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DANNO ESISTENZIALE E/O PREGIUDIZI DI TIPO ESISTENZIALE:

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TAGETE 2-2009 Year XV

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THE EXISTENTIAL DAMAGE ACCORDING TO THE PRONUNCIATION FROM OF THE UNITED SECTIONS OF THE COURT OF CASSATION:

EXISTENTIAL DAMAGE OR EXISTENTIAL PREJUDICE

IL DANNO ESISTENZIALE DOPO LE SEZIONI UNITE DEL 24.06.2008.

DANNO ESISTENZIALE E/O PREGIUDIZI DI TIPO ESISTENZIALE:

“SE NON È ZUPPA È (PER DAVVERO) PANE BAGNATO!”

Avv. Ugo Dal Lago*

* Foro di Vicenza

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TAGETE 2-2009 Year XV

2 ABSTRACT

La pronuncia SS.UU. 26972/2008 pur accantonando la felice locuzione “Danno Esistenziale”

sostanzialmente nulla ha cambiato attesochè il danno esistenziale rimarrà vivo ed insopprimibile perché “incarnato” nelle persone che dall’illecito altrui devono anche sopportare lo sconvolgimento delle precedenti abitudini della propria vita.

La Cassazione ammettendo che “i pregiudizi di natura esistenziale” debbano essere risarciti sposta il problema centrale sulla formazione della loro prova. Invero ancorché il “Danno esistenziale” sia stato etichettato come “pregiudizio ai diritti della persona di carattere costituzionale” esso va pure riconosciuto poiché la sentenza ribadisce che “il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, nel senso che deve ristorare interamente il pregiudizio, ma non oltre”. Al danneggiato spetterà il risarcimento del danno esistenziale, ricompresso nel grande ombrello del danno biologico come vuole tale sentenza, distinto nelle componenti del danno patrimoniale (danno emergente e lucro cessante), del danno non patrimoniale (inteso come prezzo del dolore non più transeunte) nonché il risarcimento di altre voci di danno non patrimoniale incidenti negativamente sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato: danni a prova libera, a prescindere dalla capacità del soggetto di produrre reddito. La migliore conferma della risarcibilità dei pregiudizi di natura esistenziale è fornita proprio dalla sentenza in esame, ove si osserva che “è compito del giudice accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore-uomo si siano verificate e provvedendo alla loro integrale riparazione”.

PAROLE CHIAVE: SS.UU. 26972/2008, Danno Esistenziale, Pregiudizi di natura esistenziale, Danno biologico, Danno patrimoniale, Danno non patrimoniale

The author, analyzing the pronunciation n 26972/2008 from the Court of Cassation, had denied the definition “existential damage” but had recognized that the same damage that since now has been called “existential”, should be considered from the judge in the economical aspect of the compensation. Obviously the damage need to be proved from the plaintiff

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3 Con memoria ex articolo (successivamente anche art., art.lo) 378 Codice Procedura Civile (C.P.C.) datata (in seguito sarà dd.) 17 Giugno 2008, depositata e scambiata in vista dell’udienza del 24 Giugno successivo, abbiamo presentato alle Sezioni Unite della Cassazione alcune precisazioni, seguendo il percorso indicato nella motivazione dell’ordinanza di rimessione n. 4712/08, per sostenere l’applicabilità al caso del nostro assistito L.A. di quei principi giuridici già elaborati dal Supremo Collegio ed auspicando che venissero ribaditi dalla emittenda loro pronuncia ““affinché ogni diritto della persona umana trovi adeguata e totale tutela anche nel nostro Ordinamento,senza compiere perniciose “inversioni di marcia” piuttosto che progredire nel solco di un tracciato già ampiamente delineato e già consolidato dalle stesse Sezioni Unite chiamate ancora a pronunciarsi sul punto”.-

Sull’onda di tale auspicio abbiamo precisato quanto segue.-

1) Sulla risarcibilità del danno non patrimoniale secondo il combinato disposto degli art.li 2043 e 2059 (Codice Civile (C.C.).-

Tutta la giurisprudenza di questa Suprema Corte (successivamente S.C.) seguita alla svolta del 2003, consente oggigiorno di affermare senza ombra di dubbio che i danni non patrimoniali (biologico, morale ed esistenziale) sono risarcibili ai sensi dell'art.

2043 C.C. in combinato disposto con l'art. 2059 C.C., questo interpretato in senso costituzionalmente orientato.-

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4 Non può invece condividersi l'idea di una presunta "tipicità del danno non patrimoniale" contrapposta alla "atipicità dell'illecito patrimoniale" che non ha fondamento normativo e che in parte discende da un equivoco che confonde la

“tipicità del danno” con la “tipicità della lesione”, mentre si tratta di due questioni ben distinte.-

E' evidente che il danno esistenziale(in seguito anche D. E.) -come ha ben chiarito P.

Ziviz in Danno non patrimoniale: mossa obbligata per le Sezioni Unite, in Resp. Civ.

Prev., 2008, 1023- può essere indifferentemente collocato sia nell'ambito di un sistema risarcitorio atipico, sia entro un sistema risarcitorio tipico; e tale duplicità di collocazione non può certo condizionarne la risarcibilità attesoché l'opzione di descrivere attraverso voci ben definite l'area non patrimoniale del danno è sostanzialmente neutrale rispetto alla distinta questione dell'individuazione delle regola risarcitoria applicabile.-

La tesi di questa chiara autrice è confermata dal fatto che anche le sentenze che propendono per l'ipotesi di un sistema risarcitorio tipico, alla fin fine ed in concreto hanno riconosciuto il risarcimento del danno esistenziale, sia pure utilizzando qualche altra definizione o attribuendo a tale categoria una valenza meramente descrittiva.- Per di più va considerato che anche il danno morale non è legato a particolari figure di illecito, ma si può manifestare a fronte di un ampio ventaglio di illeciti, anche di

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5 origine contrattuale, impossibili da tipizzare.-

Su questo tema la sentenza in esame è stata sorprendentemente categorica nei seguenti termini:

“”In conclusione, deve ribadirsi che il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. In particolare, non può farsi riferimento ad una generica sottocategoria denominata “danno esistenziale”, perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno non patrimoniale nell’atipicità, sia pure attraverso l’individuazione della apparente tipica figura categoriale del danno esistenziale, in cui tuttavia confluiscono fattispecie non necessariamente previste dalla norma ai fini della risarcibilità di tale tipo di danno, mentre tale situazione non è voluta dal legislatore ordinario né è necessitata dall’interpretazione costituzionale dell’art. 2059 c.c., che rimane soddisfatta dalla tutela risarcitoria di specifici valori della persona presidiati da diritti inviolabili secondo Costituzione (principi enunciati dalle sentenze n.

15022/2005, n. 11761/2006, n. 23918/2006, che queste Sezioni unite fanno propri)””.-

2) L'articolazione della categoria del danno patrimoniale nelle due sottovoci del lucro cessante e del danno emergente.-

La questione non è rilevante nel caso che ci occupa.-

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6 3) L'articolazione della categoria del danno non patrimoniale nelle tre sottovoci del

danno biologico in senso stretto, del danno esistenziale e del danno morale soggettivo.-

Anche al terzo quesito dell'ordinanza di rimessione va data risposta positiva, seguendo la strada già tracciata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.

233/2003 e dalle Sezioni Unite di questa stessa Corte con la sentenza n.

6572/2006; vieppiù perché la giurisprudenza dal 2003 ad oggi è stata pressoché unanime nell'applicare tale tripartizione, alla quale non ha fatto eccezione la Terza Sezione di questa Ecc.ma Corte, che pure ha manifestato una certa "ritrosia concettuale" nei confronti della categoria del danno esistenziale.-

Pertanto si può tranquillamente affermare (con P. Ziviz, Danno non patrimoniale:

mossa obbligata per le Sezioni Unite, in Resp. Civ. Prev., 2008, 1015) che l'ammissibilità di questa categoria di danno non sia più in discussione e che il dibattito riguardi unicamente la regola risarcitoria applicabile.-

D'altro canto il fatto stesso che la stragrande maggioranza della Giurisprudenza -dai giudici di merito alla giurisprudenza penale di legittimità, con la sola eccezione di talune decisioni della Terza Sezione Civile di questa Corte- abbia fatto ormai pacificamente propria la categoria del danno esistenziale dimostra che questa categoria di danno è ormai inchiavardata nel nostro sistema della responsabilità

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7 civile.-

E siffatto indissolubile ancoraggio trova alla fine supporto anche in talune sentenze della Terza Sezione Civile (in seguito: III Sez. Civ.) che pur adducendo una posizione di negazione terminologica, ha finito con l'attuare un'opposizione nominale più che reale, attesoché il danno esistenziale è stato riconosciuto anche laddove gli si è voluto attribuirgli la definizione di "danno da lesione di valori della persona" o similari.-

E così, a mo' d'esempio, ha finito per fare la recente sentenza Cass., III Sez. Civ., 30.10.2007, n. 22884 che di fatto ha riconosciuto il danno esistenziale come descrizione di una specifica categoria di pregiudizio rientrante tra i danni non patrimoniali di cui all'art. 2059 C.C., affiancata ma ben distinta rispetto al danno morale e al danno biologico.-

Si può quindi affermare che oramai il "danno esistenziale" ha trovato piena cittadinanza e concreta applicazione sia nel campo dell'illecito contrattuale sia in quello del torto aquiliano, tanto che è ora di accantonare l'abusato "cosiddetto" che talvolta ancora accompagna il termine "danno esistenziale" e che costituisce quasi un residuo fossile di un vicino passato in cui il danno esistenziale non era ancora riconosciuto in quanto tale.-

* * *

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8 Le Sezioni Unite –pur accogliendo i motivi del nostro ricorso- non hanno condiviso siffatta impostazione ritenendo sostanzialmente atipico il danno patrimoniale e quindi

“aperto” a qualsiasi invasione; e “tipico” il danno non patrimoniale in forza del vincolo che sarebbe frapposto alla figura del D.E. dall’art.lo 2059 C.C..-

Ma siffatta chiusura costituisce –all’evidenza- una forzatura come ha già ben scritto il dott. Mauro Di Marzio -il cui parere è da parte nostra integralmente condiviso- commentando in questi termini l’argomentazione antiesistenzialista posta a fondamento di Cass. 15022/05 resa in un caso di perdita di un congiunto a seguito di incidente stradale:

““LA PRETESA TIPICITA’ DEL DANNO NON PATRIMONIALE. Esaminiamo, poi, il secondo aspetto. Ciò che maggiormente sorprende in Cassazione 15022/05 è l’affermata – un po’ troppo sbrigativamente a dire il vero – tipicità del danno non patrimoniale. Il semplice ragionamento della Sc, davvero troppo semplice, si riassume in ciò, che l’articolo 2059 Cc ammette il risarcimento nei soli casi previsti dalla legge, casi che la svolta della primavera-estate 2003 avrebbe semplicemente ampliato, riconducendo ad essi anche le lesioni di valori personali costituzionalmente tutelati.

Nel proporre questa affermazione la Sc sembra però non avvedersi che essa involge l’assunto che parimenti tipici e nominati siano i valori personali protetti dalla Costituzione. Ma un simile assunto non ha ormai più fautori e, palesemente, guardando

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9 al diritto vivente, non ha nessun fondamento.

L’articolo 2 Cost. tanto per cominciare, tutela i “diritti inviolabili dell’uomo”: so no tipici quei diritti? Cioè sono soltanto quelli che successivamente la Costituzione elenca?

Provate a cercare nella Costituzione i diritti della personalità atipici: il diritto all’identità personale, ad esempio (a partire dalla nota Cassazione 3769/85, in Giust. Civ., 1985, I, 3049, Foro it. 1985, I, 2211). Provate a cercare il diritto all’abitazione, il quale rientra

“fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico”

(Corte cost. 217/88, tra le molte). Non li troverete. E la sessualità? Pensate forse che i padri costituenti abbiano dedicato un qualche esplicito passaggio della Carta fondamentale alla sessualità? Nient’affatto: piuttosto Aldo Moro riteneva che l’articolo 2 Cost. coprisse “l’intangibile diritto delle donne di dedicarsi ai lavori domestici” (v.

Barbera, nel Commentario alla Costituzione a cura di G. Branca, vol. I, pag. 51), diritto del quale abbiamo disgraziatamente perso ormai ogni traccia. Ed invece oggi è la stessa Sc a dirci che: “La sessualità costituisce uno degli essenziali modi di espressione della persona umana, che va ricompreso tra le posizioni soggettive direttamente tutelate dalla Costituzione ed inquadrato tra i diritti inviolabili della persona umana che l’articolo 2 Cost. impone di garantire” (Cassazione 9801/05, in D&G, 2004, 22, 14). L’articolo 2, insomma, a non voler essere orbi, è una clausola generale. Ma se l’articolo 2059 Cc rinvia all’articolo 2 Cost., come è mai possibile che il danno non patrimoniale sia

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10 tipico?

E ci fermiamo all’articolo 2 Cost.. Immaginate quanto velleitario sarebbe ricostruire in termini di tipicità il danno non patrimoniale dalle rimanenti disposizioni dell’intera prima parte della Costituzione, a cominciare dal non esattamente marginale articolo 3.

Fin qui la Costituzione. Ma l’impostazione secondo cui l’articolo 2059 c.c. non può limitare la risarcibilità del danno quando l’interesse è protetto da una norma sovraordinata non funziona solo per la Costituzione, ma deve funzionare anche per le fonti internazionali recepite attraverso l’articolo 10 Cost. e per quelle sovranazionali (in primo luogo europee) che vanno a collocarsi, nella gerarchia, al di sopra delle norme di rango ordinario. Ovvio che parlare di tipicità dinanzi ad un simile magma (Diritti dell’uomo, Convenzione di New York sui bambini, Costituzione europea, quando sarà accolta, e così via) è, se possibile, ancor più inesatto””.-

* * * Scrivevamo poi nella surricordata memoria sub

4) Sulla differenza tra danno esistenziale e danno biologico e sulla quantificazione del danno esistenziale.-

Nell'ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite si chiede se il danno biologico e il danno esistenziale abbiano morfologia omogenea ma funzioni diversificate, con conseguenti differenze sul piano dei parametri valutativi delle poste risarcitorie.-

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11 Ha correttamente evidenziato l'ordinanza de qua che sia il danno biologico che il danno esistenziale integrano una lesione di fattispecie costituzionali: quella alla salute il primo; quelle costituite da "valori/interessi costituzionalmente protetti" il secondo: la differenza risiede quindi nel tipo di interesse violato.-

Ciò in realtà conferma la similitudine tra le due categorie di danno , che aveva portato la migliore dottrina ad ipotizzare che il danno biologico altro non sia che una species del genus danno esistenziale, diviso tra danno esistenziale biologico (derivante da una lesione della salute) e danno esistenziale non biologico (derivante da una lesione di interessi diversi dall'ìntegrità fisica).-

La questione della (possibile) sovrapposizione tra le due voci di danno non si pone allorché venga in considerazione un danno esistenziale senza danno alla salute; il rischio è invece reale quando –come nel caso che ci occupa- un danno alla salute abbia causato, oltre al danno biologico, un danno ulteriore alle attività realizzatrici della persona e alla sua vita di relazione, che non può essere ricondotto al normale pregiudizio sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico relazionali della vita del danneggiato e che usualmente deriva da un danno all'integrità psico-fisica.-

Qualunque menomazione fisica ha riflessi negativi sulla vita di un soggetto e in qualche caso più che in altri ricorrendo allora l'ipotesi prevista dall'art. 138, 3°

comma (co.), Decreto Legislativo (D.Lgs.) 209/2005, Codice delle Assicurazioni (in

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12 seguito Cod. Ass.). Ma tale riflesso costituisce un pregiudizio ben diverso e distinto rispetto al danno autonomo alle attività realizzatrici della persona che va risarcito attraverso il danno esistenziale. E ben osserva la dottrina (P. Ziviz, Le relazioni pericolose: i rapporti tra danno biologico e danno esistenziale, in Resp. Civ. Prev., 2007, 791) che la personalizzazione del danno biologico non si presta in alcun modo a riflettere la specificità della situazione.-

Si pensi al caso del sig. A.: maggiorare del 30% la liquidazione del danno biologico non sarebbe di certo sufficiente a risarcirgli i gravi danni alla sfera sessuale che gli sono stati arrecati per fatto e colpa dei resistenti.-

E questo perché, a fronte di un'invalidità del 5-6% al sig. A. è residuato un danno esistenziale di entità molto maggiore del solo danno biologico.-

Limitare il risarcimento entro i limiti della tabelle giurisprudenziali per la liquidazione del danno biologico senza poter superare i vincoli di personalizzazione oggi posti dall'art. 138, 3° co., Dlgs. 209/2005, Cod. Ass., costituirebbe senz'altro una lettura delle norme in contrasto con i principi costituzionali e quindi inaccettabile.-

Ecco perché diventa necessario riconoscere autonomamente il risarcimento del danno esistenziale, ogni qual volta da determinate lesioni all'integrità psico-fisica consegua un danno alle attività realizzatrici della persona o ad altri diritti costituzionalmente protetti, che superi i normali riflessi di ogni lesione fisica sulle

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13 attività dinamico-relazionali del danneggiato.-

Passando alla questione della quantificazione del danno esistenziale è inevitabile evidenziarne la complessità. Molte sono state le proposte che si sono avanzate, anche se le teorizzazioni che hanno cercato di individuare una soluzione il più possibile oggettiva -come l'ormai nota "equazione di Liberati”- hanno trovato difficoltà nel trovare il valore base per il relativo calcolo.-

Un'intelligente soluzione (con il pregio di un fondamento legislativo) era stata escogitata in una sentenza poi confermata dalla Cass. Penale, con la sentenza 23142/2003. Partendo dalla somma di € 516.456,90 prevista dall'art. 315 C.P.P.

come risarcimento massimo per l'ingiusta detenzione e dividendo tale importo per la durata massima di custodia cautelare, la Corte d'Appello di Catanzaro aveva ottenuto l'importo massimo risarcibile per ogni giorno di ingiusta detenzione: € 235,00 (poi condiviso dalla Suprema Corte).-

La persona ingiustamente carcerata si trovava in perfette condizioni di salute, e quindi questo importo ben poteva considerarsi equivalente al controvalore economico di ogni giorno di danno esistenziale assoluto; esso può essere utilmente adoperato per liquidare il danno esistenziale temporaneo e l'importo massimo, ovviamente, andrà ridotto proporzionalmente all'importanza dell’attività realizzatrice in termini di percentuale del valore vita.-

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14 Sulla scorta di tale parametro se l'attività compromessa "vale" il 20% delle attività realizzatrici della persona, il danno da risarcire ammonterà a € 47,00 per ogni giorno (20% di € 235) e così via.-

Resta però il problema di liquidare il danno esistenziale permanente: ma a questo proposito probabilmente conviene evitare soluzioni tabellari o simili, lasciando la decisione alla valutazione equitativa del giudice, che ovviamente potrà rifarsi ai precedenti giurisprudenziali, che in alcune fattispecie (come il danno da morte) sono già numerosi.-

D'altronde, anche la liquidazione del danno morale non dipendente da lesioni alla salute viene normalmente effettuata in maniera puramente equitativa; e la giurisprudenza si è "naturalmente" attenuta ad una certa uniformità nelle liquidazioni, come dimostra la fattispecie del danno da diffamazione a mezzo stampa.-

Su questo delicato aspetto della liquidazione del “danno esistenziale” o dei “pregiudizi di natura esistenziale”, come ha preferito definirli la sentenza in esame, questa si è così espressa:

“5. Il giudice del rinvio, che si designa nella stessa corte d’appello in diversa composizione, non dovrà necessariamente procedere all’ammissione della prova testimoniale, non essendogli precluso di ritenere vero – anche in base a semplice inferenza presuntiva – che la lesione in questione abbia prodotto le conseguenze che si

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15 mira a provare per via testimoniale e di procedere, dunque, all’eventuale personalizzazione del risarcimento (nella specie, del danno biologico); la quale non è mai preclusa dalla liquidazione sulla base del valore tabellare differenziato di punto, segnatamente alla luce del rilievo che il consulente d’ufficio ha dichiaratamente ritenuto di non attribuire rilevanza, nella determinazione del grado percentuale di invalidità permanente, al disagio che la menomazione in questione provoca nei momenti di intimità (ed ai suoi consequenziali riflessi)”.-

* * *

In ordine poi alla 5) “definizione di danno esistenziale” abbiamo pure ricordato nella predetta nostra memoria quanto passiamo qui a trascrivere:

“Richiamando la precedente sentenza 6572/2006 di queste stesse Sezioni Unite, si può senz'altro convenire sul fatto che il danno esistenziale attiene alla sfera del fare a-reddituale del soggetto e si sostanzia nella lesione del precedente "sistema di vita"

del danneggiato, nella alterazione della sua quotidianità (come efficacemente ha sintetizzato F. Bilotta, Attraverso il danno esistenziale, oltre il danno esistenziale, in Resp. Civ. Prev., 2006, 1235).-

Il "cuore" del danno esistenziale viene così identificato nelle diverse scelte di vita necessariamente fatte dal danneggiato a seguito dell'illecito; ma perché vi sia un danno non può considerarsi necessario che il precedente "sistema di vita" del

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16 danneggiato sia stato durevolmente e seriamente modificato, nella sua essenza.- Al contrario, ogni pregiudizio alla sfera esistenziale merita risarcimento, senza che si debbano prevedere criteri selettivi come quello correlato alla gravità dell'offesa, o alla gravità e durevolezza delle conseguenze dannose, anche perché il primo criterio attiene casomai all'an debeatur e il secondo alla quantificazione del pregiudizio.- Sembra allora preferibile accogliere le indicazioni di quella dottrina (P. Cendon e P.

Ziviz, Vincitori e vinti (... dopo la sentenza n. 233/2003) della Corte Costituzionale in Giur. It., 2003, 1777; P. Ziviz e F. Bilotta, Danno esistenziale: forma e sostanza, in Resp. Civ. Prev. 2003, 1299) secondo la quale il danno esistenziale può risarcire le lesioni a tutti i valori della persona costituzionalmente protetti, senza necessità di apprestare particolari "filtri" selettivi.-

Questa dottrina da tempo evidenzia la difficoltà, se non l'impossibilità, di distinguere tra ingiustizia del danno e contrarietà ai valori costituzionali; e sottolinea l'esigenza di intendere questi ultimi in senso ampio e non inutilmente restrittivo ammettendo il risarcimento per le lesioni di tutti i valori della persona costituzionalmente protetti, operando una lettura "senza paraocchi, non caustrale" della Carta costituzionale (così P. Cendon, Anche se gli amanti si perdono l'amore non si perderà. Impressioni di lettura su Cass. 8828/2003, in Resp. Civ. Prev. 2003, 685).-

Il fondamento costituzionale su cui fondare la tutela (anche risarcitoria) dei diversi

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17 valori della persona potrà quindi rinvenirsi nella Carta costituzionale: sia in quelle norme che tutelano espressamente determinati diritti (l'art. 29, l'art. 36, etc.), sia negli articoli 2 e 3 che sono clausole aperte attraverso cui possono trovare tutela tutti gli interessi della persona riconducibili al diritto alla realizzazione personale, cui va riconosciuta tutela di livello costituzionale.-

Diventa quindi del tutto inutile propugnare l'adozione di "filtri selettivi"; d'altro canto la tesi contraria può essere facilmente smentita osservando che chi la sostiene fa spesso riferimento ai soliti tre-quattro esempi di risarcimenti ritenuti bizzarri: dall'errato taglio di capelli, al video delle nozze rovinato! Ma proprio il fatto che siano sempre questi pochi esempi minimalisti a ripetersi in libri, convegni ed articoli, dimostra che si tratta di casi isolati, non certo sufficienti a far rigettare un intera categoria di danno che in tanti, troppi casi è mostruoso nella sua enormità: e ciò vieppiù considerando che quei soliti ed abusati casi limite in realtà costituiscono esempi di risarcimento di un danno morale, mal qualificato come esistenziale, peraltro sottesi a inadempimenti contrattuali e non a illeciti aquiliani.-

Anziché queste tre-quattro ipotesi, occorre tenere presente le centinaia di altre ipotesi in cui il risarcimento del danno esistenziale ha consentito e consente di rispettare il principio dell'integrale risarcimento del danno, più volte riconosciuto dalle Sezioni di questa S.C., in forza del quale ogni effettiva compromissione del valore della

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18 persona merita ristoro.-

Ed invero la categoria del danno esistenziale consente di risarcire i pregiudizi ai diritti che trovano espressa tutela nella Costituzione, quali, a mero titolo d'esempio: la libertà personale tutelata dall'art. 13; la libertà e la segretezza della corrispondenza tutelata dall'art. 15; la libertà di manifestazione del pensiero tutelata dall'art. 21; i diritti della famiglia tutelati dagli artt. 29 e 30; i diritti del lavoratore tutelati dall'art.

36; e soprattutto i molteplici diritti di chi, specie per fatto altrui, è divenuto disabile, tutelati dall'art. 38. E il danno esistenziale può risarcire anche le violazioni di tutti quei diritti che costituiscano espressione del diritto di ogni persona alla propria realizzazione personale, tutelato negli art. 2 e 3 della Carta costituzionale.-

In buona sostanza, il danno esistenziale costituisce lo strumento di tutela risarcitoria di tutti i diritti della persona diversi dal diritto alla salute.-

Per questo occorre riannodarsi alla precedente definizione fornita da queste stesse Sezioni Unite, ribadendo che il danno esistenziale ricomprende ogni pregiudizio che l’illecito provoca sul “fare areddituale” del soggetto alterando le sue abitudini di vita e gli assetti relazionali che gli erano propri, sconvolgendo la sua quotidianità e privandolo di occasioni per la espressione e la realizzazione della sua personalità nel mondo esterno.-

Il caso che ci occupa è un perfetto esempio di un danno di questa tipologia: a causa

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19 del comportamento del danneggiante il sig. A., infatti, ha subito un pregiudizio alla propria sfera sessuale, fondamentale aspetto della vita umana. E difatti, nella sentenza 2.2.2007 n. 2311 della Terza Sezione Civile, si è già riconosciuto che la perdita o la compromissione della sessualità costituisce di per sé un danno risarcibile, da apprezzare autonomamente rispetto al danno biologico; per di più la Corte Costituzionale aveva già inquadrato il diritto alla sessualità come diritto inviolabile della persona, modus vivendi essenziale per l'espressione e lo sviluppo di ogni individuo.-

La sentenza in discussione, recependo un deciso e chiaro nostro invito formulato all’udienza di discussione, ha giustamente ritenuto:

““3.9. Palesemente non meritevoli della tutela risarcitoria, invocata a titolo di danno esistenziale, sono i pregiudizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed in ogni altro tipo di insoddisfazione concernenti gli aspetti più disparati della vita quotidiana che ciascuno conduce nel contesto sociale, ai quali ha prestato invece tutela la giustizia di prossimità.

Non vale, per dirli risarcibili, invocare diritti del tutto immaginari, come il diritto alla qualità della vita, allo stato di benessere, alla serenità: in definitiva il diritto ad essere felici. Al di fuori dei casi determinati dalla legge ordinaria, solo la lesione di un diritto

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20 inviolabile della persona concretamente individuato è fonte di responsabilità risarcitoria non patrimoniale.

In tal senso, per difetto dell’ingiustizia costituzionalmente qualificata, è stato correttamente negato il risarcimento ad una persona che si affermava “stressata” per effetto dell’installazione di un lampione a ridosso del proprio appartamento per la compromissione della serenità e sicurezza, sul rilievo che i menzionati interessi non sono presidiati da diritti di rango costituzionale (sent. n. 3284/2008).

E per eguale ragione non è stato ammesso a risarcimento il pregiudizio sofferto per la perdita di un animale (un cavallo da corsa) incidendo la lesione su un rapporto, tra l’uomo e l’animale, privo, nell’attuale assetto dell’ordinamento, di copertura costituzionale (sent. 14846/2007).

3.10. Il risarcimento di pretesi danni esistenziali è stato frequentemente richiesto ai giudici di pace ed ha dato luogo alla proliferazione delle c.d. liti bagatellari.

Con tale formula si individuano le cause risarcitorie in cui il danno consequenziale è futile o irrisorio, ovvero, pur essendo oggettivamente serio, è tuttavia, secondo la coscienza sociale, insignificante o irrilevante per il livello raggiunto.

In entrambi i casi deve sussistere la lesione dell’interesse in termini di ingiustizia costituzionalmente qualificata, restando diversamente esclusa in radice (al di fuori dei casi previsti dalla legge) l’invocabilità dell’art. 2059 c.c..

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21 La differenza tra i due casi è data dal fatto che nel primo, nell’ambito dell’area del danno-conseguenza del quale è richiesto il ristoro è allegato un pregiudizio esistenziale futile, non serio (non poter più urlare allo stadio, fumare o bere alcolici), mentre nel secondo è l’offesa arrecata che è priva di gravità, per non essere stato inciso il diritto oltre una soglia minima: come avviene nel caso del graffio superficiale dell’epidermide, del mal di testa per una sola mattinata conseguente ai fumi emessi da una fabbrica, dal disagio di poche ore per l’esecuzione di lavori stradali di pari durata (in quest’ultimo caso non è leso un diritto inviolabile, non spettando tale rango al diritto alla libera circolazione di cui all’art. 16 Cost., che può essere limitato per varie ragioni).””

Altrettanto giustamente la sentenza in esame ha poi indicato i termini della “gravità delle offese” meritevoli di tutela sotto il profilo del pregiudizio esistenziale:

“3.11. La gravità dell’offesa costituisce requisito ulteriore per l’ammissione al risarcimento dei danni non patrimoniali alla persona conseguenti alla lesione di diritti costituzionali inviolabili.

Il diritto deve essere inciso oltre una certa soglia minima, cagionando un pregiudizio serio.

La lesione deve eccedere una certa soglia di offensività, rendendo il pregiudizio tanto serio da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un grado minimo di tolleranza.

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22 Il filtro della gravità della lesione e della serietà del danno attua il bilanciamento tra il principio di solidarietà verso la vittima, e quello di tolleranza, con la conseguenza che il risarcimento del danno non patrimoniale è dovuto solo nel caso in cui sia superato il livello di tollerabilità ed il pregiudizio non sia futile. Pregiudizi connotati da futilità ogni persona inserita in un complesso contesto sociale li deve accettare in virtù del dovere della tolleranza che la convivenza impone (art. 2 Cost.).

Entrambi i requisiti devono essere accertati dal giudice secondo il parametro costituito dalla coscienza sociale in un determinato momento storico (criterio sovente utilizzato in materia di lavoro, sent. n. 17208/2002; n. 9266/2005, o disciplinare, S.U. n.

16265/2002).””

Nella citata nostra memoria abbiamo anche scritto quanto segue, sub 6) Sulla definizione del danno morale soggettivo.-

Il danno esistenziale non può essere in alcun modo assimilato al danno morale, in quanto (come già sancito dalle Sezioni Unite) il danno morale ha natura meramente emotiva ed interiore, mentre il danno esistenziale costituisce un pregiudizio oggettivamente accertabile.-

Come ha ben sintetizzato la migliore dottrina (P. Cendon, Danno esistenziale ed ossessioni negazioniste, in Resp. Civ. Prev., 2007, 284) il danno morale attiene al

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23 dentro della persona, alla sua interiorità, mentre il danno esistenziale attiene al fuori, alla sua personalità esterna.-

E' corretto allora affermare che il danno morale soggettivo riguarda la sfera interiore del sentire, mai destinata all'obbiettiva esteriorizzazione.-

Forse vanno ricondotti al danno morale anche i pregiudizi di tipo psicologico- emozionale che talvolta sono stati inquadrati nella categoria del danno esistenziale: i disagi, i turbamenti psichici, l'ansia, il timore e lo stress, che appartengono evidentemente alla sfera interiore della persona.-

Per questo motivo, un danno che vada ad incidere sul diritto ad uno stato di completo benessere psico-fisico può meglio configurarsi come danno morale soggettivo, nella sua sotto-categoria di danno emozionale-psicologico, piuttosto che come danno esistenziale e meno ancora che come danno biologico.-

Orbene: la sentenza in esame in ordine al danno morale soggettivo ha finalmente introdotto un chiaro, preciso, inequivocabile concetto che si legge al par.:

““2.10.Nell’ipotesi in cui il fatto illecito si configuri (anche solo astrattamente: S.U. n.

6651/1982) come reato, è risarcibile il danno non patrimoniale, sofferto dalla persona offesa e dagli ulteriori eventuali danneggiati (nel caso di illecito plurioffensivo: sent. n.

4186/1998; S.U. n. 9556/2002, nella sua più ampia accezione di danno determinato

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24 dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica.

La limitazione alla tradizionale figura del c.d. danno morale soggettivo transeunte va definitivamente superata. La figura, recepita per lungo tempo dalla pratica giurisprudenziale, aveva fondamento normativo assai dubbio, poiché né l’art. 2059 c.c.

né l’art. 185 c.p. parlano di danno morale, e tantomeno lo dicono rilevante solo se sia transitorio, ed era carente anche sul piano della adeguatezza della tutela, poiché la sofferenza morale cagionata dal reato non è necessariamente transeunte, ben potendo l’effetto penoso protrarsi anche per lungo tempo (lo riconosceva quella giurisprudenza che, nel caso di morte del soggetto danneggiato nel corso del processo, commisurava il risarcimento sia del danno biologico che di quello morale, postulandone la permanenza al tempo di vita effettiva: n. 19057/2003; n. 3806/2004; n. 21683/2005.

Va conseguentemente affermato che, nell’ambito della categoria generale del danno non patrimoniale, la formula “danno morale” non individua una autonoma sottocategoria di danno, ma descrive, tra i vari possibili pregiudizi non patrimoniali, un tipo di pregiudizio, costituito dalla sofferenza soggettiva cagionata dal reato in sé considerata. Sofferenza la cui intensità e durata nel tempo non assumono rilevanza ai fini della esistenza del danno, ma solo della quantificazione del risarcimento.

In ragione della ampia accezione del danno non patrimoniale, in presenza del reato è risarcibile non soltanto il danno non patrimoniale conseguente alla lesione di diritti

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25 costituzionalmente inviolabili (come avverrà, nel caso di reato di lesioni colpose, ove si configuri danno biologico per la vittima, o nel caso di uccisione o lesione grave di congiunto, determinante la perdita o la compromissione dei rapporto parentale), ma anche quello conseguente alla lesione di interessi inerenti la persona non presidiati da siffatti diritti, ma meritevoli di tutela in base all’ordinamento (secondo il criterio dell’ingiustizia ex art. 2043 c.c.), poiché la tipicità, in questo caso, non è determinata soltanto dal rango dell’interesse protetto, ma in ragione della scelta del legislatore di dire risarcibili i danni non patrimoniali cagionati da reato. Scelta che comunque implica la considerazione della rilevanza dell’interesse leso, desumibile dalla predisposizione della tutela penale””.-

E queste sono melodie per il nostro orecchio, apprezzate e condivise appieno!

* * *

Proseguendo nell’esame dei punti indicati nell’ordinanza di rimessione abbiamo ricordato alle Sezioni Unite, sempre nella stessa memoria ex art.lo 378 C.P.C., sub

7) Sull'incondizionata risarcibilità del danno esistenziale e del danno morale soggettivo entro i limiti della riserva di legge di cui all'art. 2059 C.C..-

Come ha affermato autorevole dottrina, la rubrica dell’art. 2059 C.C. riferisce l’ambito

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26 di applicazione della disposizione ai danni non patrimoniali complessivamente intesi.

In passato, dottrina e giurisprudenza avevano interpretato tale norma in senso restrittivo, identificando il danno non patrimoniale con il danno morale e intendendo il riferimento ai "casi previsti dalla legge" con un richiamo alla legge penale.-

La lettura costituzionale dell'art.lo 2059 C.C. finalmente adottata ha portato la giurisprudenza a far coincidere il campo di applicazione di tale norma con il significato letterale della rubrica, cosicché attualmente la norma è destinata a regolare ogni genere di pregiudizio non patrimoniale per cui non è più possibile individuare voci di danno sottratte a tale regola, nell'ambito della responsabilità aquiliana.-

Un’operazione del genere –alla luce della necessità di assicurare la compatibilità costituzionale della norma– è stata accompagnata dall’ampliamento dei casi di risarcibilità, che risulta esteso alle ipotesi di lesione di valori della persona protetti dalla Carta fondamentale. Ma ciò è ben diverso dall’affermare che il campo di applicazione della norma risulta esteso a comprendere (oltre al danno morale) esclusivamente i pregiudizi derivanti dalla violazione di un interesse costituzionalmente garantito.-

Diversamente dal passato, non si possono quindi individuare -a fronte di un illecito extracontrattuale- voci di pregiudizio sottratte alla regola risarcitoria individuata dall'art.

2059 C.C..-

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27 Tale nostro assunto ha trovato conferma nella sentenza in esame, laddove questa ho ritenuto la tipicità della riserva prevista dall’art.lo 2059 C.C., sorvolando peraltro su ciò che abbiamo sopra ricordato richiamando quanto ha ben scritto sulla pretesa tipicità del danno non patrimoniale il nostro caro amico Mauro Di Marzio.-

* * *

Concludendo nella disamina della sentenza 26972, ricordiamo che al par. 8 della nostra memoria più volte richiamata abbiamo scritto:

8) Sulla risarcibilità del danno esistenziale e del danno morale soggettivo oltre i limiti dell'art. 2059 C.C..-

Riteniamo che sia errato affermare che, al di fuori dei limiti dell'art. 2059 C.C., il danno esistenziale o quello morale siano risarcibili solo se il comportamento del danneggiante abbia inciso su valori/interessi costituzionalmente tutelati.-

Nella sentenza 5672/2006 queste stesse Sezioni Unite avevano già chiarito che il risarcimento del danno esistenziale non necessita di un aggancio costituzionale tutte le volte in cui già la legge ordinaria prevede la risarcibilità della lesione di un interesse di carattere personale.-

Così è, ad esempio, nei casi di inadempimento contrattuale (ivi compreso quello da responsabilità medica); nei casi di violazione dell'art. 2087 C.C., nei casi in cui

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28 l'illecito costituisca, anche astrattamente, una fattispecie di reato o in tutti quei casi in cui la legge prevede espressamente la risarcibilità dei danni non patrimoniali, come ad esempio nel caso degli art. 93 e 94 del D. Lgs. 206/2005, Codice del Consumo, in tema di servizi turistici.-

Tra l'altro, va notato che gran parte degli esempi di "danni bagatellari" –cari agli oppositori del danno esistenziale e così a chi propugna l'adozione di rigorosi filtri selettivi- sono casi di danno da inadempimento contrattuale, eppertanto non sottoposti ai vincoli dell'art. 2059 C.C..-

A questo proposito va evidenziata l'insostenibilità della tesi per cui l'articolo 2059 c.c.

sarebbe applicabile nel settore contrattuale, che confligge con un'elementare considerazione di tecnica legislativa: le regole della responsabilità contrattuale sono applicabili in ambito extracontrattuale solo perché vi è un'apposita norma (l'art. 2056 C.C.), mentre non c'è alcuna norma in ambito contrattuale che richiami l'articolo 2059 C.C..-

L'art. 2059 C.C. non va peraltro interpretato come una norma estensiva ma come una norma limitativa: non come una norma che ammette il risarcimento dei danni non patrimoniali laddove non sarebbero altrimenti risarcibili, bensì come una norma che ne limita eccezionalmente la risarcibilità nel solo settore della responsabilità aquiliana.- Su questi concetti la sentenza in esame ci trova senz’altro sintonizzati.-

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* * *

E per chiudere ci siamo permessi di ricordare alle Sezioni Unite quanto passiamo a trascrivere

9) Sugli oneri probatori del danno esistenziale e del danno morale soggettivo.-

Attualmente la giurisprudenza sembra concorde nell'abbandono della distinzione tra danni-evento e danni-conseguenza, e nel considerare tutti i danni come conseguenza dell'illecito e/o dell'inadempimento.-

Ma tale atteggio non deve portare ad un eccesso di rigore probatorio, come avverrebbe se si chiedesse la prova puntuale dei pregiudizi che costituiscono il danno biologico o il danno morale.-

Il danno biologico è provato con l'accertamento medico-legale, mentre il danno morale viene di fatto risarcito senza bisogno di alcuna prova, ma sulla base di nozioni di comune esperienza che collegano la lesione fisica a dolore e sofferenza, proporzionali alla gravità della lesione.-

Lo stesso discorso potrebbe ben valere per il danno esistenziale, in tutti quei casi in cui costituisce nozione di fatto rientrante nella comune esperienza che una ben determinata lesione di un valore della persona alteri la quotidianità della vita del danneggiato.-

E quando non sia possibile ricorrere al fatto notorio, ci si potrà comunque avvalere,

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30 sussistendone i presupposti, della prova presuntiva.-

La migliore soluzione di equilibrio è quindi quella di seguire la soluzione intermedia tra consequenzialismo ed eventismo, che la dottrina ha definito consequenzialismo moderato o attenuato, con una lieve modifica che preveda l'onere di provare i pregiudizi che sostanziano il danno esistenziale ad un triplo regime:

a) ritenere provate sulla base delle nozioni di comune esperienza le conseguenze che ordinariamente derivano da una certa lesione;

b) ritenere provate in via presuntiva, sulla scorta delle allegazioni della vittima, le conseguenze che nel caso specifico sono derivate da quella determinata lesione eventualmente in forza della condizione peculiare di costei;

c) richiedere la concreta e specifica prova soltanto quando si alleghino conseguenze eccezionali di quella data lesione.-

Di conseguenza, le domande di risarcimento del danno esistenziale dovrebbero essere accolte tutte le volte in cui, provata la lesione, è notorio (o si può presumere) che ne sia derivato lo sconvolgimento della quotidianità della vita del danneggiato.-

Così è nel caso del ricorrente A., giacché può senz'altro ritenersi provato ai sensi dell'art. 115, 2° co., C.P.C. che essere privo di un testicolo mina grandemente la propria vita sessuale e di coppia, e crea ovviamente forte disagio specie nell'approccio ai momenti di intimità. D'altronde che la privazione di un testicolo connoti

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31 negativamente chi ne è affetto è significativamente confermato dal fatto che nel linguaggio triviale l'essere privo di testicoli è alla base di diverse espressioni altamente offensive!-

La prova di tale danno si può comunque raggiungere anche per via presuntiva, sulla base dell'età e delle condizioni soggettive dell'odierno ricorrente, che al momento della lesione di cui è stato vittima era celibe e che quindi ha dovuto affrontare l'imbarazzo e la vergogna di mostrarsi tanto gravemente menomato alle partner con cui entrava in relazione.-

Anche su questo nostro dire la sentenza in esame ci ha soddisfatti laddove ha precisato quanto abbiamo già ricordato sopra; ossia che:

“5. Il giudice del rinvio, che si designa nella stessa corte d’appello in diversa composizione, non dovrà necessariamente procedere all’ammissione della prova testimoniale, non essendogli precluso di ritenere vero – anche in base a semplice inferenza presuntiva – che la lesione in questione abbia prodotto le conseguenze che si mira a provare per via testimoniale e di procedere, dunque, all’eventuale personalizzazione del risarcimento (nella specie, del danno biologico); la quale non è mai preclusa dalla liquidazione sulla base del valore tabellare differenziato di punto, segnatamente alla luce del rilievo che il consulente d’ufficio ha dichiaratamente ritenuto di non attribuire rilevanza, nella determinazione del grado percentuale di invalidità

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32 permanente, al disagio che la menomazione in questione provoca nei momenti di intimità (ed ai suoi consequenziali riflessi)”.-

CONCLUSIONI

In buona sostanza la sentenza in esame lungi dal “cancellare” (come i media si sono affrettati a scrivere recependo evidentemente l’entusiasmo dei nostri contraddittori) la felice nozione-locuzione “Danno Esistenziale” pur facendo marcia indietro di 10 anni, come risulta dagli atti di questo lungo procedimento, la cui pronuncia d’appello è stata depositata esattamente 10 (dieci) anni prima di quella delle Sezioni Unite, non ha sostanzialmente cambiato nulla attesoché il danno esistenziale resta e resterà vivo ed insopprimibile perché “incarnato” nelle persone che dal fatto illecito altrui devono anche sopportare lo sconvolgimento delle precedenti proprie abitudini di vita.-

Che poi tale enormità di danno venga felicemente e sinteticamente chiamato “Danno Esistenziale” oppure sotto altra dizione a nulla importa: perché come abbiamo detto all’udienza di discussione del 24 Giugno 2007 “se non è zuppa è pane bagnato”! un danno grave, a volte insopportabile che stravolgendo le precedenti abitudini di vita del soggetto leso (e di chi gli sta attorno) va senz’altro riconosciuto, proprio in assonanza alla sentenza qui esaminata la quale a pag. 47 ha perentoriamente affermato che:

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“4.8. Il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, nel senso che deve ristorare interamente il pregiudizio, ma non oltre.

E’ compito del giudice accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore- uomo si siano verificate e provvedendo alla loro integrale riparazione”.-

Et de hoc satis!!

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BIBLIOGRAFIA.

- P. Ziviz. Danno non patrimoniale: mossa obbligata per le Sezioni Unite. In:

Responsabilità Civile e Previdenza, Giuffrè Editore, 2008: 1023; 1015.

- P. Ziviz. Le relazioni pericolose: i rapporti tra danno biologico e danno esistenziale. In:

Responsabilità Civile e Previdenza, Giuffrè Editore, 2007; 701.

- F. Bigotta. Attraverso il danno esistenziale, oltre il danno esistenziale. In: Responsabilità Civile e Previdenza, Giuffrè Editore, 2006; 1235.

- P. Cendon e P. Ziviz. Vincitori e vinti (…dopo la sentenza n. 233/2003) della Corte Costituzionale. In: Giurisprudenza Italiana, UTET, 2003; 1777.

- P. Ziviz e F. Bilotta. Danno esistenziale: forma e sostanza. In: Responsabilità Civile e Previdenza, Giuffrè Editore, 2003; 1299.

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34 - P. Cendon. Anche se gli amanti si perdono l’amore non si perderà. Impressioni di lettura su Cass. 8828/2003. In: Responsabilità Civile e Previdenza, Giuffrè Editore, 2003; 685.

- P. Cendon. Danno esistenziale ed omissioni negazioniste. In: Responsabilità Civile e Previdenza, 2007; 284.-

Riferimenti

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