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T u t e l a d e i m a g i s t r a t i n e i c o n f r o n t i d i a t t a c c h i d e n i g r a t o r i ( R i s o l u z i o n e d e l 9 l u g l i o 1 9 9 8 ) " C o m e q u e s t o C o n s i g l i o h a a f f e r m a t o n e l l a r i s o l u z i o n e d e

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Academic year: 2022

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Tutela dei magistrati nei confronti di attacchi denigratori (Risoluzione del 9 luglio 1998)

"Come questo Consiglio ha affermato nella risoluzione del 1 dicembre 1994, adottata con il consenso di quasi tutti i suoi componenti e sotto la Presidenza e con il contributo del Presidente della Repubblica, allorquando singoli magistrati, a causa dell'esercizio delle funzioni giurisdizionali, vengono bersagliati da campagne di denigrazione diffamatoria, la loro difesa è "un dovere istituzionale al quale non si può abdicare, poichè la credibilità della funzione giudiziaria e la fiducia dei cittadini nella sua imparzialità sono una garanzia assoluta ed indispensabile della vita democratica". Ed anche tale difesa, che pure è un diritto per ciascun magistrato, deve essere assunta dal Consiglio come funzione propria, ogni qual volta ciò sia possibile, per evitare che chi eserciti funzioni giudiziarie si trovi costretto ad esporsi in modo non consono alla sua posizione istituzionale. Il magistrato che sia ingiustamente attaccato, aggredito o vilipeso deve trovare nel Consiglio l'organo che autorevolmente e pubblicamente ristabilisca la sua immagine.

La funzione di difesa e garanzia dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura - che sono compiti fondamentali del Consiglio Superiore della Magistratura - sarebbero principi vuoti se dovessero arrestarsi di fronte a comportamenti di soggetti politici.

Ancora una volta il Consiglio sente come primo dovere quello di impegnare tutta l'autorevolezza morale che gli deriva, non già dalle persone che lo compongono, ma dai grandi meriti che la magistratura italiana ha acquisito nei confronti del nostro Paese, per ricordare a tutti coloro che sono investiti di responsabilità pubbliche il dovere di correttezza istituzionale che impone di calibrare i propri comportamenti e l'esercizio del generale diritto di libera manifestazione del pensiero in modo da non indurre turbative al fisiologico confronto tra le diverse realtà istituzionali. Il recupero di una misura di civiltà e di rispetto reciproci nel confronto delle altre istituzioni con la giurisdizione non può non essere avvertito come una condizione imprescindibile per la legittimazione dell'intero assetto politico-istituzionale, dopo le gravi vicende degenerative che gli ultimi anni hanno messo in luce.

I magistrati - quelli ingiustamente attaccati e quelli che oggi e domani, nonostante gli attacchi e le denigrazioni, continuano a fare con serenità,

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imparzialità, correttezza e onestà il loro lavoro - possono restare tranquilli: abbiano per certo che il Consiglio non subirà influenze o condizionamenti esterni di alcun genere e che questa è la loro migliore garanzia.

La consapevolezza del rigore con cui il Consiglio intende assolvere al suo ruolo di garanzia costituisce il miglior presidio per lo svolgimento sereno e imparziale delle proprie funzioni da parte di ciascun magistrato. La magistratura italiana ha subito, nella storia recente, attacchi di ogni tipo, ed ogni volta, grazie anche al suo sistema di autogoverno, ne sono usciti rafforzati il senso ed il valore della sua indipendenza e la sua capacità di praticarla anche nelle condizioni più difficili.

La professionalità e l'indipendenza dei magistrati garantiscono che, nonostante simili aggressioni verbali, essi continueranno ad amministrare giustizia con la consueta serenità, tuttavia non ci si può nascondere il gravissimo effetto delegittimante per l'intera istituzione giudiziaria che discende da attacchi quali quelli che oggi si registrano.

E' dovere del Consiglio dire una parola a difesa del prestigio e della credibilità di magistrati, colpiti dall'accusa di perseguire fini diversi da quelli istituzionali. Gli atti dei ma- gistrati possono certamente essere discussi e criticati, le soluzioni giuridiche da essi adottate possono essere contestate, le loro ipotesi accusatorie possono risultare infondate, ma, comunque, non possono mai essere adoperate, sotto il pretesto della libertà di critica, espressioni oltraggiose verso il singolo magistrato o vilipendiose dell'intero ordine giudiziario.

Questi principi vanno oggi ancora una volta ribaditi.

Il Consiglio Superiore della Magistratura riafferma, quindi, in ogni sua parte, la risoluzione del 1 dicembre 1994, che si allega alla presente delibera, affinché ne formi parte integrante. E - conformemente all'alto richiamo oggi espresso dal suo PRESIDENTE - il Consiglio assume il fermo impegno di garantire meglio l'effettiva attuazione delle indicazioni deontologiche contenute nella risoluzione stessa.

Rinnova, in particolare, ai magistrati l'esortazione ad osservare, anche nelle condizioni più difficili, quella misura di riserbo e di compostezza che è parte integrante della deontologia giudiziaria.

Ad un tempo, segnala a tutte le istituzioni la sua vivissima preoccupazione per la gravità di una situazione che mette a rischio il valore fondamentale per la democrazia rappresentato dall'indipendente ed imparziale esercizio della funzione giurisdizionale.

Anche in questo senso si riconosce interamente nelle parole odierne del PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, che fa proprie".

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