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Progettazione e sperimentazione di un percorso didattico sui numeri razionali per la classe terza primaria con nastri e stadera

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Universit`

a di Pisa

Corso di Laurea Magistrale in Matematica

Anno Accademico 2018/2019

Elaborato Finale

Progettazione e sperimentazione di un percorso

didattico sui numeri razionali per la classe terza

primaria con nastri e stadera

Candidata Relatori

Viola Giusti Prof.ssa Anna Baccaglini-Frank Dr. Alessandro Ramploud

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Indice

1 Introduzione 4

1.1 Il progetto PerContare . . . 4

1.2 L’importanza delle frazioni . . . 4

1.3 Questa tesi . . . 5

2 Di cosa parliamo quando parliamo di frazioni 7 2.1 Significati di frazione . . . 7

2.2 Difficolt`a con le frazioni . . . 11

2.3 La grandezza delle frazioni e il loro ordinamento . . . 13

3 ED curriculum e Measurement approach 17 3.1 Measurement approach . . . 19

3.1.1 Ricostruzione del numero e introduzione alla lunghezza . . . 21

4 La Teoria della Mediazione Semiotica 22 4.1 Gli artefatti . . . 27

4.1.1 La stadera . . . 27

4.1.2 I nastri . . . 29

5 Domande di ricerca 30 6 Metodologia 31 6.1 Design based research . . . 31

6.2 La scrittura argomentativa . . . 33

6.3 La consegna narrativa . . . 34

6.4 La descrizione delle attivit`a in questa tesi . . . 35

7 Le attivit`a progettate 37 7.1 La struttura del percorso didattico . . . 38

7.2 La prima attivit`a . . . 39

(3)

7.3.2 Fase 2.2 . . . 42

7.3.3 Fase 2.3 . . . 44

7.3.4 Fase 2.4 . . . 45

7.4 La terza attivit`a . . . 46

7.4.1 Introduzione all’artefatto . . . 46

7.4.2 Il posizionamento dello zero . . . 47

7.4.3 Fase 3.1 . . . 47

7.4.4 Fase 3.2 . . . 50

7.4.5 Le schede finali e alcune proposte . . . 53

7.5 Analisi a priori . . . 56

7.5.1 Analisi del potenziale semiotico . . . 56

7.5.2 La risposta alle domande di ricerca . . . 60

(4)

Capitolo 1

Introduzione

1.1

Il progetto PerContare

Uno studio condotto nel 2005 mostra che pi`u del 20% dei bambini alla fine della classe quinta primaria risulta positivo ai test usati a livello nazionale per diagnosticare la di-scalculia (Lucangeli, 2005; Lisarelli et al., 2020).

Lewis e Fischer (2016) hanno osservato che i test diagnostici per i disturbi dell’appren-dimento della matematica (Mathematical Learning Disabilities, MLD) non prendono in considerazione tutti quei fattori che possono influenzare l’apprendimento della matema-tica ma che non dipendono da difficolt`a cognitive.

I risultati dei test non sono necessariamente diagnosi di MLD, ma sono sintomo di esperienze fallimentari con la matematica (Lisarelli, Baccaglini-Frank & Poli, 2020; Baccaglini-Frank & Scorza, 2013).

Le buone pratiche didattiche, se efficaci, portano alla riduzione delle difficolt`a e di con-seguenza anche alla riduzione dei falsi positivi nelle diagnosi. Lo scopo del progetto PerContare1`e costruire e mettere a disposizione degli insegnanti e delle scuole, materiali e strumenti didattici per offrire a tutti i bambini strumenti cognitivi appropriati. Il progetto PerContare, nella sua prima fase (2011-2014) rivolta alle classi prima e seconda primaria, ha dato ottimi risultati in questo senso: nelle classi sperimentali c’`e stato un miglioramento nelle prestazioni degli studenti e le diagnosi di discalculia hanno avuto una riduzione del 50% rispetto alle classi di controllo (Baccaglini-Frank & Bussi, 2016).

1.2

L’importanza delle frazioni

L’atteggiamento negativo di molti studenti nei confronti della matematica -che in alcu-ni casi diventa una paura vera e propria e condiziona negativamente il rapporto degli studenti con la materia- non esiste a priori, ma nasce con l’esperienza scolastica e pu`o

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un intervento su MaddMaths2, osserva che l’impatto del rifiuto che deriva dal disagio emotivo nei confronti della matematica `e altissimo. La matematica molto spesso guida le scelte degli studenti: si sceglie o non si sceglie una scuola superiore o un corso univer-sitario in base alla “quantit`a di matematica” prevista.

Le frazioni, che tipicamente vengono introdotte durante la classe terza della scuola primaria, sono uno degli argomenti su cui gli alunni incontrano pi`u difficolt`a (Pinilla, 2005; Robotti et al., 2016). Non sono solo gli studenti italiani a incontrare difficolt`a con questo argomento: le frazioni sono un argomento difficile negli Stati Uniti, nel Regno Unito (Perle et al., 2005; Siegler et al., 2011), ma anche in stati che ottengono punteggi molto alti nei test internazionali, come Cina e Giappone (Liu, Ding, Zong & Zhang, 2014; Yoshida & Sawano, 2002).

A discapito di questo, le frazioni, oltre a essere presenti nella vita quotidiana, sono un argomento molto importante per il percorso scolastico degli studenti. Siegler et al. (2012) ha fatto uno studio su larga scala tra gli studenti degli Stati Uniti e del Regno Unito, da cui `e emerso che la conoscenza delle frazioni e della divisione predice l’andamento matematico degli studenti in maniera molto pi`u accurata di molti altri fattori (come la memoria di lavoro o i risultati ottenuti su altri argomenti matematici).

Inoltre, da uno studio di Duncan (2007) emerge che in matematica, pi`u che in ogni altra materia, il rendimento `e piuttosto stabile nel tempo: “children who start ahead in mathematics generally stay ahead, and children who start behind generally stay behind” (Siegler et al 2012).

Per questi motivi, `e importante rivolgere particolare attenzione alla didattica delle frazioni. D’altra parte, gi`a in passato sono stati rivolti numerosi studi alla didattica delle frazioni, dai quali `e derivata una la letteratura molto ricca e ampia.

1.3

Questa tesi

Questa tesi si inserisce all’interno della seconda fase del progetto PerContare, che si ri-volge alle classi terza e quarta primaria. Il mio lavoro ha riguardato la progettazione di un percorso didattico volto a introdurre i numeri razionali sotto forma di frazioni (ab con a, b ∈ N, b 6= 0).

Le pratiche didattiche descritte in questo lavoro trovano il loro fondamento nella Teoria della Mediazione Semiotica, introdotta da Bartolini Bussi & Mariotti (2008). La teoria della mediazione semiotica consente di sfruttare un artefatto per permettere agli studenti di appropriarsi di un’idea matematica. L’artefatto principale di questo lavoro `e una stadera costruita appositamente che, nelle lezioni progettate durante la mia attivit`a di tesi, viene usata per facilitare l’introduzione del posizionamento delle frazioni sulla retta dei numeri.

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Il Secondo Capitolo di questa tesi presenta una panoramica sulla didattica delle fra-zioni: nella prima parte ho preso in considerazione i vari significati della parola frazione, mentre nella seconda parte mi sono soffermata sulle difficolt`a pi`u frequenti che gli studen-ti incontrano con le frazioni. In parstuden-ticolare, ho approfondito il ruolo del posizionamento delle frazioni sulla retta e della determinazione della loro grandezza.

Nel Terzo Capitolo viene introdotta la Teoria della Mediazione Semiotica e viene descritto l’artefatto stadera.

Nel Quarto capitolo viene descritto il measurement approach, l’approccio che ho usato per introdurre le frazioni.

Nel Quinto Capitolo vengono formulate le domande di ricerca.

Nel Sesto Capitolo vengono descritte le metodologie utilizzate per progettare la sequenza didattica di cui si parla nelle domande di ricerca.

Nel Settimo Capitolo vengono descritte nel dettaglio le attivit`a progettate, e viene effettuata l’analisi a priori delle attivit`a che mi permetter`a di rispondere alle domande di ricerca.

Infine, nelle conclusioni, presenter`o alcune criticit`a e prospettive future di questo lavoro.

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Capitolo 2

Di cosa parliamo quando

parliamo di frazioni

Per progettare una sequenza didattica che sia pi`u inclusiva possibile `e necessario tenere in considerazione le caratteristiche fondamentali dell’argomento che si vuole trattare, e individuare in anticipo le difficolt`a che gli studenti potrebbero incontrare. In questo capitolo analizzer`o le frazioni da un punto di vista didattico e parler`o delle difficolt`a analizzate in letteratura, soffermandomi sugli aspetti che sono stati centrali per questo lavoro.

2.1

Significati di frazione

Il primo aspetto che considerer`o `e il significato che si attribuisce alla parola frazione. Kieren (1976) ha osservato che le frazioni possono assumere significati diversi, che dipen-dono dal contesto in cui vengono considerate. Ogni significato ha delle caratteristiche proprie e delle difficolt`a a cui bisogna fare attenzione. Secondo vari autori come Pinilla (2005), Moss e Case (1999), ogni significato deve essere affrontato con consapevolezza, prestando attenzione nel momento in cui si passa da un significato all’altro.

I diversi significati introdotti da Kieren e poi ripresi successivamente da Behr et al. (1983), Charalambous & Pitta-Pantazi, (2007), sono:

ˆ parte-tutto: il significato fa riferimento alla partizione di un intero, che pu`o essere continuo o discreto;

ˆ rapporto: il significato fa riferimento al confronto tra due quantit`a;

ˆ operatore: la frazione viene vista come una funzione applicata a una quantit`a; ˆ quoziente: la frazione rappresenta una divisione indicata, ma non espressa; ˆ punto su una retta: la frazione `e intesa come numero, rappresentato come distanza

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Nel seguito descriver`o pi`u nel dettaglio i diversi significati citati sopra. In partico-lare, per ogni significato riporter`o le caratteristiche principali, le evidenze fondamentali presenti nella letteratura sugli aspetti cognitivi e le difficolt`a che si presentano pi`u spesso. Frazione come parte-tutto Nella maggioranza dei casi, questo `e il primo significato che lo studente incontra, quello con cui vengono introdotte le frazioni. Per introdurre la frazione mn si considera un intero di riferimento che viene diviso in n parti uguali e, di queste, se ne “considerano” m.

L’intero di riferimento viene specificato di volta in volta, secondo modelli che possono essere continui (come una torta) o discreti (come una manciata di caramelle). La scelta dell’intero `e fondamentale, perch´e le caratteristiche del modello determinano le possibili strategie che i bambini possono applicare per dividerlo in parti uguali: per dividere un intero discreto in n parti uguali si pu`o distribuire un elemento alla volta a ciascuno degli n gruppi, fino all’esaurimento degli elementi dell’intero (come per la distribuzione di un mazzo di carte), cio`e usando la strategia distributiva. Per dividere un intero continuo, invece, bisogna effettuare in anticipo una previsione sulla dimensione delle parti, e poi passare alla divisione dell’intero, cio`e usando la strategia partitiva. La strategia distribu-tiva consente di controllare pi`u facilmente l’uguaglianza delle parti in gioco (Hunting & Davis, 1991), ma con un modello discreto non `e possibile rappresentare tutte le frazioni: posso dividere 6 biglie in 2 o 3, gruppi, ma non in 5. Il modello continuo, invece, non solo permette (in teoria) di rappresentare qualunque frazione, ma d`a un’immagine pi`u immediata dell’intero, in quanto composto da un singolo elemento e non da molteplici elementi di un insieme.

Uno dei motivi per cui le frazioni vengono introdotte a partire dal significato di parte-tutto `e che nei bambini si sviluppano molto presto le capacit`a cognitive che permettono di dividere un intero in parti uguali. Gi`a in et`a prescolare molti bambini sono in grado di partizionare piccole quantit`a o di distribuire i biscotti tra alcune bambole (Hunting & Sharpley, 1991).

Charalambous (2007) ha osservato che per gestire correttamente questo significato, oltre alla capacit`a di partizione, gli studenti devono sviluppare un’idea di embedding, cio`e di considerare le parti come componenti di un intero. In particolare, per rappresentare una frazione come 23, le due parti considerate al numeratore devono essere incluse nella parti che vengono contate per il denominatore. Gli studenti che non hanno sviluppato l’idea di embedding, falliscono nel considerare anche per il denominatore le parti indicate dal numeratore, e invece di rappresentare 23 rappresentano 25.

Una delle difficolt`a connesse al significato di frazione come parte-tutto deriva dal double counting, che `e proprio il metodo con cui spesso viene introdotto tale significato. In questo metodo si conta due volte: al denominatore (“sotto”) si mette il numero di parti in cui `e diviso l’intero, mentre, al numeratore (“sopra”) il numero di parti da conside-rare. Il double counting `e uno dei motivi che porta gli studenti a considerare la frazione composta da due numeri distinti tra loro, impedendo di arrivare a considerarla come un

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me osservato da Lisarelli, Baccaglini-Frank e Poli (2020) nel contesto della parte-tutto pu`o essere problematico, se non privo di senso, considerare pi`u parti di quelle in cui `e stato diviso l’intero. Ricorrere a un secondo intero da dividere crea poca chiarezza sul ruolo del denominatore.

Frazione come rapporto Il significato di frazione come rapporto coinvolge la rela-zione relativa tra due quantit`a. In questo signifiato non `e necessariamente presente un intero, il denominatore e il numeratore hanno un rapporto molto simmetrico tra loro: il rapporto tra le mele rosse e le mele verdi `e 43, mentre il rapporto tra le mele verdi e quelle rosse `e 34. Il numeratore non deve essere incluso nello stesso insieme del denominatore. Con l’uguaglianza di frazioni come rapporti si ottiene una proporzione, in cui spesso si sostituisce la linea centrale con i due punti.

Il rapporto, di solito, `e uno degli ultimi significati ad essere introdotto. Per essere gestito correttamente da parte degli studenti `e necessaro che questi siano consapevoli che c’`e una relazione di invarianza tra le quantit`a in gioco: le due quantit`a cambiano simulta-neamente in modo che il loro rapporto sia invariante. Questo significato `e quello con cui `e pi`u naturale introdurre le frazioni equivalenti.

In letteratura sono presenti numerosi esempi che mostrano come gli studenti fino a 11−12 anni gestiscono con difficolt`a il rapporto tra quantit`a discrete (Piaget & Inhelder, 1975; Noelting, 1980) . Lamon (1999) ha riportato molti casi di studenti che riescono a produr-re frazioni equivalenti in maniera procedurale, ma che poi non riconoscono la produr-relazione di invarianza che le lega.

Il fatto che in questo significato non ci sia pi`u una relazione di embedding tra numeratore e denominatore pu`o complicare il rapporto tra questi due significati: lo stesso disegno rappresenta due frazioni diverse a seconda del significato considerato e quindi del modo di contare utilizzato.

Figura 2.1: La parte azzurra a pois rappresenta 49 della figura. Il rapporto tra la parte azzurra a pois e quella arancio a righe `e 45.

Frazione come quoziente Nel significato di frazione come quoziente, la scrittura ab indica una divisione indicata ma non espressa. La frazione pu`o essere vista come il risultato di una situazione di partizione: il numeratore indica il numero degli oggetti

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e il denominatore il numero delle parti da ottenere. Ad esempio, in questo significato

3

4 pu`o indicare il risultato della divisione di 3 pizze tra 4 persone. Il numeratore e il

denominatore spesso si riferiscono a cose qualitativamente diverse e il loro ruolo `e ben distinto.

Per gestire questo significato gli studenti devono collegare le frazioni e le divisioni, riu-scendo a identificare correttamente il ruolo del dividendo e del divisore. Nell’esempio riportato sopra bisogna cio`e aver ben presente che nel caso di 3 pizze divise tra 4 persone le pizze devono essere divise in 4 pezzi e che ogni persona ne deve prendere 3.

A differenza della parte-tutto, in questo significato non c’`e nessun vincolo sulla dimensio-ne del numeratore rispetto al denominatore, quindi le frazioni improprie non presentano alcuna difficolt`a aggiuntiva: divido 3 stecche di cioccolata tra 4 persone nello stesso modo in cui divido 5 stecche tra 4 persone.

Frazione come operatore In questo significato, la frazione viene considerata come una funzione che si applica a numeri, oggetti o insiemi. La nozione di operatore pu`o avere due interpretazioni: allargare/stringere o moltiplicare/partizionare e a queste due interpretazioni si associano due modi diversi di interpretare la stessa frazione. Nel primo caso, la trasformazione consiste nel cambiare le dimensioni di un numero fisso di oggetti (come per esempio allungare o restringere un segmento). Nel secondo caso `e proprio il numero degli oggetti ad aumentare o diminuire (Charalambous,Pitta-Pattanzi 2007).

Kieren (1976) ha individuato tre strutture cognitive necessarie perch´e gli studenti siano in grado di lavorare con questa interpretazione di frazione: la proporzione, la composizione e le idee di identit`a e inverso. La composizione ha un ruolo di rilievo poich´e la composizione di operatori permette di introdurre molto facilmente la moltiplicazione tra frazioni nell’interpretazione “una parte di una parte dell’intero“ (Behr et al., 1983). Frazione come punto di una retta In questo significato, la frazione viene vista contemporaneamente come numero e come punto di una retta. Il numero dice quanto `e grande la frazione, mentre sulla retta la frazione rappresenta la distanza dallo zero. Per definire la distanza dallo zero, le frazioni unitarie n1 hanno un ruolo importante, perch´e costituiscono l’unit`a “base” che viene usata per contare. In questo modo le altre frazioni sono molteplicit`a di frazioni unitarie. Il numeratore e il denominatore non hanno un ruolo simmetrico: il denominatore indica l’unit`a di misura, mentre il numeratore esprime quante volte essa va ripetuta.

Le frazioni come punto di una retta, nella loro duplice veste di grandezza e distanza dallo zero, sono il contesto naturale per affrontare il confronto e l’ordinamento. Con questo significato si pu`o anche introdurre la somma di frazioni tramite affiancamento di quantit`a sulla retta (Keijzer & Terwel, 2003). Per una corretta gestione di questo significato, gli studenti devono essere consapevoli che l’unit`a frazionaria pu`o essere arbitrariamente piccola. Questo significato, che sembra essere tra i pi`u critici per gli studenti, ha avuto

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2.2

Difficolt`

a con le frazioni

Le difficolt`a legate all’apprendimento delle frazioni sono molteplici. In questa sezione, tratter`o sinteticamente le difficolt`a principali e inizier`o a introdurre alcune scelte che sono state adottate in questo lavoro per prevenirle.

L’uguaglianza delle parti Come mostrato nella precedente sezione, vari significati di frazione richiedono che l’intero sia diviso in parti uguali. L’espressione “dividere l’intero in parti uguali” cela molte ambiguit`a legate al fatto che nel linguaggio comune la parola uguale assomiglia a ci`o che in matematica diremmo congruente. Questa ambiguit`a si manifesta in particolar modo quando si fanno esempi che coinvolgono quantit`a continue come le aree. Se durante il percorso didattico questo aspetto non viene evidenziato adeguatamente, `e possibile che il termine uguale non venga mai distinto dal significato del linguaggio comune. Ci sono infiniti modi di dividere un rettangolo in quattro parti, ma `e molto comune che gli studenti riconoscano che un rettangolo `e stato diviso in parti uguali solo se queste sono congruenti (Pinilla, 2005).

Nel caso delle aree c’`e anche una difficolt`a aggiuntiva: quando vengono introdotte le frazioni, gli studenti non possiedono un’idea matematica di area, ma solo intuitiva (l’area fa parte del programma degli anni successivi); identificare le aree uguali pu`o essere difficile senza gli strumenti adeguati. In molti casi gli studenti sono in grado di misurare due aree per sapere se sono uguali solo se il disegno `e stato fatto su carta quadrettata in modo che sia possibile contare i quadretti.

La difficile misurabilit`a dell’area `e uno dei motivi per cui, come mostrer`o in seguito, in questo lavoro non sono state utilizzate le aree, ma i pesi e le lunghezze.

L’ordine della lettura: un fattore culturale In Italia le frazioni vengono scritte e lette dall’alto verso il basso: 23 si scrive e si legge iniziando dal due per poi passare al tre. Bartolini Bussi, Ramploud e Baccaglini-Frank (2014) hanno osservato che in alcuni Paesi, tra cui la Cina, le frazioni vengono scritte e lette a partire dal denominatore. La lettura dal basso verso l’alto, a differenza di quella inversa, permette di ripercorrere il processo necessario per ottenere la frazione: prima indico in quante parti devo dividere l’intero e poi quante parti devo considerare. Il passaggio dalla lettura dall’alto verso il basso a quella dal basso verso l’alto si `e rivelato molto utile anche per studenti con difficolt`a dell’apprendimento.

In questo lavoro viene introdotta e privilegiata la lettura dal basso verso l’alto: 13 verr`a letto di tre parti, una.

Il bias dei numeri interi Quando gli studenti vengono introdotti alle frazioni hanno gi`a una conoscenza sia intuitiva che scolastica dei numeri interi. Il rapporto tra le frazio-ni e i numeri interi `e complesso. Come sottolineato da Siegler, Thompson & Schneider (2011), quando entrano in gioco le frazioni, gli studenti hanno bisogno di riorganizzare le loro conoscenze relative ai numeri. Nel far questo, spesso vengono generalizzate le ca-ratteristiche sbagliate. Questa generalizzazione d`a origine ad alcuni errori che si possono

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ricondurre all’applicazione di propriet`a dei numeri interi alle frazioni (Ni, Zhou, 2005). Tra questi, in particolare, si menzionano i seguenti:

ˆ Ogni numero intero ha un successore: generalizzare questa propriet`a degli interi alle frazioni porta gli studenti a identificare n+1m come successore di mn.

ˆ I naturali sono un insieme discreto, mentre le frazioni sono un insieme denso. Questo punto `e strettamente collegato al precedente: l’idea di densit`a, cio`e che in mezzo a due frazioni si possa sempre trovarne un’altra, `e evidentemente in contrasto con l’idea di successore. La densit`a delle frazioni e in generale dei razionali, spesso non viene mai acquisita, nemmeno con il passaggio alla rappresentazione come numeri decimali (Siegler et al 2013).

ˆ Moltiplicando un numero per un naturale si ottiene un risultato pi`u grande del valore di partenza (e dividendo pi`u piccolo). Quando questa propriet`a viene ge-neralizzata alle frazioni, ci sono evidenti problemi con le stime dei risultati di moltiplicazioni (e divisioni) (Pinilla, 2005). D’Amore e Pinilla (2001) hanno ri-portato casi in cui l’idea che la moltiplicazione “aumenti” si mantiene fino all’et`a adulta.

ˆ I numeri interi hanno una rappresentazione unica, mentre lo stesso numero pu`o ave-re infinite rappave-resentazioni con le frazioni. Come gi`a citato, le frazioni equivalenti creano numerosi problemi e spesso non vengono riconosciute come rappresentanti dello stesso numero.

Alla luce di ci`o `e fondamentale introdurre le frazioni in modo che, per quanto possibile, la conoscenza dei numeri interi non costituisca un ostacolo, ma vengano evidenziate le caratteristiche comuni.

Altre difficolt`a

- Le procedure delle operazioni tra frazioni spesso sono poco trasparenti per gli stu-denti. In molti casi, anche se riescono a portare a termine le procedure, non sono in grado di spiegare perch´e queste funzionino. La poca trasparenza delle regole delle operazioni fa s`ı che gli studenti si affidino a regole note per i numeri interi o scambino le procedure della somma con quelle della moltiplicazione con risultati come 15 +12 = 27 oppure 23 ×23 = 43 (Lortie-Forgues et al. 2015).

- Gli studenti hanno molta difficolt`a nel ricostruire l’intero a partire dall’immagine di una sua frazione (Pinilla, 2005).

- Le frazioni sono composte da due numeri e una sbarretta centrale. La memoria di lavoro necessaria per operare con le frazioni `e quindi superiore a quella necessaria

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2.3

La grandezza delle frazioni e il loro ordinamento

In questa sezione mi occuper`o di un altro aspetto molto importante della didattica delle frazioni: determinare la grandezza delle frazioni e ordinarle sulla retta.

Il posizionamento sulla retta ha un ruolo centrale in questo lavoro e ne mostrer`o l’im-portanza. Aiutandomi con i risultati delle prove INVALSI (Istituto Nazionale per la VALutazione del Sistema educativo di Istruzione e di formazione) per fare riferimento alla situazione italiana, parler`o anche delle difficolt`a connesse a questi argomenti. Mentre la valutazione della grandezza dei numeri interi avviene automaticamente, per le frazioni non `e cos`ı (Gabriel, Szucs & Content, 2013). Tuttavia l’accuratezza nel de-terminare la grandezza di una frazione `e fondamentale da vari punti di vista. E’ emerso che la possibilit`a di individuare la grandezza delle frazioni predice, meglio di molti altri parametri, i buoni risultati in matematica degli studenti (Siegler, Thompson & Schnei-der, 2011).

Da un punto di vista didattico, essere in grado di individuare la grandezza della frazione permette di mettere in atto un controllo sui risultati ottenuti nelle operazioni. Quando gli studenti si troveranno ad avere a che fare con argomenti matematici pi`u complessi, saranno in grado di effettuare ragionamenti qualitativi.

Il posizionamento sulla linea dei numeri delle frazioni `e strettamente collegato con la stima della loro grandezza. Secondo Siegler et al. (2011) per prevenire errori correlati al bias dei numeri interi `e necessario prestare attenzione allo sviluppo dell’idea di numero e alle caratteristiche che vengono messe in risalto nelle frazioni. Un corretto sviluppo numerico `e connesso al riconoscimento della grandezza delle frazioni e al loro posiziona-mento sulla retta. In particolare, Okamoto e Case (1996) hanno formulato l’ipotesi che ci sia una “linea dei numeri mentale” che guida la struttura concettuale dei numeri interi e che questa linea si possa estendere ad altri numeri, come le frazioni. Secondo loro la “linea mentale”, se viene adeguatamente stimolata, pu`o avere un ruolo primario nelle somme o le sottrazioni con le frazioni. Siegler ha aggiunto che le strategie utilizzate dagli studenti per mettere le frazioni sulla linea hanno un ruolo centrale affinch´e gli studenti riescano a stimare correttamente la loro grandezza.

Attualmente il posizionamento dei numeri sulla retta e la stima della loro grandez-za creano molte difficolt`a negli studenti. Alcuni test standard fatti negli Stati Uniti e nel Regno unito su una popolazione studentesca molto ampia hanno riportato risultati disastrosi per la stima della grandezza delle frazioni o della loro somma (Lortie-Forgues et al. 2015). Per la situazione italiana riporto i risultati di due test INVALSI. A questo quesito (fig 2.2), nonostante le caselle fossero gi`a predisposte, solo il 34,2% degli studenti risponde correttamente. Il 6,2% non risponde.1

Il quesito in figura 2.3 coinvolge il posizionamento delle frazioni e i decimali sulla retta e solo il 10,9% degli intervistati ha risposto correttamente.

Ci possono essere varie motivazioni che spiegano risultati di questo tipo. Una prima cosa da considerare, a livello molto generale, `e lo scarso allenamento degli studenti al

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Figura 2.2: Quesito 12 delle prove INVALSI (1a classe, scuola secondaria di primo grado, anno 2013).

Figura 2.3: Quesito 8 delle prove INVALSI (1a classe, scuola secondaria di primo grado, anno 2011)

posizionamento delle frazioni sulla retta dei numeri: le rappresentazioni delle frazioni nell’ambito del significato parte-tutto sono molto pi`u frequenti nell’insegnamento.

Pi`u nello specifico, sembra mancare il riconoscimento della frazione come numero a tutti gli effetti. La sintassi delle frazioni e alcune scelte didattiche come il double counting contribuiscono a far s`ı che i due numeri (numeratore e denominatore) che costituiscono

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La netta predominanza delle frazioni come parte-tutto e la difficolt`a a riconoscere le frazioni come un numero fanno s`ı che gli studenti non le considerino legittimi abitanti della retta dei numeri.

A proposito dello scarso allenamento degli studenti a posizionare le frazioni sulla retta, riporto un frammento di un’intervista che Fabio Brunelli (ex docente e collaboratore del Gruppo per la Ricerca e Sperimentazione in Didattica della Matematica) ha rivolto a una studentessa di quinta primaria relativamente al seguente quesito INVALSI riportato in figura 2.4. La studentessa ha risposto correttamente e sul foglio ha fatto la

rappre-Figura 2.4: Quesito 25 delle prove INVALSI (5a classe, scuola primaria, anno 2016)

sentazione grafica delle frazioni 12 e 105 come parte-tutto usando sia un cerchio che un rettangolo. L’intervistatore le chiede di posizionare la frazione sulla retta dei numeri e disegna su un foglio una porzione della linea dei numeri segnando 0, 1 e 2.

F: Un mezzo dove lo metteresti?

C: Qui. (indica a colpo sicuro il punto centrale tra 1 e 2) F: E 105 ?

C: (pausa) Qua non.. (fa un gesto con la mano che indica la lunghezza della retta dise-gnata)

F: Non ci sta qua? Ci vuole pi`u a destra? C: (annuisce)

F: Allora 105 non `e uguale a un mezzo? C: `E la met`a, s`ı, 5 `e la met`a di 10.

Caterina, nonostante identifichi le frazioni come “la stessa cosa” tramite una rappre-sentazione con un cerchio o un rettangolo, non le mette sullo stesso punto della retta. La frazione 12 riguarda i numeri 1 e 2, mentre 105 i numeri 5 e 10. Numeratore e denomi-natore sono considerati separatamente e per lei la frazione non corrisponde a un numero da posizionare sulla retta.

Lisarelli (2020) osserva che per vedere le frazioni come un numero `e necessario inibire la loro rappresentazione come numeri distinti, un compito non semplice, soprattutto se si

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considera il caso degli studenti con discalculia.

Vista l’importanza del posizionamento delle frazioni sulla retta dei numeri, lo scopo centrale delle lezioni che sono state programmate in questo lavoro di tesi `e quello di introdurre il passaggio da frazioni come parte-tutto, a frazioni sulla retta, con l’obiettivo di farlo nel modo pi`u efficace possibile.

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Capitolo 3

ED curriculum e Measurement

approach

Alcune scelte che sono state fatte per la progettazione didattica delle lezioni di questa tesi si ispirano al lavoro di Vasilij Vasilovich Davydov (1930-1998). In questo capitolo illustrer`o i punti principali del suo lavoro connessi alla didattica della matematica e in particolare all’introduzione delle frazioni utilizzando la misura.

Davydov era uno psicologo ed educatore russo allievo di L. Vygotsky. Negli anni Ses-santa e Settanta, in Russia, insieme al suo collega El’konin svilupp`o e speriment`o un curriculum matematico (El’konin-Davydov curriculum, da cui ED). Uno dei principi che hanno ispirato questo curriculum `e la logica dialettica, in contrapposizione alla teoria empirica della generalizzazione: quest’ultima si pu`o riassumere come la didattica fatta per accumulazione di esempi e casi (Davydov, 1979).

Secondo Davydov (1979) la presentazione di troppi casi o esempi oscura le propriet`a fondamentali del concetto o della materia trattata:

“non di rado si rileva una differenza velata, non estrinsecata, tra le propriet`a non essenziali, solo formalmente simili e quelle generali contenutistiche degli oggetti che si studiano[...] L’identificazione degli attributi esteriori di ricono-scimento con il contenuto del concetto (questa `e la tipica conseguenza dell’o-rientamento strettamente sensistico) conduce a far s`ı che le sue vere origini e premesse oggettive non vengano scoperte nell’insegnamento” pp 164-165 (ibid.).

Questa problematica secondo Davydov (ibid.) non si presenta solo per la matema-tica, ma anche per tutte le altre materie, come la grammatica e la storia. Al contrario, appoggiandosi alla logica dialettica, il curriculum ED ha lo scopo di introdurre alcuni concetti generali che possano essere dei contenitori per le idee successive. In particola-re, parlando della didattica della matematica Davydov si scaglia contro la tendenza di “liberarsi quanto prima dell’introduzione al numero”(ibid.) passando subito a trattare i naturali. Secondo Davydov non introdurre adeguatamente l’idea generica di numero

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crea grosse difficolt`a. Queste difficolt`a si presenteranno ogni volta che viene introdotto un nuovo insieme numerico (ad esempio le frazioni o i reali) perch´e gli studenti non hanno un’idea solida di numero, che possa raccoglierne le propriet`a fondamentali (ibid.). L’osservazione di Siegler et al. (2011) sul rapporto tra la conoscenza tra numeri naturali e frazioni si inserisce perfettamente in questo contesto: il bias dei numeri interi non nasce da uno scontro ontologico tra numeri interi e frazioni, ma dalla scelta sbagliata delle propriet`a da generalizzare.

Secondo Davydov `e fondamentale che ci sia un’idea di quantit`a precedente all’idea di nu-mero. La quantit`a, in questo caso, `e una qualunque caratteristica che rende confrontabili gli elementi di un insieme (Davydov, 1975). La fase pre-numerica del curriculum dura gran parte del primo anno, durante il quale emerge il concetto di quantit`a attraverso l’identificazione di caratteristiche diverse come peso, volume o lunghezza. Davydov nota che a quantit`a diverse si associano modi di misurare diversi: le lunghezze possono essere misurate per sovrapposizione, i pesi no (ibid.).

Nel curriculum ED i numeri non sono considerati “per contare” oggetti separati, ma “per misurare”, e la misura `e centrale sia nell’introduzione degli interi che delle frazioni:

“In forma di numero, ossia nelle unit`a di un insieme standard si fissa il rap-porto di una grandezza verso qualsiasi altra presa come misura” (Davydov, 1975 p.144).

In questo senso, il numero non emerge contando oggetti singoli, ma come misura di quantit`a continue, attraverso un’unit`a di misura che non `e fissa, ma pu`o essere cambiata di volta in volta. Contare gli oggetti di un insieme in questo modo sar`a un caso partico-lare di misura, in cui l’unit`a di misura coincide con l’oggetto fisico. Nella curriculum ED i numeri vengono introdotti solo nella seconda parte del primo anno di scuola. Al fine di scoprire “premesse oggettive” (ibid.) dei concetti matematici, il curriculum ED `e strut-turato in modo che, con la mediazione di alcuni strumenti, i bambini ricostruiscano le idee matematiche: il concetto matematico deve risultare come una naturale conseguenza dell’obiettivo da ottenere. L’attivit`a con cui nel curriculum ED vengono introdotti i numeri naturali `e stata in parte ripresa nella prima fase del progetto PerContare, in cui si inserisce questa tesi, e verr`a illustrata in seguito nel paragrafo 3.1.1.

Subito dopo aver introdotto i numeri nel curriculum ED viene presentata la relazio-ne tra la grandezza dell’unit`a di misura e la misura stessa: all’aumentare dell’unit`a di misura il numero che si ottiene dalla divisione tra la quantit`a e l’unit`a di misura dimi-nuisce. Ovviamente questa relazione potr`a essere riutilizzata per le frazioni, in cui la proporzionalit`a inversa tra il denominatore e la grandezza della frazione resta un punto non ovvio per molti studenti. Le frazioni vengono introdotte rovesciando il processo iniziale e introducendo le unit`a frazionarie come strumento di misura, in continuit`a a quanto fatto con gli interi. L’introduzione delle frazioni grazie alla misura `e stata ripresa in varie sperimentazioni, e prende il nome di measurement approach.

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3.1

Measurement approach

Dopo la fine della Guerra Fredda il curriculum ED `e stato tradotto in inglese ed `e stato utilizzato per introdurre le frazioni, ponendosi come una possibile alternativa al double counting. In questa sezione approfondir`o il measurement approach, sia da un punto di vista teorico, che ripercorrendo le sperimentazioni passate e i risultati che ne sono de-rivati. Le frazioni vengono introdotte in modo omogeneo rispetto all’introduzione dei numeri interi. Le frazioni si ottengono misurando quantit`a che non sono multipli esatti dell’unit`a di misura; in questo modo c’`e un passaggio dall’oggetto, che non viene pi`u partizionato, alla sua misura che, rispetto all’unit`a di misura scelta, pu`o non essere mul-tipla, ma una frazione.

Con il measurement approach, le frazioni possono essere introdotte all’interno del significato parte-tutto: in questo caso l’intero non `e costituito dall’oggetto fisico bens`ı dall’unit`a di misura che sto considerando. Non si “prende” una parte dell’oggetto diviso, ma si “misura” una quantit`a inferiore all’unit`a di misura (Simon et al., 2018).

`

E molto importante specificare sempre l’unit`a di misura a cui sto facendo riferimento. La frazione rappresenta sempre la misura di una quantit`a in relazione all’unit`a di misura scelta. Non specificando l’unit`a di misura la frazione non sarebbe pi`u la misura di una quantit`a univoca e si creerebbero delle ambiguit`a: considerando le lunghezze, ad esem-pio, la stessa quantit`a pu`o misurare 12 di una prima unit`a di misura o 14 di un’unit`a di misura lunga il doppio.

Identificare la quantit`a misurabile non deve passare in secondo piano: Pinilla (2005) osserva che spesso, nell’usare modelli concreti, non si specifica quale caratteristica ci interessa considerare. Basandoci sul measurement approach, la quantit`a deve essere ben specificata perch´e da quella dipende il tipo di unit`a di misura da usare: prima `e neces-sario identificare le caratteristiche misurabili in oggetti o situazioni e poi si passa a una fase di misura e confronto.

Dai vari studi `e emerso che `e molto importante utilizzare misure di quantit`a continue. Secondo Davydov (1979) la continuit`a dell’intero nella fase iniziale `e fondamentale per sottolineare che la quantit`a dipende dall’unit`a di misura. In pi`u, un intero continuo rende possibile (almeno in teoria) la partizioni in parti sempre pi`u piccole in modo da non costituire un ostacolo per lo sviluppo dell’idea di densit`a. Per introdurre la densit`a utilizzando misure discrete sarebbe necessario passare da una misura che corrisponda al contare gli oggetti, alla partizione degli oggetti stessi: se, per esempio, dovessi stabilire che l’unit`a di misura corrisponde a 3 biscotti, potrei identificare 13 dell’unit`a di misura con un biscotto, ma 16 richiede di dividere il biscotto a met`a, cio`e tornare nuovamente alla divisione degli oggetti.

La continuit`a permette agli studenti di sviluppare anche un’idea intuitiva di rapporto tra quantit`a: ho gi`a parlato della difficolt`a a stabilire il rapporto tra insiemi rappresentati da elementi discreti, tuttavia Jeong et al. (2007) ha mostrato che confrontare quantit`a continue rende pi`u gestibile un riconoscimento intuitivo di rapporti costanti.

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Un altro vantaggio del measurement approach `e emerso dalle sperimentazioni che lo hanno impiegato utilizzando quantit`a continue e confrontabili con un semplice “affian-camento” come le lunghezze o la misura di un liquido in un cilindro. Lavorare con quantit`a unidimensionali e continue rende pi`u semplice il passaggio fondamentale da parte-tutto alla retta dei numeri. Moss e Case (1999) hanno avuto ottimi risultati intro-ducendo i razionali usando un becher di acqua, sfruttando il paragone tra la retta dei numeri interi da 0 a 100 e le percentuali.

Un’altra difficolt`a che il measurement approach e il posizionamento delle frazioni sulla retta possono prevenire `e quella relativa alle frazioni improprie. Dato che l’intero non `e rappresentato da un oggetto ma dall’unit`a di misura, la frazione impropria si otterr`a misurando una quantit`a superiore all’unit`a di misura stessa, non necessariamente mul-tipla: se l’unit`a frazionaria che sto usando `e n1, per raggiungere la misura si ripeter`a questa unit`a frazionaria per un numero di volte maggiore di n. Sulla linea dei numeri il posizionamento delle frazioni improprie potr`a essere fatto allo stesso modo, dato che le frazioni improprie si troveranno sul naturale prolungamento del segmento [0, 1] sulla retta dei numeri (Tzur, 1999).

In definitiva, il measurement approach pu`o aiutare a prevenire il bias dei numeri inte-ri, generalizzando gli aspetti comuni tra naturali e frazioni, e contemporaneamente pu`o favorire il passaggio fondamentale da parte-tutto a frazioni come punto della retta dei numeri, con tutti i vantaggi gi`a mostrati nel capitolo precedente.

Adesso descriver`o brevemente alcune delle sperimentazioni che hanno usato il mea-surement approach:

ˆ Moss e Case (1999) hanno implementato un curriculum che ribalta alcuni dei tra-dizionali capisaldi delle frazioni, ma che ha avuto ottimi risultati. Nella loro spe-rimentazione, composta da una decina di lezioni, i numeri razionali vengono intro-dotti come percentuale invece che con un approccio pi`u standard. Lo strumento fondamentale in questa sperimentazione `e l’altezza del livello dell’acqua in un be-cher che viene associata alla retta dei numeri da 0 a 100 e successivamente alle percentuali.

ˆ Alle Hawaii `e in corso la sperimentazione “Measure Up”, che si basa per intero sul curriculum di El’konin Davydov (Venenciano, 2016).

ˆ All’interno del progetto “Learning Through Activity” `e stata disegnata una speri-mentazione che propone l’invenzione delle frazioni attraverso la misura di quantit`a lineari, proponendo attivit`a ispirate al curriculum di Davydov con il supporto di un software (Simon et al., 2018).

ˆ Bobos e Sierpinska (2017) hanno sviluppato un ciclo di lezioni basate sul measu-rement approach con lo scopo di aumentare la conoscenza delle frazioni nei futuri insegnanti elementari.

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3.1.1 Ricostruzione del numero e introduzione alla lunghezza

L’idea quantit`a antecedente al numero, che permette di introdurre il numero per mi-surare, `e stata di particolare interesse per il progetto PerContare. Gli studenti a cui `e rivolto il progetto hanno gi`a affrontato i numeri naturali negli anni scolastici precedenti. L’attivit`a che riporto qui, ha l’obiettivo di iniziare a cambiare il ruolo dei numeri interi: da numero per contare a numero per misurare quantit`a continue.

Alcune caratteristiche di questa attivit`a saranno utili per precisare il contesto che ho considerato per il design del percorso didattico sulle frazioni.

In classe saranno presenti alcune strisce di cartoncino denominate Modulo A (1m), Modulo B (60cm) e Modulo C (40cm). I moduli sono disposti su un tavolo. La classe viene divisa in piccoli gruppi e a ogni gruppo viene assegnato un modulo. Il compito degli studenti `e tagliare una striscia da un rotolo di carta della stessa lunghezza del mo-dulo assegnato. Il rotolo di carta si trova su un altro tavolo e non pu`o essere avvicinato al modulo.

Per tagliare la striscia i gruppi di studenti hanno a disposizione vari oggetti che possono essere usati in modi diversi come “matrice” nelle varie fasi dell’attivit`a. Tra questi og-getti ci sono, in momenti diversi, un rotolo di spago e una cannuccia.

Mentre lo spago pu`o essere tagliato della lunghezza desiderata, le cannucce devono assu-mere il ruolo di unit`a di misura da ripetere pi`u volte per misurare il modulo e riportare la misura sul rotolo di carta.

In una seconda fase del ciclo di attivit`a, le lunghezze dei moduli vengono confrontate e si stabiliscono delle disuguaglianze tra loro.

In questa attivit`a gli studenti vengono introdotti alla quantit`a lunghezza, che `e l’at-tributo dei moduli da trasportare (e riportare) sulla striscia di carta con l’aiuto di altri strumenti e, successivamente, la quantit`a da confrontare. Con un esperimento molto simile Davydov (1979) intendeva riprodurre l’origine del numero. I numeri emergono come una necessit`a per riprodurre una lunghezza da un luogo all’altro (Bass, 2018). In queste lezioni, come nelle attivit`a proposte da Davydov, le quantit`a sono indicate da una lettera (A, B, C).

Le quantit`a misurabili che verranno utilizzate nelle lezioni descritte in questo lavoro sono: in una prima fase la quantit`a lunghezza, con l’aiuto di nastri colorati, e successi-vamente la quantit`a peso. Per misurare la quantit`a peso e riportarla su una dimensione unidimensionale che permetta di collegarsi alla linea dei numeri `e stata utilizzata la stadera.

Nelle attivit`a sulle frazioni le lettere A, B, C continueranno a indicare le lunghezze dei moduli. Le quantit`a peso, come le quantit`a lunghezza, verranno indicate con lettere. Nel prossimo capitolo introdurr`o il quadro teorico: la Teoria della Mediazione Se-miotica. La Teoria della Mediazione Semiotica permette di analizzare il possibile ruolo di un artefatto per veicolare saperi matematici in un contesto classe.

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Capitolo 4

La Teoria della Mediazione

Semiotica

La Teoria della Mediazione Semiotica `e stata introdotta da Bartolini Bussi e Mariotti (2008) a partire dall’idea di mediazione semiotica di Vygotsky. Questa teoria permette di descrivere il processo che inizia con l’utilizzo di uno strumento in classe e termina con l’appropriazione, da parte degli studenti, di un concetto matematico. Tale modello si adatta a qualsiasi tipo di artefatto, considerando il suo potenziale semiotico rispetto a un contenuto matematico. Riassumer`o gli aspetti principali della mediazione semiotica basandomi principalmente sul lavoro di Bartolini Bussi e Mariotti (2008) e introdurr`o l’artefatto centrale di questa tesi: la stadera.

Artefatto e strumento Rabardel ha introdotto la distinzione tra artefatto e stru-mento nell’ambito dell’ergonomia cognitiva (Rabardel & Beguin, 2005). I suoi studi non sono perfettamente adeguati per spiegare i meccanismi dell’uso di uno strumento nel contesto scolastico, ma sono stati utilizzati come base teorica per studiare i processi cognitivi relativi all’uso di un artefatto in classe.

La distinzione tra artefatto e strumento sta alla base dell’approccio strumentale di Rabardel. Per artefatto si intende l’oggetto di per s´e, mentre lo strumento

“consists of two types of entities: a physical or symbolic artifact produced by the subject or others, and one or more associated utilization schemes, resulting from an autonomous construction specific to the subject or from an appropriation of social utilization schemes already formed outside of him” (ibid.).

Gli schemi d’uso si sviluppano durante lo svolgersi di un compito e quindi lo strumento associa all’oggetto fisico una dimensione personale e dipendente dal contesto. L’artefatto pu`o avere diversi status strumentali, che dipendono dal soggetto e dalle circostanze. Dato

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ˆ strumentazione, che `e relativa alla comparsa e allo sviluppo degli schemi d’uso; ˆ strumentalizzazione, che `e relativa alla comparsa e allo sviluppo delle

compo-nenti dell’artefatto e alle sue modifiche anche progressive durante l’uso.

La strumentalizzazione pu`o avvenire a livelli diversi, pu`o essere momentanea o perma-nente e pu`o coinvolgere o meno la modifica fisica dell’artefatto. Con la strumentazione possono emergere schemi d’uso che coincidono o meno con gli obiettivi per cui `e stato disegnato l’artefatto: se l’artefatto ha delle caratteristiche consone pu`o avvenire un pro-cesso di assimilazione di alcuni artefatti a uno schema d’uso. Rabardel teorizza che l’uso dello strumento non `e mai neutro, ma induce la nascita e la riorganizzazione di alcune strutture cognitive.

Il contributo di Vygotsky Nella teoria di L.Vygotsky, lo sviluppo cognitivo umano si ottiene dall’intreccio di due linee che danno origine all’attivit`a mentale umana: quella naturale e quella sociale/culturale.

In particolare, le funzioni psichiche superiori provengono da quella sociale e culturale e quindi, interessandoci lo sviluppo cognitivo dei bambini in et`a scolastica, `e interessante prendere in considerazione gli effetti delle influenze sociali e culturali. Vygotsky ha introdotto due concetti fondamentali: la zona di sviluppo prossimale e il processo di interiorizzazione. La zona di sviluppo prossimale, che `e prerogativa degli esseri umani, `e:

“la distanza tra il livello reale di sviluppo del soggetto determinato dalla capacit`a di risolvere da solo il problema e il livello di sviluppo potenziale determinato dalla capacit`a di risolvere il problema sotto la guida di un adulto o in collaborazione con un suo coetaneo pi`u capace.” (Vygotsky, 1978 in Bartolini Bussi & Mariotti, 2009).

Quindi lo sviluppo avviene attraverso la cooperazione tra un soggetto meno esperto e uno pi`u esperto per risolvere un problema o raggiungere un obiettivo. L’interiorizzazione viene definita da Vygotsky come la ricostruzione interna di un’operazione esterna: lo sviluppo avviene attraverso la ricostruzione delle esperienze sociali esterne sotto forma di conoscenza individuale. I processi esterni vengono trasferiti all’interno per creare le funzioni psichiche superiori:

“Ogni processo interno superiore `e sempre stato esterno, cio`e `e stato per gli altri ci`o che `e ora per il soggetto. Ogni funzione psichica superiore necessaria-mente attraversa un passaggio esterno nel suo sviluppo perch´e inizialmente `e una funzione sociale” (Vygotsky, 1981) in (Bartolini Bussi e Mariotti, 2009). Per Vigotsky il processo esterno `e sociale e quindi provvisto di un aspetto comunicativo che si basa su segni, mentre l’interiorizzazione `e diretta da processi semiotici. I segni generati durante il processo di interiorizzazione sono considerati da Vygotsky come co-strutti mentali che supportano le attivit`a cognitive permettendo di dirigere, controllare e comunicare le azioni compiute (anche per mezzo di un artefatto).

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La produzione di segni sviluppa le funzioni psichiche superiori e l’uso dei segni cambia in funzione del ruolo che devono avere nell’attivit`a.

Il processo di interiorizzazione va considerato concluso quando chi impara riesce a portare a termine autonomamente il compito. In questo modo la zona di sviluppo pros-simale si sposta pi`u avanti.

In questo contesto si pu`o creare un’analogia tra i segni e gli artefatti come mediatori di attivit`a. In particolare Vygotsky dice:

“L’invenzione e l’utilizzo dei segni come mezzi ausiliari per la risoluzione di un problema dato (ricordare, confrontare qualcosa, scegliere e cos`ı via), sono analoghe all’invenzione e all’utilizzo di strumenti sotto il profilo psi-cologico. I segni hanno funzione di strumento durante l’attivit`a psicologica, analogamente al ruolo di un utensile nel lavoro” (Vygotsky, 1978).

Quindi i segni prodotti nel processo di interiorizzazione sono mezzi per supportare e sviluppare le attivit`a mentali, nello stesso modo in cui gli artefatti supportano le attivit`a pratiche. Vygotsky ha incluso anche i segni matematici tra gli strumenti psicologici: sono rappresentazioni esterne di concetti mentali astratti e svolgono la funzione di renderli “tangibili”. Bartolini Bussi e Mariotti (2009) hanno osservato che l’asimmetria dei ruoli della definizione di zona di sviluppo prossimale ben si adatta al contesto classe nella quale l’insegnante ha il ruolo di soggetto pi`u esperto, e contemporaneamente mette in luce l’esigenza di adattare l’insegnamento alle potenzialit`a dell’allievo.

La teoria della mediazione semiotica Per specificare precisamente cosa si intende con il temine mediazione nella teoria della mediazione semiotica si fa riferimento alla definizione di Hasan (2002).

Il sostantivo mediazione deriva dal verbo mediare, che si riferisce ad un processo con una complessa struttura semantica, che include i seguenti partecipanti e circostanze che sono potenzialmente rilevanti in questo processo:

ˆ qualcuno che media, il mediatore;

ˆ qualcosa che viene mediato, il contenuto/forza/energia rilasciato dalla mediazione;

ˆ qualcuno/qualcosa soggetto alla mediazione, il ricevente a cui la media-zione apporta qualche differenza;

ˆ la circostanza della mediazione; ˆ i mezzi della mediazione, la modalit`a;

ˆ il luogo, il sito in cui la mediazione pu`o avvenire. (Hasan, 2002) in (Bartolini Bussi e Mariotti, 2009).

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model-ˆ da un lato si ha la relazione tra l’artefatto e la conoscenza matematica da mediare, che si esprime attraverso segni matematici che sono culturalmente determinati, condivisi dalla comunit`a scientifica;

ˆ dall’altro lato, si ha una produzione (spontanea o su richiesta) di segni che possono essere scritti, ma anche verbali o gestuali, che collegano l’artefatto al compito da svolgere.

In questo modo, l’artefatto ha un ruolo centrale in due sistemi di segni che a priori sono paralleli. Il collegamento tra questi non `e evidente, ma `e molto importante dal punto di vista educativo. Riprendendo Mariotti e Bartolini Bussi (2009):

“A causa di questa doppia relazione, l’artefatto pu`o funzionare come un me-diatore semiotico e non semplicemente come un meme-diatore, ma tale funzione di mediazione semiotica non `e attivata automaticamente. Noi sosteniamo che la funzione di mediazione semiotica di un artefatto possa essere utilizzata da un esperto (in particolare l’insegnante) che sia consapevole del potenziale se-miotico dell’artefatto sia in termini di significati matematici sia in termini di significati personali”.

E’ importante sottolineare che questo collegamento non `e automatico, ma deve essere guidato dall’insegnante. Quando un artefatto viene usato intenzionalmente per mediare un contenuto matematico attraverso un intervento pianificato, l’artefatto diventa uno strumento di mediazione semiotica e l’insegnante assume il ruolo di mediatore cultura-le. Si definisce potenziale semiotico dell’artefatto la duplice relazione semiotica tra i significati connessi all’uso dell’artefatto, anche al fine della risoluzione di un compito, e i significati matematici connessi (agli occhi dell’esperto) all’uso dell’artefatto. Questa relazione rende l’artefatto uno strumento di mediazione semiotica e l’insegnante si pone come mediatore. Dato che questa relazione non si attiva automaticamente, per realizza-re in pieno il potenziale semiotico dell’artefatto `e necessario concentrarsi sul complesso sistema di relazioni tra consegna, artefatto e sapere matematico, che indicheremo trian-golo del potenziale semiotico.

L’intervento in classe deve essere preparato da parte dell’insegnante e segue un ciclo didattico composto da tre fasi:

- l’attivit`a con l’artefatto, durante la quale gli studenti si relazionano all’artefatto per svolgere la consegna;

- la produzione individuale di segni, durante la quale gli studenti devono produrre segni soprattutto scritti relativi all’attivit`a svolta;

- la produzione collettiva di segni, che deve essere guidata dall’insegnante e accom-pagna gli studenti in un percorso volto a correlare l’esperienza personale con il sapere matematico.

Queste attivit`a costituiscono un ciclo che pu`o essere ripetuto pi`u volte anche con lo stesso artefatto e, cambiando le consegne, si possono ottenere segni diversi e un progressivo

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Figura 4.1: In verde il triangolo del potenziale semiotico

collegamento tra i sistemi semiotici. Durante questi cicli si otterr`a una produzione di segni di tipo diverso: i segni situati, che sono i segni che si producono in relazione all’artefatto e all’attivit`a svolta con questo, i segni matematici, che sono collegati a significati matematici culturalmente condivisi, e infine i segni pivot. I segni pivot sono i segni che svolgono la funzione di tramite e che possono essere riferiti sia all’attivit`a con l’artefatto che al sapere matematico. Questi segnano una generalizzazione e possono essere usati come perno del passaggio dal contesto dell’artefatto a quello matematico.

Il fatto che l’artefatto possa divenire uno strumento di mediazione semiotica tra il sapere matematico e quello connesso all’uso dell’artefatto fa s`ı che sia possibile ripercor-rere la storia dell’artefatto in modo da individuare gli snodi che hanno contribuito allo sviluppo del sapere matematico condiviso.

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4.1

Gli artefatti

4.1.1 La stadera

La stadera `e un tipo di bilancia a bracci diseguali che si basa sul principio della leva.

Figura 4.2: Stadera romana rinvenuta a Pompei

Il primo uso di uno strumento simile alla stadera risale al 5000 a.C. in India. Varie prove di utilizzo di leve a bracci diversi sono state rinvenute in medioriente, risalenti ad epoche successive. In particolare, le leve di questo tipo venivano sfruttate per prelevare l’acqua dai pozzi (Paipetis & Ceccarelli, 2010).

La nascita delle prime bilance a bracci uguali risale al 3000 a.C. in Egitto. Le bilance di questo tipo hanno permesso di concettualizzare il peso come attributo quantitativo di un oggetto e quindi lo hanno reso confrontabile, rendendo possibile anche lo sviluppo dell’economia monetaria (B¨uttner, 2013). La stadera intesa come bilancia a bracci dise-guali ha origine pi`u incerta, probabilmente nasce in Grecia, ma non abbiamo reperti di questo strumento. La prima testimonianza di una bilancia di questo tipo si trova ne La Pace di Aristofane, andato in scena per la prima volta nel 421 a.C., in cui viene proposto a un fabbricante di trombe da guerra di trasformarne una in una stadera per pesare i fichi secchi. Successivamente questo strumento `e stato perfezionato dai romani, che ne facevano largo uso (B¨uttner, 2013).

La stadera `e un esempio di uno strumento in cui la tecnologia `e antecedente alla teoria: gli artigiani erano perfettamente in grado di calibrare strumenti efficaci anche senza essere a conoscenza del principio della leva (Schiefsky, 2009). Il primo accenno a una spiegazione fisica si trova nelle Questioni meccaniche, testo attribuito a Aristotele o a un suo allievo nel 300 a.C. circa. Per avere una dimostrazione e una formulazione precisa del principio della leva bisogner`a aspettare ancora mezzo secolo con l’Equilibrio dei piani di Archimede. Se il passaggio dalla leva usata come strumento di sollevamento alla

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bilancia a bracci uguali ha segnato il passaggio tra un uso qualitativo e uno quantitativo delle leve, e ha permesso di concettualizzare il peso, anche il passaggio dalla bilancia a due piatti alla stadera segna una cesura. Per conoscere il peso dell’oggetto con una bilancia a due piatti era necessario possedere un set di contrappesi di riferimento, mentre la stadera permette di trasformare la quantit`a “peso” nella quantit`a “lunghezza”. Inoltre, l’insieme dei pesi “misurabili” attraverso un set di pesetti risulta finito e discreto, mentre con la stadera si pu`o misurare una quantit`a continua. Il confronto tra due oggetti con la bilancia a due piatti `e immediato, mentre nella stadera questo confronto `e mediato dal confronto delle lunghezze dei bracci nel punto di equilibrio per le pesate.

La stadera per le frazioni

In questo lavoro ho costruito una stadera con il braccio di legno, il piatto `e fatto da un sottovaso e il romano `e costituito da un cilindro di legno. La stadera che ho costruito ha una portata di circa 200g e lo zero si trova a circa 10cm dal perno. Il braccio `e complessivamente lungo 1m. Il romano ha un peso di circa 60g.

Figura 4.3: L’artefatto utilizzato

In fase di strumentazione ho apportato alcune modifiche alla stadera “storica” in modo che potesse adattarsi allo scopo delle lezioni ed essere facilmente utilizzabile da studenti di terza primaria.

Sul braccio non ci sono le tacche, ma `e liscio. Una striscia di nastro adesivo di carta `e stata attaccata sul braccio. Sul nastro adesivo `e possibile scrivere e il nastro si pu`o cambiare all’occorrenza. Dato che la stadera non ha tacche sul braccio, la determina-zione del peso non viene fatta riportandosi al sistema di misura internazionale e non c’`e

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completamente dal braccio. Non `e indicato lo zero in corrispondenza del punto in cui, con il piatto vuoto, il braccio sta in equilibrio orizzontale.

Sono stati adottati alcuni accorgimenti per rendere l’artefatto pi`u semplice da uti-lizzare per dei bambini. In particolare perno della stadera `e costituito da un bullone inserito in un foro nel braccio; tra la filettatura del bullone e il legno del braccio c’`e attrito sufficiente per mantenere l’equilibrio anche con il braccio in posizione non perfet-tamente orizzontale. Grazie a questa modifica `e pi`u facile, anche per studenti di terza primaria, gestire l’artefatto: in un intorno del punto di equilibrio con il braccio oriz-zontale c’`e una zona in cui si pu`o avere l’equilibrio con il braccio leggermente piegato. Questo permette agli studenti di poter spostare il romano pian piano valutando via via l’orizzontalit`a del braccio.

Nelle attivit`a ho fatto in modo che la stadera fosse sempre posizionata in modo che, dal punto di vista degli studenti, il piatto fosse a sinistra e il braccio a destra.

Ci sono due tipi di modi di pesare con una stadera di questo tipo che corrispondono a schemi d’uso diversi:

ˆ la pesatura che corrisponde all’azione di pesare un oggetto. Per far questo si crea un segno sul braccio della stadera che corrisponde alla posizione del romano quando l’oggetto `e sul piatto e il braccio si trova in posizione di equilibrio orizzontale; ˆ la quantificazione a peso che corrisponde alle determinazione di una quantit`a di

un oggetto o di un materiale corrispondente a un peso dato. In questo caso il segno sulla bilancia `e precedente e si cerca un oggetto che, posto sul piatto, porta il braccio in orizzontale con il romano sul segno predeterminato.

4.1.2 I nastri

Nelle lezioni disegnate oltre alla stadera `e previsto l’uso di un altro artefatto: nastri da regalo di colori e spessori diversi.

I nastri di questo tipo sono stati preferiti ad altri artefatti simili (come ad esempio lo spago o dei fili comuni) perch`e piegandoli si pu`o facilmente lasciare una sorta di “piega morta” che costituisce un segno su cui poter tagliare. Ho valutato che questo dettaglio potesse aiutare gli studenti dell’et`a considerata a fare dei tagli pi`u precisi.

Nel prossimo capitolo formuler`o le domande di ricerca e poi passer`o a descrivere gli aspetti metodologici con cui sono state progettate le lezioni.

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Capitolo 5

Domande di ricerca

Dallo studio della letteratura e dalle riflessioni teoriche introdotte `e stata formulata l’ipotesi che i nastri e la stadera potessero essere utilizzati come artefatti per introdurre i numeri razionali sotto forma di frazioni in una classe terza primaria. Sulla base di queste ipotesi sono state formulate le seguenti domande di ricerca:

1. Come pu`o essere progettata una sequenza didattica che propone l’uso di na-stri e della stadera come artefatti attraverso cui iniziare a costruire i significati matematici relativi alla frazione come quantit`a (lunghezza o peso)?

2. Come pu`o essere progettata una sequenza didattica che propone l’uso della stadera come artefatto attraverso cui iniziare a costruire i significati matematici relativi alla frazione come parte-tutto, alla frazione come punto della retta dei numeri, e al passaggio tra tali due significati?

Per rispondere alle precedenti domande mi sono posta i seguenti obiettivi:

ˆ costruire una sequenza didattica attraverso la quale vengono introdotte le frazioni come quantit`a utilizzando nastri e la stadera;

ˆ effettuare un’analisi a priori del potenziale semiotico delle consegne delle diverse attivit`a.

(31)

Capitolo 6

Metodologia

6.1

Design based research

La metodologia utilizzata per lo sviluppo del progetto PerContare, quindi anche di que-sto lavoro, `e la design based research.

Per introdurre questa metodologia mi rifaccio al lavoro di Gravemeijer e Cobb (2006). La design based research permette di coniugare le attivit`a di progettazione didattica e di ricerca creando un rapporto virtuoso tra le due. In particolare lo scopo di questo metodo `e creare degli ambienti e dei metodi di insegnamento che permettano contem-poraneamente di studiare gli aspetti didattici o gli argomenti per cui questi sistemi sono stati disegnati. Per fare ci`o i ricercatori prendono la responsabilit`a della progettazione didattica di una classe (ma a volte anche dell’insegnamento stesso, sostituendosi agli insegnanti), per un periodo di tempo pi`u o meno limitato. Gravemeijer e Cobb (2006) citano la frase: “if you have to change something, you have to understand it; if you have to understand something, you have to change it”(ibid.), che riassume la filosofia della design based research. Da un lato, c’`e la necessit`a di comprendere i meccanismi dell’apprendimento; dall’altro, la necessit`a di creare percorsi didattici efficaci. Lo stu-dio e la ricerca sulle potenzialit`a di nuove pratiche didattiche non pu`o prescindere dalla prova in aula e contemporaneamente per immaginare pratiche didattiche che si avvici-nino all’obiettivo, qualsiasi questo sia, `e necessario un bagaglio di conoscenze pregresse. La design based research si sviluppa in cicli, in modo che l’esperienza precedente possa essere sfruttata per le programmazioni future. In questo modo di sviluppa contempora-neamente un metodo didattico e una analisi delle scelte, delle dinamiche e dei risultati: il contributo della ricerca non si limita a essere solo osservativo, ma mira a creare una teoria che, basandosi sull’esperienza, spiega come funziona quel particolare approccio didattico. Un ciclo si divide in tre fasi fondamentali:

ˆ la preparazione all’esperimento, ˆ il design dell’esperimento, ˆ l’analisi retrospettiva.

(32)

Il mio lavoro si inserisce nel primo ciclo di design research per l’introduzione delle frazioni. Mi sono occupata della parte di preparazione dell’esperimento e della prima fase del design delle lezioni.

Preparazione all’esperimento La preparazione all’esperimento deve gettare le basi per poter predisporre un’attivit`a che sia modificabile in futuro e che permetta di intro-durre innovazioni non solo pratiche ma anche teoriche. Questo tipo di innovazioni, che gli autori hanno definito onthological innovation, ha il doppio ruolo di guida per le fasi delle sperimentazioni successive e chiave di lettura per quello che `e successo nelle fasi precedenti (o altri contesti). Ogni passaggio della design based research `e strettamente connesso con il precedente e il successivo: analizzando i risultati delle esperienze passa-te, si valuta l’opportunit`a di introdurre modifiche al percorso didattico, con l’intento di creare un percorso che risponda ai propri obiettivi, ma che possa essere ulteriormente modificato in futuro e offrire una guida per ulteriori studi. Il primo punto, fondamentale, della preparazione all’esperimento `e stabilire quali sono gli obiettivi. Per fare questo `e necessario anche prendere in considerazione le consuetudini sull’argomento e problema-tizzarle.

In particolare, per quanto riguarda la didattica delle frazioni, in questa tesi ho ri-visto il ruolo centrale di frazioni come parte-tutto, concentrandomi sulla possibilit`a di introdurre le frazioni in modo funzionale al posizionamento sulla retta.

Una volta stabilito lo scopo `e necessario considerare:

ˆ il contesto in cui si andr`a a intervenire, che ha ovviamente un ruolo importante. Va tenuto in considerazione sia per quanto riguarda il tipo di didattica con cui gli studenti e gli insegnanti sono abituati a lavorare, che le conoscenze pregresse degli studenti. Nel mio caso, in particolare, le attivit`a che ho progettato fanno riferimento ad altre attivit`a che sono state disegnate per gli studenti all’interno del progetto PerContare e, in particolare, all’attivit`a con le strisce di carta di cui si parla nel paragrafo 3.1.1;

ˆ le informazioni che si ricavano dalla letteratura che descrive le sperimentazioni pregresse sullo stesso argomento. Queste non vanno interpretate in un’ottica ne-gativa e aneddotica, ma per formare un primo bagaglio di base su cui appoggiarsi per il design della prima sperimentazione. In questo caso, faccio riferimento alla letteratura sulle frazioni in generale, concentrandomi sulle esperienze pregresse col measurement approach;

ˆ le previsioni che i ricercatori provano a fare sull’esito dell’attivit`a programmata sul pensiero e l’apprendimento degli studenti. Nel mio caso ha avuto un ruolo centrale l’analisi a priori del potenziale semiotico, insieme ad alcune considerazioni generali.

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Design dell’esperimento Il design dell’esperimento si colloca all’interno di cicli di-dattici e deve essere effettuato in modo da essere sempre adattabile alle esigenze che emergono. Nella fase di design si colloca la progettazione vera e propria delle lezioni. Tuttavia il design non va considerato completato quando l’attivit`a progettata comincia a essere testata. Le lezioni si alternano alle discussioni con gli insegnanti. Il rapporto tra ricercatori e insegnanti deve essere molto stretto e vanno fatte delle valutazioni sul-l’andamento momentaneo: si devono prendere in considerazione eventuali revisioni, da effettuarsi anche localmente per adeguarsi alle necessit`a anche della singola classe.

Globalmente non si ricerca una causalit`a statistica, ma informazioni sul rapporto tra l’apprendimento e le reazioni degli studenti e le attivit`a in corso. Lo scopo non `e tracciare relazioni ma offrire un quadro il pi`u possibile completo delle dinamiche che si creano nell’attuare il curriculum disegnato.

A priori `e necessario stabilire un framework con cui interpretare il percorso degli stu-denti. In questo caso, l’analisi dei segni della mediazione semiotica sar`a fondamentale, il passaggio da segni situati a segni matematici permetter`a di valutare lo sviluppo delle attivit`a.

Parallelamente `e importante anche analizzare le dinamiche che si creano in classe so-prattutto dal punto di vista dell’autonomia degli studenti nelle scelte che non devono ridursi a imitazione dell’insegnante, ma contemporaneamente devono rivelare l’utilit`a del percorso seguito.

A questo punto avremo cicli a livelli diversi: i microcicli di design delle attivit`a, nella parte della sperimentazione contengono il ciclo didattico della mediazione semiotica. Analisi retrospettiva La fase finale di un ciclo a lungo termine `e l’analisi retrospet-tiva dei dati raccolti, che saranno sia le testimonianze degli insegnanti, ma anche le interviste agli studenti o audio e video delle lezioni. In questa fase di analisi complessiva si valutano gli aspetti pi`u utili dell’attivit`a disegnata fino a quel momento. Le consi-derazioni che emergono dall’analisi non devono confermare o meno le congetture, ma sviluppare un quadro complessivo che contemporaneamente si pu`o considerare privo di errori accidentali e quindi si pone come oggetto di studio per altre ricerche e si pu`o modificare offrendo spunti o strumenti utilizzabili anche in contesti di ricerca diversi da quello considerato.

In questo lavoro di tesi, mi sono concentrata sulle prime due fasi del ciclo di design based research. L’analisi retrospettiva verr`a eseguita dopo che gli interventi che ho progettato verranno tenuti nelle classi.

6.2

La scrittura argomentativa

Una caratteristica delle attivit`a che ho sviluppato e in generale delle attivit`a di tutto il progetto `e lo spazio dedicato alla scrittura argomentativa degli studenti.

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