2 – Metodologie di analisi strutturale
2.1 La nuova normativa sismica O.P.C.M. 3431/2005
L’entrata in vigore dell’O.P.C.M. 3431/05 ha determinato una nuova concezione strutturale sia negli edifici di nuova costruzione che negli adeguamenti strutturali
degli edifici esistenti. A tal proposito, nell’allegato 2, della medesima, si trova un’apposita sezione, il Capitolo 11, riguardante le analisi degli edifici esistenti. In
essa si possono trovare i criteri da adottare per gli interventi sulle costruzioni esistenti divisi per tecnologie costruttive, quali, acciaio, C.A. e muratura.
La valutazione della sicurezza dei fabbricati esistenti con struttura in muratura
richiede la verifica dello stato limite di danno, cui si associano danni alla struttura di modesta entità, e dello stato limite ultimo, corrispondente a danni importanti negli
elementi strutturali.
Per stato limite si intende uno stato raggiunto il quale, la struttura o una parte di
essa non può più svolgere le funzioni o non soddisfa più le esigenze di comportamento per le quali è stata progettata. Più precisamente la normativa
richiede, nei confronti dell’azione sismica, due distinti livelli di progettazione:
• STATO LIMITE ULTIMO: per effetto di un evento sismico che abbia una probabilità di occorrenza del 10% in 50 anni (azione sismica di progetto), la struttura non deve collassate mettendo a rischio vite umane, ma sono
ammessi gravi danni agli elementi strutturali fino al punto di rendere economicamente non conveniente il recupero della costruzione.
• STATO LIMITE DI DANNO: per effetto di un evento sismico che abbia una probabilità di occorrenza “più elevata di quella dell’azione sismica di progetto” (50% in 50 anni), la struttura, comprese le apparecchiature in essa
contenute , non deve subire danni tali da provocare interruzioni d’uso.
Per compiere tali verifiche sono ammessi quattro metodi di analisi caratterizzati da
complessità e precisione crescenti, essi sono: 1. Analisi statica equivalente
2. Analisi dinamica modale 3. Analisi statica non lineare 4. Analisi dinamica non lineare
Ognuno di essi, con le sue peculiarità, affronta il problema, con onere computazionale crescente ma con risultati sempre più accurati nella determinazione
degli sforzi presenti in una struttura soggetta ad un sisma. Per il caso presentato in questo lavoro si è scelto di utilizzare l’analisi statica non lineare, detta Push Over, per
l’analisi dello stato di fatto, e l’analisi dinamica modale, o meglio analisi di sovrapposizione modale con lo spettro di risposta, per lo stato di progetto. E’ d’obbligo
descrivere, prima di specificare meglio le analisi applicate, il concetto di spettro di risposta.
Per progettare un edificio antisismico è necessario conoscere il movimento del
terreno indotto dal terremoto in prossimità dell’edificio: solitamente si descrive un
sisma mediante i suoi accelerogrammi1; essendo però, il sisma un evento naturale
che può essere modellato analiticamente come un processo aleatorio, è possibile definire il terremoto di progetto soltanto in termini statistici: questo significa che si
deve far riferimento ad un terremoto che ha una certa probabilità di accadimento in un dato intervallo di tempo. E’ inoltre è necessario individuare dei parametri caratteristici del terremoto, ovvero del suo accelerogramma, tramite i quali è
1 Accelerogramma: funzione che mette in relazionel’accelerazione del suolo in un dato sito in funzione del tempo; solitamente, per completezza, si effettua in tre direzioni tra loro perpendicolari.
possibile ricavare in termini probabilistici, l’azione che il sisma induce sulla
struttura.
Le norme individuano come parametro atto a definire il terremoto, l’accelerazione
al suolo ag che questo produce nel substrato con probabilità di accadimento del 10%
in 50 anni. In base a questa definizione il territorio italiano risulta attualmente diviso in quattro zone aventi rispettivamente valori di ag attesa superiore a 0.25g
(zona 1), 0.15g (zona 2), 0.05g (zona 3) ed inferiore a 0.05 (zona 4)2.
L’accelerazione ag non può essere utilizzata direttamente per calcolare
l’accelerazione indotta sulla struttura, poiché, per come è stata definita non corrisponde all’accelerazione al suolo della fondazione: il terreno su cui poggia la
fondazione, che può essere di natura molto varia, agisce come un filtro che modifica
il segnaledi input sismico. La normativa indica in particolare 5 tipi di terreni3 cui
corrispondono dei coefficienti S di amplificazione locale dell’azione sismica: tale
coefficiente, insieme al periodo di vibrazione proprio della struttura T, ed il parametro η che tiene conto degli effetti di smorzamento legati alla struttura,
opportunamente combinati fra loro forniscono lo spettro di risposta elastico relativamente alla struttura in esame.
Lo spettro di risposta è un diagramma che mette in relazione i parametri di
risposta4 dovuti ad un eventuale sisma che un sistema ad un grado di libertà
subisce in un determinato sito in funzione del suo periodo proprio di vibrazione,
del suo smorzamento e del tipo di terreno in cui è situato. Esso è utilizzato per
2 Per ciascuna zona si deve assumere come accelerazione di progetto l’estremo superiore del valore dell’intervallo di definizione quindi 0.35g per la zona 1, 0.25g per la zona 2, 0.15g per la zona 3, e 0.05g per la zona 4.
3 A: formazioni litoidi o suoli molto rigidi;
B: Depositi di sabbie o ghiaie molto addensate o argille molto consistenti;
C: Depositi di sabbie o ghiaie mediamente addensate o argille mediamente consistenti;
D: Depositi di terreni granulari da sciolti a poco addensati oppure coesivi da poco a mediamente consistenti; E: Profili di terreno costituiti da strati alluvionali superficiali.
4 Solitamente si utilizzano come parametri di risposta lo spostamento relativo, la pseudo-velocità relativa, e la pseudo-accelerazione assoluta
conoscere la reale accelerazione5 che può interessare una costruzione, le norme
infatti suggeriscono di utilizzare una forma spettrale (spettro normalizzato) ricavata interpolando diversi spettri di pseudo-accelerazione equiprobabili ottenuti
ipotizzando terremoti provenienti da diverse sorgenti. In particolare il moto del
terreno è composto da due componenti ortogonali6 indipendenti caratterizzate da
uno stesso spettro di pseudo-accelerazione che risulta definito, dal D.M. 14/09/05, nel seguente modo:
per 0≤T ≤TB 0.4 ( ) 2.5 1 e g B B T T S T a S T T
η
η
= ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ + − (2.1) per TB ≤T ≤TC S Te( )=ag⋅ ⋅ ⋅S η 2.5 (2.2) per TC ≤T ≤TD ( ) 2.5 c e g T S T a S T η = ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ (2.3) per TD≤T ( ) 2.5 2 c D e g T T S T a S T η = ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ (2.4)nelle quali T ed Se sono rispettivamente., periodo di vibrazione ed accelerazione
spettrale ed inoltre: S è il fattore che tiene conto della categoria del suolo di fondazione, η è il fattore che altera lo spettro elastico per smorzamenti viscosi
convenzionali diversi dal 5%, TB, Tc, TD periodi che separano i diversi rami dello
spettro il cui valore dipende dalla categoria del suolo di fondazione.
Lo spettro elastico fornisce il valore dell’azione sismica, valutato in termini di
accelerazione, su di una struttura elastica soggetta ad un terremoto avente periodo di ritorno di 475 anni. Esso è funzione del livello di sismicità della zona considerata
e del suolo di fondazione, mentre non dipende dalla tipologia strutturale. Mediante questo spettro è possibile ricavare gli spettri da utilizzare nelle fasi di progetto nel
calcolo allo stato limite ultimo e di danno. Essi sono sostanzialmente ottenuti, per lo stato limite ultimo, mediante l’introduzione del coefficiente:
5 si precisa che l’accelerazione è, solitamente, il parametro più utilizzato e direttamente connesso alle analisi ma
gli spettri di risposta elastici possono essere costruiti anche in funzione di spostamento e velocità.
6 In realtà la normativa specifica pure uno spettro elastico per l’azione verticale, non è qui riportato perché esso
0 D R
q=q K K (2.5)
q viene detto fattore di struttura ed ha il compito di ridurre le forze che una
struttura deve essere in grado di sopportare in funzione della duttilità del sistema. Esso è definito da:
• q0 valore che dipende dalla tipologia strutturale e dalla sovraresistenza;
• KD che dipende dalla classe di duttilità della struttura7;
• KR valore che dipende dalla regolarità della struttura.
La forma esplicita per lo spettro di progetto per lo stato limite ultimo dell’azione
orizzontale è la seguente: per 0≤T ≤TB 2.5 ( ) 0.4 1 e g B B T T S T a S q q T T = ⋅ ⋅ ⋅ + − (2.6) per TB ≤T ≤TC 2.5 ( ) e g S T a S q = ⋅ ⋅ (2.7) per TC ≤T ≤TD 2.5 ( ) c e g T S T a S q T = ⋅ ⋅ ⋅ (2.8) per TD≤T 2 2.5 ( ) c D e g T T S T a S q T = ⋅ ⋅ ⋅ (2.9)
Nel caso in cui il fattore q sia unitario lo spettro elastico di risposta e lo spettro di progetto allo SLU coincidono. Lo spettro dello stato limite di danno per la
componente orizzontale è ottenuto direttamente dallo spettro elastico di risposta diviso per il fattore 2.5 ed ha la seguente forma:
per 0≤T ≤TB 1 ( ) 1 e g B B T T S T a S T T η η = ⋅ ⋅ ⋅ + − (2.10) per TB ≤T ≤TC S Te( )=ag⋅ ⋅ S η (2.11) per TC ≤T ≤TD ( ) c e g T S T a S T η = ⋅ ⋅ ⋅ (2.12)
per TD≤T ( ) 2 C D e g T T S T a S T η = ⋅ ⋅ ⋅ (2.13)
Fig.2.1 Esempio delle forme spettrali sopra esposte
Come precedentemente accennato la regolarità strutturale è un fattore che influenza significativamente il comportamento di una costruzione sottoposta ad azioni
esterne, ciò appare evidente analiticamente per la presenza del coefficiente KR nella
(2.5). Per caratterizzare un edificio come regolare strutturalmente la OPCM 3431/05
presenta otto requisiti, riportati successivamente, che devono essere rispettati. Per la regolarità in pianta:
• La configurazione in pianta deve essere compatta e approssimativamente
simmetrica rispetto a due direzioni ortogonali, in relazione alla distribuzione delle masse e delle rigidezze;
• Il rapporto tra i lati di un rettangolo in cui l’edificio risulta inscritto deve essere inferiore a quattro;
• Le dimensioni di eventuali rientri o sporgenze non devono essere superiori
al 25% della dimensione totale dell’edificio nella corrispondente direzione;
• I solai devono essere considerati infinitamente rigidi nel loro piano rispetto
Per la regolarità in alzato:
• Tutti i sistemi resistenti verticali dell’edificio (quali telai e pareti) devono estendersi per tutta l’altezza dell’edificio;
• massa e rigidezza devono rimanere costanti o variare gradualmente, senza
bruschi cambiamenti, per tutta l’altezza dell’edificio (le variazioni di massa da un piano all’altro non devono superare il 25%, la rigidezza non deve
abbassarsi da un piano al sovrastante più del 30% e non aumentare più del 10%);
• Il rapporto fra resistenza effettiva e resistenza richiesta non deve
significativamente diverso per i vari piani (differenza minore del 20%):
• Eventuali restringimenti della sezione orizzontale dell’edificio avvengono in
modo graduale da un piano al successivo rispettando i seguenti limiti: ad ogni piano il rientro non deve superare il 30% della dimensione
corrispondente al primo piano né il 20% della dimensione corrispondente al piano immediatamente sottostante. Fa eccezione l’ultimo piano di edifici di
almeno quattro piani per il quale non sono previste limitazioni di restringimento.
La O.P.C.M. 3431/05 prevede, in funzione della regolarità strutturale e del modello strutturale adottato, che vengano svolte, per la verifica della struttura determinate analisi con modelli strutturali ben specificati, successivamente si riporta uno
schema riassuntivo per una lettura più semplice.
Regolarità strutturale Semplificazioni ammesse
Pianta Alzato Modello Analisi
SI SI Piano statica lineare
SI NO Piano dinamica modale
NO SI Spaziale statica lineare
NO NO Spaziale dinamica modale
La casistica contemplata in tabella 2.1 è da intendersi come una richiesta minima
che fa la normativa nei confronti dei progettisti; non sono, infatti, contemplate le analisi non lineari (statica e dinamica) per le quali è, ovviamente, possibile optare se
si ricerca un maggiore grado di conoscenza della struttura, essendo, queste, strumenti di indagine più raffinati.
2.2
L’analisi di sovrapposizione modale
Il fine dell’analisi di sovrapposizione modale è calcolare, mediante opportune
combinazioni, i valori massimi di sollecitazioni e spostamenti associati a ciascun modo proprio di vibrare derivanti dall’analisi modale combinata con lo spettro di
risposta di pseudo-accelerazione.
L’analisi modale è un metodo analitico che permette di studiare il comportamento dinamico delle strutture. Nel caso, ad esempio, degli edifici multipiano la maggior
parte della massa è concentrata nei solai, quindi introducendo l’ipotesi di diaframmi infinitamente rigidi (nel loro piano) e colonne infinitamente rigide
assialmente, è possibile descriverne il comportamento dinamico nello spazio determinato dal numero dei gradi di libertà 3 x N (due spostamenti orizzontali
secondo direzioni ortogonali ed una rotazione intorno all’asse verticale per piano) con N pari al numero dei piani della costruzione.
fig. 2.2. Relazione tra edificio e modello equivalente a massa concentrata.
Elemento fondamentale nell’analisi dinamica dei sistemi a molti gradi di libertà è l’individuazione dei modi propri di vibrare: questi, in numero pari al numero dei gradi di libertà della struttura costituiscono le oscillazioni periodiche libere del
sistema elastico non smorzato. La loro combinazione lineare definisce la posizione del sistema ad ogni istante. In ciascun modo, tutte le masse del sistema oscillano
con la medesima pulsazione ed in fase, e sono definiti a meno di costante
moltiplicativa.
Si consideri un sistema con N gradi di libertà non smorzato e non soggetto a
forzanti; l’equazione matriciale che descrive le oscillazioni libere del sistema, indicati con U il vettore dei gradi di libertà (spostamenti relativi) con M la matrice delle masse e con K la matrice delle rigidezze è:
..
0
M U
+
KU
=
(2.6)con le seguenti condizioni al contorno,
0
(0)
U
=
U
, (2.7) . . 0(0)
U
=
U
(2.8)L’integrale che risolve tale equazione risulta
( )
i tU t
= Φ
e
ω (2.9)essendo Φ un vettore di componenti costanti, purché ω e Φ soddisfino la seguente
relazione:
2
(
K
−
ω
M
)
Φ =
0
(2.10)la quale ammette soluzioni con valori non tutti nulli di Φ se e solo se il determinante della matrice è nullo, e cioè quando
2
det
K
−
ω
M
=
0
(2.11)La suddetta equazione, di grado N in ω2, ha come soluzione i valori ωi2 (dove i
indica l’i-esimo degli N modi della struttura) delle frequenze proprie del sistema
(autovalori) e quindi i corrispondenti periodi propri Ti=2π/ωi.
Ad ogni periodo è associato un vettore Φi (autovettore) soluzione dell’equazione
(2.10) che definisce l’i-esimo modo proprio di vibrare della struttura. In tali sistemi
il modo proprio con periodo maggiore è definito il modo fondamentale o primo modo.
Per avere una più precisa corrispondenza con la realtà di edifici soggetti a sisma si
l’anelasticità8 del modello, lo smorzamento viscoso e la forzante esterna (la forza sismica
applicata all’edificio).
Si riscrive quindi l’equazione di moto (2.6) per un sistema a M-GDL con
smorzamento viscoso (C matrice di smorzamento) soggetto ad eccitazione sismica:
.. .
g
M U CU KU
+
+
= −
MRx
(2.14)dove l’effetto del sisma è rappresentato da una forza proporzionale alla matrice delle masse e all’accelerazione del terreno tramite il vettore di influenza del
terremoto R che fornisce gli spostamenti nella direzione dei gradi di libertà del sistema per uno spostamento unitario del terreno.
Facendo le medesime considerazioni svolte precedentemente, sotto l’ipotesi che
*
2
0
j j j T j jM
i
j
C
i
j
ζ ω
→ =
Φ
Φ =
→ ≠
(2.15)si riconduce la soluzione del sistema alla soluzione di n equazioni disaccoppiate nelle coordinate generalizzate del tipo:
.. . .. .. 2 *
2
T j j j j j j g j g jMR
z
z
z
x
x
M
ζω
ω
Φ
γ
+
+
= −
= −
(2.16)dove γj è il coefficiente di partecipazione del j-esimo modo di vibrare. La soluzione
del sistema di equazioni nelle coordinate principali zj si ottiene ponendo
9 L’anelasticità del sistema viene presa in considerazione per tener conto, sempre in modo approssimato, dei
meccanismi isteretici e non isteretici di perdita di energia che caratterizzano la risposta di tali sistemi. Considerato il carattere oscillatorio del sisma, e la natura non perfettamente elastica del modello, si deduce che il sistema oscillando accumula deformazioni anelastiche descrivendo dei cicli, detti isteretici, la cui area rappresenta l’energia dissipata. Si vuole sottolineare la differenza tra smorzamento non isteretico (ed in particolare viscoso) ed isteretico. Il primo tiene conto di vari meccanismi (dispersione di energia tramite le fondazioni, frizione fra elementi strutturali e non, frizione fra parti di elementi…) che determinano nel sistema lasciato libero di vibrare oscillazioni di ampiezza via via decrescente fino all’arresto del moto: tali meccanismi possono essere descritti introducendo dentro l’equazione di moto un coefficiente di smorzamento chiamato ξ. Il secondo tiene conto di un contributo potenzialmente più elevato alla dissipazione di energia dovuto alla risposta anelastica del materiale e quindi del sistema. Esso è considerato in due modi: o maggiorando il suddetto ξ ed introducendo una rigidezza secante keq che varia in funzione del modello strutturale, del materiale e dello stato limite considerato oppure, come utilizzato nella maggior parte dei codici di calcolo (tra cui anche il programma utilizzato per questo studio, Tre Muri) un modello non lineare per descrivere il legame costitutivo del materiale. In tal caso però l’equazione del moto può essere risolta solo per via incrementale (e quindi con l’ausilio del calcolatore) data la natura incrementale della maggior parte dei legami costitutivi non lineari.
( )
( )
j j j
z t
=
γ ν
t
(2.17)nell’equazione del moto del j-esimo modo di vibrare e diviene:
.. . ..
2
2
j j j j
x
gν
+
ζω ν
+
ω ν
=
(2.18)Il vettore spostamento nelle coordinate assolute risulterà pari a:
1
( )
( )
( )
n j j j jU t
z t
Z t
==
∑
Φ
= Φ
(2.19)avendo indicato con Φ la matrice quadrata le cui colonne sono gli autovettori Φ1,
Φ2,…, Φn e con Z il vettore di componenti zj(t).
Dato che lo spettro di risposta mette in relazione i periodi di una struttura
all’accelerazione massima cui sono soggetti sotto un determinato sisma è possibile arrivare a conoscere, una volta dedotti i periodi relativi ai modi vibrare, le
sollecitazioni presenti in una struttura soggetta ad un dato sisma.
E’ importante notare che la risposta globale del sistema non può essere ottenuta sommando semplicemente i vettori modali dedotti con lo spettro di risposta: infatti,
ciascun modo raggiungerà il valore massimo in un tempo diverso dagli altri e quindi non vi sarà mai un istante di tempo in cui la risposta della struttura sarà pari
alla somma di tutti i vettori massimi. Per ottenere la risposta del sistema si utilizzano delle tecniche di combinazione dei modi derivanti dall’analisi probabilistica. Ricordando inoltre che le masse modali dei primi modi sono
generalmente preponderanti, si deduce che per un’analisi modale, come già ricordato, può essere sufficiente considerare solo i primi modi.
L’analisi modale associata allo spettro di risposta è definita dalla normativa come il metodo normale per la definizione delle sollecitazioni di progetto, essa, per essere
tale, deve essere applicata ad un modello tridimensionale dell’edificio, salvo eccezioni dovute alla regolarità strutturale.
Il primo passo da compiere per l’analisi di sovrapposizione modale è la
dell’accelerazione di gravità g) con i massimi vettori delle forze statiche equivalenti
dei vari modi tramite la seguente espressione:
,
(
)
sj j j Ad j j
F
=
M
Φ
γ
gS
T
ζ
(2.20)questi risultati dovranno successivamente essere combinati per ottenere i massimi valori dei parametri di risposta (caratteristiche della sollecitazione, spostamenti…)
in rapporto ai modi di vibrare significativi.
Secondo l’O.P.C.M. 3431/05 (punto 4.3.3) sono da ritenersi significativi tutti i modi la cui massa partecipante è superiore al 5%, cioè:
2 * 1 ( ) 0.05 T n j i j MR Mi M = Φ ≥ ±
∑
(2.21)dove j è l’indice dei modi considerati e Mi sono le masse degli n piani; oppure un
numero di modi tale per cui la massa partecipante risulti superiore all’85%, e cioè:
2 * 1 1 ( ) 0.85 T k n j j j i MR Mi M = = Φ ≥ ±
∑
∑
(2.22)dove k è il numero dei modi da considerare.
Detti modi, però, nella realtà, non si verificano contemporaneamente e sommarli
semplicemente porterebbe a risultati troppo conservativi. A tal proposito l’ordinanza prevede, al punto 4.6, due tipi di combinazione:
• la SRSS (radice quadrata della somma dei quadrati delle quantità
considerate) che può essere utilizzata se i modi possono essere considerati
indipendenti, ovvero quando:
Tj <0.9Ti, per Ti< Tj (2.23)
• La combinazione SRSS è pari a:
2 2 2
1 2 ... n
E = E +E + +E (2.24)
dove con E si indica il generico parametro di risposta in esame (momento, taglio, drift, …).
Se i modi non possono essere considerati indipendenti, la norma indica
l’utilizzo della combinazione CQC (combinazione quadratica completa) che ha la seguente espressione:
ij i j i j E =
∑∑
ρ
E E (2.25) dove 2 3 / 2 2 2 2 2 8 (1 ) (1 ) 4 (1 ) ij ij ij ij ijζ
β β
ρ
β
ζ β
β
+ = − + + (2.26)è il coefficiente di correlazione tra il modo i e il modo j, che ha valore sempre compreso tra 0 e 1 ed è una funzione simmetrica; βijè il rapporto tra le
frequenze ωi e ωj dei due modi considerati;
ζ
è il coefficiente dismorzamento solitamente assunto uguale a 5%.
I massimi valori della risposta ottenuti dalle azioni sismiche applicate separatamente lungo le due direzioni ortogonali sono combinati (punto 4.6 dell’O.P.C.M. 3431/05) sommando i massimi ottenuti per l’azione applicata in una
direzione con il 30% dei massimi ottenuti per l’applicazione nell’altra direzione:
0.3 x y E =E ± E (2.27) 0.3 y x E =E ± E (2.28)
Gli effetti dell’azione sismica verticale sono, invece, da considerarsi solamente nei
seguenti casi:
• Presenza di elementi pressoché orizzontali di luce superiore a 20 m
• Elementi principali precompressi
• Elementi a mensola
• Strutture di tipo spingente
• Presenza di pilastri “in falso”
• Edifici con piani sospesi
La norma prevede di tenere in conto, oltre all’eccentricità geometrica, intrinseca del modello, un eccentricità accidentale pari a:
0.05
i i
e ± L (2.29)
essendo ei l’eccentricità accidentale della massa del piano i-esimo, Li la dimensione,
fra le due del piano che risulta essere perpendicolare all’azione della direzione
2.3 L’analisi statica non lineare - metodo Push Over -
La capacità di una struttura di resistere all’evento sismico dipende fortemente dalla
sua capacità deformativa in regime anelastico. Rappresentando il comportamento non lineare di una struttura attraverso curve, come quelle in figura 2.3, taglio alla
base-spostamento è possibile definire la duttilità di una struttura come il rapporto tra lo spostamento a collasso e quello allo snervamento (ovvero quello all’inizio del tratto non lineare).
Fig.2.3. Grafico Taglio alla base-spostamento di una struttura.
I metodi di analisi sismica lineari presenti in letteratura e prescritti nell’Ordinanza tengono conto del comportamento duttile con l’uso del coefficiente di struttura q;
tali metodi non possono però cogliere i cambiamenti nella risposta della struttura in esame man mano che i singoli elementi giungono a snervamento, ed inoltre non restituiscono nessuna informazione sulla domanda di anelasticità della struttura.
I metodi di analisi statica non lineare (comunemente chiamati in letteratura metodi di analisi push over) permettono di cogliere questi aspetti mostrandosi in grado di
descrivere il comportamento strutturale al di là del limite elastico e di valutare la coerenza fra fattori di struttura assunti e reali.
L’analisi push over consiste nell’applicazione di particolari distribuzioni di forze
statiche orizzontali: durante tale analisi le forze orizzontali vengono incrementate proporzionalmente, mantenendo invariati i rapporti relativi fra le stesse, in modo
da far crescere monotonamente lo spostamento orizzontale di un punto di controllo sulla struttura (solitamente un punto in sommità dell’edificio). Per tenere conto del comportamento non lineare della struttura, il materiale di cui essa è costituita viene
modellato con un legame di tipo non lineare. L’analisi di push over è detta statica perché la forzante esterna è applicata staticamente alla struttura e non lineare a causa
del modello comportamentale assunto per gli elementi resistenti della struttura. In figura 2.4. è visibile la curva ottenuta dall’inviluppo dei cicli isteretici ottenuti
sperimentalmente da un pannello murario sottoposto a cicli di carico-scarico che tipicamente si hanno in presenza di sisma, essa può essere considerata come un indicatore del comportamento post-elastico della struttura .
Fig.2.4. Legame P-δ ottenuto dall’inviluppo dei cicli isteretici che tipicamente si sviluppano durante l’azione sismica (dal Manuale del codice di calcolo 3Muri).
Il risultato finale dell’analisi statica non lineare è la curva di capacità taglio alla base - spostamento, che descrive le proprietà di duttilità della struttura. Dal confronto della capacità di spostamento con la domanda di spostamento richiesta dal sisma è
presenza di tali eventi: le domande di spostamento potranno in generale essere
valutate utilizzando opportuni spettri di risposta.
Lo studio della curva di capacità permette di valutare importanti parametri
strutturali quali lo spostamento globale, lo spostamento relativo fra i vari piani, le sollecitazioni nei vari elementi strutturali. Inoltre, con tale analisi, è possibile valutare la capacità della struttura sia in termini di resistenza che di deformabilità
tenendo conto sia della non linearità geometriche che di quelle del materiale.
La metodologia proposta dalle norme si basa sull’assunzione che la risposta di un
sistema a più gradi di libertà (M-GDL) possa essere correlata alla risposta di un sistema equivalente ad un grado di libertà (1- GDL) con un’appropriata
caratteristica anelastica. Questo implica che il comportamento del sistema M-GDL sia determinato principalmente da un solo modo di vibrare la cui forma Φ rimane costante durante l’analisi. Il metodo proposto dalla normativa prevede
l’applicazione di due distribuzioni di forze, una proporzionale al primo modo di
vibrare (modo fondamentale), l’altra proporzionale alla distribuzione delle masse9.
In letteratura si trova la giustificazione di questo mediante studi compiuti con l’analisi dinamica non lineare: le distribuzioni di forza proporzionali al primo modo
colgono meglio la risposta dinamica finché la struttura rimane in campo elastico, mentre quando si raggiungono grandi deformazioni la risposta dinamica può essere meglio rappresentata da distribuzioni di forze proporzionali alle masse. Il
passaggio dal sistema M-GDL al sistema 1-GDL permette di valutare con maggiore semplicità la prestazione richiesta alla struttura dal sisma. Infatti, definito il sistema
1-GDL equivalente e calcolato il suo periodo proprio T* è possibile, con l’utilizzo dello spettro elastico in spostamento, dedurre lo spostamento massimo che esso
deve essere in grado di sopportare e, da questo, dedurre lo spostamento massimo del sistema M-GDL.
9 Il software Tre muri schematizza, ragionevolmente, la distribuzione di forze proporzionale al primo modo di vibrare come una distribuzione triangolare, cioè proporzionale agli spostamenti dovuti del primo modo in una struttura regolare; mentre la distribuzione di forze proporzionale alle masse è di tipo rettangolare dato che, negli edifici in muratura, essa è posta soprattutto nei setti murari.
L’applicazione della metodologia proposta prevede che, per ciascuna delle
distribuzioni di forze sopra descritte si eseguano i seguenti passi:
1. Analisi push over per la definizione del legame forza-spostamento generalizzato tra risultante delle forze applicate e spostamento di un punto di controllo del sistema
Fig.2.5. Forze applicate all’edificio e relativa curva di capacità.
2. Determinazione delle caratteristiche di un sistema 1-GDL a comportamento bilineare equivalente
Calcolato il vettore Φ1 corrispondente al primo modo di vibrare normalizzato
rispetto allo spostamento del punto di controllo, si calcola il coefficiente del primo modo di vibrare
1 1 * 1 T MR M
γ
= Φ (2.30)In campo elastico la forza F* e lo spostamento d* del sistema equivalente sono
legati a quelli del sistema M-GDL dalle relazioni:
* 1 b V F
γ
= (2.31) * 1 c d dγ
= (2.32)dove Vb e dcsono rispettivamente la sommatoria di tutti i tagli alla base in
Si approssima quindi la curva caratteristica F*-d* del sistema equivalente con
una bilineare definita in base al criterio di uguaglianza delle aree (e quindi delle energie dissipate). Tale approssimazione permette di individuare un
ramo elastico con pendenza k* .
Fig.2.6. Oscillatore equivalente, equivalenza fra curva di capacità e curva bilineare equivalente.
Da ciò si può dedurre il periodo elastico del sistema 1-GDL mediante la
seguente espressione: * * *
2
m
T
k
π
=
(2.33) dove, * ,1 1 N i i im
m
==
∑
Φ
(2.34)essendo N il numero di masse del sistema M-GDL.
3. Determinazione della risposta massima in spostamento del sistema equivalente con utilizzo dello spettro di risposta elastico.
Nel caso in cui il sistema ad 1-GDL abbia periodo proprio T*
sufficientemente elevato, in particolare T*>TC, il massimo spostamento
raggiunto dal sistema anelastico è pari è a quello di un sistema elastico con
* * * max e,max De
(
)
d
=
d
=
S
T
(2.35)essendo SDe lo spettro di risposta elastico in spostamento.
Se invece il sistema 1-GDL ha periodo proprio T*<TC la risposta in
spostamento del sistema anelastico è maggiore di quella del corrispondente
sistema elastico e risulta:
* * ,max * max *
1 (
1)
* ,max e c ed
T
d
q
d
q
T
=
=
+
−
≥
(2.36) essendo q* * * * *(
)
Ae yS
T
m
q
F
⋅
=
(2.37) dove * ( ) AeS T è l’accelerazione al suolo in funzione del periodo *
T ottenuta
dallo spettro di risposta ed *
y
F è il taglio massimo alla base del sistema a
1-GDL.
4. Conversione dello spostamento equivalente
Noto d*max è possibile calcolare lo spostamento effettivo del punto di
controllo del sistema M-GDL semplicemente dalla definizione dello
spostamento equivalente d* mediante la seguente:
* max 1 max
d
=
γ
d
(2.28)e quindi verificare che durante l’analisi sia stato raggiunto un valore di
spostamento dc almeno pari a dmax.
Una volta noto lo spostamento del punto di controllo si conosce dall’analisi
la configurazione deformata ed è quindi possibile eseguire la verifica dell’edificio mediante i limiti posti dalla normativa per gli stati limite
considerati. Tali limiti sono per lo SLU lo spostamento relativo al 80 % della resistenza massima e, per SLD, lo spostamento relativo alla resistenza
Da quanto descritto si può capire come questo tipo di analisi permetta di
ricavare interessanti informazioni sulla risposta della struttura in esame, soprattutto in fase di verifica, dato che da essa si possono ricavare:
• la richiesta di resistenza su elementi fragili,
• la reale richiesta di deformazione su elementi che devono avere un
comportamento duttile
• l’individuazione delle zone critiche dove maggiore è la richiesta di duttilità
• l’individuazione di irregolarità in pianta o in altezza in termini di resistenza
2.3
La modellazione strutturale di edifici in muratura
Gli edifici in muratura differiscono, per la propria morfologia dagli edifici a telaio
(tipici delle le strutture in c.a. o in acciaio), sia per una diversa distribuzione delle masse sia per le diverse caratteristiche geometriche e di rigidezza degli elementi
che li contraddistinguono.
La modellazione strutturale delle costruzioni in muratura può essere affrontata secondo approcci molto differenti tra loro in fuzione delle finalità delle analisi. In
letteratura, infatti, si possono trovare esempi di modellazioni molto sofisticate sia per il dettaglio geometrico che per il legame costitutivo non lineare adottato. Tali
esempi sono di solito sviluppati per riprodurre elementi di ridotte dimensioni e con finalità di ricerca scientifica. Per l’analisi di strutture intere negli ultimi anni si
stanno affermando metodi semplificati detti a telaio equivalente, in cui le pareti sono interconnesse da diaframmi orizzontali di piano (solai). Sotto tale ipotesi la parete viene opportunamente schematizzata come un telaio piano composto da elementi
verticali detti maschi murari (colonne), orizzontali dette fasce di piano (travi) ed elementi di congiunzione detti nodi(elementi di connessione schematizzati come
rigidi).
Questo tipo di modellazione descrive in maniera soddisfacente il comportamento dei setti murari nel loro piano utilizzando un più basso numero di incognite e
quindi con un onere computazionale minore rispetto ad altre modellazioni FEM più sofisticate.
Fig.2.7. Esempio di schematizzazione a telaio equivalente.
Nei riguardi delle azioni orizzontali, la modellazione a telaio equivalente trascura il
contributo resistente delle pareti in direzione ortogonale al proprio piano, ipotesi largamente accettata data la notevole flessibilità dei maschi murari in questo piano e la natura locale del meccanismo di collasso. Nella letteratura scientifica è possibile
trovare numerosi studi sull’analisi non lineare delle strutture in muratura, studi che affrontano il problema con metodi anche molto differenti fra loro.
Tra questi metodi si possono ricordare quelli basati sull’analisi limite (Como, Grimalidi 1985), attraverso una modellazione basata sull’equilibrio e possibili
cinematismi di blocchi rigidi è possibile calcolare il carico di collasso ed il relativo meccanismo. Si possono ricordare anche metodi che si basano sulla modellazione monodimensionali dei pannelli in muratura come travi tozze con comportamento
non lineare oppure come bielle (puntoni), modellazione conosciuta come POR. Altri metodi considerano il materiale muratura come non resistente a trazione
assegnando all’elemento una rigidezza variabile dipendente dal materiale in funzione dello stato di sollecitazione.
Esistono, poi anche metodi in cui i pannelli murari sono modellati come elementi
monodimensionali, a biella o puntone, schematizzando così la porzione reagente del setto mediante una biella la cui inclinazione e la cui rigidezza riproducono in
media il comportamento del pannello. Dato che al crescere della parzializzazione della sezione del pannello corrisponde una variazione della geometria detti metodi
sono classificati anche come a geometria variabile. La crisi dei singoli pannelli è
associata al raggiungimento di una configurazione limite d’equilibrio oppure alla rottura per compressione del puntone.
Un’altra classe di metodi modella i maschi murari come elementi trave con deformazione a taglio. In questo ambito sono stati proposti elementi a rigidezza in fase elastica variabile o costante a cui segue una fase di deformazione plastica; in
questo caso la non linearità del comportamento è innescata dal raggiungimento di una condizione limite di resistenza.
Il metodo proposto dai ricercatori dell’Università di Genova (Gambarotta, Lagomarsino, Brencich, Penna Galasco) è in grado di modellare il comportamento
ciclico della muratura, come quello che si verifica nella realtà sotto l’azione sismica. Il metodo si basa sulla formulazione di appositi elementi (macroelementi) che riproducono i maschi e le fasce murarie. La formulazione del macroelemento è
ispirata dall’osservazione dei danni prodotti dal sisma sulle strutture esistenti: in particolare esso è stato concepito in modo tale da modellare il comportamento a
taglio nella sua parte centrale e nelle zone d’estremità il comportamento a pressoflessione. Si riporta brevemente la formulazione del macroelemento come
presentata da Gambarotta e Lagomarsino ed altri sulla pubblicazione Progetto Catania: indagine sulla risposta sismica di due edifici in muratura (a cura di D. Liberatore, vedi bibliografia)
Il modello di macroelemento (vedi fig. 2.8), rappresentativo di un pannello murario di larghezza b e spessore s è formulato concentrando la deformabilità assiale nelle
due estremità 1 e 3 di spessore infinitesimo ∆ (supposte rigide a taglio) e localizzando la deformabilità tangenziale nella parte centrale 2 di altezza h che è
assunta indeformabile assialmente e flessionalmente. Le variabili cinematiche sono costituite dal vettore
{
i,
i, ,
i j,
j,
j, ,
}
TV
u w
ϕ
u w
ϕ δ φ
→
di sei componenti di spostamento dei nodi nel piano della parete e da due variabili
interne δ e φ che rappresentano rispettivamente la traslazione e la rotazione dell’elemento centrale 2.
La risposta flessionale e quella tagliante, nonché i relativi meccanismi di danno, sono disaccoppiati e risultano funzione delle sole componenti di spostamento w e ϕ di ciascun nodo, nonché delle due componenti di spostamento interne.
Fig.2.8. Schema del macroelemento implementato nel software utilizzato (DaLiberatore D., Progetto Catania).
Il modello cinematico completo per il macroelemento deve, quindi, contemplare i tre gradi di libertà dei nodi i e j e quelli dei nodi di interfaccia 1 e 2 per un totale uguale a otto.
L’equilibrio del macroelemento viene imposto introducendo componenti di sollecitazioni corrispondenti; il vettore delle caratteristiche di sollecitazione assume
pertanto forma analoga a quello delle componenti di spostamento (in riferimento a fig.2.8)
{
i, ,
i i,
j, ,
j j, ,
}
Tq
n t m n t m n m
→
=
(2.30)Le equazioni costitutive del macroelemento risultano espresse assumendo:
• Una risposta elastica monolatera nelle sezioni di estremità del pannello;
Nel primo caso si pone: * ( ) i i i n =kAδ −w +n (2.31) 2 * ( ) i i i m =kAb ϕ −φ +m (2.32)
Dove A=sb corrisponde alla sezione trasversale del pannello. I contributi anelastici
*
i
n e *
i
m sono ottenuti dalla condizione di contatto perfettamente elastico:
(
)
2 * 1 2 8 6 i i i i i ks nϕ
φ
bδ
w H e bϕ
φ
− = − + − − − (2.33)(
)
(
)
* 24( ) i i i i i ks mϕ
φ
bδ
wϕ
φ ϕ
φ
= − − − − − − (2.34)dove H( )• è la funzione di Heaviside.
La risposta a taglio del pannello è modellata supponendo che la distribuzione delle deformazioni a taglio
(ui uj) /h
γ
= − +φ
(2.35)sia uniforme nella porzione centrale del pannello 2. In questo caso le equazioni
costitutive sono date dalla somma dei contributi lineari ti e da un contributo
anelastico ti*: * ( ) i i j i GA t GA u u h t h − φ = + + (2.36) * ( ) 1 i i j GA Gc h t u u h f h Gc GA α φ α − = − + + + (2.37)
La componente anelastica della forza dipende dalla forza di attrito f, che viene assunta essere sempre in opposizione ai meccanismi di scorrimento e dalla variabile
di danno α, crescente all’aumentare della deformazione angolare γ. Anche in questo modello l’evoluzione delle variabili interne f e α è determinata in forma
incrementale in funzione di due condizioni limite per attrito e per evoluzione del danno: 0 s f n
φ
= −µ
≤ (2.38) * f f γ = λ i i (2.39)( ) ( ) 0 d Y s R φ = − α ≤ (2.40) dove: μ è il coefficiente di attrito *
γi è l’incremento della deformazione anelastica
λi è il moltiplicatore plastico.
2
1
( )
2
Y = c t− f rappresenta l’energia rilasciata per l’incremento di danno
R è la funzione di tenacità
{
, ,}
Ts= t n m rappresenta il vettore delle forze interne.
Infine le grandezze statiche duali variabili interne sono determinate imponendo l’equilibrio della parte centrale 2:
i j
n= −n −n (2.41)
i j
m= −m −m (2.42)
I meccanismi di danno osservati negli edifici in muratura possono essere suddivisi
in due categorie a seconda del tipo di risposta delle pareti e del loro mutuo grado di connessione. I cosiddetti meccanismi di primo modo, in cui sono coinvolte pareti o
porzioni di esse sollecitate ortogonalmente al proprio piano, e di secondo modo in cui la parete risponde all’azione sismica nel proprio piano.
Dagli studi presenti in letteratura si evince che i tipi di crisi che presenta un edificio in muratura, sono sostanzialmente due: la crisi per taglio e la crisi per pressoflessione che si presentano tipicamente con una fessurazione ad X (taglio) ed
Fig.2.8. A sinistra Rottura per taglio, a destra rottura per pressoflessione (dal Manuale di Tre Muri-Stadata).
Il meccanismo di ribaltamento nel piano del pannello, favorito dall’assenza di una significativa resistenza a trazione del materiale, viene rappresentato ipotizzando un
contatto elastico monolatero nelle interfacce 1 e 3, mentre il meccanismo di rottura a taglio è schematizzato, considerando uno stato di tensione uniforme nel modulo
centrale 2 (si assume Ti=Tj). Il danneggiamento per fessurazione diagonale, dove si
verificano meccanismi di taglio-trazione, è rappresentabile mediante la componente
anelastica di spostamento γp che si attiva quando viene superata una condizione
limite per attrito alla Coulomb. Il legame Gambarotta-Lagomarsino consente di
descrivere, attraverso le variabili α e γp, l’evoluzione ciclica del degrado di rigidezza
e del deterioramento della resistenza associato al progressivo danneggiamento a taglio (Gambarotta et al., 1996; Galasco, 2001).
Il meccanismo di taglio è descritto da un modello tipo Mohr-Coulomb riesce a cogliere il progressivo degrado di resistenza e rigidezza dell’elemento, attraverso i
parametri in gioco nel danneggiamento. Tale legame, in virtù della sua formulazione incrementale, è capace di modellare un comportamento isteretico, ovvero può descrivere un ciclo di carico-scarico del pannello (questa formulazione è
deformazione ultima a taglio è determinata sulla base dei valori massimi di drift10
previsti dall’ O.P.C.M 3431/05.
Nelle due estremità dell’elemento di fig.2.8. è concentrato il comportamento a
flessione: le relazioni che legano lo sforzo normale di compressione N ed il momento M alle componenti di spostamento w e ϕ derivano direttamente dalle equazioni elastiche di legame. Fintanto che il centro di pressione risulta interno al
nocciolo centrale d’inerzia non si verifica la parzializzazione della sezione di estremità del pannello.
Il legame precedentemente descritto viene completato dall’inserimento di un meccanismo di collasso per superamento del drift: coerentemente con l’O.P.C.M.
3431/05 (punti 8.2.2.1 8.2.2.2.e 11.5.8.1) sono stati stabiliti dei valori massimi accettabili per il pannello, dovuti ai meccanismi di taglio e pressoflessione. Se questi valori vengono superati, il pannello non è più considerato in grado di sopportare
azioni orizzontali.
Fig. 2.11. Definizione di drift relativo all’altezza del macroelemento
Nel caso di analisi su edifici esistenti in muratura, questi parametri assumono i valori di seguito riportati:
0.004 0.006 , DL m m u m T M N h δ =∆ =δ → → → (2.43)
Con riferimento a fig.2.11, l’elemento assume come drift il rapporto tra lo
spostamento in sommità di un punto e l’altezza, esso viene sarà successivamente confrontato con il minore dei due valori associati a taglio e momento, l’elemento
entra, quindi, in crisi al raggiungere del primo dei due valori; tali drift vengono considerati separatamente all’interno del macroelemento considerando gli spostamenti e le rotazioni corrispondenti alla porzione centrale ed alle porzioni di
estremità: ( ) ( ) 2 Taglio j i e i j pressoflessione e u u h
δ
ϕ
ϕ
ϕ
δ
ϕ
− = + + = + (2.44)Il superamento di tali limiti comporta la pressoché totale perdita di resistenza flessionale e tagliante del pannello, che conserva una sia pur ridotta rigidezza