquatici hanno dimostrato un’ulteriore attivazione di ERK

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nell’ippocampo. Inoltre, la somministrazione nell’ippocampo di inibitori di ERK ha portato ad un indebolimento della memoria61-62.

L’attivazione di ERK nei neuroni maturi provoca una traslocazione dal citoplasma al nucleo, suggerendo che la regolazione dei fattori di trascrizione possa essere uno dei ruoli del sistema di segnalazione di ERK. Tra i fattori di trascrizione, un ruolo importante sembra essere svolto dal fattore cAMP response element-binding protein (CREB), soprattutto per le varie forme di apprendimento e memoria63.

Altra funzione di ERK sembra essere quella di regolare dei canali al K+. In seguito all’apertura del canale AMPA, l’attivazione di ERK si espliciterebbe su una fosforilazione della subunità alfa del canale al K+ della famiglia Kv4, che porterebbe ad una maggiore depolarizzazione e all’attivazione dei recettori NMDA64.

L’aumento della concentrazione di cAMP induce l’espressione della proteina chinasi ERK, la cui attivazione può esercitare numerosi effetti per via delle molteplici proteine su cui agisce.

Altre proteine substrato di ERK possono essere proteine del citoscheletro come MAP-2, Tau e Arc, oppure proteine nucleari come C-fos, c-Myc e CREB58.

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3.2.6 cAMP response element-binding protein (CREB)

Le conseguenze a valle dell’attivazione di ERK inducono anche l’attivazione diretta di proteine nucleari come CREB o mediante accoppiamento con proteine chinasi come Rsk1, Rsk2 e Rsk3. La Rsk2 viene attivata da depolarizzazione e dai fattori di crescita nervosa (NFG); questa chinasi, in risposta alla depolarizzazione, permette la traslocazione nel nucleo grazie alla capacità di legarsi ad ERK e di mediare la fosforilazione di CREB, mentre la Rsk1 e la Rsk3 possono indurre la

fosforilazione di CREB solo in presenza di calcio e non presentano in vivo la capacità di legarsi ad ERK65-66.

L’aumento di cAMP e la conseguente attivazione di PKA, su neuroni in coltura, si sono dimostrate fondamentali per il mantenimento dell’LTP. La stimolazione si è estesa anche a CREB; infatti, attivando la PKA dipendente da cAMP con estradiolo, i ricercatori hanno valutato la fosforilazione di CREB. L’estradiolo ha indotto un lento e prolungato aumento di pCREB. Cercando di valutare la funzione del calcio intracellulare, in seguito all’attivazione del recettore NMDA, Murphy & Segal hanno ridotto la concentrazione di calcio utilizzando un tampone per il calcio “BAPTA-AM”. Il tampone BAPTA-AM ha indotto una riduzione della proteina CBP (CREB-binding protein) che ha legato la forma fosforilata di CREB da parte di PKA e ha bloccato la risposta all’estradiolo. L’estradiolo, invece, ha determinato un aumento della fluorescenza della CBP.

È stato suggerito che l’attivazione del recettore NMDA sia correlata alla plasticità sinaptica attraverso un aumento della concentrazione di calcio intracellulare che porta all’attivazione di CREB. L’utilizzo di BAPTA-AM come tampone del calcio ha portato alla riduzione di pCREB e alla riduzione di CBP67.

Altro ruolo mediato dalla fosforilazione di CREB è associato ai fenomeni di LTP. La fosforilazione è dipendente dal calcio extracellulare, in quanto antagonisti del flusso di calcio dai recettori NMDA riducono significativamente la fosforilazione di CREB68.

Studi recenti hanno messo in evidenza una proteina che potrebbe svolgere un ruolo chiave nella fosforilazione di CREB: questa proteina, attivata dall’ingresso di calcio mediato dai recettori NMDA, prende il nome di TORC.

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TORC sembrerebbe indurre la fosforilazione di CREB, in particolare su un residuo di Ser133. Alcuni stimoli extracellulari sono in grado di eseguire la fosforilazione della Ser133 ma non riescono ad innescare la trascrizione del gene bersaglio di CREB. TORC è espressa nel sistema nervoso centrale con diverse isoforme. TORC1, in risposta ad un aumento di cAMP intracellulare o calcio, migrerebbe all’interno del nucleo e, fosforilando CREB, ne indurrebbe l’attività. Questo permetterebbe di contribuire al mantenimento dell’LTP69.

3.2.7 Sirtuina 1 (SIRT-1)

Le sirtuine rappresentano una famiglia di deacetilasi proteiche dipendenti dal NAD+. Si ritrovano particolarmente nel tessuto nervoso ma anche nei vari tessuti. La deacetilasi NAD-dipendente Sir2 è stata inizialmente identificata come mediatore della durata della vita nei lieviti, per poi essere scoperta anche in altri organismi. Il suo omologo nei mammiferi è la SIRT-1: essa svolge ruoli sistemici complessi, come la regolazione dello stress ossidativo, il controllo del metabolismo e dei ritmi circadiani70.

Nei mammiferi sono espresse sette membri di sirtuine, identificate con la sigla SIRT1-SIRT7. Contengono domini catalitici leganti la nicotinammide-adenin-dinucleotide (NAD+). Tutte le sirtuine richiedono NAD+ per funzionare, quindi, in base alla quantità di NAD+ presente, esse modulano la funzione genica e proteica, portando infine a dei cambiamenti nel metabolismo

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cellulare. SIRT-1 svolge un ruolo importante nell’omeostasi del glucosio e in quello lipidico. In condizioni nutritive basse, viene indotta l’espressione di SIRT-1 che, deacetilando vari fattori, promuove la gluconeogenesi. La SIRT-2, la SIRT-3 e la SIRT-4 sono associate al controllo del metabolismo. La SIRT-2 è una sirtuina citoplasmatica e, eseguendo un controllo su FOXO1, induce effetti diversi: una sua sovra-espressione blocca l’adipogenesi, mentre una sua riduzione ha effetto opposto. La SIRT-3, localizzata nei mitocondri, sembra agire in condizioni di stress, in presenza di diete ipercaloriche o ipocaloriche o di un’esposizione al freddo prolungata. La SIRT-4 sembra influenzare la secrezione di insulina71.

Per valutare il ruolo di SIRT-1 nell’apprendimento e nella memoria, sono stati creati topi

transgenici privi dell’attività catalitica di SIRT-1 (SIRT1Δ). I test hanno mostrato che nei topi si assiste ad una riduzione della memoria. Negli stessi topi, i due fattori implicati nella plasticità sinaptica e nella modulazione delle sinapsi, ovvero BDNF e CREB, si mostrano ridotti. In

particolare, la riduzione è stata meno marcata per CREB, suggerendo che i livelli delle proteine di CREB sono sotto-regolati nel cervello. In conclusione, SIRT-1 permette un ruolo diretto nella regolazione delle funzioni fisiologiche cerebrali e in modo diverso in condizioni di sopravvivenza cellulare72.

Studi recenti hanno messo in evidenza come la SIRT-1 abbia un ruolo a livello cerebrale e nei disturbi neurologici. SIRT-1 modula la plasticità sinaptica ed è importante per la formazione della memoria73.

Il resveratrolo (RSV), simulando una dieta con una restrizione calorica, induce una durata di vita maggiore interagendo con la SIRT-1. Il RSV è una fitoalessina polifenolica che viene sintetizzata da diverse piante commestibili in risposta a stress ambientali o infezioni fungine. Il RSV ha recentemente mostrato di essere un antiossidante, antinfiammatorio, cardioprotettivo e anticancerogeno. Inoltre, ha mostrato effetti neuroprotettivi, andando a prevenire la tossicità del peptide β-amiloide e l’eccitotossicità indotta dall’acido kainico74.

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4. Scopo della tesi

La T1AM è un ormone di origine tiroidea che svolge numerosi effetti. A livello cerebrale, recenti studi hanno evidenziato importanti implicazioni, quali la capacità di migliorare, in modelli murini, l’apprendimento e la formazione di memoria; inoltre, un ruolo svolto dalla T1AM sembra essere quello di mediare effetti sul rilascio di neurotrasmettitori.

La neurotrasmissione glutammatergica è il principale sistema eccitatorio presente nel sistema nervoso centrale ed è implicato in numerosi meccanismi alla base della memoria e

dell’apprendimento. È spesso compromessa in varie patologie neurodegenerative, come il morbo di Parkinson o di Alzheimer. La degenerazione è sovente dovuta alla formazione di fibrille da parte di segmenti di proteine amiloidogeniche. Di conseguenza, potrebbe essere rilevante andare ad

individuare strategie terapeutiche vòlte a rendere più efficiente la trasmissione glutammatergica. Il progetto di tesi è stato, quindi, quello di valutare l’attività della T1AM sulle proteine e messaggeri facenti parte della via glutammatergica postsinaptica.

Al fine di valutare gli effetti di tale attività, sono state utilizzate, come modello sperimentale, due linee cellulare differenti:

- NG108-15 una linea cellulare ibrida di neuroblastoma murino e glioma di ratto; - U87-MG una linea di glioblastoma di origine umana.

La caratterizzazione dei modelli sperimentali ha evidenziato la presenza del sistema

glutammatergico, ma non quella del recettore TAAR1 nella linea ibrida. Questo rende le cellule NG108-15 un modello per evidenziare i potenziali effetti della T1AM che non sono mediati dall’interazione tra T1AM e il suo recettore TARR1.

Per avere un quadro degli effetti biochimici cronici della T1AM, in base anche alla dose somministrata, è stata condotta un’analisi delle potenziale variazioni di produzione di secondi messaggeri e dell’espressione proteica dopo trattamenti della durata di 24h a concentrazioni crescenti di T1AM.

Sono stati utilizzati dosaggi colorimetrici per valutare la variazione di concentrazione di secondi messaggeri, quali il cAMP e il calcio, e il consumo di glucosio; per valutare l’espressione proteica o l’eventuale fosforilazione di alcune proteine coinvolte nella via di trasduzione del segnale del sistema glutammatergico, l’analisi è stata condotta mediante Western Blotting.

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5. Materiali e metodi

5.1 Preparazione e conservazione della T

1

AM

La T1AM è stata disciolta in dimetilsolfossido (DMSO), in modo da ottenere una concentrazione di 10mM. Da questa soluzione stock sono state preparate tutte le altre diluizioni utilizzate.

Le cellule sono state trattate con T1AM a concentrazioni 0,1, 1 e 10 μM per 24h, disciolta in DMSO.

5.2 Colture cellulari

Le linee cellullari utilizzate, in questa tesi, sono state:

- U87 MG, una linea di glioblastoma di origine umana;

- NG108-15: una linea cellulare ibrida di neuroblastoma murino e glioma di ratto. Questa linea rappresenta sia una componente propriamente neurale, sia cellule gliali, che

costituiscono il supporto delle cellule neurali: rappresenta quindi entrambe le componenti fondamentali del tessuto nervoso.

Le cellule sono state coltivate in un incubatore con il 5% di CO2 ad una temperatura costante di 37°C. Il mezzo di crescita utilizzato è stato il DMEM High Glucose (Minimal Essential Medium of Dulbecco) (glucosio 4,5 g/l), addizionato con il 10% di FBS (Fetal Serum Bovine), Na Piruvato 1 mM, penicillina 100 U/ml e streptomicina 100 μg/ml.

5.3. Congelamento e scongelamento

Per effettuare il congelamento delle linee cellullari, le cellule inizialmente adese alla fiasca sono state

staccate con l’uso di tripsina 1x. Sono state contate e diluite per poi essere trasferite in aliquote di 500 μL in apposite cryovial (massimo di un 1 milione di cellule per cryovial).

Dopo aver aggiunto 500 μL di criomezzo per il congelamento, le aliquote sono state traferite in isopropanolo a 80 °C e successivamente in azoto liquido.

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Per lo scongelamento, le cryovial sono state prelevate da azoto liquido e mantenute in bagnetto termostato a 37°C per qualche minuto. Il contenuto è stato traferito in una provetta da 15 ml, a cui sono stati aggiunti 8 ml di terreno a temperatura di 37°C, e successivamente è stato centrifugato a 1000 rpm per 5 min.

È stato successivamente aspirato il sopranatante e sono stati aggiunti 10 ml di terreno. Il tutto è stato inserito in fiasca da 75 cm2 per colture cellulari.

5.4 Trattamenti ed estrazione proteica

Le cellule sono state seminate in piastre da 6 pozzetti con una concentrazione di circa 30000 cellule per pozzetto. Dopo un’incubazione di 24h, per permettere di raggiungere la giusta confluenza, le cellule sono state trattate.

I trattamenti effettuati sono stati con T1AM a concentrazioni di 0,1μM, 1 μM oppure 10 μM.

Post trattamento, è stato effettuato un lavaggio con 1 ml di PBS e successivamente le cellule in piastra sono state congelate a -80°C.

Per effettuare la lisi è stato utilizzato un tampone la cui composizione è indicata nella tabella 1. Ad ogni singolo pozzetto sono stati aggiunti 70 μl di tampone di lisi e incubati a -20°C per 10 minuti. Con l’uso di uno scraper, si è provveduto alla raccolta del lisato cellulare e al suo trasferimento in eppendorf. Successivamente la miscela è stata sonicata per 30 secondi e centrifugata per 10 minuti a 140000 rpm in centrifuga refrigerata, per eliminare i detriti cellulari. Dopo centrifugazione, il sopranatante è stato prelevato e congelato a -80°C.

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Tabella 1: Composizione del tampone di lisi.

5.5 Dosaggio proteico con il reagente Bradford

Il metodo utilizzato per la quantificazione proteica è il Bradford®. Questo metodo permette la determinazione proteica con l’uso del Coomassie Brilliant Blue G-250 (CBBG) (Bio-Rad®), in grado di legare amminoacidi basici come residui di arginina, triptofano, tirosina, istidina e fenilalanina.

Il colorante, nella forma legata, ha uno spettro di assorbanza pari a 595 nm. Il legame del colorante alla proteina induce una colorazione blu anionica con un’assorbanza massima registrabile di 595 nm, mentre la frazione non legata sarà di colore verde o rosso. In base alla concentrazione delle proteine nel campione varierà la quantità di colorante legato o meno.

Per calcolare la corretta concentrazione proteica nel campione, è stata creata una retta di taratura tra che valuta l’assorbanza in funzione della concentrazione. La retta viene creata utilizzando una proteina purificata a concentrazione nota. La proteina utilizzata è l’albumina di siero di bovino (BSA)

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a concentrazione di 0.83 mg/ml. La BSA verrà caricata in quantità note ma sempre crescenti: questo permette di creare una retta di taratura, che, mediante interpolazione, ci consente di risalire alla concentrazione proteica dei singoli campioni.

I campioni sono stati inserti in eppendorf, a cui è stato aggiunto il reagente, e incubati. Dopo 10 minuti di attesa, per favorire il legame del reagente alle proteine, è stata misurata l’assorbanza a 595 nm mediante l’uso dello spettrofotometro Cary 60 Agilent.

5.6 Western Blotting

Per l’elettroforesi abbiamo utilizzato il gel Bio-Rad® di tipo TGX™. Il gel contiene un peptide alogenato di 50 Da, che, mediante uso di raggi UV, è in grado di chelare le proteine e ne permette la rilevazione del contenuto totale sia post elettroforesi (gel), sia post blottaggio (membrana), mediante fluorescenza.

Grazie a questo sistema, è possibile valutare l’efficienza del blottaggio e normalizzare i risultati in rapporto al totale di proteine blottate, evitando l’uso di una proteina housekeeping.

Per ottenere una concentrazione proteica uguale per ogni singolo campione, sono state effettuate diluizioni in acqua demineralizzata, a cui successivamente sono stati aggiunti volumi uguali di loading buffer (Sigma®, Sample Buffer Laemmli ™ 2X). I vari campioni sono stati posti in un Termomixer (Eppendorf®) e lasciati a denaturare a 70°C per 10 minuti. Trascorsi i 10 minuti, i campioni sono stati caricati sul gel precast e fatti correre usando una vasca di elettroforesi dedicata e un alimentatore (Bio-Rad® PowerPac™) a 200V per 50 minuti.

Terminata la corsa del gel, l’involucro contente il gel è stato aperto e il gel è stato esposto all’interno del trans illuminatore (Bio-Rad® ChemiDoc™ XRS+) per l’attivazione con i raggi UV.

Per effettuare il blottaggio la membrana in PVDF è stata precedentemente attivata: prima attraverso un‘immersione di 15 secondi in metanolo, successivamente per 2 minuti in H2O demineralizzata ed infine per 10 minuti nel tampone di trasferimento (Tris/glicina).

Gel e membrana sono stati sistemati all’interno del sandwich e inseriti in camera di blottaggio per 30 minuti a 100V. In questo passaggio è importante mantenere una temperatura adeguata.

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Al termine dei 30 minuti, la membrana è stata prelevata e lasciata asciugare. Successivamente è stata incubata con gli specifici anticorpi o conservata a -20°C.

5.7 Immunorivelazione su membrana PVDF

La membrana in PVDF (Millipore® Immobilion-PTM) permette di effettuare un protocollo più veloce rispetto a quello classico con le membrane di nitrocellulosa.

Per effettuare l’immunorilevazione, abbiamo utilizzato degli anticorpi della Cell Signaling, con diluizioni di 1:1000 sia per gli anticorpi primari sia per gli anticorpi secondari.

Per effettuare la diluizione dell’anticorpo primario, abbiamo usato una soluzione di 5% BSA (bovine serum albumin) e T-TBS (Tween 20- TRIS buffer saline) 0,1% o T-TBS 0,04% in base al bersaglio fosforilato o meno. Per l’anticorpo secondario abbiamo utilizzato soluzioni low fat milk al 5% e T-TBS 0,1% o T-T-TBS 0,04%.

Per procedere all’immunorivelazione, la membrana è stata posta in incubazione overnight a 4°C in agitazione. Sono stati poi eseguiti 3 lavaggi di 5 minuti ciascuno con circa 15 ml di TBS e, successivamente, la membrana è stata incubata con l’anticorpo secondario per un’ora in agitazione a temperatura ambiente. Post incubazione, sono stati effettuano altri 3 lavaggi con 15 ml di T-TBS 0.1% da 5 minuti ciascuno, in agitazione e a temperatura ambiente.

La membrana è stata incubata per 5 minuti, al buio e in agitazione, con ECL (Millipore® Immobilion Western Chemiluminescent HRP Substrate) per poi procedere all’esposizione e rilevazione in chemioluminescenza usando lo strumento BioRad® ChemiDoc™ XRS. Acquisita l’immagine, è stata analizzata mediante il software di analisi di immagine Bio-Rad® Image Lab™.

5.8 Saggio per il dosaggio del glucosio

Il kit commerciale (Sigma Aldrich) tramite un saggio colorimetrico ci permette di quantificare il glucosio presente nel mezzo di colture cellullari. Questo kit sfrutta la fosforilazione del glucosio in glucosio-6-fosfato (G6P), reazione catalizzata dall’enzima esochinasi in presenza di ATP.

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Il glucosio-6-fosfato viene quindi ossidato dalla glucosio-6-fosfato deidrogenasi in 6-fosfogluconato in presenza di NAD+.

Figura 11: Schema della reazione sfruttata nel saggio per il dosaggio del glucosio.

Per valutare il consumo di glucosio in presenza di T1AM, le cellule sono state trattate con T1AM (in concentrazioni di 0,1μM, 1 µM e 10 µM) e in associazione con la β-amiloide (10 µM) in un mezzo con DMEM base, privo di rosso fenolo a cui sono stati aggiunti Na piruvato 1mM, penicillina 100 U/ml, streptomicina 100 µg/ml e glucosio 0.5 g/l. I trattamenti sono stati eseguiti per una durata di 4h.

Per valutare la variazione di concentrazione tra controllo e trattato, è stata calcolata la differenza di concentrazione di glucosio tra la quantità iniziale e quella finale nel mezzo di coltura dopo trattamento, misurate mediante il saggio. Tale differenza è stata normalizzata rispetto alle proteine totali del lisato cellulare.

5.9 Saggio cAMP

Tramite il kit cAMP Direct Immunoassay (Bio-Vision®), abbiamo saggiato la concentrazione di cAMP all’interno delle cellule. L’adenosina monofosfato ciclico (cAMP) è un importante secondo messaggero, presente nella biosegnalazione di numerosi processi fisiologici. Il kit in questione permette di determinare e quantificare i livelli di cAMP nei campioni.

Il kit usa una piastra da 96 well rivestita con una proteina G per ancorare l’anticorpo policlonale con cAMP sulla piastra. Dopo l’incubazione e lavaggi, la quantità di cAMP che si sarà legata alla piastra, sarà determinata tramite misura di assorbanza di 450 nm. L’assorbanza misurata sarà inversamente proporzionale alla concentrazione di cAMP nel campione.

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Un processo molto critico nell’analisi di cAMP è la preparazione del lisato alla conclusione del trattamento. Le cellule infuse con T1AM (in concentrazioni di 0,1μM, 1 µM o 10 µM), dopo 24h di trattamento, sono state rapidamente lisate con HCl 0,1 M, dopo aver eliminato il mezzo di coltura, per limitare la degradazione di cAMP da parte delle fosfodiesterasi. Nei campioni lisati è stata valutata la concentrazione proteica. I campioni sono stati dosati utilizzando come riferimento per il calcolo della concentrazione una retta di taratura e normalizzando rispetto alle proteine totali.

5.10 Saggio del Calcio

Per quantificare la concentrazione totale di calcio nel nostro campione abbiano utilizzato il kit commerciale (Cayman Chemical Calcium Assay kit). Questo kit utilizza la reazione tra il complesso o-Cresolftaina e il calcio.

In presenza di calcio si formerà un complesso di o-Cresolftalina-calcio, che, in un ambiente alcalino, genera un complesso di colore viola che assorbe tra i 560 nm e 590 nm.

Le cellule sono state seminate in fiasche da 25 ml e trattate 24h dopo la semina con T1AM (in concentrazioni di 0,1μM, 1 µM o 10 µM). Alla fine del trattamento il mezzo è stato eliminato e le cellule successivamente lisate.

I campioni sono stati caricati in piastre da 96 well, a cui è stato aggiunto il reagente fornito dal kit. La piastra è stata agitata delicatamente per 20-30 secondi e incubata per 5 minuti a temperatura ambiente. L’assorbanza è stata letta a 570 nm. L’intensità del colore era direttamente proporzionale alla concentrazione di calcio nel campione.

5.11 Analisi statistica

I risultati sono stati espressi come la media ± SEM di almeno 2-3 esperimenti indipendenti. Le differenze tra i gruppi sono state analizzate tramite ANOVA e la soglia di significatività statistica è stata fissata a P<0,05. Se la varianza tra gruppo era significativamente (P<0,05) maggiore della varianza tra gruppi, la differenza tra gruppi è stata analizzata mediante Dunnet test.

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Per il processamento dei dati e l’analisi statistica è stato usato il software GraphPad Prism versione 8.0.2 per Windows (GraphPad Software, San Diego, CA).

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6. Risultati

6.1 Saggio del Ca

2+

Sia lo ione calcio sia cAMP sono secondi messaggeri fondamentali nella cascata di segnali

postsinaptici associata al sistema glutammatergico; di conseguenza è stato di interesse valutare una loro potenziale variazione in presenza di T1AM.

Mediante il Cayman Chemical Calcium Assay kit è stata valutata la concentrazione intracellulare di Ca2+ nelle linee cellulari NG108-15 e U87-MG in seguito a trattamento con T1AM.

Il trattamento è stato eseguito con T1AM per 24h a concentrazioni diverse, rispettivamente con 0.1µM, 1µM e 10 µM. Il dosaggio è stato effettuato sul lisato cellulare e il valore della

concentrazione è stato normalizzato rispetto alla quantità di proteine totali presenti nel campione. In figura 12 sono illustrati i risultati ottenuti nelle due linee cellulari: complessivamente sia nelle NG108-15 sia nelle cellule U87-MG non si osservano variazioni significative della concentrazione di calcio intracellulare alle varie dosi di T1AM analizzate. Nella linea NG108-15 si osserva una tendenza alla riduzione che però, come precedentemente indicato, non raggiunge la significatività.

Figura 12: Saggio del calcio sulle cellule NG108-15 e U87-MG trattate con T1AM a diverse concentrazioni 0.1 µM, 1µM e 10µM per 24h. (Control=DMEM + DMSO; i valori sono espressi come media ± SEM; n=4 per gruppo).

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6.2 Dosaggio dell’AMPciclico

Il secondo messaggero cAMP è una molecola che presenta un’emivita molto breve. Nel saggio abbiamo dosato la sua concentrazione dopo un trattamento di 24h con T1AM a diverse

concentrazioni (0.1µM, 1µM e 10 µM), allineandoci con le tempistiche delle altre procedure sperimentali. La reazione di sintesi del cAMP è catalizzata dall’adenilato ciclasi che utilizza come substrato ATP. Il segnale del cAMP è neutralizzato dalle fosfodiesterasi che idrolizza la molecola ad AMP. Di conseguenza, la concentrazione di cAMP presente nella cellula in un determinato momento è funzione del rapporto tra le velocità di catalisi dei due enzimi: la sua velocità di sintesi e la sua velocità di idrolisi. La biosegnalazione associata al cAMP e, quindi, la sua concentrazione è stata trovata spesso modificata in numerose patologie croniche, tra cui asma, tumori, diabete, depressione e patologie autoimmuni.

Anche in questo saggio, la produzione di cAMP è stata misurata nel lisato cellulare e la

concentrazione è stata normalizzata rispetto alle proteine totali cellulari. Come indicato nei grafici di figura 13, nella linea U87-MG si evidenzia una variazione significativa di cAMP ad una

concentrazione di T1AM 0.1 µM, mentre nella linea NG108-15 non si osservano variazioni significative della concentrazione di cAMP.

Figura 13: Saggio cAMP NG108-15 e U87-MG trattate con T1AM a diverse concentrazioni 0.1 µM, 1µM e 10µM per 24h. (Control=DMEM + DMSO. I valori sono espressi come media ± SEM di 2-3 esperimenti. n=5 per gruppo.)

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