S c ù o i a C a l i l e i a n a Irrova scrina di itaiiano P a d o v a . I i s e i t e m b r e 2 0 1 0
1.,\nalisi e commento de1 segrLente brano della Commedict dantesca (Pra.. rrxt.31-93):
S e i b a r b a r i . r e l e n d o da tal plaga E t O v ' e e l l a ? l s Ì r b i t o d ì s s ' i o . c h e c i a s c u n g r o r n o d ' E l i c e s i c u o p r a . O n d ' e l l i : ( A terminar 1 o t u o d i s i r o
rotante col suo figlio ond'ella è vaga. 33 mosse Beatrice me del loco mio; 66 veggendo Roma e l'ardúa sua oprr, c se riguardi sù nel terzo giro
stupefaciensi, quando Laterano dal sommo grado, tu ia rrvedrai
a le cose mortali ando di sopra, 36 nel trono che sr.roi mcrtì le sofiilor;. 69 io, che al divino da l'umano. Sanza risponder, li occhi sù levai,
a I'efierno dal tempo era venuto, e vidi lei che si facea corona
e dì Fiorenza in popol giusto e sano, 39 riflettendo da sé li etterni rai. 72 rli che stupor dovel essel compiutol Da quella region che più str tona
Certo tra esso e 'l gaudio mi facea occhio nÌortale alcun tanto non dista,
libito non udire e starmj muto. 42 qnalunque in mare piir giiL s'abbandona, 75 E quasi peregrin che si ricrea quanto 1ì da Beatrice la mia vista:
neì tempio dcl suo r"oto riutLardando, n.ia nulla mi facea. ché sua etlìge
e s p e r a g i à ri d i r c o m ' e l l o s t e a , ' + 5 n o n d i s e e n d è . r p e r r n e z z o m i s t r . 7 8 sLr per la viva hice passeggiando. rrO donnl in cui lr mia spsrtnzit \ ige,
menava io li occhi per li gradi, e che sofliisti pcr la mia salnte
rno su. mo giiÌ e mo recircuLanclo. 48 in infelno lasciar le tue vestigc, E I Vedca visi a carità slladi, di tanre cose quant'i' ho vedute,
d'altrui lume iiegiati e di suo riso. dal tuo podere e dal1a tua bontate
e atli ornati di tnttc oncstadi. 51 riconosco 1a grazia e Ia virtute. 8.i La forma general di paradiso Tu m'hai di scrvo tratto a libertate
già tutla mio sguardo avea compr:esa, per tutte qnelle r.'ie. per tutt'i modi
ìn nLrlla pefie rncor fernrato fiso, 5:f che di cio fàre ar,er la potestate. 87 e v o l g e a m i c o n v o g l i a ri a c c e s a L a t u a n r a g n i t ì r e r z a i n n - r e c u s t o d i ,
per domanclar la mia donna di cose sì cl're I'anima mia, che fatt'hai sana,
di che la mente mia ela sospesa. 57 piacente a te dal corpo si disnodir. 90 Ur.ro ir.itendéa, e altro mi rispuose: Cosí orai; e quella, sì lontana
credea veder Bratrice e vidi un sene come parea. sor rise e rrgr-rardon'rmì;
vestito con Ìe genti gloríose. 60 poi si torno a I'etterna tintana. 93
T l i f f i , < ^ p f . n è f t i ^ . . L i r - , , . - - . . , - è n è f Ir - . , e g e t ì e d i b e n i g n a l e t r z i a , i n a t t o p i o
quale a ter.Lero padre si convene. 63
31 da tal plogd: da quelìe terre dell'estremo settentrione (oltfe il 55' parallelo), sulle tluaÌì ogni giorno passano allo zenir Lc c o s t e l l r z i o n i d e l l ' O I s a n r r g g i o r e e d i I l o o t e . l n c u i f l r r o n o r i s p e t t i v a m e n t e m r Ì t a t i - s e c o n d o i l r n i t o . p e r l' ì r a d i C i u n o n e . l a n i n f a E l i c c e i l f i g 1 i o d i l e i e d ì G i o v e , A r c a d e f . J . S a p e g n o ) .
2. Ana[sr e cor.nmeÌ]to della seguente poesia di Glacomo Leopardi (Canll xxxlll):
11 tramonto della luna Quale in notte solinga.
sovra campagne inargentate ed acque, LiL've zet-rro aleggia.
e mi1le vaghi aspetti e ingannevoLi obbietti fingon l'ombre lontane ir.rlra l' onde trancluille
c rami e siepi e collinette e viLle, giunta a1 corrfìn del cielo.
clietro Apennino od Alpe. o del Tineno r-Lell'infinito seno
scende la luna: e si scolora il mondo:
spariscolt I'ombre, ed una
oscurità la valle e iL monte imbruna:
Orbil la notte resta,
e caltando, con mesLa rnelodia, l estrcmo albor della fuggentc Luce, che dianzr gli fu dnce.
saluta iì cancttjer dalla sna via;
te1 si clilegua. e tale l a s c i a l ' e t à m o r t a l e la giovinezza. In firga
v a n 1 ' o m b r e e 1 e s e m b i a n z e
clcj dìlettosi ingannil e vengon meno le lontane speÌ'allze.
ùve s'eppoggia la mortal natura.
Abbaltdonata. oscura
rcsta la r.'ita. L'i lei porgendo rl gualdo.
cerca il confuso viatore invano
, l e I e :m m i t t l r t n g o ; ì t < d \ J I l . / a r s i s c l le m e t a 0 r a g i o n e ; e v e d e
c h e a s é l' u m a n a s e d e .
esso a lei verallcnte è fatto estrano.
Troppo Ièlice e Ieta
nostra misera sorte
pawe lassù. se il giovaniÌe stato, dove ognr ben di mrlle pene è ftutto.
durasse tutro deLla vita il corso.
l roppo mìte decreto
quel che sentenzia ogni animale a mode.
s ' a n c o m e z z a l a v i a l o r n o n s i d e s s e i n p r i a
delLa terlibil morte assai pìù dula.
D' intclletti imrnort,tli degno trovato, estremo
cli tutti i mali. ritrovÈLr gli eternr la vecchiezza, ove fbsse
i n c o l u r r r e i l . l e - i o . l a s l c m c e s t i n t a . secche Ie lonti dcl piacer, le pene
Ìnaggiofi scmpre. e non piÌr clato il bene.
\ I o i , c o l L i n e t t e e iìagge,
cadnto lo splendor ohe al1'occicìente inargcntava della notte il veÌo,
orJàne ancor gran tempo
noll resterete; che dal1'altra parte tosto vedrete il cielo
ir.nbiancar novamente, e sorgcr I'alba:
alla qr-ra1 poscia seguitando i1 sole, e tblgorar.rdo ir-rtorno
con sLLe fianme possenti, di lucidi torrenti
i r r o r r d c r . i c o n \o i r r 1 . e t e r c ì c , t t n p i . NIa 1a vita nrortal. poi che 1a bella giovinezza sparì, non si colora
d'altra luce giammai, né d'altla aurora.
Vedor,a è it.tsino i'Li lìne: ecl alla nottc c h c I' a 1 t l e e t a d i o s c u r a ,
s e g n o p o s e r g l i D e i l a s e p o i t u r a .
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3 . Aspetti c figule del1a narrativa italiar.ra tra il 1 870 e 1 91 5.