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N° 3438

CHIMICA GENERALE INORGANICA 2017-2018

DI EMANUELLI TOMMASO

Centro Stampa

ATTENZIONE QUESTI APPUNTI SONO OPERA DI STUDENTI , NON SONO STATI VISIONATI DAL DOCENTE. IL NOME DEL PROFESSORE, SERVE SOLO PER IDENTIFICARE IL CORSO.

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Introduzione alla chimica

La materia può presentarsi a noi sotto forma di tre stati di aggregazione diversi:

• Gassoso: non ha né volume né forma

• Liquido: ha soltanto volume e assume la forma del recipiente in cui è contenuto

• Solido: hanno forma e volume propri

Una misura importante è quella della densità, che si ottiene dal rapporto . È diversa dalla concentrazione ed è una proprietà che si applica a miscele e puri. La densità dipende sempre dalla temperatura che va

specificata; esistono temperature standard, ovvero temperature

convenzionali a cui eseguire misurazioni chimiche/fisiche (25 °C, 20 °C, 0 °C). Esiste una sola sostanza che abbia densità 1, ed è l’acqua; la maggior parte delle unità di misura sono tarate sull’acqua.

MISCELE E SOSTANZE PURE

Le sostanze pure possono essere elementari, costituite da un solo elemento, oppure composte in quanto costituite da più elementi. Se ci sono più sostanze pure ottengo dei miscugli che possono essere:

• Omogenei

• Eterogenei

I miscugli eterogenei a differenza di quelli omogenei, presentano fasi diverse.

La fase è una porzione di materia, o di un sistema, che ha delle proprietà chimiche e fisiche uniformi e che è delimitata da superfici limite. Le fasi possono essere anche microscopiche.

ATOMI

All’inizio si conoscevano soltanto 4 elementi (fuoco, aria, acqua, terra), mentre oggi ce ne sono noti in totale 118, mentre in natura ne abbiamo 91.

Ogni elemento è caratterizzato da un simbolo e da un atomo caratteristico.

Nel nucleo di ogni elemento troviamo protoni e neutroni; gli elettroni invece ruotano attorno al nucleo. Ci sono due particelle cariche, una con carica positiva, e una con carica negativa (entrambe espresse in C). Il protone e l’elettrone hanno identica intensità di carica 1.6 x 10−19 C (con segno positivo i protoni, e negativo gli elettroni). La massa delle particelle nucleari, anche dette nucleoni, è di circa 1,6 x 10-24 g; gli elettroni invece hanno massa di circa 0,19 x 10-28 g (è talmente piccola da essere trascurabile rispetto ai nucleoni). La distanza fra il nucleo è gli elettroni è molto elevata e gli atomi risultano essere quasi vuoti. Gli atomi sono neutri, hanno stessa quantità di carica positiva e negativa.

Esistono delle definizioni come il numero atomico, che indicano il numero di protoni, ogni elemento ne ha uno diverso e non va esplicitato. Il numero di massa invece è un valore che varia per lo stesso elemento che può avere atomi con un numero diverso di neutroni; vengono chiamati isotopi. È difficile determinare la massa di un elemento a causa della

d = m /V

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presenza di diversi isotopi. L’idrogeno ad esempio ha un isotopo con un solo protone, uno con un protone e un neutrone, e un altro con un neutrone e un protone che avrà massa doppia rispetto al primo pur trovandosi pochissimo in natura (meno dell’1%).

In alcuni casi si hanno degli isotopi instabili, che, soggetti a reazioni nucleari, diventano radioattivi. Ogni isotopo ha la sua stabilità, e più è stabile, più è presente in natura. Dal momento che gli elementi si generano nelle stelle attraverso diverse reazioni, gli isotopi più instabili decadono e, alla fine della vita di una stella, restano come prodotto soltanto quelli più stabili.

UNITÀ DI MASSA ATOMICA

I chimici, per non lavorare con numeri troppo piccoli, non utilizzano il grammo come unità di misura, ma l’UMA: 1u=1,6605x10-24g.

L’UMA è la dodicesima parte della massa dell’isotopo 12 del carbonio 12. Un protone ha massa di circa un UMA. Se si calcola la massa di un elemento e la si confronta con quella riportata nel sistema periodico, si nota che le due masse non coincidono: questo perché la massa atomica è in realtà una massa pesata che tiene conto delle masse isotopiche. È quindi una media pesata che tiene conto della percentuale relativa dei vari isotopi in natura. La massa atomica viene calcolata con la somma delle masse isotopiche per la loro frequenza in natura. Molto spesso per difetto di massa, durante la composizione degli atomi, la massa si converte in energia.

IONI

Lo ione è un atomo che ha acquistato un protone o un elettrone. Il sodio è in grado di cedere un elettrone e diventare lo ione Na+.

• Catione: ione con eccesso di carica positiva.

• Anione: ione con eccesso di carica negativa.

Gli atomi possono esistere come atomi o come ioni, e generano sostanze diverse e si combinano in tre modi diversi per formare sostanze molecolari.

Gli atomi possono combinarsi in tre modi diversi per formare tre prodotti diversi:

1. Sostanze molecolari: formate da molecole

2. Sostanze macromolecolari: hanno una infinita ripetizione di atomi nello spazio. Il diamante è un esempio di macromolecola

3. Metalli: sono un unità di atomi in un reticolo potenzialmente inifinito, pur essendo però diversi dalle macromolecole per la forza dei legami

Gli ioni invece si combinano a dare sostanze ioniche.

FORMULE

NH3 descrive una sostanza che ha un rapporto 1:3 tra N e H e anche il fatto che sia una molecola. SiO2 invece individua un rapporto O, Si 2:1; SiO2 però non esiste in natura, in quanto è una sostanza macromolecolare. SiO2

rappresenta quindi la formula minima. P2O5 è una formula minima ed esiste in natura come P4O10, il rapporto è sempre lo stesso ma la prima dà solo informazioni sul rapporto fra elementi, l’altra ci dice che esiste come

elemento.

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La massa atomica è la somma della massa degli atomi che compongono la molecola. Se non abbiamo delle molecole si parla di massa formula e indica il rapporto stechiometrico degli elementi.

Possiamo descrivere le sostanze con formule diverse:

1. Formula bruta: indica soltanto il rapporto fra atomi

2. Formula di struttura: mi consente di esplicitare le forze fra un atomo e l’altro e indica come gli atomi sono legati fra di loro

3. Modello ball and stick: indica anche come sono disposti nello spazio 4. Modello space-filling: è più realistico e rappresenta le dimensioni relative

(approssimate) degli atomi e la forma delle molecole, mentre i legami sono nascosti a causa della sovrapposizione delle sfere (gli atomi).

20/10/17 LA MOLE

La mole è l’unità di misura della quantità di materia, e in chimica è un fattore di conversione in quanto ci permette di operare con numeri più piccoli. Una mole vale un numero di Avogadro di particelle, ovvero 6,022 x 10^23. Le moli sono proporzionali al peso. Il numero è 6,022 per un motivo preciso: ha una massa in grammi numericamente equivalente alla massa dell’unità che trattiamo espressa in UMA. Se un atomo di idrogeno pesa circa 1 UMA, una mole peserà 1 grammo. In questo caso si parla di massa molare.

12,01uC—> 12,01gC (Massa molare) TRASFORMAZIONI DELLA MATERIA

Esistono due tipi di trasformazioni chimiche

1. Fisiche: in queste trasformazioni non cambia l’identità della sostanza 2. Chimiche: cambia l’identità, le forze che tengono uniti atomi e composti si

rompono per formarne altri: CH4 + O2 —> CO2 + H2O. In queste

trasformazioni si avranno dei reagenti che danno dei prodotti. Esprimono qualitativamente il processo, e offrono anche informazioni quantitative:

infatti ci dicono in che quantità i composti si combinano fra di loro.

Nelle reazioni le specie chimiche sono preceduti dai coefficienti

stechiometrici che indicano la proporzione con cui le specie stesse vanno a reagire. Il bilanciamento è il passaggio dall’informazione quantitativa a quella qualitativa. La legge della conservazione della massa dice che la massa né si crea né si distrugge e la somma delle masse dei reagenti è uguale alle masse del prodotto (si conserva quindi anche la materia).

N.B. La legge non è universalmente valida per tutte le reazioni (nucleari).

Durante le reazioni in laboratorio la quantità di prodotto che ottengo non sarà quella desiderata; la massa che si ottiene in un processo chimico in

laboratorio è detta resa sperimentale. La massa teoria invece è la resa teorica.

Quando si effettua una reazione chimica non è sempre detto che si facciano reagire i reagenti nelle giuste proporzioni. Nella maggior parte dei

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casi, se vogliamo aumentare la resa, si usa uno dei due reagenti in eccesso;

se uno dei due reagenti eccede, avrò il prodotto della reazione e un po’ del reagente in eccesso. La resa dipende infatti dal reagente limitante, quello che è presente in minor quantità. (Quando ricaverò il numero di moli, otterrò quantità diverse (???)).

BaCl2+Na2SO4—>BaSO4+2Na++2Cl- In questo caso BaCl2 è il reagente limitante e calcolo la resa basandomi solo su quello

Il precipitato si ottiene unendo due soluzioni e non si scioglie, è il prodotto.

24/10/17 RADIAZIONI ELETTROMAGNETICHE

Le radiazioni elettromagnetiche trasportano energia e ne è individuabile uno spettro elettromagnetico che indica l’insieme di tutte le possibili frequenze delle radiazioni elettromagnetiche. Le radiazioni elettromagnetiche hanno energia differente attraverso cui si distinguono; noi riusciamo a vedere le radiazioni luminose, una piccola parte dello spettro, e ad avvertire le altre radiazioni: gli infrarossi li sentiamo come calore, gli UV nell’abbronzatura…

Mano a mano si va a sinistra lo spettro diventa sempre più blu e le radiazioni diventano sempre più energetiche; se si va a destra si trova l’infrarosso che è suddivisibile in diverse categorie A, B, C; poi ci sono microonde, onde radio e onde lunghe.

Maxwell a fine 800’ descrisse le onde elettromagnetiche con una formula matematica, proponendo un modello di radiazione costituita da due campi indotti da una carica elettrica oscillante, uno magnetico e uno elettrico tra loro perpendicolari, che si propagano sotto forma di onde. Le onde

elettromagnetiche sono rappresentate con delle funzioni sinusoidali, infatti sono periodiche, hanno massimi e minimi e punti in cui valgono 0.

La distanza fra due massimi viene chiamata lunghezza d’onda e si scrive λ. Un altro parametro è l’intensità che si identifica con l’ampiezza, ovvero l’altezza del massimo. È importante distinguere fra lunghezza d’onda e ampiezza, se l’ampiezza è legata all’intensità luminosa, la lunghezza

d’onda rappresenta l’energia. Energia e intensità sono concetti differenti, infatti una stessa radiazione monocromatica con la stessa energia può avere diversa intensità, mentre invece radiazioni diverse che hanno energie diverse possono avere la stessa intensità. La lunghezza d’onda si esprime in unità di lunghezza che cambia a seconda delle radiazioni (si va dai nanometri ai

metri). L’energia di una radiazione luminosa può essere espressa in termini di frequenza come con le onde radio.

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La frequenza è il numero di cicli nell’unità di tempo e si misura in 1/s=Hertz. Il ciclo è un’oscillazione completa della radiazione, posso

considerarlo a partire da un massimo e quando torno al massimo è passato un ciclo. Lunghezza d’onda e frequenza sono correlati e sono inversamente proporzionali λv=c (la velocità della luce nel vuoto).

Le radiazioni elettromagnetiche possono interferire tra loro

sommandosi (interferenza), dando origine a un’onda risultante più grande o più piccola:

Interferenza costruttiva: vengono sommate due funzioni con la stessa energia e coerenti (minimi e massimi negli stessi punti)

Interferenza distruttiva: quando non sono coerenti (al massimo corrisponde il minimo), l’onda risultante è minore.

Questo fenomeno permette di osservare la diffrazione che è visibile nel momento in cui una radiazione luminosa viene fatta passare in un reticolo, come una lastra, con dei fori in cui il diametro e distanza sono nell’ordine di grandezza della lunghezza d’onda della radiazione. Il reticolo varia a seconda del tipo di radiazione. Le radiazioni luminose, quando partite da una sorgente passano da un foro del reticolo, si comportano come delle nuove sorgenti e il raggio viene propagato in tutte le direzioni. Quando le radiazioni deviate interagiscono fra di loro subiscono interferenze (slide 5: le zone scure sono interferenze distruttive, quelle chiare costruttive). Queste zone di luce e buio sono dette frange di diffrazione. Possiamo quindi asserire che le radiazioni elettromagnetiche hanno comportamento

ondulatorio.La teoria ondulatoria delle onde elettromagnetiche tuttavia, si è evoluta, e oggi due sono le più famose, entrambe valide.

Quantizzazione dell’energia: le radiazioni non sono più viste come un’unità continua ma come delle piccole particelle che prendono il nome di quanti. L’idea nasce dall’osservazione del colore emesso da un corpo

riscaldato. Un metallo, se lo scaldiamo, emette delle radiazioni luminose. Ci sono fiamme con colore rosso e con colore blu, questi colori corrispondono a temperature differenti: quelle blu sono più calde rispetto a quelle rosse. Si può analizzare la radiazione emessa e si può misurare l’intensità delle

radiazioni emesse su un grafico che riporta l’intensità rispetto alla lunghezza d’onda e si ottiene lo spettro delle radiazioni emesse dal corpo che viene detto “corpo nero”.

Plank prova a spiegare il fenomeno attraverso il concetto di

quantizzazione. L’emissione di radiazione era dovuta a una trasformazione di energia a causa della presenza nella materia di “oscillatori”, non sapeva cosa fossero ancora. A questi oscillatori dovevano corrispondere dei limiti di energia e potevano essere rappresentati attraverso un diagramma.

Le linee sono i livelli di energia. L’assorbimento di energia termica porta quindi E1 a E2 e da E2 l’energia dell’oscillatore cadeva generando la radiazione luminosa. ΔE=(e2-E1)=nhv (h è la costante di Plank, n è un

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numero intero ed è qui che sta il principio di quantizzazione). Non possiamo avere tutti i valori di ΔE ma solo certi valori.

e un corpo riscaldato non può emettere tutte le radiazioni ma soltanto alcune. Energia in relazione con frequenza di una radiazione: E=hv Einstein si serve di questa equazione per studiare l’effetto

fotoelettrico. Einstein prende un contenitore di vetro all’interno del quale viene fatto il vuoto; mette due lamine di metallo, una funge da anodo e l’altra da catodo. Le lastre di metallo sono collegate attraverso un circuito elettrico che produce una differenza di potenziale. Catodo e anodo non si toccano e non passa corrente, quindi non si misura nulla. Il catodo è costituito dal Cesio, perché ha delle determinate proprietà. Se il catodo è in cesio

l’apparecchio conduce corrente quando il catodo è colpito da una radiazione luminosa. Successivamente posso misurare la corrente in intensità di

corrente. Già ai tempi di Einstein esistevano degli apparecchi in grado di ottenere delle radiazioni monocromatiche in sostanza poteva colpire il

catodo con le radiazioni dello spettro di diversa energia. Era quindi possibile misurare l’intensità della corrente in funzione della lunghezza d’onda della frequenza o della radiazione. Grafico: la frequenza della radiazione che parte all’attivazione viene detta soglia e dipende dal tipo di metallo. Si ripete

l’esprimento e aumentiamo le radiazioni (la loro intensità), quando si arriva alla frequenza soglia il circuito si attiva e l’intensità è maggiore della prima ed è proporzionale all’intensità di radiazione. È un processo spiegabile con la quantizzazione dell’energia: se la trasformazione fosse stata continua ci sarebbe un aumento proporzionale della corrente che viene emessa. L’avere una frequenza soglia implica che fino a quando non è raggiunta il sistema non funziona. L’idea si spiega con gli oscillatori.

Per Einstein però questa radiazione non era un’onda, bensì una forma di energia quantizzata che prende il nome di fotone. (Se colpisco una pallina da biliardo con troppa poca energia non si muove fino a quando non supera la quantità di attrito). Nel metallo ci sono degli elettroni in grado di saltare dal catodo all’anodo e condurre corrente; gli elettroni sono espulsi dalla materia a causa della radiazione luminosa. Il fotone con una determinata energia colpisce l’elettrone, gli dà la sua energia, la utilizza in parte per rompere le forze che lo tengono unito alla materia, in parte come energia cinetica; per far questo servono fotoni che abbiano energia almeno uguale a quella che tiene gli elettroni uniti alla materia (l’energia necessaria cambia da metallo a metallo). L’intensità della corrente è proporzionale al numero di elettroni che si muovono e quindi per ogni fotone un elettrone si stacca, ergo se

aumentiamo l’intensità aumentiamo anche il numero di fotoni e di elettroni espulsi. Il modello particellare delle radiazioni elettromagnetiche prevede dei fotoni (particelle con massa), la cui massa è proporzionale all’energia del singolo fotone. Queste teoria non ha sostituito quella di Maxwell ma è stata adottata insieme: le radiazioni elettromagnetiche hanno natura doppia, come onda e come particella.

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